PROFESSIONE
by GOLF&TURISMO
GOLF CLUB CLUB TAPPETI ERBOSI
50 anni di macroterme Bermuda a Tolcinasco ACCERTAMENTI & TASSE
Sentenze positive per Carimate e Villa d’Este
INCHIESTA
Caro maestro: manager o insegnante?
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore
INTERVISTE
Egle Ancillotto Irene Gemmo Giovanni Nava
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SOMMARIO
IN COPERTINA: una splendida veduta aerea e autunnale del percorso di Franciacorta PROFESSIONE
GOLF CLUB
AUTUNNO 2014
EDITORIALE - La dura legge del BioGolf
Fulvio Golob con Paolo Croce
Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno II - numero 5 - novembre 2014 - 8,00 euro
ICS/IMPEGNATI NEL VERDE/GEO - Undici e lode
Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it
AITG - The Spirit of the Game
Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419313), Federica Rossi (02 42419315), Roberta Vitale (02 42419236)
NEWS - Notizie dall’Italia e dall’estero
Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico)
Isabella Calogero
Hanno collaborato a questo numero: Monica Barsotti, Stefano Boni, Maurizio Bucarelli, Lucio Colantuoni, Isabella Calogero, Paolo Croce, Alessandro De Luca, Maurizio de Vito Piscicelli, Donato Di Ponziano, Roberto Lanza, Carlo Manca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Fabrizio Pagliettini, Franco Piras, Roberto Roversi, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan
INCHIESTA - Caro maestro...
Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it
A cura della redazione
Federica Rossi, Roberta Vitale, Andrea Ronchi
SENTENZE - Luce in fondo al tunnel INTERVISTA - La neve è la nostra maschera di bellezza Federica Rossi
SERIOUS GOLFERS - La Giustizia Sportiva e... Filippo Motta
INCHIESTA - Insegnare al passo con i tempi
Donato Di Ponziano
JUNIOR - Imparare divertendosi
Sito web: www.professionegolfclub.it
Maurizio de Vito Piscicelli
PERSONAGGI - Egle Ancillotto
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Roberto Zoldan
NUOVE TECNOLOGIE - Visti dal cielo
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a cura della redazione
TAPPETI ERBOSI - Parola d’ordine: conversione!
Paolo Croce
GOLF E DIRITTO - Professionisti o dilettanti? Monica Barsotti
GREENKEEPER - Viaggiare per imparare
Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano.
Andrea Ronchi
Amministratore Delegato: Alessandro Zonca
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Franco Piras
Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento)
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Andrea Ronchi
IGTM E DINTORNI - Turismo al decollo?
Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it
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Maurizio Bucarelli
Editore: Go.Tu. Surl
Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob
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DESIGN - Giocando con la sabbia
Vice Presidente: Silvio Conconi
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Fabrizio Pagliettini
Creative Director: Patrizia Chiesa
Presidente: Alessandro Zonca
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Roberto Lanza
TOLCINASCO - Nuovo verde al “Castello” BIOGOLF - GEO: Carnoustie & Gleneagles Stefano Boni
INNOVAZIONI - Punta Ala - Nel segno dell’acqua Roberto Roversi
AMBIENTE E MANUTENZIONE - Ostacoli “verdi” Roberto Roversi
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Responsabile di testata: Alessio Maggini (02 42419249) - alessio.maggini@publimaster.it Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.
Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2014 Go.Tu. Surl
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EDITORIALE
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Fulvio Golob
La dura legge del BioGolf A novembre la conferenza stampa per la presentazione del progetto
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ediamo volentieri in questo numero la pagina del nostro editoriale a Paolo Croce, per un argomento molto importante dell’ultima ora. Professione GOLF CLUB ha parlato spesso di BioGolf e sostenuto con grande determinazione l’impegno a rendere ancora più naturale ed ecosostenibile il nostro magnifico sport. Un primo, fondamentale obiettivo in questo campo sta per essere raggiunto e ne parleremo in dettaglio nel prossimo numero.
Spagna, Austria, Danimarca, Finlanda, Norvegia, Irlanda e Scozia), che presentano un numero di abitanti di gran lunga inferiore al nostro. Stesso discorso quando confrontiamo lo sviluppo dell’impiantistica. Con 238 impianti (esclusi campi pratica e promozionali) siamo all’ottavo posto in Europa, e dal punto di vista del rapporto tra tesserati e impianti con 222 tesserati/campo scivoliamo al 18° posto, superati persino dall’Islanda. La realtà dei dati ci suggerisce quindi che le altre nazioni europee hanno ripreso la marcia, golfisticamente parlando, mentre noi siamo ancora al palo, appesantiti da una difficoltà che è strutturale e da una carenza di proposte e A novembre 2014 si terrà la conferenza stampa e la presentazione nazionale di idee. del progetto BioGolf, fortemente voluto da chi scrive, e da tutti coloro che La difficoltà è strutturale in quanto il nostro sistema golf ha portato fino negli ultimi 20 anni si sono dedicati con passione pari all’impegno a rendere ai nostri giorni una strategia di intervento e sviluppo vecchia, superata dal più ambientalmente sostenibile il nostro beneamato sport. Sostenuto dall’I- tempo, dall’economia e da una più accorta gestione del territorio. Dopo il stituto per il Credito Sportivo, dalla Federgolf, da Legambiente, da Fe- tradizionale sviluppo golfistico legato alla formazione di club dove il colderParchi e da tutti noi tecnici che operiamo nel mondo del golf da oltre 30 lante sociale veniva rappresentato dalla fusione di sport ed esclusività, si anni, BioGolf è un progetto che intende fornire linee guida per incentivare è sovrapposta, a partire dagli anni ’60, una concezione del golf quale parte la costruzione e la manutenzione di percorsi di golf a basso o nullo impat- integrante di una strategia edilizia volta a realizzare seconde case. Anche to ambientale garantendo comunque anche una indispensabile sostenibilità senza voler entrare nel merito di questa gestione del territorio, che certameneconomica. Al tempo stesso però BioGolf è anche un protocollo di certi- te pone una serie di necessarie riflessioni, legare lo sviluppo del nostro gioco ficazione volto a riconoscere e a premiare le costruzioni e gestioni virtuose alla costruzione di seconde case (nel tempo infatti la sovrapposizione con i circoli tradizionali si è andata affievolendo e il connubio golf e seconde case sotto il profilo ambientale. è andato ad assumere sempre maggiore importanAbbiamo già avuto modo di affrontare proprio su queste pagine (quarto numero – Arriva il Biogolf) za) si è rivelato nel lungo periodo una opzione non le motivazioni che hanno condotto a riflettere sulla sufficiente ad affrontare la nuova realtà economica condizione del golf in Italia e sulle sue potenzialità di questa prima parte del terzo millennio. Con la di sviluppo future. La crisi economica di questi ulcrisi del mercato immobiliare infatti si è anche fertimi anni ha posto a nudo la debolezza del nostro mata la crescita del nostro golf con le conseguenze sistema golf e ne ha evidenziato i punti critici. È sopra riportate in termini di decrescita di giocatori vero: la crisi è stata globale, ha interessato mezed impianti. Se poi ci soffermiamo sugli ancora pochi impianzo mondo e per quanto riguarda il nostro sport ha incrinato le certezze acquisitie di molti dei Paesi ti turistici che sono stati realizzati nel nostro paese golfisticamente più avanzati del nostro. Dovunque (golf con annesso resort) in questi ultimi anni, ci nel mondo, salvo poche eccezioni (ad esempio la rendiamo conto della difficoltà che tali strutture Turchia, tanto per parlare di un paese a noi vicihanno nel sopravvivere all’interno del mercato tuno), nel periodo 2008/2012 il golf ha perso appeal, ristico del bacino del Mediterraneo, sia per motivi giocatori, impianti, fatturato. L’Italia non è stata da interni (offerta non sempre in grado di competere con la concorrenza in termini di qualità, ma sopratmeno, anche se poi le statistiche ufficiali ci hanno sempre in qualche modo confortato illustrandoci tutto di prezzi) e sia per motivi esterni, relativi alla una crescita continua, il superamento dei 100.000 sempre più marcata distanza che ci separa dai comtesserati e la nascita di nuovi percorsi. Oggi però, petitors per quanto concerne l’ubicazione dei resort sul finire del 2014, il golf italiano mostra il fiato e la loro facilità di accesso alla grande utenza. Giuseppe Nava, direttore del Golf corto e nel raffronto con gli altri paesi europei il BioGolf ha invece la pretesa di ripensare alla straClub Carimate, con la “Pallina divario a livello di diffusione e impianti si fa sentegia di sviluppo golfistico fin qui perseguita, perd’Oro” che gli è stata assegnata correndo un modello del tutto alternativo a quanto tire sempre più. dall’Associazione Italiana Giornalisti sinora praticato ed offrendo una possibile soluzione Abbiamo scritto, elaborando i dati statistici forniGolfisti. Un riconoscimento dedicato ad una gestione del territorio che sia realmente soti dalla FIG, che l’inizio del 2014 ci accoglie con anche a tutti quelli che, in Italia, un 9,43 % di golfisti in meno rispetto al 2012, ma stenibile ambientalmente e sotto il profilo economioperano nel nostro settore, iniziando soprattutto con un poco rimarchevole 13° posto co. Ne riparleremo in maniera approfondita. dai soci dell’AITG a livello europeo, dietro a paesi (Svezia, Olanda, Paolo Croce
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In alto, il gruppo dei premiati insieme al vice presidente FIG, Antonio Bozzi (secondo da sinistra), e al Commissario Straordinario dell’Istituto del Credito Sportivo, Paolo D’Alessio (al centro). Qui sopra gli attestati nella tenda ICS
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ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO
Investire per superare la crisi
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Undici e lode P remiati a Torino, durante il 71° Open d’Italia, gli 11 circoli di golf italiani più rispettosi dell’ambiente, nel quadro del progetto “Impegnati nel verde”, a cura della Federazione Italiana Golf in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo. Due le novità di quest’anno: per la prima volta, il Ministero dell’Ambiente ha assicurato il suo patrocinio ufficiale all’iniziativa. E l’Istituto per il Credito Sportivo ha annunciato che raddoppierà il suo contributo ai circoli che aderiranno al progetto. Alla presenza del Presidente della FIG e di Coni Servizi, Franco Chimenti, del Commissario Straordinario dell’Istituto per il Credito Sportivo, Paolo D’Alessio, del vicepresidente FIG Antonio Bozzi, del Segretario Generale FIG, Stefano Manca e del professor Alberto Minelli, del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna, hanno ricevuto il premio:
Golf Club I Fiordalisi – categoria Paesaggio Terme di Saturnia Golf Club – Categoria Paesaggio Circolo Golf Rapallo – Categoria Paesaggio Golf Nazionale – categoria Acqua Arona Golf Club – categoria Energia Conero Golf Club – categoria Energia Florinas Golf – categoria Energia
Royal Park Golf & Country Club – categoria Biodiversità Verdura Golf Club – categoria Biodiversità Filanda Golf Club – categoria Paesaggio
Per tutte le informazioni sul progetto “Impegnati nel verde” e sulla Certificazione ambientale GEO: www.federgolf.it, area “Impianti ed ecologia”.
Due i circoli che hanno ricevuto la Certificazione ambientale GEO (Golf Environment Organisation): Terme di Saturnia e Is Arenas Golf Club. La certificazione è il massimo riconoscimento in fatto di tutela ambientale. La GEO è un’organizzazione non governativa che ha l’obiettivo di incentivare la difesa del territorio nel golf innalzando gli standard ambientali e valutando le prestazioni di chi opera nel settore golfistico.
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La consegna dei riconoscimenti CEO e Impegnati nel Verde durante le giornate del 71° Open d’Italia, a Torino. Nelle foto, oltre ai premiati, il presidente della Federgolf, Franco Chimenti, il vicepresidente, Antonio Bozzi, il Commissario Straordinario dell’Istituto per il Credito Sportivo, Paolo D’Alessio, e Alberto Minelli, del dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna. 1) Nazionale, 2) Royal Park, 3) Filanda, 4) Is Arenas, 5) I Fiordalisi, 6) Saturnia, 7) Conero, 8) Florinas, 9) Rapallo, 10) Verdura
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I M P E G N AT I N E L V E R D E / G E O
I riconoscimenti 2014 ai circoli più ecologici 3
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PATROCINIO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E CONTRIBUTI DOPPI DA ICS Due le novità senz’altro molto importanti per il progetto “Impegnati nel Verde”, con cui la Federazione Italiana Golf (da quest’anno con la preziosa partnership dell’Istituto per il Credito Sportivo) premia i nostri circoli più rispettosi dell’ambiente. Come già detto la cerimonia di assegnazione dei riconoscimenti ai golf club italiani più “eco-friendly” si è tenuta nel Circolo Golf Torino a margine del 71° Open d’Italia ed erano presenti, oltre ai rappresentanti dei circoli premiati, anche le maggiori autorità del nostro golf a livello nazionale. La prima novità riguarda l’endorsement istituzionale del Ministero dell’Ambiente, che ha voluto affiancare la Federgolf nel suo progetto “Impegnati nel verde”. L’ha presentata il vicepresidente federale Antonio Bozzi, con queste parole:“Per la prima volta il dicastero dell’ecologia ci ha comunicato ufficialmente che da quest’anno darà il patrocinio al nostro progetto.” E il presidente Chimenti ha voluto sottolineare come quello del Ministero rappresenti “un grande riconoscimento per noi e un motivo di orgoglio, perché Impegnati nel Verde nasce proprio per qualificare il golf sempre di più”. La seconda novità arriva invece dall’Istituto per il Credito Sportivo, che in questi anni è sempre stato molto vicino al golf, mettendo a punto numerose iniziative speciali legate a finanziamenti con condizioni decisamente vantaggiose. “Da quest’anno abbiamo già deciso di raddoppiare i contributi negli interessi sui mutui destinati ai circoli per interventi rientranti nel progetto Impegnati nel Verde”, ha spiegato Paolo D’Alessio, Commissario Straordinario della banca pubblica che ha finanziato la stragrande maggioranza degli impianti sportivi italiani.
In alto a sinistra il Commissario Straordinario dell’ICS, Paolo D’Alessio nello stand torinese insieme a Costantino Rocca. Qui accanto,da sinistra, Stefano Manca (segretario generale FIG), D’Alessio, Minelli, Chimenti e Bozzi.
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NOTIZIARIO - MEETING Associazione Italiana Tecnici di Golf
The Spirit of the Game Cari Amici, eccoci arrivati al Meeting di Novembre, un appuntamento di fine stagione che anche quest’anno ci darà opportunità di confronto, crescita, condivisione e che mi auguro, possa rappresentare ancora una volta una occasione per stare insieme. Perché “Spirit of the game”?.... Perché la nostra vita, il nostro lavoro è in fondo un meraviglioso, complesso, intricato e cervellotico gioco, ricco di imprevisti ma con regole base che sono quelle che contraddistinguono gli iscritti alla nostra Associazione: sacrificio, onestà, rispetto del prossimo e volontà di crescita. Mi è impossibile non porre l’attenzione di tutti sull’ennesima situazione di grande disagio che si è creata in diversi Circoli a seguito delle recenti alluvioni che hanno colpito in modo considerevole diverse e ampie aree della nostra nazione. Da lì nasce lo “spirito” con cui ci avviciniamo al Meeting e proprio a loro, a tutti i Dipendenti coinvolti, è dedicata la nostra due giorni. In questa direzione mi piace sottolineare l’iniziativa di tutti i Circoli della Sicilia. Loro, pur geograficamente così lontani, hanno deciso di far sentire la propria presenza dedicando una gara di golf, giocata nella splendida “terra del sole”, ai Circoli colpiti dall’alluvione; un modo per esserci, per dare un segno tangibile, per essere promotori dello “Spirit of the game”. Quel raggio di sole ideale spero illumini virtualmente anche il nostro incontro. Ringrazio sin d’ora la Presidenza del Modena Golf e l’amico Davide Colombarini per la disponibilità che ci hanno concesso anche favorendo l’importante ritorno aggregante della gara di golf di mercoledì; ci è piaciuta sin da subito l’idea di scegliere una location facilmente accessibile a tutti e questa priorità ha avuto la predominante nella scelta del circolo. Avremo una prima giornata molto intensa, ricca di interventi e di importanti collaborazioni che continuano in modo concreto quanto abbiamo anticipato nei Meeting precedenti; sarà presente la Federazione Italiana Golf e avremo il piacere di avere tra i relatori anche l’ing. Antonio Bozzi, Vice Presidente Federale. Sono particolarmente lieto di contare sul contributo della Scuola Nazionale che, oltre a curare un intervento nel mondo verde e ad averne condiviso la
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scelta dell’argomento, nel segno della continuità sta intensificando anche nella sezione Segretari e Direttori una forte sinergia con l’AITG. Renzo Ottobrini, da una vita compagno di viaggio del nostro mondo, ci presenterà una novità importante nella gestione dell’area verde; insieme a lui, saranno protagonisti nel pomeriggio, lo Studio Martinelli-Rogolino ed Ecoricerche insieme a Warrant. Sono particolarmente felice di vedere realizzato un programma formativo professionale di alto livello che coinvolge Professionisti di riferimento e che, consentitemelo, non grava sul nostro bilancio. Questo era un obiettivo che avevamo fissato con i nostri Revisori e che, pur considerando le difficoltà quotidiane, è stato raggiunto grazie alla disponibilità di chi, credendo nella nostra Associazione, si è messo a disposizione. Ringrazio di cuore gli Sponsor; a loro dobbiamo tanto e stiamo cercando di soddisfarli in egual misura, cercando di coinvolgere tutti gli Associati nel partecipare ai momenti di doverosa e preziosa promozione. “Raccontami una storia” è la novità del Meeting: uno spazio dedicato a chi non riveste ruoli direttivi negli Staff dei Circoli nazionali ma ha una storia particolare, esemplare, speciale nella sua unicità. Avere con noi qualcuno che rappresenti simbolicamente la forza lavoro di tutti i nostri team sarà un particolare momento di doveroso ringraziamento e… per rientrare nel titolo della giornata. di rispetto dello “Spirit of the Game” che ci vuole, nel nostro ruolo, protagonisti nel bene e nel male in una avventura che coinvolge ed è condizionata dal lavoro di tanti. Una chicca per la serata: l’amico Massimo Luca, chitarrista di Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Fabio Concato, Paolo Conte, Bruno Lauzi, Gianluca Grignani e altri ancora, allieterà la cena e l’ormai tradizionale open bar. Ha accettato il nostro invito nel segno del lowcost per il piacere di promuoversi all’interno dell’Associazione. Anche questa scelta ha un senso preciso. Infatti non sarà uno spettacolo da ascoltare ma un accompagnamento per coinvolgerci in cori, magari anche stonati, ma nel segno del Gruppo come assoluto protagonista. Grazie infine a Voi, per la partecipazione e per aver fatto sempre sentire la Vostra vicinanza al Direttivo. Un caro saluto, Fabrizio Pagliettini
IL CALENDARIO DEL MEETING MARTEDÌ 4 NOVEMBRE: ore 8.00 - 9.00 = Registrazione dei partecipanti ore 9.00 - 9.30 = Saluto del Presidente (Sala Ristorante) ore 9.30 - 11.00 = Situazione PAN nuova normativa sull’utilizzo dei fitofarmaci a cura del dr. Massimo Mocioni (Sala Ristorante) ore 11.15 - 12.15 = Cenni di Handicapping & Course Rating - Ing. Antonio Bozzi Vice Presidente FIG - Richard Cau (Sala Grande 1° piano) ore 12.15 - 13.00 = Presentazione software Gare Federali e di Circolo a cura della Federazione Italiana Golf (Sala Grande 1° piano) ore 11.15 - 12.15 = Nuovo programma di gestione della manutenzione del campo a cura di Sysgolf (Sala Ristorante) ore 12.15 - 13.00 = Visita Sponsor ore 13.00 - 14.30 = pranzo a buffet (Sala Ristorante) ore 14.30 - 15.30 = Cura e gestione del patrimonio arboreo - Prof. Alberto Minelli - Università di Bologna (Sala Grande 1° piano) ore 14.30 - 16.00 = Campagne associative, promozioni e previsioni statutarie - Avv. Ernesto Russo - Studio Martinelli Rogolino - (Sala Palestra 1° piano) ore 15.45 - 17.00 = Nuove prospettive per l’ottimizzazione dei consumi idrici a cura di Turf Europe, Toro e Rain Bird (Sala grande 1° piano) ore 16.00 - 17.00 = Progetto AITG Formazione Ecoricerche e Warrant - (Sala Palestra 1° piano) ore 17.15 - 17.30 = Coffee break ore 17.30 - 19.00 = Interventi Main Sponsor Raccontami una storia (Sala Grande 1° piano) ore 19.45 Aperitivo ore 20.30 Cena ore 22.30 Open Bar MERCOLEDÌ 5 NOVEMBRE: Ore 10.00 - 11.00 = Ritrovo e Riscaldamento Driving Range Ore 11.00 Partenza della gara shot-gun - 18 buche stableford - 3 categorie per gli Associati AITG categoria unica Sponsor e Ospiti AITG - 1°, 2°, 3° netto per categoria, 1° Lordo, Lady e Senior. Buvette lungo il percorso Ore 16.30 = Premiazione e Buffet
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Progetto Formazione
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ITG Formazione rappresenta uno dei progetti che la nostra Associazione sta perseguendo da circa un anno con la dedizione di tutto il Consiglio Direttivo e con l’aiuto di due Enti Partner del progetto: Ecoricerche e Warrant. Se dovessimo riassumere in poche righe la grande valenza di questo nuovo obiettivo dovremmo dire che si tratta di un progetto che darà dei vantaggi economici non solo all’AITG, ma anche e soprattutto ai nostri Circoli e questo al giorno d’oggi pensiamo non sia poca cosa. Aderire al progetto, quindi, non solo dovrebbe essere un impegno perseguito dagli Associati, ma anche un valido motivo per attirare l’attenzione dei Presidenti dei Circoli, dato che i vantaggi economici si rifletteranno positivamente sui bilanci dei loro Club. Andando un po’ più nel dettaglio dell’argomento la finalità del progetto è quella di utilizzare i fondi interprofessionali per finanziare sia la formazione obbligatoria che quella integrativa del personale. Tutti i Dipendenti dei Circoli maturano mensilmente una cifra pari allo 0,30% del monte salari potenzialmente destinato alla formazione (usiamo il termine “potenzialmente” perché se questo importo non viene depositato in un apposito Fondo di fatto viene perso, in quanto assorbito dall’Inps). Quindi il primo passo per rendere disponibili questi contributi sarà proprio quello di destinarli ad un Fondo Interprofessionale. La seconda condizione che bisognerà rispettare, una volta soddisfatta la prima, sarà quella di usare questi contributi perché, se non impiegati, dopo due anni verrebbero nuovamente persi. Ritornando al primo punto, ossia quello della scelta di un Fondo che consenta un agevole utilizzo dei contributi versati per le finalità formative, diremmo che è stato superato e grazie all’interessamento dei due Enti Partner che hanno verificato i pro e i
contro dei Fondi maggiormente utilizzati, la scelta è caduta su FON.AR.COM. Perché FON.AR.COM e cosa dovranno fare i Circoli? La scelta è motivata dal fatto che con questo Fondo sarà possibile aggregare tutti i Circoli aderenti in un’unica rete dove l’AITG sarà l’Ente di riferimento per tutti i corsi di formazione, sia dal punto di vista organizzativo che amministrativo. Gli altri Fondi non avrebbero consentito questo tipo di gestione che per noi rappresenta un vantaggio non indifferente, in quanto consentirà di creare un “Conto di rete aperto AITG” all’interno del quale confluiranno tutti i contributi dei Circoli aderenti al progetto, permettendoci quindi di gestire con efficacia valori che nelle singole realtà andrebbero sicuramente dispersi perché non sufficienti a coprire i costi formativi. Premettendo che l’adesione al Fondo è gratuita, i Circoli che già ne avevano uno di riferimento dovranno revocare i versamenti al vecchio fondo “dirottandoli” su FON.AR.COM, mentre gli altri dovranno semplicemente richiedere l’adesione al Fondo. Gli unici Circoli che non potranno fare il passaggio da un Fondo all’altro sono quelli che in questo momento hanno progetti formativi in corso, che dovranno essere rendicontati e liquidati prima di effettuare il passaggio a FON.AR.COM. Le operazioni di passaggio e iscrizione normalmente vengono effettuate tramite lo Studio a cui è affidata la gestione delle paghe del Personale. Una volta realizzato questo primo passo, inizierà la parte più operativa del progetto che abbiamo ipotizzato essere così ripartita: con il 70% dei contributi verranno organizzati i corsi di formazione obbligatoria a carattere Regionale o Interprovinciale. Annualmente verrà redatto un catalogo formativo che prevederà tutte le tipologie di corsi: dal pronto soccorso all’antincendio, dai corsi per dirigenti e
preposti a quello per la conduzione dei trattori, cui farà seguito un calendario dove saranno indicate le date e le sedi disponibili per tutti i membri della rete. La prima bozza del catalogo sarà presentata in occasione del prossimo Meeting di Modena del 4 e 5 novembre; il restante 30% dei contributi sarà invece destinato all’attività formativa realizzata nel corso dei nostri Meeting. Al termine di ogni prestazione l’AITG riceverà le fatture relative ai corsi, le pagherà e riceverà da FON.AR.COM il rimborso di quanto speso che sarà dedotto dal “cassetto” che raccoglie i versamenti dei singoli Circoli. Ecoricerche sarà incaricata di verificare man mano le adesioni ed i versamenti dei Circoli aderenti in modo da avere sotto controllo il monte totale dei contributi disponibili. Il Personale dei Circoli che aderiranno al Fondo potranno usufruire della convenzione a pieno titolo, ma anche i Dipendenti dei Circoli che per motivi diversi non vi dovessero aderire potranno partecipare ai corsi pagando una quota ridotta. Il medesimo iter potrà essere applicato anche per quelle particolari sezioni del Meeting finanziate tramite questi contributi. I vantaggi sono chiaramente individuabili e non vi nascondo che potrebbero essere da stimolo per i Circoli affinché iscrivano i propri Direttori, Segretari, Superintedent e Greenkeeper all’AITG, oltre naturalmente a fare l’adesione a FON.AR.COM! Il primo obiettivo è sicuramente ambizioso, ma non irraggiungibile: arrivare ad avere un numero di Circoli iscritti che rappresentino almeno 500 dipendenti; l’obiettivo finale quello delle mille unità. Il prossimo appuntamento per parlare di “AITG Formazione” sarà in occasione del Meeting di Novembre dove chi ne avrà necessità potrà ricevere ulteriori informazioni ed indicazioni. Marco Antonangeli
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Associazione Italiana Tecnici di Golf
Herbatech Celebration: 20 anni dalla parte dell’erba
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el 2014, Herbatech ha festeggiato il suo ventesimo anniversario di attività, un importante traguardo che dimostra come la società sia diventata punto di riferimento certo, oltre che per il settore del golf, anche per altre realtà, nazionali ed internazionali, del tappeto erboso professionale, grazie alla costituzione di una rete di agenti e distributori che si caratterizzano sia per la specificità dell’ambito territoriale di operatività che per la preparazione tecnica nei settori di intervento (golf, calcio, aree verdi, prati in rotoli, idrosemine, impianti ippici , etc.). I 20 anni di attività costituiscono un traguardo importante e un punto da cui ripartire. Di seguito riportiamo le dichiarazioni rilasciate dal Consigliere Delegato di Herbatech, Giuseppe Serenelli, in occasione del ventesimo anniversario dalla Costituzione della Società: “In questi venti anni abbiamo assistito alla nascita di una società, al suo consolidamento ed al suo affermarsi sui mercati nazionali ed internazionali con i propri prodotti: fertilizzanti, sementi, agenti umettanti , coloranti, fitofarmaci e miglioratori
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del suolo specifici per prati professionali. Prima azienda costituita esclusivamente da tecnici-agronomi specialisti del settore dei tappeti erbosi, ha rappresentato in questi anni un esempio seguito da moltissime altre realtà ad oggi in rapida diffusione. Anche la formula del servizio tecnico di consulenza fornito dalla propria forza vendita, sembra essere stata antesignana rispetto alle più recenti formule di distribuzione commerciale del settore. Ma ciò che più contraddistingue questa azienda è lo stile con cui opera. Sempre discreta, mai troppo aggressiva, con il rispetto di tanti valori, in primis la competenza , l’affidabilità e l’onestà, anche intellettuale, che sta diventando merce sempre più rara nella nostra società. Saper coniugare, sempre, l’interesse del cliente a quello dell’azienda è probabilmente motivo dei tanti successi conseguiti fino ad oggi e di quelli che sinceramente auguro ad Herbatech per i prossimi vent’anni. Questa ricorrenza avviene in un periodo particolarmente difficile. La crisi economica che sta attraversando l’Europa è stata definita la più dura dal dopoguerra e si fa sentire pesantemente anche nel nostro settore con numeri sempre più importanti di aziende e circoli sportivi che stentano a far quadrare i propri bilanci. Le inevitabili ripercussioni investono ovviamente anche Herbatech ma non frenano la sua capacità progettuale e propositiva. Stiamo resistendo ed approfittando della congiuntura per ridefinire il nostro modello aziendale attraverso una sempre più forte internazionalizzazione dei nostri marchi e nel contempo, ampliando la nostra gamma con prodotti ancora più innovativi, efficaci ed originali . Stiamo investendo in settori del tappeto erboso che sebbene abbiano grandi potenzialità non sempre sono stati sensibili ad una gestione professionale. Mi riferisco in particolare al settore dei campi sportivi sia professionistici che dilettantistici. Dobbiamo stimolare gli addetti del settore e le istituzioni affinchè vengano prese azioni mirate che ci consentano, all’uscita dalla crisi, di trovare clienti professionalmente preparati a cui offrire i nostri prodotti e servizi nel modo più efficace ed efficiente. Ritengo infatti che la nostra mission sia quella di fornire ai nostri clienti, costruttori e manu-
tentori di impianti a tappeto erboso, servizi e prodotti sempre più mirati tecnicamente ad un costo accettabile. Aumentare in tal modo la loro professionalità, consente di migliorare la loro specializzazione aziendale, permettendo loro di poter raggiungere gli obiettivi economici ed il conseguimento dell’ utile d’impresa. Negli ultimi anni ci siamo cimentati anche in quella che oggi si chiama Green Economy con un marchio, Filocalia, che vanta una linea di prodotti estremamente innovativi. Filocalia adotta i principi della Permacultura nella gestione del tappeto erboso in tutte le attività di naturalizzazione e di recupero delle aree dismesse. Infine nel settore del golf, il nostro core business, stiamo sviluppando prodotti, come per esempio, le pastiglie di agenti umettanti o i coloranti, che oltre ad essere efficaci, aiutano a ridurre i costi di applicazione. Crediamo che in futuro la robotica e l’automazione faranno sensibilmente diminuire i costi della manodopera che oggi impatta per oltre il 70% su tutte le spese di manutenzione dei campi da golf. Stiamo sviluppando quindi prodotti polifunzionali che con una unica applicazione siano in grado di risolvere più necessità. La nuova linea di fertilizzanti Zeotech, disponibile nel 2015 ( ad azione fertilizzante+ biostimolante + ammendante) seguirà questo indirizzo. Ovviamente tutto quanto descritto è stato possibile e sarà ancora possibile grazie al lavoro degli uomini Herbatech. A cominciare dalla forza vendita,in particolare Francesca Faldella, seria, preparata ed efficiente, per finire con lo staff amministrativo e logistico che, anche in situazioni difficili, come quelle attuali, è in grado di garantire quel grado di flessibilità e di disponibilità al sacrificio che porta al conseguimento dei risultati e che per questo ringrazio sentitamente. Quanto detto mi ha reso e mi rende orgoglioso di amministrare la Herbatech”.
