Numero 3 - giugno 2022
Numero 3 - giugno 2022 - Anno L - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479
LONG COVID
Nei pazienti oncologici i sintomi si confondono con gli effetti del tumore
VITA DI COPPIA
La sessualità maschile dopo un cancro si ricostruisce dalla psiche
Teresa Pellegrino, una chimica contro il cancro
NANOPARTICELLE DIRETTE ALLA META
SOMMARIO
FONDAMENTALE giugno 2022
In questo numero: 04 07 08 10 12 14 16 18 20 22 24 25 26 28 31 32 35 36 38
08
VITA DA RICERCATORE
Nanoparticelle come cavalli di Troia contro i tumori più aggressivi
RUBRICHE
I traguardi dei nostri ricercatori
C’è bisogno di aumentare il numero dei ricercatori in Italia
RICERCA
All’Italia servono 50.000 nuovi ricercatori
ONCOLOGIA MEDICA
Tumori neuroendocrini, dall’anonimato alla celebrità
CRISI UCRAINA
L’Italia apre le porte ai malati di cancro ucraini
RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE Quello che il paziente deve sapere
14
Le regole d’oro per comunicare la medicina (per medici e pazienti)
NOTIZIE FLASH Dal mondo
RELAZIONI DI COPPIA
Sessualità e cancro negli uomini, importante superare i tabù
FUMO E TUMORE
Lo screening per il tumore del polmone può essere personalizzato
IFOM
Un cambio ai vertici nella nuova organizzazione
SOLIDARIETÀ
Con i lasciti solidali, possiamo essere tutti “grandi italiani”
TESTIMONIANZE
Lasciare agli altri per dare un senso anche a se stessi
COVID-19
22
28
IFOM, cambio ai vertici dell’istituto
La nuova sanità digitale parte dal fascicolo elettronico
Long Covid e cancro, una fotografia aggiornata
ATTUALITÀ
I fascicoli sanitari elettronici parleranno tutti la stessa lingua
STORIE DI DONATORI La ricerca non va in vacanza
BILANCIO D’ESERCIZIO
136 milioni per sostenere la ricerca sul cancro
NUTRIZIONE
È ancora possibile un consumo di pesce consapevole?
RACCOLTA FONDI
Azalea della Ricerca - Partner
IL MICROSCOPIO
L’importanza della normalità
FONDAMENTALE
Anno L - Numero 3 Giugno 2022 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro ETS Viale Isonzo, 25 - 20135 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Rotolito S.p.A. DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci
CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) COORDINAMENTO EDITORIALE Anna Franzetti, Simone Del Vecchio REDAZIONE Simone Del Vecchio PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli TESTI Cristina Da Rold, Riccardo Di Deo, Cristina Ferrario, Antonino Michienzi, Daniela Ovadia, Elena Riboldi, Fabio Turone FOTOGRAFIE Giulio Lapone 2022
Fondamentale è stampato su carta certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.
EDITORIALE
Andrea Sironi
TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA. • con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, airc.it/lasciti oppure tel. 02 77 971; • in banca: UBI Banca S.p.A. IBAN: IT49 C03111 01665 0000 0000 9390 Banco BPM IBAN: IT18 N050 3401 633 00000000 5226 Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 00000103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT87 E 01030 01656 00000 1030151; Unicredit PB S.p.A. IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)
SEI UN’AZIENDA?
Scopri come possiamo collaborare. Scrivi a partnership@airc.it
ATTENTI ALLE TRUFFE
AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando il numero unico per le emergenze 112.
Presidente AIRC
Il contributo di AIRC alla migliore ricerca
I
n questo numero di Fondamentale affrontiamo, con un importante contributo, il tema della carenza di ricercatori nel nostro Paese. Un annoso problema che affonda le sue radici da un lato nei finanziamenti pubblici limitati (1,4 per cento del Pil rispetto a una media del 2,1 per cento per gli altri paesi dell’UE) di cui la ricerca scientifica ha storicamente sofferto in Italia, dall’altro da condizioni remunerative penalizzanti per chi svolge attività di ricerca e da meccanismi di carriera poco trasparenti e sovente non pienamente meritocratici che spingono numerosi giovani italiani a emigrare verso altri Paesi. I numeri sono purtroppo sconfortanti: l’Italia è al ventisettesimo posto in Europa per numero di ricercatori su 28 Paesi e si stima che siano necessari altri 50.000 ricercatori per raggiungere una proporzione tra scienziati e abitanti simile a quella di Paesi come Francia e Germania. Tutto ciò nonostante gli scienziati italiani producano il 5 per cento dei lavori mondiali con un numero di citazioni pari a circa l’1,4 per cento globale, un dato paragonabile a quello della Francia, che ha un numero di ricercatori molto superiore. Sebbene i ricercatori italiani nel 2020 siano risultati primi nella classifica dei prestigiosi Consolidator Grants dell’European Research Council (ERC), a dimostrazione della qualità della comunità scientifica italiana, nella classifica dei Paesi europei che ospitano i progetti l’Italia è solo all’ottavo posto; quindi, un numero elevato di ricercatori italiani vincitori di grant ERC sceglie di svolgere la propria attività in altri Paesi europei, al di fuori dell’Italia. Negli ultimi 10 anni i finanziamenti erogati da Fondazione AIRC sono stati superiori a un miliardo di euro. Nel 2021 ha erogato più di 136 milioni di euro, finanziando 856 progetti di ricerca che vedono coinvolti quasi 5.000 scienziati in tutto il Paese e numerosi sono stati i finanziamenti volti a far rientrare in Italia giovani scienziati operanti in altri Paesi. Tutto questo è stato ed è possibile grazie alla generosità dei nostri donatori, che hanno continuato a sostenerci durante gli ultimi due anni di pandemia. A loro va la mia personale gratitudine e quella di tutta la Fondazione. AIRC sostiene la migliore ricerca anche attraverso IFOM, l’istituto di oncologia molecolare fondato nel 1998 da AIRC tramite la fondazione FIRC, di recente fusa con la stessa Fondazione AIRC. Un istituto di grande prestigio internazionale, presso il quale svolgono la propria attività quasi 270 ricercatrici e ricercatori da 25 paesi europei ed extraeuropei. (segue a pagina 34)
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 3
VITA DA RICERCATORE Teresa Pellegrino
Q
a cura di FABIO TURONE uando è partita per gli Stati Uniti, piena di ottimismo e di passione per la ricerca, aveva già superato un importante scoglio: ignorando chi con cinismo le diceva che la borsa di studio che le interessava, bandita dall’Università di Caserta per andare sei mesi all’estero, era sicuramente già destinata a un raccomandato, aveva fatto comunque domanda. La borsa l’aveva vinta, e con quella aveva potuto raggiungere in California il suo compagno di università e di vita. Il primo contatto con i nuovi colleghi di laboratorio era stato però tragico: “Tornai a casa in lacrime, perché con il mio inglese scolastico avevo capito sì e no il venti per cento delle cose dette in riunione dal collega incaricato di fare il punto sulle ricerche in corso. Solo più tardi seppi che il collega veniva dalla Louisiana, e aveva un terribile accento che anche molti altri in laboratorio faticavano a capire”.
Il margine di miglioramento
Nanoparticelle come cavalli di Troia contro i tumori più aggressivi Laureata in chimica, si è aggiudicata diversi grant AIRC e ben tre prestigiosi ERC per lo studio di nanomateriali in grado di portare il farmaco nel cuore del tumore e distruggerlo dall’interno 4 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
Teresa Pellegrino è seduta nel suo ufficio dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, attorniata da disegni suoi e delle sue figlie appesi alle pareti, e sorride rievocando quell’inizio traumatico. Ogni tanto si affaccia alla porta qualcuno, e il rapido scambio di battute chiarisce che oggi ha una completa padronanza dell’inglese, oltre che delle nanotecnologie con cui lavora per mettere a punto terapie innovative basate su nanoparticelle per aggredire i tessuti tumorali. Il suo accento è discreto, e qualche inflessione pugliese riemerge solo occasionalmente: “Sono originaria di Palo del Colle, un piccolo paesino a una quindicina di chilometri da Bari, di cui si è parlato molto per la medaglia d’oro olimpica nella marcia vinta a Tokyo dal mio compaesano Massimo Stano”. Viene da lì anche suo marito Libero Manna, che le presentarono quando, dopo il diploma dell’istituto tecnico chi-
“ In questo articolo: nanomateriali glioblastoma ERC
mico-biologico, stava pensando di iscriversi alla Facoltà di chimica dell’Università di Bari, che lui frequentava già da tre anni: “All’inizio lui mi evitava perché io sono sempre stata mattiniera, e quando eravamo in treno la mattina presto gli proponevo di fare esercizi di stechiometria” ricorda divertita. La chimica tra i due funziona benissimo, ed è alimentata dallo spirito competitivo di entrambi. “Ho capito di voler fare la ricercatrice mentre frequentavo il laboratorio della tesi di laurea, grazie all’incontro con Annarosa Mangone. Io vedevo in lei una donna molto impegnata, e in quel momento non mi rendevo conto delle implicazioni del pancione con cui si muoveva come se niente fosse anche in laboratorio: solo dopo ho capito cosa volesse dire riuscire a essere sia ricercatrice sia madre” racconta Teresa, che a sua volta ricorda i progetti scritti con la bimba a tracolla nella fascia, e gli incontri con lo staff del laboratorio a casa propria: “Con la gravidanza, e poi con l’arrivo delle bambine, ho sviluppato nuove capacità organizzative, e il bisogno di migliorarmi per loro” spiega con semplicità.
Cingolani, che poi avrebbe diretto a lungo proprio l’IIT di Genova prima di diventare ministro della transizione ecologica nel governo Draghi. “A Lecce ho trovato un’organizzazione dei gruppi di ricerca come avevo visto all’estero. Era un crogiolo incredibile di idee e persone motivate, e mi sentivo in un’oasi felice, anche se in un contesto difficile” racconta. Lì Teresa ottiene un posto da ricercatrice CNR e coordina il progetto europeo Magnifyco, che coinvolge 11 partner europei. È a Lecce che nel 2008 nasce Giorgia, che porterà in braccio alla negoziazione e agli incontri di progetto con i partner e con la commissione. Nei primi due anni, la bimba la segue in quattro viaggi intercontinentali e innumerevoli voli a medio raggio. “Ricorderò sempre una conferenza a Barcellona in cui sedeva accanto a me sul palco, e ‘prendeva appunti’. Le bambine mi hanno sempre dato tranquillità e sicurezza” riprende la ricercatrice. Poco dopo la nascita di Giorgia comincia anche il pendolarismo tra Lecce e Genova, dove Libero sta mettendo in piedi il laboratorio di chimica nel nascente Istituto italiano di tecnologia; qui Teresa approderà in modo stabile nel 2014, dopo aver partecipato a un primo progetto AIRC, coordinato da Silvana Canevari all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, ed essersi poi aggiudicata un Investigator Grant triennale, sempre sostenuto da AIRC, con il progetto NanoCures da lei gestito: “I progetti finanziati da AIRC mi hanno permesso di instaurare importanti collaborazioni con i ricercatori clinici, con i quali occorre avere un confronto continuo”. In quegli anni, Pellegrino sviluppa un’eccezionale capacità di giostrarsi tra le figlie (nel frattempo a Genova è nata Rossella, nel 2012), la ricerca fondamentale e quella applicata: ottiene infatti un primo finanziamento “starting grant” del Consiglio europeo delle ricerche (ERC), ambitissimo dai ricercatori di tutta Europa, per lo sviluppo di na-
Un crogiolo di idee e persone motivate
Un’oasi felice Durante i 20 mesi a Berkeley, dove nel laboratorio di Paul Alivisatos ha ricevuto un’ottima formazione e scoperto il piacere di lavorare in un gruppo internazionale multidisciplinare, aveva intanto iniziato il dottorato di ricerca a Bari con Giovanni Natile, che a sua volta l’aveva lasciata andare a lavorare sulla stabilizzazione delle nanoparticelle a Monaco di Baviera, in Germania, nel laboratorio di un ricercatore conosciuto negli Stati Uniti. Libero, che nel frattempo aveva completato il post-dottorato e si era trasferito a Lecce, la raggiungeva spesso, perché collaborava con lo stesso gruppo. Alla fine del dottorato era stato quindi naturale anche per lei trasferirsi a Lecce, nel centro per le nanotecnologie messo in piedi dal fisico Roberto
noparticelle magnetiche e di semiconduttori capaci sia di trasportare farmaci nei tessuti malati che di concentrare i radioisotopi, il rame-64 nello specifico, per combinare la chemioterapia con la radioterapia.
Particelle in agitazione “Oggi le nanoparticelle vengono iniettate direttamente nel tumore, e grazie agli anticorpi o a frammenti di anticorpi che noi ancoriamo sulla loro superficie sono in grado di aderire alle cellule bersaglio del cancro” spiega Pellegrino. Usando un campo magnetico alternato ad alta frequenza, si possono poi far vibrare le nanoparticelle in modo asincrono, così da generare attrito e alzare la temperatura sopra i 43°C. Questo danneggia le cellule tumorali più di quanto non danneggi quelle sane circostanti, perché nel tessuto malato i vasi sanguigni sono meno efficienti nel dissipare il calore, favorendo l’apoptosi e/o la necrosi a seconda della temperatura raggiunta e quindi la distruzione delle cellule cancerose. La tecnologia è talmente sofisticata che è possibile decorare le particelle magnetiche con un rivestimen- Teresa to polimerico in cui incapsu- Pellegrino lare il farmaco antitumorale nel suo e che, grazie alla composizio- studio ne particolare del rivestimencon i diseto, si contrae quando la tem peratura sale, strizzandosi co- gni delle me una spugna e rilasciando il figlie farmaco solo in risposta all’attivazione del campo magnetico esterno. C’è però una controindicazione: la presenza di nanoparticelle nei tessuti compromette la qualità delle immagini ottenute con la risonanza magnetica. La zona diventa tutta scura e il tumore non si vede più. Per questo motivo il gruppo di Pellegrino è al lavoro per individuare la combinazione di composizione e forma (e sotto questo aspetto il cubo sembra più adatto della sfera) più efficiente, così da poter usare una dose più bassa di GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 5
VITA DA RICERCATORE Teresa Pellegrino
Teresa Pellegrino con il suo gruppo di ricerca
materiale magnetico. Grazie anche a un secondo Investigator Grant ricevuto da AIRC, sono già stati realizzati studi preclinici per applicare le nanoparticelle alla cura di glioblastomi e tumori della pelle e del colon-retto, in collaborazione con altri ricercatori finanziati da AIRC, tra cui Matilde Todaro e Giorgio Stassi. Un secondo finanziamento ERC detto “proof of concept” (dimostrazione di concetto) le è stato assegnato per verificare la possibilità di realizzare nanocubi di ferrite in qualità e quantità sufficienti per gli studi di ipertermia in preclinica e clinica. Recentemente è arrivato anche un terzo finanziamento ERC-consolidator, per il progetto GIULIa (porta il nome della prima bimba di Teresa, che la ricercatrice ha perso alla nascita), che ha l’intento di sviluppare ulteriormente la tecnologia dell’ipertermia magnetica contro i tumori, esplorando due modalità di rilascio delle nanoparticelle nelle metastasi. Da una parte verranno utilizzate le cellule immunitarie natural killer per il trasporto della dose di nanoparticelle adeguata al trattamento di
ipertermia magnetica combinata agli effetti della immunoterapia. Un secondo obiettivo è la messa a punto di microdispositivi magnetici in grado di muoversi anche nel tessuto viscoso in un gradiente termico generato dalle nanoparticelle stesse. L’evoluzione futura di questa tecnologia sarà la messa a punto di una nanoformulazione che sia capace di conservare la massima efficienza termica per le settimane necessarie all’eliminazione delle cellule tumorali e permetta poi all’organismo di degradarle ed eliminarle rapidamente, così da restituire ai medici la possibilità di osservare in dettaglio i tessuti trattati con tutti i normali strumenti diagnostici.
