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Un duplice effetto

In uno studio pubblicato sulla rivista Neuropathology and Applied Neurobiology, Giuseppe Giannini dell’Università La Sapienza di Roma e collaboratori hanno scoperto che la perdita di una particolare proteina, a seconda che sia parziale o totale, può avere un effetto che favorisce o contrasta la progressione di alcune forme di medulloblastoma, un tumore del sistema nervoso centrale. Si tratta di NBS1, che fa parte di un complesso di proteine, noto in breve come MRN, coinvolto nella riparazione del DNA. Grazie a diversi esperimenti, per i quali sono stati utilizzati anche animali da laboratorio, si è scoperto che una perdita parziale della proteina ha un’azione che favorisce il tumore, mentre quando la perdita è totale l’azione è antitumorale. La ricerca accresce così la comprensione del complesso di proteine già da tempo oggetto di studio del gruppo di Giannini.

Una spinta per il sistema immunitario

Stop alla vecchiaia

Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, coordinato da Giovanni Capranico, ha scoperto che gli inibitori della topoisomerasi I, oltre alla nota capacità di uccidere le cellule tumorali, sembrano anche essere in grado di stimolare il sistema immunitario contro tali cellule. Un ulteriore meccanismo d’azione che, se confermato da altri studi, potrebbe permettere di usare questi farmaci per potenziare gli attuali trattamenti immunoterapici e contrastare diversi tipi di cancro. La scoperta è riportata in uno studio

I risultati di un recente studio, coordinato da Stefano Piccolo di IFOM e dell’Università di Padova, potrebbero portare in futuro a capire come rallentare l’invecchiamento e, poiché quest’ultimo è uno dei più importanti fattori di rischio per il cancro, anche a diminuire l’incidenza di tumori tra le persone anziane. La ricerca, pubblicata su Nature, ha messo in evidenza il ruolo di due tipi di “interruttori” nei processi di invecchiamento: YAP/TAZ e cGAS–STING. In particolare, quando la struttura di supporto degli organi pubblicato sul British Journal of Cancer in cui i ricercatori, ricorrendo a culture cellulari e analisi bioinformatiche, hanno esaminato i meccanismi dei farmaci in quattro tipi di cancro al polmone. Il gruppo ha inoltre notato che gli effetti non erano sempre uguali: il sistema immunitario non si attivava nel tumore del polmone a piccole cellule. Un risultato che potrebbe portare a identificare nuovi bersagli e sviluppare nuove strategie terapeutiche.

comincia a degradarsi si assiste a un calo dei livelli del primo interruttore, con conseguente formazione di “buchi” nella membrana che avvolge il nucleo delle cellule da cui fuoriesce DNA. Questo rappresenta un segnale di accensione del secondo interruttore, che favorisce l’istaurarsi di uno stato infi ammatorio cronico. I risultati di questa ricerca potrebbero aprire la strada allo sviluppo di metodi in grado di interferire con questi segnali e di conseguenza permettere di mantenersi in buona salute mentre si invecchia.

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