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La nuova frontiera del greenkeeping: esperienze 2014 con i pigmenti Extragreen C3 e Liquid Overseeder su microterme La recente introduzione nel mercato Europeo dei pigmenti a marchio Herbacolors, Extragreen C3 e Liquid Overseeder ad azione penetrante e colorante, per microterme e macroterme, aventi lo scopo di garantire un effetto cromatico eccellente e, contemporaneamente, un’azione biostimolante ed antistress, ha riscosso nel 2014 un successo superiore alle più ottimistiche previsioni. Scopriamone il perché: la loro formulazione consente l’assorbimento fogliare sottocuticolare, evitandone il dilavamento. Ciò comporta, un miglioramento della fotosintesi, grazie all’effetto protettivo contro i raggi luminosi negativi riferibili allo spettro ultravioletto ed infrarosso con una notevole riduzione dello stress fotorespirativo nel periodo estivo. Ne deriva una azione preventiva anche contro di alcune malattie specifiche del tappeto erboso, Dollar spot in testa. Non ultimo, l’effetto colorante verde naturale, garantisce al golfista la piacevolezza di giocare su un’erba sana e cromaticamente impeccabile. Analizziamo ora Extragreen C3, il primo pigmento specifico per microterme: sono stati soprattutto i green ad essere trattati con questo prodotto a partire da inizio estate, ovvero nella fase di riscaldamento progressivo. È infatti nella fase calda che questo pigmento massimizza la sua azione di filtraggio selettivo dei raggi solari migliorando l’efficienza fotosintetica dell’erba. Ciò avviene necessariamente anche in stagioni atipiche come quella da poco trascorsa. In pratica, l’erba si scalda meno ed ha una maggiore resistenza in generale agli stress termici, soprattutto in quei green che contengono Poa annua. Extragreen C3 si è dimostrato efficace anche nella prevenzione del decadimento estivo dei tee e fairway. Il suo contenuto costo per ettaro permette, infatti, il suo utilizzo anche sulle aree più estensive del percorso golfistico Extragreen C3 è molto versatile, permettendo dosaggi totalmente personalizzabili. Se la dose consigliata da Herbatech è di 1-1,5 l/ha con cadenza quindicinale, alcuni operatori lo hanno applicato anche 2-3 l/ha, con cadenze più lunghe, perseguendo il risultato di un verde costante e particolarmente intenso. All’atto pratico, il pigmento è miscibile con tutti i fertilizzanti liquidi tipicamente usati nello spoonfeeding estivo ( vanno evitati solo i mix con sali solidi solubili quali urea agricola e solfati vari). In particolare Herbatech consiglia di miscelarlo alla dose di 1,5-2,0 litri/ha con Herbafer Greener (15lt/ha) + Herbafer Recovery (15 lt/ha). Questa miscela dà all’erba un colore naturale impeccabile ed un effetto più duraturo nel tempo dei prodotti trattati singolarmente, senza peraltro influire sull’altezza del taglio. In questo caso, si crea una vera e propria sinergia tra azione del fertilizzante e quella del pigmento. Quest’ultimo viene veicolato al meglio dalle molecole organiche presenti nel prodotto fertilizzante e ciò provoca una tonalità di verde particolarmente gradevole e naturale. Il risultato è veramente eccellente. Si hanno così green belli, sani e molto veloci tutta l’estate con una minore incidenza della Sclerotinia (la miscela può essere integrata con il pro-
piconazolo). Dopo il trattamento, l’unica accortezza rimane quella di non calpestare il tappeto erboso per 15 minuti circa, al semplice scopo di non “colorare” le scarpe dei giocatori. Una volta asciutto, il pigmento penetra efficacemente nella foglia. Il massimo effetto, anche in senso di uniformità e grado di colore, si ottiene a circa ventiquattro ore dal trattamento. Liquid Overseeder, ideale per i trattamenti tardo autunnali e invernali su bermuda in dormienza, in alternativa alle trasemine tradizionali, grazie alla sua versatilità di impiego e dosaggio ha trovato un suo importante ruolo anche usato sulle microterme. Infatti, grazie alla sua co-formulazione con agenti adesivanti e coprenti, oltre all’azione penetrante nella foglia e l’azione di filtro solare, si è dimostrato eccellente per i trattamenti su tappeti erbosi di microterme danneggiati o degradati. Può essere questo il caso di green, tee e fairway colpiti da Dollar spot e/o Pythium blight o danneggiati da ustioni di varia natura come scalping, tagli troppo bassi, scarifiche violente, sabotaggi, etc. Soprattutto, questo formulato appare particolarmente efficace nel mascherare i dry spot anche laddove appaiano chiazze di sabbia totalmente prive di erba. Il prodotto infatti “aggrappa” e colora anche il terreno, camuffando immediatamente l’ingiallimento ed il secco. Infine Liquid Overseeder può essere applicato in tutte le fasi immediatamente successive alle risemine, laddove l’erba presente appaia insufficiente a garantire il verde qualitativamente accettabile. Ciò sia nelle rigenerazioni dei prati di microterme che nella la trasemina autunno-invernale con loietti su macroterme. Liquid Overseeder dona, in questi casi, un benefico effetto collaterale di non poco conto : scurendo il terreno, lo riscalda di qualche grado, velocizzando la germinazione e la ripresa dell’erba. Per lo stesso motivo il pigmento applicato in tardo inverno anticipa il green-up primaverile. Nei climi secchi, in tardo inverno possiamo utilizzarlo anche su macroterme pre-diserbate con diserbanti totali ad effetto anti Poa annua. Vi è poi tutta una serie di altri campi applicativi. Tra essi, in mix con diserbanti selettivi per evitare l’ingiallimento del prato. Ancora, in mix con prodotti antimuschio per ridurre e coprire l’arrossamento che sempre consegue al trattamento. Ma su tutto, comune sia ad Extragreen C3 che a Liquid Overseeder, è fenomenale l’unione di questi pigmenti in miscela con i fertilizzanti liquidi fogliari già menzionati. Il risultato è da vedere. Già, il risultato. Al di là delle molteplici innovazioni introdotte negli anni nel settore del greenkeeping, quella dei pigmenti appare come un’autentica rivoluzione. Alla prova dei fatti, il gradimento dei giocatori è risultato tanto imprevedibile da divenire per questo sorprendente. In fondo è comprensibile; giocare a golf è un piacere, un piacere troppo spesso sacrificato a vere e proprie ideologie agronomiche (p. es. biologico sì – biologico no) e tecniche difficilmente apprezzabili da chi e invece vuole divertirsi giocando a golf. Finalmente adesso ci siamo. Con i pigmenti si possono avere tappeti erbosi performanti, gestibili economicamente ed al contempo molto belli da vedere e giocare.
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NOTIZIARIO
Associazione Italiana Tecnici di Golf
Tappeti Erbosi: un anno molto verde
L’
appena concluso anno accademico 20132014 è certamente da ricordare per la Sezione Tappeti Erbosi. Si è difatti celebrato il 25° anno di attività, coinciso purtroppo con la morte di Roberto Rivetti (nella foto), ispiratore, fondatore e poi strenuo sostenitore della Sezione. Con lo stesso spirito con il quale l’Ingegnere ci ha sempre spronati ed incoraggiati, nello scorso mese di giugno abbiamo organizzato presso il Golf Club Le Rovedine una riunione “straordinaria” tra Superintendent. Non per commemorare (lo stesso Ingegnere non amava molto le cerimonie e non avrebbe di certo gradito), ma per fare il punto della situazione, rivisitare tutti insieme questi primi 25 anni, ricordare da dove siamo partiti e considerare dove siamo arrivati oggi. Senza tralasciare uno sguardo al futuro. Nel 1989 si partì praticamente da zero o quasi. Prima di allora la maggior parte dei Greenkeepers italiani divenivano tali attraverso anni di esperienze pratiche, trascorsi magari come capo operaio o anche come semplice operaio addetto alla manutenzione del percorso. Ben pochi consultavano libri sull’argomento, essendo esclusivamente in inglese. Mancavano scuole specifiche e l’obiettivo di partenza della Sezione fu quindi quello di formare dei tecnici qualificati in grado di occuparsi della costruzione e della manutenzione dei tappeti erbosi dei percorsi di golf italiani. Da sottolineare che la Federazione Italiana Golf fu in questo un precursore, essendo stata la prima federazione europea ad istituire una “Green Section”. In seguito altre Federazioni europee si sono attrezzate in tal senso (Svezia, Francia, Spagna ad esempio) seguendo proprio il nostro modello. Come sempre avviene quando si presenta una novità, anche in questo caso non mancarono ostacoli. Passare da un approccio empirico ad un approccio scientifico significava difatti mettere in discussione anche alcune vecchie abitudini e questo creò una iniziale diffidenza ed in certi casi ostilità. Grazie alla sapiente direzione di Paolo Croce, coadiuvato inizialmente da Francesco Modestini, poi da Massimo Mocioni e dal sottoscritto, il corso per Su-
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perintendent prese comunque il via e si confermò nel giro di pochi anni come tappa obbligata per quanti decidevano di intraprendere questa carriera. Pur mantenendo le sue caratteristiche, la struttura iniziale del corso nel tempo subì modifiche, con l’obiettivo di introdurre nuove materie e aggiornamenti oltre che per frazionare il periodo di svolgimento, così da dare più opportunità di frequenza. Per meglio rispondere alle esigenze dei circoli, la Sezione ha poi allargato i propri interessi e competenze sviluppando, oltre al Settore Didattico, anche un Settore Tecnico, un Settore di Ricerca ed un Settore Ambientale. Risultati? Non sta di certo a noi dirlo, ma come confermato da più parti, innegabile il grande incremento qualitativo registrato in questi ultimi anni nei percorsi di golf italiani. Inoltre il C.N.R. (Centro Nazionale Ricerche) grazie a due indagini conoscitive sui percorsi di golf compiute nel 1999 e poi nel 2008 ha registrato nel tempo una significativa riduzione dei consumi di fitofarmaci, fertilizzanti ed acqua. Miglioramento della qualità a fronte di una riduzione degli input, di più non si poteva chiedere a questo oramai grande “esercito” di circa 200 Superintendent (tanti sono ad oggi i diplomati) che gestiscono i nostri percorsi di golf! Per il fatto che l’Italia si trova in una zona climaticamente definita “di transizione”, i Superintendent nostrani rispetto a buona parte dei loro colleghi europei studiano ed hanno esperienze sia con le specie da tappeto erboso microterme (da clima freddo-umido) che con le specie macroterme (da clima caldo arido). Senza ombra di smentita, possono essere considerati quindi tra i tecnici più preparati del vecchio continente, come testimoniato anche dalle sempre più numerose iscrizioni ai nostri corsi di tecnici stranieri (Spagna, Svizzera, Romania, Malta, Albania, Marocco). Per il futuro, tenere bene a mente che nel lavoro, così come nella vita, non si finisce mai di imparare. Un buon Superintendent deve essere sempre aperto e disponibile al confronto e ad aggiornarsi. Importantissima la funzione svolta a tale scopo dai meeting AITG. Le amicizie nate e coltivate in occasione di questi incontri vengono difatti arricchite nel tempo dalle singole esperienze maturate in campo ed una volta condivise diventano un importante elemento di crescita professionale. Altrettanto importanti sono le informazioni che si possono raccogliere leggendo riviste, pubblicazioni e ricerche come anche partecipando a seminari di aggiornamento. Anche perché il futuro non ci riserva nulla di scontato:
- i mutamenti climatici di questi ultimi anni, caratterizzati da prolungati periodi di siccità o di piogge oppure di elevate temperature o di tempo freddo, rendono sempre più difficile ed oneroso il rispetto dei classici programmi di manutenzione; - per ragioni di budget, assolutamente indispensabile ottimizzare al massimo le risorse disponibili (personale, macchinari, materiali di consumo, acqua); - infine, ma di certo non perché meno importanti, gli aspetti ambientali: in molti paesi europei e non, e per ora in parte anche in Italia, provvedimenti legislativi stanno imponendo sempre maggiori restrizioni e divieti nell’uso di acqua, fertilizzanti e fitofarmaci. Improvvisazione e superficialità già adesso non sono sufficienti a garantire il mantenimento di adeguato livello qualitativo in un percorso di golf . Solo attraverso una approfondita conoscenza della materia sarà invece sempre più facile non essere alla mercé del destino ed ottenere buoni risultati senza affidarsi alla fortuna. SETTORE DIDATTICO. Vengono organizzati ogni anno corsi per Superintendent (4 livelli di corso base), dei corsi di Aggiornamento, dei corsi per Addetti alla manutenzione (3 livelli) e moduli semplificati all’interno dei corsi per Segretari/Direttori e per Maestri di golf. Costante collaborazione con varie Università e con l’AITG per seminari su argomenti a richiesta. SETTORE TECNICO. L’attività in questo settore include una prima assistenza tecnica per le nuove iniziative, il supporto tecnico alla Commissione Impianti per l’omologazione degli impianti e la supervisione del percorso del Golf Nazionale. SETTORE DI RICERCA. Avviato nel 1992 con la Direzione Scientifica del Prof. James B. Beard ed in collaborazione con le Università di Agraria di Torino e di Pisa, poi estesa anche alle Università di Roma La Sapienza e Bologna. Compiuti ed in corso studi sul tappeto erboso e sul rapporto tra golf e ambiente. SETTORE AMBIENTALE. Dal 1994 è stata avviata un’attività di promozione e sensibilizzazione sul tema dell’ecologia, dei paesaggi naturali, della biodiversità, dell’uso sostenibile del territorio e delle certificazioni ambientali. In merito a queste ultime, la Sezione Tappeti Erbosi offre ai circoli l’assistenza necessaria per iscriversi ad “Impegnati nel verde”, un riconoscimento ambientale legato alla Federgolf e propedeutico a “G.E.O.” (Golf Environment Organization), programma internazionale di Certificazione ambientale. Alessandro De Luca Responsabile Sezione Tappeti Erbosi della F.I.G.
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Insieme contro il fango Lettera aperta di Isabella Calogero inviata ai presidenti dei Comitati Regionali della Federgolf dopo le disastrose inondazioni che hanno coinvolto i circoli di Colline del Gavi, Terme di Saturnia e, in maniera minore, Villa Carolina. Egregi Presidenti, mi rivolgo a Voi, in quanto, essendo a capo dei Comitati Regionali della Federgolf, possedete sicuramente una profonda e radicata conoscenza del territorio sul quale operate alacremente ogni giorno. E ancora: mi rivolgo a Voi non solo nella veste di appassionata golfista trentennale o di giornalista del settore, ma anche e soprattutto in quella di amica sincera dei Presidenti dei club di Colline del Gavi e di Saturnia, due imprenditori importanti che al proprio amore per il golf hanno dedicato così tanto tempo e denaro. Immagino che tutti Voi siate a conoscenza dei terribili eventi che recentemente hanno colpito entrambi questi circoli: due alluvioni improvvise e inaspettate hanno devastato i percorsi e oggi, conti alla mano, i danni che scaturiti stanno mettendo in serio dubbio la stessa sopravvivenza dei club. Ora: io vivo a Genova, dove, poco tempo fa, un’altra esondazione ha nuovamente martoriato la città e i suoi abitanti. Se c’è una lezione che ho potuto trarre in mezzo al fango che aveva divorato le strade del centro e che ho spalato insieme a migliaia di altri volontari, è che, quando vogliamo, sappiamo e possiamo trasformare la paura in coraggio e le parole in fatti. L’esperienza che ho maturato nelle ultime ore mi porta dunque a credere che siamo di fronte a un altro di quei momenti in cui possiamo dare il meglio di noi stessi, se solo lo desideriamo: Colline del Gavi e Saturnia hanno bisogno del nostro sostegno, non solo per la sopravvivenza dei propri percorsi, ma anche e soprattutto per permettere loro di continuare a garantire decine di posti di lavoro. E oggi, perdonatemi, quando si affronta il tema del lavoro, dobbiamo farlo tutti con l’animo il più sensibile possibile. Cari Presidenti, ho un’idea da sottoporVi, forse banale, forse irrealizzabile, ma credo anche che, come sosteneva Goethe, le idee siano come le pedine degli scacchi: possono essere sì mangiate immediatamente, ma possono anche dare avvio a un gioco vincente. Mi domandavo, dunque, e di conseguenza Vi domando, se, nel tentativo di fornire un aiuto concreto ai due club alluvionati, non sia possibile concordare un sabato o una domenica (entro metà novembre) in cui, in tutti
i sodalizi che desiderino aderire all’iniziativa, il ricavato derivante dalla semplice iscrizione alla gara di ogni partecipante possa essere stornato su un conto corrente appositamente aperto e dedicato esclusivamente a Saturnia e a Colline del Gavi. Toccherà a Voi tutti e ai due Presidenti dei club interessati gestire l’intero aspetto economico della proposta che Vi ho appena illustrato; cionondimeno sono dell’opinione che dovreste valutare se nominare un garante per l’amministrazione del suddetto conto corrente, che al termine dell’iniziativa Vi presenti un rendiconto dettagliato da rendere pubblico. Allo stesso tempo, non Vi nascondo che in questo contesto ciò che mi sta maggiormente a cuore è fornirVi un piccolo spunto in cui magari la Vostra esperienza e lungimiranza possano trovare l’abbrivio per un eventuale beau geste certamente non scontato. Con ogni probabilità la realizzazione di quest’idea sarebbe un minuscolo salvagente in mezzo al mare del disastro, ma tuttavia credo anche che si rivelerebbe una mossa assai apprezzata e con un grande ritorno di immagine per tutto il movimento del golf italiano. Sperando di esserVi stata di aiuto o comunque di averVi anche solo incuriosito, colgo l’occasione per porgerVi i miei più calorosi saluti. Isabella Calogero
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➤ Certificazione Golf Environmental Organization St Andrews e R&A per un golf sempre più verde
Durante la presentazione della nuovissima Mercedes-Benz S500 plus-in hybrid, abbiamo incontrato due fra i massimi esponenti del golf ecocompatibile. Negli scorsi giorni Mercedes-Benz ha presentato alla stampa europea il suo nuovo gioiello al top della gamma e ad altissima ecocompatibilità. Stiamo parlando della magnifica S500 plug-in hybrid, auto di lusso con motori termico ed elettrico, in grado di percorrere 100 chilometri con 2,8 litri di carburante e con un’emissione di soli 65 g/km di anidride carbonica, eccezionale per una vettura di queste dimensioni. Durante l’incontro/test, che si è svolto a Copenhagen, abbiamo incontrato due fra i maggiori esperti mondiali di golf ecosostenibile e di manutenzione dei campi: Gordon Moir è il Director of Green-
keeping del St Andrews Links Trust, cioè la società che gestisce i sette campi della “casa del golf” in Scozia, mentre Philip Russell è il responsabile dell’area ecologica al Royal and Ancient GC, il più famoso circolo di golf del mondo. Il prossimo luglio l’Open Championship, come succede in tutti gli anni che finiscono con “0” e “5”, torna a disputarsi sull’Old Course di St Andrews, dove Mercedes-Benz sarà come di consueto l’auto ufficiale del torneo. Molti lavori sono in evoluzione da tempo sul percorso più famoso del mondo, che con le nuove attrezzature e in mancanza di vento (cosa che in piena estate non è insolita) rischia di essere troppo “facile” per i campioni del golf mondiale. Così, non potendo ancora allungare il percorso, che fra l’altro ri-
schierebbe di venir snaturato, sono intervenuti numerosi spostamenti di bunker, che dovrebbero di nuovo tornare in gioco nella prossima edizione dell’Open Championship. In uno dei prossimi numeri di Golf & Turismo parleremo in dettaglio di questi interventi. A differenza di grandi campi ad altre latitudini, nella stagione dell’Open l’Old Course – come ci ha confessato Gordon Moir - non vengono effettuate manutenzioni particolari. La fortuna è quella di avere un ambiente naturale perfetto per mantenere in efficienza ideale un links, anche se di recente molti passi sono stati compiuti per ridurre ulteriormente qualunque intervento da parte dell’uomo. St Andrews Links – ci ha ricordato Philip Russell - è stato il primo gruppo che gestisce un percorso inserito nella Rota dell’Open a ottenere la certificazione GEO (Golf Environmental Organization), la più importante e rappresentativa nel nostro settore, che garantisce l’assoluta ecocompatibilità dei percorsi e del lavoro per mantenerli. In Gran Bretagna sono attualmente 25 i campi certificati GEO e negli scorsi mesi all’Old Course si sono aggiunti anche Carnoustie, Troon e Turnberry fra quelli che a rotazione ospitano l’Open (da notare, tutti in Scozia). All’appello ora mancano ancora Muirfield (Scozia) e Birkdale, Liverpool, Lytham & St Annes e St Georges (Inghilterra). Ricordiamo in questa occasione che l’Italia può vantare cinque percorsi certificati Geo. I primi sono stati La Pinetina e Udine, seguiti da Montecchia e proprio di recente da Is Arenas e Terme di Saturnia.