Un gruppo di ricerca multidisciplinare
6 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
La forza della diversità “Tutti questi progetti non sarebbero possibili senza il mio gruppo multidisciplinare e multiculturale di ricercatori” sottolinea Pellegrino. “Avere un gruppo così variegato era non solo il mio sogno, ma è anche la chiave del successo della ricerca che portiamo avanti, ed è
possibile grazie anche a un modello di ricerca che IIT incoraggia e aiuta a realizzare con un adeguato supporto organizzativo e amministrativo. Quando c’è da festeggiare qualche evento, è nostra abitudine organizzare delle escursioni in Liguria, e la pausa pranzo, al sacco, diventa un’occasione per assaggiare ricette di varie parti del mondo.” Nel tempo lasciato libero dall’impegno professionale e familiare, tra i suoi passatempi Pellegrino si dedica al disegno: “Come ricercatori siamo persone molto razionali e impostate. Ci è richiesto rigore. La passione per il disegno mi permette di assecondare la parte del mio cervello che spazia: mi piace disegnare volti, gli occhi mostrano l’intensità delle emozioni del soggetto”. Anche le figlie disegnano, e un acquerello astratto di Giorgia e Rossella è stato scelto come simbolo di uno dei progetti di ricerca. Non manca l’impegno nel volontariato: “Con tutta la famiglia siamo volontari AIRC, non manchiamo mai di partecipare al mercatino natalizio di San Nicola, a Genova, e di scendere in piazza per la campagna delle Azalee della Ricerca: Rossella è la più giovane volontaria della Liguria”.
I TRAGUARDI DEI NOSTRI
... continua su: airc.it/traguardi-dei-ricercatori
Capire come si sviluppa il tumore dell’ovaio Uno studio pubblicato sull’International Journal of Cancer fornisce importanti informazioni sul tumore dell’ovaio più diffuso e aggressivo, il carcinoma ovarico sieroso di alto grado. I ricercatori hanno individuato alterazioni molecolari con valore prognostico e predittivo, quindi in grado di informare sull’evoluzione del tumore e sull’efficacia dei trattamenti. Per farlo sono partiti dalle cellule cancerose di una paziente per poi condurre esperimenti e analisi usando anche database internazionali e animali di labo-
ratorio. Lo studio suggerisce inoltre come l’inibizione di una particolare proteina potrebbe permettere di vincere la chemioresistenza della neoplasia dovuta alle cellule staminali tumorali. “Le alterazioni identificate potrebbero diventare bersagli di farmaci mirati, per offrire nuove opzioni terapeutiche anche per questo tumore così temibile” spiega il coordinatore Ugo Cavallaro, dell’Istituto europeo di oncologia di Milano.
Un passo in avanti per i bambini
lulari e tecniche di bioinformatica avanzata, sono state identificate alcune di queste regioni nel genoma del neuroblastoma che contengono più mutazioni rispetto alle altre zone del DNA. I ricercatori hanno poi individuato tre geni modulati da questi elementi già noti per essere coinvolti nello sviluppo dei tumori e che potrebbero essere utilizzati come bersagli terapeutici e per predire la prognosi della malattia. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Research.
In uno studio sul neuroblastoma, un tumore che colpisce soprattutto i più piccoli, il team di ricercatori del CEINGE–Biotecnologie avanzate e dell’Università Federico II di Napoli guidato da Mario Capasso ha analizzato alcune regioni del genoma che, pur non contenendo istruzioni per produrre proteine, influenzano l’espressione dei geni: i cosiddetti intensificatori (enhancer in inglese). A seguito di diversi esperimenti, che hanno visto l’utilizzo di campioni di tumore, linee cel-
Una terapia per la leucemia mieloide acuta Il gruppo di ricerca coordinato da Chiara Bonini all’Ospedale San Raffaele di Milano ha sviluppato, in collaborazione con una società statunitense, una possibile terapia cellulare contro la leucemia mieloide acuta, basata sull’utilizzo di linfociti T ingegnerizzati in grado di riconoscere specificamente le cellule del tumore. I ricercatori si sono focalizzati sui recettori presenti sulla superficie dei linfociti T (TCR) grazie ai quali queste cellule possono svolgere il proprio ruolo. Così, i TCR di linfociti isola-
ti da pazienti sono stati sostituiti con altri isolati da donatori sani e in grado di riconoscere una determinata proteina tumorale. I risultati degli esperimenti di laboratorio sono promettenti e hanno portato all’approvazione in alcuni Paesi di una sperimentazione clinica, ma solo in una determinata tipologia di pazienti. C’è ancora molto lavoro da fare e i ricercatori sono già all’opera per superare gli ostacoli.
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 7
RICERCA Investimenti e carriere
All’Italia servono 50.000 nuovi ricercatori Rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia è il fanalino di coda come numero di scienziati. Un problema che spinge i più giovani a emigrare e priva il Paese di una risorsa importante anche dal punto di vista economico
8 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
L’
a cura della REDAZIONE Italia ha bisogno di più ricercatori. Per l’esattezza, ne servono altri 50.000 circa per raggiungere una proporzione tra scienziati e abitanti simile a quella dei nostri vicini: al momento, fatte le dovute proporzioni, ne abbiamo la metà rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. “Il nostro Paese ha investito finora in ricerca l’1,4 per cento del PIL contro il 2,1 per cento della media europea” spiega la ministra della ricerca e dell’università Maria Cristina Messa. L’Italia è infatti al ven-
In questo articolo: PNRR dottorato di ricerca fondi pubblici
tisettesimo posto in Europa per numero di ricercatori su 28 Paesi. Eppure i nostri scienziati non hanno nulla da invidiare a quelli stranieri, anzi: l’Italia supera la media europea per numero di pubblicazioni scientifiche e produce il 10 per cento delle pubblicazioni più citate al mondo. Diversi ricercatori formatisi in Italia lavorano nei laboratori all’estero e sono molto apprezzati per la qualità delle competenze acquisite nelle nostre università: un vanto per il sistema formativo italiano ma anche un problema, perché formare un giovane in modo che sia pronto per fare ricerca è dispendioso, e vederlo andar via senza più tornare non è un buon investimento.
Capitale umano Per colmare il gap, si punta ora soprattutto a investire sul capitale umano, garantendo ai giovani che decidono di intraprendere una carriera nella ricerca un numero adeguato di posizioni lavorative, ma anche una retribuzione in linea con quanto guadagnano i colleghi al di là delle Alpi. “Questo è uno degli obiettivi principali del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per quanto riguarda la ricerca scientifica” spiega ancora la ministra Messa che, prima di accettare il ruolo di Governo, è stata docente universitaria e poi rettrice dell’Università Bicocca di Milano e conosce quindi dall’interno i problemi da risolvere e in particolare la scarsa attrattiva delle retribuzioni. “Il secondo obiettivo del PNRR è garantire agli scienziati un flusso costante di finanziamenti pubblici per la ricerca, in modo da permettere loro di programmare il proprio lavoro.” La mancanza di bandi regolari per il finanziamento della ricerca scientifica attraverso fondi pubblici è infatti una delle principali ragioni che spingono i ricercatori più produttivi a lasciare il Paese.
“Dobbiamo inoltre risolvere il problema della distribuzione dei ricercatori nel Paese” dice ancora la ministra. “Per questo il PNRR prevede che il 40 per cento dei fondi per la ricerca scientifica vadano al Sud. Il bando per i giovani ricercatori servirà ad attrarre nuovi scienziati nelle aree più sguarnite e sarà concorrenziale anche per gli stranieri. Nella scienza, infatti, la mobilità è una componente naturale della carriera, per cui non è un problema se i giovani italiani vanno all’estero, purché il nostro Paese sia capace di attrarre altrettanti giovani stranieri, il che al momento non accade.”
Tra ricerca e innovazione
L’Italia è il fanalino di coda per quel che riguarda la relazione tra ricerca e innovazione, ovvero il passaggio dei ricercatori dal mondo universitario a quello delle aziende e viceversa, un percorso che, almeno per alcuni settori, è invece la norma all’estero. Ed è anche una necessità: la ricerca scientifica deve tradursi in soluzioni pratiche per i problemi delle persone ogni volta che è possibile, e ciò si ottiene solo se esiste un canale di comunicazione costante tra le attività produttive e chi si dedica allo studio. Aumentare il numero dei ricercatori aiuta quindi l’intera economia del Paese: senza innovazione, infatti, si perde in competitività. “Per affrontare i problemi complessi che vengono posti alla ricerca di questi tempi non basta avere a disposizione alcuni nomi eccellenti, occorre avere molte teste per formare la massa critica capace di utilizzare le tecnologie più avanzate e, soprattutto, di collaborare e lavorare in gruppo” dice Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerca Mario Negri di Milano. “Per questo tendo a essere contrario all’idea di creare pochi gran-
L’importante è garantire una progressione di carriera
di poli di eccellenza. Credo che i fondi pubblici debbano servire ad aumentare la quantità e la qualità della ricerca scientifica diffusa su tutto il territorio nazionale.” Il primo passo in questa direzione è incentivare il maggior numero di giovani a conseguire un dottorato di ricerca: un percorso post-laurea che in Italia è ancora appannaggio di pochi, perché le posizioni retribuite sono limitate e perché il titolo di dottore di ricerca non è ancora sufficientemente apprezzato dal mondo del lavoro. “Dedicare qualche anno della propria vita alla ricerca scientifica significa imparare a risolvere problemi” spiega ancora Garattini. “Una dote che dovrebbe essere apprezzata in un collaboratore.” Infine, per far crescere il numero di “addetti alla conoscenza” è necessario aumentare la quantità di fondi a disposizione per i progetti di ricerca. “Oggi in Italia, L’Italia nei bandi di concorso con deve divenfondi pubblici per progetti tare attradi ricerca, viene finanziato ente anche circa il 5 per cento dei proper gli getti presentati, una miseria rispetto al 35 per cento della stranieri Germania, al 30 per cento dell’Olanda e al 50 per cento della Svizzera” conclude Garattini. “Il problema non è la qualità delle idee proposte, ma i fondi a disposizione delle strutture pubbliche italiane.” Il rischio è che anche idee che potrebbero dare buoni risultati non vengano sviluppate, soprattutto negli ambiti di ricerca per cui non esistono organizzazioni strutturate come AIRC a sostegno dei progetti meritevoli. “Se vogliamo consegnare alle prossime generazioni un futuro all’altezza delle loro aspettative, dobbiamo promuovere e supportare con decisione e senza esitazioni la ricerca scientifica, perché deve essere chiaro che questi investimenti sono una garanzia per il futuro” conclude la ministra Messa. GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 9
ONCOLOGIA MEDICA Tumori neuroendocrini
Tumori neuroendocrini, dall’anonimato alla celebrità Molti non avevano mai sentito parlare di queste rare neoplasie prima che il popolare cantante Fedez annunciasse di averne sviluppata una al pancreas
L
a cura di ELENA RIBOLDI e malattie rare ricevono poca attenzione. Se però una di loro colpisce una persona famosa, ecco che il mondo ne scopre l’esistenza. È stato così anche per i tumori neuroendocrini, che hanno guadagnato la luce dei riflettori quando al cantante Fedez è stato diagnosticato un tumore neuroendocrino sviluppatosi nel pancreas.
Nella foto: il cantante Fedez
I TUMORI NEUROENDOCRINI “I tumori neuroendocrini sono forme tumorali estremamente rare che possono insorgere in qualunque distretto dell’organismo” spiega Sara Pusceddu, dirigente medico presso l’oncologia medica gastroenterologica dell’Istituto nazionale dei tumori (INT) di Milano. “Hanno origine da cellule che possiedono caratteristiche peculiari sia delle cellule endocrine (ovvero la capacità di secernere ormoni) sia delle cellule nervose.” Le sedi in cui insorgono più frequentemente sono il distretto gastro-entero-pancreatico e quello polmonare. Altre sedi meno frequenti sono il distretto testa-collo (tiroide, laringe, orecchio interno), le ghiandole surrenali, il timo, i paragangli, la cute e il distretto ginecologico e genito-urinario. “L’incidenza dei tumori neuroendocrini è molto bassa: ogni anno vengono diagnosti-
10 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
In questo articolo:
tumori neuroendocrini tumore del pancreas tumori rari
cati 5 casi ogni 100.000 abitanti” prosegue Pusceddu. “La prevalenza, ossia il numero di persone ammalate nella popolazione, è però elevata, perché rispetto ad altri tipi di tumore l’aspettativa di vita dei pazienti è fortunatamente molto lunga.” Non si conoscono fattori di rischio che predispongano ad ammalarsi di queste neoplasie; si sa però che l’ereditarietà può giocare un ruolo. “I tumori neuroendocrini vengono suddivisi in due gruppi: tumori sporadici e tumori associati a sindromi ereditarie. Questi ultimi si sviluppano solitamente in giovane età e sono legati a mutazioni di particolari geni. Per esempio, nelle sindromi endocrine multiple (MEN-1 e MEN-2) si riscontrano mutazioni nei geni MEN1 e RET.” I TUMORI NEUROENDOCRINI DEL PANCREAS I tumori neuroendocrini del pancreas colpiscono meno di una persona ogni 100.000. “In molti pazienti queste malattie hanno un andamento indolente, ovvero tendono a non evolversi e a non dare metastasi” spiega l’oncologa. “Ma nel 60 per cento dei casi vengono scoperte quando il cancro è in stadio avanzato e ha già dato metastasi, primariamente al fegato.” Se la massa tumorale raggiunge dimensioni importanti possono comparire disturbi aspecifici, come dolore e sintomi gastrointestinali, o il diabete, perché la ghiandola pancreatica non funziona più in modo adeguato. In una piccola percentuale di casi il paziente manifesta sintomi legati alle cosiddette sindromi da ipersecrezione
ormonale. Per esempio, nella sindrome di Zollinger-Ellison (ZES), associata a tumori neuroendocrini del pancreas e del duodeno, il tumore secerne gastrina provocando ulcere gastriche e diarrea, mentre nella sindrome da carcinoide, che più frequentemente si associa a tumori neuroendocrini dell’intestino tenue e più raramente a quelli del pancreas, la neoplasia secerne serotonina così da provocare diarrea e un arrossamento del volto, del collo e del torace (un sintomo noto come flushing). Gli insulinomi pancreatici, tumori neuroendocrini del pancreas che secernono insulina, si manifestano con crisi ipoglicemiche. “Dato che il cancro cresce lentamente, questo sintomo si manifesta in modo progressivo” chiarisce Pusceddu. “I pazienti con insulinoma hanno la tendenza a essere sovrappeso o obesi perché l’ipoglicemia causata dagli elevati livelli di insulina li porta a mangiare tanto.” TUMORI CURABILI “La prognosi dei tumori neuroendocrini del pancreas è generalmente favorevole, perché sono curabili anche se diagnosticati in fase avanzata” rimarca Pusceddu. “L’aspettativa di vita è lunga e in una piccola percentuale di casi si può arrivare alla guarigione.” Se il tumore è di dimensioni inferiori a un centimetro, si può decidere di non intervenire, ma di monitorarlo con la sorveglianza radiologica. Nei tumori localizzati di dimensioni maggiori, la chirurgia è il trattamento di scelta e ottiene ottimi risultati, mentre in quelli avanzati il percorso terapeutico dipende da quanto è
diffusa la malattia. Se le metastasi interessano solo il fegato, si può valutare la resezione del tumore primitivo (il nodulo pancreatico) e successivamente trattare la malattia metastatica utilizzando diversi approcci, come la resezione delle metastasi epatiche, l’utilizzo di terapie loco-regionali e, in casi selezionatissimi, il trapianto di fegato. “I tumori neuroendocrini avanzati sono gli unici casi di neoplasie metastatiche in cui un trapianto di fegato può essere utile” precisa l’oncologa. Si può quindi sperare in una guarigione dalla malattia pur nella fase avanzata. Se non si riesce a eliminare completamente il tumore, si possono somministrare anche farmaci a bersaglio molecolare (per esempio everolimus o sunitinib) o analoghi della somatostatina (che legano i recettori della somatostatina espressi sulla superficie della cellula tumorale bloccandone la proliferazione), oppure si può procedere con la cosiddetta radioterapia recettoriale (in cui si usano radiofarmaci, cioè farmaci a cui viene legato un atomo radioattivo che a loro volta si legano ai recettori della somatostatina e penetrano nella cellula uccidendola) o la chemioterapia. Se la malattia avanzata colpisce più distretti del corpo (per esempio con metastasi al fegato, alle ossa, al polmone e ai linfonodi), una situazione che fortunatamente interessa una minoranza dei pazienti, le opzioni chirurgiche vengo-
no meno e bisogna curare la malattia in modo generale. Si utilizzano allora la chemioterapia, gli analoghi della somatostatina, la terapia a bersaglio molecolare e la radioterapia recettoriale. MULTIDISCIPLINARIETÀ ED ECCELLENZA “Non possiamo curare bene un tumore neuroendocrino senza coinvolgere più specialisti” afferma con convinzione Pusceddu. “La strategia terapeutica deve essere cucita su misura sul paziente, e per farlo occorre che ogni caso venga discusso da un gruppo multidisciplinare.” È fondamentale che il paziente sia seguito in un centro di riferimento. “Un oncologo che lavora sul territorio vede un caso ogni 1-2 anni, all’INT, tra nuovi casi e controlli di chi è già in terapia, vediamo cinque pazienti al giorno. Abbiamo specialisti (chirurghi, oncologi, endocrinologi, radiologi patologi, eccetera) dedicati solo a questi tumori. In più facciamo ricerca su come migliorare le cure” racconta l’esperta, che conclude: “Non si tratta di essere più bravi, ma di avere più esperienza, perché in un unico polo si concentra un gran numero di pazienti. Questo vale per tutti i tumori rari, per i quali si consiglia sempre di rivolgersi agli istituti di riferimento nazionali”. In Italia ci sono otto centri di eccellenza accreditati dalla Società europea per i tumori neuroendocrini (ENETS), il cui elenco è riportato sul sito della società (www.enets.org).
