PROFESSIONE
by GOLF&TURISMO
GOLF CLUB CLUB
ECOLOGIA
BioGolf: ecco il progetto INDAGINE
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore
I numeri del golf in Italia
GOLF CLUB
Manzano e Le Saie
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INTERVISTE
Gerolamo Valle Marco Antonageli Mauro Mantovani
PRIMAVERA 2015 04/05/15 18.37
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PRIMAVERA 2015
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GOLF CLUB
Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno III - numero 7 - Maggio 2015 - 8,00 euro Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419313), Roberta Vitale (02 42419236) Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico)
EDITORIALE - Una calamità chiamata “gioco lento”
Fulvio Golob
SOLIDARIETÀ - Il golf aiuta il golf NEWS - Notizie dall’Italia e dall’estero a cura della redazione
AITG - “We can work it out” BIOGOLF - Strategie di sviluppo
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Paolo Croce
GEO - Le Fronde - Certificazione da Nobel Stefano Boni
INTERVISTA - Gerolamo Valle - Arenzano Roberto Zoldan
SERIOUS GOLFERS - Chi controlla i controllori? Filippo Motta
Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it
a cura della redazione
Paolo Montanari
INCHIESTA - Tesserati 2014 - I numeri del golf italiano Andrea Ronchi
JOHN DEERE - Tecnologie avanzate INTERVISTA - Marco Antonangeli - Bologna Roberto Roversi
TREND - Comunicazione e strategie Maurizio Trezzi
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Presidente: Alessandro Zonca
ASSOCIAZIONI - ACG verso i 30 anni Rossana Parise
Vice Presidente: Silvio Conconi
IN CLUB HOUSE - Storie da raccontare
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Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob
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NOVITÀ DAL DESKTOP - Gestione gare Andrea Ronchi
LAVORI - St Andrews - Si fa presto a dire bunker a cura della redazione
INTERVISTA - Mauro Mantovani - Udine Roberto Lanza
Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento)
Roberto Roversi
SPERIMENTAZIONE - Green in macroterme PROGETTAZIONE - Priorità e sviluppo Franco Piras
Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano.
NUOVI CAMPI - Sicilia, Le Saie
Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it
INSEGNAMENTO - I PGA Golf Pro, risorse da considerare
Amministratore Delegato: Alessandro Zonca
BACKTEE - Il piccolo oggetto delle nostre ossessioni
Responsabile di testata: Alessio Maggini (02 42419249) - alessio.maggini@publimaster.it
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Marco Dal Fior
Sito web: www.professionegolfclub.it
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Editore: Go.Tu. Surl
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Fabrizio Pagliettini
GOLF E DIRITTO - Certificazione medica
Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it
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Isabella Calogero
Hanno collaborato a questo numero: Stefano Boni, Lucio Colantuoni, Isabella Calogero, Paolo Croce, Alessandro De Luca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Paolo Emilio Pacciani, Fabrizio Pagliettini, Rossana Parise, Franco Piras, Luca Porcu, Roberto Roversi, Luca Salvetti, Alfredo Tosca, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan
Creative Director: Patrizia Chiesa
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Marco Lanza
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Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.
Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2014 Go.Tu. Surl
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EDITORIALE
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Fulvio Golob
Una calamità chiamata “gioco lento” Il club di golf più famoso del mondo, il Royal & Ancient di St Andrews, ha fatto svolgere una vasta indagine mondiale da cui emerge l’irato giudizio dei golfisti sui tempi troppo lunghi di gioco. È davvero ora di fare qualcosa
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ual è lo stato del Golf in Italia? Ce ne occupiamo, su questo numero della Primavera 2015 di Professione Golf Club, attraverso un articolo di Andrea Ronchi che esamina i numeri ufficiali dei tesserati alla Federgolf al termine dello scorso anno. Come già sappiamo c’è stata un’ulteriore piccola contrazione (-1,47%) di giocatori, la terza consecutiva. Un trend negativo che ci riporta ai valori del 2007, quando la crescita leggera ma continuata di lungo periodo aveva consentito di superare la fatidica soglia dei 100mila praticanti due stagioni dopo. Per un esame approfondito, vi rimandiamo direttamente al servizio, che potete trovare a partire da pagina 36. Vi segnaliamo inoltre da pagina 18 il maxi articolo, introdotto da Paolo Croce, che presenta punto per punto il progetto BioGolf supportato da ICS, cui fanno riscontro interviste al presidente di Arenzano (Gerolamo Valle), al direttore di Bologna (Marco Antonangeli), al superintendent di Udine (Mauro Mantovani) e molti interessanti servizi che vi invitiamo a scoprire e a leggere con attenzione. Vogliamo però dedicare la parte principale di questo editoriale a un argomento che ci è particolarmente caro e riguarda il gioco lento, vera rovina per il nostro amato golf. Questa volta introduciamo un’indagine mondiale condotta in sei lingue (cinese, giapponese, francese, inglese, spagnolo e tedesco) con risposte pervenute da 112 Paesi, per un totale di 54.400 questionari. Un’enormità, statisticamente parlando. In questa sede accenneremo solo ad alcuni spunti interessanti della ricerca, di cui parleremo diffusamente sul prossimo numero, quello estivo. Innanzitutto è fondamentale sottolineare che il committente del sondaggio è stato il Royal & Ancient, il celeberrimo club di St Andrews che regge da tempo immemore le sorti del golf mondiale. E il fatto che l’R&A si sia mosso con un intervento di così ampio raggio la dice lunga sulla preoccupazione che anche nella “Home of Golf” si sta avvertendo nei confronti del gioco lento e nei tempi troppo lunghi per chiudere un giro, calamità simili ma che si abbattono in modo diverso sull’attività golfistica. La ricerca si proponeva di verificare e identificare i problemi che affliggono il Gioco e il loro impatto sulla partecipazione. Nella fascia di appassionati compresa fra 25 e 44 anni, il 21
per cento a livello mondiale dichiara che un giro di campo dovrebbe richiedere un’ora e mezza in meno di quello che accade normalmente per incentivarli a giocare più spesso. Il 19 per cento dei quasi 8.500 intervistati di questa categoria afferma che sta considerando con favore l’ipotesi di giocare più frequentemente su nove buche. Sull’intero campione che ha partecipato alla ricerca, i due fattori più rilevanti che riducono le opportunità di gioco sono gli impegni di lavoro (36%) e quelli familiari (29%), ma il tempo eccessivo passato in campo è subito al terzo posto (16%). Gli altri, in ordine decrescente di importanza, sono gli hobby o gli sport alternativi, il costo complessivo della pratica, la difficoltà del Gioco e il costo dell’attrezzatura. Il tempo considerato corretto per una gara (sono state esaminate le quattro principale formule di gioco) è in gran parte compreso fra le tre ore e mezza/quattro per il 35,2% dei rispondenti e fra le quattro/quattro e mezza per il 39,1%. Queste fasce di tempo vanno perciò ben oltre i due terzi complessivi dei giocatori, senza considerare che l’altra più gettonata è quella fra tre ore/tre ore e mezza (13,4%). Come sappiamo bene, la realtà è molto diversa e quindi è facile ipotizzare una corrosiva insoddisfazione per molti praticanti. L’R&A ha già deciso di organizzare un convegno verso fine anno, con la partecipazione di numerose associazioni golfistiche, per discutere come affrontare il problema della lentezza di gioco, prendendo in esame il comportamento dei giocatori, la gestione del gioco e le richieste dei circoli. “Questa indagine – ha affermato Duncan Weir, direttore esecutivo presso l’R&A della sezione ‘Working for Golf’ – è il primo passo per esaminare in dettaglio l’ampio ventaglio di problemi che oggi frenano la partecipazione al Gioco. Abbiamo infiniti aneddoti e prove che ci fanno puntare il dito contro il ritmo di gioco e il tempo trascorso in campo. Il prossimo passo sarà quello di coinvolgere i partner dell’industria golfistica per trovare insieme nuove soluzioni, dopo aver ascoltato il loro rilevante parere. Il nostro forum a fine 2015 ci offrirà l’opportunità di aprire un fondamentale tavolo di discussione”. Speriamo che queste ottime intenzioni si traducano in interventi concreti e ben determinati. Il golf del XXI secolo ne ha davvero bisogno per non perdere ulteriore terreno. fulvio.golob@professionegolfclub.it
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I L G O L F A I U TA I L G O L F Colline del Gavi e Terme di Saturnia
Il crowdfunding a 18 buche sfiora i 30mila euro Isabella Calogero, con il supporto di Golf &Turismo e Professione GOLF CLUB sulle riviste e sul web, ha raccolto fondi per i due circoli e aperto una nuova strada... a cura della redazione
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l piccolo mondo del golf italiano non aveva mai avuto esperienza di un’operazione di crowfunding, ovvero di un finanziamento collettivo dal basso che mobilitasse persone e risorse. A smuovere le cose ci ha pensato Isabella Calogero, penna di Golf & Turismo, che dalle pagine web della rivista e su quelle cartacee di Professione GOLF CLUB
ha lanciato quest’inverno l’innovativa iniziativa “Il Golf aiuta il Golf” a favore dei due circoli di Colline del Gavi e del Terme di Saturnia, gravemente danneggiati dalle alluvioni dello scorso mese di ottobre. Quasi trentamila euro - 27.266 per la precisione - raccolti in 25 tornei di beneficenza disputati in altrettanti circoli dal nord al sud dello Stivale, con oltre 1.500 golfisti impegnati sul campo. Questi i numeri dell’operazione di solida-
Nella foto la consegna dell’assegno a Francesco Berti Riboli (Colline del Gavi, a sinistra) e ad Antonella Manuli (Terme di Saturnia) . Al centro, Isabella Calogero, dietro Andrea Valmarana, presidente del Collegio Revisori dei Conti della Federgolf. La cerimonia si è svolta al Circolo Golf di Rapallo.
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rietà. La catena di beneficenza ha chiuso i battenti il 25 gennaio presso il Golf & Tennis Club Rapallo, teatro non solo delle 18 buche conclusive, ma anche e soprattutto della consegna dei due assegni da 13.633 euro ciascuno ai presidenti dei due club, Francesco Berti Riboli e Mario Davide Manuli. Inaugurato nei primi giorni di novembre con la disputa delle primissime gare, il circuito “Il Golf aiuta il Golf” si è dunque snodato lungo la Penisola in molte delle regioni italiane: si è giocato infatti in Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Lazio. In questa rincorsa alla solidarietà, mai tentata in precedenza, ogni circolo che ha aderito al progetto ha organizzato un torneo ad hoc il cui ricavato è stato devoluto su un conto corrente dedicato. Ma non solo: alcuni club hanno voluto persino rilanciare, organizzando sia contest sul putting green, sia, soprattutto nel periodo natalizio, tombole e riffe di beneficenza. Alla fine, come dicevamo, il totale raccolto ha sfiorato i trentamila euro, forse una goccia nel mare del disastro, ma sicuramente un punto di partenza non solo per i due club alluvionati e anche per il golf italiano, che, seppur in un frangente così delicato, ha dimostrato di saper fare sistema. Quest’iniziativa di solidarietà messa a punto davvero in pochissimi giorni, ha segnato un momento di rottura nel mondo del green azzurro: il crowfunding ha infatti finalmente varcato anche le soglie dei nostri golf club. E se è vero che è già una basilare fonte di finanziamento per circa mezzo milione di progetti europei che altrimenti non riceverebbero mai i fondi necessari per vedere la luce, anche sui green nostrani in futuro potrebbe rivelarsi un’arma altamente strategica.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Parma Il golf adesso ha un Ducato Con la creazione del Golf del Ducato, il club La Rocca di Sala Baganza, una decina di chilometri a sud di Parma sulle prime pendici dell’Appennino emiliano, è entrato a far parte di una nuova gestione che comprende anche il campo di pitch and putt del Parma Golf a Vigatto. Sotto la direzione di Alessandro Carrara, chiamato a guidare anche il circolo salese con l’inizio del nuovo anno, coadiuvato da Caterina Quintarelli, direttore sportivo, sono partiti i lavori di riqualificazione che stanno coinvolgendo sia il campo che le strutture di ricevimento. Per quanto riguarda la club house, è stata ristrutturata la parte comune e rinnovato l’interno del bar. Uno degli interventi di cui maggiormente si sentiva la necessità è stata la recinzione di tutto il percorso con filo elettrico a bassa tensione per evitare l’accesso al campo da parte dei cinghiali, che negli ultimi anni hanno causato danni ingentissimi e che ora non costituiscono più un problema.
➤ Altopiano di Asiago La casa per il golf e lo sci di fondo La Regione Veneto ha deciso di cofinanziare con il contributo di un milione e 125 mila euro un’interessante proposta del Golf Club Asiago, sostenuta anche dal Comune. Il progetto prevede un edificio pubblico da destinare al golf e allo sci di fondo, in località Meltar, per rilanciare il turismo sull’Altopiano di Asiago. L’intervento è ancora in fase preliminare: il Comune conta di indire la gara per la realizzazione tra settembre e ottobre, per avere la struttura operativa entro il 2016 o al massimo il 2017. Il nuovo edificio sarà realizzato interamente in legno e strutturato su tre piani, uno dei quali completamente interrato, per una superficie complessiva di quasi 700 metri quadri. «Da molti anni - ha commentato il sindaco di Asiago, Roberto Rigoni Stern - stiamo lavorando a questo progetto, che oggi riusciamo a finanziare grazie all’intervento pubblico, integrato dalla importante compartecipazione del Golf Club Asiago. La struttura polifunzionale vivrà grazie alle sinergie tra golf e sci da fondo, per rilanciare lo sport in chiave turistica».
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Sul campo è iniziata la realizzazione di stradine per i golf cart lungo tutto il percorso, un dettaglio non secondario in un circolo nel quale la presenza e l’utilizzo dei cart è massiccia. Per quanto riguarda le buche, si stanno rimodellando i nuovi back tee alle buche 7, 8, 12, 13, 14, 17 e 18. Inoltre si sta procedendo alla nuova modellazione ed al restringimento dei fairway. Una particolare attenzione viene data alla manutenzione dei green con la consulenza di Alessandro De Luca e la collaborazione della ditta Battaglioli. La grande novità è poi la creazione della Parma Golf Academy, che opera anche sul campo di Vigatto, alla quale collaborano i maestri Anna Nistri, Andrea Corbellini, Cosimo Baroni, oltre che la psicologa Samantha Bernardi. Sono stati redatti piani di lavoro su misura per golfisti senior, mid amateur, neofiti e soprattutto bambini, per i quali sono in programma anche stage intensivi al termine dell’anno scolastico. Parma Golf ha già creato 153 nuovi tesserati dal 2012 ad oggi e su questo slancio l’intento è di coinvolgere il Club La Rocca nel rilancio del golf parmense. P.E.P.
➤ Roma Nuovo nome per Parco de’ Medici A partire dal 1 aprile lo Sheraton Golf Hotel & Resort è diventato Sheraton Parco de’ Medici Rome Hotel. Il nuovo nome non prevede alcuna variazione circa le offerte e i servizi ai golfisti.
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➤ Sanremo Il Comune mette in vendita il Golf degli Ulivi? L’amministrazione Biancheri ha riproposto l’ipotesi della vendita del campo di golf. Il piano delle alienazioni “salva bilancio” definito dal Comune imperiese comprende la vendita anche dell’ex tribunale. L’impianto golfistico, situato in regione San Giacomo, copre un’area di 380mila metri quadri con il percorso a 18 buche e la club house. Molto importante però la variante già approvata per realizzare un albergo, con superficie massima di 3.800 metri quadri e altezza fino a quattro piani. La base d’asta è stata fissata in 13 milioni 722mila euro. Davanti a una serie di proteste il sindaco Alberto Biancheri, già presidente del Circolo Golf degli Ulivi, ha così risposto «L’intenzione non è quella di alienare la struttura o modificarne l’uso - spiega Biancheri - perché verrà mantenuto, attraverso un’apposita convenzione, l’ambito ricettivo-turistico». La speranza dell’amministrazione è che l’impianto golfistico sanremese attiri l’interesse di qualche grande gruppo, magari per creare una sorta di circuito con altri circoli, tenendo conto del vantaggio, tutt’altro che trascurabile, di potere utilizzare il percorso praticamente tutto l’anno, grazie alle condizioni climatiche favorevoli.