➤ Ultime dal Brasile Proteste olimpiche Terminate le proteste che hanno accompagnato l’avvicinamento ai Mondiali del 2014 in Brasile, prendono vigore quelle verso le Olimpiadi del 2016, edizione che tornerà ad ospitare il golf. Siccome Rio ha solamente due percorsi reputati inadeguati, l’amministrazione ha deciso di costruire un nuovo 18 buche. Il terreno scelto, fanno però sapere gli ecologisti, è in parte quello di un’area sotto tutela ambientale che si trova a ovest della città, nella laguna di Marapendi, a Barra da Tijuca. Oggi ospita diversi animali tra cui caimani, capibara e diverse specie di uccelli. Il progetto del campo, che è già stato realizzato al 60 per cento con una spesa pari a 27 milioni di dollari, è stato possibile grazie alla modifica delle norme di tutela ambientale da parte del comune. La procura della città, che inizialmente si era opposta, ha poi accettato la costruzione, imponendo però il rispetto dell’area protetta: questo toglierebbe al campo alcune buche, rendendolo inservibile per competizione internazionale. Ecco perché il giudice competente ha chiesto nuovi piani nel più breve tempo possibile.
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➤ Storie da record Diventare scratch in un anno Una delle prossime edizioni del libro del Guinness World of Records, ospiterà il nome di Chris Adam. Che cosa ha fatto? È la persona che ha completato il maggior numero di giri di golf in un anno. Ne ha compiuti ben 850, con una media di 2,23 al giorno (o se preferite 40 buche), senza mai fermarsi per più di due giorni di seguito. “Guardandomi indietro posso dire che sia stata una delle cose più folli che ho fatto nella mia vita ma sono così, quando mi metto in testa una cosa devo realizzarla”. Nativo del Canada e trasferitosi tre anni fa a Maui dove ha un chiosco di gelati con la moglie Diana, inizialmente si era posto l’obiettivo di arrivare a 611 giri, per superare il precedente primato. Poi, raggiunto il risultato a settembre, ha incrementato il totale di oltre 200. Il 46enne canadese ha iniziato l’impresa con un handicap a doppia cifra arrivando alla fine a 0,7. Ha girato in un range da 66 a 86 colpi e quello più memorabile è stato un albatross (doppio eagle) realizzato da 255 yards (circa 230 metri). “Il momento più bello però è stato quando ho fatto un intero giro con mia moglie che non gioca a golf e quello più brutto l’ultimo, poiché mi ha dato un gran senso di vuoto”. Dopo aver terminato l’impresa però Adam ha continuato a giocare e il suo handicap è sceso a +0,3 portandolo a porsi un altro obiettivo: “La cosa più entusiasmante è stata vedere come migliora il livello di gioco e così ho deciso che non mi fermerò sino a quando arriverò a +5”. Qualcuno vuole sfidarlo?
➤ Il golf all’università Un nuovo campo pratica a Roma All’interno dei giardini dell’Orto Botanico dell’Università di Roma Tor Vergata è stato inaugurato inaugurato il campo pratica Garden Golf University. Il progetto è frutto della collaborazione dell’Università, del Dipartimento di Biologia con il supporto della S.S.D. Amoroma e l’interazione con il Corso di Laurea in Scienze Motorie. Il campo pratica, oltre a caratterizzarsi per l’impianto d’illuminazione che consente di esercitarsi anche in ore serali, offre una scuola golf. Con 70 postazioni, delle quali 10 coperte, e 9 buche di pitch & putt i cittadini romani avranno così un’ulteriore opportunità per avvicinarsi al golf. Il posizionamento all’interno di un municipio ad alta densità demografica, associato all’elevato numero di studenti universitari che frequentano l’Università di Roma Tor Vergata, fanno del Garden Golf University un polo dalle grandi potenzialità ricettive per l’avvicinamento al golf di tutte le fasce di età. Il progetto prevede anche la costituzione di un centro scientifico con studi e ricerche accademiche dedicate al golf e a tutte le specie arboree presenti sul campo da golf. Per maggiori informazioni www.gardengolfuniversity.it
➤ Ricorrenze Le 18 buche compiono 250 anni Il giro da 18 buche, che identifica il classico campo da golf, nacque nel lontano ottobre 1764. La decisione venne presa dalla Society of St Andrews Golfers, che sarebbe diventata The Royal and Ancient Golf Club 70 anni dopo, nel 1834. Il 3 ottobre dodici giocatori si erano scontrati nel Challenge per conquistare il Silver Club e il nuovo capitano era William St Clair of Roslyn. Il giorno successivo, 4 ottobre, si riunirono per decidere di ridurre a 18 le buche dell’Old Course, che fino ad allora erano 22. In quella data, il percorso più famoso del mondo divenne anche il primo con 18 buche. Questo numero venne poi confermato nella revisione delle Rules of Golf del Royal and Ancient Golf Club nel 1842 con una semplice formula: “Un giro del Links, o 18 buche, viene considerato un match, a meno che non si decida altrimenti.”
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✉ Cambio alla
direzione di Valdichiana
Andrea Guerrini è il nuovo direttore del Golf Club Valdichiana. Il manager senese ha esperienza in svariati ambiti che ben si adattano al mondo del golf: dalla ristorazione alla nautica, dall’organizzazione di eventi alla gestione delle risorse umane e il presidente del circolo Marco Iannucci ha deciso di affidargli il delicato incarico dopo averlo visto all’opera come lui stesso racconta: “Ho avuto modo di conoscere Guerrini molto tempo fa apprezzandone le indubbie doti. Oggi la gestione di un circolo spazia a 360° necessitando una conduzione manageriale: capire e risolvere i problemi, dare risposte immediate, fare scelte importanti, organizzazione del cartellone sportivo, conoscenza delle regole del golf, manutenzione del campo, marketing, gestione e conduzione amministrativa, richiedono una figura qualificata come quella del nostro nuovo direttore”.
✉ Impianto d’irrigazione per Cervia
L’Adriatic Golf Club Cervia, unico circolo 27 buche dell’Emilia Romagna e fiore all’occhiello di Milano Marittima, interverrà sull’impianto d’irrigazione delle 18 buche originarie, che è diventato obsoleto e usurato dal tempo. Per intervenire il circolo ha previsto una spesa di 900 mila euro che, aggiunta a un mutuo già in essere, porterà l’importo complessivo necessario a 1.400.000 euro. Il nuovo finanziamento sarà accollato totalmente alla ASD che gestisce l’impianto senza scopo di lucro grazie alla fidejussione del Comune, che è già garante del mutuo in corso. Con questo intervento, dopo la conversione delle essenze erbose degli ultimi anni, il circolo continuerà senza rischi la propria attività mantenendo invariato l’alto livello del campo, uno dei punti di riferimento del golf nel nostro Paese.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Impulso al turismo Bis a Oristano Il Golf Is Arenas è uno splendido percorso che però soffre di solitudine e così fatica a far decollare il numero dei turisti e giocatori. Una bella novità arriva però dal consiglio comunale di Oristano che ha approvato quasi all’unanimità - 15 sì e un no - la variante al piano urbanistico comunale che dà il via libera al progetto della Ivi Petrolifera per la realizzazione di un complesso turistico e di un campo da golf a Torregrande. La zona, sul mare, si trova a una ventina di chilometri da Is Arenas e ora l’oristanese, con due percorsi, può pensare di pianificare un’offerta più completa sul mercato turistico internazionale.
✉ Domenica 12 ottobre un incendio ha danneggiato il golf club “Le Fonti”, noto circolo dell’Emilia Romagna. Per un probabile cortocircuito a prendere fuoco è stato l’edificio che sorge a fianco della direzione. Nel locale era sistemata l’attrezzatura di una buona parte di soci del club. Oltre alle sacche sono stati i materiali elettrici a incendiarsi e le fiamme si sono velocemente propagate all’interno dello stabile.
✉ Novità nel settore golf resort: il Gruppo NH Hotels ha raggiunto un accordo con i fondi di private equity Cerberus e Orion Capital per la vendita del 97 per cento di Sotogrande S.A. per un valore di 225 milioni di euro, che l’azienda userà per finanziare la realizzazione del proprio piano strategico. Dall’accordo sono esclusi gli asset internazionali di NH Hotel (Sotocaribe in Messico, Sotogrande a Cap Cana, nella Repubblica Dominicana, e Donnafugata Golf Resort & SPA in Sicilia).
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➤ L’ennesima incompiuta all’italiana Simeri, il golf mai finito In Calabria, a Simeri, da anni esiste il progetto per la creazione di un resort in grado di fare da volano all’intera economia regionale. Per i lavori sono stati stanziati 10 milioni da parte dello stato e 7,8 dalla Regione Calabria (si risale a delibere del 2005). I lavori sarebbero dovuti terminare nel 2010 ed oggi, visto il serio rischio che l’opera rimanga incompiuta se non verrà ultimata entro il 31 marzo 2015, il sindaco Marcello Barberio ha richiesto l’intervento di Matteo Renzi per un provvedimento che inserisca il Simeri Golf nel decreto Sblocca Italia. Inoltre il comune sollecita un intervento della delegazione parlamentare calabrese per spronare la ripresa dei lavori del complesso turistico alberghiero, già finanziato dai vari accodi di programma (ultimo quello del 2009). “Occorre dimostrare in concreto la volontà di perseguire l’interesse vero della Calabria, senza piagnistei ma senza rinunciare allo sviluppo possibile e al sostegno della nostra economia – fanno sapere dal Comune – Gli amministratori locali non possono essere ridotti a esattori delle tasse per conto dello Stato e destinatari delle insoddisfazioni e delle proteste dei cittadini esacerbati dalla crisi epocale, la cui soluzione non è facile intravedere dietro l’angolo. Ognuno faccia la propria parte e finalmente i nostri onorevoli e senatori diano un segnale positivo in direzione della Calabria”.
➤ Svolta storica St Andrews: donne ammesse nel Royal and Ancient!
➤ Primo GEO in Piemonte Un applauso per Le Fronde
Finalmente è caduto un altro muro nel golf. Nello stesso giorno in cui la Scozia, con un fondamentale referendum, ha deciso di restare inserita nel Regno Unito, lo scozzese Royal and Ancient, il più famoso e storico golf club del mondo, ha votato per ammettere le donne fra i suoi soci. L’R&A, fondato nel 1754 a St Andrews, amministra da tempo le regole del golf (in collaborazione con l’USGA americana), gestisce l’Open Championship e lo sviluppo del golf nel mondo (Stati Uniti e Messico esclusi), con particolare attenzione alle nazioni emergenti. Club privato con appartenenti in tutto il pianeta, conta oggi 2.400 soci. I sette percorsi che gestisce tramite St Andrews Links, dall’Old Course al più recente Castle, sono invece tutti pubblici e aperti da molti anni sia a uomini che a donne.
Continuano a crescere i numeri di GEO per questo 2014: dopo la certificazione di Is Arenas e Saturnia, è adesso la volta del Golf Club Le Fronde, in provincia di Torino. Questo importante traguardo rappresenta il coronamento di un lungo percorso all’insegna dell’ecologia, per un circolo che già in passato ha ottenuto due riconoscimenti ambientali “Impegnati nel Verde” da parte della Federgolf, rispettivamente per la categoria Energia nel 2012 e per la categoria Paesaggio nel 2013. Il Golf Club Le Fronde, al quale verrà dedicato un servizio speciale sul prossimo numero di Professione GOLF CLUB, è il primo circolo piemontese ad ottenere la certificazione. Il report dei verificatori GEO e le schede ambientali compilate dal club sono come sempre consultabili sul sito www.golfenvironment.org.
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Luce in fondo
al tunnel Gli accertamenti ai circoli di Villa d’Este e Carimate si sono conclusi in modo favorevole e hanno creato un precedente di grande importanza...
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SENTENZE
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di Isabella Calogero
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opo mesi di nubi minacciose all’orizzonte, finalmente sul fronte fiscale i golf club italiani intravedono le prime, attese schiarite. La storia è arcinota: da tempo molti circoli sono alle prese con i famigerati PVC, che altro non sono che i processi verbali di constatazione redatti dall’Agenzia delle Entrate al termine di una verifica fiscale. In questi documenti sono riportati i fatti, le violazioni contestate e le considerazioni del soggetto posto a verifica, ovvero i golf club. Dopo la verifica fiscale in questione, l’Agenzia delle Entrate, così come accade nel mondo delle società commerciali, procede nel notificare alle segreterie dei circoli l’Avviso di Accertamento ove verifica le maggiori imposte a carico del club e, purtroppo, anche le conseguenti salatissime sanzioni. Ora: in questo cupo scenario in cui, nolenti o volenti, si sono dovuti destreggiare circa una trentina di sodalizi golfistici nostrani, finalmente irrompe una buona notizia. A fine luglio, infatti, la Commissione Tributaria Regionale di Milano ha emesso due sentenze importanti che hanno fatto tirare il classico sospiro di sollievo ai soci di Carimate e Villa d’Este, dove rispettivamente si rischiavano multe fino a tre milioni di euro e 600 mila euro. I Giudici della Commissione hanno infatti accolto gli appelli presentati dai due club contro le due precedenti sentenze negative di primo grado, che inizialmente avevano dato torto ai club e hanno quindi di fatto cancellato i rilievi avanzati dall’Agenzia delle Entrate circa alcune imposte quali Iva, Ires e Irap. Le sentenze stabiliscono che l’esercizio di attività definite ancillari alla pratica del golf, come per esempio il noleggio dei golf cart o dei carrelli elettrici, godono di benefici fiscali in termini di determinazione del reddito e delle basi imponibili. Le stesse agevolazioni, si legge nel testo delle sentenze, possono essere applicate anche se i membri del club sono azionisti
A destra, il Consiglio del Circolo Golf Villa d’Este, con al centro il presidente Walter Ragazzi. Nella foto grande la celebre club house che domina la buca 18 e, a sinistra, il segretario del circolo lariano, Andrea Contigiani
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E FINALMENTE ARRIVÒ IL “GOLF DAY”... Le sentenze della Commissione Tributaria Regionale di Milano dello scorso 30 luglio stabiliscono che: - non esiste l’interposizione fittizia in caso di stessi soci nell’immobiliare e nella società sportiva, visto il diverso ruolo giuridico dei due enti e visto che gli eventuali utili dipendenti dalla locazione dell’immobile vengono acquisiti dai soci dell’associazione non in quanto tali, ma in quanto soci della distinta società proprietaria dell’area e in misura ovviamente proporzionale all’entità della partecipazione societaria; - stabiliscono anche che il campo da golf non appartiene al fondo comune del Circolo e che il canone di locazione
della società immobiliare che affitta il percorso alla società sportiva. “Questa sentenza di Commissione Regionale – racconta Andrea Cortigiani, direttore a Villa d’Este - è molto positiva, soprattutto perché è scritta benissimo e riesce così a chiarire molti lati oscuri. In sostanza, decommercializza l’iscrizione alle gare, il noleggio dei carrelli e dei golf cart, così come i green fee dei tesserati italiani. Per altro, fa anche riferimento a una sentenza europea in cui si ipotizza che anche gli ingressi pagati da giocatori stranieri possano essere ritenuti introiti istituzionali e che dunque possano essere incassati senza il pagamento dell’Iva”. Se dunque l’Agenzia delle Entrate, demolendo punto per punto gli statuti dei golf club, fino a oggi ha sempre tentato di far apparire e, conseguentemente, di trattare i circoli alla stregua di veri e propri esercizi commerciali non esenti da Iva, da fine luglio deve però tenere in conto una sentenza che riconosce ai sodalizi lo status di associazione sportiva dilettantistica anche nel caso in cui esista alle spalle del club un’immobiliare che affitta il campo da gioco. Secondo questa sentenza, insomma, non esisterebbero casi di interposizione fittizia nel mondo del golf nostrano, come invece il fisco italiano è tentato di far credere ai giudici.
costituisce un costo necessario; -riconoscono e applicano la sentenza 495/12 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del dicembre 2013, che stabilisce che il corrispettivo per l’utilizzo del campo è soggetto al regime di esenzione Iva sia se il frequentatore del circolo è un socio dello stesso, sia se è un frequentatore esterno. Secondo la Corte, dunque, sono rilevanti per l’esenzione solo la natura del soggetto che fornisce la prestazione (deve essere senza fini di lucro) e le caratteristiche della prestazione stessa (che deve essere sportiva), ma non la tipologia del soggetto che riceve la prestazione stessa.
“Sfruttando la coincidenza parziale tra i soci della società immobiliare e quelli della sportiva – spiega l’avvocato Michele Tuminelli che ha seguito i casi di Carimate e Villa d’Este - l’Agenzia delle Entrate ha sempre sostenuto che la divisione in due soggetti e il conseguente affitto del percorso fossero architettati al fine di non dotare il club di un patrimonio immobiliare, in quanto, secondo l’articolo 148 comma 8, quest’ultimo dovrebbe essere obbligatoriamente devoluto a terzi in caso di cessazione dell’attività sportiva. Seguendo questa logica perversa, dunque, il fisco ne deduceva che la Sportiva avesse di fatto perduto la propria natura non commerciale, in quanto non rispondeva più ai requisiti minimi di legge. In questo senso si intuisce il perché della richiesta del pagamento dell’Iva”. A oggi, dunque, quello che Tuminelli ha battezzato il “Golf Day”, ovvero il giorno dell’emissione delle due sentenze, ha stabilito in breve due elementi fondamentali: 1) si nega la sussistenza dell’interposizione fittizia in caso di stessi soci nell’immobiliare e nella società sportiva; 2) si riconosce e si applica la sentenza 495/12 della Corte di Giustizia del dicembre 2013, la quale stabilisce che il corrispettivo per l’utilizzo del campo è soggetto al regime di esenzione Iva sia se il frequentatore del circolo è un socio dello stesso, sia se è un frequentatore esterno. Secondo la Corte, dunque, sono rilevanti per l’esenzione
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA LA SENTENZA DELLA CORTE REGIONALE DI TORINO… DI GIUSTIZIA EUROPEA 495/12… ...stabilisce con la sentenza n. 806/24/2014 dello scorso giugno che il semplice richiamo alle risultanze dei questionari sottoposti ai soci, la pratica di attività pubblicitaria e le generali manchevolezze nei lavori assembleari non sono elementi sufficienti a contestare la violazione dei principi di democraticità e di uguaglianza di una associazione e a legittimare il disconoscimento della natura associativa di una asd.
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...stabilisce che il corrispettivo per l’utilizzo del campo è soggetto al regime di esenzione Iva sia se il frequentatore del circolo è un socio, sia se è un esterno. L’esenzione, secondo la recente sentenza, infatti è inerente entrambi i casi poiché si applica l’art. 132, paragrafo 1, lett. m) della direttiva 2006/112/CE relativo alle “operazioni strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fine di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica” che gli Stati membri Ue rendono esenti.
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Qui sopra una veduta aerea di Carimate. In basso, il presidente del circolo brianzolo, Giuseppe Crippa solo la natura del soggetto che fornisce la prestazione (deve essere senza fini di lucro) e le caratteristiche della prestazione stessa (che deve essere sportiva), ma non la tipologia del soggetto che riceve la prestazione stessa. Ma le buone notizie per i circoli di golf non finiscono qui: una terza sentenza, quella emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Torino n. 806/24/14 nel giugno scorso, ribadisce infatti che il semplice richiamo alle risultanze dei questionari sottoposti ai soci, la pratica di attività pubblicitaria e le generali manchevolezze nei lavori assembleari non sono elementi sufficienti a contestare la violazione dei principi di democraticità e di uguaglianza di una associazione e a legittimare il disconoscimento della natura associativa di una asd. In questo caso la lite nasceva da un accertamento operato nei confronti di una società dilettantistica alla quale era stata disconosciuta la natura associativa in ragione del carattere commerciale delle attività, della pubblicità svolta e, persino, sia della differenziazione delle quote versate dai frequentatori in base alla durata del servizio goduto, sia della presunta violazione del principio di democraticità e uguaglianza derivante dall’analisi dei verbali di assemblea da cui non era chiaro il numero preciso e il nominativo dei presenti. Come abbiamo visto, si tratta dunque di una serie di sentenze che, demolendo punto per punto i rilievi sanzionatori più fre-
quenti rivolti ai circoli di golf nostrani, di fatto costituiscono legge ed entrano a far parte di quel database a cui la Federazione sta lavorando ormai dall’inizio dell’anno e che è a disposizione di chi lo richieda o ne abbia bisogno. Ma non solo: entro la fine dell’anno, infatti, la stessa Fig, grazie al sostegno della Banca Popolare di Vicenza, provvederà a far recapitare gratuitamente in tutte le segreterie dei golf club un vademecum sulla corretta amministrazione contabile e fiscale di un circolo sportivo.
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onsiderato uno dei campi di montagna a 18 buche più belli d’Europa, il Golf Club Asiago è nato su un tracciato disegnato dall’architetto Peter Harradine. La ricchezza naturalistica e la piacevolezza del paesaggio rendono indimenticabile l’esperienza di gioco sull’Altopiano di Asiago, il più grande plateau d’Europa. Fondato nel 1967, inizialmente come un percorso a 9 buche, negli ultimi anni è diventato un campo di grande prestigio tanto da ospitare una tappa dell’Alps Tour. Il merito di questa fioritura del circolo lo si deve a Irene Gemmo, figlia del presidente storico del golf club. Assunta la carica nel 2010, la nuova presidentessa ha dato avvio a un progetto di potenziamento che mirava a portare il circolo sulla scena del grande golf nazionale e internazionale. Qual è il punto di forza del vostro club? Prima di tutto la natura circostante, lo scenario che si apre appena scesi dalla macchina e il fatto che è uno dei pochi campi che non ha infrastrutture immobiliari attorno, a parte il nostro hotel. Inoltre, è vicino a centri urbani e alla pianura.