Se diagnosticati precocemente sono curabili con successo
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 11
CRISI UCRAINA Accoglienza ai malati
L’Italia apre le porte ai malati di cancro ucraini La guerra nel Paese est-europeo ha peggiorato una situazione sanitaria già compromessa. Nel caso dei malati di cancro, l’emergenza è tale da richiedere spesso l’evacuazione verso ospedali attrezzati, molti dei quali in Italia
“S
MEDICI E RICERCATORI SUBITO ATTIVI
cienziati, ricercatori, medici, psicologi e infermieri: tra i profughi in fuga dall’Ucraina vi sono anche persone con qualifiche che potrebbero essere utili sia per l’accoglienza e la presa in carico dei loro connazionali, sia per l’Italia stessa. Per lavorare in una università, o per praticare la medicina e la psicologia in un Paese diverso da
12 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
quello in cui si è studiato, serve, di norma, un riconoscimento formale dei propri titoli e delle proprie competenze. A occuparsi di convalidare i titoli di studio esteri ci pensa il Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche (CIMEA), diretto da Luca Lantero. La crisi ucraina ha però accelerato l’applicazione di un regolamento che
”
vuole favorire l’entrata nel mondo della scienza e del lavoro per chi è profugo o rifugiato. “Esiste una norma che prevede una strada preferenziale per i rifugiati o richiedenti asilo” spiega Lantero. “Nel caso dell’Ucraina abbiamo attivato un servizio chiamato Focus Ucraina che consente la verifica rapidissima dei titoli di studio.” Non solo: con
In questo articolo: Ucraina solidarietà pazienti oncologici
C
a cura di DANIELA OVADIA ome in ogni guerra, anche nel caso dell’Ucraina sono i civili a pagare il prezzo più alto, in particolare i più fragili, inclusi i malati oncologici. La distruzione di tutta l’infrastruttura sanitaria nella parte orientale del Paese, a causa dei bombardamenti russi, ha portato, nel momento in cui scriviamo, all’evacuazione di intere aree e città. Alcuni degli sfollati si sono stabiliti più a ovest, in particolare a Leopoli (Lviv), al confine con la Polonia. Altri (circa 5,5 milioni alla fine di aprile) si sono rifugiati all’estero. Tra questi, fin da subito, i malati più gravi.
I malati di cancro La European Cancer Organisation (ECO), che riunisce 31 società scientifiche oncologiche, insieme all’Organizzazione mondiale della sanità e alla Commissione europea ha dichiarato fin dai primi giorni del conflitto che gli attacchi al personale medico e paramedico sono crimini di guerra e che tutti i Paesi europei hanno il dovere etico di facilitare l’accoglienza dei malati di cancro che hanno bisogno di cure e trattamenti. Ha inoltre creato il sito onco-help.org, che fornisce ai malati e ai medici ucraini tutte le informazioni sulle risorse a disposizione per la cura del cancro nei Paesi che offrono asilo ai rifugiati. Anche l’Italia non si è tirata indietro. Molti istituti oncologici collaboravano da tempo con l’Ucraina, che scontava già, prima del conflitto, le conseguenuna norma speciale, il Governo italiano ha decretato che tutti gli operatori sanitari ucraini (medici, psicologi e infermieri) possono lavorare in Italia fin da subito, per un anno. Si spera in questo modo di facilitare l’assistenza sanitaria ai rifugiati ma anche di trovare personale qualificato interessato a colmare le posizioni aperte nel Servizio sanitario nazionale (in particolare come medici di base e come infermieri).
ze di una organizzazione sanitaria con mezzi limitati e con un ridotto accesso a farmaci e terapie innovative. In quel Paese i tassi di mortalità infantile per tumore erano molto superiori a quelli delle nazioni europee: se in Europa in media guarisce il 75-80 per cento dei bambini, in Ucraina si arrivava a malapena al 55 per cento. La causa principale di tassi di sopravvivenza così bassi è da sempre il ritardo nella diagnosi e la mancanza di strumenti e terapie di avanguardia che, quando disponibili, sono a totale carico delle famiglie, poiché i fondi della sanità pubblica sono molto limitati. La guerra ha fatto precipitare una situazione già critica.
I volontari in loco “La guerra non ha fatto altro che peggiorare le cose” spiega Roberto Brambilla, immunologo presso gli Istituti clinici Zucchi di Monza e volontario dell’associazione Soleterre, che, forte di una precedente collaborazione con il Reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale di Leopoli, si è attivata fin dai primi giorni per portare i farmaci mancanti in territorio ucraino e per evacuare i casi più gravi verso gli ospedali italiani. Lo abbiamo incontrato al valico di frontiera di Medyka, in Polonia, mentre si accingeva a raggiungere Leopoli per dare una mano ai medici locali. “La situazione è drammatica anche nella parte ovest del Paese, ancora poco toccata dalla guerra” spiega. “Gli ospedali sono oberati di pazienti, al momento, a Leopoli hanno tre volte il numero di malati oncologici rispetto a quelli che sono abituati a curare. Si trovano in una situazione peggiore di quella che abbiamo vissuto in Italia all’apice della pandemia da Covid-19: i reparti sono pieni di feriti e malati gravi, le rianimazioni non hanno posto, tutte le risorse sono dedicate a far fronte all’emergenza. In questo contesto non solo è difficile curare chi è già in terapia, ma è impossibile fare nuove diagnosi e i ritardi accumulati peseranno sul destino dei malati.” Per questo essere trasferiti all’estero è spesso l’unica speranza per
molti pazienti. E i centri italiani hanno aperto le loro porte fin dai primi giorni del conflitto. La Lombardia è stata tra le prime Regioni ad attivare un ponte aereo. Sono arrivati pazienti all’Istituto nazionale dei tumori di Milano e all’Ospedale San Gerardo di Monza (in particolare presso l’ematologia pediatrica). La Protezione civile si occupa di distribuire i pazienti su tutto il territorio nazionale: alcuni sono stati presi in carico dall’Ospedale Gaslini di Genova, altri dagli ospedali della Rete oncologica toscana. In prima linea anche i presidi del Piemonte e del Lazio. A fine marzo, la Guardia di finanza ha attivato la propria Centrale remota per le operazioni di soccorso sanitario (CROSS), che, grazie a voli dedicati, ha portato fino al confine ucraino gli oncologi dell’Ospedale Meyer di Firenze e poi della rete ospedaliera abruzzese, con lo scopo di assistere i colleghi ucraini, consegnare medicine e strumenti e accompagnare verso l’Italia chi aveva bisogno di essere evacuato. L’Italia non è ovviamente sola in questo sforzo per supportare i malati di cancro. Tutti i Paesi europei contribuiscono come possono, ma la solidarietà ha anche attraversato l’oceano. ASCO, l’associazione degli oncologi statunitensi (di fatto la più grande associazione internazionale di oncologia) ha attivato una rete di sostegno e di consulenza che non riguarda solo l’Ucraina, ma anche i Paesi confinanti come la Polonia, la Romania e la Moldavia, sopraffatti dalle ondate di profughi e dalle richieste di assistenza. “Non possiamo lasciare soli i Paesi confinanti” ha detto infatti Hans Kluge, direttore dell’OMS per l’Europa. “Anche loro avevano problemi già prima della guerra a tenere in piedi il proprio sistema sanitario. Se i loro ospedali si troveranno in difficoltà nel gestire l’arrivo degli sfollati, la crisi sanitaria si estenderà e non riguarderà più solamente gli ucraini, ma tutta l’Europa dell’Est. Per questo è necessario organizzare un’azione efficiente e combinata che veda protagonisti tutti i centri di cura europei e che salvi il maggior numero di vite umane.” GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 13
RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE Educazione sanitaria
Quello che il paziente deve sapere Di fronte a prescrizioni o spiegazioni sulle terapie spesso ci si ritrova confusi e disorientati, ma con uno sforzo informativo e qualche suggerimento la situazione può migliorare
“L
a cura di CRISTINA FERRARIO a medicina non è una ricetta uguale per tutti. È basata su conoscenze scientifiche che possono variare con il tempo e deve trovare una strada specifica per ogni singolo paziente.” Ne
è convinto Daniele Coen, medico d’urgenza, per quindici anni direttore del Pronto soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano, e da anni anche divulgatore scientifico. Partendo dal suo ultimo libro, L’arte della probabilità. Certezze e incertezze della medicina, edito da Raffaello Cortina Editore, l’esperto ci accompagna in un viaggio alla scoperta di come si muove il medico quando deve prescrivere un esame o una terapia e di quali sono i pi-
In questo articolo: scelte in medicina psicologia medica incertezza
lastri di una buona comunicazione tra medico e paziente, strumento essenziale per arrivare alla soddisfazione finale di tutti gli attori coinvolti in un percorso di cura. “Il paziente ha un ruolo attivo ed estremamente importante nel determinare ogni scelta” precisa Coen.
Grandi successi e tanti dubbi
Sotto alcuni punti di vista, la medicina oggi è molto più complicata di quanto non fosse anche solo cinquant’anni fa. “Veniamo da un periodo in cui la medicina era semplice, poco efficace e le terapie potevano causare relativamente pochi effetti collaterali, mentre oggi la medicina è molto efficace ma molto complicata, e anche per via di questa complessità bisogna fare decisamente più attenzione ai potenziali effetti collaterali” afferma Coen, ricordando le tante incertezze con le quali un medico deve fare i conti ogni giorno e che i pazienti a volte leggono in modo negativo. “La realtà è che i medici continuano
a prendere decisioni sulla base di dati imperfetti e di conoscenze limitate, su pazienti che sono, inevitabilmente, uno diverso dall’altro” spiega. Le decisioni in medicina non si pongono quasi mai in termini di bianco o nero: al contrario, è necessario muoversi all’interno di una vasta area grigia, nella quale sono molte le variabili in gioco. Attenzione, però: questo non significa che i medici orientino le proprie decisioni in base al caso o alla fortuna. Dietro a ogni decisione c’è sempre un ragionamento basato sui dati disponibili e sulle caratteristiche del paziente. “Ovviamente non manca poi una componente personale, legata alla sensibilità del medico, agli aspetti che ritiene più importanti in una determinata fase di cura e alle preferenze del paziente” aggiunge l’esperto.
Il rapporto medico-paziente
Oltre alla medicina sono cambiati anche i pazienti. E di conseguenza è cambiato il loro rapporto con il medico. Se infatti fino a qualche decennio fa la figura del medico “paternalista” (che dice al paziente cosa deve fare, lasciandogli poco spazio per esprimersi) era accettata e raramente messa in discussione, oggi la maggior parte delle persone desidera capire, sapere e far sentire la propria voce. “Penso che questo sia positivo” dice Coen, convinto che nel rapporto medico-paziente si debba parlare chiaro, esprimere i propri dubbi e, perché no, ammettere le proprie incertezze. Il linguaggio rappresenta un primo – e in genere superabile – ostacolo alla comunicazione. “Capita che il medico utilizzi con i pazienti una serie di termini tecnici troppo complicati, che quasi sempre generano confusione” spiega l’esperto, che incoraggia i pazienti a chiedere ulteriori spiegazioni. Anche l’inserimento di troppe persone nel flusso di comunicazioni potrebbe essere dannoso. “Idealmente il paziente dovrebbe
avere un solo medico di riferimento al quale rivolgersi e il medico alcune persone di riferimento (una o due) alle quali comunicare le informazioni relative al paziente” dice Coen, senza dimenticare gli ostacoli “ambientali”, come per esempio la mancanza di tempo o l’organizzazione del lavoro.
Verifica, trasparenza e intuito
Come spiega Coen, la formazione scientifica dell’italiano medio è piuttosto bassa, per cui non sono molte le persone che hanno ben chiaro come si sviluppino le conoscenze in ambito medico. Ciò non toglie che tutti i pazienti abbiano la possibilità di riuscire a comprendere ciò che sta succedendo, in modo da poter prendere decisioni soddisfacenti e condivise con il medico. Innanzitutto ci si può informare e verificare le informazioni e i suggerimenti ricevuti. Lo si può fare attraverso internet, con tutti i rischi legati all’attendibilità delle fonti e alla capacità individuale di comprenderle, o anche chiedendo un secondo parere in caso di decisioni davvero importanti. A volte può bastare un colloquio con il medico di base, che faccia da tramite con lo specialista. Servono poi trasparenza e sincerità nel rapporto con il medico. Infine, secondo l’esperto, si può anche tenere conto del cosiddetto gut feeling, quella sensazione “di pancia” che può rappresentare un campanello d’allarme di fronte al quale vale la pena fermarsi un attimo per decidere con più calma: se di fronte a una scelta non ci si sente a proprio agio, è giusto dare ascolto ai propri dubbi e chiedere ulteriori spiegazioni. Ogni decisione è un percorso. “Nel momento in cui medico e paziente riconoscono che c’è un margine di incertezza nelle scelte, che tutte le opzioni avranno benefici ed effetti collaterali, si arriva alla decisione finale con un avvicinamento progressivo” conclude. .
La medicina moderna richiede spiegazioni
“
LE DOMANDE CHE FANNO LA DIFFERENZA
”
S
apere quali domande porre di fronte alla proposta di un esame o di una terapia può essere la chiave per arrivare a una decisione davvero consapevole. Coen ce ne suggerisce alcune. Di fronte alla proposta di un esame diagnostico: • Cosa succede se non lo faccio? • Ci sono alternative a questo esame? • In che modo l’esito dell’esame cambierà il modo in cui lei mi cura?
Di fronte alla proposta di una terapia: • Che beneficio devo attendermi dalla terapia? • Cosa succede se non prendo questo farmaco? • Ci sono farmaci alternativi a quello proposto? • Quali sono gli effetti collaterali più frequenti?
“
UN GELATO E UNA PARTITA DI BASEBALL
U
”
n vecchio professore universitario doveva decidere se sottoporsi o meno a un intervento. Interrogato su quali fossero per lui le cose più importanti, rispose: “Finché posso mangiare gelati e guardare il baseball in televisione, per me vale la pena vivere”. Da lui ci si sarebbe attesi una risposta molto diversa. Questo aneddoto tratto dal libro Essere mortale di Atul Gawande spiega bene un concetto di fondo essenziale in medicina: ogni paziente è diverso e ogni decisione da prendere non può non tenere conto di queste differenze e di ciò che conta davvero per il singolo.