➤ Siena Prende forma l’ipotesi di Chianciano Terme L’Amministrazione comunale di Chianciano Terme (Siena) vuole realizzare un campo da golf nel suo territorio. Secondo il sindaco, Andrea Marchetti, bisognerebbe abbandonare quello iniziato e mai terminato in località Acquabianca. È stata perciò attivata la procedura per un rinnovato
piano operativo che individui una nuova area. Secondo il primo cittadino della cittadina in provincia di Siena, “chi viaggia chiede ‘esperienze” e per Chianciano Terme è fondamentale che, oltre alle strutture termali, si possa fare pratica sportiva: un campo da golf è un tassello fondamentale
per l’offerta della nostra località”. Per appoggiare il progetto è stata citata un’indagine recente realizzata dall’Osservatorio Nazionale sul Turismo Italiano (Unioncamere), secondo cui tra gli sport che attirano i turisti in vacanza il golf si pone ai primissimi posti.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Biella Cavaglià ha inaugurato le 18 buche L’UNA Golf Hotel Cavaglià ha presentato il suo nuovo percorso che, grazie agli importanti interventi di ampliamento, è passato da 9 a 18 buche. Il nuovo campo, secondo 18 buche della provincia di Biella, è stato progettato dall’architetto Giorgio Ferraris e, con il suo par 68 per un totale di 4.600 metri, si presenta come tecnicamente piacevole e al tempo stesso divertente per gli appassionati del settore. Elena David, Amministratore Delegato di UNA Hotels & Resorts, ha commentato: «Da sempre sostengo la necessità di sviluppare politiche di promozione turistica comuni e integrate sia con riferimento al brand Italia che rispetto a specifici segmenti. In particolare UNA Hotels & Resorts è da anni in prima linea nella promozione del golf, sia per aumentare il flusso turistico di questo target che per le sue potenzialità come volano per l’offerta turistica italiana nel suo complesso. Per questo UNA si è impegnata da tempo a sostenere progetti volti a sviluppare la cultura del golf nel Paese e a innalzare l’offerta italiana nel rank internazionale. La candidatura dell’Italia come sede della Ryder Cup del 2022 è un forte segnale che conferma la bontà della scelta ma per raggiungere l’obiettivo ultimo è fondamentale continuare a ragionare in termini di sviluppo, investimenti e qualità.» «Siamo orgogliosi di essere riusciti a realizzare questo progetto. Il nuovo campo a 18 buche rappresenta un’opportunità di crescita della nostra struttura nel mercato del turismo golfistico, ma anche un’occasione per il territorio - ha commentato Paolo Schellino, Presidente dell’UNA Golf Hotel Cavaglià - L’ampliamento si inserisce in un più ampio progetto di promozione della cultura del golf in Piemonte perché il nostro Circolo si trova in una posizione strategica, ideale punto di partenza per un tour completo che comprenda gli altri campi a noi vicini.»
➤ Matera Metaponto adesso cammina da solo Il circolo della Basilicata, pur mantenendo un rapporto di partnership con il vicino Riva dei Tessali, ha acquisito una propria identità. A partire dal mese di marzo infatti ha un proprio sito internet www.metapontogolf.it e una e-mail diretta, golfclubmetaponto@libero.it. Aggiornati anche i contatti telefonici che sono 0835 748916-17. Ottimo per una vacanza tutta mare e golf, l’hotel ha prezzi che partono da 150 euro per la camera singola e 220 euro per la doppia. Sconti e promozioni disponibili sul sito.
➤ Rimini Il Riviera cambia volto Dopo una breve pausa, necessaria per apportare alcune modifiche al campo da golf, domenica 15 marzo è ripartita la stagione agonistica del Riviera Golf Resort di San Giovanni in Marignano (Rimini), il cui cartellone si presenta ancora una volta ricco di competizioni e di novità. La prima riguarda proprio il campo, e in particolare le buche 17 e 18 che, per convivere armoniosamente e in sicurezza con la pista ciclabile realizzata lungo il fiume Conca, sono state oggetto di un restyling curato direttamente da un architetto di livello come il canadese Graham Cooke. Radici da contenere, nuovi schermi realizzati con essenze arboree, riparazione dell’impianto di irrigazione, sostituzione del manto erboso ammalorato: un lavoro impegnativo che ha occupato parecchio lo staff del Riviera Sport nei mesi invernali. Le buche 17 e 18 sono passate entrambe da par 5 a par 4, ma quello che a prima vista potrebbe sembrare un difetto in realtà regala un percorso più sfidante, nonché molto divertente, che di certo ingolosirà i golfisti più preparati.
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✉ La disfatta di Serre Il campo ormai non esiste più. Sull’esempio di altri battaglie perse molto male, quali quella de Le Madonie, in Sicilia, sui green dell’ex golf club Le Costiere, in provincia di Salerno, pascolano oggi pecore e capre. Una fine ingloriosa per il campo da 18 buche costato 12 milioni di euro, di cui la metà a carico dei contribuenti, tramite finanziamenti europei. Era il settembre 2013 quando è iniziata la parabola discendente del Persano Golf Resort e da allora nulla è stato fatto per salvare il campo da golf, presentato come più importante del Mezzogiorno, e gli addetti che ci lavoravano.
✉ Progetti a L’Avana Il governo di Cuba, guidato dal presidente Raul Castro, per attrarre anche un turismo cinque stelle sta pensando a nuovi progetti per la costruzione di numerosi campi da golf sia all’interno di nuovi complessi residenziali che in zone più isolate. In via di realizzazione strutture sia nella zona ovest dell’isola, nei pressi di Pinar del Rio, che alla periferia della capitale, L’Avana. Ad investire, con la formula della joint venture con una società locale, sono stati chiamati consorzi stranieri a cui il governo cede la proprietà dell’area per 99 anni. A Bellomonte, vicino a Varadero, a est dell’Avana, è in programma un complesso turistico con 2.000 appartamenti e un campo da golf. L’investimento previsto da una società inglese sfiora i 350 milioni di dollari. In tempi recenti il golf è diventato anche lo sport preferito di Raul Castro, fratello di Fidel.
✉ Footgolf a Poggio dei Medici UNA Hotels & Resorts, catena legata al mondo dello sport e che già dispone di molte strutture dotate di impianti sportivi, ha fatto il suo ingresso in una nuova disciplina, il Footgolf. Si aggiunge infatti al meraviglioso campo da golf di 18 buche dell’UNA Golf Poggio dei Medici un campo di 18 buche di Footgolf, inaugurato a fine marzo con la prima tappa del Campionato Interregionale Centro Nord dell’Associazione Italiana Footgolf.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Livorno Si gioca in città Il campo da golf di Livorno è diventato realtà. Nello scorso gennaio è stato infatti tagliato il nastro della struttura situata a ridosso dei Tre Ponti, in largo Christian Bartoli 1, e il giorno 17 si è partiti con l’inaugurazione del campo pratica. In un prossimo futuro è poi prevista l’apertura di nove buche, destinate ad essere un impianto popolare, comunale e aperto a tutti nella zona di Banditella. A dicembre era già arrivata, secondo quanto dichiarato da Andrea Scapuzzi, presidente del Golf Club, l’omologazione del campo pratica da parte della Federgolf. Accanto al campo-pratica procede il cantiere per la costruzione delle nove buche e per la realizzazione di una club house con ristorante e altri servizi. Per la primavera è prevista la preparazione dei green e la semina del manto erboso, con la possibilità di aprire il gioco durante l’estate.
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➤ Arezzo La sfida di Cavriglia Campi da golf, un lago balneabile, percorsi ciclistici, maneggi, ma anche campi eolici e fotovoltaici, e una centrale idroelettrica. “È quello che faremo nell’area di Santa Barbara, nel Comune di Cavriglia, in provincia di Arezzo”. Lo annuncia il governatore della Toscana, Enrico Rossi, in un post su Facebook, a proposito dei progetti futuri per l’ex miniera di lignite in Valdarno. Deliberato dalla Regione un finanziamento di 150mila euro per investimenti in impianti sportivi nell’ex area mineraria, dove il golf cresce grazie al golf club “Le miniere”. Dopo che nel 2010 era stato creato un campo pratica, nel 2012 erano partiti i lavori per la realizzazione di un piccolo campo a tre buche (fra di esse un laghetto artificiale intermedio alimentato da un pozzo), destinato a costituire il primo nucleo attorno al quale potere, in futuro, arrivare a creare una struttura completa con 18 buche.
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✉ Expert Golf nuovo look L’anno scorso nel mondo si sono giocati oltre un milione di giri di golf con l’app “Expert Golf” e anche quest’anno sarà il compagno indispensabile per molti giocatori. La più popolare app di golf vanta oggi un design rinnovato e migliorato. Le funzioni che l’hanno resa famosa sono rimaste invariate: distanze via GPS, score card elettronico con calcolo dei punti Stableford, risposte alle domande di regole e consigli per colpi difficili. Grazie al sistematico miglioramento dell’App, così come all’eccellente supporto clienti e alla revisione giornaliera del database dei campi, “Expert Golf” è rimasta nella top ten dell’App Store per diversi anni ed è raccomandata da Apple. L’aggiornamento più recente alla versione 5.0 è adesso disponibile sull’App Store.
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Associazione Italiana Tecnici di Golf
“We can work it out”
foto di Cristiana Casotti
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e can work it out”: quasi 50 anni fa, precisamente il 20 ottobre 1965, i Beatles registravano questo celeberrimo brano che di generazione in generazione rimane uno degli “incisi” più riusciti e cantati della musica mondiale. Bene… che c’entra tutto questo con il nostro Meeting AITG, svoltosi a Tolcinasco? Assolutamente nulla se ci si ferma all’aspetto musicale, ma certamente molto se entriamo nel significato racchiuso nel titolo. Poco importa se all’epoca i quattro baronetti parlavano d’amore mentre oggi parliamo di lavoro. La cosa che mi ha risuonato nella testa quando avevamo pensato all’introduzione del Meeting di marzo è stato l’obbligo di trasferire un obiettivo
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in una situazione di grande disagio generale, trovando il giusto slogan che riassumesse una certezza. Ed eccolo, per la due giorni milanese, racchiuso in poche parole: “We can work it out”, noi possiamo farcela, noi possiamo riuscirci. Facile cantarlo… difficile realizzarlo. Ma in questo periodo è assolutamente necessario non cercare alibi a tutti i costi, non piangersi addosso e trovare la forza, l’energia e la positività che solo il gruppo può trasferire. Ripartire insomma da un punto fermo, dalla consapevolezza che dobbiamo cercare dentro di noi, nella nostra professionalità, nella nostra unione la spinta per qualificare e dare dignità ai nostri sacrifici e al nostro lavoro. Questo lo spirito con il quale è stato affrontato e vissuto il nostro incontro di Tolcinasco. Abbiamo accolto con grande piacere Peter Landschoot. Il suo apporto professionale e il suo parere super partes ci è stato di grande aiuto nel fornirci informazioni im-
portanti per affrontare anni di grande e preoccupante “rivoluzione agronomica” nella gestione del verde nei nostri campi. Presente come consuetudine la Scuola Nazionale rappresentata da Massimo Mocioni e Corrado Graglia, mentre nuove e interessanti opportunità assicurative sono state presentate da Massimo Germani e Giuseppe Loro. Con Andrea Valmarana e Ernesto Russo sono state affrontate tematiche amministrative e gestionali di particolare interesse per l’area Club Manager. Ha inoltre suscitato molto interesse la nuova App Ges Golf, studiata appositamente per migliorare la qualità del lavoro nelle nostre segreterie. Ringraziamo per la loro partecipazione alla prima giornataanche il vice presidente federale, Antonio Bozzi, Gigi Lombardini e Maurizio De Vito Piscicelli. Mi riempie di orgoglio aver avuto con me la figlia di Gianfranco Costa e a lei aver potuto consegnare una targa per ricordare simbolicamente tutto quello che
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Nelle foto alcuni momenti del’affollato meeting primaverile AITG svoltosi al Castello di Tolcinasco. In mezzo a tanti partecipanti eccellenti, il tavolo della presidenza durante i discorsi di apertura, gli interventi di Peter Landschoot (al centro), Daniela Altera e Antonio Bozzi (in alto a destra), la targa per Gianfranco Costa (qui sopra).
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Associazione Italiana Tecnici di Golf ha rappresentato per Aitg e per tutto il movimento golfistico l’opera preziosa e esemplare di Gianfranco. Quest’anno il “suo” campo, Garlenda, festeggia i 50 anni dalla fondazione. Occasione migliore non poteva esserci per dedicargli un doveroso riconoscimento insieme alla federazione italiana golf. Anche i nostri sponsor hanno avuto il doveroso e meritato spazio per raccontarci le loro novità e presentare i prodotti. Un’opportunità che anche questa volta ci ha consentito di riportare a casa il beneficio della conoscenza, unito a qualcosa di dovuto da parte di tutta l’Aitg: attenzione e riconoscenza per il contributo essenziale che danno alla nostra Associazione. Il secondo giorno ha fornito altri spunti di notevole livello. A cominciare dalla presen-
za di Daniela Altera, rappresentante per il Ministro dell’Agricoltura, che ci ha consentito di affrontare argomenti che erano senz’altro interessanti per tutti gli Associati. Abbiamo anche parlato del mondo della disabilità e del rapporto con il golf cercando di presentarvelo in un modo un po’ più completo, arrivando a raccontarVi le potenzialità turistiche di questo binomio che la Federazione Italiana Golf sta seguendo con attenzione e che AITG ha il dovere (e anche il piacere) di aiutare a radicarsi sul nostro territorio, per offrire un’opportunità in più al disabile ma anche ai nostri Club. A chiudere, insieme ai momenti di convivialità come sempre molto intensi e coinvolgenti, la proclamazione dei “Club e Course Manager dell’Anno”. Per il 2015 i due premi sono andati rispettivamente a
Egle Ancillotto, direttore di Villa Condulmer, e a Mario Bovone, superintendent di Rapallo. A entrambi, il grande applauso di tutta l’Associazione. Ho iniziato il meeting ricordando tutti i miei colleghi che hanno perso il posto di lavoro in questo ultimo periodo. Voglio finire questo editoriale dedicando loro un pensiero profondo e manifestando l’impegno personale e di tutto il consiglio mirato a fare tutto il possibile per difendere la nostra professionalità e il nostro ruolo all’interno dei circoli. La Federazione ha promesso di essere al nostro fianco; siamo convinti che crisi non può coniugarsi con perdita di professionalità ma casomai con il contrario. E ci batteremo per questo obiettivo! We can work it out! Fabrizio Pagliettini
Gruppi, sponsor e macchine in campo al meeting di Castello Tolcinasco. In alto al centro, il presidente Aitg, Fabrizio Pagliettini, con i due “padroni di casa”, Walter Silvano (a destra) e Nicola Veclani (al centro). Qui sopra il Consiglio Aitg con i due premiati 2015 quali Club Manager (Egle Ancillotto) e Course Manager (Mario Bovone).