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La neve è la nostra
maschera di bellezza Negli ultimi anni il Golf Club Asiago ha riscosso un crescente successo. Merito dell’elegante albergo con Spa, delle sue splendide 18 buche incastonate nell’Altopiano e della gestione della sua dinamica presidentessa
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In apertura, la vista dall’alto del Golf Club Asiago e Irene Gemmo, presidente del circolo. In questa pagina alcune buche caratteristiche del bel percorso veneto, collocato sul famoso altopiano in provincia di Vicenza A proposito dell’albergo, si tratta di una costruzione recente? Sì, il Meltar Boutique Hotel è stato un grande investimento che in poco tempo è diventato la meta ideale per chi cerca un soggiorno all’insegna dell’immersione nella natura e del benessere psico-fisico, grazie alla Spa e a tutti i servizi offerti. Quali sono stati i suoi interventi più rilevanti? Appena nominata presidente di Asiago ho voluto ampliare la club house in modo da aver maggiore e migliore accoglienza sia per i soci che per i turisti. Il risultato è una splendida “casa” accogliente e confortevole affacciata direttamente sul campo. Subito dopo abbiamo ristrutturato gli spogliatoi ingrandendoli e rendendoli il più possibile efficienti. Cos’ha rappresentato per il circolo il passaggio dalle 9 alle 18 buche? Fu una grande svolta per il Golf Club Asiago e avvenne durante la presidenza di mio padre, Franco Gemmo, che nel 1990 chiamò un architetto di fama internazionale, Peter Harradine, a riprogettare il campo. Da allora il circolo ha conosciuto una popolarità crescente, con un continuo auo-
mento dei giri giocati, arrivando a ospitare competizioni di rilievo internazionale. Il successo più grande ottenuto nei suoi due mandati? Da due anni il Golf Club Asiago è una tappa immancabile dell’Alps Tour. È stato molto importante per noi, per la segreteria, per il campo e per i soci capire come funziona un grande torneo e conoscere tutto il lavoro che c’è dietro. Un’esperienza che ha aumentato il nostro spirito di squadra e di appartenenza al club. Nonostante quello di Asiago sia un campo di montagna, il percorso è sempre in ottime condizioni. Come ci riuscite? Il merito è senza dubbio di Sergio Vellar e di tutto il suo team. Sergio conosce perfettamente la reazione del terreno in tutte le condizioni che si possono presentare, riuscendo a preparare il campo sempre al meglio. È incredibile come, nonostante le grandi nevicate, a giugno i professionisti dell’Alps siano riusciti a giocare su un ottimo campo. Merito anche della neve di Asiago che protegge l’erba dei fairway. È lei la nostra... maschera di bellezza.
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SERIOUS GOLFERS
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Filippo Motta
La Giustizia Sportiva e le Commissioni Sportive
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o più volte scritto, in passato, del mio apprezzamento nei confronti delle norme di Giustizia Sportiva adottate della FIG negli ultimi anni. Ancora di più dopo le ultime modifiche che hanno portato a un differente approccio verso le infrazioni dei “minori” rispetto a quelle degli adulti. Nelle ultime settimane, però, ho preso contezza di alcuni casi – tre in particolare – che mi hanno fatto ripensare al sistema sanzionatorio in atto. Non intendo assolutamente rinnegare il mio pensiero sull’utilità degli organismi federali preposti al trattamento delle infrazioni (trattamento è esatto: chi “ruba” sul campo da golf è affetto da una malattia grave), ma ho doverosamente dovuto fare un salto indietro nel tempo e ripensare a quando le infrazioni stesse venivano gestite all’interno del Circolo da quell’organismo, ormai tendente all’inutilità come cercherò di spiegare nelle prossime righe, che risponde al nome di Commissione Sportiva. Tutto il discorso si basa su due premesse, assolutamente imprescindibili, tali da rendere il mio ragionamento plausibile. 1) La Giustizia Sportiva dovrebbe occuparsi non di TUTTE le infrazioni commesse in gara (ricordo che ogni illecito commesso in una competizione presente sull’annuario FIG è sottoposto a giudizio della Procura Federale) ma solo di quelle molto gravi o quelle in cui l’illecito sia comprovato e commesso con dolo. 2) La Commissione Sportiva ideale dovrebbe essere composta di soci quantomeno esperti, irreprensibili e dotati di assoluta autonomia decisionale (non sottoposti al Consiglio che li ha nominati).
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Dati questi presupposti, e vi ricordo che parliamo di un mondo ipotetico, entriamo nello specifico e consideriamo i casi che mi hanno portato a questo pensiero “eretico”. Il primo è una PRESUNTA “apparizione” di una palla in rough; presunta in quanto l’accusatore non ha visto il colpevole né piazzarla né farla cadere. La palla non si vedeva e poi, prima che il colpevole giocasse, è comparsa ben visibile. L’accusatore non era nel team del colpevole ma su di una buca vicina e non era lontano. I componenti il team del giocatore accusato non hanno riscontrato infrazioni (“non ho visto”).
Siccome le bugie hanno le gambe corte, pur non avendo poi fatto risultati giocando col vecchio hcp locale non abbassato, la vicenda diventa di dominio comune e si valuta un invio degli atti in FIG. Terzo caso, molto meno eclatante: una questione di disturbo tra una partenza e un’altra, ma che finisce con insulti e urla in campo tra soci. Essendo fatto avvenuto in gara, anche qui la soluzione pare essere solo quella dell’invio in Procura Federale anche alla luce di un precedente molto simile. Orbene… i tre casi sono assai diversi fra loro, anche come gravità a mio parere, ma tutti hanno uno sbocco comune verso gli organismi federali di Giustizia
Mettiamoci di fronte a tre differenti esempi che ci permettono di valutare, accanto all’operato degli organismi federali, anche la gestione delle infrazioni più o meno gravi all’interno del Circolo Il secondo caso è molto meno “grave”, almeno potenzialmente, ma si lega alla follia del giocatore italiano che vuole avere un hcp più basso di quello che gli spetti. Questi va a giocare all’estero e, forse vergognandosi di avere un handicap più alto dell’anno precedente, dichiara lo stesso del 2013. Fin qui… problema suo, certamente non sanzionabile. Gioca diverse gare con un hcp più basso, prende delle virgole, poi incappa in un’ottima giornata e viene abbassato. A questo punto torna nel suo Circolo italiano e, forse temendo chissà quale reprimenda per “l’errore” iniziale, non dichiara la discesa di handicap.
che si trova così a valutare situazioni prettamente “locali” con il risultato di appesantire i “processi” in termini numerici e di dover decidere, fatto che considero abbastanza importante, senza conoscere i meccanismi di Circolo e/o i rapporti tra i soci coinvolti. Nasco, come componente prima e Presidente poi di Commissione Sportiva, alla scuola di Giussi Santambrogio, compianto ex Presidente del Comitato Regionale Lombardo della FIG, notaio esperto e uomo di grandissima saggezza. Mi ha insegnato tantissime cose tra cui la capacità, che mi auguro di avere imparato abbastanza, di affrontare di persona, senza paura e senza remore, i colpevoli d’infrazioni sul campo.
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27 Nei loro confronti vigeva, per Giussi, il concetto che una persona, messa davanti alle proprie responsabilità, specie nei casi inconfutabili, non dovesse essere crocefissa ma convinta di avere commesso un errore. Quindi sanzionata, anche pesantemente, se fosse stato il caso. Ma erano tempi, golfisticamente parlando, diversi. Tutto era molto più soft, a cominciare dal numero di giocatori. Con il dialogo, la spiegazione e, contemporaneamente, la fermezza abbiamo risolto molti casi spinosissimi. E credo di non potere essere smentito se dico che i malati furono curati in buona parte. Certo qualche ricaduta abbiamo dovuto accettarla anche noi, ma la vergogna del misfatto portato a conoscenza degli altri soci era spesso sufficiente e agiva come vaccino. In questo mondo idilliaco e un po’ anzianotto, i tre casi di cui sopra avrebbero avuto trattamento simile. Nel primo si sarebbe cercato di capire
cosa fosse successo veramente; cosa fosse stato visto e cosa non. Si sarebbero considerati i rapporti “sociali” tra le due parti (può anche succedere che tra i due esista antipatia a prescindere, cosa secondo me da valutare). Forse si sarebbe giunti a qualche ripensamento, tra i coinvolti, che avrebbe facilitato una decisione. Ma forse no e a quel punto, essendo comunque l’infrazione di tipo grave, anche noi avremmo chiesto l’aiuto della Procura Federale. Il secondo caso, l’hcp flessibile, sarebbe certamente stato risolto localmente. Il socio sarebbe stato chiuso in una stanza e, sempre con grande sensibilità ed educazione, gli avremmo spiegato che il suo era un comportamento due volte sciocco. E un po’ infantile! Nel terzo episodio, poi, credo chiunque dovrebbe agire senza l’aiuto della FIG. Perché, nel peggiore dei casi, si tratta solo di maleducazione. Un’attuale Commissione Sportiva, pe-
rò, non può più pensare di agire in questo modo. E non può che rivolgersi a un organismo decisionale superiore. Così come non ha praticamente più potere sui calendari gare, decisi dagli sponsor in grande maggioranza, o sulla preparazione del campo e la formula di gara, dove ancora gli sponsor dettano legge. Le valutazioni degli hcp, poi, sono ormai legate all’EGA Hcp System, togliendo anche qui qualsiasi discrezionalità alla inutile CS. Non è forse, dunque, il caso di abolirle o, al massimo, avere solo un solo socio referente per i rapporti sportivi con la Segreteria? Un Captain di tipo inglese anche senza i poteri che quest’ultimo ha nei paesi anglosassoni? Qui, però, mi fermo. Sperando di avere qualcuno che condivida il mio pensiero e di non essere bollato a vita come “golfista eretico”. Soprattutto spero di sfuggire alle fiamme dell’inquisizione!
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Quale deve essere il ruolo dei professionisti all’interno dei golf club? Abbiamo intervistato numerosi addetti ai lavori con mansioni diverse all’interno dei Circoli e abbiamo scoperto che, ancora una volta, l’Italia si comporta in modo diverso dalla maggior parte degli altri Paesi golfisticamente evoluti...
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Insegnanti o manager?
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30 Ma i maestri italiani hanno qualità e capacità adatte? “Le risorse non mancano, ma come in tutte le professioni c’è chi è in grado di fare una cosa e chi non lo è. Oggi la scuola della Federazione forma soprattutto il maestro professionista insegnante e se vogliamo il punto dolente sta proprio qui. Nel 1981, quando per la prima volta andai alla scuola nazionale italiana di golf, incontrai Tom Linskey, una persona che ha rappresentato molto per me. Linskey venne in Italia con l’obiettivo di creare da noi uno stile di gestione del Circolo di golf già in uso in molte parti del mondo. Lui vedeva il maestro come un vero e proprio general manager, un professionista che doveva dirigere il circolo, gestire il tabellone gare, tenere unito l’ambiente. Sotto questa figura dovevano poi agire gli assistenti-maestri chiamati a prendersi cura del pro-shop, del campo pratica e di tante altre attività del circolo”.
Costantino Rocca, presidente della PGAI di Maurizio Bucarelli
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emplice maestro di golf, chiuso nel suo “gabbiotto” a dare lezioni, o maestro di golf con mansioni anche manageriali? In Italia il tema è molto dibattuto e non sono pochi quelli che portano ad esempio altre nazioni dove spesso il professionista riveste anche una funzione di direttore di circolo. Partendo però dal presupposto che il manager sportivo si occupa della pianificazione e gestione di progetti e attività con una particolare attenzione agli aspetti organizzativi, giuridici e amministrativi (pianifica, organizza, gestisce e verifica l’attuazione di piani e progetti sulla base di vincoli dati dalla disponibilità di risorse), c’è da chiedersi se il maestro di golf italiano sia veramente in grado di fare tutto ciò.
Costantino Rocca Davanti a questo interrogativo abbiamo provato a fare un sondaggio partendo dal vertice, vale a dire dalla PGAI, l’Associazione che raggruppa la maggior parte dei professionisti italiani. Pur con tutti i distinguo del caso, Costantino Rocca, presidente della PGAI e grande campione di golf, dice che vedrebbe il maestro “più coinvolto e più responsabilizzato nelle varie attività del club, diciamo quel tipo di professionista molto in voga negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Australia dove ci sono molti maestri che fungono anche da direttore di circolo”.
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Parliamo del 1981, 33 anni fa: se l’evoluzione del golf era questa, non crede si sia perso troppo tempo? “Parlo come presidente della PGAI e dico che in questi anni, purtroppo, non siamo andati avanti con un progetto serio. È vero che nella nostra Associazione ci sono stati momenti critici e di stallo, ma è anche vero che la Federazione non ci ha mai coinvolto in nessun tipo di progetto. Per quanto ci riguarda non è facile far sentire la nostra voce se su 600 associati ne hai solo 100 che vivono la vita dell’Associazione”. Solitamente si dice che il treno passa una sola volta: è così anche nel vostro caso? “Anni fa abbiamo perso il treno anche per colpa della struttura che si è dato il golf italiano, ma ora non vedo perché non si possa recuperare il tempo perduto. Certo, bisogna credere in un progetto, migliorarlo e portarlo avanti con una certa unità d’intenti e non guardando solo nel proprio orticello. Ci sono spazi? Bisogna parlare con i Circoli e la Federazione, poi ci vuole una vera scuola per insegnare come si diventa professionisti e al tempo stesso anche manager, ma per fare questo non basta certo rimanere tre mesi a Roma”. Progetto ambizioso, ma resta il fatto che oggi anche il maestro vive la crisi del golf. “Tutto vero, ma ogni tanto bisognerebbe anche fare un esame di coscienza. La situazione è difficile per tutti e le lezioni sono diminuite: piangersi addosso non serve e un maestro deve darsi da fare iniziando a migliorare la sua presenza all’interno del circolo”.
Giuseppe Nava Il “Circolo”, parola chiave per l’attività di un maestro. A tale proposito abbiamo sentito Giuseppe Nava, 58 anni, direttore di Carimate e vincitore della “Pallina d’Oro 2014”, premio istituito dall’AIGG (Associazione Italiana Giornalisti Golfisti). “Il ruolo di un maestro nel Circolo? Diciamo che oggi è la persona che gestisce il campo pratica e ha un feeling particolare con il socio, un po’ come il medico nei confronti del malato. A volte il neofita fa fatica a capire i meccanismi del golf e per andare avanti deve avere gran-
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de fiducia nel suo insegnante: a questo punto il maestro bravo ottiene risultati e diventa il punto di forza del Circolo”. Maestro manager o solo maestro? “Un maestro dovrebbe essere innanzitutto manager di se stesso. Stiamo attraversando un periodo difficile e trovare nuovi soci non è facile, quindi la promozione è fondamentale e in questo caso il maestro ha un ruolo determinante. Trovare nuovi soci è difficile, perderli è facilissimo, quindi il professionista deve essere in grado di gestire un 36 di handicap così come un dieci; deve essere capace d’impostare un ragazzo e allo stesso tempo anche una persona di 50 anni che si avvicina per la prima volta. Ci sono maestri in grado di fare questo? Non tanti, ma ci sono”.
Angelo Cori Nessuno mette in discussione l’importanza del maestro all’interno del Circolo, ma da qui a pensare di mettergli in mano le chiavi del Club ce ne passa. Lo pensa anche Angelo Cori, segretario dello storico Golf Roma Acquasanta, che parte da un punto fermo: “Il maestro è un’istituzione del circolo, una figura importante perché è la persona che deve gestire il primo approccio con il neofita, il quale a sua volta deve capire la filosofia del gioco, le regole, come stare in campo”. Quindi maestro e non manager? “Oggi è importante che un professionista sia un buon maestro capace di insegnare. A lui il compito di andare in campo pratica senza perdere di vista il suo lavoro: se si dovesse occupare di altro rischierebbe di diventare meno professionale. Un maestro può essere sicuramente utile per il pro-shop, ma per quanto riguarda la figura del direttore o del segretario è un discorso diverso. Non dimentichiamo che per i direttori e i segretari esistono appositi corsi, ma questo non vuole dire che la categoria debba essere separata dai maestri, anzi, sarebbe auspicabile
Giuseppe Nava, direttore di Carimate che le due componenti si integrassero. Un maestro consulente con un suo staff potrebbe essere un’idea, ma oggi come oggi mi accontenterei che il maestro facesse bene il suo lavoro. Sarebbe già un bel risultato, soprattutto per i giovani. In ogni caso se la domanda è: un professionista può dirigere un circolo di golf? Io le rispondo di no”.
Fabrizio Pagliettini Direttore del Golf Rapallo e presidente dell’Associazione Tecnici di Golf, sottolinea che “l’argomento è importante, delicato e molto dibattuto. Per anni la figura del maestro era rappresentata da colui che dava la disponibilità per l’insegnamento. Ti aspettava nel suo gabbiotto e praticamente viveva lì. Con il passare del tempo, poi, qualcosa è cambiato cosi come è cambiata la formazione del giocatore: la variante più importante è che oggi il professionista è diventato, o meglio dovrebbe essere, il veicolo più importante per il circolo. Il maestro deve uscire dal club, andare nelle scuole, parlare con le istituzioni, gli hotel interessati al turismo legato al golf e via dicendo”.
Fabrizio Pagliettini, direttore di Rapallo e presidente AITG
Allora lei sposa la tesi del maestro manager? “Sì, ma non in contrapposizione agli altri ruoli di segretario o direttore: a mio avviso sarebbe utile avere un team affiatato che lavori per il raggiungimento dello stesso obiettivo. Questa idea la sto portando avanti nel mio circolo: dobbiamo aprire le nostre porte e presentare alla gente uno staff all’altezza capa-
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Insegnanti o manager?
INSEGNARE AL PASSO CON I TEMPI DI DONATO DI PONZIANO - PRESIDENTE PGA OF EUROPE E DIRETTORE TECNICO DEL ROYAL PARK PERFORMANCE CENTER
In questa fase di profondi cambiamenti che il mercato golfistico sta vivendo, un po’ causati dalla grave crisi economica di cui soffriamo ed un po’ da un cambiamento di abitudini del golfista, che necessariamente si allinea con le nuove tendenze e forzature della vita quotidiana, una figura importante come il professionista insegnante deve trovare un modo di ricollocarsi rispetto alla clientela. È inutile dire che esiste la necessità di impegnarsi maggiormente nella promozione del gioco, rendendo il percorso di apprendimento dell’allievo più veloce e maggiormente improntato al divertimento. D’altronde quale altro obiettivo può avere un golfista dilettante se non quello di divertirsi? A questo punto diventa basilare che un principiante conosca al più presto le soddisfazioni che possono derivare dalla pratica del gioco sul campo. Va bene la cura della tecnica, ma è anche importante provare al più presto l’ebbrezza di mandare la palla in buca nel minor numero di colpi possibili. Già il fatto di poter apprezzare qualche colpo azzeccato, qualche putt che si infila in buca, significa dar spazio alla capacità del gioco di conquistare e regalare momenti da ripetere.
ce di mettersi in gioco. È difficile trovare un nuovo socio, quindi è fondamentale tenerselo stretto arrivando anche a stravolgere una certa filosofia che per anni ha tenuto banco tra i maestri. Quando parlo al mio staff faccio sempre questo esempio: se uno vuole iniziare a giocare a calcio non lo tengo un mese chiuso nello spogliatoio ad insegnarli tattica. Morale: va bene la lezione, ma il golfista deve annusare l’erba in fretta, ovviamente dopo avere imparato le basi e come ci si comporta su un campo”. Secondo lei oggi un maestro tiene troppo “incatenato” il suo allievo? “Guardi, la mia non è una polemica, ci mancherebbe, ma esiste un dato di fatto: per il maestri ci sono sempre meno lezio-
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Esiste poi la necessità di soddisfare la curiosità di chi desidera migliorare lo swing attraverso l’utilizzo dei moderni strumenti per l’analisi dello swing stesso. Oggi è il momento del Trackman, un radar in grado di calcolare una serie di dati relativi al percorso della testa del bastone, della sua velocità, del punto di contatto con la palla, della direzione del suo volo ed altro. Ieri è toccato al computer con cui si potevano sovrapporre le immagini dello swing dei campioni con quelle dell’allievo e l’altro ieri è stato il turno della telecamera. Tutti strumenti validi se utilizzati nella maniera giusta. Intendiamoci, nessuno di questi ha la capacità di rappresentare la chiave per imparare lo swing che, per riprodursi correttamente e con continuità, deve necessariamente possedere le caratteristiche individuali di chi lo esegue. Bisogna considerare che soprattutto l’avvento di internet e la diffusione del golf a livello televisivo, ha permesso all’informazione tecnica di raggiungere più velocemente il golfista. Di questo l’insegnante deve oggi tenere conto e dimostrare la sua capacità di stare al passo con i tempi e gli strumenti moderni che agevolano la comprensione dello swing. Rimane poi la necessità di organizzare il lavoro in maniera da proporre agli allievi qualche breve vacanza durante l’anno, all’insegna del golf e del miglioramento del gioco. Le clinic di una settimana o più hanno lasciato il posto a soggiorni più brevi e quindi in località che sorgono ad una distanza raggiungibile al massimo con 4/5 ore di viaggio. Il futuro ha anche il significato di proposte che comprendono golf, relax e magari un motivo di studio (inglese, quick reading, marketing, ecc). Allineare le proprie risposte professionali alle esigenze del mercato golfistico, avrà anche il significato di un golf che si può apprendere e giocare più velocemente. Sarà nostro compito gestire il tutto senza che venga cambiata l’anima del gioco ma senza esasperare, come spesso accaduto in passato, le difficoltà di accedere al gioco con regole e imposizioni contrarie alla sua diffusione.
ni a disposizione e quelle poche vanno fatte bene; detto questo bisogna poi inventarsi qualcosa di alternativo, provare a battere altre strade”. Un maestro che va a Roma per imparare la sua professione perché non viene aiutato anche con un corso manageriale? “Potrebbe essere un’idea, ma in tutti i progetti ci vuole chiarezza. Sotto questo aspetto l’Associazione Tecnici di Golf ha già avviato diversi discorsi con i presidenti di circolo e la PGAI e se si dovesse trovare un buon punto d’incontro sono sicuro che tutto il mondo del golf ne trarrebbe grandi benefici”.
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Insegnanti o manager? Ivano Serrantoni
Nicola Zappa
E i presidenti di Circolo cosa ne pensano su questo argomento? Ivano Serrantoni, numero uno del Golf Club Le Fonti di Castel San Pietro (Bologna), ha una certezza: “L’era dei maestri con lo shaft piegato, perché si appoggiavano per non fare fatica, è finita. Oggi la professione del maestro non è più come una volta, è più faticosa. Il maestro di oggi o cambia mentalità oppure non ha futuro. Il professionista del circolo deve essere un motivatore, l’uomo cardine del club, a volte anche uno psicologo. Nel mio circolo esistono motivazioni e i risultati si vedono tanto è vero che in questi ultimi anni abbiamo “creato” oltre 4mila giocatori”.
Nicola Zappa, professionista al Golf Milano, è uno dei fondatori della “Golf School Zappa” e da buon maestro spezza una lancia a favore della sua categoria. “Il maestro – dice - è fondamentale non solo per le lezioni, ma deve essere un punto di riferimento anche per le tante attività all’interno del circolo: dal pro-shop, alle gare, ai viaggi organizzati, alle clinic e a tutte le attività collegate. Il Golf Milano dà molta importanza al suo professionista, tanto è vero che tutti i maestri pranzano, ospiti del circolo, nella sala ristorante e questo è un modo per essere sempre a contatto con i soci”.
Nel suo circolo lo vedrebbe un maestro con funzioni di direttore? “All’estero succede, ma in Italia non può funzionare. I maestri hanno mentalità diverse, non sono uniformi nel loro modo di essere e rispetto ad altre realtà straniere c’è da dire che da noi anche la tipologia del circolo è diversa, ad iniziare dalla gestione della struttura. Da noi il manager deve essere capace di vendere il prodotto e ha una conoscenza dei bilanci. Guardi, il maestro ha una funzione importante, quindi faccia il suo e lo faccia bene tenendo presente che non esistono altri posti come il golf dove si può avere un posto per lavorare senza pagare l’affitto e al tempo stesso trovarsi in casa i clienti”.