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 15
NOTIZIE FLASH
Dal Mondo Chi ha paura delle recidive? La paura di un ritorno del tumore dopo le terapie, quello che in termini tecnici si chiama “recidiva”, interessa circa sei pazienti su dieci (59 per cento) secondo i risultati di uno studio di revisione pubblicato su Psycho-Oncology. E per circa uno su cinque (19 per cento) questa paura raggiunge livelli elevati. Il team di ricerca a guida olandese ha analizzato i dati di 46 studi condotti in 13 Paesi, osservando che la paura della recidiva si presenta in misura simile sia nei pazienti sia nelle persone guarite dal tumore (i survivors), e che i giovani e le donne sono le categorie più a rischio. Come spiegano gli autori, servono nuovi studi per comprendere meglio il fenomeno, identificare chi ha più bisogno di supporto e mettere in campo strategie efficaci e personalizzate per contrastare la paura.
HIV e tumore del colon-retto Un farmaco utilizzato per il trattamento delle infezioni virali, come quella da HIV, potrebbe rappresentare una nuova opzione terapeutica per i pazienti con tumore del colon-retto metastatico. Lo scrivono su Cancer Discovery i ricercatori del Massachusetts General Hospital, che hanno posto le basi per un eventuale “riposizionamento” in ambito oncologico della lamivudina, un farmaco antivirale che appartiene alla classe degli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa. Il trattamento con lamivudina ha infatti fermato la crescita della malattia in 9 dei 32 pazienti coinvolti nello studio che avevano un tumore in progressione nonostante diverse linee di trattamento. Il meccanismo molecolare alla base del risultato riguarda quello che un tempo veniva chiamato “DNA spazzatura”, e che potrebbe diventare oggi un bersaglio per terapie anticancro.
Dubbi sui dolcificanti artificiali Secondo uno studio pubblicato su Plos One, i sostituti dello zucchero potrebbero non essere del tutto innocui per la salute. Analizzando i dati di oltre 100.000 partecipanti allo studio NutriNet-Santé, un gruppo di ricerca francese ha osservato infatti un’associazione tra consumo di dolcificanti in sostituzione dello zucchero e aumento del rischio di sviluppare un cancro. In particolare, il rischio sembra aumentare per il tumore al seno, e più in generale per i tumori legati all’obesità, ed essere collegato a un consumo eccessivo di aspartame (indicato in etichetta con la sigla E951) e acesulfame-K (E950), contenuti in molte bevande e cibi prodotti a livello industriale. Sulla base di questi risultati, che dovranno comunque essere confermati in studi più ampi, gli autori suggeriscono di non eccedere nel consumo.
16 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
Sui campi da golf Il benessere degli uomini con tumore alla prostata passa anche per i campi da golf. Ne sono convinti gli autori di un articolo pubblicato sulla rivista Supportive Care in Cancer, che spiegano perché il golf potrebbe rappresentare una soluzione ideale per recuperare (o non perdere) la forma fisica e la funzione muscolare, in particolare dopo il periodo di inattività forzata legato alla pandemia. Il golf è un’attività fisica di intensità moderata ottima per migliorare la salute psicosociale, muscolare e cardiovascolare di chi ha avuto una diagnosi di tumore della prostata. Inoltre rappresenta un’occasione per conoscere persone nuove e ridurre stress, ansia e depressione. Via libera dunque a due sessioni settimanali da 90 minuti o una da 180 minuti, sempre sotto la supervisione del medico e di un professionista dello sport.
Biopsia liquida per il tumore al seno La biopsia liquida rappresenta uno strumento importante per tenere sotto controllo i cambiamenti molecolari delle cellule del tumore al seno, con importanti ricadute cliniche per le pazienti. È quanto emerge da uno studio finlandese pubblicato sulla rivista Cancers, nel quale gli autori hanno utilizzato questa tecnica poco invasiva – consiste in un semplice prelievo di sangue – per identificare le mutazioni presenti nel cosiddetto DNA libero circolante, ovvero frammenti di DNA di origine tumorale contenuti nel sangue. L’analisi ha permesso di scoprire il ritorno della malattia prima che questa fosse visibile a livello clinico e ha inoltre consentito di valutare in dettaglio le modifiche che costantemente si verificano a livello del DNA tumorale. “Il DNA del tumore cambia nel tempo e conoscerne momento per momento le caratteristiche aiuta anche a scegliere le terapie più adatte” spiegano gli autori.
Un convegno su immunologia e immunoterapia L’Accademia dei lincei ha ospitato a Roma, il 15 e 16 marzo, il meeting Highlights in Immunology presieduto da Lorenzo Moretta, Guido Forni, Enrico Maggi e Alberto Mantovani. Lo scopo era discutere l’immunologia di SARSCoV-2 e l’immunoterapia dei tumori, con la partecipazione di due premi Nobel, Jules Hoffmann e Giorgio Parisi, scienziati di grande valore, tra cui Anthony Fauci, Wolf Fridman, Christoph Huber e Andreas Radbruch, e giovani emergenti. Il meeting era dedicato alla memoria di due grandi immunologi finanziati da AIRC, Alessandro Moretta e Giorgio Parmiani, che hanno rappresentato un modello scientifico e umano per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerli.
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 17
RELAZIONI DI COPPIA Sessualità maschile
Sessualità e cancro negli uomini, importante superare i tabù Negli uomini l’accettazione di sé dopo la malattia passa anche per la sessualità, che va ritrovata e a volte riadattata alla nuova condizione, potendo contare su un aiuto psicologico a cura di ALESSIA DE CHIARA uando il cancro si insinua nella quotidianità di una persona, ne risente spesso anche la vita sessuale. Da un lato infatti bisogna avere a che fare con le conseguenze fisiche delle terapie, dall’altro la diagnosi stessa di tumore può incidere in maniera drastica sulla sfera sessuale. Se le donne hanno imparato a parlare del proprio corpo e della propria sessualità durante e dopo una diagnosi di cancro, complice anche il sostegno di numerosi gruppi e associazioni, per gli uomini l’argomento resta ancora un tabù. L’impatto della malattia sulla sessualità maschile viene ancora in molti casi affrontato in solitudine, aggravandone ancor di più il carico psicologico.
Q
UN CORPO CHE CAMBIA Il cancro può provocare, tra gli altri disturbi, anche fatigue, nausea, dolore o cambiamenti ormonali che possono incidere sulla sfera sessuale. Un impatto in questo senso possono averlo anche le terapie, in particolare quelle per i tumori che colpiscono l’apparato genito-urinario, come il cancro al testicolo o alla prostata. Per esempio, uno degli effetti collaterali dovuti all’asportazione chirurgica della prostata, spesso praticata in caso di tumore, è l’incontinenza urinaria. “Oltre a incidere sull’atto sessuale in sé per via delle perdite di urina, i problemi urinari suscitano imbarazzo e vergogna. L’uomo sente di non essere desiderabile e di aver perso la capacità di sedurre” spiega Simona Donegani, psicologa e psicoterapeuta, che dal 2003 è parte del progetto “Per un sentire condiviso: l’uomo e il tumore
18 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
alla prostata”, sostenuto dalla Fondazione Monzino presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Un altro possibile effetto collaterale della prostatectomia, dal grande impatto psicologico, è la disfunzione erettile. Oggi, tra le opzioni disponibili per cercare di superarla, vi sono farmaci o iniezioni
di alcune sostanze (prostaglandine) da effettuare alla base del pene. Come spiega l’esperta, il ricorso a questi fattori “esterni” non è sempre semplice da accettare per l’uomo che sente già di aver perso una parte di sé, poiché potrebbe ricordargli ogni volta di aver avuto un tumore oppure indurlo a considerare la sessualità non più del tutto spontanea. “È difficile dopo una diagnosi di cancro continuare a vedere il sesso come un gioco, a viverlo con piacere, con leggerezza, poiché siamo concentrati sulla malattia” spiega l’esperta, sottolineando la necessità di lavorare per superare questo problema. “Il nemico maggiore nel percorso di ripresa è l’immagine di sé prima del tumore. Il cancro è un’esperienza che segna. Ci sono donne e uomini che dopo il tumore chiudono con la sessualità perché non si fidano più del proprio corpo, che sembra non appartenergli” commenta. L’IMPORTANZA DELLA SESSUALITÀ “Poiché il tumore della prostata è una patologia che riguarda tendenzialmente gli uomi-
In questo articolo: sessualità cancro fertilità
ni dai 50-60 anni in su, i medici hanno ritenuto per anni che l’impatto della disfunzione erettile su questi pazienti fosse contenuto, o comunque non così problematico come poteva avvenire nel caso in cui il malato fosse un ventenne” spiega Donegani. “È stato un grave errore di valutazione, dovuto a una visione strettamente medica della sessualità, finalizzata solo al rapporto sessuale. Dal punto di vista psichico, però, non è solo la possibilità o meno di avere il rapporto a incidere. Anche se in quel momento non si ha una sessualità attiva, la disfunzione erettile dovuta al cancro finisce spesso per incidere sul senso di sé.” Il paziente, d’altra parte, può pensare che l’età non più giovanile lo obblighi a non preoccuparsi più della sessualità, o che il fatto di preoccuparsene, nel momento in cui combatte con un problema più grande come il cancro, possa metterlo in cattiva luce. “Bisogna cercare di superare tutti i tabù che creano una barriera comunicativa. In questo senso occorre lavorare sia sul medico, che spesso non sa bene come accennare al problema o teme di entrare troppo nell’intimità di una persona, sia sul paziente, che può far fatica a chiedere o a esplicitare le sue difficoltà perché considera la sessualità una questione secondaria, mentre non lo è affatto” afferma la psicologa. L’uomo potrebbe inoltre sentire di aver perso la capacità di dare e ricevere piacere come prima. Nella coppia, magari strutturata da tempo, possono nascere incomprensioni e quindi bisogna lavorare in-
sieme per capire in che modo sia ancora possibile condividere la sessualità. “Il ruolo dello psicoterapeuta è fondamentale. La vita sessuale è fatta anche di parole, desideri, relazione e comunicazione” afferma l’esperta. “Il punto di arrivo di una riabilitazione sessuale individuale e di coppia è la ricostruzione di un sé efficiente, piacevole, desiderante e desiderabile, e di una coppia che ha una dimensione intima, è coesa, comunica ed è allineata.” IL TEMA DELLA FERTILITÀ Anche la fertilità può venire pregiudicata da alcuni trattamenti. Per esempio, nel caso del tumore al testicolo, che colpisce soprattutto i ragazzi, la radioterapia può danneggiare la produzione dello sperma. Generalmente, invece, l’asportazione di un testicolo non compromette la fertilità, se si ha una buona funzionalità del testicolo rimanente. “Nel caso degli anziani, un tempo non si parlava nemmeno di procreazione, lasciando l’uomo nel dubbio. Ma mentre nella donna c’è un limite di età per procreare, legato alla menopausa, l’uomo può restare fertile anche in età avanzata” dice Donegani. È corretto quindi che gli uomini sappiano che la conservazione del seme è possibile anche in tarda età. “È importante che la sessualità dell’uomo adulto sia sempre oggetto della comunicazione medico-paziente.”
IL SUPPORTO AI GIOVANI I ragazzi più giovani possono aver bisogno di aiuto nel gestire la sfera sessuale anche quando il cancro non colpisce l’area genito-urinaria. Uno studio recente condotto in Germania e pubblicato su BMC Cancer dimostra che, per un terzo di loro, il sesso è un cruccio che richiede un’assistenza specializzata, e questo indipendentemente dalla preservazione della fertilità. Le cure oncologiche interferiscono infatti con la costruzione dell’immagine di sé in un’età delicata. Inoltre, i farmaci e la stanchezza legata alla malattia e alle cure possono influire sul desiderio o sulla capacità di portare a termine l’atto sessuale. Affrontare questo tema nel colloquio con il paziente è quindi assolutamente necessario, così come è necessario la-
vorare sugli aspetti estetici legati alle eventuali menomazioni chirurgiche e sul supporto psicologico. “Si dovrebbe parlare di sesso fin da subito. Spesso basta la diagnosi perché si manifesti un forte impatto sulla sessualità. Il paziente deve fare i conti con paure consapevoli e inconsce e ciò può provocare delle difficoltà fisiche nell’esercizio della sessualità anche in assenza di una base organica” spiega Donegani. Oggi i medici sono più attenti al tema, nonostante le possibili barriere comunicative, e gli stessi pazienti in genere hanno meno imbarazzi nell’affrontare l’argomento. Inoltre, l’importanza dello psicologo o dello psiconcologo è ormai ben riconosciuta. “Per poterne parlare in un modo approfondito e funzionale è necessario spostare l’attenzione dalla semplice ripresa di funzione dell’organo sessuale a un concetto di sessualità più generale. Una riabilitazione della sessualità passa attraverso diverse fasi e dalla capacità di mettere in discussione la modalità con cui il sesso è stato vissuto fino al momento della malattia.”
La soluzione spesso passa da una nuova sessualità
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 19
FUMO E TUMORE Diagnosi precoce
Lo screening per il tumore del polmone può essere personalizzato I risultati dello studio BioMILD hanno portato alla nascita di una rete di centri che valuterà la fattibilità del test per tutti i grandi fumatori
U
a cura di ELENA RIBOLDI no studio italiano supportato da AIRC dimostra che, combinando le informazioni ricavate dall’esame radiologico con quelle ottenute tramite l’analisi molecolare di un campione di sangue per cercare specifici biomarcatori, si migliora l’accuratezza dello screening per il tumore del polmone. Questo esame diretto ai forti fumatori non è ancora entrato tra gli screening di routine, ma si stanno compiendo grossi sforzi perché ciò avvenga. LO STUDIO BIOMILD “L’innovatività del nostro studio sta nel fatto che fino-
ra nessuno studio prospettico di screening per il cancro polmonare con la tomografia computerizzata a basso dosaggio (LDCT, dall’inglese lowdose computed tomography) ha utilizzato un biomarcatore basato su un esame del sangue” spiega Gabriella Sozzi, direttore dell’Unità di genomica tumorale dell’Istituto nazionale dei tumori (INT) di Milano. “Noi siamo riusciti a partire con questo progetto ambizioso nel 2013 grazie a un progetto speciale AIRC 5 per mille. Con lo studio BioMILD, coordinato da Ugo Pastorino, direttore della chirurgia toracica dell’INT, abbiamo valutato se la combinazione dell’esame radiologico con un test molecolare eseguito su un prelievo di sangue ci potesse permettere di identificare un
In questo articolo:
giornata senza tabacco screening tumore al polmone
maggior numero di pazienti con cancro polmonare in stadio iniziale.” Il test molecolare MSC (miRNA signature classifier), sviluppato dal gruppo di Gabriella Sozzi, consiste nella misurazione di 24 microRNA circolanti nel sangue. I microRNA sono piccole sequenze di RNA non codificante: non servono per produrre proteine, ma hanno un’attività di regolazione. “Sono come degli interruttori che accendono e spengono i geni. Essendo piccoli e protetti da involucri proteici, sono molto stabili nei fluidi biologici, quali sangue e urine, e facilmente rilevabili.” I microRNA che vengono misurati nel test MSC non sono rilasciati esclusivamente dal tumore. “All’inizio dello studio, nel momento in cui abbiamo eseguito il test, i partecipanti, forti fumatori, non avevano un tumore, ma alcuni lo hanno poi sviluppato durante il successivo periodo di osservazione” precisa Sozzi.
“Questi microRNA sono rilasciati dal polmone danneggiato dal fumo e da alcune sottopopolazioni di cellule immunitarie. Quando li abbiamo studiati, abbiamo osservato che regolano geni coinvolti nella proliferazione e nel metabolismo cellulare e spengono le risposte del sistema immunitario.” UNO SCREENING SU MISURA Sulla base dei microRNA presenti nel sangue, i partecipanti allo screening possono essere classificati come positivi o negativi al test MSC. L’esame radiologico è considerato positivo se viene riscontrata la presenza di un nodulo. “La TC è molto sensibile e di frequente rileva la presenza di quelli che vengono detti noduli indeterminati, piccoli noduli di cui non si capisce la natura e che non si sa precisamente come gestire. A volte vengono monitorati ripetendo l’esame radiologico dopo qualche tempo, a volte si effettua una biopsia.”