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13 I GREENKEEPER ITALIANI E I NUOVI CAMPI DA GOLF IN MAROCCO
Alla scoperta di Agadir, Essouirà e Marrakesh Negli ultimi anni i migliori architetti mondiali di campi da golf hanno progettato nel paese nordafricano percorsi di grande bellezza. Una delegazione di nostri superintendent è andata a visitarli
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“Nuovi campi da golf che coniugassero la bellezza architettonica e paesaggistica , il massimo gradimento dei giocatori e , contemporaneamente , la loro sostenibilità economica” : è con questo spirito che la Herbatech ha organizzato lo scorso dicembre la visita di un gruppo di greenkeeper italiani ai migliori campi di Agadir, Essouirà e Marrakesh, in Marocco. Guidati dall’AD di Herbatech, Giuseppe Serenelli, da Alessandro Bertolini, consulente del golf L’Ocean di Agadir, proprietà della famiglia reale del Marocco, e dal greenkeeper di ciascun campo, la delegazione ha potuto visitare nuovissimi percorsi quali Tazegzout, Mogador, The Mongomery, Argan, Assoufid, e Amelkis (in restyling) nonché altri campi storici, come Les Dunes, L’Ocean e Le Soleil. I visitatori sono rimasti impressionati dalla qualità architettonica dei nuovi percorsi e delle club house, segno tangibile di quanto il governo del Marocco stia investendo in questo settore. Gran parte dei nuovi progetti è infatti finanziata o addirittura gestita da società legate al governo marocchino o alla famiglia reale. Particolare interesse hanno destato l’entusiasmo e la motivazione riscontrata nei colleghi marocchini. Essi sempre più stanno sostituendo i greenkeeper francesi e inglesi che inizialmente gestivano i percorsi. Tutti credono nel grande potenziale sia economico che professionale di questo settore, mostrando una grande voglia di crescere ed imparare nella manutenzione dei rispettivi percorsi di gioco. Dal punto di vista agronomico, interessanti sono risultate le pratiche più moderne di riconversione floristica dalla gramigna ibrida, più o meno traseminata, al Paspalum vaginatum,
seminata o da stolone. Il problema della salinità del terreno e della qualità dell’acqua è oggi il maggiore limite che si frappone per una ottimale gestione dei campi. Grande interesse sta inoltre iniziando ad avere la pratica della colorazione in inverno delle macroterme sui fairway con i pigmenti (liquid overseeding) in sostituzione delle trasemine. A questo proposito, i greenkeeper e consulenti italiani hanno consigliato ai propri colleghi marocchini l’uso della medesima pratica in estate, in concomitanza dei trattamenti anti- stress e di spoonfeeding sui green e fairway. Naturalmente non sono mancati i momenti ricreativi e di svago. Tra questi la visita alla città di Marrakesh ed al suo souk e, soprattutto, una cena al più bel Riad della città offerta dalla Prato Verde attraverso Lorenzo Michielotto. Un indimenticabile spettacolo di danza del ventre ha poi mandato in visibilio gli ospiti italiani . Tanta voglia di fare, tanto ottimismo e voglia di crescere ma anche tanto orgoglio della propria competenza e professionalità. Questo è il messaggio che gli amici superintendent italiani hanno portato a casa dal Marocco. Un buon viatico per cominciare il 2015 insieme alla Herbatech.
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La merla... bianca! N
ooo, non siamo matti, né abbiamo scoperto un esemplare albino di Turdus merula. Vogliamo solo raccontarvi l’esperienza delle Robinie in occasione dei giorni della Merla: puntuale, come ogni anno è arrivata la neve! Ha iniziato a fioccare la sera del 29 gennaio e in pochi minuti tutto era ricoperto da una soffice coltre bianca che rendeva più chiaro anche il buio della notte. La mattina dopo il nostro campo era ricoperto da circa 8/10 centimetri di neve: rough, fairway, green, alberi… tutto aveva un aspetto affascinante! Campo naturalmente impraticabile per i carrellanti del venerdì ma tanto lavoro si prospettava per la prontissima squadra
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di operai del campo guidata dal grande Renato Tiraboschi. Un giro veloce sul percorso (che poteva quasi sembrare una pista di fondo), un caffè, la consultazione delle previsioni meteo, le possibilità di forti gelate nella nottata seguente, e subito tre squadre pronte ad intervenire: pale, turbine da neve, tanta buona volontà e via. Si sono cominciati a liberare dalla coltre bianca i green più ombreggiati. La gelata notturna avrebbe creato uno spesso strato di ghiaccio che sarebbe persistito sul campo per parecchio tempo e molto di più sui green che, come ben sapete, avendo un substrato costituito quasi interamente da sabbia, sono le zone più
fredde. Grazie alla prontezza, all’organizzazione ed all’incessante lavoro, alla fine del turno i 18 green ed il putting green erano completamente liberi dalla neve. Nel frattempo il sole, che per fortuna splendeva alto e abbastanza caldo nel cielo, iniziava a sciogliere quella sui rough. A quel punto il lavoro della ns. squadra era finito e non ci restava altro che confidare nel bel tempo e nelle temperature. Il pronto intervento ha permesso che domenica si potesse già giocare ed è sicuramente stato un bel vantaggio per l’economia del Circolo. Ma occorre sempre ricordare che, come scrisse Aristotele, “la natura non fa nulla di inutile”. Renato Tiraboschi & Viviana Alban
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Una nuova vita per i bunker Presentato un sistema rivoluzionario, il “Capillary Concrete”, che garantisce molti vantaggi. È possibile vederlo in opera al Golf Club Monticello
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a nuova tecnologia per la costruzione dei bunkers, il: “Capillary Concrete” Da qualche mese, ha fatto la sua comparsa anche in Italia una nuova tecnologia per la costruzione dei bunkers. Dopo una iniziale presentazione avvenuta presso il GC Monticello lo scorso maggio su iniziativa della Universal Manure Company e grazie all’interessamento del Direttore Walter Gabaglio e dei suoi dirigenti, alla quale sono intervenuti una quarantina di tecnici superintendent e greenkeeper, il sistema è già stato adottato con esito positivo in diversi campi da golf italiani. Il sistema è semplice, ma geniale e si avvale dello stesso principio che ha fatto dell’USGA System il miglior sistema di costruzione dei green. In pratica sotto lo strato di sabbia e sopra il drenaggio viene spalmato uno strato, di circa 5 cm di spessore, costituito da 3 componenti: Leca (argilla espansa), cemento contenente speciali fibre plastiche e uno collante inventato per questo scopo. Tale strato fornisce tutto lo sgrondo gravitazionale necessario dell’acqua, ma, al tempo stesso, permette una risalita capillare dell’acqua stessa. Ciò consente alla sabbia di avere sempre il corretto grado di umidità (né troppo umida, né troppo asciutta) in modo da ottenere in qualsiasi condizione climatica le migliori condizioni possibili per l’explosion. Il sistema è oggetto di un brevetto mondiale da parte della Capillary Concrete Sweden. In questi mesi alcuni tra i più prestigiosi circoli italiani hanno cominciato la sperimentazione con questo innovativo sistema, tra essi annoveriamo il GC La Bagnaia, Il Golf Losone in Svizzera e d
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il Golf Villa d’Este. Il sistema è garantito per dieci anni e naturalmente i risultati raggiunti ad oggi non fanno che confermare la bontà del metodo. A differenza di sistemi analoghi (in cui però lo strato di Leca è sostituito da ghiaietto), che hanno inizialmente funzionato bene per poi rapidamente perdere l’efficacia del collante con il conseguente rimescolamento del ghiaietto nella sabbia, il Capillary Concrete rimane stabile nel tempo, viene intaccato solo superficialmente da un eventuale colpo di explosion troppo profondo, imbibisce lo strato di sabbia e garantisce lo sgrondo gravitazionale dell’acqua in tempi rapidissimi. Ma vi è molto di più. I vantaggi di tale sistema, oltre a quelli già citati, sono infatti: • Nessuna erosione eolica e idrica della sabbia anche su sponde molto ripide. La sabbia rimane praticamente incollata allo strato di Leca sottostante. • Diminuzione della quantità di sabbia depositata fuori dal bunker dai colpi di explosion. La sabbia infatti non rimane mai troppo asciutta o troppo bagnata, è meglio giocabile e viene meno dispersa dal colpo • Limitazione dell’invasione di erbe infestanti. Non vi è più la possibilità di invasione da parte di specie infestanti rizomatose, mentre quelle stolonifere provenienti dal perimetro esterno del bunker possono essere eliminate con facilità. • Forti risparmi in fase di gestione dei bunkers. Proprio l’aspetto economico è quello maggiormente interessante: essendo la sabbia fortemente coesa allo strato drenante, i fenomeni erosivi sono estremamente ridotti se non
inesistenti. Ciò consente un sensibile e reale risparmio della manodopera fino ad oltre il 50% dei normali costi di manutenzione. • Occorre poi aggiungere che il sistema, contrariamente con quanto accade con metodi similari, può essere utilizzato sotto qualsiasi gradiente termico non temendo il gelo più intenso (esistono impianti perfettamente funzionanti in Norvegia), né il caldo torrido (impianti in Nevada, California, Florida). Il bunker test presso il Golf Club Monticello è a disposizione per visite per chiunque fosse interessato a questa tecnologia. Per informazioni contattate UMC tel 0321-728654- email umc@unmaco.it
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VI presentiamo punto per punto l’intero progetto che sta nascendo dalla collaborazione del nostro golf con le principali associazioni ecologiche italiane. L’obiettivo è offrire la soluzione di strutture capaci di raggiungere una gestione del territorio sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello economico
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ICS - Per uno sport ecologico di Paolo Croce
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l progetto BioGolf, fortemente voluto dalla organizzazione di cui sono stato co-fondatore, GEO (Golf Environment Organisation), ha visto impegnato per diversi mesi un gruppo di lavoro che si è formato sotto il coordinamento dell’Istituto per il Credito Sportivo. Nel corso di tutto il 2014 infatti, rappresentanti della Federazione Italiana Golf, di Legambiente, di FederParchi, della Fondazione Univerde, e della stessa GEO si sono riuniti qui a Roma per l’elaborazione delle linee guida e del relativo protocollo. In realtà però BioGolf ha radici antiche che a mio avviso possono risalire alla fine degli anni 80, quando il mondo del golf cominciò ad interrogarsi se davvero il nostro sport poteva ritenersi lo sport verde per eccellenza, così come è sempre stato da oltre 500 anni per il mondo anglosassone e per tutto il nord Europa, oppure la specificità delle nostre condizioni climatiche, nonché la competizione esercitata sull’uso dei suoli, potesse in qualche modo aprire conflitti in merito alla sostenibilità ambientale dei nostri percorsi di gioco. All’epoca infatti ci veniva in qualche modo contestato il fatto che le superfici destinate a campo da golf avessero un consumo eccessivo di acqua, elementi nutritivi e prodotti fitosanitari, ma soprattutto che tali superfici avessero da un lato un uso esclusivo riservato a pochi eletti e dall’altro non fossero altro che un cavallo di Troia per lottizzazioni immobiliari e speculazioni edilizie. Ci vollero molti anni affinché tali contestazioni mutassero in buona parte indirizzo. Grazie soprattutto alla presenza della Green Section (Sezione Tappeti Erbosi) della Federazione Italiana Golf molti dei luoghi comuni legati all’uso eccessivo delle risorse sono stati finalmente sfatati. Su questo concetto si profilarono aperture da parte delle organizzazioni ambientaliste più responsabili e si potè avviare un dialogo, lungo e magari accidentato, ma che oggi ci vede qui riuniti con un obiettivo comune. Così come però le organizzazioni ambientaliste hanno compreso che i luoghi comuni di cui abbiamo parlato erano appunto false informazioni, dall’altro lato il movimento golfista deve rendersi conto che il modello di sviluppo che fino ad oggi ha in qualche modo influenzato la nascita di nuovi campi da golf debba giocoforza essere del tutto rivisto. Una lettura più attenta dei dati forniti dall’E.G.A. (European Golf Association) ci suggerisce che mentre nelle altre nazioni europee il golf ha ripreso la marcia, noi, golfisticamente parlando e purtroppo non solo, siamo ancora al palo, appesantiti da una difficoltà che è strutturale e forse anche arrugginiti da una carenza di proposte e di idee. La difficoltà è strutturale in quanto il nostro sistema golf ha portato fino ai nostri giorni una strategia di intervento e sviluppo vecchia e superata dal tempo, dalla economia e da una più accorta gestione del territorio. Dopo il tradizionale sviluppo golfistico legato alla formazione di club dove il collante sociale veniva rappresentato dalla fusione di sport ed esclusività, si è sovrapposto, a partire dagli anni ’60, una concezione del golf quale parte integrante
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di una strategia edilizia volta a realizzare seconde case. Anche senza voler entrare nel merito di una siffatta gestione del territorio, che certamente pone serie riflessioni sotto il profilo ambientale, ma anche sul modello di sviluppo economico previsto per questo paese, legare lo sviluppo del nostro gioco alla costruzione di seconde case (nel tempo infatti la sovrapposizione con i circoli tradizionali si è andata affievolendo e il connubio golf e seconde case è andato ad assumere sempre maggiore importanza,) si è rivelato nel lungo periodo una opzione non sufficiente ad affrontare la nuova realtà economica di questa prima parte del terzo millennio. Con la crisi del mercato immobiliare infatti si è praticamente fermata anche la crescita del nostro golf, con le logiche conseguenze in termini di decrescita di giocatori ed impianti. In ogni caso, io personalmente ritengo che questo binomio golf e seconde case è turismo da anni 50/60, ormai destinato ai paesi in via di sviluppo (dove trova un’importante ragione di essere) ma praticamente inattuabile da noi e nei paesi a bassa Superficie Agricola Utilizzabile (S.A.U.) e ad economia avanzata. Io cerco sempre di fare esempi pratici, per cui prendiamo la Sardegna, le cui bellezze del territorio tutti amiamo ed apprezziamo. Che sviluppo economico si è avuto con la colata di cemento delle seconde case? Sono stati investiti capitali continentali, hanno lavorato tecnici qualificati del continente (per i sardi solo bassa e temporanea manovalanza) ed una volta finite (essendo disabitate per 340 gg/anno) non vi è alcun volano economico per la popolazione del luogo, che nel frattempo si è vista portar via i pezzi più belli di territorio. Questo non è turismo, è colonialismo, roba appunto tramontata da decenni nei paesi a maggiore sviluppo. Se poi ci soffermiamo sugli ancora pochi impianti turistici che sono stati realizzati nel nostro Paese (golf con annesso resort) in questi ultimi anni, ci rendiamo conto della difficoltà che tali strutture hanno nel sopravvivere all’interno del mercato turistico del bacino del Mediterraneo, sia per motivi interni (offerta non sempre in grado di competere con la concorrenza in termini di qualità, ma soprattutto di prezzi) e sia per motivi esterni, relativi alla sempre più marcata distanza che ci separa dai competitors per quanto concerne l’ubicazione dei resort e la loro facilità di accesso alla grande utenza. BioGolf ha invece la pretesa di ripensare alla strategia di sviluppo golfistico fin qui perseguita, seguendo un modello del tutto alternativo a quanto sinora praticato ed offrendo una possibile soluzione ad una gestione del territorio che sia realmente sostenibile ambientalmente e sotto il profilo economico. Noi diciamo sì a nuovi percorsi di golf anche a carattere turistico (ma non solo), diciamo sì a strutture di appoggio che conferiscano al Resort anche una sostenibilità economica oltre che ambientale, ed indichiamo quale dev’essere la strada per raggiungere entrambe le finalità. Nelle pagine successive, vediamo punto per punto in cosa consiste il progetto BioGolf, attraverso la pubblicazione integrale del protocollo che stiamo mettendo a punto insieme alle maggiori associazioni ambientaliste Italiane.
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Nella pagina di apertura il percorso da campionato dell’Olgiata e qui sopra quello di Terme di Saturnia, entrambi realizzati in macroterme. Il primo è un circolo tradizionale, il secondo ha invece una vocazione turistica.
