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CURE PALLIATIVE
CURE PALLIATIVE Cannabis terapeutica
Luci e ombre della cannabis terapeutica
La canapa è una pianta dalle molteplici proprietà e, nella sua versione terapeutica, con un uso controllato e dosato, può aiutare alcune categorie di pazienti ad affrontare il dolore cronico e altri disturbi
a cura di ALESSIA DE CHIARA Per affrontare il dolore o gli effetti collaterali delle terapie oncologiche, i medici potrebbero consigliare ai propri pazienti una cura a base di cannabis. L’uso medico di questa pianta è molto complesso, soprattutto a causa della sua fama di sostanza d’abuso, che rende difficile anche condurre ricerche obiettive sulle sue proprietà. Pur derivando dalla stessa materia prima, la cannabis terapeutica e quella a scopo ludico presentano però precise differenze.
Diverse specie
La cannabis (o canapa) è una pianta, o meglio un genere di piante che comprende diverse specie (sativa, indica e ruderalis), usata in tutto il mondo per fini molto diversi. Sebbene il termine evochi l’uso come droga ricreativa, la pianta viene utilizzata nel settore cosmetico, in quello alimentare, e per ricavare, tra le altre cose, materiali per la fitodepurazione, per la bioedilizia e per la produzione di carburanti. Si parla, in questi casi, di cannabis industriale, o cannabis light, nel caso in cui ci si riferisca alle infiorescenze vendute in alcuni negozi, coltivata e utilizzata legalmente in Italia e caratterizzata da un contenuto bassissimo (inferiore allo 0,2 per cento) del principio attivo stupefacente, il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo), e più o meno alto di un secondo cannabinoide privo di effetto psicotropo, il CBD (cannabidiolo).
La cannabis utilizzata a fini medici, detta terapeutica o medicinale, proviene invece da piante che hanno un contenuto di THC molto elevato. “Il miglior modo per distinguere le piante di cannabis è in base alla produzione di queste due sostanze, il CBD e il THC” spiega Marco Martinelli, ricercatore presso la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa in un laboratorio esclusivamente dedicato alla cannabis. “Da questo punto di vista, la cannabis terapeutica può essere considerata più simile a quella illegale.”
La varietà prodotta per uso medico
“GLI EFFETTI SULLE CELLULE ”
Aproposito dei vari effetti della cannabis, si sta indagando anche per capire se assumere questa pianta possa inibire la crescita delle cellule cancerose attraverso un’azione antitumorale diretta. A oggi sono state pubblicate diverse centinaia di studi scientifici sulla relazione tra cannabinoidi ed endocannabinoidi (sostanze prodotte dall’organismo umano con struttura 26 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2023e funzione simile a quelle contenute
nella pianta di cannabis) e tumori, ma non è stata trovata alcuna prova di un’azione anticancro. La maggior parte di questi studi è stata condotta su colture cellulari o modelli animali, ma i risultati positivi ottenuti in certi casi non sono replicabili nell’uomo. La ricerca non si ferma, perché alcuni effetti potrebbero essere specifici per particolari tipologie di tumori, come il glioblastoma e i tumori di prostata, polmone e pancreas.
cannabis effetti collaterali dipendenza
rispetta però standard di qualità e norme precise, mentre quella venduta sul mercato nero presenta diversi pericoli potenziali. “In quest’ultimo caso non ci sono controlli, per cui non si può davvero conoscere la varietà che si acquista e il contenuto dei principi attivi, né se la sostanza contenga metalli pesanti e contaminazioni da batteri o funghi” continua Martinelli, che sottolinea come un ulteriore problema, riguardante anche la tipologia light, è che la cannabis utilizzata per scopo ricreativo generalmente viene fumata. Questo metodo di assunzione, oltre a far male di per sé, non permette di controllare con esattezza la dose di principio attivo assunta.