GIORNATA SENZA TABACCO
IL FUMO FA MALE A TE E FA MALE AL PIANETA
A
nche quest’anno il 31 maggio è stata celebrata la Giornata mondiale senza tabacco, una ricorrenza che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sui danni provocati dal fumo e a cui AIRC partecipa annualmente. Il tema proposto quest’anno dall’Organizzazione mondiale della sanità era “Il tabacco: una minaccia per il nostro ambiente”. Il tabacco ha un fortissimo impatto ambientale se si considera tutta la filiera, che va dalla coltivazione delle piante alla fabbricazione e distribuzione dei prodotti finiti, fino alla produzione di rifiuti. Basti sapere che ogni anno vengono dispersi nell’ambiente 4,5 trilioni di mozziconi di sigaretta, quasi 770.000 tonnellate di rifiuti tossici che rilasciano migliaia di sostanze chimiche nell’aria, nell’acqua e nel suolo.
È a questo punto che si rivela utile il test molecolare. “Abbiamo scoperto che, se entrambi i test sono positivi, il soggetto ha un rischio di sviluppare un cancro polmonare nei 5 anni successivi 30 volte più alto rispetto alle persone il cui test molecolare risulta negativo” afferma Sozzi. “Si identificano così gli individui più a rischio, a parità di altre caratteristiche come età e abitudini di fumo.” Le implicazioni di questa scoperta sono notevoli. “Potrà aiutare a definire la popolazione che deve essere seguita con maggiore attenzione, risparmiando radiazioni ai soggetti che hanno un rischio molto basso di sviluppare un cancro del polmone e che quindi possono essere richiamati a distanza di tre anni.” Si tratta quindi di uno screening di precisione, che permette di identificare il rischio personale di ammalarsi. Modulare gli intervalli di screening, ossia il tempo che intercorre tra un esame e il successivo, è importante nella prospettiva di uno screening a lungo termine. “Permette un risparmio di esami, da un lato riducendo il rischio radiologico per il partecipante e dall’altro garantendo un’economia di risorse che consenta di offrire lo screening a un numero doppio di persone a parità di costo.”
storia di fumo di 30 pack/year (un pack/year corrisponde al consumo di un pacchetto di sigarette al giorno per un anno; 30 pack/year corrispondono al consumo di un pacchetto al giorno per 30 anni, oppure due pacchetti al giorno per 15 anni, tre pacchetti al giorno per 10 anni e così via). Possono partecipare anche ex fumatori che non abbiano smesso da più di 10 anni. Negli Stati Uniti lo screening è raccomandato ed è in parte rimborsato dalle assicurazioni sanitarie. In Italia lo screening per il cancro polmonare non è offerto dal Sistema sanitario nazionale. “Di recente però è stato fatto un passo in avanti, perché proprio Pastorino è riuscito a organizzare una rete di screening per il tumore del polmone che raduna una decina di centri, coordinati dal nostro istituto” spiega Sozzi. “Il progetto è finanziato dal Ministero della salute, e questo fa pensare che ci possa essere interesse a offrire lo screening in futuro, se questa prima fase sarà positiva.” Scenderanno in campo anche i medici di famiglia. “In aggiunta al reclutamento che facciamo di solito attraverso i media o apposite campagne, questa volta i medici di base potranno identificare tra i loro assistiti quelli con le caratteristiche più idonee; a loro verrà proposta la partecipazione allo screening gratuito per il cancro polmonare annualmente o con la frequenza suggerita dai risultati del test molecolare.”
Uno screening di precisione per capire chi è più a rischio
A CHI È RIVOLTO LO SCREENING Possono essere coinvolti nello screening i forti fumatori di entrambi i sessi con oltre 55 anni d’età. Per forte fumatore si intende chi ha una
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 21
IFOM – ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE Ricerca farmacologica
Un cambio ai vertici nella nuova organizzazione Alberto Bardelli è il nuovo direttore scientifico dell’istituto di ricerca milanese. Lo affianca Giovanni Azzone, nel ruolo di nuovo presidente 22 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
CAMBIO AI VERTICI
GIOVANNI AZZONE, UN PRESIDENTE RICERCATORE
N
on è un medico né un ricercatore che si occupa di cancro, ma Giovanni Azzone, nuovo presidente di IFOM, è comunque un ricercatore di grande esperienza. “Essere designato da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro alla presidenza del ‘suo’ istituto di ricerca nel campo dell’oncologia molecolare, IFOM, è per me un grande onore e una grande responsabilità” dice. Milanese, classe 1962, è professore di impresa e decisioni strategiche presso il Politecnico di Milano, che ha guidato nel ruolo di rettore per sei anni, dal 2010 al 2016. Le sue ricerche riguardano il campo dell’analisi organizzativa, del controllo di gestione e del reporting anche nelle pubbliche amministrazioni, con partico-
In questo articolo: IFOM governance ricerca
I
a cura della REDAZIONE l mese di aprile 2022 segna una svolta radicale nell’organigramma dell’istituto di oncologia molecolare di Fondazione AIRC (IFOM), uno dei centri di eccellenza della ricerca oncologica italiana e internazionale. “IFOM è fondamentale per perseguire il nostro obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile, attraverso la ricerca” ha dichiarato Andrea Sironi, presidente di AIRC. “Le nomine di Alberto Bardelli e di Giovanni Azzone sono espressione di un piano di sviluppo che punta a rafforzare il posizionamento dell’istituto nel panorama dell’oncologia molecolare internazionale e ad attrarre talenti e investimenti” aggiunge. VOLTO NUOVO MA NON TROPPO Per chi si occupa di ricerca oncologica e per chi conosce il lavoro di AIRC, potrebbe sembrare strano sentir definire Alberto Bardelli “un volto nuovo”. Il ricercatore è infatti uno dei più noti nel panorama dell’oncologia internazionale ed è anche coordinatore di
uno dei programmi AIRC 5 per mille dedicati allo studio delle metastasi, nel quale si occupa in particolare di tumori del colon-retto. Bardelli ha iniziato il suo percorso scientifico con una laurea in scienze biologiche a Torino, dove è nato nel 1967, per poi proseguire la sua esperienza prima all’University College di Londra, nel Regno Unito, e poi alla Johns Hopkins University School of Medicine presso l’Howard Hughes Medical Institute di Baltimora. Nel 2004 ha deciso di tornare in Italia con il ruolo di direttore di un’unità di ricerca presso l’Istituto tumori di Candiolo, per poi diventare anche professore ordinario presso l’Università degli studi di Torino. I risultati del suo lavoro sono sotto gli occhi di tutti. Ci sono le oltre 200 pubblicazioni su prestigiose riviste internazionali e, a partire dal 2014, la sua presenza nella classifica Web of Science dei ricercatori più citati al mondo. E c’è anche la messa a punto di una tecnica oggi ben nota, la biopsia liquida, che consente di verificare la risposta alle terapie nei pazienti oncologici.
lare attenzione a ciò che riguarda la digitalizzazione e la sostenibilità. “IFOM è una struttura di eccellenza, con quasi 300 ricercatori che costituiscono un riferimento a livello internazionale e che con il loro lavoro rappresentano una delle nostre speranze per riuscire a vincere la lotta contro il cancro, una delle sfide più importanti che la nostra comunità si trova a fronteggiare. Creare le condizioni perché questi scienziati possano svolgere al meglio il loro lavoro è quindi una grande responsabilità” aggiunge. Giovanni Azzone inizia questa sua nuova avventura come presidente dell’istituto con le idee piuttosto chiare: “Nei prossimi anni vorrei contribuire a rafforzare ulteriormente la presenza di IFOM nelle reti di ricerca nazionali e internazionali e a rendere sempre più esplicita a tutta la società la relazione che esiste tra ricerca e terapia: in fondo, le terapie di oggi sono il risultato della ricerca di ieri, e solo investendo oggi in ricerca potremo davvero aiutare i pazienti di domani”.
“Sono orgoglioso di assumere la direzione scientifica di IFOM, una istituzione multidisciplinare che coinvolge biologi, fisici, matematici, medici, bioinformatici e ingegneri” ha detto Bardelli. “La scienza di oggi è la medicina del domani: i nostri studi saranno la base su cui mettere a punto nuovi strumenti diagnostici e terapie per i pazienti.”
tutte le sue forme, in particolare per la botanica, si traduce nella “colonizzazione verde” della casa (dove ha allestito un salotto botanico di orchidee), ma anche del suo studio e del laboratorio. E non dimentichiamo la montagna: “Adoro in particolare salire lungo il sentiero mentre è notte per guardare l’alba dalla cima” dice. E poi ci sono la solidarietà, l’educazione e il lavoro di squadra che partono dagli anni negli scout e dal periodo come obiettore di coscienza presso la Caritas di Torino. “La più bella esperienza della mia vita” la definisce Bardelli, che ha portato questi valori anche nella sua carriera di scienziato: “L’idea che nessuno debba rimanere indietro nasce da lì. Per essere veramente efficaci bisogna saper lavorare insieme, è necessario rispetto, saper ascoltare, saper decidere e saper ispirare gli altri grazie alle nostre esperienze e conoscenze. Questo vale anche nel rapporto tra ricerca e clinica.”
La scienza di oggi è la medicina di domani
NON SOLO SCIENZIATO La passione per la scienza e le scoperte è senza dubbio una delle caratteristiche che più contraddistinguono il nuovo direttore scientifico di IFOM. Ma accanto al ricercatore c’è anche l’uomo, piemontese doc, appassionato di natura e di montagna e molto legato alla famiglia: una moglie, sua compagna sin dalla gioventù, e i due figli, Maddalena, al terzo anno della Facoltà di medicina, e Francesco, liceale e vicecampione mondiale ed europeo di canottaggio a livello giovanile. L’interesse per la natura in
GENNAIO 2022 | FONDAMENTALE | 25
SOLIDARIETÀ Lasciti testamentari
Con i lasciti solidali, possiamo essere tutti “grandi italiani” Sempre più italiani scelgono di destinare con il loro testamento parte dei propri averi a cause benefiche
“S
a cura della REDAZIONE i distribuiranno ai poveri del villaggio di Sant’Agata lire mille al giorno dopo la morte.” È la frase che chiude il testamento di Giuseppe Verdi, che alla sua morte, tra disposizioni sulla sepoltura e sulle modalità con cui celebrare i funerali – “modestissimi e siano fatti allo spuntar del giorno o all’Ave Maria di sera” – ha voluto che i suoi averi contribuissero ad alleviare le sofferenze degli ultimi. Quella del testamento solidale è una scelta che ha accomunato molti dei grandi italiani: Camillo Benso conte di Cavour lasciò alla sua città “li-
re cinquantamille” per costruire “una nuova sala d’asilo infantile ne’ quartiere di Portanuova”. Il senatore Giovanni Agnelli, il capostipite della famiglia, tra le altre cose, dispose l’istituzione di una fondazione in memoria del figlio Edoardo e un’altra, di famiglia, per “soccorrere colle sue rendite le famiglie bisognose di lavoratori in circostanze particolari di difficoltà economiche”. I loro testamenti, insieme a tanti altri, sono oggetto della mostra “Io qui sottoscritto. Testamenti di grandi italiani’ curata dal Consiglio nazionale del notariato e dalla Fondazione italiana del notariato che dal 2012 attraversa l’Italia. Da allora, molto è cambiato. La scelta
Ogni contributo fa la differenza
24 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
di fare testamento e di disporre un lascito in favore di cause benefiche e che rappresentano i propri ideali non è più una prerogativa di persone molto facoltose. “Progressivamente, a piccoli passi, comincia a radicarsi una cultura della solidarietà, che prima era un concetto sicuramente noto ma non diffuso” afferma il notaio Gianluca Abbate, che nel Consiglio nazionale del notariato ha la delega al Terzo Settore e al sociale. “Oggi la cultura della solidarietà non è più tanto legata a disponibilità economiche o a caratteristiche anagrafiche, di genere o sociali. È invece legata soprattutto alla sensibilità di una persona o all’attenzione che si può avere verso un dato tema, magari a causa di vicende personali” continua Abbate. La pandemia, da questo punto di vista, sembra aver ampliato la fetta della popolazione favorevole a disporre un lascito solidale. Secondo un’indagine condotta nel giugno 2021 da Walden Lab per il Comitato testamento solidale, nel 2018 era favorevole a disporre un lascito solidale il 12 per cento degli italiani; la quota è salita al 22 per cento nel 2021. Dalla stessa ricerca è emerso che le cause verso cui sono più sensibili sono la ricerca medico-scientifica (54 per cento), l’aiuto a persone povere (37 per cento) e le iniziative per il contrasto della fame/povertà (29 per cento). Gli italiani, inoltre, non solo sono sempre più favorevoli a questa forma di solidarietà, ma sembrano sempre più attenti al modo in cui destinano le risorse. Tra i criteri con cui scelgono i destinatari delle donazioni, infatti, l’affidabilità su come viene gestito il denaro raccolto è quello più forte (47 per cento del campione) seguito dalla trasparenza e dall’abitudine dell’organizzazione a comunicare i suoi risultati (il 33 per cento). “Disporre un lascito solidale non è difficile e non è appannaggio di chi ha patrimoni ingenti: è un qualcosa alla portata di tutti. Perché ogni contributo, anche se piccolo, partecipa alla crescita del bene comune” conclude Abbate.
TESTIMONIANZE Lasciti testamentari
Lasciare agli altri per dare un senso anche a se stessi Giovanni, dopo la perdita della mamma, ha deciso di sostenere due progetti di ricercatori AIRC e di disporre un lascito in favore della Fondazione. “Dà anche un po’ senso alla mia vita e mi fa stare più in pace con me stesso” dice
P
a cura di ANTONINO MICHIENZI roprio quando la vita toglie ciò che si ha di più prezioso, trovare la forza di riempire il vuoto e dare un senso all’esistenza scegliendo di donare agli altri. Così è stato per Giovanni, che nei mesi scorsi ha deciso di disporre un lascito testamentario in favore di Fondazione AIRC, una decisione maturata gradualmente, ma che ha avuto un innesco ben preciso. “La molla che ha fatto scattare la scelta di donare è stata la perdita di mia mamma” racconta quando lo andiamo a trovare. Il rapporto tra Giovanni e la mamma Liliana è strettissimo. Speciale e reso indissolubile da più di 70 anni di vita insieme. Liliana era partita dalla Puglia, giovanissima, ma già colpita duramente dalla vita. “Era nata a Conversano, vicino a Bari” racconta Giovanni. “Perse la madre a tre anni per l’influenza spagnola e il padre, Florenzo Iaja, quando ancora non aveva sedici anni.” La figura del nonno Florenzo ha lasciato in Giovanni un’impronta indelebile, anche se non lo ha mai incontrato. “Era un medico, un filantropo e poi, quando usciva dall’ospedale, dedica-
va il resto delle sue giornate alla cura delle vigne, ai disegni, alla cultura. Mia mamma” dice Giovanni “parlava sempre di lui; mi ha impregnato di questa sua vita.” “Tutto è scattato alla scomparsa di mia mamma” ripete Giovanni. “Mi sono ritrovato solo in questa stanza e mi sono chiesto: ‘E adesso?’.” È un momento difficile: oltre alla perdita della mamma, Giovanni deve affrontare anche il cancro: un sarcoma che lo porta a perdere una gamba, facendo vacillare la sua autonomia fisica, che però lui continua a difendere strenuamente. Giovanni vuole fare qualcosa di utile per la collettività. Esplora varie possibilità, finché non approda ad AIRC. “La conoscevo, sapevo che è una realtà con oltre 50 anni di storia e con personale qualificato” dice. Decide di dedicare le sue donazioni in memoria della mamma e del nonno al sostegno di una borsa di studio triennale per una giovane ricercatrice e di un My First AIRC Grant, un progetto che aiuta giovani ricercatori ad avviare la propria ricerca indipendente. Con il tempo sceglie, però, di fare di più, nominando Fondazione AIRC sua erede perché sostenga progetti che ricordino i suoi cari anche quando lui non ci sa-
“
VUOI DISPORRE UN LASCITO TESTAMENTARIO A FAVORE DI AIRC? CONTATTACI
”
Se desideri legare il tuo nome o quello di una persona a te cara alla realizzazione di un futuro libero dal cancro, puoi scegliere anche tu, come Giovanni, di fare testamento a favore della ricerca oncologica. Per ogni domanda specifica puoi contattare Chiara Blasi.