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l Progetto BioGolf intende rappresentare l’alternativa per lo sviluppo di un turismo ecocompatibile e sostenibile legato a campi da golf che assumano l’ambiente come risorsa e opportunità, come fattore competitivo piuttosto che come vincolo. Il golf è lo sport “verde” per eccellenza: in fondo ha bisogno solo di un ampio terreno naturale sul quale i giocatori possano camminare/passeggiare con attrezzi a impatto ambientale pressoché nullo. Eppure in alcune circostanze i campi da golf hanno contribuito a rappresentare un fattore d’aggressione al territorio, un elemento che ha contribuito a far crescere il consumo di suolo e lo spreco di risorse. Il Progetto BioGolf vuole mettersi a disposizione di quanti vorranno riaffermare con forza la compatibilità ambientale dei campi da golf, l’opportunità di sviluppo e buona manutenzione di un territorio legati alla realizzazione dei campi da golf creando un’etichetta (BioGolf) da assegnare a chi avrà rispettato una serie di misure di carattere ambientale che diano la possibilità di realizzare nuove infrastrutture a limitato impatto o di riconvertire quelle esistenti verso un percorso di sostenibilità. Sostenibilità ambientale vuol dire anche migliore sostenibilità economica, l’indotto derivato dal corretto utilizzo delle risorse naturali dimostra quanto la sinergia tra ambiente e sviluppo possa essere il reale connubio che rappresenta il futuro per quegli investitori che sceglieranno il “green” come tappeto di gioco. Tra i requisiti fondamentali che si pretendono per la realizzazione di nuove infrastrutture “logate” BioGolf ci sarà il limitato consumo di suolo e il recupero di cubature, in strutture anche di pregio che, proprio grazie ad impianti sportivi come quelli golfistici, spesso restano a far parte del patrimonio delle grandi bellezze del nostro Paese. Si tratta spesso di edifici altrimenti malconservati, poco noti ai più, che trovano un riutilizzo grazie alla nuova destinazione come club house o uffici. Il Progetto BioGolf intende inoltre sottolineare l’importanza degli studi naturalistici a supporto della progettazio-
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ne del futuro percorso. Le caratteristiche floro-faunistiche e vegetazionali, ma anche le altre componenti ambientali di un territorio oggetto di progettazione, risultano funzionali alle successive procedure di VIA, VAS o Valutazioni d’Incidenza e soprattutto risultano fondamentali per i progettisti e i designers che, nella predisposizione di un Master Plan, si trovino ad elaborare percorsi inseriti nel paesaggio, già conoscendone le caratteristiche, potendo quindi predisporre un elaborato che, a partire dalla sua veste di bozza già conterrà le specifiche per un golf “green” al 100% .
Premessa L’Italia ha una superficie di 30,132 milioni di ettari. Solo il 23% è costituito da pianure, mentre il 42% è collinoso e il 35% montano. Della superficie complessiva, 13,2 milioni di ettari (pari a circa il 44%) rappresentano la Superficie Agricola Utilizzabile (S.A.U.) Nel corso dell’ultimo decennio la S.A.U. è diminuita di 1,8 milioni di ettari (12,2% - fonte ISPRA). Tale diminuzione è in parte reversibile (abbandono di terreni coltivati, divenuti incolti, ma che potrebbero comunque avere un futuro di coltivazione) e presenta una certa complessità sotto il profilo ambientale. Ciò in quanto può essere frutto di due distinti e contrapposti processi: da un lato una ricolonizzazione vegetativa che prende il posto di colture magari improduttive e che può condurre ad una nuova e migliore valenza ambientale, e dall’altro un processo di degrado dei suoli legati alla perdita di fertilità e/o a fenomeni di erosione che conducono a rovinosi risultati ambientali (devegetazione e/o desertificazione). Una buona percentuale della diminuzione di cui sopra presenta però caratteristiche permanenti e definitive. Ciò in quanto tale consumo di suolo è legato allo sviluppo edilizio, sia esso di carattere residenziale, industriale o infrastrutturale. Dopo il grande boom edilizio degli anni ’50 e ’60, che pure trovava una sua giustificazione nella necessità di riparare ai disastri della guerra e nel far ripar-
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ICS - Per uno sport ecologico tire una economia praticamente messa al tappeto, il partito del cemento non si è mai fermato e continua ad avere grandi sostegni in tutti i settori dello stato. In tre anni abbiamo perso, secondo Ispra, ben 720 chilometri quadrati di suolo. Il tasso di consumo di suolo, si legge in un dossier di Legambiente, negli anni ’50 era pari al 2,9%, mentre oggi siamo al 7,3%. Dei 22mila chilometri quadrati urbanizzati in Italia, il 30% è occupato da edifici e capannoni, il 28% da strade asfaltate e ferrovie. Tra le città con le superfici più cementificate troviamo Napoli e Milano (con oltre il 60%) seguite da Pescara e Torino (oltre il 50%) e poi da Monza, Bergamo, Brescia e Bari con oltre il 40% di superficie impermeabilizzata. Naturalmente parte di questa cementificazione può avere una ragione di essere, ma, è il parere condiviso da molti, nella grande maggioranza di casi si tratta di una precisa politica che vede legare lo sviluppo economico di un paese alla sua produzione edilizia. Eppure, sembra persino banale dirlo, non si può costruire all’infinito, e l’impermeabilizzazione dei suoli non può procedere indiscriminatamente senza giungere al punto di rottura, al collasso ambientale, con le rovinose conseguenze giornalmente sotto gli occhi di tutti: dissesto idrogeologico del territorio, devastazione del paesaggio, inquinamento delle falde acquifere, ecc.. Tenuto conto di quanto sopra esposto sembra esistere una più che concreta necessità di fare del golf uno dei tanti possibili strumenti per arginare l’ulteriore colata cementizia che incombe sul nostro paese. Non potrà essere, per forza di cose, né l’elemento più determinante, né il più efficace, ma certamente potrà rivestire un ruolo importante in tale compito. Questo ruolo il movimento golfistico nazionale può e deve assumerlo attraverso una totale riformulazione delle proposte progettuali e costruttive e modificando, sia pure gradualmente, le tecnologie manutentive. Lo sviluppo futuro di questo sport, abbandonati i vecchi modelli degli anni ’50, ’60 e precedenti (club esclusivi) e le estemporanee iniziative a carattere turistico, prive di programmazione territoriale ed economica, oltre che in taluni casi di rispetto per l’ambiente, dovrà avvenire seguendo proposte pianificate sul territorio, concertate a livello regionale e/o macroregionale, e individuandone le peculiarità di sostenibilità ambientale ed economica. La presente proposta ha lo scopo di fornire un utile strumento tecnico che possa fattivamente contribuire alla stesura di programmi di sviluppo del golf sul territorio della nostra penisola, da un lato rilanciando il forte contributo all’industria del turismo che questo sport può fornire e, dall’altro, facendo del golf un importante strumento di gestione ambientale. Con questi intenti le seguenti organizzazioni hanno costituito un tavolo di lavoro sul progetto ed il presente documento è frutto di tale impegno.
1 - Le future tipologie di impianti • Essenzialmente le tipologie future delle strutture golfistiche dovranno riassumersi in: impianti turistici, localizzati preferibilmente in luoghi geografici ad alta vocazione turistica • impianti commerciali a contenuti costi di gestione, tendenzialmente situati in ambiti urbani o comunque aventi un adeguato bacino di utenza.
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L’impianto turistico dovrà essere costituito da almeno un percorso regolamentare a 18 buche con annessa una struttura di supporto per garantirne una sostenibilità economica. Tale struttura, cosi come il vero e proprio percorso di gioco, non potrà che essere progettata, costruita e gestita secondo i canoni dell’ecocompatibilità e quindi non potrà che essere “leggera” dal punto di vista dell’impatto: • nessuna seconda casa (impossibilità di variare la destinazione d’uso); • volumetrie di ricezione turistico – alberghiera estremamente contenute, max 200 posti letto, sfruttabili per 12 mesi l’anno allo scopo di destagionalizzare l’offerta turistica. Ove possibile privilegiare accordi per il riutilizzo di strutture già esistenti sul territorio e sottoutilizzate. • tipologia di offerta che interessi adeguatamente tutte le possibilità di spesa dei potenziali utenti (non solo quindi strutture di lusso elevato, ma buona parte aventi 3 o 4 stelle); • progettazione, costruzione e gestione della struttura e del percorso di gioco secondo i parametri del BioGolf; Gli impianti commerciali a ridotti costi di gestione dovranno invece rispondere ai seguenti requisiti: • dimensionamento sufficiente alla sola realizzazione del percorso di golf (possibilmente a 18 buche eventualmente a 9 buche) con annessa struttura di servizio; • progettazione, costruzione e gestione della struttura e del percorso di gioco secondo i parametri del BioGolf; • obbligatorietà di formazione di una scuola di golf aperta a tutti (modalità da definire con la FIG e le associazioni di categoria).
2 – La sostenibilità economica delle future tipologie di impianti Allo scopo di fornire spunti di riflessione nell’ambito di una programmazione territoriale dei nuovi impianti, si ricordano alcuni semplici principi di sostenibilità economica ai quali le nuove iniziative golfistiche dovrebbero rispondere. La valutazione circa la sostenibilità ambientale di un campo da golf e strutture annesse non ha ragione di essere se non preceduta da una consapevole valutazione circa la sostenibilità economica dell’iniziativa. Non avrebbe senso uno studio circostanziato sull’impatto ambientale di un campo da golf, la ricerca di soluzioni costruttive e gestionali che incidano il meno possibile sul territorio, se l’iniziativa che si andrà ad intraprendere non avrà alcuna probabilità di successo dal punto di vista economico. È indubbio che la realizzazione di un complesso golfistico avrà un impatto sull’ambiente, seppur limitabile. Realizzarlo senza che vi siano possibilità di successo sarebbe uno spreco di risorse e comunque un danno per il territorio. Un progetto gestionale è quindi propedeutico al progetto meramente tecnico. Uno studio di fattibilità attendibile presuppone l’individuazione della destinazione che si vorrà dare al complesso golfistico. E questo perché le condizioni indispensabili affinché una iniziativa abbia successo sono diverse e in alcuni casi alternative a seconda della tipologia del campo e delle strutture. Secondo la classificazione operata dalla FIG e ripresa dalla Protiviti (Il valore del golf in Italia - la dimensione del turismo, 2011) i circoli possono essere classificati secondo diverse tipologie:
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Una delle 27 buche dell’Adriatic Club di Cervia, bel percorso romagnolo fra i primi in Italia a utilizzare la Bermuda. 1. TRADIZIONALE - circolo privato che ha come principale obiettivo la promozione della pratica sportiva; 2. REAL ESTATE - circolo privato collegato ad iniziative di sviluppo immobiliare; 3. TURISTICA - complesso sportivo connesso allo sviluppo turistico del territorio o inserito direttamente all’interno di strutture ricettive; 4. TRADIZIONALE / COMMERCIALE - circolo formato con gli obiettivi di cui al punto 1, ma legato anche ad iniziative di business (pay and play, organizzazione eventi, sponsorizzazioni, ecc.). Obiettivo del nostro progetto sono solo le ultime due tipologie di impianti, evitando quindi considerazioni circa i campi Real Estate che, anche a causa di una forte crisi del settore delle costruzioni ed immobiliare in genere, si reputano difficilmente sostenibili, come dimostrato da recenti vicende nella realtà italiana, e di conseguenza scarsamente compatibili con il concetto BioGolf. Il circolo privato tradizionale sia per ragioni legate alla crisi economica e sia per logoramento di un modello ormai obsoleto, è anch’esso privo di reale appeal sotto il profilo ambientale, anche se non devono sfuggire gli impegni e gli sforzi che decine di questi campi stanno compiendo, sotto l’egida di G.E.O. (Golf Environment Organisation) e di Impegnati nel Verde, per assumere comportamenti virtuosi ed ambientalmente sostenibili. Con riferimento a queste tipologie di impianto da golf è opportuno effettuare alcune analisi e valutare attentamente alcuni aspetti prima di dare concreto inizio all’operazione:
Tipologia turistica • Bacino di utenza. Per i campi a destinazione turistica il bacino di utenza è costituito dai turisti golfisti sia nazionali che internazionali. L’analisi del mercato di riferimento dovrà essere condotta sulle tendenze del mercato turistico-golfistico, sui vari mercati nazionali valutati per numero di giocatori, propensione alla vacanza golfistica, capacità di spesa e livello dei servizi desiderato. Tali valutazioni sono più agevoli qualora l’impianto da realizzare sia inserito in un territorio nel quale il turismo sia sviluppato o, meglio ancora, nel quale siano già presenti altri complessi gol-
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fistici a destinazione turistica. Si tratterà di elaborare dati oggettivi e reali. Diverso il caso di aree golfisticamente “vergini” per le quali un’attenta analisi delle abitudini e aspettative del turista golfista è indispensabile per valutare le potenzialità del territorio. Diversamente da quanto rilevato per i campi tradizionali, la presenza di altre strutture golfistiche non costituisce un ostacolo al buon esito dell’iniziativa, ma ha un effetto benefico sull’attività di ognuna di queste strutture facendo “sistema” e creando un polo di attrazione per il turismo golfistico. Un singolo complesso golfistico, anche se di qualità, ha scarse probabilità di successo se è isolato e non ha altri campi raggiungibili in 20 o 40 minuti al massimo, considerata la richiesta dei golfisti di potere giocare su campi diversi nel periodo della propria vacanza che di media ha durata settimanale. Si ritiene che sia tre il numero minimo di percorsi, raggiungibili entro 20 o al massimo 40 minuti l’uno dagli altri, per creare un polo attrattivo. Le risultanze delle analisi dei mercati potenziali condizioneranno anche le valutazioni sui punti che seguono. • Location. La scelta della location è un momento determinante per il successo di un complesso golfistico a vocazione turistica. Uno studio della KPMG (Golf Travel Insight 2013) ha individuato tra i fattori chiave nella scelta di una destinazione golfistica l’accessibilità e il clima, mentre da una rilevazione dell’Osservatorio Nazionale del Turismo (dati Unioncamere del 2009) tra le altre attività svolte dai golfisti sul territorio si evidenziano le escursioni, la degustazione di prodotti tipici, lo shopping, le gite in barca, visite a musei, monumenti e siti archeologici. Il contesto territoriale è quindi un fattore determinante di successo. La bellezza dei luoghi e la presenza di opportunità di svolgere attività complementari come quelle citate sono essenziali, così come il clima. Il nostro paese è ricco di territori con queste caratteristiche. Ma queste caratteristiche non produrranno l’esito sperato senza una buona accessibilità dell’impianto. Un ottimo collegamento stradale e la prossimità ad aeroporti con collegamenti aerei con i mercati individuati di riferimento saranno determinanti. Un aeroporto a pochi minuti sarà fondamentale per un complesso golfistico che può basarsi quasi esclusivamente su mercati raggiungibili solo in aereo (es.: la Sicilia, la Sardegna), mentre avrà una
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ICS - Per uno sport ecologico rilevanza limitata per altre strutture facilmente raggiungibili con collegamenti stradali (si pensi ai campi nel Triveneto per i mercati tedesco ed austriaco). • Ricettività. Una buona ricettività alberghiera è indispensabile, sia che faccia parte del complesso golfistico che sia esterna allo stesso e posizionata in prossimità della struttura sportiva. Nel caso di struttura ricettiva inserita nel complesso si stima in 80 camere la dimensione minima per garantire un adeguato ritorno sia diretto che indiretto per la sostenibilità del complesso. La individuazione della categoria della struttura ricettiva sarà basata sulle risultanze della indagine di mercato e coerente con la domanda del mercato di riferimento individuato (cinque, quattro o anche tre stelle). • Qualità dei servizi. La qualità del percorso di gioco è essenziale per un campo da gioco a destinazione turistica sia in termini di progetto che di manutenzione. Si ritiene che un campo per essere turisticamente attrattivo debba prevedere almeno 18 buche. Il “disegno” deve essere accattivante ed esteticamente valido. Caratteristiche che si possono garantire senza incidere ulteriormente sui costi di realizzazione, in particolare se il percorso è coerente con la natura del territorio nel quale è inserito, limitando al minimo indispensabile i movimenti di terra e realizzando un complesso che esalti il contesto naturale ed abbia carattere di unicità ed armonia con le bellezze e la flora che lo circondano. L’adozione di criteri di ecocompatibilità come descritti negli allegati alla presente proposta non sono in contrasto con tale raccomandazione, ma contribuiscono anche a ridurre fortemente i costi di costruzione. Altre accortezze in fase di progettazione e costruzione, sempre descritte negli allegati, contribuiranno a ridurre fortemente anche i costi di manutenzione dell’impianto favorendone la sostenibilità economica senza incidere sulla qualità e attrattività. La club house dovrebbe essere progettato al fine di definire esattamente gli spazi necessari, avendo riguardo alla riduzione dei costi di gestione, al lay out di uffici e ambienti tali da ridurre al minimo l’impiego di risorse umane. Nel caso della presenza di una struttura alberghiera sarà buona norma verificare di utilizzare molte delle strutture in questa esistenti invece di realizzarne di dedicate. Con riferimento alle altre strutture e servizi, il citato studio Protiviti ha dimostrato come la presenza di piscine, altri impianti sportivi (campi tennis, basket, volley, palestre, ecc.), SPA, sale meeting, con i quali possono essere offerti servizi complementari, hanno garantito il successo di strutture a vocazione turistica in Italia. La dotazione di quali di queste strutture sarà valutata in seguito alla propedeutica analisi di mercato. • Marketing. Per garantire successo ad un impianto con le caratteristiche descritte è indispensabile una coerente e forte attività di marketing e commercializzazione del prodotto. Un sondaggio con i possibili stakeholders di una iniziativa turistico-golfistica dovrebbe essere preferibilmente effettuato già in fase di pianificazione complessiva antecedente l’inizio dei lavori, anche al fine di indirizzare la progettazione sia tecnica che gestionale verso soluzioni coerenti con la domanda proveniente dai mercati di riferimento.