Quindi lei è dell’avviso che un maestro di circolo deve essere qualcosa in più di un insegnante di golf? “Il maestro deve essere un collante con i soci, ma purtroppo in Italia siamo molto indietro: all’estero nove volte su dieci il direttore del circolo è un professionista”.
Laura Mantegazza Non è direttore, ma al Golf Castello Tolcinasco la 47enne professionista milanese si è ritagliata un ruolo che va oltre l’insegnamento. “A Tolcinasco – dice l’allenatrice Federale per i brevetti giovanili e nazionali -,vivo una situazione particolare e molto bella: sono la responsabile del Club dei Giovani e gestisco direttamente tutta l’attività giovanile che fa riferimento alla ‘S-win-g and golf’. Resta inteso che i ragazzi sono patrimonio del circolo, ma io mi adopero a trovare sponsor e a organizzare tutta l’attività e il bello è che quando sono in difficoltà e ho bisogno il circolo mi appoggia e mi aiuta”. Forte di un master in Golf Management, Laura Mantegazza ha recentemente vissuto un’altra esperienza a livello organizzativo mettendo in cantiere la Pro-Am dedicata a Giorgio Bordoni, grande professionista dell’insegnamento prematuramente scomparso lo scorso anno: “È stata un’esperienza importante e al tempo stessa faticosa, però, mi ha aiutato molto a capire certe dinamiche”. Dall’alto della sua esperienza secondo lei il maestro di golf può fare anche il direttore di circolo? “Io mi limito a guardare in faccia alla realtà: oggi la Federazione ‘crea’ un professionista per insegnare e non per fare il manager. Sempre la Federazione promuove corsi per direttori e segretari di Circolo a cui tutti posso partecipare. Detto questo, se un professionista vuole allargare i suoi orizzonti è liberissimo di farlo, ma non mi chieda se è in grado di dirigere un circolo perché una risposta non esiste nemmeno sulla carta”.
Laura Mantegazza, responsabile della scuola per giovani e giovanissimi a Castello Tolcinasco
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Domanda finale: ma allora, per un maestro di golf fare il direttore di circolo è solo un sogno? La risposta ce l’ha data anni fa lo scrittore e poeta francese Paul Valéry: “Il modo migliore per realizzare un sogno è quello di svegliarsi”.
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Imparare divertendosi di Andrea Ronchi
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NAG è un sistema di apprendimento e di allenamento ideato per piccoli neofiti. Quanto piccoli? A partire da 4 anni in poi. Il sistema permette di imparare grazie ai divertenti skill ma anche di lanciarsi in epiche sfide per colo che già sanno giocare. Il sistema combina importanti elementi quali il pitch, il chip e il putt. I bastoni sono disegnati appositamente con grip speciali, le palline sono morbide e assomigliano a quelle da
tennis e i target consentono di focalizzarsi sugli obiettivi ai quali le palline rimangono attaccate grazie al sistema di velcro. Potendo sfruttare queste doti dell’attrezzatura, l’apprendimento diventa semplice e coinvolgente. Gli elementi che stanno determinando il successo nell’insegnamento ai bambini con SNAG sono: - i colori e la giocabilità che ispirano il concetto di divertimento - il semplice apprendimento dei fondamentali di una tecnica perfetta - la versatilità e la varietà di pratica e gio-
chi che si possono inventare - l’equipaggiamento appositamente studiato per i bambini - la possibilità di giocare in qualsiasi luogo, in giardino, al parco, sulla spiaggia o sulla neve ma anche tra le mura domestiche - la possibilità di far conoscere il golf ai bambini anche a scuola o addirittura all’asilo Il sistema SNAG è stato raccomandato anche dagli istruttori della PGA europea e ha vinto il New Golf Award 2012 al CMT di Stoccarda in occasione dei Golf Europe Award 2012. Info: www.snaggolf.de
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Giocando con la sabbia
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Ostacolo golfistico per eccellenza, le “sand trap” nacquero in maniera del tutto naturale negli angoli dove i greggi di pecore si rintanavano per difendersi dal vento sui campi di Scozia. Dopo aver brucato tutta l’erba fino alla redice restava solo uno strato di terra... Oggi le cose sono molto diverse e richiedono studi e disegni approfonditi in fase di progettazione prima di passare all’esecuzione sul percorso di gioco
Nella foto, il bunker più famoso del mondo che difende il green della “Road Hole”, la buca 17 dell’Old Course di St Andrews
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di Roberto Piras
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l bunker è un ostacolo parte del percorso, come tale deve essere accettato dal giocatore qualsiasi sia la forma, la posizione e la difficoltà. La presenza degli ostacoli è ciò che rende interessante il gioco, il Dr. Allister Mackenzie nel 1920 nel suo Golf Architecture scrisse “no hazard is unfair wherever is placed” (nessun ostacolo è iniquoi dovunque sia piazzato) e a proposito dei bunker “few, placed in interesting position” (pochi, piazzati in posizione interessante) in contrapposizione alle centinaia di bunker presenti nei links. A. Bauer nel 1913 scrisse il libro “Hazards, the essential elements of a Golf Course” nel quale definisce la presenza degli ostacoli come l’ingrediente che dà la terza dimensione al percorso. Assieme a loro, Donald Ross, A. Thillingast e C.B Mc.Donald definirono i criteri dell’architettura moderna che furono fatti propri e seguiti dai progettisti del periodo e ancora oggi da noi contemporanei. Gli ostacoli danno il senso della sfida, costituiscono la croce e delizia dei giocatori, intimoriscono e talvolta aiutano. I bunker possono essere: strategici per definire il valore dei colpi, di recupero per prevenire danni maggiori, di salvataggio per fermare palle erranti, direzionali per aiutare la scelta della linea di gioco, posizionati solo per fini estetici e ottici o ancora possono essere costituiti da ampie aree incolte dove la casualità della po-
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sizione della palla gioca un ruolo fondamentale. Il disegno, la dimensione e il posizionamento del bunker rispondono chiaramente alle volontà progettuali, l’altezza e le pendenze delle sponde, la dimensione e la visibilità del bersaglio, il tipo di sabbia, la profondità e la forma della superficie sono fattori che il progettista tiene in considerazione nel definire e posizionare gli ostacoli. La stessa scelta della sabbia è determinata da una serie di fattori variabili, in zone ventose si usa una sabbia più pesante che non voli via, in zone piovose si tende a utilizzare sabbia ad alta permeabilità affinchè asciughi velocemente, in bunker con sponde in forte pendenza si usa una sabbia con caratteristiche di compattazione che ne minimizzino il dilavamento. Inoltre anche gli aspetti tecnici valutati dal progettista sulla base della difficoltà e dell’aspetto estetico ne condizionano la scelta. La tipologia della sabbia influenza anche la realizzazione del colpo sia per quanto riguarda il lie, l’attraversamento sulla palla e il controllo; sabbie pure e fini come quelle ad alto contenuto di silicio e sabbie più grosse e con scarsa tendenza al compattamento come quelle caraibiche causano il classico “fried egg” e necessitano un explosion, che con poco spin causa un difficile controllo della palla, sabbie più fini e compattate creano superfici ferme dove la palla non si affossa. Le differenze nel tipo di sabbia e nelle caratteristiche del bunker condizionano sia macchinari utilizzati e il tipo di
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A sinistra la buca 13 “Azalea”, celeberrimo par 5 dell’Augusta National, campo dove ogni anno si disputa il Masters. Qui sopra la 5 del Royal Dornoch, in Scozia, considerato uno dei più bei links del mondo manutenzione prestata. Anche questi fattori condizionano il livello di difficoltà del colpo da eseguire. Bisogna chiaramente fare una distinzione in funzione del livello dei giocatori a cui il percorso si rivolge. Gli aspetti psicologici e le situazioni di gioco assumono un fattore essenziale nella valutazione degli ostacoli. Il giocatore amateur con alto handicap ha fondamentalmente un timore reverenziale nel bunker, vede in sponde alte e lie proibitivi un ostacolo insormontabile che contesta, in prossimità di un green preferisce sicuramente finire in altri tipi di ostacoli quali le zone con erba alta. Nel bunker normalmente preferisce la sabbia abbondante e soffice che gli consente di affondare un colpo profondo e vedere la palla volare fuori assieme insieme a una nuvola di sabbia, ma allo stesso tempo ha sempre pronta una giustificazione qualsiasi sia il tipo di sabbia: “era infossata” nel caso di una flappa con una sabbia soffice e “non c’era sabbia” per un top su sabbia dura. I giocatori anziani fanno invece fatica ad attraversare con la forza sufficiente la palla per provocare un’explosion che si alzi a sufficienza per oltrepassare al sponda e si posi sul green, preferiscono sabbie di medio impasto. I giocatori amateur, i principianti e gli anziani rappresentato il 90% dei golfisti, sono loro che consentono al sistema di sopravvivere e le loro esigenze di gioco vanno tenute nella giusta considerazione nel bilanciare tutti questi fattori.
I professionisti e il giocatore amateur esperto rappresentano invece una piccola percentuale, hanno una visione del gioco più ampia, hanno controllo sul volo della palla nei colpi e conoscendo la severità dell’ostacolo sanno che se ci finiscono dentro è un loro errore, accettano ogni tipo di ostacolo e di situazione, anche se preferiscono nei bunker una superficie dura e ferma che dia loro la possibilità di controllare lo spin e il rotolamento sui green. Inoltre hanno la capacità tecnica per giocare con sabbie e lie di qualsiasi genere, di testare e valutare nel prendere posizione quantità, qualità e livello di compattazione, di adattarsi a qualsiasi situazione ed effettuare un colpo di recupero. Spesso considerano il bunker una situazione di salvezza rispetto ad altri ostacoli e capita che dovendo scegliere tirino la palla in bunker piuttosto che rischiare di finire in altri ostacoli, quali zone con erba alta dove l’incertezza dei lie pregiudica la capacità di recuperare il par. Questi fattori assumono maggiore o minore rilevanza in funzione degli obiettivi e dei risultati che ci si prefigge di raggiungere. Alla luce di queste considerazioni di ordine generale è intuibile quale sia la quantità di variabili delle quali deve tener conto il progettista nel posizionarli lungo il percorso per conferirgli armonia e proporzione delle forme, equilibrio ed interesse tecnico nel flusso del gioco e caratterizzazione dell’ambiente naturale.
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Turismo al decollo? Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera che ci ha inviato Maurizio de Vito Piscicelli, amministratore di una società che si occupa di turismo, applicato in particolare al nostro sport, e direttore da anni di Emilia Romagna Golf. Coinvolto fin dall’inizio nel progetto Golf & More, Maurizio è senz’altro uno dei maggiori esperti in Italia di turismo golfistico. Lo spunto per questo intervento è nato dall’editoriale che abbiamo pubblicato sull’ultimo numero di PROFESSIONE GOLF CLUB e dedicato al prossimo IGTM (International Golf Travel Market), in programma a fine ottobre a Villa Erba. Ecco cosa ci ha scritto. Caro Fulvio, ho letto il tuo editoriale intitolato “Un treno da prendere al volo” sull’ultimo numero di Professione Golf Club, rivista per la quale ti faccio tanti complimenti per i tanti temi trattati estremamente interessanti principalmente per noi “addetti ai lavori”. Proprio perché la tua rivista si rivolge agli specialisti del settore non posso però evitare di mandarti alcune considerazioni in merito al prossimo International Golf Travel Market di Villa Erba. Prima di tutto ritengo doveroso segnalare che l’Italia del turismo golfistico sarà presente a Villa Erba e lo sarà al gran completo ed in forze come non mai! Ho appena consultato il Floor Plan dell’IGTM 2014 per avere la conferma che saranno presenti a Como più di 60 espositori italiani per un’area globale occupata superiore ai 500 metri quadrati e con un significativo “tutto esaurito”. Nell’edizione del 2001 tenutasi
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a Sun City erano presenti soltanto due espositori italiani, Poggio dei Medici ed Emilia Romagna Golf! La massiccia presenza italiana a Villa Erba assume un valore anche superiore considerando che i “set di incontri” (non essendo una Fiera aperta al pubblico non si prenotano stand ma postazioni di incontro con i Tour Operator) non sono propriamente venduti a buon mercato da Reed Exhibitions, la società che organizza l’evento. Occorre quindi dare merito agli operatori italiani di aver voluto investire e di aver creduto in uno sviluppo turistico dell’offerta italiana anche in un momento per loro economicamente estremamente difficile! È vero, molto probabilmente Enit non sarà presente o al massimo rivestirà un ruolo marginale in questo evento. Trovo anch’io molto grave e colpevole che la nostra Agenzia del Turismo non sia parte integrante dell’organizzazione di questo evento così importante per un mercato così numericamente “pesante” (ricordo che il mercato del turismo golfistico viene stimato in circa 40 miliardi di dollari all’anno). Enit è stata da più parti e più volte sollecitata ad intervenire, prima dagli organizzatori, poi dal gruppo Italy Golf & More e dalla Federazione Italiana Golf (che insieme raggruppano l’intera offerta golfistico turistica nazionale) ed infine individualmente da alcune Regioni ma non c’è stato nulla da fare contro la volontà predominante del “non fare”. A parziale scusante del disimpegno di Enit occorre però ancora una volta ricordare che il nostro sistema turistico non è “piramidale” come quello delle nazioni concorrenti con una società
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IGTM e dintorni
al vertice nazionale che fa da catalizzatore di tutte le offerte regionali per poi offrire il tutto come unico brand nazionale. No, in Italia dal 2001 con la riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n.3/2001) il turismo è una materia di competenza “esclusiva” delle Regioni ordinarie e questo significa che, in attesa dell’agognata contro riforma, sono le Regioni a spendere soldi autonomamente per la loro promozione turistica con la conseguente grande difficoltà a riuscire a pianificare promozioni internazionali dell’intero brand italiano. L’Enit, che dovrebbe fare questo lavoro, può contare su un budget annuale di 23 milioni di Euro, assolutamente inadeguato per la mission dell’agenzia con nazioni come Francia e Spagna che possono mettere in campo fondi 4-5 volte superiori. Questo premesso rimane comunque gravissima la latitanza e la noncuranza mostrata da Enit nei confronti dell’IGTM di Villa Erba. (...) Da quanto di mia conoscenza la stagione in corso sta facendo registrare risultati estremamente positivi per i Golf Resort, per i Consorzi e per i Circoli italiani, ovviamente parlando esclusivamente da un punto di vista turistico. In Emilia Romagna stiamo viaggiando con un bel +40% rispetto ai dati dello scorso anno ma da quanto ne so io stanno andando molto bene anche la Sicilia, la Puglia, il Lago Maggiore, il Lago di Garda, il Veneto e ancora altri operatori stanno ricevendo molti più turisti di una volta. Anche la Federazione Italiana Golf ha fatto e sta facendo con coraggio e volontà la sua parte in questa promozione del golf turistico nazionale: l’adesione al progetto Italy Golf & More in rappresentanza delle Regioni mancanti, l’adozione del software per la prenotazione dei Tee Times Golf Switch offerto quasi gratuitamente ai Circoli, l’appoggio anche economico ai Consorzi Regionali da parte dei Comitati ed infine, notizia degli ultimi giorni, la collaborazione con la società Sports Marketing Surveys per un’analisi del mercato turistico nazionale che dia spunti e suggerimenti per le future promozioni da intraprendere. Nel tuo articolo parli dell’esigenza di fare sistema ma questo in Italia è già stato fatto da anni, nonostante l’assenza di chi questo sistema dovrebbe organizzarlo e comandarlo (parlo ancora di Enit); dopo l’esperienza dell’Emilia Romagna e della Toscana negli ultimi anni infatti sono nati consorzi in Trentino, in Sicilia, in Liguria, in Veneto e nel Lazio e si sono creati raggruppamenti di campi ed alberghi sul Lago di Garda, sul Lago Maggiore e sul Lago di Como! Oltre a ciò sui mercati internazionali agisce Italy Golf & More che, sempre in attesa dell’arrivo di importanti fondi ministeriali, ha recentemente pubblicato, in collaborazione con la Federazione Italiana Golf, il primo catalogo che raggruppa l’intera offerta golfistico – turistica italiana in tre lingue, italiano, inglese e tedesco oltre ad aver partecipato a numerose Fiere del settore e ad Open internazionali. Il turismo golfistico italiano sta facendo grandissimi passi avanti e troverei doveroso che questo venisse segnalato ac-
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canto a tutto quello che dovrà essere migliorato nei prossimi anni!(...) Concludendo questo mio intervento, per il quale ti chiedo scusa per la lunghezza, voglio lanciare un messaggio positivo: l’Italia all’IGTM 2014 ci sarà eccome e le altre nazioni concorrenti se ne accorgeranno! Un caro saluto ed arrivederci a presto, con stima Maurizio de Vito Piscicelli Caro Maurizio, innanzitutto mi scuso per un paio di inevitabili tagli alla tua lettera, dovuti alla lunghezza del testo. Sono molto felice che tu possa sottolineare dati favorevoli per il nostro turismo golfistico, perché non sono certo fra quelli che amano “remare contro”, e spero davvero di poter festeggiare con te un eccellente esito dell’IGTM 2014 a Villa Erba. Alla luce della partecipazione italiana, che tu hai illustrato, si tratta di un ottimo punto di partenza e c’è senz’altro da augurarsi che, sul lago di Como, gli incontri in programma con i tour operator di tutto il mondo diano i frutti sperati. Fatta questa premessa, ritengo che ci sia ancora tanta strada da percorrere per dare all’Italia il ruolo che meriterebbe nel turismo golfistico, pur concordando con te nel segnale molto positivo che ci dà per la prima volta nella top ten mondiale. Lasciando perdere per un attimo i colossi di questo settore, basterà l’esempio della Turchia per obbligarci a dire che il tanto necessario coordinamento a livello nazionale è ancora insufficiente. Se la Costa Turchese, Belek e Antalya, con meno di 20 campi, sono riusciti a iscrivere di diritto la Turchia fra le grandi destinazioni golfistiche prima di noi, che di campi ne abbiamo dieci volte di più, sarai d’accordo con me sul fatto che di tempo ne abbiamo buttato davvero tanto. E ben venga che finalmente qualcuno abbia cominciato a fare sistema (lascia per un attimo da parte l’esempio del tuo benemerito Emilia Romagna Golf, partito tanto tempo fa: il resto è storia recente...) e che la voglia di affacciarsi ai mercati stranieri sia in forte crescita. Era ora! Sai però altrettanto bene quanto sia difficile per i consorzi continuare a lavorare insieme, visto che spesso ci sono interessi e individualità che cozzano fra loro. E allo stesso modo sai per quanto tempo ci sono stati esempi di circoli o resort che hanno tentato di farsi largo da soli, gettando denaro al vento e facendo sforzi inutili. O per quanto tempo ancora abbiamo frequentato i maggiori convegni mondiali, ritrovandoci con un numero di congressisti italiani mai superiore alle dita di una mano. Il nostro editoriale voleva solo ribadire con forza la fondamentale necessità di aggregazione fra le strutture golfistiche italiane, che devono lavorare insieme sui mercati esteri se vogliono sperare in bilanci meno problematici di quelli attuali. Con piacere apprendo inoltre da te della nascita del primo catalogo con l’intera offerta golfistico-turistica italiana. Forse una copia, o almeno una presentazione stampa, non sarebbe dovuta arrivare nella redazione di due riviste che si chiamano Golf & Turismo e Professione Golf Club. Cosa ne dici? Con altrettanta stima, arrivederci all’IGTM.
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Da Villa Condulmer
stile e signorilità
Ritratto di una dei più affermati direttori di circolo italiani, dal 1969 entrata nello staff del bel club veneto. In questa intervista ci racconta i suoi ricordi, i cambiamenti del golf italiano avvenuti in questi decenni e le sue previsioni per il futuro del nostro sport nell’area del Triveneto
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PERSONAGGI
Egle Ancillotto
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A sinistra, la club house di Villa Condulmer. Qui sopra Egle Ancillotto spegne la candelina su una maxi torta per il suo compleanno, in compagnia dell’ex presidente del circolo veneto, Giuseppe Pea. di Roberto Zoldan
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ntra nella galleria dei ritratti di direttori di circolo Egle Ancilotto, Segretaria storica del Golf Club Villa Condulmer di Zerman. La dolce cadenza veneta modula i ricordi che escono dalla penombra del passato, a due passi da Mogliano Veneto, provincia di Treviso. Attorno la grande area metropolitana delle province di Venezia e della Marca. Un parco soci di giovani che iniziano e di maturi carrellanti che qui hanno passato una vita, il golf per il golf, sulle 18 buche blu par 71 di John Harris e (le seconde, più lunghe) di Marco Croze e sulle 9 del giallo executive. Percorso pianeggiante con canali nel verde, ricca vegetazione, profumi di antichi platani e campi di mais e soia. Voluta dal nobile veneziano Marco Condulmer nel 1743, la villa è una costruzione opulenta e suggestiva nelle linee architettoniche e di rara eleganza per gli interni spaziosi decorati da stucchi. Il Comitato regionale comunica che il Veneto tiene testa alla
crisi e vanta nel primo quadrimestre dell’anno 8.700 tesserati, il 3% in più su base annua rispetto al 2013. Il 5% ha meno di 12 anni. Parte di questo dato incoraggiante è frutto anche dell’impegno di direttori di circolo come Egle Ancilotto. “Era il 1960 quando nasceva il Golf Club Villa Condulmer con soltanto nove buche”, racconta Egle. “Un paio d’anni prima la sontuosa settecentesca dimora di campagna era diventata albergo e io ero stata assunta alla reception che fungeva in quel periodo anche da sede dell’attività sportiva”. Il fatto che il campo fosse accanto alla storica villa costituiva elemento di attrazione, piaceva agli stranieri che avevano la sacca in macchina ed erano diretti a Venezia o sulla riviera adriatica. C’era anche una numerosa frequentazione di golfisti di terraferma, appassionati che negli anni 60 scoprirono il golf con l’aiuto di buoni maestri. Fatte altre esperienze lavorative, Egle Ancilotto sposò il professionista del circolo Ugo Scafa che proveniva dall’Acquasanta di Roma, allievo del grande maestro Pietro Manca.
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Immagini dall’album di Egle Ancillotto (a destra): in alto è con Ernesto Marsaglia e un giovanissimo Gaudenzio Bonomini, attuale direttore del Molinetto, sotto con l’assessore allo sport di Mogliano Veneto e il presidente di Villa Condulmer, Aldo Preo. “Dopo la nascita delle due figlie Francesca e Barbara”, continua Egle “nel 1969 entrai a far parte a pieno titolo dello staff del circolo che aveva ormai un percorso completo. I soci erano quasi 200 e l’attività sportiva era intensa: si facevano gare, festeggiamenti, si tenevano relazioni di interclub con Trieste, Innsbruck e altri circoli austriaci”. Un lavoro affrontato con impegno tanto che negli anni la signora Egle ha sempre seguito gli aggiornamenti proposti dalla Federazione per migliorare le competenze. “Ero accanto al primo Segretario Goffredo Centi, persona carismatica sinonimo di stile e signorilità. Lo dico perché allora,
“Con il nuovo approccio al golf l’etichetta in campo ha ricevuto colpi mortali ” come si sa, il golf era uno sport un po’ elitario e la buona educazione, in campo e nella vita di ogni giorno, era regola condivisa. Altro collega indimenticabile fu Ernesto Marsaglia, persona eccezionale per competenza tecnico-sportiva”. Negli anni 90 a Egle Ancilotto è affidata la completa gestione della segreteria di Villa Condulmer, che continua anche og-
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gi con l’aiuto di collaboratori capaci come Lara Bonifacio. Lo staff dei professionisti è composto da Enrico e Renzo Trentin (50 anni di esperienza) e Giovanni Rettore. Il green keeper Paolo Battilana è affidabile e ottimo professionista. Tutti godono della stima del presidente Aldo Preo. La squadra femminile negli ultimi due anni ha confermato il primato nazionale nei campionati assoluti a squadre e negli ultimi quattro anni la squadra femminile under 18 è stata vincitrice del campionato nazionale Emilio Pallavicino. Successo ha avuto l’11ma edizione di circolo di Golfvelasciando che coinvolge le tre discipline, molto praticate in un territorio ricco di mare e di monti. I servizi ai soci sono degni di un grande resort: piscina, buon ristorante, bella club house e hotel di prestigio (Villa Condulmer). Del resto oggi il circolo ha 430 soci delle varie categorie ed è frequentato da un discreto numero di neofiti. “Il golf è cambiato? Certo, come il mondo e la vita. Ora i giocatori che si avvicinano al nostro sport hanno un approccio diverso: una volta rimanevano a lungo in campo pratica e quando il maestro riteneva che l’allievo potesse accedere al campo lo affidava con mille raccomandazioni al caddie o a qualche giocatore esperto. Ora il passaggio è frettoloso, favorito anche dalla possibilità di apprendere dalle riviste e dalla tv. Ma l’etichetta in campo dovuta per uno sport che, come sappiamo, viene dall’anima e dalla mente e che quindi merita rispetto, ha ricevuto colpi mortali”.