02 779 72 87 chiara.blasi@airc.it
rà più. “Anche se il dolore per la perdita non passa mai, questo gesto per me rappresenta un ringraziamento a mio nonno e a mia mamma. E dà anche un po’ senso alla mia vita facendomi stare più in pace con me stesso” aggiunge. “Sapere che un giorno, grazie alla mia donazione, sarà possibile alleviare le sofferenze di qualcuno è una forte gratificazione. Inoltre l’aver deciso di donare ad AIRC è una sicurezza: so che ciò Nella foto: il nonno di Giovanni, Florenzo, che lascio sarà in abbracciato a Liliana buone mani.”
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 25
COVID-19 Gli effetti a lungo termine
Long Covid e cancro, una fotografia aggiornata Con il passare del tempo aumentano le conoscenze sugli effetti a lungo termine del Covid-19, che interessano anche i pazienti oncologici, ma molto resta ancora da scoprire a cura di CRISTINA FERRARIO l 15 per cento dei pazienti oncologici che hanno superato il Covid deve fare i conti con il cosiddetto long Covid, ovvero malessere e sintomi che persistono a lungo dopo la malattia causata dal virus SARS-CoV-2. Questo dato è emerso da un’analisi presentata al congresso annuale della Società europea di oncologia medica (ESMO), che ha scattato una delle prime fotografie del long Covid nei pazienti oncologici, meritando la pubblicazione sulla rivista Lancet Oncology. “Descrivere gli effetti a lun-
I
go termine del Covid nei pazienti oncologici non è semplice” spiega Alessio Cortellini, medico oncologo dell’Imperial College di Londra, uno degli autori della ricerca internazionale. Il problema è che la definizione stessa di long Covid non è chiara: in genere si parla di sintomi presenti dopo quattro settimane dall’infezione e di una enorme varietà di sintomi – oltre 200, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) –, da problemi respiratori a problemi cognitivi, passando per stanchezza e disturbi gastrointestinali. “In alcuni pazienti oncolo-
gici guariti dal Covid, questi sintomi potrebbero però essere causati dal tumore o dai trattamenti antitumorali, senza alcun legame con l’infezione da coronavirus. E questo complica le valutazioni” aggiunge l’esperto. Questa difficoltà però non ha fermato i ricercatori, che hanno lavorato per comprendere meglio il legame tra long Covid e cancro. IL PROBLEMA NEI PAZIENTI ONCOLOGICI Partendo dai dati del registro OnCovid, che include informazioni raccolte in diversi Paesi, i ricercatori dell’OnCovid Study Group sono riusciti
a produrre un vero e proprio “reportage”, che ha permesso di fotografare le conseguenze della malattia da coronavirus in pazienti con tumore dopo circa 40 giorni dalla diagnosi di Covid. “Questa immagine precoce ha mostrato che circa il 15 per cento dei pazienti oncologici presenta long Covid” spiega Cortellini, che poi precisa: “I sintomi sono costituiti in circa la metà dei casi da disturbi di tipo respiratorio e da fatigue, ovvero una intensa stanchezza. Meno frequenti ma rilevanti anche i problemi neuro-cognitivi”. Assieme ai colleghi, Cortellini ha proseguito la ricerca per valutare gli effetti a lungo termine del Covid. “A poco più di due mesi, la percentuale di pazienti con sintomi residui da Covid era del 15 per cento, come nella prima analisi, ed è diminuita nel corso del tempo: 9,8 per cento a 6 mesi e 8 per cento a un anno” dice, descrivendo i dati dello studio pubblicati sulla rivista European Journal of Cancer, che ha valutato solo pazienti con tumore in stadio non avanzato. COLPA DEL COVID O COLPA DEL CANCRO? Sappiamo che nei pazienti con tumore la mortalità legata al Covid è maggiore rispetto a quella della popolazione generale. La presenza di una neoplasia non sembra invece influire sul manifestarsi del long Covid. I dati infatti mostrano
PREVENZIONE
In questo articolo:
IL RUOLO DEI VACCINI ANTI-COVID
Covid-19 long Covid survivors
che la percentuale del 15 per cento di casi di long Covid osservata nei pazienti oncologici non differisce dalle percentuali riscontrate in generale. “Un dato interessante emerso dalle nostre analisi riguarda i fattori legati allo sviluppo del long Covid” afferma Cortellini. Sembra infatti che, nel determinare il rischio di sviluppare sintomi a lungo termine dopo l’infezione, la gravità del Covid sia più importante delle caratteristiche del tumore. “Abbiamo notato che questi sintomi a lungo termine sono più comuni in persone che hanno avuto Covid in forma grave, mentre non abbiamo notato differenze significative in base al tipo di cancro, allo stadio del tumore o agli eventuali trattamenti in corso” dice il ricercatore. Un altro dato quindi che avvicina i pazienti oncologici alla popolazione generale quando si parla di long Covid, che si presenta con sintomi simili in pazienti con e senza diagnosi di tumore. C’è però un possibile rischio per i pazienti oncologici guariti dal Covid: ricevere meno attenzione per il long Covid perché magari eventuali sintomi, per esempio la fatigue, vengono attribuiti alla malattia oncologica e non all’infezione. Per evitare
che ciò accada è fondamentale ascoltare con attenzione il proprio corpo e rivolgersi al medico in caso di dubbio. RIABILITAZIONE, COME FARE Una cosa è certa: sono sempre più numerosi i pazienti guariti dal Covid e anche da cancro. Gli anglosassoni li chiamano “double-survivors”, ovvero persone “due volte guarite”, che rappresentano una popolazione con esigenze particolari in termini di salute. Al momento, però, non esistono linee guida o protocolli specifici che possano guidare le scelte dei trattamenti e degli eventuali esami di controllo da eseguire. In linea generale si parla di approccio multidisciplinare per poter gestire i molteplici sintomi del long Covid: per esempio, esercizi per migliorare la respirazione e la fatigue e tecniche di rilassamento contro ansia e depressione. “Non ci sono indicazioni univoche su come trattare il long Covid nella popolazione generale o nei pazienti oncologici” afferma Cortellini, suggerendo che gli stessi interventi riabilitativi previsti per la popolazione generale possono essere utilizzati anche in chi ha avuto una diagnosi di tumore. “In questo contesto tanto complesso e ancora poco chiaro è fondamentale puntare alla medicina personalizzata e modificare, se necessario, gli interventi in base a eventuali caratteristiche del paziente oncologico o a terapie ancora in corso” conclude.
Il rischio è di ricevere minore attenzione
C
ome spiegano gli esperti dell’OMS, abbiamo ancora molto da imparare sull’impatto della vaccinazione sul long Covid, poiché alcuni dati dicono che chi è vaccinato sviluppa meno frequentemente i sintomi a lungo termine, mentre altri sembrano contraddire queste conclusioni. È probabile che le differenze siano dovute a fattori ancora ignoti, come aspetti genetici individuali oppure il ceppo di virus SARS-CoV-2 che ha provocato la malattia (la variante Omicron sembra per esempio indurre meno spesso long Covid, anche se il dato deve ancora essere confermato). Una cosa è chiara: prevenire l’infezione da SARS-CoV-2, e quindi il Covid-19, è il modo migliore per prevenire anche il long Covid. “Sappiamo che la vaccinazione riduce i ricoveri in ospedale e la mortalità, per cui tutti coloro che possono vaccinarsi dovrebbero farlo” dicono dall’OMS.
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 27
ATTUALITÀ Sanità digitale
I fascicoli sanitari elettronici parleranno tutti la stessa lingua
tadino, dal suo medico e, a seconda delle autorizzazioni che ogni assistito può decidere se concedere, anche da ospedali, cliniche e altri operatori del SSN.
10 anni di ritardo
Con i fondi del PNRR si svilupperà l’infrastruttura per la sanità digitale in Italia. Prima tappa: la creazione di un fascicolo sanitario elettronico di tutti i cittadini
L’
a cura di CRISTINA DA ROLD Italia ha accumulato un forte ritardo sulla sanità digitale, ma ora pare pronta a recuperarlo. Con gli ultimissimi investimenti, e in particolare con i 2,3 miliardi di euro previsti dal nuovo PNRR per digitalizzare la sanità, stiamo assistendo a un’accelerazione in tre direzioni: la ricetta dematerializzata, i fascicoli sanitari regionali finalmente attivi, usati da tutti e che sappiano comunicare fra loro e con il sistema nazionale, e una piattaforma italiana per la telemedicina. Il primo traguardo, da poco raggiunto, è quello della ricetta dematerializzata, cioè la possibilità per tutti i cittadini assistiti dal Servizio sanitario nazionale
“
di trovare le proprie ricette rosse e bianche direttamente in farmacia, senza bisogno di passare dal medico solo per ritirarle. La ricetta dematerializzata è la propaggine di un progetto molto più ampio di sanità digitale, che ha come chiave di volta il fascicolo sanitario elettronico, ovvero l’insieme dei dati e dei documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario che riguardano un assistito dal Servizio sanitario nazionale. Dovrebbero esservi raccolti tutti i dati clinici presenti e trascorsi di una persona: le informazioni sul suo stato di salute, i ricoveri, gli interventi, le terapie che assume. Tutto in un’unica “scatola” virtuale, protetta ma accessibile dal cit-
INNOVAZIONI DIGITALI: LE PAROLE PER DIRLE
F
ascicolo sanitario elettronico: si tratta di un archivio personale dei dati riguardanti la salute di ciascun cittadino. Nell’FSE si trovano riuniti documenti come le prescrizioni, i referti, le diagnosi, gli interventi di riabilitazione e di prevenzione nonché la partecipazione a eventuali sperimentazioni cliniche. In questo modo, i cittadini che si muovono
”
da un medico all’altro non devono portarsi dietro tutti i referti cartacei e possono ricostruire con accuratezza la propria storia clinica. Poiché la sanità in Italia è gestita a livello regionale, uno dei problemi sorti con la nascita degli FSE è la capacità di farli comunicare tra loro e di far confluire tutti i dati in un database centrale nazionale. Ora i fondi del PNRR dovrebbero
Le informazioni presenti nel fascicolo di ogni cittadino vengono fornite e gestite dalle singole Regioni e l’idea è che dovrebbero confluire in una piattaforma nazionale gestita dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) che raccordi tutti i sistemi informativi dei FSE regionali. “Dovrebbero” perché in realtà fino a oggi non è stato così. Il progetto del fascicolo ha più di dieci anni, ma, a così grande distanza dalle prime messe in atto, pochissimi italiani sanno che esiste e come accedervi. L’informazione al pubblico è stata scarsa, e, in ogni caso, fino a un paio di anni fa alcune Regioni italiane non avevano implementato alcuna piattaforma di FSE. A monitorare lo stato di attuazione e avanzamento di ciascun servizio Regione per Regione è AGID (Agenzia per l’Italia digitale), che ancora per il primo trimestre 2022 rileva una forte disomogeneità nella percentuale dei servizi realmente realizzati in ogni FSE, con Regioni dove la percentuale di utilizzo da parte dei cittadini è prossima allo zero e in media non superiore al 20 per cento. Inoltre, solo in sette Regioni il fascicolo è alimentato dalla quasi totalità dei medici. Eppure, come riporta l’Osservatorio permettere di concretizzare questa parte importante del progetto.
T
elemedicina: sotto questo cappello si riuniscono attività di varia natura, dalla diagnosi a distanza al consulto telematico col medico fino alla refertazione online di immagini diagnostiche. Anche in questo caso, il PNRR prevede fondi specifici per la realizzazione di una infrastruttura digitale che permetta a tutti i cittadini di usufruire, a spese del Servizio sanitario regionale, di questo tipo di innovazione.
In questo articolo: cartella clinica digitalizzazione PNRR
innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano nel rapporto “Sanità digitale oltre l’emergenza: più connessi per ripartire” (maggio 2021), nel 2020 erano stati spesi in Italia per la sanità digitale 1,5 miliardi di euro (cioè l’1,2 per cento della spesa sanitaria pubblica), il 5 per cento in più rispetto al 2019. Di questi fondi, 1,07 miliardi di euro erano stati investiti dalle strutture sanitarie; 350 milioni di euro erano stati spesi direttamente dalle Regioni; 65 milioni di euro dai medici di medicina generale (pari a 1.398 euro per medico), mentre 18,1 milioni di euro dal Ministero della salute.
Le novità “Finalmente vedo possibile un concreto ammodernamento del fascicolo sanitario entro 1-2 anni, e questo perché il nuovo progetto è ora basato su idee più chiare rispetto al passato riguardo a cosa debba essere questo strumento” racconta Eugenio Santoro, direttore del laboratorio di informatica medica dell’Istituto Mario Negri di Milano. “La grande novità è che oggi lo strumento finora solo amministrativo diventerà
davvero clinico, cioè partecipato da parte del cittadino, che potrà contribuire con l’inserimento di dati che lo riguardano.” Finora, infatti, il FSE era basato quasi unicamente su elementi amministrativi e serviva di fatto per monitorare la spesa ospedaliera e dei medici di famiglia. Ora diventerà finalmente una cartella clinica informatizzata vera e propria in cui ogni paziente potrà trovare traccia di tutti gli esami, le visite e le prescrizioni. “Si tratterà sempre di 21 fascicoli sanitari regionali diversi, i cui dati, opportunamente gestiti dal punto di vista della privacy e tutti nel medesimo formato, confluiranno in un Data Repository centrale, dedicato a raccogliere e gestire i dati sanitari relativi alla popolazione degli assistiti a livello nazionale” spiega Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio innova-
Un tentativo di superare le barriere regionali
zione digitale in sanità del Politecnico di Milano. “Finalmente tutti i dati prodotti a livello locale e centrale sia dagli enti del SSN sia da enti sanitari terzi (ovvero dai privati) avranno la stessa struttura, che permetterà ai sistemi di parlare la stessa lingua.” Dati di questo tipo sarebbero stati utili, per esempio, nei primi mesi della pandemia di Covid-19 per mappare le reali condizioni di salute di positivi e ricoverati a seconda delle caratteristiche non solo demografiche, ma anche cliniche. Abbiamo invece potuto avere questo dato solo in una percentuale esigua di pazienti Covid, intorno all’8 per cento, perché i dati delle loro carGIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 29
ATTUALITÀ Sanità digitale
telle cliniche elettroniche confluivano nei database del Ministero della salute. “Ora le sfide sono alimentare davvero il fascicolo sanitario con dati di qualità e attuare il sistema con la completa aderenza alle migliori pratiche di gestione del dato. Altri Paesi europei hanno intrapreso questo percorso coinvolgendo il Garante della privacy già nella fase di progettazione dell’iniziativa” continua Locatelli.
Il FSE in oncologia Le opportunità per la ricerca e quindi per la pratica clinica in ambito oncologico sono enormi. Il fascicolo sanitario elettronico permetterà, per esempio, di avere i dati su quanti pazienti stanno seguendo una terapia, o un protocollo, o una sperimentazio30 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
ne in Italia. Sono informazioni che al momento il sistema sanitario italiano non possiede e che potrebbero portare enormi benefici per la ricerca e la condivisione del sapere. Da qualche anno sono attivi i Registri tumori regionali, che mappano le diagnosi di tumore, per esempio per sede, ma non abbiamo dati epidemiologici sulle terapie seguite dai pazienti. “In Francia questa impostazione è già realtà” continua Locatelli “ed è frutto di un processo durato più di dieci anni che permette oggi agli istituti oncologici di alimentare un sistema di condivisione delle informazioni con altri centri in modo omogeneo.” L’ultimo tassello della sanità digitale del prossimo futuro è l’attuazione sistematica della prima piattaforma di telemedicina, regolamentata dalle disposizioni del Ministero della salute da dicembre 2020. “Durante la pandemia molte realtà locali si erano attrezzate per garantire la televisita e il teleconsulto a distanza” spiega Santoro. “Ma qui parliamo di qualcosa di completamente diverso. La piattaforma è un servizio strutturato di telemedicina, con prezzi fissati e condivisi per le singole pre-
stazioni sia nel pubblico sia nel privato convenzionato, che in questo modo possono essere prescritte e soprattutto rimborsate come qualsiasi altra visita.” Il progetto è stato coordinato da AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), che con il decreto legge Sostegni-ter è diventata l’istituzione nazionale per la sanità digitale, ma le piattaforme dovranno poi essere gestite dalle singole Regioni. Siamo comunque ancora in una fase iniziale: ad aprile 2022 AGENAS ha pubblicato l’avviso rivolto alle aziende per la progettazione, realizzazione e gestione dei servizi che dovranno sostenere la piattaforma. “Se sull’FSE finalmente ci siamo, sulla piattaforma di telemedicina ho ancora alcune perplessità personali, dovuti all’assenza nel PNRR di espliciti finanziamenti volti alla ricerca scientifica per testarne l’efficacia” conclude Santori. “Non ha senso sviluppare tutte le soluzioni per tutte le persone. Serve invece capire se questi strumenti siano davvero efficaci e per chi. Si dà spesso per scontato che ciò che è tecnologico sia più efficace, ma da scienziati sappiamo che queste sono affermazioni che vanno sempre dimostrate con dati solidi alla mano.”