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Tipologia tradizionale / commerciale • Bacino di utenza. Un impianto destinato ai soci, o più semplicemente utenti, di solito in prossimità dei centri abitati, richiederà una attenta analisi del potenziale bacino di utenza al fine di valutarne la densità demografica, suddivisa anche per classi di età, la propensione alla attività sportiva della popolazione locale, la conoscenza o meno del golf, la capacità di spesa dei residenti. Si tratterà di valutare in sostanza se esiste un “mercato” o se ci sono almeno le basi per poterlo stimolare. Andrà anche valutata l’eventuale saturazione del “mercato” con la presenza di impianti similari nel potenziale bacino di utenza. Una eccessiva concentrazione di impianti tradizionali nella stessa area potrebbe mandare in sofferenza tutti, in particolare in un momento di recessione della pratica del golf nel nostro paese come evidenziato dal ridursi del numero di tesserati. • Location. Particolare importanza assume anche la collocazione territoriale dell’impianto non solo sotto l’aspetto estetico ed ambientale, ma soprattutto per la sua accessibilità. La prossimità a centri abitati o, comunque, collegamenti stradali che ne consentano in tempi brevi la raggiungibilità, assumono un valore pari se non prevalente al contesto ambientale. Un impianto distante dal centro abitato, o comunque mal collegato con tempi più lunghi per raggiungerlo, avrà minori possibilità di successo di uno più accessibile. • Qualità dei servizi. Il livello della qualità dei servizi dell’impianto da realizzare dovrebbe essere definito anche in conseguenza dell’analisi del mercato nel bacino di utenza individuato. L’analisi del mercato di riferimento può evidenziare la possibilità di una offerta di strutture per le quali una domanda potenziale esiste. Un periodo di recessione economica come quello attuale ha dimostrato come una riduzione di praticanti ha causato il posizionamento dei “superstiti” con più disponibilità economiche verso club più costosi con un’alta qualità dei servizi, mentre altra parte dei giocatori si è indirizzata verso strutture low cost. Una attenta analisi può evidenziare segmenti di mercato ancora aggredibili anche in presenza di strutture preesistenti, e indirizzare le scelte su tipologie di impianti più rispondenti alla reale domanda.
3 – Il sistema premiante L’attribuzione del logo BioGolf per la fase di costruzione dell’impianto comporterà il riconoscimento di un contributo qualificato in conto interessi a valere sui finanziamenti eventualmente contratti da enti locali, soggetti privati e pubblici che anche indirettamente perseguono finalità sportive, per la realizzazione del campo dal golf e strutture accessorie. Il contributo negli interessi, a valere sul Fondo Contributi negli Interessi gestito dall’Istituto per il Credito Sportivo viene quantificato, a seconda della tipologia di soggetto, come segue: • Enti Locali: 0,80%. Per i mutui oltre 15 anni e fino a 25 anni il contributo è calcolato sulla durata di 15 anni ed è spalmato in misura costante sulla durata del mutuo
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24 • Privati ed Enti Pubblici diversi dagli Enti Locali: 1,20% per mutui fino a 20 anni. Il contributo negli interessi sarà quantificato in misura pari alla quota interessi di un mutuo ad un tasso dell’1,20% di eguale importo e durata di quello mutuato. Il contributo negli interessi sarà erogato secondo le modalità stabilite dall’Istituto per il Credito Sportivo, gestore del Fondo Contributi negli Interessi, e secondo il piano delle contribuzioni in conto interessi annualmente definito.
Parametri per la certificazione BioGolf in fase di costruzione Una iniziativa golfistica e le sue strutture annesse, per potersi distinguersi come un impianto BioGolf, dovrà essere realizzata seguendo le linee guida sottoelencate: AREA GENERALE Punto 1 – Progetto esecutivo corrispondente alle normative di legge in relazione alle richieste di VAS, VIA VI, ecc Il Progetto, qualora previsto, dovrà ottemperare alle procedure per quanto concerne la redazione di Studi e Valutazioni di Impatto Ambientale, Valutazioni di Incidenza e Valutazioni Ambientali Strategiche. Punto 2 – Mitigazione degli impatti in fase di cantiere La costruzione, in fase di cantiere, dovrà ottemperare a quanto previsto dagli studi del punto precedente e alle vigenti normative di legge, per quanto riguarda tutti i provvedimenti atti a: • ridurre i possibili inquinamenti atmosferici e del suolo • ridurre le erosioni eoliche e idriche • ridurre gli impatti acustici Punto 3 – Riduzione impermeabilizzazione del suolo Si dovranno prendere in esame tutte le soluzioni tecniche per evitare di procedere ad una eccessiva impermeabilizzazione del
suolo attraverso pavimentazioni esterne impermeabili non indispensabili nelle aree pertinenti club house, Centro manutenzione e l’eventuale Resort. Punto 4 – Utilizzo di fonti di energia rinnovabile Per club house, Centro Manutenzione e l’eventuale Resort si dovranno prendere in esame tutte le soluzioni tecniche (pannelli fotovoltaici, solare termico, impianti mini e micro eolici, biomasse, impianti geotermici, ecc) allo scopo di differenziare l’approvvigionamento energetico ed incentrarlo quanto più possibile sulle fonti di energia rinnovabile. Le stesse strutture dovranno essere progettate allo scopo di richiedere una minima dipendenza dalle reti energetiche. Punto 5 – Tutela della risorsa idrica Si prevede la realizzazione di uno studio (bilancio idrico) che permetta di valutare i flussi delle varie fonti di approvvigionamento idrico. Fonte prevalente: invasi artificiali per la raccolta delle acque meteoriche ed eventuali flussi derivanti da acque reflue. In tale bilancio dovranno essere evidenziati: • Sistemi di raccolta di acque piovane per piccoli utilizzi in club house, Centro Manutenzione e Resort. • Impianti irrigui ad alta efficienza distributiva (es. sistemi hard line) • Riduzione delle aree di gioco irrigue • Utilizzo di cv /specie (per tappeto erboso e vegetazione messa a dimora) a ridotto consumo di acqua Punto 6 – Tutela della fauna della vegetazione naturale e degli habitat Si dovranno prendere tutti gli accorgimenti utili al mantenimento dei corridoi ecologici, di aree incolte a vegetazione libera e/o di aree oggetto di rinaturalizzazione (es. aree umide), ai fini dell’inserimento della struttura nel mosaico ambientale.
Tabella 1 – Criteri di valutazione delle tematiche ambientali in fase di costruzione
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ICS - Per uno sport ecologico Punto 7 – Tutela dei beni naturali annessi alle strutture Ogni bene naturale (es. sorgenti, rogge, grotte, boschi, coste, ecc) presente all’interno della superficie oggetto di intervento, dovrà essere posto sotto tutela volta ad impedire ogni possibile impatto negativo su di esso e a promuoverne una eventuale valorizzazione. Punto 8 – Consumo di suolo Sotto il profilo delle volumetrie annesse all’iniziativa golfistica (club house, Centro Manutenzione, eventuale Resort, ecc) gli interventi dovranno privilegiare: • le eventuali strutture preesistenti all’interno del sito, riducendo al minimo la realizzazione di nuove volumetrie. • le eventuali strutture pre esistenti poste nelle vicinanze del sito (semplice utilizzo e/o ristrutturazione) Eventuali nuove volumetrie (all’interno e/o all’esterno del sito) dovranno avere esclusiva destinazione di ricettività turistica (nessuna seconda casa). Punto 9 – Inserimento architettonico e paesaggistico delle strutture La filosofia di intervento dovrà rispettare lo stile architettonico locale, e si dovrà privilegiare l’utilizzo di materiali locali per le varie costruzioni. Le specie vegetali (erbacee, arbustive e arboree) dovranno essere autoctone o, quantomeno, bene adattate da tempo alle nostre condizioni climatiche e si dovrà procedere all’eradicazione delle specie cosiddette invasive. In particolare laddove fossero presenti manufatti storici e altre strutture di valore (anche archeologia industriale) andrà individuata e predisposta la nuova funzione e destinazione d’uso (uffici, club house, depositi) al fine di limitare le nuove cubature e valorizzare l’esistente; in caso di reperti archeologici andrà valorizzato il bene (pannellistica didattico-esplicativa, visite guidate mirate, comunicazione ad effetto sull’opera di recupero e valorizzazione attuata). Punto 10 – Contenimento dell’inquinamento luminoso In sede di impianto si dovranno adottare tutte le soluzioni tecniche che impediscano sprechi energetici e al tempo stesso riducano il possibile inquinamento luminoso (schermature, sensori per spegnimento automatico luci esterne, ecc). Punto 11 – Accessibilità strutture alle persone disabili L’impianto dovrà permettere l’accessibilità alle strutture e ai servizi, nonché la pratica del golf alle persone disabili. Punto 12 – Master Plan in possesso di parere preventivo CONI (in caso di accesso ICS) In caso di iniziativa richiedente un finanziamento all’ICS, le norme CONI prevedono che il Master Plan riceva obbligatoriamente un parere preventivo da parte della Commissione Impianti Sportivi. Punto 13 – Omologazione CONI (in caso di accesso ICS) In caso di iniziativa richiedente un finanziamento all’ICS le norme CONI prevedono che l’impianto riceva obbligatoriamente l’omologazione da parte della Commissione Impianti
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Sportivi. In caso di associazione che richieda la affiliazione alla Federazione Sportiva Nazionale (nel caso la Federgolf) occorre analogamente l’omologazione. AREA SPECIFICA Punto 14 – Riduzione aree di gioco Il percorso di gioco dovrà ridurre il più possibile le aree di gioco (oggetto di manutenzione ordinaria) incentivando le superfici delle zone oggetto di manutenzioni occasionali (rough secondari) e delle superfici completamente naturali. Punto 15 – Greens/Collars con Sistema USGA Le superfici dei greens e dei collars dovranno essere realizzate utilizzando la tecnologia USGA System, in grado di aumentare l’infiltrazione idrica, ridurre la compattazione e di mantenere il tappeto erboso nelle migliori condizioni possibili di salute. Punto 16 – Rete drenante Il percorso di gioco dovrà essere dotato di rete drenante, con raccolta dei flussi idrici sottosuperficiali su tees, greens, collars e bunkers. Il resto del percorso dovrà quantomeno dotarsi di modellazione superficiale atta ad incanalare l’acqua meteorica e/o di irrigazione in appositi “catch basin” dai quali verrà allontanata attraverso canalizzazioni sottosuperficiali. In caso di suoli poco permeabili si dovrà prevedere una rete drenante sottosuperficiale anche sui fairways. Punto 17 – Sistema irriguo L’impianto di irrigazione dovrà essere volto ad economizzare la quantità d’acqua nonché a migliorare l’efficienza e l’uniformità distributiva. Punto 18 – Tipologia di tappeto erboso insediato Il tappeto erboso utilizzato dovrà rispondere ai seguenti criteri: • adattabilità al suolo ed alle condizioni climatiche del sito oggetto dell’intervento • tolleranza alle carenze idriche (anche lunghi periodi di siccità) • tolleranza alle carenze nutritive • tolleranza alle malattie fungine, attacchi di insetti ed alle erbe infestanti • tolleranza al logorio • tolleranza agli stress abiotici Nella tabella seguente viene suggerito un criterio di valutazione per ogni singolo punto sopra elencato, attribuendo un valore massimo di 5 ed una soglia minima da rispettare. Nel complesso una iniziativa golfistica che intenda fregiarsi del logo BioGolf dovrà raggiungere una percentuale pari all’88 %.
Parametri per la certificazione BioGolf in fase di manutenzione Una iniziativa golfistica e le sue strutture annesse, per potersi distinguersi come un impianto BioGolf, dovrà essere gestita seguendo le linee guida sottoelencate:
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ICS - Per uno sport ecologico AREA GENERALE Punto 1 – Risparmio energetico Le modalità di risparmio energetico dovranno avvenire attraverso: • Utilizzo di elettrodomestici e macchinari in classe di efficienza energetica minima pari a A • Utilizzo di caldaie ad alto rendimento • Eventuali impianti di condizionamento in classe di efficienza energetica minima pari a AA • Utilizzo di sistemi di illuminazione a basso consumo e temporizzatori per l’esercizio • Utilizzo di strutture e serramenti con adeguato isolamento termico • Controllo remoto per riscaldamento (eventuale teleriscaldamento) e sistemi di illuminazione • Utilizzo di scambiatori di calore per riscaldamento e condizionamento • Utilizzo di Boiler a bassa temperatura • Utilizzo di batterie ricaricabili • Utilizzo di impianti di cogenerazione • Utilizzo di apparecchiature per ufficio ad alta efficienza energetica • Allestimento di impianti fotovoltaici, solare termico, micro eolico, altre fonti alternative, usando tetti e spazi sopraelevati evitando di usare suolo adibito a prato, pascolo, incolto o coltivo Punto 2 – Mantenimento efficienza strutture, mezzi e impianti Adozione di un piano di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture (percorso di golf incluso) e redazione di un piano decennale di gestione ambientale Punto 3 – Mobilità sostenibile per l’attività all’interno della struttura All’interno della struttura la mobilità dovrà essere assicurata attraverso: • mezzi elettrici e/o ibridi o con alimentazione a gas naturale (privilegiando i golf cars dotati di pannelli fotovoltaici) • biciclette • mezzi meccanici per la manutenzione del tappeto erboso preferenzialmente (quando possibile) elettrici e/o ibridi Dall’esterno della struttura la mobilità sostenibile può essere incentivata attraverso: • predisposizione di servizi di navetta collettivi • agevolazioni (es. parcheggi riservati per chi utilizza mezzi di trasporto a basso impatto) Punto 4 – Raccolta differenziata e adeguato smaltimento dei rifiuti e reflui La raccolta dei rifiuti dovrà essere differenziata sulla base delle categorie che possono essere trattate separatamente ed al servizio di raccolta e smaltimento offerto dall’amministrazione locale. Le acque di lavaggio di macchinari di manutenzione dovranno essere smaltite previo passaggio in vasca di sedimentazione e in disoleatore. Le confezioni di prodotti potenzialmente tossici, di fertilizzanti, e di ogni altro prodotto utilizzato ai fini manutentivi dovrà essere smaltito in ossequio alle normative delle autorità locali.