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PERSONAGGI
Egle Ancillotto
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Due scorci del celebre percorso trevigiano di Villa Condulmer, immerso in uno splendido contesto storico e naturale Da Villa Condulmer sono passati bei personaggi. La signora Egle ricorda il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan: nel 1987 fu ospite una settimana per un G7, vertice delle potenze industrializzate, che si svolgeva sull’isola di San Giorgio a Venezia. Partiva in elicottero la mattina e tornava il pomeriggio. Venne qui perché gli piaceva il golf e andare a cavallo, la location era facilmente isolabile dai servizi di sicurezza, impegnatissimi a causa della grande tensione internazionale. Alla fine si accontentò di fare passeggiate nel parco accompagnato dalla moglie Nancy che teneva per mano tra le piante secolari. “Del Triveneto Golfistico ricordo la figura di Otti Croze, manager e poi presidente al Lido del Circolo del golf di Venezia, vicepresidente della Federazione per lunghi anni, che si battè per lo sviluppo di nuovi percorsi nella nostra zona. Era prodigo di suggerimenti per migliorare l’attività e dava un mano a tutti”. - La parte più delicata del lavoro di un direttore di circolo con lunga storia? “Costruire e consolidare gli equilibri tra soci e cariche sociali, condurre con polso fermo ma cordiale la segreteria. Tenendo d’occhio l’attività sportiva per quanto di competenza, il marketing e le pubbliche relazioni. E non è poco. Ho dato molto, ma il golf e il mio lavoro mi hanno anche molto gratificato”. - Come vede il futuro del golf nel Triveneto? “Negli ultimi anni i campi sono aumentati e i giocatori hanno maggiore offerta. Non è facile mantenere una sana gestio-
ne di bilancio con i costi in continua ascesa e quasi tutti i circoli, il nostro compreso, propongono un periodo di prova per neofiti, in particolare per le famiglie, e facilitazioni per i giovani. Ci aiuterà anche la promozione turistica di un territorio che coinvolge Venezia e Treviso, cioè la storia dell’arte e la buona tavola”. Villa Condulmer aderisce al consorzio veneto dei Top Ten, dieci dei migliori campi della regione, con sconti agli iscritti e condivisione di spese per macchinari, palline dei campi pra-
“La parte più delicata del lavoro è costruire e consolidare gli equilibri tra soci e cariche sociali” tica e politiche legate al turismo. All’ITGM di Villa Erba, Como, il grande palcoscenico del mercato golfistico internazionale, in ottobre in Italia, il Veneto presenterà l’opuscolo Veneto’s Leading Golf Courses. Vi saranno illustrati i motivi per i quali questa regione merita una visita da parte dei golfisti di tutto il mondo. Tutti traguardi ai quali anche Egle Ancilotto ha guardato per tanti anni.
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Visti dal cielo Vi presentiamo il modo più efficace e spettacolare per proporre un percorso di golf, buca dopo buca. Abbiamo intervistato il responsabile di Airframes, società che ha realizzato tutte le riprese per il filmato del Royal Park - I Roveri
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NUOVE TECNOLOGIE Droni in campo
a cura della redazione
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a parola drone suscitava fino a poco tempo fa quasi un po’ di paura e di ansia portando subito l’immaginazione a film di spionaggio, di azione e di guerra tecnologica. Poi per fortuna l’enorme diffusione che questo velivolo radiocomandato ha avuto, a livello amatoriale e non, ci ha ridimensionato di fatto la fantasia portandolo più vicino ad una sorta di giocattolo con cui divertirsi. L’evoluzione successiva è stata la possibilità di dotarlo di una telecamera ed allora si è aperto un mondo il cui unico limite è veramente la fantasia. E non poteva mancare certamente chi ha iniziato ad utilizzarlo anche nel mondo del golf. Ma le riprese con i droni che vantaggi possono portare ad un circolo o ai giocatori? Anche se probabilmente le due cose sono strettamente legate e vanno di pari passo... Ne parliamo con Marcello Alongi di Airframes.it, società che è stata una delle prime a muoversi nel nostro settore. Come mai vi siete avvicinati al mondo del golf? Airframes.it è nata come naturale evoluzione del mio lavoro di regista e della mia passione per gli aeromodelli. Per me è la possibilità di realizzare riprese aeree che finora erano possibili solo tramite elicotteri, con costi diciamo leggermente diversi, esattamente secondo il mio gusto ed il mio stile perché sono io
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a pilotare il velivolo alla ricerca delle angolazioni a mio avviso più indicate. Ma non avevo esperienza di golf. Cosa che invece ha Gigi Bosio, golfista da diversi anni con cui è nata l’idea di proporre questo tipo di riprese al mondo del golf. Lo abbiamo fatto trovando Romy Gai, general manager del Royal Park - I Roveri, una grande disponibilità grazie alla sua costante apertura alle novità. Abbiamo realizzato le riprese dell’inaugurazione ufficiale del percorso Pramerica lo scorso autunno, riprendendo tutte le 18 buche unitamente ad una presentazione del circolo proiettata durante l’incontro con la stampa. Quello è stato il nostro primo approccio. Cosa intende di preciso parlando di riprese delle 18 buche? È un’idea del mio amico Gigi. Da golfista non professionista appassionato ama giocare in campi diversi e in quanto dilettante prima di recarsi in un nuovo percorso ha l’abitudine di cercare sul sito del circolo la mappa delle buche per farsi una prima idea delle difficoltà che si troverà davanti, specie se iscritto ad una gara. Ha subito colto la differenza tra una mappa disegnata o realizzata in 3D ed una ripresa video realistica e ne è diventato entusiasta sostenitore. Abbiamo quindi sperimentato diverse tipologie di riprese e diverse altezze delle stesse, identificando quella a nostro avviso migliore stabilendo così un protocollo ormai collaudato. Nel frattempo abbiamo aggiornato costantemente la tecnologia sia della parte video
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Nelle foto di questo servizio, alcune immagini tratte dai filmati ripresi sulle 36 buche del Royal Park - I Roveri. Qui sotto un’immagine aerea della Sacra di San Michele, vicino ad Avigliana (Val di Susa), in un bel video girato da Airframes
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sia dei droni che utilizziamo, e continuiamo a farlo, ottenendo immagini stabili e di elevatissima qualità in alta definizione. Abbiamo inoltre la possibilità di aggiungere grafica 3D per aumentare il livello delle informazioni utili. Siamo convinti che anche gli studi di architetti del golf potrebbero trarre vantaggio da questo tipo di riprese in fase di progettazione di nuovi campi perché potrebbero avere uno strumento in più per lo studio del campo.
“Le riprese dall’alto, le cosiddette ‘bird view’, offrono prospettive inusuali e decisamente emozionanti” Quali vantaggi avrebbe un circolo di golf ad utilizzare questo tipo di riprese? I video di presentazione dei circoli che abbiamo realizzato sono veri e propri spot pubblicitari del circolo stesso a tutti gli utenti golfisti del web. Le riprese delle 18 buche sono una chicca ulteriore che il golf club può mettere a disposizione dei potenziali utenti sia inserendole nel proprio sito sia in ambiti diversi. Ad esempio al Royal Park sono a disposizione su uno schermo contenuto in un totem interat-
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tivo all’ingresso della club house, dove i giocatori possono visionarle prima di giocare. Ovviamente sappiamo che ci sono circoli con esigenze ed ambizioni diverse tra loro ma crediamo che in questo particolare momento adottare novità che aiutino ad attrarre sempre più giocatori possa essere un potenziale strumento di sviluppo da non sottovalutare. Soprattutto per quanto riguarda i giocatori stranieri. L’Italia ha una grande attrattiva per i golfisti/turisti ed il livello di molti circoli italiani è elevatissimo sia dal punto di vista della bellezza dei percorsi che dal contesto naturalistico in cui molti circoli sorgono... Perché non valorizzarlo al massimo? Le riprese dall’alto, romanticamente definite bird view, offrono prospettive inusuali e decisamente emozionanti in grado di colpire chi le guarda. Ma quanto costa la realizzazione di un video “bird view”? Dipende dal tipo di video, dalla tipologia delle riprese e da altri fattori perché ad esempio per la realizzazione di un video di presentazione del circolo possiamo avere richieste di sole riprese video dall’alto, oppure solo video a terra oppure entrambe. Sintetizzando potremmo dire che possiamo considerare una spesa che può andare dal costo di una sacca da golf professionale, completa dei canonici 14 bastoni di livello elevato, a salire. www.airframes.it
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Parola d’ordine:
conversione!
Dal primo utilizzo della Zoysia japonica sul percorso di Punta Ala ai giorni nostri, differenti tappeti erbosi sono stati calpestati dai golfisti. Con molte variazioni fra un periodo e l’altro, legate a nuove scoperte, all’aumento delle temperature, alla riduzione di prodotti fitosanitari, a...
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50 anni di macroterme in Italia di Paolo Croce
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unta Troia prendeva il nome dall’omonima isola che un bel giorno del 1561 Eleonora di Toledo decise di fortificare insieme agli isolotti vicini, detti naturalmente “li porcellini”. Da qui parte la storia moderna di Punta Ala, il nuovo nome alla proprietà che Italo Balbo impose all’atto dell’acquisto del territorio quasi 400 anni dopo nel 1931. Caduto a Tobruk nel 1940, si dice da “fuoco amico”, tutta l’area di Punta Ala fu sequestrata dalla stato italiano alla fine della guerra, nonostante l’opposizione degli eredi. Solo nel 1954 questi ultimi ebbero riconosciuta la loro causa anche se poi, costretti dagli eventi, vendettero la proprietà a Costantino Lentati che un anno dopo fondò la Società Punta Ala Sas. La società ebbe molti primattori che ne decretarono negli anni il successo e le fortune, ma, per quanto ci riguarda, Giulio Cavalsani, ottimo giocatore di golf e non solo, fu il principale interprete e mattatore. Fu proprio Giulio infatti a disegnare il percorso di golf nel 1964 e a dotarlo di un’erba particolare, originaria delle isole del Giappone e mai vista prima in Europa: la Zoysia japonica. Tale erba era adattata a climi caldo umidi e si riparava dal freddo come molti mammiferi, andando in letargo (o per meglio dire in dormienza) cessando di vegetare e perdendo la colorazione verde quando le temperature si facevano più rigide. L’intuizione di Cavalsani, peraltro non l’unica nella sua lunga vita dedicata al gof, aprì la strada alla colonizzazione delle essenze macroterme in Italia e nel continente Europeo. Vi erano stati ad onor del vero anche utilizzi precedenti di specie macroterme nel settore del tappeto erboso, vedi ad esempio l’“Uganda” (un vecchio ibrido di Cynodon transaalensis e Cynodon dactylon) utilizzata spesso nelle isole maggiori del Mediterraneo, ma tale impiego si era sempre limitato al settore ornamentale senza mai interessare il tappeto erboso sportivo. Nonostante le indubbie qualità della Zoysia di Punta Ala, che aveva sorpreso piacevolmente i golfisti di allora, trascorsero però ben 30 anni prima di pensare nuovamente con serietà all’impiego di questa tipologia di erbe per nuove realizzazioni golfistiche (ma potremmo dire anche sportive, vista l’arretratezza tecnologica dell’epoca nel settore campi di calcio). Spiace citarsi, ma la storia è storia e come tale va trattata: infatti fu proprio grazie alla presenza della Sezione Tappeti Erbosi della FIG che, finalmente anche in Italia, le specie macroterme da tappeto erboso cominciarono a diffondersi e a colonizzare un buon numero di percorsi di golf. Se oggi infatti possiamo contare un numero complessivo di 53 impianti (ben più del 10% del totale degli impianti golfistici della nostra penisola), come da tabella nelle pagine successive, è in buona parte grazie al lavoro di ricerca, promozione e diffusione che la Sezione ha svolto in tutti questi anni. La ricerca in particolare fu la base che permise di studiare meglio l’adattabilità delle varie specie e cultivars e consentì a tutto il movimento golfistico, ed in particolare ai suoi tecnici,
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di acquisire quelle informazioni specifiche (comportamento dell’erba in funzione delle varie condizioni climatiche e della tipologia dei terreni) che oggi consentono a tutti di utilizzare senza problemi tali essenze da tappeto erboso.
Casalpalocco, 30 anni dopo Cavalsani Fu infatti dopo un felice esordio nel 1992 con il campo sperimentale presso il Circolo Golf Torino, dedicato interamente alle nuove cultivars di Agrostis stolonifera, con il quale si inaugurò l’attività di ricerca (in quel caso con una specie microterma) che la Sezione ebbe l’intuizione di dedicare buona parte della sua attività futura allo studio delle essenze macroterme. Si formò uno staff di assoluto livello internazionale, con gli inseparabili colleghi e collaboratori Alessandro De Luca e Massimo Mocioni e con il gruppo di studiosi dell’Università di Pisa e del relativo Ce.R.T.E.S. (Centro Ricerche Tappeti Erbosi Sportivi), capitanati dal Marco Volterrani e con le importanti presenze di Nicola Grossi, Simone Magni, Filippo Lulli, Monica Gaetani. Naturalmente su tutti svettava la supervisione di James Beard, professore e autentica leggenda vivente per lo studio del tappeto erboso. Il campo sperimentale fu realizzato nei dintorni di Roma, a Casalpalocco, presso i vivai Bindi, affermati produttori di prato in rotoli e zolle. Ci si affacciava alla primavera del 1995 e tra lo scetticismo di molti si stava aprendo una nuova era per il tappeto erboso in Italia e nel bacino del Mediterraneo. E già, perché tale attività non venne inizialmente vista di buon occhio dagli addetti ai lavori (leggi tecnici manutentori non diplomati alla Scuola Nazionale di Golf) che diffidavano di specie e cultivars a loro del tutto sconosciute, nè dal mondo dell’industria legata al golf, che riteneva tale tipologia di tappeto erboso un settore di mercato assolutamente trascurabile e come tale di scarso interesse commerciale. Per la verità di tale ostruzionismo ancora oggi si vedono gli strascichi con opposizioni maldestre e anacronistiche da parte di alcuni tecnici (greenkeepers e consulenti) che cercano in tutte le sedi opportune di mettere in cattiva luce le straordinarie performances di tali essenze, e con il muro contro muro di alcuni operatori commerciali che sono addirittura arrivati a spedire lettere anonime (si fa per dire) alla FIG allo scopo di screditare gli studiosi di cui sopra e nell’intento di arginare una possibile perdita di mercato che si sarebbe potuta per loro profilare. A Casalpalocco si testarono dal 1995 al 2000 un gran numero di specie (Cynodon dactylon, Cynodon dactylon x Cynodon transvaalensis, Zoysia japonica, Zoysia japonica x Zoysia tenuifolia, Paspalum vaginatum, Buchloe dactyloides, Stenothaphrum secundatum, Eremochloa ophiuroides) e delle loro relative varietà. Di tale corposo lavoro rimangono più pubblicazioni scientifiche ed interventi ai massimi congressi mondiali del settore consultabili facilmente via internet sui siti della FIG, dell’Università di Pisa e di CroceGolf. Ma rimangono soprattutto le esperienze e le conoscenze maturate in quegli anni ed in quelli a venire e che hanno permesso al gruppo di lavoro, formatosi su quei test, di qualificarsi tra i massimi esperti del settore in campo europeo.
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PERCORSI DI GOLF ITALIANI CON TAPPETO ERBOSO DI MACROTERME N° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53
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Percorso
Greens
Tees
C. pratica
Fairways Semi rough
Rough
Acaya (LE) Argentario (GR) Is Arenas (OR) Bagnaia (SI) BariAlto (BA) Carimate (CO) Cellino (CA) Cervia (RA) Chia (CA) Cortona (AR) Cus Pisa (PI) Cosmopolitan (PI) Feudo Montalto (CZ) Donnafugata (RG) Filanda (SV) Hermitage (LI) La Badiola (GR) La Piana (CE) I Lauri (AP) La Pinetina (CO) Lecco (LC) Le Costiere (SA) Le Madonie (PA) Le Rovedine (MI) Le Saie (CT) Is Molas (CA) Mirabella (AV) Miglianico (CH) Monasteri (SR) Montecchia (PD) Monticello (CO) Nazionale (VT) Olgiata (RM) Pantelleria (TP) Parco di Roma (RM) Parco di Firenze (FI) Sa Cuba (OT) San Domenico (BR) Sà Tanca (CA) Sanremo (IM) Saturnia (GR) Sibari (KR) Terre dei Consoli (VT) Tanka (CA) Torre Coccaro (BR) Tolcinasco (MI) Torre Verdura (AG) Toscana (GR) Verona (VR) Village Golf (MC) Villa Airoldi Versilia (LU) Volturno (CE)
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In apertura una buca in Bermuda del Golf Club della Montecchia e qui sopra Il campo sperimentale di essenze macroterme in funzione a Roma Casalpalocco dal 1995 al 2000.
Il mutamento climatico e il 45° parallelo Proprio grazie a queste conoscenze, messe ovviamente a disposizione degli operatori, William Amick (già Presidente dell’ASGCA, cioè l’Associazione Statunitense dei Progettisti dei campi da golf) ed il suo rappresentante italiano Giorgio Ferraris, vollero impiegare per il campo appena disegnato a ovest di Bari (il GC Barialto) specie macroterme (Bermuda Tifdwarf su greens e Bermuda Tifway 419 sul resto del percorso). Il campo venne inaugurato nel 1997 e poiché Punta Ala aveva nel frattempo quasi del tutto perso (per motivi vari) la copertura di Zoysia, ecco che il campo pugliese diveniva al momento l’unico percorso italiano ad utilizzare tali essenze. La breccia era però ormai aperta e, complice il mutamento climatico, la ricerca di una maggiore sostenibilità ambientale, la qualità assoluta del tappeto ed i minori costi di gestione legati all’uso di queste erbe, non tardò molto che in altri campi in costruzione si utilizzarono essenzialmente varietà di bermuda. Ma l’attività del nostro gruppo non si fermò qui. Se infatti la letteratura scientifica del settore ci suggeriva di limitarci ad impianti in luoghi di tradizionale adattabilità climatica (che nel Mediterraneo erano localizzabili essenzialmente al di sotto del 40° parallelo (a sud di Napoli per intenderci) ci convincemmo che invece le straordinarie qualità di queste erbe, unite al riscaldamento globale, ci avrebbero consentito realizzazioni ben più a nord, non solo all’interno della tradizionale fascia di transizione climatica, quella che va dal 40° al 45° parallelo
(e dove essenze micro e macroterme cercano di trovare un loro equilibrio di crescita e possibilmente convivere), ma addirittura oltre il 45° parallelo, dove nel mondo l’impiego di macroterme è sconosciuto. Il motivo di tale obiettivo è presto detto: con il cambiamento climatico è sempre più difficile in Pianura Padana mantenere un buon tappeto di miscuglio di microterme (loietti, poe, festuche) sui nostri tees e fairways, soprattutto se alle difficoltà termiche estive uniamo, come erroneamente facciamo da sempre, basse altezze di taglio, al di sotto del limite tollerato da dette specie. Tra lo scetticismo e l’ostruzionismo di molti ci mettemmo al lavoro e dopo ulteriori ricerche e test sperimentali, adattando cultivars sempre più nuove e di maggiore qualità e resistenza, fummo pronti per le prime prove anche in Pianura Padana. Nel 2003 nel percorso del GC Montecchia, nel 2006 a Torino, nel 2007 nei percorsi di Verona e Monticello, si insediarono i primi test, e con il tempo ci rendemmo conto che una buona Bermuda migliorata (ovvero una varietà di Cynodon dactylon o un ibrido tra due specie di Cynodon) reggeva certamente il confronto con le tradizionali specie microterme sotto il profilo qualitativo, ma superava largamente le concorrenti se si prendevano in considerazione le performance ambientali ed economiche (40% di consumi idrici, 40 % di consumi elettrici, azzeramento delle distribuzioni di prodotti fitosanitari, trattasi di dati reali raccolti dai club che hanno seguito le nostre indicazioni).
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La tradizionale fascia di transizione climatica compresa tra il 40° e il 45 ° di latitudine Nord
Nelle zone in rosso il tradizionale areale delle essenze macroterme in Italia
Con le realizzazioni delle conversioni dei tappeti erbosi da micro a macroterme (totali o parziali) sui percorsi di Carimate, Lecco, Montecchia, Monticello, Paradiso del Garda, La Pinetina, Le Rovedine, Tolcinasco, per non parlare di campi sportivi, la Bermuda sta colonizzando un areale non previsto dalla letteratura scientifica. Come detto infatti l’Italia è l’unico paese al mondo dove si utilizzano a fini sportivi essenze macroterme oltre il 45 ° di latitudine nord. Tale obiettivo ha raccolto nel corso degli anni, come abbiamo visto, scetticismo e diffidenza, ma oggi, a fronte degli evidenti vantaggi nell’impiegare la Bermuda anche così a nord, assistiamo ad una doppia conversione: di tappeto erboso e di opinioni. In breve è bene ricordare gli aspetti positivi (molti) e quelli negativi (assai pochi) legati alla conversione di un tappeto erboso sportivo da essenze microterme ad essenze macroterme.
Bermuda: perché sì Cambiamento climatico in atto. La quasi totalità degli scienziati del settore è d’accordo nel ritenere che il futuro climatico che ci attende sarà caratterizzato da una fase di riscaldamento. Tale fase ha grosso modo avuto inizio circa 25 anni fa e dovrebbe protrarsi per diverse decine di anni ancora. Questo fatto, unito alla salinizzazione delle falde costiere, ad una generale riduzione delle portate dei corsi di acqua, ad un inquinamento organico e minerale delle acque, ad un abbassamento delle falde acquifere anche nell’entroterra, sta rendendo sempre più difficili le coltivazioni.
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In giallo l’areale aggiuntivo delle essenze macroterme a seguito del cambiamento climatico
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50 anni di macroterme in Italia Persino nell’area della Pianura Padana, che pure presenta bacini idrografici di grandi dimensioni e portata, l’aumento delle temperature, congiunto ad un’irregolare distribuzione delle precipitazioni atmosferiche, sta lentamente, ma inesorabilmente, portando ad una severa riduzione della disponibilità idrica per le colture agrarie. Tutto ciò pone giocoforza delle altrettanto severe limitazioni nell’utilizzo di tutte quelle colture che richiedono enormi quantitativi idrici. In considerazione del fatto che il tappeto erboso è sul piano alimentare improduttivo, e che nella concezione comune è ritenuta una coltura meno “nobile”, o comunque certamente non prioritaria, ne consegue che in ogni caso il settore dei tappeti erbosi è chiamato a fare la sua parte nell’ambito di una migliore razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse idriche disponibili. - Minori consumi idrici (fino ad un 40 % di riduzione del volume irriguo ottenuta dal GC Cervia a seguito della riconversione delle 27 buche da micro a macroterma; fino ad un 50% di riduzione presso il GC La Montecchia) con conseguenti vantaggi ambientali ed economici (energia elettrica meno 43 % e oneri idrici nei casi dove l’acqua rappresenti un costo). Da rilevare che il dato relativo ai consumi del tappeto erboso convertito non è completo in quanto dei tre anni considerati solo l’ultimo (2011) comprende tutte le 27 buche. L’acquisizione di informazioni in un periodo più lungo (almeno 5 anni di tappeto convertito con essenze macroterme) può consentire una visione più oggettiva dei parametri considerati e, molto probabilmente, incrementare la già consistente forbice a favore delle essenze macroterme. Ulteriori informazioni sulla conversione del tappeto a Cervia sono rintracciabili sul sito web www.crocegolf.it - Minore impiego dei seguenti prodotti fitosanitari: erbicidi (azzerato il loro impiego), fungicidi (quasi azzerato l’impiego), insetticidi (ridotto impiego) e dei seguenti prodotti chimici: agenti umettanti, bagnanti, adesivanti. Tale dato proviene daAlessandro De Luca, che gestisce il percorso a 27 buche convertite del GC Montecchia, oltre ad essere il coordinatore tecnico della Sezione Tappeti Erbosi della Federgolf. - Maggiore tolleranza ai ristagni, alla siccità, alle alte temperature, al logorio, alle acque saline. Maggiore potenziale di recupero e riduzione dell’ampiezza dei divots. - Per ciò che concerne tees, fairways e semirough rappresentano il miglior tappeto erboso in assoluto, che può essere tagliato a 10 mm, mantenendo sempre un perfetto lie della palla. - Maggiore densità ed uniformità. - Maggiore tollerabilità degli stress in genere con conseguenti migliori performances manutentive
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verde al giallo/marrone. Non perdono però la loro capacità colonizzatrice del tappeto e quindi l’effetto estetico può essere annullato da una semplice trasemina autunnale di Lolium perenne. Del resto tale trasemina è già, nella quasi totalità dei casi di fairways in mix, una spesa che si affronta ogni anno, non essendo tale tappeto erboso in grado di uscire dalla fase estiva in condizoni dignitose. Formazione dello scapo fiorale e conseguente disseminazione con possibile infestazione di altre superfici quando si utilizzano cultivar da seme. Questo problema non compare quando si impiegano cultivars ibride (o comunque sterili) a propagazione vegetativa. Più ridotta tolleranza all’ombreggiamento. Questo svantaggio può essere del tutto superato non convertendo le porzioni di tappeto erboso che sono maggiormente oggetto di ombreggiamento. In conclusione non possiamo che ritenere le specie macroterme, ed in particolare la bermuda nel settore sportivo e la Zoysia spp in quello ornamentale, il futuro del tappeto erboso in Italia, almeno fino a quando il cambiamento climatico in atto non produrrà marcate inversioni di tendenza. Del resto questo dovrebbe essere l’augurio che i golfisti e i manutentori dovrebbero farsi. I primi in quanto non esiste un lie della palla migliore di quello offerto da una bermuda, ed i secondi perchè le specie macroterme sono più facili da gestire e perdonano anche un errore di troppo...