La telemedicina è ancora tutta da sviluppare
STORIE DI DONATORI Appello per la ricerca
La ricerca non va in vacanza Anche in estate il sostegno alla ricerca è decisivo per dare continuità al lavoro dei ricercatori. 160 progetti stanno per concludere il loro ciclo.
D
a cura della REDAZIONE opo un lungo anno di lavoro, l’estate è un periodo atteso da tutti noi. Un’occasione per dedicare tempo a se stessi, ai propri cari e alle proprie passioni. Per la raccolta fondi, però, l’estate è un momento tradizionalmente difficile, che negli scorsi due anni è stato reso ancora più complesso dal clima di incertezza dovuto alla pandemia. Quest’anno, proprio quando si avvertiva la sensazione di lasciarsi alle spalle il virus SARS-CoV-2 e tornare alla tanto attesa normalità, è esplosa la tragedia della guerra in Ucraina. La ricerca sul cancro, però, ha bisogno di andare avanti. Negli anni passati AIRC è riuscita a mantenere i suoi impegni con la comunità scientifica oncologica italiana. Un risultato reso possibile dalla fiducia di 4,5 milioni di donatori che hanno sostenuto con costanza l’attività della nostra Fondazione. Molti di loro hanno deciso di farlo proprio in estate, spontaneamente o rispondendo al nostro appello per sostenere la ricerca oncologica. “Dono sempre quando ho la possibilità. In genere ogni due o tre mesi” dice Anna da Catanzaro. “Sono una paziente oncologica: capisco bene l’importanza della ricerca sul cancro e perciò faccio quanto posso per sostenerla.”
Non servono invece troppe parole a Nevio, da Sesto San Giovanni, per spiegare le ragioni del sostegno ad AIRC: “Perché sostengo la ricerca oncologica? Perché ho avuto tre tumori e a 83 anni sono ancora vivo. Ma mio figlio di 45 anni non ce l’ha fatta”. Francesca, che vive a Rieti, ricorda la donazione della scorsa estate: “Avevo appe-
na avuto il reddito di emergenza e appena mi entra qualcosa in più cerco di fare qualcosa di buono per gli altri” dice. “Non mi dimentico della ricerca sul cancro: purtroppo mia mamma è morta a causa di un tumore, ma mia sorella due anni fa ha avuto un linfoma e ne è uscita vittoriosa” conclude Francesca, che tutti gli anni cerca di fare almeno una donazione in favore di AIRC. Quest’anno, di nuovo AIRC rinnova l’appello ai propri donatori: i prossimi mesi saranno cruciali per definire il futuro di 160 progetti che stanno per concludere il loro ciclo. Questi progetti della durata di 5 anni sono partiti nel 2019 e il loro proseguimento non è assicurato. La fiducia e la generosità dei nostri donatori sarà determinante per dare continuità al lavoro dei ricercatori e non ritardare lo sviluppo di terapie in grado di fare la differenza per chi attende una cura.
160 pro getti stanno per con cludersi
“
VUOI ADERIRE AL NOSTRO APPELLO? ECCO COME FARE!
P
er aderire al nostro appello per dare continuità al lavoro dei ricercatori impegnati a trovare una cura per il cancro, puoi utilizzare il bollettino allegato a questo numero di Fondamentale, contattare il numero verde 800.350.350 o visitare la pagina web airc.it/appello, anche tramite questo QR Code:
”
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 31
BILANCIO D’ESERCIZIO AIRC 2021
136 milioni per sostenere la ricerca sul cancro
L’
a cura della REDAZIONE anno 2021 è stato caratterizzato dall’allentamento delle restrizioni imposte nel 2020 a tutela della salute pubblica contro la diffusione del virus Covid-19. Ciò ha permesso ai cittadini italiani di riprendere le proprie attività sociali, ma, grazie alla loro generosità, le attività di finanziamento alla ricerca di Fondazione AIRC non avevano mai smesso di crescere. Nel 2021, infatti, AIRC ha potuto assegnare oltre 136 milioni di euro per sostenere 856 programmi di ricerca e programmi di formazione e l’attività di IFOM. Un risultato che ci inorgoglisce e ci spinge a lavorare ancora di più per ricambiare la fiducia dei nostri sostenitori e volontari. Alla cifra sopra menzionata si aggiungono 14,9 milioni di euro di accantonamento nel 2021 per progetti di ricerca pluriennali, mentre sono stati utilizzati per lo stesso fine 30 milioni accantonati nel 2020 in seguito all’incasso delle annualità del contributo 5 per mille relative alle dichiarazioni fiscali 2018 e 2019. Il 2021 per AIRC è stato anche l’anno della fusione
con FIRC, la Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC. Dal 1977, data di costituzione, al 2020, FIRC ha agito in parallelo con AIRC, condividendone le finalità statutarie, pur essendo dotata di strumenti diversi sia di raccolta sia di impiego dei fondi. FIRC raccoglieva lasciti testamentari e donazioni, istituiva borse di studio pluriennali e sosteneva IFOM, cui ha fornito le risorse necessarie per il suo piano di sviluppo. Dal 2021, dopo l’avvenuta fusione tra FIRC e AIRC, questi compiti saranno svolti dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro (AIRC). A gennaio 2022, infine, AIRC si è iscritta al RUNTS, il Registro unico nazionale del terzo settore istituito dal Codice del terzo settore, perché crede che le agevolazioni, i diritti e i doveri contenuti nel CTS siano posti a garanzia della fiducia che AIRC ha riscontrato nei suoi sostenitori sin dal 1965. L’iscrizione al RUNTS ha creato le condizioni per adottare gli schemi di bilancio riservati agli enti del terzo settore sin dal presente bilancio. I prospetti riportati in queste pagine recepiscono quindi le indicazioni di legge, mentre quella a pagina 34,
763 progetti di ricerca e 93 nuove borse di studio
32 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
STATO PATRIMONIALE (VALORI IN EURO) ATTIVO
B) II 1)
IMMOBILIZZAZIONI Immobilizzazioni materiali Terreni e fabbricati a) Immobili civili acquisiti per successione e donazione b) Immobili strumentali b) Fondo ammortamento beni immobili strumentali
Totale immobilizzazioni materiali III Immobilizzazioni finanziarie 3) Altri titoli Totale immobilizzazioni finanziarie TOTALE IMMOBILIZZAZIONI C) ATTIVO CIRCOLANTE II Crediti 1) verso clienti 3) verso enti pubblici 4) verso soggetti privati per contributi 12) verso altri Totale crediti III Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni 3) Altri titoli IV Disponibilità liquide TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE D) RATEI E RISCONTI TOTALE ATTIVO PASSIVO
31/12/2021
31/12/2020
19.452.373 156.300 (56.268) 100.032 19.552.405
4.796.406 162.300 (57.348) 104.952 4.901.358
123.117.717 123.117.717 142.670.122
4.901.358
30.500 871.823 2.773.264 1.916.171 5.591.758
871.823 2.433.834 1.149.026 4.454.683
29.883.292 174.716.650 210.191.700 1.358.164 354.219.986
80.408.332 173.331.649 258.194.664 822.287 263.918.309
31/12/21
31/12/20
A) PATRIMONIO NETTO I Fondo di dotazione II Patrimonio vincolato 2) Riserve vincolate per decisione degli organi istituzionali 3) Riserve vincolate destinate da terzi Totale patrimonio vincolato
3.000.000
3.000.000
86.670.952 16.362.065 103.033.017
90.733.946 90.733.946
III Patrimonio libero 1) Riserve di utili o avanzi di gestione IV Avanzo/disavanzo d’esercizio TOTALE PATRIMONIO NETTO
139.370.445 16.134.394 261.537.856
97.619.556 1.165.341 192.518.843
1.030.678 886.635
390.558 664.088
3.487.467 252.065 371.842
2.950.533 246.390 293.462
84.719.934 1.880.341 90.711.649
65.713.635 1.066.094 70.270.114
53.168
74.706
354.219.986
263.918.309
B) FONDI PER RISCHI E ONERI C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO D) DEBITI ESIGIBILI ENTRO L’ESERCIZIO SUCCESSIVO 7) Debiti verso fornitori 9) Debiti tributari 10) Debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale 12) Altri debiti a) debiti verso organismi di ricerca b) debiti diversi TOTALE DEBITI E) RATEI E RISCONTI PASSIVI TOTALE PASSIVO Milano, 27 aprile 2022 - Il presidente Andrea Sironi Bilancio sottoposto a revisione contabile
in cui vengono riclassificati i proventi, consente di correlare i relativi oneri e ottenere così l’andamento gestionale di ogni attività di raccolta fondi riferita all’esercizio 2021.
Per un racconto più dettagliato delle attività promosse e degli obiettivi raggiunti vi diamo appuntamento al Bilancio sociale, in uscita a fine giugno.
... versione integrale su: airc.it/fondazione/chi-siamo/bilancio/bilancio-2021 RENDICONTO GESTIONALE (VALORI IN EURO)
ONERI E COSTI A) Costi e oneri da attività di interesse generale
2021
4) Personale 7) Oneri diversi di gestione a) Informazione scientifica b) Divulgazione di missione c) Altri oneri connessi a progetti di ricerca e borse di studio 9) Accantonamento a riserva vincolata per decisione degli organi istituzionali a) Assegnazioni di progetti di ricerca e borse di studio deliberate dagli organi istituzionali b) Assegnazioni a sostegno di sinergie istituzionali - Fondazione IFOM c) Accantonamento per progetti di ricerca pluriennali 10) Utilizzo riserva vincolata per decisione degli organi istituzionali Totale B) Costi e oneri da attività diverse 2) Servizi 7) Oneri diversi di gestione Totale C) Costi e oneri da attività di raccolta fondi 1) Oneri da raccolte fondi abituali 2) Oneri da raccolte fondi occasionali 3) Altri oneri a) Comunicazione e sensibilizzazione b) Personale c) Altri oneri d) Accantonamenti per rischi ed oneri Totale
2020
1.742.233
1.643.457
1.949.831 851.552
2.118.637 782.023
613.241
566.655
118.850.518
107.184.470
17.794.640 14.950.056
60.000.000
(30.000.000) 126.752.071
172.295.242
11.489 154.383 165.872
8.320 113.809 122.129
7.362.127 6.719.180
6.441.840 7.761.115
2.302.597 5.585.756 127.264 136.400 22.233.324
2.776.521 4.120.071 120.686 208.333 21.428.566
D) Costi e oneri da attività finanziarie e patrimoniali 3) Da patrimonio edilizio 4) Da altri beni patrimoniali
1.007.857 -
132.604 91.946
Totale
1.007.857
224.550
Totale
1.854.705 424.726 2.168.348 767.124 5.214.903
1.350.907 445.634 2.116.858 517.199 4.430.598
E) Costi e oneri di supporto generale 2) Servizi 3) Godimento beni di terzi 4) Personale 6) Altri oneri
Milano, 27 aprile 2022 - Il presidente Andrea Sironi
PROVENTI E RICAVI A) Ricavi, rendite e proventi da attività di interesse generale 4) Erogazioni liberali a) Contributi finalizzati b) Lasciti con vincolo di destinazione 5) Proventi del 5 per mille 8) Contributi da enti pubblici 9) Altri ricavi, rendite e proventi a) Rinunce e rettifiche a delibere
2021
2020
4.909.390 6.295.994 69.252.986
4.728.692 168.634 131.701.805
74.706
-
3.019.694
3.319.636
83.552.770 (43.199.301)
139.918.767 (32.376.475)
563.300
525.000
Totale Avanzo/disavanzo attività diverse (+/-)
563.300 397.428
525.000 402.871
C) Ricavi, rendite e proventi da attività di raccolta fondi 1) Proventi da raccolte fondi abituali 2) Proventi da raccolte fondi occasionali
64.273.884 15.930.088
45.308.340 13.809.385
Totale Avanzo/disavanzo attività di raccolta fondi
80.203.972 57.970.648
59.117.725 37.689.159
Totale Avanzo/disavanzo attività finanziarie e patrimoniali (+/-)
3.936.178 3.252.201 7.188.379 6.180.522
(238.395) 114.439 228.890 104.934 (119.616)
Avanzo/disavanzo d’esercizio (+/-)
16.134.394
1.165.341
Totale Avanzo/disavanzo attività di interesse generale (+/-) B) Ricavi, rendite e proventi da attività diverse 3) Ricavi per prestazioni e cessioni a terzi
D) Ricavi, rendite e proventi da attività finanziarie e patrimoniali 2) Da altri investimenti finanziari 3) Da patrimonio edilizio 5) Altri proventi
Descrizione (in migliaia di euro)
Proventi Area A) di interesse generale con vincolo di destinazione
Proventi Area C) Raccolta fondi
Totale 2021
Oneri di raccolta fondi 2021
Netto 2021
Netto 2020
4.471 438 6.296 69.253 75 80.533
35.753 1.258 27.263
(6.401) (215) (745)
33.832 1.481 32.814 69.253 75 137.455
29.630 1.919 131.702 12.095
64.274
40.224 1.696 33.559 69.253 75 144.807
175.346
1.393 6.531 2.445 2.908 1.431 866 356 15.930
1.393 6.531 2.445 2.908 1.431 866 356 15.930
80.204
160.737 3.020 163.757
797 3.114 2.058 1.715 694 608 225 9.211 (2.302) (5.586) (264) 138.504 3.020 141.524
1.539 1.059 1.401 593 738 380 339 6.049 (2.777) (4.120) (329) 174.169 3.320 177.489
Erogazioni liberali Comitati regionali Lasciti 5 per mille Contributi da enti pubblici Totale Raccolta fondi occasionale Arance della Salute Azalea della Ricerca Giorni della Ricerca Cioccolatini della Ricerca Natale di AIRC Nastro Rosa Iniziative locali dei Comitati regionali Totale Raccolta fondi occasionale Comunicazione e sensibilizzazione Personale Altri oneri TOTALE RACCOLTA FONDI Altri proventi TOTALE
80.533 3.020 83.553
(segue da pagina 3)
Andrea Sironi Presidente AIRC
Il contributo di AIRC alla migliore ricerca Lo scorso primo aprile il consiglio di amministrazione della nostra Fondazione ha rinnovato la governance di IFOM: Giovanni Azzone, professore di ingegneria gestionale ed ex rettore del Politecnico di Milano, ha assunto il ruolo di
80.204
presidente, succedendo a Piero Sierra; Alberto Bardelli, genetista molecolare, esperto di medicina di precisione in oncologia e professore presso l’Università di Torino, fra i ricercatori più citati al mondo, è succeduto a Marco Foiani nel ruolo di direttore scientifico; Alessandra Della Porta è stata confermata nel ruolo di vice presidente; infine Luciano Baielli è stato nominato direttore generale. A far parte del comitato direttivo di IFOM sono inoltre stati chiamati due scienziati di prestigio: Irene Bozzoni, professores-
(7.362) (596) (3.417) (387) (1.193) (737) (258) (131) (6.719) (2.302) (5.586) (264) (22.233)
(22.233)
sa dell’Università La Sapienza di Roma, e Vincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di medicina dell’Università degli studi di Milano. Si tratta di una squadra di alto livello che certamente saprà condurre IFOM verso nuovi e importanti traguardi scientifici. A tutti loro vanno gli auguri di buon lavoro della nostra Fondazione.