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Punto 5 – Utilizzo di materiali e prodotti di consumo ecocompatibili Si dovrà privilegiare l’utilizzo di prodotti certificati con marchi di qualità ecologica e di efficienza energetica, nonché prodotti riclicati e/o biodegradabili. Punto 6 – Riduzione e corretto uso di sostanze potenzialmente tossiche Evitare o ridurre al minimo possibile l’uso di prodotti chimici di sintesi. In club house, Centro di manutenzione ed eventuale Resort limitare l’uso di detergenti e disinfettanti chimici ai soli utilizzi sanitari. In ogni caso attivare procedure per l’utilizzo appropriato di tali sostanze Punto 7 – Promozione di prodotti artigianali e agroalimentari tipici locali Presenza di spazi espositivi e/o di vendita dedicati alle produzioni artigianali e/o agroalimentari locali. Disponibilità a fornire informazioni sulla storia, tradizioni, e reperibilità di prodotti tipici locali. Punto 8 – Formazione degli operatori sulle tematiche ambientali connesse alla attività Corsi di formazione professionale devono essere attivati al fine di fornire agli operatori dell’impianto le adeguate conoscenze sulle tematiche ambientali connesse all’attività. Punto 9 – Collaborazioni con la comunità locale e con altre attività turistiche locali Si dovranno instaurare rapporti privilegiati con la comunità locale attraverso convenzioni, accordi, e altro con fornitori, erogatori di servizi (es. strutture di ristorazione, di ricettività, ecc.) appartenenti all’ambito territoriale di riferimento. Si dovranno privilegiare accordi con servizi turistici (agenzie e tour operator) locali. All’interno della struttura (e/o sui web site) si dovranno avere spazi espositivi per il materiale informativo relativo ad altre attività turistiche locali. Punto 10 – Agevolazioni per la comunità locale Possibilità di utilizzo totale e/o parziale della struttura da parte della comunità locale ed eventuali forme di agevolazione tariffaria. Punto 11 – Impiego parziale/totale di personale locale Per tutti i livelli di impiego, fatte eventualmente salve le posizioni strategiche direzionali, si dovrà incentivare l’impiego di personale residente nell’ambito territoriale di riferimento. Punto 12 – Impiego di personale svantaggiato Disponibilità all’impiego di persone appartenenti a categorie sociali svantaggiate (provenienza da comunità di recupero, ecc). Punto 13 – Impiego di aziende fornitrici locali ed in possesso di accrediti ambientali Tra le aziende fornitrici, privilegiare la selezione di quelle locali ed in possesso di accrediti ambientali (ISO 14001, ISO 18001, EMAS, ecc) o marchi di qualità. Punto 14 – Adozione di strumenti di responsabilità sociale Dove possibile, in funzione delle forme societarie di gestione, elaborare un bilancio sociale, adottare un codice etico, utilizzare strumenti di finanza etica, avviare attività di marketing sociale.
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Tabella 2 – Criteri di valutazione delle tematiche ambientali in fase di manutenzione AREA SPECIFICA Punto 15 – Utilizzo di specie e cultivar più adatte al clima, al suolo e alle risorse idriche Per tutti gli interventi di messa a dimora, di rinnovo della vegetazione, di rigenerazione del tappeto erboso, di modifica del paesaggio attraverso sistemi vegetali, privilegiare sempre le specie e le cultivar più adatte al clima, al suolo e alle risorse idriche a disposizione. Punto 16 – Utilizzo di fertilizzanti organici naturali (nessun prodotto chimico di sintesi) Nell’ambito della nutrizione del tappeto erboso, della vegetazione naturale ornamentale, delle aiuole e dei giardini dell’impianto utilizzare esclusivamente prodotti organici naturali. Punto 17 – Adozione di fitofarmaci alternativi Ai fini della rispondenza al marchio BioGolf, sul percorso di gioco, sulle aree ornamentali, sui giardini dell’impianto si dovranno adottare fitofarmaci alternativi (prodotti biologici per il controllo di infestanti, insetti e malattie fungine) e di prodotti disabituanti biologici e di prodotti repellenti biologici. Esclusivamente nel caso di greens e collars è possibile effettuare un numero di interventi con fitofarmaci tradizionali (purché in ossequio alla legislazione vigente) pari a 4/anno. Punto 18 – Adozione di pratiche irrigue volte al risparmio idrico
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Le pratiche irrigue dovranno essere incentrate al risparmio idrico e di conseguenza la tempistica, le modalità, la distribuzione e la quantità dei volumi idrici dovranno seguire tale principio. Punto 19 – Incentivazione della formazione di aree incolte naturali All’interno del percorso di golf prestare estrema attenzione alla conservazione e al ripristino di spazi naturali e di elementi del paesaggio agrario quali siepi, filari, ecc. Incentivare la presenza di prati naturali a nulla e/o bassa manutenzione, utili sia per la fauna sia per le specie vegetali rare o sensibili come le orchidee spontanee, i fiori di campo ecc. Punto 20 – Mantenimento dei corridoi ecologici Utilizzare accorgimenti per il mantenimento di corridoi ecologici. Punto 21 – Piano per la gestione, la cura e la protezione del patrimonio arboreo La cura e la protezione del patrimonio arboreo del sito dovrà essere assicurata attraverso la redazione e la applicazione di un piano di gestione realizzato da specialisti del settore. Nella tabella seguente viene suggerito un criterio di valutazione per ogni singolo punto sopra elencato, attribuendo un valore massimo di 5 ed una soglia minima da rispettare. Nel complesso una iniziativa golfistica che intenda fregiarsi del logo BioGolf dovrà raggiungere una percentuale pari al 75 %.
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I M P E G N AT I N E L V E R D E E G E O Golf Club Le Fronde
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Una certificazione da Nobel di Stefano Boni
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inalmente anche il golf piemontese può vantare tra le sue fila un circolo GEO Certified! Si tratta del Golf Club Le Fronde, splendido club incastonato tra le montagne poste all’imbocco della Val di Susa. Un traguardo, quello raggiunto dallo storico campo di Avigliana, che arriva alla fine di un lungo percorso iniziato ben trentuno anni fa. Fu allora che con maestria, su disegno di John Harris e Marco Croze, venne ricavato un percorso di golf all’interno di un’area fatta di cisterne, torri, casematte: quel-
lo che restava del Dinamitificio Nobel. Negli anni il percorso e soprattutto i suoi numerosi alberi sono maturati, facendo sì che un’area un tempo fortemente degradata si trasformasse sempre più in un luogo dove passare piacevoli giornate tirando driver e ferri in direzione di scorci magnifici come la Sacra di San Michele e la cima Roccia Melone. Proprio gli aspetti paesaggistici sono stati affrontati con particolare cura negli ultimi anni, con un’attenta gestione del patrimonio arboreo: potature mirate e reinserimenti con essenze autoctone, il tutto con lo scopo di garantire anche
la sicurezza del giocatore. Questo lavoro è valso al Golf Le Fronde un Riconoscimento ‘Impegnati nel Verde’ in Categoria Paesaggio nel 2013, solo un anno dopo aver ottenuto quello in Categoria ‘Energia’ grazie all’installazione di un impianto solare termico. Sono solo alcuni degli ‘highlights’, questi, di un circolo che si è impegnato a tutto tondo per raggiungere una gestione ecosostenibile, riducendo anno dopo anno i consumi di fertilizzanti, fitofarmaci ed acqua e allo stesso tempo sensibilizzando i propri clienti al rispetto dell’ambiente: è stato infatti uno dei primi golf club in Italia a disincentivare l’acquisto di bottiglie di acqua in PET fornendo ai soci una bottiglia riutilizzabile ed installando lungo il percorso apposite fontanelle dove ricaricarla gratuitamente. Un circolo che guarda avanti, dunque, ma che mantiene un forte legame con il contesto storico in cui è inserito, come dimostra anche la vecchia insegna del Dinamitificio Nobel, recuperata e restaurata, che campeggia davanti al deposito sacche. Adesso sulla pagina ufficiale del club è esposto con orgoglio l’attestato di certificazione GEO. E chissà che il traguardo raggiunto dal Golf Club Le Fronde, che lo mette in compagnia di altri cinque circoli italiani (Pinetina, Udine, Montecchia, Is Arenas, Saturnia) ma anche della sede del prossimo Open Championship, non funga da stimolo per gli altri quattro circoli piemontesi attualmente OnCourse. Tra il Royal Park, Torino, I Ciliegi e Arona chi sarà il prossimo? Staremo a vedere. Golf Club Le Fronde, Avigliana (Torino) - Presidente Giorgio Sciolla, Vice-Presidente Giulio Milanese, Direttore Gaetano Nicastro, Segretario Sportivo Irene Vercellino, Segreteria Paolo Lo Bue, Maestri Alessandro Merletti, Simone Minuto, Superintendent Mauro Lenta, Manutenzione percorso Dario Bergamini, Matteo Fornari, Davide Mangino, Nelu Nastase, Pier Giorgio Rege, Caddie Master Stefano Farca, Loris Rebaglia.
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Nove buche da scoprire Il protagonista di questo articolo guida il noto campo genovese che si affaccia sul mare, per tanti anni punto di riferimento per i residenti e i golfisti liguri. 54 anni, 10 di handicap, impugnò i ferri nell’86 e viene dal Rugby Cogoleto e dalla nazionale giovanile. Ecco come, secondo lui, un campo di media lunghezza può diventare tappa di un vasto e ambito circuito di giocatori-turisti
Qui, sopra una veduta aerea del percorso a nove buche di Arenzano (Genova), disteso su un pianoro a breve diastanza dal mare. A destra, il presidente del circolo ligure, Gerolamo Valle.
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I N T E R V I S TA
Gerolamo Valle - Arenzano
di Roberto Zoldan
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a 54 anni, hcp 10, impugnò i ferri nell’86 e viene dal Rugby Cogoleto e dalla nazionale giovanile. Gerolamo Valle, presidente del circolo di Arenzano, è un vero sportivo e un decisionista. In Italia i percorsi a 9 buche sono un centinaio, poco meno della metà dei campi giocabili. Diversi da una regione all’altra, da nord a sud. Presidente, ci parli delle vostre peculiarità. Il nostro campo si colloca all’interno del comprensorio della Pineta di Arenzano dalla fine degli anni ’ 50. Nasce come completamento di un progetto dei grandi architetti Gardella e Zanuso, insediamento che fece scuola in quegli anni per altri interventi di sviluppo immobiliare. Volevano un campo a 9 buche non troppo impegnativo sul quale dovevano affacciarsi gli immobili e che non occupasse eccessivo territorio, che in Liguria, si sa, non è mai troppo. Per dilettanti e principianti, sufficiente per l’attività agonistica ma adatto anche per i meno dotati che lì compravano la casa sul mare. Si sviluppa all’interno di una pineta che lo rende molto tecnico con scorci e viste panoramiche di parte degli appennini liguri. Nonostante la decimazione dei pini nei primi anni ’90 a causa di una malattia, il percorso non ha subito modifiche nel tempo. Si sono formati qui professionisti stimati a livello nazionale. La squadra di A1 del Golf Club Arenzano vinse il titolo italiano nel 1982 e la squadra di A3 quello del 2003. Se prima i campi a 9 buche venivano considerati minori, adesso c’è una tendenza internazionale a rivalutarli. Anche negli USA il 9 buche, se è arricchito da servizi, viene considerato un giu-
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sto compromesso tra le gabbie dei costi di gestione e il tempo di utilizzo. Lavoro e impegni riducono il tempo dello sport: giocare su un percorso a 9 è come fare due ore di doppio a tennis con gli amici. Qui avete il valore aggiunto di un campo della Riviera, quindi praticabile anche d’inverno a un’ora d’auto dai centri lombardi e piemontesi: tutti vantaggi? Piemontesi e lombardi nel periodo invernale sono di casa. Gli esterni e i giornalieri hanno trovato qui ospitalità e molti servizi. C’è più gente tra i soci che fa completo utilizzo della struttura. Abbiamo una palestra con sala per attività fisiotoniche e cardiotoniche, è stata aperta una nuova sala biliardo e una sala carte, la piscina è a disposizione cinque mesi l’anno, il campo pratica si prepara ad ospitare una postazione munita di TrackMan e i due campi da tennis, da troppi anni abbandonati, ospiteranno, con una struttura coperta, un campo multifunzionale. Tutte le buche sono state sponsorizzate da ditte alimentari locali che divulgano i loro prodotti acquistabili anche in club house. L’ospite può assaporare gusti e tradizioni della Liguria. Questa nuova frequentazione ci fa ben sperare per il futuro. Lei presiede anche un’associazione di circoli liguri i cui soci frequentano i campi del Basso Piemonte: ce ne parli. L’aspetto ambientale-culturale-gastronomico-sportivo è alla base dell’Associazione Liguria-Piemonte Golf che presiedo da pochi mesi, in precedenza guidata da Paolo Risso che ringrazio per l’opportunità che mi ha concesso. Per noi la promozione turistica si accompagna allo sviluppo del territorio. Partendo dagli enti-parco. L’iniziativa Green&Blue Park ha stilato un protocollo
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Gerolamo Valle - Arenzano d’intesa tra Liguria Piemonte Golf (Arenzano, Colline del Gavi, Cus Genova, Filanda, Garden, Garlenda, Rapallo, Ulivi-Sanremo, Sant’Anna e Villa Carolina), le Aree protette della Liguria (Parco Nazionale e Area Marina Protetta delle Cinque Terre, Parco naturale regionale delle Alpi Liguri, Parco dell’Antola, dell’Aveto, del Beigua, di Montemarcello-Magra, di Portofino, Area Marina Protetta di Portofino, Area Marina Protetta delle Cinque Terre, Area Marina Protetta di Bergeggi) e l’associazione Aces Europa Italia Nord Ovest, comprendendo il Centro Studi Sport Enogastronomia e Territorio con sede nel Golf Club di Arenzano. Tanti nomi e tante istituzioni, alcune operative e altre meno, ma i risultati si sta iniziando a vederli. Anche grazie alla collaborazione di un tour operator che ha individuato specifici pacchetti, daremo più opportunità agli sportivi di ogni disciplina, in questo caso soprattutto golfisti, e maggiore offerta a chi viene in queste aree per vacanza. Il turismo golfistico, si sa, è alimentato da offerta-campi, patrimonio culturale e gastronomico circostante, abbonamenti speciali. Fate qualcosa anche per attrarre gli stranieri? Vogliamo promuovere le diverse opportunità offerte dai golf club presenti in questa spettacolare porzione d’Italia e mettere in vetrina le bellezze della Liguria, sfruttando le sinergie con la rete delle città europee dello sport e con il Centro Studi Sport Enogastronomia e Territorio. Le aree protette, di terra e di mare, sono laboratori a cielo aperto per la protezione, la qualità e la sostenibilità ambientale. In un’area protetta si registrano eccellenze che, a loro volta, diventano oggetto di fruizione e divulgazione a vantaggio delle comunità locali e dei turisti: bisogna favorire le attività sportive outdoor come il golf, in un bello scenario dove si possa curare anche il benessere della persona. C’è poi una predisposizione a produzioni agro-alimentari e artigianali di qualità: mieli, formaggi, frutti del sottobosco, insaccati, pescato, erbe officinali, pasticceria. I prodotti diventano testimonial di territori con un elevato grado di naturalità. Con queste premesse, il progetto intende utilizzare i circuiti dei
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golf club liguri e piemontesi per promuovere in Europa, tramite Aces Europa e l’organizzazione europea dei geo parchi, gli impianti sportivi e le produzioni di qualità di alcune delle più interessanti aree protette della Liguria. Tutela delle risorse naturali, benessere e sport all’aria aperta, opportunità per quanto riguarda la ricettività turistica, valorizzazione dei prodotti locali agro-alimentari ed artigianali saranno i temi centrali di una serie di iniziative di promozione a livello regionale, nazionale ed europeo per raccontare come, in Liguria e in basso Piemonte, sia possibile coniugare sport, relax, natura, enogastronomia, educazione alimentare alla sostenibilità ambientale, facendo leva sui concetti di eccellenza, esclusività e qualità. Equilibrio costi/ricavi. Come tenete a bada il bilancio in tempo di crisi? Dica qualche cifra. Il golf di Arenzano ha circa 400 soci e un bilancio complessivo di circa un milione. Facciamo almeno 100 gare l’anno e abbiamo 12.000 giri campo. Nel bilancio molto ha influito la diversificazione delle attività sportive all’interno della struttura. Tutto questo ha generato la nascita di un vero e proprio Sporting Club, a partire dai Corsi Estivi per juniores, il Progetto Scuola della F.I.G., le attività in piscina e palestra e l’esclusività del FootGolf. Tutto ciò ha incrementato l’affluenza anche di non golfisti che, attraverso attività promozionali, stiamo avvicinando al nostro bellissimo gioco. Liguria e Piemonte, territori ricchi di bellezze ambientali e di grande cucina... In questo quadro è più facile promuovere la pratica sportiva outdoor, stimolare l’educazione ambientale e alimentare, sfruttando la rete delle Città Europee dello Sport (nel 2015 Torino sarà Capitale Europea dello Sport) e i collegamenti con Expo Milano 2015 dove si prevede che dal primo maggio, per sei mesi, arriveranno fino a 150 mila visitatori il giorno che si sposteranno in tutta Italia. Molti, speriamo, arriveranno con una immaginaria sacca da golf in spalla e andranno in cerca di patrimoni culturali, grande cucina e buoni vini. Il tema dell’Expo tra l’altro è “Nutrire il pianeta”. Dobbiamo tendergli la mano. Chiederemo l’aiuto interessato delle filiere produttive locali. Ci darà conforto anche la finanza agevolata sia a livello europeo che interregionale. Il programma, come vedete, è ambizioso. Vorremmo mettere in campo insieme con la Valle d’Aosta una robusta offerta turistica della macroregione Liguria-Piemonte-Valle d’Aosta, dove anche l’offerta golfistica sia la più variegata possibile. Il progetto di cui parlo prevede l’organizzazione di incontri dedicati alle aree protette della Liguria, cui saranno associate degustazioni di particolari prodotti agro-alimentari e artigianali. Pensate ai delicati olii liguri e ai grandi rossi del Piemonte. E naturalmente in questi paesaggi dai mille colori si gioca a golf. Si creeranno presso i golf club liguri e piemontesi vetrine-punti vendita dei prodotti provenienti dalle aree cui abbiamo accennato. Dai paesaggi con la neve all’azzurro del mare, dalle Langhe ai nobili campi torinesi in una cornice ricca di bei percorsi, anche a 9 buche, come il nostro.