Bermuda: perché no Dormienza invernale. Per difendersi dai rigori invernali queste specie arrestano il proprio metabolismo quando le temperature scendono sotto i 10 °C e decolorano fortemente virando dal
Il perfetto lie della palla su un tappeto di bermuda
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GOLF E DIRITTO L’angolo giuridico
Professionisti o dilettanti? L’associazione sportiva per gli amateur spazia fra numerose possibilità di organizzazione, che consentono anche di sfruttare varie facilitazioni e di ottenere agevolazioni fiscali e semplificazioni contabili Monica Barsotti - Notaio
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a forma maggiormente utilizzata dagli enti che svolgono attività sportiva dilettantistica è quella dell’associazione, formazione sociale per il perseguimento finalità non lucrative di interesse generale considerate meritevoli di tutela, come regolamentata dagli artt.36 e seguenti del Codice Civile. In Italia il 95% degli enti associativi esercenti attività sportiva dilettantistica assumono la veste di ASD e le ragioni di questa scelta sono essenzialmente da individuare nella maggiore semplicità ed economicità nella fase di costituzione e di gestione ed i significativi vantaggi fiscali fruibili solo attraverso l’iscrizione in apposito Registro nazionale tenuto dal CONI. Per effetto di tale iscrizione, di durata annuale con rinnovo automatico a seguito della riaffiliazione ad una Federazione o ente di promozione sportiva riconosciuta, competono varie agevolazioni fiscali e semplificazioni degli adempimenti contabili tra cui la determinazione del reddito con tassazione forfettaria e gli obblighi ai fini IVA; spettano inoltre particolari benefici previsti dall’art.74 comma 6 D.P.R. n.633/1972 che stabilisce una detrazione forfetizzata in via ordinaria pari al 50% dell’imposta IVA dovuta in relazione alle operazioni di pubblicità, al 10% per le sponsorizzazioni e ad un 1/3 per i diritti televisivi e radiofonici. Gli sponsor possono dedurre dal loro reddito fino a 200.000 Euro annui, le somme erogate alle Società Sportive ed Associazioni Sportive, come spese di pubblicità per promuovere l’immagine dello sponsor nell’attività sportiva legata ad un evento, senza carattere di continuità.
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Bisogna sottolineare come la possibilità di usufruire del regime fiscale agevolato sopra esposto e previsto dalla legge n.398/1991 fosse riservato alle sole Associazioni fino all’emanazione della legge n.289/2002 che estende i detti benefici anche alle cooperative e alle società di capitali costituite per svolgere attività sportive dilettantistiche senza scopo di lucro. L’art. 90 della Legge 289/2002 ha infine istituzionalizzato a rango legislativo la previsione già contenuta nell’art.29 dello statuto del CONI che prevedeva la possibilità di costituire società di capitali “con obbligo del reinvestimento di tutti gli utili prodotti”, in apparente contrasto tra l’obbligo dell’assenza di scopo di lucro ed il disposto dell’art.2247 c.c. che recita “con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. L’accesso alle accennate agevolazioni fiscali non modifica in ogni caso la qualificazione tributaria delle società di capitali in questione che mantengono, dal punto di vista fiscale, la natura di enti commerciali, nonostante si uniformino ai requisiti previsti per tutti gli enti che svolgono attività sportiva dilettantistica con inserimento nello statuto di alcune clausole obbligatorie ai fini del riconoscimento sportivo (commi 17 e 18 dell’art,90 L.289/2002 e delibera CONI n.1273/2004) e precisamente: • denominazione comprensiva della finalità sportiva e della ragione dilettantistica della società; • obbligo di conformità alle norme e alle direttive CONI nonché agli statuti e ai regolamenti delle Federazioni Sportive nazio-
nali e delle discipline associate o all’Ente di promozione sportiva cui la società o associazione intende affiliarsi; • indicazione della sede legale; • oggetto sociale con riferimento all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica; • attribuzione della rappresentanza legale della società; • assenza di fini di lucro e previsione della non distribuzione ai soci, anche in forma indiretta, dei proventi derivanti dall’attività; • obbligo di redazione del rendiconto economico-finanziario (secondo i criteri civilistici) con relative modalità di approvazione dello stesso da parte egli organi statutari; • modalità di scioglimento della società/associazione; • obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento. È fatto inoltre divieto agli amministratori delle società o associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche, nell’ambito della medesima federazione sportiva o disciplina associata, se riconosciute dal CONI, ovvero nell’ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva. È da rilevare che il procedimento di costituzione per le società sportive dilettantistiche non muta dall’ordinario procedimento di costituzione delle società di capitali e cooperative e il riconoscimento dal parte del CONI, previsto dall’art,7 della Legge n.186/2004, incide solo sulla concessione delle agevolazioni fiscali e non anche sul procedimento di costituzione della società.
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a cura del Centro Studi Diritto Sport diretto dal Prof. Avv. Lucio Colantuoni - mail: info@csdirsport.com
Con l’art.90 della legge n.289/2002 viene di fatto introdotta una nuova tipologia di società di capitali caratterizzata dalla finalità non lucrativa che si inserisce nell’ordinamento giuridico come una peculiare categoria di soggetti societari; si va verso un sistema speciale che vede nelle società degli schemi organizzativi funzionalmente neutri, idonei al perseguimento di attività tanto lucrative quanto non lucrative. Sicuramente l’esclusione tassativa dello scopo lucrativo rende inapplicabili alle società sportive tutte quelle norme che presuppongono la distribuzione di utili tra i soci e anche l’altra normativa in materia di determinazione del valore delle azioni o quote in caso di recesso ed esclusione del socio in quanto al massimo potrà essere rimborsato al socio receduto e/o escluso il valore nominale della partecipazione (per non violare con aggiramenti di percorsi il divieto di distribuzione degli utili); le partecipazioni sociali potranno essere trasferite ad un prezzo superiore o inferiore al loro valore nominale ma da ciò non può conseguire che lo stesso
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principio possa applicarsi all’ipotesi del recesso e/o dell’esclusione. Allo stesso modo bisognerà anche valutare bene, nell’ottica di non violare tale principio imperativo, tutte le operazioni sul capitale al fine di verificarne la legittimità correlata al rimborso della quota di partecipazione del socio in caso di liquidazione, totale o parziale, della società. Per finire è forse opportuno fornire un quadro di insieme dei provvedimenti normativi succedutisi nel tempo in materia di associazionismo sportivo al fine di verificare la trasformazione verificatasi nella concezione stessa dello sport. La legge 182/2004 consente la possibilità di utilizzare anche la forma di società cooperativa ed elimina la necessità di inserire negli statuti l’obbligo posto a carico della società di conformarsi ai regolamenti delle federazioni sportive nazionali cui la società o l’associazione intende affiliarsi, fermo restando che le agevolazioni fiscali previste nel settore presuppongono l’avvenuto riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI “quale
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garante dell’unicità dell’ordinamento sportivo nazionale” e ciò al fine di evitare l’indebita fruizione delle agevolazioni fiscali anche ad associazioni e società sportive non riconosciute. Quindi in sostanza resta delineato un quadro complessivo che si differenzia a seconda che si tratti di sport professionistico o dilettantistico: nel caso di sport professionistico i sodalizi sportivi devono costituirsi i forma societaria ed esclusivamente come SPA o SRL; nel caso di sport dilettantistico invece la possibilità di organizzazione spazia tra associazione sportiva priva di personalità giuridica (artt.36 e seguenti del C.C.); associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato (D.P.R. 10/2/2000 n.361) e società sportiva di capitali o cooperativa, costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono finalità di lucro con conseguimento dei benefici fiscali previsti dall’art. 90 della legge n.289/2002 all’esito del riconoscimento da parte del CONI, ai sensi dell’art.7 della legge n.186/2004.
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Viaggiare per imparare Questa la ricetta base secondo uno dei piÚ noti superintendent italiani, da mettere poi in pratica sul campo. Nel suo curriculum tanti anni di lavoro a Le Fonti, Venezia, Matilde di Canossa e in importanti eventi all’estero
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GREENKEEPER
Giovanni Nava
di Roberto Lanza
L’
attività di greenkeeper è una figura che richiede sempre più esperienza e preparazione, con conoscenze che spaziano dall’agronomia, alla patologia vegetale passando per l’entomologia, la chimica e la scienza del suolo. Uno dei professionisti più preparati che operano in Italia è Giovanni Nava per 15 anni course manager al Golf Club Le Fonti di Castel San Pietro. Originario di Cervia, classe 1963, Nava è laureato in Scienze Agrarie ed ha ottenuto il diploma di superintendent alla Scuola Nazionale di Golf FIG Sezione Tappeti Erbosi a metà degli anni 90, mentre attualmente è il consulente agronomico e manutentivo del Circolo Golf Venezia e del Golf Club Matilde di Canossa, oltre ad essere da 11 anni rappresentante dell’AITG all’interno della Fegga (Federazione delle associazioni europee di greenkeeper). Da dove è nata la decisione di dedicarsi a questo lavoro? Durante il mio percorso universitario ho avuto la possibilità di studiare per alcuni mesi all’università di Nottingham. Lì ho cominciato ad appassionarmi al gioco: nelle isole britanniche l’accesso ai campi è molto più semplice che in Italia se non sei tesserato. Mi comprai dell’attrezzatura usata, facevo un po’ di pratica nei parchi dell’università e poi ogni tanto, con la sacca a tracolla, inforcavo la bicicletta o prendevo l’autobus per fare 18 buche nei circoli della zona che accettavano neofiti: bastava far vedere due swing al professionista e ti ammettevano al campo. La passione per il lavoro di greenkeeper è invece nata grazie all’estrema diffusione di public footpath (sentieri pubblici, ndr) che attraversano moltissimi dei circoli anglosassoni. Le lunghe passeggiate di primissima mattina o alla sera tardi mi hanno fatto amare i campi da golf per gli aspetti paesaggistici e naturali ancora di più che per il lato sportivo. Quale può essere il sogno nel cassetto di un greenkeeper, forse preparare il campo per un Open o lavorare ad Augusta? Non ho una predilezione particolare per Augusta: nonostante rappresenti uno dei punti più alti della tecnica manutentiva e dell’applicazione dei principi agronomici più moderni, non lo ritengo un esempio positivo di sostenibilità: sicuramente sono filosoficamente più vicino all’Open Championship che al Masters. Ho gestito abbastanza open internazionali nei campi che ho seguito nel tempo, e sono esperienze che richiedono estrema dedizione e impegno, ma che ti ripagano con grandissime soddisfazioni. In questa sorta di anno sabbatico che mi sono preso dopo che ho chiuso la mia esperienza di 15 anni al golf Le Fonti, ho partecipato alla preparazione dell’Open di Spagna. In Italia ho avuto la fortuna di viaggiare molto per lavoro: essendo un agronomo sono stato coinvolto nella manutenzione e nel rilancio di molte realtà golfistiche del nostro Paese. La possibilità di affrontare nuove problematiche e riuscire a risolvere situazioni di crisi è interessante e tiene sempre alto il livello di attenzione e l’entusiasmo. Quello che mi appassiona maggiormente è la possibilità di contribuire a cambiare l’impronta di un campo, trasformarne l’estetica e la giocabilità con la forza della propria esperienza, passione e, ripeto, entusiasmo. E questo va fatto senza
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stravolgerne l’anima, che è dettata dal contesto ambientale in cui è nato il campo. Quindi in questo momento il sogno nel cassetto è quello di trovare una nuova sfida che mi rinnovi l’entusiasmo. La sua è una professione che consiglierebbe a un giovane e se sì quali suggerimenti gli darebbe? L’attuale congiuntura economica ha veramente reso difficile il nostro lavoro: nella maggior parte dei campi la contrazione della disponibilità di risorse ha livellato verso il basso sia la qualità dei mezzi produttivi, che il monte ore a disposizione per la manutenzione. Va da sé che entrare in questo momento nel nostro settore è complicato. Ma la fiducia in un futuro più roseo mi fa dire che non esistono molti contesti lavorativi piacevoli come questo: se ti piace lavorare all’aperto e il contatto con la natura, un campo da golf è nella top ten. Pertanto sì consiglierei la mia professione, e consiglierei di viaggiare e fare esperienza in climi diversi e con persone diverse: è un lavoro nel quale lo scambio di idee è basilare per acquisire esperienza e sensibilità. Poi però si deve arrivare al punto in cui ci si deve mettere in gioco con le proprie idee: il campo da golf è come un enorme organismo vivente, che ha bisogno di attenzione quotidiana.
“Dal punto di vista della sostenibilità, filosoficamente sono più vicino all’Open Championship che al Masters” Orario di lavoro abituale e nelle giornate di gara? Per quanto riguarda le giornate di gara ogni campo ha le sue necessità e le sue consuetudini: ritengo comunque che una delle abilità fondamentali del nostro lavoro risieda nella capacità di far convergere nei giorni di gara il massimo dell’accuratezza manutentiva possibile. Questa non si ottiene nel fine settimana, ma grazie ad una settimana perfettamente programmata, anche in previsione dei possibili eventi meteo. Quando poi ci sono i tornei con i 4 giorni di gara, o 5 se c’è la pro-am, non c’è orario: il campo va presidiato continuamente, giorno e anche notte. Il nord Italia è reduce da un’estate atipica, piovosa come mai. A che problematiche si va incontro in questi casi e possono esserci conseguenze nel successivo periodo autunnale/invernale se proseguirà il maltempo? Entro certi limiti l’estate piovosa è il sogno di ogni greenkeeper: se funzionasse la danza della pioggia io e i miei colleghi avremmo tutti un master in quella materia... Sicuramente quest’anno è stato più complicato gestire la manutenzione e le operazioni agronomiche ed il consumo di carburante sarà aumentato non poco a causa della necessità di tagliare in estate anche zone senza impianto irriguo. Inoltre malattie fungine ed insetti possono avere dinamiche di infestazione particolarmente virulente in questi casi, comunque niente che la preparazione tecnica di un buon greenkeeper non
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Nelle foto, Giovanni Nava fotografato su due spettacolari campi scozzesi, Turnberry e, a destra, The Castle, percorso più recente fra i sette che compongono il magnifico panorama di St Andrews Links sia in grado di assecondare. Il vero danno dell’estate piovosa può essere stato un eventuale scarso risultato economico dovuto a pochi green fees e quote gara. D’altro canto gli stress estivi sono stati alquanto ridotti e molti campi già si stanno accorgendo di minori necessità di riparazioni, trasemine e forse anche qualche concimazione è stata risparmiata. Sicuramente il potenziale di recupero del tappeto erboso in Pianura Padana è quest’anno il più alto che io ricordi: dovrebbe essere un autunno con campi in condizioni veramente eccezionali. E nella situazione opposta di forte siccità? Ho combattuto per anni con questo problema. Diciamo che se la disponibilità di acqua per irrigazione è elevata, l’obiettivo è spesso quello di minimizzare i danni: anche il migliore impianto irriguo può solo imitare gli effetti benefici di una buona precipitazione naturale. Per esempio quest’anno l’estate è stata particolarmente calda nel nord Europa. Ho partecipato ad un convegno di lavoro a Londra quest’estate: vi assicuro che visti dal celo i campi da golf a basso budget del Surrey e del Kent erano veramente preoccupanti. I modesti impianti irrigui che hanno a disposizione nulla hanno potuto contro condizioni assolutamente inusuali del tempo: e non sto parlando di un sano inbiondimento delle festuche pronte a riprendersi alla prima pioggerellina britannica. Penso che come in altre annate siccitose, molti campi opteranno per la costruzione di sistemi irrigui più efficaci. I problemi sono di ben altra gravità quando la disponibilità di acqua è limitata.
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Quindi in media in estate quanta acqua serve al campo? Il dato è molto variabile: specie erbose utilizzate, tipo di terreno, esposizione e ventosità possono creare differenze enormi anche per campi distanti 10 km in linea d’aria. La stessa giornata di piena estate può richiedere fino a 2.000 metri cubi ad un 18 buche e meno di 1.000 metri cubi al suo vicino. Quindi non generalizzerei. È chiaro che la consapevolezza che la risorsa idrica sarà sempre più cara e rara deve far sviluppare strategie di lungo periodo per l’approvvigionamento. Dal punto di vista agronomico ci sono tante cose da fare, a partire dalla scelta fra microterme e macroterme. Si parla tanto di Bermuda grass, può essere davvero una soluzione per i campi della penisola, anche nel nord Italia? Sono anni che consiglio e lavoro per la conversione a Bermuda, ma come sempre non esiste una ricetta che vada bene per tutte le situazioni. Una corretta analisi ambientale è il punto di partenza per tutte le scelte agronomiche di un campo, e la corretta scelta delle specie di tappeto erboso utilizzate in costruzione ha decretato spesso la riuscita o meno dell’inerbimento e di conseguenza la sostenibilità o meno della manutenzione. Nella mia esperienza la Bermuda ha dei punti di forza veramente importanti, fra i quali il risparmio idrico è la voce al numero uno. Nonostante tutto la conversione è un processo estremamente delicato, che non tutti sono stati in grado di seguire nel modo corretto. A conti fatti io credo fermamente che l’aerale di adattabilità della gramigna sarà stabilmente spostato a gran parte della Pianura Padana.
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Gioca a golf? E secondo lei è importante e può servire essere un giocatore di buon livello nella sua professione? Non gioco spesso: penso di aver giocato più durante i viaggi all’estero che in Italia. Ma il tempo libero è una risorsa rara, soprattutto quando si hanno molti impegni. Ritengo indispensabile acquisire la sensibilità del giocatore: solo saper valutare il proprio lavoro in virtù della percezione dell’utente golfista può dare la comprensione dell’efficacia del proprio lavoro. E bisogna sempre saper valutare le situazioni: spesso vengono pretese condizioni ottimali per i golfisti one-digit anche dove il 90 per cento dei giocatori è sopra il 18 di handicap. Per la conduzione del percorso ci si avvale del supporto di sistemi informatici? E se sì, per cosa in particolare? Personalmente ho iniziato a usare il computer già dal primo anno di università, poi per la mia professione ho cercato di creare una serie di schemi che mi hanno sempre aiutato ad organizzare la manutenzione ed a monitorare l’andamento di budget e spese. Ho avuto alcune esperienze con i moderni prodotti di gestione informatica di risorse, personale e manutenzione: li trovo interessanti ma non ne ho mai fatto un uso continuativo. Quello che ritengo indispensabile è una perfetta conoscenza dei sistemi computerizzati di gestione degli impianti irrigui e l’accesso ad internet: se si conosce l’inglese si può arrivare a una mole immensa di informazioni, dati scientifici ed esperienze. Perché in Italia il golf non riesce a decollare e cosa si potrebbe fare renderlo finalmente un sport popolare con numeri consoni ad un paese con 60 milioni di abitanti? È mia opinione che dal punto di vista sociale il golf sia rimasto uno sport per privilegiati: avere il tempo libero e le possibilità economiche che l’attività golfistica richiede rende esiguo il numero di persone che vi si possono appassionare. Va da sé che per aumentare il numero di giocatori si può lavorare sui due fronti: sull’aspetto tempo, creando strutture che permettano il gioco più veloce, e sull’aspetto economico, creando campi che permettano di giocare a prezzi bassi senza peraltro diminuire la qualità del gioco. Tutti questi aspetti richiedono una serie di professionalità preparate ed esperte: paradossalmente serve un greenkeeper più preparato per far funzionare un campo a basso budget. Troppo spesso i circoli sperano di risparmiare abbassando il livello tecnico delle competenze che impiegano: è l’errore più grave che si possa fare. E sul fronte turismo? Essendo originario della Romagna non posso fare a meno di pensare al fatto che l’offerta turistica sul golf non è mai stata in grado di creare sistema: in Italia esistono solo pochi casi di comprensori turistici che possano riempire la classica settimana golfistica che richiedono i tour operator. Spesso traffico ed infrastrutture carenti rendono i campi troppo distanti fra di loro. Spesso poi si incorre nell’incapacità dei circoli di offrire un servizio adeguato, a cominciare da segreterie o ristoranti che non hanno personale in grado di parlare almeno l’inglese.
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Nuovo verde al “Castello”
Il golf di Tolcinasco ha deciso di convertire l’essenza erbosa del percorso Giallo passando alla Bermuda. Il perché di tale scelta, i lavori passo dopo passo e i risultati eccellenti dalle parole del direttore Walter Silvano e dell’agronomo Massimo Mocioni, consulente Federgolf dal 1992
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di Andrea Ronchi
I
l Golf Castello Tolcinasco ha compiuto il primo dei tre passi verso la riconverisone completa del tappeto erboso. L’amministrazione ha deciso di rinnovare il campo poiché il tappeto erboso invecchiando stava perdendo qualità. Ci si è così trovati di fronte a un bivio: intervenire sull’impianto d’irrigazione con costi gestionali elevati oppure effettuare i tradizionali lavori di manutenzione cambiando inoltre l’essenza dei fairway con un’altra che richiede minori esigenze idriche. «Il nostro impianto ha 20 anni e gli irrigatori perciò non distribuiscono l’acqua in maniera uniforme – ci ha raccontato Walter Silvano, direttore del circolo – . Inoltre in estate, a parte quella appena trascorsa, le temperature elevate portavano il campo a una sofferenza naturale». Si così è operato sul percorso Giallo con una conversione integrale del manto erboso avvalendosi della competenza di Massimo Mocioni, che collabora con la Federgolf dal 1992 nella sezione tappeti erbosi. «Il lavoro è andato molto bene per tempistiche, irrigazione e qualità. Non nascondo che il risultato ottenu-
“Il risultato finale è andato oltre ogni più rosea aspettativa e, poche settimane dopo i lavori, il tappeto risultava già perfetto”
Walter Silvano, direttore del circolo milanese
to ha sorpreso anche me – ci ha raccontato –. Il rischio di questo intervento è che le erbe infestanti non possono venire tolte per via chimica inizialmente ma, a parte i tee che sono stati completati per ultimi, non c’è stata alcuna infestazione». Il risultato era eccellente già a poche settimane dal completamento dei lavori. Abbiamo giocato le buche trattate e il colpo d’occhio era notevole. Un tappeto perfetto che, come il buon vino, con il tempo migliorerà ulteriormente. Quale essenza erbosa è stata utilizzata? «La specie è Bermuda, nella declinazione Gramigna comune (Cynodon Dactylon, ndr). Abbiamo deciso di utilizzare questa essenza che ha una foglia più fine e una densità maggiore. Va in fiore riproducendosi ed espandendosi nelle aree che vogliamo». In queste prime fasi, con le radici ancora “baby” le zolle tendono a frantumarsi, però con il passare delle settimane il manto erboso s’infittirà e rimarrà ancora più compatto. Come mai non è stata utilizzata l’Agrostis? «Perché questa specie, sebbene formi un tappeto erboso di qualità eccezionale, che si adatta a un taglio basso, ha più problemi con malattie, acqua e fertilizzanti. Normalmente viene utilizzata su green e tee, quindi in aree limitate». Ovviamente l’obiettivo principale è ottenere un risparmio
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LE FASI DELL’INTERVENTO: DAL DISERBO AL SECONDO TAGLIO Foto 1
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16 giugno: inizio diserbo fairway e tee (foto 1) - 29 giugno: chiusura percorso al gioco - 30 giugno: secondo diserbo fairway e tee (foto 2) - 2 luglio: inizio operazioni di scorticatura fairway e tee (foto 3) - 3 luglio: inizio operazioni di scorticatura tee avanzati + operazioni di livellamento (foto 4) - 7 luglio: inizio semina fairway con traseminatrice Vredo (foto 5) 8 luglio: sabbiatura fairway (foto 6).