A ognuno il suo
La cannabis terapeutica può essere utilizzata in diverse situazioni, per esempio in caso di dolore cronico di diversa natura, o per la gestione degli effetti collaterali di chemio e radioterapia, quali inappetenza, nausea e vomito. Solitamente il suo uso viene preso in considerazione quando altre terapie hanno fallito, ma può anche essere somministrata insieme ad alcuni farmaci convenzionali permettendo di ridurne il dosaggio. Gli studi a disposizione oggi sulla sua efficacia sono di qualità variabile, ma ormai esiste un consenso diffuso sul fatto che la pianta possa avere un effetto benefico su chi soffre di questi specifici disturbi, anche se il risultato può variare da individuo a individuo. “La cultura della cannabis terapeutica non è affatto radicata in Italia” afferma Chiara Liberati, neurochirurga e terapista del dolore all’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano. “Ai pazienti a cui la propongo spiego che si tratta di una formulazione farmaceutica controllata. Spesso hanno paura degli effetti collaterali, delle allucinazioni e di tutto quello che si sa sull’utilizzo a scopo ricreativo. In realtà è abbastanza difficile che tali conseguenze si manifestino in un contesto di cura. La titolazione (ovvero il raggiungimento della dose efficace iniziando con un dosaggio molto
basso, per arrivare gradualmente a quello terapeutico) viene fatta molto lentamente, valutando man mano i possibili effetti collaterali: i più frequenti sono tachicardia, palpitazioni, secchezza delle mucose del cavo orale, alterazioni del tono dell’umore e vertigini.”
I prodotti farmaceutici destinati ai pazienti sono preparazioni a base di infi orescenze allestite in farmacia a seguito di prescrizione medica. Di solito, il preparato farmaceutico si presenta sotto forma di olio, da utilizzare per via sublinguale o tramite vaporizzazione. “La differenza tra le formulazioni sta nella velocità con cui i principi attivi vengono assorbiti. Sono tanti i fattori considerati nello scegliere il tipo di somministrazione più adatto. Ecco perché è consigliato affi darsi ai farmacisti per la preparazione. Il dosaggio dipende dal tipo di paziente, dall’età, dalla sua patologia e dalla eventuale presenza di altre malattie” continua Liberati.
Offerta e richiesta
Nel nostro Paese, l’uso medico della cannabis è consentito da qualche anno e segue specifi che norme. Per allestire le preparazioni in farmacia sono disponibili più formulazioni, che differiscono soprattutto per il contenuto dei due principi attivi. Alcune presentano THC e CBD in egual misura, altre una percentuale prevalente dell’uno o dell’altro principio. Mentre molte sostanze sono acquistate all’estero (in particolare in Olanda), due vengono prodotte sul suolo italiano, unicamente dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Esiste però un problema di reperibilità: “La produzione italiana è molto limitata rispetto all’importazione, peraltro legata a diverse problematiche diffi cili da contestualizzare. Così non si riesce a coprire la richiesta e a pagarne il prezzo sono i pazienti, che spesso non possono portare avanti la terapia perché a un certo punto, se le infi orescenze smettono di arrivare, la farmacia non è più in grado di dispensare le preparazioni” spiega Liberati.
Dove va la ricerca
“La cannabis è un fi tocomplesso. Oltre a THC e CDB, contiene tanti altri componenti (tra cui terpeni e fl avonoidi) importanti a livello terapeutico tanto quanto gli altri principi attivi. È possibile che due prodotti con contenuto paritario dei due cannabinoidi siano diversi in termini di benefi ci. La differenza la fanno tutti gli altri componenti dell’infi orescenza, che contraddistinguono la pianta e che possono essere più terapeutici del THC e del CBD” dice Liberati.
Proprio la peculiarità di ogni pianta, però, è uno degli aspetti che complicano la ricerca scientifi ca. La maggior parte dei lavori oggi disponibili sono stati condotti in vitro (su cellule) o in vivo (su animali), mentre pochi sono gli studi condotti sull’uomo. “Allo stato attuale è complicato svolgere studi scientifi ci sull’argomento, sia per questioni economiche, sia per la metodologia, poiché la prescrizione effi cace spesso di-
pende dal singolo paziente e deriva da una impostazione clinica individuale, incompatibile con i rigidi protocolli della ricerca farmacologica” continua. “Della cannabis si studiano i diversi prodotti e le linee di ricerca sono ben distinte. Il CBD, per esempio, un inibitore del panico, ha un effetto deprimente sul sistema nervoso, diametralmente opposto a Le proprietà quello del THC, che è psicotropo, e per queterapeutiche sono state sto viene studiato per la terapia dell’epilessia in pazienti farmaco-repoco studiate sistenti” spiega ancora Martinelli, citando un farmaco a base di CBD da poco approvato per l’epilessia. “La ricerca sta andando avanti. Alcuni studi stanno provando a capire se l’uso della cannabis terapeutica possa avere un effetto positivo anche per i pazienti affetti da malattie autoimmuni o se il CBD possa essere utilizzato nella terapia dei disturbi d’ansia e psichiatrici. L’abuso di cannabis può indurre problemi psichiatrici, ma un impiego corretto, dosato e ben amministrato potrebbe invece aiutare ad affrontare alcune patologie anche in questo settore della medicina.”