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SERIOUS GOLFERS
Filippo Motta
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Chi controlla i controllori?
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o sport porta scritto, nel suo DNA, la parola correttezza. Rispetto delle regole, dell’avversario, del pubblico e di se stessi. Momento di crescita per tutti, specie per i più giovani, lo sport, dunque, dovrebbe essere quell’attività in cui si forma una coscienza – se me lo consentite – anche civile. Anche per questa ragione, immagino, da tanti anni il CONI cerca di riportare lo sport nelle scuole considerando la cosa una delle sue attività primarie. Ma l’attività sportiva, a volte, tenta di fagocitare la correttezza intrinseca che dovrebbe avere. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: atleti dopati (non solo a livello agonistico, purtroppo), risse verbali, atteggiamenti irrisori dell’avversario e lasciamo pure da parte, nello specifico, il disastroso esempio del calcio coi suoi multimilionari attori che non rappresentano, spesso, l’esempio migliore. Ecco dunque che, per avere successo, raggiungere un risultato, vincere una gara o solo farsi belli con gli amici o – terribile – soddisfare le aspirazioni frustrate di alcuni genitori…, gli sportivi talvolta, usando un termine mutuato dalle giovani generazioni, perdono la “brocca”. Se questo è vero per tutti gli sport, ancor peggio può essere per il golf dal momento che il gioco si svolge senza la presenza continua di un arbitro. Rimango sempre convinto che la stragrande maggioranza dei golfisti sia formata da “onesti”. Ma se vado a consultare il sito federale, in particolare la pagina federgolf.it/ContentPage. aspx?page=decisioni2014, trovo una cinquantina di decisioni già andate a sentenza per l’anno corrente. Beh, direte voi, 50 sono poche considerando il numero di gare giocate ogni settimana in Italia moltiplicato per il numero dei giocatori che le disputano. Vero! Ma non è il numero delle sanzioni emesse che mi colpisce quanto la lettura delle stesse. Tralasciamo i casi di semplice ammonizione – sanzione spesso adottata nei confronti dei
minori ma anche, in alcuni casi, per i maggiorenni – cosa che conferma quanto scritto nello scorso numero di Professione Golf Club (un utilizzo più “vecchio stile” delle Commissioni Sportive non porterebbe neppure, questi casi, alla Giustizia Federale), e diamo un’occhiata alle decisioni prese. C’è un po’ di tutto… il golfista ladro incallito, quello che non sa fare di conto, quello che “cala l’uovo”, il Pelè de noantri e avanti di questo tenore. Ci sono tanti minori e questo mi dice che l’influenza dei genitori è spesso più che deleteria e che la decisione di avere un Procuratore apposito per gli Under 18 sia stata ottima. C’è addirittura una sanzione nei confronti di un Circolo e, udite udite, nei confronti di un responsabile di una segreteria di Circolo. È quest’ultimo caso che ha aperto, su Facebook, una discussione addirittura velenosa. Cercherò, senza entrare troppo nello specifico perché, francamente, la cosa mi sembra tanto stramba che non posso che avere dei dubbi su ogni aspetto della vicenda, di spiegare cosa è successo. Premesso che si era visto di tutto nell’Italia del golf alla voce “infrazioni e sanzioni”, mai – per quanto io sappia – la Procura Federale aveva dovuto agire contro un “segretario”. E mai, pensavo, avrei dovuto dare ragione a un vecchio amico che, spesso, nelle nostre discussioni golfistiche su Regole, Regolamenti e affini mi diceva “Quis custodiet ipsos custodes?“. Orbene il colpevole in questione (non posso chiamarlo in altro modo dato che la sentenza è finale) lavora in una segreteria di un Circolo di Golf, non ha mai frequentato la Scuola dei Segretari federale (anche questo va detto), mi risulta essere un discreto giocatore, ha forse velleità di passare Pro e ha a disposizione il computer in cui si registrano i risultati di gara. Ecco dunque che, senza avere giocato, si auto-inserisce uno score di 39 punti. Presumo lo faccia dopo avere stampato la classifica di gara per la premiazione e prima di chiudere definitivamente la gara stessa per la trasmissione dei
risultati sui server federali. Come sempre, però, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Un attento osservatore nota un abbassamento di handicap; sa, essendo lo starter, che il “segretario” non ha giocato; solleva il problema con la sezione zonale competente. E scoppia il bubbone. Da un’analisi del Comitato Nazionale Handicap salta fuori che il tesserato in questione si sarebbe inserito sempre lo score di 39 punti per ben cinque gare consecutive. Il Sostituto Procuratore, come da norme, convoca il tesserato. Questi non si presenta e non trasmette memorie difensive. Il caso passa quindi al Giudice Federale. Anche in questa seconda udienza il tesserato non si presenta e non invia propri commenti. Il caso, come scrive il Giudice, non si presenta complesso stante l’evidenza delle prove e viene inflitta una pena di squalifica di TRE anni. Orbene, fermo restando che la colpevolezza pare evidente, anche alla luce della totalmente mancata difesa dell’accusato, permettetemi di essere abbastanza perplesso su questa vicenda. Non voglio arrivare a sostenere, come qualcuno ha scritto tra i commenti al vetriolo sui social network, che si sia trattato di un atto di “sabotaggio” nei confronti del tesserato stesso da parte di altri componenti la segreteria (anche perché, se così fosse, spostiamo l’identificazione del colpevole ma non il fatto in sé). Ma non posso non considerare che, avendo a disposizione i sistemi informatici federali, esistono diversi metodi, meno evidenti, per taroccare il proprio handicap. La vicenda, dunque, lascia molto amaro in bocca per diverse ragioni. Primo perché, perlomeno a mio parere, non è chiarissima. Secondo perché, e questo è il fatto grave, si dimostra che avendo accesso a un computer collegato al database federale, potenzialmente si può fare qualsiasi cosa… Fino ad oggi contavamo sui “Custodi”. Da domani?
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GOLF E DIRITTO L’angolo giuridico
La certificazione medica per idoneità sportiva Come viene considerato il nostro sport dal legislatore quando si tratta di valutare i fattori di rischio? Vediamo in dettaglio casi, obblighi ed esenzioni Avv. Paolo Montanari
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e norme attualmente in vigore aventi ad oggetto il rilascio dei Certificati per Idoneità Sportiva sono le seguenti: 1. Attività LUDICO-MOTORIA: non serve alcun certificato; è consigliata però una valutazione preventiva dei fattori di rischio presso il proprio medico curante. (Decreto del Fare, convertito in Legge 98, art. 42.bis, pubblicato nella GU il 20 agosto 2013); 2. Attività di PARTICOLARE ED ELEVATO IMPEGNO CARDIOVASCOLARE patrocinata da Federazioni sportive, Discipline associate e da Enti di promozione sportiva: in questo caso serve il certificato medico, rilasciato dal proprio medico di medicina generale o pediatra, limitatamente ai propri assistiti, o dallo specialista in medicina dello sport, dopo controllo medico che comprende la rilevazione della pressione arteriosa, un elettrocardiogramma basale, uno step test o un test ergometrico con monitoraggio dell’attività cardiaca e altri accertamenti che il medico riterrà necessari per i singoli casi (Decreto Balduzzi, del 24.04.2013, pubblicato GU 20.07.2013); 3. Attività sportiva NON AGONISTICA: serve il certificato, rilasciato dal proprio medico di medicina generale o pediatra, limitatamente ai propri assistiti, o dallo specialista in medici-
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na dello sport o da un medico iscritto alla Federazione Medico Sportiva Italiana. 4. Attività sportiva AGONISTICA: nessun cambiamento rispetto al passato (vale DM 18.02.1982); Non dovranno richiedere alcun tipo di certificato: 1. coloro che effettuano l’attività ludico-motoria in forma autonoma e al di fuori di un contesto organizzato e autorizzato; 2. chi svolge, anche in contesti autorizzati e organizzati, attività motoria occasionale, effettuata a scopo prevalentemente ricreativo e in modo saltuario e non ripetitivo; 3. i praticanti di alcune attività ludico/ motorie con ridotto impegno cardiovascolare, quali bocce (escluse bocce in volo), biliardo, golf, pesca sportiva di superficie, caccia sportiva, ginnastica per anziani, “gruppi di cammino” e attività assimilabili nonché i praticanti di attività prevalentemente ricreative, quali ballo, giochi da tavolo e attività assimilabili A tali soggetti è comunque raccomandato un controllo medico prima dell’avvio dell’attività ludico-motoria per la valutazione di eventuali fattori di rischio, con particolare attenzione ai soggetti che passano dalla sedentarietà alla pratica di tali attività o che si sottopongono a esercizio fisico di particolare intensità. (art. 2, comma 5 e 6 del Decreto Balduzzi del 24.04.2013).
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a cura del Centro Studi Diritto Sport diretto dal Prof. Avv. Lucio Colantuoni - mail: info@csdirsport.com
DEFINIZIONI DI ATTIVITÀ SPORTIVA Attività sportiva non agonistica Secondo l’art. 3 del Decreto del Ministro della Salute del 24.04.2013 (in vigore) si definisce attività sportiva non agonistica la pratica sportiva di: 1. alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell’ambito delle attività para-scolastiche (non quindi per l’Educazione Motoria curricolare) 2. coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali, discipline associate, agli enti di promozione sportiva riconosciuta dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti ai sensi del DM 18.02.1982 3. coloro che partecipano ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale Attività sportiva ad elevato impegno cardiovascolare Secondo l’art. 3 del Decreto del Ministro della Salute del 24.04.2013 (in vigore) si definisce attività sportiva ad elevato impegno cardiovascolare patrocinata da Federazioni Sportive, Discipline associate e da Enti di promozione sportiva la pratica sportiva di partecipanti a manifestazioni non agonistiche o di tipo ludico-motorio, patrocinate dai suddetti organismi, quali manifestazioni podistiche di lunghezza superiore ai 20 Km, granfondo di ciclismo, di nuoto, di sci di fondo o altre tipologie analoghe e NON tesserati ai suddetti organismi. L’esame, pur sommario, della normativa di cui sopra, pone in evidenza la distinzione tra attività amatoriali e non. La ragione di questa differenza risiede nel presupposto che i centri affiliati alle società sportive o al Coni abbiano uno standard di preparazione atletica che mette il medico in condizione di certificare se un paziente è in grado o meno di seguire i corsi o di praticare quella specifica attività sportiva. Per le palestre, ad esempio, che non sono affiliate alle
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Federazioni, è l’istruttore che stabilisce liberamente il tipo e l’intensità dell’allenamento, ma, in questo caso, il medico non ne è informato e non può quindi stabilire se il paziente è nelle giuste condizioni di salute per seguire quello specifico tipo di allenamento. Qual è, alla luce di quanto sopra esposto, la posizione della Federazione Italiana Golf? La circolare n. 27 del 26.09.2013 ha ribadito che la soppressione dell’obbligo di certificazione sanitaria riguarda la sola attività ludica motoria e amatoriale che, sulla base dell’art. 2 del decreto Balduzzi, si riferisce ai soli soggetti NON tesserati alle Federazioni Sportive Nazionali e a tutti coloro che svolgono attività sportiva non regolamentata da organismi sportivi. La suddetta circolare non lascia spazi interpretativi, tuttavia alcune riflessioni meritano di essere svolte. Il gioco del golf è espressamente citato nel decreto Balduzzi (art. 2, comma 5^) tra le attività ludico-motorie con ridotto impegno cardiovascolare per cui non vi è l’obbligo della certificazione medica. La pratica del golf in Italia, come noto, prevede l’obbligatorietà del tesseramento presso la F.I.G. e, per la stragrande maggioranza dei golfisti (a volte anche obtorto collo), la partecipazione ad attività (gare) organizzate da associazioni o società sportive affiliate alla stessa F.I.G. per cui la pratica del golf rientra tra le attività sportive non agonistiche a cui si applica l’art. 3 del decreto Balduzzi, restando in tal modo in vigore l’obbligatorietà del certificato medico. Il legislatore, se avesse voluto in modo non equivoco escludere l’attività golfistica dalla obbligatorietà del certificato di idoneità medica, avrebbe dovuto effettuare un espresso richiamo anche nel suddetto articolo 3. Ma forse sarebbe stato irrealistico pretendere dal nostro legislatore una conoscenza effettiva del gioco del golf ed una specifica attenzione allo stesso posto che il legislatore a volte risulta “distratto” anche nello scrivere provvedimenti ben più importanti di questo. Che dire poi dei golfisti i quali, per le
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più disparate ragioni, non partecipano alle gare di circolo. Per costoro il golf non è una attività ludico-motoria di carattere realmente amatoriale? Con l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Federazione scatta, per quanto sopra detto, anche l’obbligo di presentare il certificato di idoneità. Il certificato può essere rilasciato dal proprio medico curante o da un medico sportivo. Perché non da un altro medico? Perché questo medico non conosce la persona a cui dovrebbe essere rilasciato il certificato e perché questo medico non può accedere ai dati di un paziente che non ha in cura? Neppure con l’espressa autorizzazione dello stesso interessato? E perché non potrebbe essere sufficiente l’autocertificazione? Vi è poi il problema dei giocatori tesserati presso Federazioni estere. Questo problema era stato già affrontato su questa rivista in un articolo precedente (n. 3 primavera 2014) a proposito di un valido tesseramento presso un circolo estero. Lo stesso problema si pone ovviamente anche per i certificati medici. Dal momento che un controllo diretto da parte del circolo italiano circa l’esistenza di un valido certificato medico risulti di fatto impossibile, si consiglia ai gestori di circolo di sottoscrivere una polizza assicurativa volta a coprire anche questi rischi non potendo intervenire la copertura assicurativa prevista dalla Federazione. Così si arriva al punto nodale attinente l’obbligatorietà della certificazione medica: le coperture assicurative. Si può dire, infatti, che la certificazione medica costituisca una sorta di difesa che la Federazione ed i circoli richiedono per tutelarsi rispetto ai contratti di assicurazione sottoscritti. Ed è la medesima ragione per cui chiunque di noi sia iscritto ad una “normalissima” palestra deve portare la copia del certificato medico. In conclusione possiamo dire che ci troviamo di fronte ad un tipico esempio di tentativo di semplificazione degli oneri a carico dei cittadini da parte del legislatore vanificato nella pratica.