NUTRIZIONE Pesce azzurro
È ancora possibile un consumo di pesce consapevole? Scegliere prodotti ittici con un ottimo profilo nutrizionale, sicuri per la salute e sostenibili per l’ambiente, è possibile. Una buona idea per esempio è incrementare il consumo di pesce azzurro.
D
a cura di RICCARDO DI DEO elle oltre settecento specie di pesci, molluschi e crostacei commestibili, oggi ne viene commercializzata solo il 10 per cento circa. Una scelta che dipende in parte da abitudini alimentari e culturali radicate nei consumatori e che purtroppo è in netta contrapposizione con uno dei principi base di una sana alimentazione, privilegiare la varietà nella dieta. Portare invece in tavola diverse tipologie di pesce di piccola taglia, come alici, sardine, sgombro o aringhe, il cosiddetto pesce azzurro, è un comportamento virtuoso per la salute, che ha il valore aggiunto di essere anche sostenibile per l’ambiente. Siano freschi o surgelati, la composizione nutrizionale dei pesci rimane pressoché invariata, rendendoli sempre un’importante fonte di proteine di elevata qualità, di vitamine del gruppo B ma anche di quelle liposolubili, come la A e la D, e di minerali come iodio, zinco, ferro, fosforo e magnesio. Il pesce, in particolare quello azzurro e altre specie ricche di grassi come il salmone e l’orata, è la fonte principale di acidi grassi polinsaturi a lunga catena della serie omega-3, noti come EPA
e DHA. Questi nutrienti sono particolarmente importanti per lo sviluppo cognitivo e la salute di cuore e arterie e alcuni studi hanno anche evidenziato come un adeguato consumo di grassi della serie omega-3 possa ridurre il rischio di sviluppare alcune forme di tumore, ma le prove a sostegno in questo caso sono ancora limitate. Le linee guida per una sana alimentazione redatte dal CREA invitano la popolazione a consumare circa 2-3 porzioni a settimana di pesce, compresi molluschi e crostacei, che corrispondono a 150 grammi di pesce fresco o surgelato per porzione. Anche il pesce conservato, specialmente lo sgombro e il salmone in scatola nella versione al naturale, può rappresentare occasionalmente una delle porzioni settimanali, perché si tratta di una soluzione pratica, veloce e sostenibile anche dal punto di vista economico. In questo caso la porzione scende a 50 grammi. In cucina, il suggerimento è di non aggiungere sale quando si consuma il pesce, considerato il quantitativo di sodio già presente nell’alimento, e prediligere delle cotture a bassa temperatura, come quelle al vapore o al forno.
Burger di sgombro con salsa di peperoni e noci Ingredienti per 6 burger • • • • • • • • • • • •
300 g di filetti di sgombro 1 zucchina 2 carote 1 limone timo a piacere 6 fette di pane integrale 1 peperone 1 cipolla 20 g di noci sgusciate olio extra vergine d’oliva q.b. sale q.b pepe q.b
Preparazione
Cuocere in una vaporiera con un coperchio i filetti di sgombro per circa 5 minuti e una volta pronti rimuovere la pelle. Nel frattempo grattugiare la zucchina ed eliminare l’acqua in eccesso strizzandola con un panno. Tritare grossolanamente la carota in un mixer, aggiungere successivamente i filetti di sgombro e tritare insieme per ottenere un composto omogeneo. Trasferire l’impasto in un contenitore, aggiungere la zucchina grattugiata e condire con il succo di limone, olio, timo e pepe a piacere. Formare i burger e cuocerli in padella con un filo d’olio per 3-4 minuti per lato. Per la salsa, tagliare la cipolla e il peperone e cuocerli in una padella con dell’olio per circa 15 minuti. Frullare il tutto con le noci, il pepe e un pizzico di sale. Tostare leggermente le fette di pane, adagiare sopra i burger e aggiungere un cucchiaio di salsa sopra al burger.
GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 35
RACCOLTA FONDI Azalea della Ricerca e partner
La sfida contro il cancro si vince anche andando in piazza
S
a cura della REDAZIONE ono state oltre 590.000 le azalee distribuite nelle piazze di tutta Italia domenica 8 maggio, il giorno della Festa della Mamma, e sulla piattaforma di Amazon, per un totale di 8,9 milioni di euro raccolti. 20.000 volontari, coordinati dai 17 Comitati regionali di AIRC, quest’anno sono potuti tornare a pieno regime a incontrare i sostenitori della nostra missione, per permettere a tutti loro di regalare anche nel 2022 un’Azalea della Ricerca, il fiore che dal 1985 simboleggia la battaglia contro i tumori che colpiscono le donne. E per coloro che non potevano recarsi in piazza o che non avevano la possibilità di portare di persona la piantina al proprio destinatario, Amazon, il sito leader mondiale nell’ecommerce, ha messo ancora una volta 36 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
a disposizione la sua imponente rete di network e logistica, per permettere di spedire l’azalea anche ai nostri affetti lontani. Inoltre, Banco BPM, partner istituzionale di AIRC, ha supportato l’Azalea della Ricerca con una importante donazione e ha ricordato ai propri clienti in 1.400 filiali su tutto il territorio nazionale la possibilità di trovare le piante di azalea nelle piazze e su Amazon.it. Nel 2021 non è stato possibile stimare il numero di donne che in Italia si sono ammalate di tumore a causa delle difficoltà nel raccogliere i dati dovute alla pandemia, ma i dati del 2020 possono considerarsi ancora validi e sono molto eloquenti: le nuove diagnosi sono state 182.000, e in generale si stima che nel corso della propria vita una donna su tre svilupperà un cancro. Il tumore di gran lunga più diffuso è quello della mammella, per cui si registrano 55.000 nuovi casi all’anno, ma molto frequen-
te è anche quello del colon-retto, che colpisce invece annualmente 20.200 nuove donne. In calo è invece l’incidenza del tumore della cervice uterina, che è stato per anni il più diffuso a livello globale. La diminuzione è dovuta principalmente all’introduzione del Pap-test e successivamente del test per la ricerca del DNA di Papillomavirus (HPV), due esami molto efficaci per la diagnosi precoce, e alla sempre maggiore diffusione della vaccinazione contro l’HPV. Proprio ai metodi che in questo momento abbiamo a disposizione per diagnosticare precocemente il cancro al seno, al colon-retto e alla cervice uterina è dedicata l’edizione speciale di Fondamentale che ha accompagnato i prodotti solidali distribuiti in piazza. L’importanza degli screening non può mai essere sottovalutata, ma la pandemia di Covid-19 ha portato a una drastica diminuzione sia degli inviti sia delle adesioni. Lo stesso Francesco Perrone, presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) e ricercatore AIRC, ha lanciato l’allarme sulle pagine della nostra pubblicazione: “Lo slittamento degli screening porta inevitabilmente a un ritardo diagnostico. Oggi scopriamo tumori in stadi più avanzati: per il carcinoma della mammella, per esempio, questo si traduce in minori possibilità di effettuare una chirurgia conservativa o nella necessità di sottoporre le pazienti a trattamenti precauzionali e, dunque, a un percorso più difficile. Per questo quando si riceve la lettera o la telefonata per aderire a uno screening, bisogna accettare senza incertezze o timori.” Un consiglio che è fondamentale seguire, per vincere, insieme ai sostenitori, i volontari, i partner e i media che hanno fatto fiorire l’Azalea in tutta Italia, la sfida per rendere i tumori che colpiscono le donne sempre più curabili.
Bisogna aderire agli screening senza timori
Scopri di più su www.lafestadellamamma.it
Le fondazioni al fianco di AIRC
S
ono tante le fondazioni che scelgono di affiancare AIRC per contribuire all’obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile. Per il sesto anno, Fondazione CR Firenze ha deciso di sostenere le erogazioni in ambito oncologico sul proprio territorio di riferimento, per finanziare 21 progetti di ricerca selezionati attraverso il sistema di peer review AIRC. Per contribuire alla formazione di una nuova generazione di scienziati impegnati in oncologia, Fondazione Carige ha invece scelto di sostenere tre borse di studio di prossima deliberazione per progetti attivi sul territorio genovese. Similmente, UniCredit Foundation e Fondazione Carical hanno deciso di finanziare borse di studio AIRC per supportare il lavoro di giovani ricercatori. Il ruolo delle Fondazioni al fianco di AIRC si esprime anche nel sostegno a eventi di raccolta fondi sul territorio: per esempio, Fondazione Cariplo contribuisce alla realizzazione dell’iniziativa Love Design, mentre Fondazione di Sardegna ha scelto di supportare l’evento Cena per la Vita e altre iniziative regionali. Infine, Fondazione Vodafone Italia ha messo a disposizione l’app DreamLab per velocizzare i calcoli necessari a L’esploratore delle cellule tumorali, progetto di ricerca di IFOM finanziato da AIRC. La lungimiranza delle fondazioni partner di AIRC contribuisce al progresso della ricerca e a rafforzare i programmi di sensibilizzazione della comunità.
Sono tornate le Arance rosse per la ricerca a sostegno di AIRC
O
ltre 50 insegne della grande distribuzione e della distribuzione organizzata, a partire dal 3 febbraio e in occasione del World Cancer Day, hanno aderito all’iniziativa le Arance rosse per la ricerca, per sensibilizzare i consumatori sui temi della sana alimentazione e sostenere la ricerca scientifica. Per ognuna delle oltre 750.000 reticelle di arance rosse distribuite nelle due settimane successive, gli oltre 7.000 supermercati e ipermercati aderenti hanno donato 0,50 € ad AIRC, per una raccolta fondi superiore ai 400.000 €. A queste aziende che hanno a cuore il benessere dei consumatori rivolgiamo un ringraziamento: Aldi; Bennet; Carrefour e Consorzio Coralis con Filiera Agricola Italiana; Coop Liguria; Despar; Etruria Retail (Carrefour) con Agri srl; Iper La Grande i; Gruppo Gabrielli; Gruppo Pam; Gruppo Rossetto; Gruppo Vegè (Gruppo Are-
na; Fratelli Morgese; Multicedi; Piccolo; Supertosano), MD; Selex Gruppo Commerciale (Arca; Alfi; Cedi Marche; Cedi Gros; Dimar; Italmark Spa; L’abbondanza; Maxi Dì, GMF; Megamark; Rialto; Superemme; Super Elite; Unicomm), Novacoop; Realco/Sigma; Sogegros (Basko; Doro; Ekom).
La ricerca fa strada con Mercedes-Benz Italia e AIRC
L
a salute delle donne è un impegno fondamentale per Fondazione AIRC, condiviso da Mercedes-Benz Italia che ha scelto di affiancarci per sensibilizzare i propri clienti sull’importanza della ricerca e della prevenzione. Dopo l’iniziativa promossa nell’ambito di She’s Mercedes, svoltasi a ottobre scorso per il Nastro Rosa AIRC, con cui Mercedes-Benz Italia ha donato alla ricerca sul tumore al seno un euro per ogni chilometro di test-drive percorso dai propri clienti, il team Customer Services si è fatto promotore di una nuova iniziativa a sostegno della ricerca. Dall’8 marzo all’8 maggio, per ogni donna che ha utilizzato uno dei servizi presso i Mercedes-Benz Service aderenti, Mercedes-Benz Italia ha donato 3 euro a Fondazione AIRC. GIUGNO 2022 | FONDAMENTALE | 37
IL MICROSCOPIO
L’importanza della normalità poi, quando sembrava che il peso di SARS-CoV-2 stesse scemando grazie alle vaccinazioni (frutto della ricerca scientifica), abbiamo assistito e, grazie ai media, vissuto in diretta l’invasione russa dell’Ucraina e la guerra quasi alle porte di casa. La tragedia della guerra sta cambiando il nostro mondo e il nostro modo di pensare; le interminabili carovane di profughi stanno sconvolgendo anche le nostre abitudini più radicate. Non stiamo assistendo impassibili a quanto accade. L’Organizzazione mondiale della sanità, la Comunità europea e un Comitato formato dall’ Associazione americana di oncologia clinica (ASCO) e dalla Organizzazione europea contro il cancro, che include praticamente tutte le maggiori organizzazioni oncologiche e le associazioni di pazienti europee, hanno lanciato un network (asco.org/Ukraine; europeancancer. org/topic-networks/20:impact-warin-ukraine-on-cancer) per sviluppare e coordinare gli aiuti a pazienti oncologici ucraini, inclusi quelli fuggiti spesso in modo avventuroso e drammatico e ricoverati in ospedali dei paesi confinanti. ASCO ha potenziato aiuti e informazioni sul suo sito web Cancer.Net. AIRC ha informato i ricercatori italiani di un’iniziativa della European Molecular Biology Organization (EMBO), un’organizza-
zione che riunisce scienziati di tutta Europa, volta a far conoscere l’elenco dei centri di ricerca che anche nel nostro paese hanno la possibilità di accettare ricercatori ucraini. Gli eventi drammatici a cui stiamo assistendo ci portano a sminuire il significato delle nostre difficoltà quotidiane. In questo modo corriamo il rischio di sottovalutare i problemi con cui conviviamo da sempre e trascurare la necessità di doverci impegnare ogni giorno per mitigarne gli effetti. Non occorre riflettere troppo per rendersi conto che il cancro non è “passato di moda” e che le persone non hanno smesso di ammalarsi. Di conseguenza neppure la ricerca sulle cause e i meccanismi del cancro e su terapie nuove ed estremamente necessarie è improvvisamente tramontata. La parola normalità sottolinea come ovunque si avverta profondamente il desiderio e la necessità di una vita quotidiana regolare. Normalità significa continuare a pianificare le attività indispensabili, per esempio vaccinarsi contro il Covid. E significa anche attuare tutti i comportamenti necessari a combattere il cancro rispettando gli screening programmati per una diagnosi precoce. Non possiamo accettare che la ricerca sul cancro si fermi o rallenti: il cancro non si arresta in attesa che gli esseri umani smettano di fare la guerra. Dobbiamo pensare che la ricerca di oggi è la medicina del domani e che decodificare la complessità del cancro significa migliorare le terapie e offrire un futuro migliore ai pazienti con tumore. Con questa visione AIRC continua a progettare nuovi programmi, nuovi piani per aiutare i giovani ricercatori e nuove strategie per tenere fede alla sua missione: trovare la cura del cancro attraverso la ricerca.
Normalità significa anche continuare a combattere il cancro
FEDERICO CALIGARIS CAPPIO Direttore scientifico AIRC
I
l titolo di questo Microscopio sembra non avere nulla a che vedere con la ricerca scientifica e con il cancro. Lo scopo è riflettere sui giorni difficili che stiamo vivendo e sulla necessità di mantenere ferme certe convinzioni, per evitare che i terremoti della storia che stiamo attraversando ci travolgano. Prima la pandemia Covid, 38 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2022
Il tuo momento speciale, la cosa più bella da ricordare.
LINEA MOMENTI D’ORO Con raffinatezza e stile rende ancora più prezioso ogni tuo momento.
LINEA NATURA Con semplicità e freschezza, esprime la tua attenzione verso uno stile di vita sano e salutare.
Ogni tua ricorrenza diventa indimenticabile con le linee “Natura” e “Momenti d’Oro” AIRC, come il tuo sostegno alla ricerca. Testimonia il tuo impegno a favore della ricerca con le Idee Solidali AIRC. Scopri le linee Natura e Momenti d’Oro e tante altre Idee Solidali su shop.airc.it o chiama 0363 34.91.52
Il gruppo di ricerca di Stefano Piccolo, dell’Università di Padova, che studia le metastasi grazie ai finanziamenti per i programmi 5 per mille AIRC.
LA NOSTRA FORZA? IL TUO 5X1000. Il tuo 5x1000 è la forza dei ricercatori AIRC impegnati in tutta Italia a conoscere i meccanismi di base del cancro e delle metastasi, responsabili della maggior parte dei decessi. Firma per la ricerca oncologica italiana d’eccellenza, firma per AIRC. Inserisci il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi.
80051890152
Codice Fiscale FONDAZIONE AIRC PER LA RICERCA SUL CANCRO ETS Puoi saperne di più su programmi5permille.airc.it