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Una veduta aerea del golf di Tolcinasco con al centro il castello che gli dĂ il nome.
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10 luglio: inizio operazioni di irrigazione fairway e tee (foto 7) - 11 luglio: termine operazioni di semina e sabbiatura - 15 luglio: prima settimana dopo semina (foto 8) - 19 luglio: situazione dopo 10 giorni (foto 9) - 26 luglio: situazione dopo 3 settimane (foto 10) - 28 luglio: fertilizzazione fairway e tee - 29 luglio: primo taglio fairway (foto 11) - 4 agosto: seconda fertilizzazione fairway e tee e secondo taglio fairway (foto 12).
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Le operazioni di scorticatura dei tee avanzati
LE FASI DELL’INTERVENTO: DAL TAGLIO DEI TEE ALL’APERTURA Foto 13
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Foto 16
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7 agosto: primo taglio tee (foto 13) - 8 agosto: terzo taglio fairway (foto 14) - 12 agosto: quarto taglio fairway (foto 15) - 14 agosto: secondo taglio tee - 18 agosto: quinto taglio fairway e terzo taglio tee - 19 agosto: fertilizzazione tee - 21 agosto: taglio fairway e tee (foto 16) - 25 agosto: fertilizzazione fairway - 27 agosto: taglio fairway (foto 17) - 28 agosto: taglio tee - 29 agosto: taglio fairway - 6 settembre: apertura percorso Giallo al gioco.
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LE INNOVAZIONI PIÙ IMPORTANTI Agronomo, Massimo Mocioni dal ’92 collabora con la FIG seguendo vivai sperimentali iniziati a Torino su Agrostis. Dal ’96 è consulente per la sezione tappeti erbosi, ma offre la propria consulenza per la manutenzione anche a diversi circoli. “La professionalità di chi fa manutenzione dei campi, la preparazione crescente grazie alla formazione e le capacità dei nuovi superintendent sono l’aspetto più rilevante in termini d’innovazione - dice Mocioni -. Queste persone, che lavorano sul campo, cercano soluzioni alternative e sperimentano direttamente aumentando il loro ma anche il nostro bagaglio
d’esperienza. L’obiettivo è ridurre più possibile i costi, migliorare l’impatto ambientale avendo un tappeto erboso perfetto. Con la Federgolf abbiamo iniziato a sperimentare le differenti essenze erbose in diverse zone per provare come rispondono ai diversi climi diffondendo poi i dati. Negli ultimi anni abbiamo realizzato iniziative con nuove specie nel centro sud, ora la sfida è riuscire a portarle anche nel nord dove il clima è differente. Una delle ultime novità che stiamo sperimentando è l’utilizzo della Bermuda sui green. Questo permetterebbe di fare un ulteriore passo in avanti verso un grande risparmio idrico.”
Interventi di livellamento dei tee sulle nove buche del percorso Giallo del Castello Tolcinasco giallimento nel periodo invernale. Come avete pensato di operare? «Abbiamo chiesto il parere al nostro fornitore di semi, un’azienda spagnola, numero uno al mondo, che ci ha consigliato, almeno per il primo anno, di non effettuare trasemine – ci ha detto ancora Silvano –. I soci dovranno abituarsi a giocare per i mesi invernali su un manto erboso ingiallito che però mantiene inalterate le sue peculiarità per il golf. In questo modo non andremo ad inquinare con altre essenze la purezza della Bermuda e potremo capire le tempistiche legate
all’ingiallimento, perché in questo momento non abbiamo ancora storicità». Oltre alla conversione, il percorso Giallo è stato dotato di un impianto d’irrigazione per il rough. Quali sono i programmi futuri di Tolcinasco? «Abbiamo l’intenzione di convertire anche le buche del percorso Blu con un lavoro identico a quello avvenuto sul Gialle – ha concluso Silvano –, così da poter avere 18 buche da campionato con essenze analoghe ed essere pronti ad ospitare grandi eventi».
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Nella foto, la celebre buca 18 di Carnoustie, links di grandi tradizioni e considerato il più difficile nella Rota dei percorsi che
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di Stefano Boni
bbiamo appena archiviatoi l’ultima Ryder Cup, disputata sul Centenary Course di Gleneagles, percorso disegnato dal grande Jack Nicklaus, sul quale il Team Europe ha riportato la sua terza vittoria consecutiva e l’ottava nelle ultime dieci edizioni. Come nella Ryder del 2010 al Celtic Manor, l’evento si è svolto all’insegna della sostenibilità am-
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bientale, attraverso l’iniziativa Green Drive, che vede coinvolti il Ryder Cup European Committee, Golf Environment Organization e un importante numero di istituzioni locali e nazionali. L’obiettivo è quello di minimizzare i possibili impatti ambientali di un evento di enorme portata quale è la Ryder, affrontando gli aspetti relativi alla mobilità sostenibile, alla filiera di approvvigionamento (facendo ricorso soprattutto a fornitori locali e certificati), alla gestione dei rifiuti, al risparmio energetico. Di certo l’iniziativa è
partita con il piede giusto, perché la sede, Gleneagles, aveva da poco ottenuto la certificazione GEO proprio grazie al suo approccio sostenibile. Le peculiarità ambientali di questo circolo sono diverse, a partire dall’energia, con il 75 percento del fabbisogno di acqua calda e riscaldamento fornito da una grande caldaia a biomassa, passando per il Piano ‘Rifiuti Zero’ fino all’adesione al Piano d’Azione Locale sulla Biodiversità, che prevede la protezione e l’incremento degli habitat dello scoiattolo comune.
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Carnoustie & Gleneagles
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Dalla Ryder all’Open: il grande golf targato GEO ospitano l’Open Championship inglese, la gara di golf più antica e famosa del mondo. Di recente è stato certificato GEO.
La certificazione GEO di Gleneagles è solo l’ultima di una già lunga serie di circoli ‘Major’ che hanno aderito con successo a questo protocollo. In tempi recenti sono stati infatti certificati anche Turnberry e Carnoustie. Quest’ultimo, considerato da molti il tracciato più impegnativo della Rota dell’Open Championship, rappresenta una vera e propria fascia tampone tra un’area dunale protetta e la zona urbanizzata che si trova dal lato opposto. Recentemente l’attenzione di questo club si è concentrata sul recupero pae-
saggistico di alcune zone che avevano perso l’aspetto tradizionale del links: sono stati estirpati numerosi alberi esotici, rimpiazzati con oltre 6.000 nuove piante tipiche dell’areale, ed è stato intrapreso un programma specifico per la gestione delle ampie fasce di erica e ginestra spinosa. Di particolare interesse anche l’iniziativa ‘Operation pollinator’ che prevede la semina di quelle essenze che risultano maggiormente gradite alle api, così come di sicuro impatto per la biodiversità dell’intera area è stata la creazio-
ne di una grande zona umida all’interno del nuovo ‘Button Course’. È da segnalare inoltre che, come nel caso di altri links classici, un programma mirato all’incremento delle festuche fini ha permesso di ridurre nel giro di pochi anni l’apporto di fertilizzanti del 50 percento. Al momento non è ancora dato di sapere quando Carnoustie ospiterà nuovamente l’Open Championship, ma è possibile dire già adesso che la prossima edizione sarà su un campo GEO Certified, l’Old Course di St Andrews.
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Lo splendido percorso toscano, che quest’anno festeggia il mezzo secolo di vita, è stato spesso il primo in Italia a introdurre importanti innovazioni, dalla bermuda all’impianto di desalinizzazione
Nel segno
dell’acqua OLF GOLFGCLUB PROFESSIONE
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In apertura, una veduta aerea della club house di Punta Ala, con in primo piano l’arrivo della 18. Qui sopra lo staff del GC Punta Ala (secondo da destra il direttore Maurizio Serafin) e a destra il dissalatore
di Roberto Roversi
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l Golf Club Punta Ala, che nel 2014 ha festeggiato i suoi primi 50 anni di storia, ha sempre avuto una predilezione per certi primati e per una particolare idea di cosa deve essere un campo da golf. Già il fatto che il tracciato sia stato realizzato in soli due anni, tra il 1962 e il 1964, costituì all’epoca una sorta di record quanto meno europeo. Le stesse tecniche costruttive, dalla scelta delle essenze impiegate (primi in Italia ad adottare le macroterme) al rispetto del contesto ambientale, furono per certi versi all’avanguardia. Il tracciato venne inserito dal progettista Giulio Cavalsani in una folta vegetazione sempreverde con lecci, querce secolari, sughere, pini domestici, corbezzoli, ginestre e bassi cespugli, tipici della macchia mediterranea. In questo ambiente trovano il loro habitat preferito uccelli di ogni specie, dai merli ai tordi, dalle ghiandaie ai picchi, e nel quale si muovono in piena libertà scoiattoli, tassi, istrici, volpi e qualche capriolo. Non mancano neppure i cinghiali che spesso, però, provocano danni ingenti al tappeto erboso. Ci fu, però, una questione che sin dai primi anni di vita del campo richiamò, considerate le caratteristiche dell’area prescelta per l’ubicazione del percorso, parecchia attenzione: le modalità di irrigazione tenuto conto della quantità e della qualità delle riserve idriche naturali presenti. Venne così deciso di realizzare, primo in Europa (altro primato di cui il circolo toscano va orgoglioso), un impianto
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di irrigazione automatico che disponeva di circa 450 irrigatori a scomparsa alimentati da oltre 16 km di tubazioni. Trent’anni dopo, per migliorarne l’efficienza, fu adottato un sistema irriguo completamente computerizzato che fu ulteriormente sviluppato e rinnovato nel 2000. Dal 1980, però, erano iniziati a sorgere diversi problemi legati alle caratteristiche della qualità dell’acqua impiegata per l’irrigazione. Bisogna ricordare che il Golf Club Punta Ala per diversi anni ha utilizzato per l’irrigazione del tappeto erboso del proprio percorso non l’acqua proveniente da falde o pozzi, ma quella ottenuta esclusivamente dalla depurazione delle acque reflue. Il presupposto di non avvalersi di risorse idriche naturali disponibili sul territorio era un impegno che rientrava nella filosofia di gestione aziendale del circolo. L’acqua recuperata con questo sistema, però, aveva alcune caratteristiche che la rendevano poco adatta a un uso irriguo. Era troppo salmastra e nemmeno l’impiego di un depuratore installato nel 1994 riuscì a renderla utilizzabile per una sana irrigazione del campo. Questo problema ebbe pesanti ripercussioni sullo stato di manutenzione del manto erboso. Era un vero peccato che uno dei campi più belli e scenografici del golf italiano si trovasse a soffrire questa condizione, che non permetteva di avere fairway e green all’altezza del disegno e della “location” del percorso. L’unica soluzione per porre rimedio a questa situazione di carenza di risorse idriche apparve la costruzione di un dissalatore che trattasse l’acqua marina e la rendesse usufruibile a un uso irriguo.
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Questo succedeva nel 2004. Come sempre, però, in Italia tra il dire e il fare (e mai come in questo caso il proverbio sembrò adattarsi alla realtà!) c’è di mezzo il mare. Il presidente del circolo, Luciano Nicchiarelli, non si è, però, scoraggiato di fronte al complesso iter burocratico fatto di documentazioni, progetti, permessi e autorizzazioni necessari per la realizzazione dell’opera e così nel 2010 il Golf Club Punta Ala ha finalmente inaugurato la nuova struttura diventando il primo campo da golf italiano (evidentemente da quelle parti a essere i primi in certe cose ci tengono parecchio) che è diventato autonomo dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico grazie all’impiego di un dissalatore. Non solo, ma con l’entrata in funzione a pieno regime dell’impianto il circolo potrà in futuro assicurare anche alla zona circostante una riserva d’acqua potabile supplementare. “È stato un grande sforzo economico – spiega il presidente del club toscano - ma con la realizzazione di questa struttura abbiamo voluto dare due importanti segnali ambientali: il primo riguarda la possibilità di abbattere il consumo di acqua utilizzando direttamente quella di mare; il secondo concerne il contributo offerto alla comunità e ai complessi turistici della nostra area.” In effetti l’impegno finanziario del Golf Club Punta Ala per la realizzazione di quest’opera è stato piuttosto cospicuo considerato che l’investimento complessivo si è aggirato attorno ai 2 milioni di euro, in parte finanziati dall’Istituto per
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il Credito Sportivo, ma il dissalatore rappresenta oggi un’importante infrastruttura non solo per l’attività del circolo toscano, ma anche per l’intero territorio che ha nel turismo la sua economia trainante. Il funzionamento del nuovo sistema di approvvigionamento idrico prevede che l’acqua marina sia raccolta attraverso una tubazione posata sul fondale del mare a parecchi metri dalla spiaggia e inviata a una vasca costruita a ridosso della battigia. Da qui, tramite una conduttura alimentata da pompe, l’acqua di mare raggiunge l’impianto di desalinizzazione vero e proprio che si trova all’interno del circolo, immerso nella macchia mediterranea non creando, quindi, alcun impatto ambientale. Dopo il processo di osmosi inversa che la rende utilizzabile ai fini potabili, l’acqua permeata viene pompata in una vasca di accumulo collegata all’impianto di irrigazione del campo. Attualmente l’impianto è in grado di trattare 600 metri cubi di acqua al giorno, ma è già programmato un ampliamento dei moduli del dissalatore per raddoppiare questa quantità e raggiungere la completa autosufficienza idrica del circolo. Sempre nel rispetto di una filosofia che da anni vede il Golf Club Punta Ala impegnato nella tutela dell’ambiente e nella ricerca di energie alternative e di processi ecocompatibili, in un prossimo futuro è prevista la messa in funzione di un impianto di pannelli fotovoltaici per produrre l’energia elettrica pulita necessaria al funzionamento del dissalatore e dei servizi della club house.
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Soprattutto nei percorsi “parkland”, gli alberi ricoprono un ruolo fondamentale nella gestione del campo e del gioco. Per approfondire questo interessante argomento, abbiamo intervistato un grande esperto come Alberto Minelli, ricercatore presso l’Università di Bologna nel dipartimento di Scienze Agrarie
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Nella foto, il maestoso pino marittimo protagonista della buca 4 di Punta Ala
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di Roberto Roversi
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l più famoso è sicuramente l’“Eisenhower tree”, l’albero alto circa una ventina di metri che si trovava sulla buca 17 dell’Augusta National e che nel febbraio di quest’anno è stato rimosso a causa dei danni irrimediabili patiti dopo una tempesta di gelo. Era un “pinus taeda”, ma in America lo chiamano pino “loblolly”, ed era assunto a notorietà mondiale quando nel 1956 l’allora presidente USA, il generale Dwight Eisenhower, socio del circolo che ospita il Masters, chiese al consiglio direttivo di toglierlo perché, a quanto si racconta, i suoi driver dal tee lo incro-
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ciavano piuttosto spesso. Ovviamente la pur influente e autorevole richiesta fu respinta permettendo all’“Eisenhower tree” di arrivare fino ai giorni nostri accumulando un’età che gli agronomi hanno stimato tra i 100 e 120 anni. Gli alberi nei campi da golf sono elementi che molto spesso caratterizzano il percorso definendone meglio la personalità e il disegno, ma per tanti golfisti, come è successo al vecchio “Ike”, sembra quasi siano impicci che rovinano le traiettorie dei loro tiri e allora l’unico rimedio (per la salute degli score, ovviamente, non degli alberi) appare quello di eliminarli. Invece il patrimonio arboreo di un campo da golf è una ricchezza da salva-
guardare e preservare. Per farlo, però, servono competenze e professionalità specifiche che non sempre si trovano in chi normalmente si occupa della manutenzione dei percorsi. “I tecnici che curano i campi da golf sono bravissimi e molto preparati – spiega Alberto Minelli, ricercatore presso l’Università di Bologna nel Dipartimento di Scienze Agrarie e specialista di questo particolare ambito –. Però molto spesso le loro conoscenze si fermano ai primi 6 centimetri del terreno, quello che interessa il tappeto erboso, la cosa più preziosa e importante che riguarda i golfisti. Di quello che c’è sopra, invece, ne sanno
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Nella pagina accanto, alberi in livrea autunnale al Royal Park - I Roveri. Qui sopra, Tiger Woods alle prese con l’Eisenhower Tree, celebre “pinus taeda” che si trovava sulla 17 dell’Augusta Masters.
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LA PROGETTAZIONE DEI CAMPI A volte sono già presenti e si tratta soltanto di rispettare il contesto, in altre, dove mancano, vanno inseriti seguendo una tecnica progettuale creata e sperimentata dagli anglosassoni. Parliamo degli alberi nei campi da golf. Quando un percorso viene realizzato in un’area nella quale esiste già una vegetazione arborea gran parte del lavoro lo ha fatto la natura che ha provveduto a scegliere le piante più idonee che nel corso del tempo si sono adattate al clima e al posto. In questi casi il compito del progettista è quello di inserire il disegno del percorso avendo cura di non stravolgere l’area che lo accoglie, anzi sfruttando e valorizzando la situazione esistente. Meno si interviene sul patrimonio arboreo, meglio è. Ben diverso, invece, è il discorso relativo alla realizzazione di un tracciato dove non esistono alberi e nel quale, per varie ragioni, si ritiene opportuno inserirli. Per questo tipo di interventi sarebbe necessario applicare metodologie e criteri specifici che non sempre, però, vengono seguiti. Le tecniche di insediamento arboreo seguono principalmente tre punti. Il primo riguarda l’aspetto paesaggistico e architettonico, il secondo la sicurezza e il terzo si riferisce al risparmio dei costi di manutenzione che un corretto inserimento delle piante può comportare. Tra la cose più importanti da decidere al momento della progettazione è la scelta degli alberi da mettere a dimora. Devono essere adeguati alle caratteristiche ambientali del territorio e sarebbe preferibile piantare alberi giovani in modo che crescano adattandosi agli agenti atmosferici e naturali
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che trovano. I giocatori di golf vorrebbero trovare, anche su un campo nuovo, una vegetazione già adulta, ma non è la soluzione migliore in quanto l’adattamento di piante mature non è così scontato e può causare problemi di manutenzione. È, dunque, molto importante stabilire in fase di progettazione del percorso quali tipologie, sia di varietà che di età, di piante impiegare. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il loro numero. Spesso, per le ragioni più varie, si tende ad eccedere con il rischio, quando gli alberi saranno cresciuti, di trovarsi di fronte a una situazione problematica che a volte si deve risolvere con l’abbattimento delle piante in surplus senza contare che alberi troppo vicini tra loro richiedono una gestione più specifica e costosa. L’inserimento della vegetazione arborea si sviluppa anche seguendo criteri legati al gioco, come ad esempio l’uso degli alberi come elemento di separazione tra le buche, o a valutazioni estetiche che possono influire magari sulla scelta della pianta in base al colore, alla forma e alla dimensione della chioma per creare, sin dal momento del progetto, una composizione cromatica che abbellisca il tracciato. Purtroppo non sempre vengono seguite queste metodologie progettuali e il risultato è quello di avere campi pieni di alberi che hanno poco a che fare con l’ambiente che li ospita e magari messi a dimora nei posti sbagliati. A questi errori di progettazione spesso bisogna poi porre rimedio in seguito con aggravio di costi e magari anche di danni al percorso. Come si dice sempre in questi casi, meglio prevenire che curare.
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Nella pagina accanto, il Royal County Down, campo nordirlandese considerato da Golf Digest il più bello al di fuori degli Stati Uniti. Qui sopra, i meravigliosi ulivi secolari che si incontrano fra le buche del San Domenico Golf poco, ma è un problema di formazione generale e di conoscenze per cui succede che la gestione del contesto arboreo di un campo da golf non sia sempre delle migliori e spesso viene fatta con criteri che seguono più le esigenze del gioco che quelle dettate dall’arboricoltura.” Quali sono, secondo lei, i motivi di questi comportamenti? “Purtroppo molto spesso gli interventi sugli alberi non seguono una logica legata alle caratteristiche della pianta, ma si collegano ad altre questioni. Se si ritiene che un albero interferisca troppo con i colpi dei giocatori la prima idea è quella di tagliarlo o di ridurne l’ingombro. A volte capita magari che la presenza di una pianta possa essere fonte di altri fastidi, dal creare problemi a un green al “rovinare” l’estetica di una buca. E an-
che in questi casi si pensa di usare le maniere forti, ma se non si adottano i metodi corretti, che garantiscono prima di tutto la salute della pianta, l’intervento rischia di essere inutile. Molto spesso, quando l’operazione non è effettuata a dovere, il risultato che si ottiene è soltanto quello di danneggiare la pianta o di ritrovarsi dopo poco tempo con lo stesso problema. Questo è solo un esempio della leggerezza con cui a volte si opera nei campi da golf. Invece la gestione del patrimonio arboreo richiede interventi specifici, programmati e competenti, non lavori occasionali.” Cosa si dovrebbe fare? “Il meno possibile. Mi spiego meglio. A far crescere gli alberi nel modo migliore ci pensa già la natura e la cosa più saggia sarebbe quella di non intervenire. Le ope-
razioni di manutenzione si dovrebbero distinguere in due fasi. La prima è quella che viene svolta al momento dell’insediamento della pianta ed è la più importante perché richiede una grande cura e attenzione, che significano vantaggi nella vita futura dell’albero. La seconda riguarda il mantenimento della pianta adulta sulla quale si dovrebbe intervenire solo per eventi straordinari. In ogni caso se si dovessero rendere necessari degli interventi per risolvere situazioni particolari, consiglierei ai circoli di golf di rivolgersi a un esperto e di non affidarsi al “fai da te” che alla lunga si rivela più costoso e non risolve i problemi. Non dobbiamo dimenticare che la presenza degli alberi in un campo da golf deve essere considerata un pregio, soprattutto per il suo valore paesaggistico, e non un problema come a volte pensano i golfisti.”
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Qui sopra, il bellissimo sipario di alberi che circonda la famosa buca 7 del percorso Giallo a Castelconturbia In un campo da golf troviamo tappeti erbosi di varia natura, arbusti, alberi. E’ un convivenza difficile? “In generale non lo sarebbe perché sarebbe la natura a determinare la selezione e il giusto equilibrio. In un percorso da golf, però, abbiamo altre esigenze e dobbiamo trovare un compromesso. Dobbiamo pensare al campo come un microsistema naturale complesso nel quale ogni intervento incide sul contesto. Ad esempio i trattamenti cui viene sottoposto il tappeto erboso influiscono sullo sviluppo
degli alberi e allo stesso tempo possiamo avere dei problemi legati alla maggiore irrigazione di cui ha bisogno l’erba rispetto a una pianta. Ci sono poi delle esigenze tecniche che, ad esempio, sconsigliano la presenza di alberi a ridosso dei green o dei tee in quanto l’ombra delle chiome non è salutare per la vita del delicato tappeto erboso che si utilizza in queste parti del campo. Abbiamo anche il problema delle foglie che in autunno cadono a terra rendendo la vita difficile ai golfisti. Per quanto riguarda gli arbusti o i cespugli
li considero un naturale e indispensabile collegamento tra l’erba e gli alberi, ma so che non sono molto amati dai golfisti e per questo vengono quasi sempre posizionati lontano dalle zone di gioco. Come si vede non è facile far quadrare tutto questo, però gran parte di questi problemi si evitano con una buona progettazione iniziale o, qualora ciò non fosse stato possibile, si può rimediare con interventi intelligenti. Ho visto potature che hanno ‘massacrato’ alberi secolari al solo scopo di rendere il campo più giocabile.”
IL CURRICULUM DI ALBERTO MINELLI Alberto Minelli, 50 anni, docente in materia di Parchi e Giardini all’Università di Bologna e Ancona dal 1996, si occupa di verde ornamentale (sia per la gestione delle alberature sia per la progettazione di spazi verdi) come ricercatore dell’Università di Bologna. Ha iniziato a collaborare con Federgolf a partire dal 2000, ma il suo rapporto con l’ambiente golfistico è in essere dai primi anni ‘90. Sin dagli inizi si è occupato della gestione
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degli alberi, con particolare interesse per quelli dislocati sui percorsi golfistici. Minelli fa parte del comitato tecnico-scientifico della FIG per la sezione paesaggio ed è coinvolto nel progetto “Impegnati nel verde”. Attualmente conduce un percorso di ricerca che interessa diversi campi da golf del Nord Italia, volto all’ottimizzazione e alla corretta conservazione del patrimonio arboreo.
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