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I numeri del golf Noi li abbiamo letti, analizzati e provato a fare qualche riflessione comparando quelli italiani ad altri di alcuni paesi emblematici del Vecchio Continente. C’è luce in fondo al tunnel, ma quanto sarà lungo ancora?
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Una veduta aerea del National di Parigi, campo della Federazione francese che nel 2018 ospiterĂ la Ryder Cup
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I dati Federgolf
Regioni Tesserati 2014 Tesserati 2013 Lombardia 23.615 24.123 Piemonte 13.955 14.342 Emilia Romagna 11.205 10.775 Veneto 9.721 9.715 Lazio 8.574 8.920 Toscana 6.431 6.651 Liguria 3.884 3.979 Trentino Alto Adige 3.553 3.504 Marche 2.541 2.535 Friuli Venezia Giulia 1.790 1.997 Sardegna 1.107 1.078 Valle d Aosta 981 973 Umbria 762 789 Puglia 928 919 Abruzzo 722 612 Campania 385 529 Sicilia 590 492 Calabria 194 208 Molise 53 72 Professionisti 664 644 Progetto scuola 58 272 TOTALI 91.713 93.129
diff. % -2,1% -2,7% 4,0% 0,1% -3,9% -3,3% -2,4% 1,4% 0,2% -10,4% 2,7% 0,8% -3,4% 1,0% 18,0% -27,2% 19,9% -6,7% -26,4% 3,1% -78,7% -1,52%
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a Federgolf, come avviene ogni fine anno, ha rilasciato le statistiche dei tesserati. Il numero dei golfisti ha subito una contrazione dell’1,33% rispetto al 2013 (-1,52% tenendo conto anche dei professionisti e del progetto scuola). Poca roba, anzi, meno peggio di quanto questa crisi poteva far prevedere. I giocatori tesserati si sono attestati a 91.713 contro i 93.129 del 2013. Le regioni italiane con il maggior numero di golfisti, eccezion fatta per l’Emilia Romagna, perdono tutte piccole percentuali. La Lombardia resta la più golfisticamente popolata con 23.615 seguita a distanza da Piemonte (13.955) ed Emilia Romagna (11.205). Queste le uniche tre regioni sopra quota 10 mila. In “verde”, quindi con un incremento, spiccano Abruzzo e Sicilia, vicine addirittura a quota+20% ma su cifre molto basse (1.312 golfisti totali nelle due regioni). I numeri però possono essere letti in molti modi come le stesse infinite statistiche della FIG ci insegnano. Se allontaniamo lo zoom e analizziamo il dato prendendo in considerazione un lasso di tempo maggiore, scopriamo che il numero totale di golfisti è tornato al 2007. Negli ultimi quattro anni, ovvero da quando eravamo a quota 101.817 (2011, record nella storia del golf italiano), si è perso per strada circa il 10% dei giocatori. Anche questo dato non è terribilmente negativo, ma c’è un “però”. In tutti gli sport, e non solo, sono i giovani che rappresentano il futuro. Il saldo di quelli italiani è poco confortante. Negli ul-
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Numero Tesserati
Numero Campi da Golf
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91.791
95.430
100.317
100.548
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98.824
93.087
91.713
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Il golf in Italia dal 1954 a oggi
Anno 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984
Tesserati 1.220 1.352 1.948 2.015 2.032 2.150 2.300 2.486 2.960 3.900 4.618 5.500 5.824 5.837 6.050 6.812 7.000 7.222 7.765 8.806 9.100 9.512 10.177 10.333 10.323 11.964 13.045 15.161 16.899 17.910 19.010
Circoli 17 19 19 19 22 22 25 28 28 29 31 32 33 33 34 35 37 38 43 45 45 51 49 55 57 58 58 58 58 60 63
C. Pratica Tess Juniores - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
timi quattro anni ne abbiamo persi il 25% passando da quasi 12 mila a 8.915. Probabilmente qualcosa nei progetti del golf italiano non è andato in porto. In principio venne annunciato che l’aumento della quota della tessera, dopo il famoso Open d’Italia targato Methorios Capital, sarebbe stato investito nello sviluppo dell’attività giovanile. Poi il progetto scuola, seguito e finanziato da Kinder, e cancellato dopo il ritiro dell’azienda piemontese (nel 2012 aveva prodotto 1.475 tesserati, contro i 58 del 2014). E ancora. Il taglio alla categoria under 16, che ha prodotto una contrazione del 15,7% nel 2013, con la promessa della concentrazione dei fondi verso i più giovani o meritevoli. Sta di fatto che oggi mancano i fondi per organizzare i corsi regionali. Gestire i cordoni della borsa in questo difficile periodo storico non è certamente facile ma il focus da parte di tutti, circoli in testa, dev’essere concentrato sullo sviluppo dell’attività giovanile e su programmi per aprire il nostro golf alle famiglie. Il panorama delineato dai numeri delle statistiche è invece gri-
Anno 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Tesserati 20.100 22.044 24.412 27.315 30.277 33.576 35.077 40.100 41.486 41.000 44.521 46.800 50.730 53.304 56.140 58.946 63.534 67.116 71.907 76.717 81.100 84.117 91.791 95.430 100.317 100.548 101.817 98.824 93.087 91.713
Circoli 65 69 82 90 101 109 134 153 162 170 191 201 204 208 211 222 223 225 229 231 237 241 248 262 269 265 268 233 280 280
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C. Pratica Tess Juniores - 3 2.307 4 2.606 6 3.120 10 3.755 11 3.860 12 4.012 16 4.702 21 4.521 20 4.203 20 4.118 26 5.318 37 4.916 45 4.492 47 4.652 49 4.974 56 5.607 68 5.202 81 6.066 91 7.143 97 8.549 97 8.333 110 9.614 116 10.223 109 11.004 121 11.970 138 11.504 175 11.337 137 9.552 130 8.913 Fonte FIG
gio, come il colore che prevale nei capelli dei golfisti all’interno dei club. Il 28% degli uomini sono Super Senior (45% delle donne), il 22 % senior (27% delle donne) e il 39% Mid Am (23% delle donne). È lapalissiano pensare che il golf azzurro abbia un bisogno assoluto di ringiovanimento. In parallelo, anche affacciandoci oltreconfine non vediamo realtà floride anche se, in generale, la fotografia è spesso meno in sofferenza della nostra. Prendiamo alcuni Paesi: - la Scozia (209.812 tesserati) ha perso dal 2007 circa il 17%, ma solo il 10% dei suoi giocatori junior, che oggi rappresntano oltre il 10% dei praticanti totali a Edimburgo e dintorni; - la Francia (408.388) rispetto al 2007 ha fatto registrare un +10%. La contrazione, del 7%, è arrivata solo negli ultimi due anni e comunque i giovani sfiorano il 10% dei golfisti totali; - la Spagna (280.712) rispetto al 2007 ha perso come noi il -10%, ma il numero dei praticanti è quasi tre volte il nostro e soprattutto gli juniores sono passati da 12.208 a 33.236!; - la Germania (639.137) invece non conosce il segno meno. Il
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I numeri europei per paese Quanti siamo in Europa Paesi Campi Giocatori Albania 1 64 Armenia 1 55 Austria 156 103 225 Azerbaijan 2 104 Belgio 84 60 867 Bulgaria 7 787 Croazia 5 1 420 Cipro 9 1 303 Repubb. Ceca 102 56 438 Danimarca 188 150 699 Inghilterra 1 849 678 372 9 2 668 Estonia Finlandia 129 142 757 Francia 597 408 388 Galles 151 49 084 Georgia 1 50 Germania 728 639 137 Grecia 8 2 350 413 194 151 Ireland Islanda 65 16 371 2 795 Israele Italia 275 91 713 Kazakistan 2 1 004 Lettonia Liechtenstein 1 623 Lituania Lussemburgo 6 3 557 Malta 1 546 Olanda 256 389 515 Norvegia 175 103 553 Polonia 28 3 456 86 14 094 Portogallo Romania 7 688 Russia 28 1 341 Scozia 551 209 812 Serbia 2 747 Slovacchia 20 7 490 Slovenia 13 8 762 Spagna 348 280 712 Svezia 448 474 777 Svizzera 96 88 523 Turchia 18 6 776 Ucraina 4 547 Ungheria 14 1 552
Maschi 60 28 57 675 51 35 694 561 920 896 34 134 98 991 528 029 1 715 87 720 265 248 38 708 40 369 378 1 300 133 104 10 239 575 61 871
Donne 2 7 36 337 19 18 388 75 360 303 15 033 43 230 94 138 777 38 931 103 802 6 099 10 222 581 300 37 000 4 296 112 20 929
Junior 2 20 9 213 34 6 785 151 140 104 7 271 8 478 56 205 176 16 106 39 338 4 277 47 178 750 24 047 1 836 108 8 913
571 387
202 212
231 24
2 059 400 246 308 71 241 2 581 10 380 542 842 161 899 437 4 506 5 232 176 107 304 017 52 082 2 613 394 1 076
1 017 135 124 207 23 662 609 2 644 81 251 25 852 110 1 866 2 320 71 369 123 427 29 486 1 124 46 313
481 11 19 000 8 650 266 1 070 65 248 22 088 200 1 118 1 210 33 236 47 333 6 955 3 039 107 163 Fonte EGA
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Anni 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005
Campi 7 020 6 844 6 797 6 749 6 723 6 691 6 614 6 560 6 423 6 242
Giocatori 4 261 199 4 363 852 4 378 864 4 392 378 4 439 233 4 328 856 4 328 856 4 270 156 4 135 086 4 107 174
Uomini 2 801 742 2 855 650 2 867 883 2 861 443 2 895 537 2 811 240 2 865 549 2 782 271 — —
Donne 1 063 573 1 092 403 1 087 245 1 085 016 1 104 123 1 060 482 1 055 817 1 059 465 — —
Junior 395 875 415 790 423 236 445 559 438 213 442 643 363 411 428 420 — —
NOTA: i dati relativi ai giocatori della tabella qui sopra (fonte EGA) si riferiscono ai tesserati, ma il numero dei praticanti è molto superiore. Nella sola Gran Bretagna i golfisti superano i quattro milioni e in Germania e Francia i giocatori sono stimati ben sopra il milione. numero dei golfisti non ha mai subito flessioni e rispetto al 2007 è cresciuto del 20%. Piccola nota: tutti questi numeri riguardano solo i tesserati a Federazioni e Union. In realtà dati ufficiosi parlano di golfisti praticanti tre volte più numerosi in Francia (comunque superiori al milione) e almeno due volte in Germania (viaggiamo oltre il milione e 200mila). La Spagna invece si discosta poco dalla cifra ufficiale, mentre per la Scozia, visto che un bastone in mano l’hanno avuto tutti almeno una volta nella vita, il dato reale è di difficile valutazione, ma comunque molto superiore a quello delle tessere ufficiali. In gran Bretagna i golfisti possono essere valutati attorno ai quattro milioni. Questi Paesi sono molto diversi tra loro, sia per tradizione golfistica che per situazione economica. La situazione diventa più preoccupante se la si contestalizza, rapportandola, nei circoli del Belpaese. Come si può notare nel grafico che pubblichiamo in queste pagine, ad una contrazione del numero di giocatori non è corrisposta una relativa diminuzione del numero dei circoli italiani. Anzi. Nel 2007 i circoli, tra affiliati e aggregati, erano 358 contro i 410 del 2014. Che cosa significa? Beh, semplicemente che il rapporto del numero di giocatori per circolo, già molto inferiore alla media europea, è ancora diminuito. Se nel 2007 la media era di 370 giocatori per circolo affiliato (quindi con un percorso) nell’ultimo anno si è abbassato a 327. La conseguenza è che i campi, che devono affrontare spese spesso più alte a causa di aumenti e di nuove imposizioni fiscali, non riescono a vedere via d’uscita per aumentare i propri soci se non richiamare i giocatori nei dintorni, spesso sottraendoli ai circoli concorrenti. Negli altri paesi europei la realtà è ben diversa. In Francia la media giocatori per circolo è 684, in Germania 878, in Olanda (record europeo) 1.521 (sì, avete letto bene: 389 515 per 256 campi). Ma come è possibile avere così tanti giocatori in un campo? Semplice, basta una cultura differente. Da noi i golfisti si con-
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Tesserati 2014
centrano nel weekend per la garetta di circolo, in Olanda invece succede che quattro amici si trovino al golf durante la settimana per una partita o che giochino anche solo 9 buche domenica mattina per dedicare il resto della giornata alla famiglia. Il numero totale di tesserati nei vari paesi comprende anche quelli liberi che non occupano stabilmente un circolo bensì sono itineranti. Lo stesso dato è calcolato anche per l’Italia dove però i golfisti con una tessera sottoscritta direttamente con la FIG sono solamente 6.963. A questi c’è da aggiungere il popolo dei giocatori non tesserati. In Italia questi sono zero, anzi sappiamo che esiste un consistente numero di tesserati non giocatori, mentre per limitarci ai nostri cugini d’Oltralpe, si stima che i golfisti non tesserati siano in numero doppio rispetto ai giocatori (quindi 800 mila). La crisi sta colpendo, dove più dove meno, tutti i paesi europei. Quello che si può evincere studiando i comportamenti dei vari governi del golf è come questi stiano reagendo alla crisi. In Scozia si sono posti il problema di come fare per aumentare il flusso turistico legato al golf (ci rendiamo conto? In Scozia!) e hanno stanziato fondi legati alla comunicazione. Cosa che peraltro aveva giù fatto l’Irlanda ai tempi della candidatura poi vinta per la Ryder Cup, giocata al K Club. In Olanda hanno individuato circa 70 aree dove sarebbe intelligente (e remunerativo) realizzare altrettanti nuovi campi (e i Paesi Bassi non sono certamente generosi in termini di territorio). In Spagna da decenni hanno puntato sul turismo golfistico dando il via alla creazione, a volte esagerata, per essere obiettivi, di resort con annessi e connessi. In Francia hanno legato il progetto dello sviluppo - anche in chiave Ryder Cup al National di Parigi, nel 2018 - ai petit cours.
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Si tratta di campi pratica con qualche buca, sino a 9, che hanno bassi costi di gestione e richiedono pochi investimenti per lo start up. La Federazione francese, in accordo con il governo, ha creato un pool di esperti per l’individuazione di aree che possono dare un ritorno. In questo modo un privato con la volontà d’investire nel golf può rivolgersi alla federazione che studia, in base ai vari bacini d’utenza, il ritorno che l’investimento può dare. C’è anche la possibilità di avere un petit cours chiavi in mano con tanto di assistente alla fase iniziale. Gli investitori possono essere privati o pubblici. Ad esempio è successo che tre comuni volessero fare una piscina per ampliare la propria offerta sportiva. Dopo un’analisi dei costi e benefici hanno optato per un campo da golf. Sui 100 percorsi auspicati da realizzare entro il 2018, ad oggi ne sono stati completati ben 70. Anche la FIG ha deciso di provare a puntare sulla Ryder Cup, quella del 2022. Il presidente Franco Chimenti sinora ha fatto tutte le mosse giuste. Si è avvalso dei più validi consulenti in materia (IMG e KPMG), ha individuato la location perfetta (Roma, al circolo Marco Simone, che dispone di grandi spazi da poter utilizzare) e ha fatto parlare i media della candidatura. Il competitor principali sono di tutto rispetto, la Germania e la Spagna, ma comunque vada sarà un successo perché di golf intanto si è parlato anche in Italia. Dovesse andare in porto la candidatura, arriverebbero ingenti investimenti per gli Open antecedenti l’evento e la manifestazione stessa. Ma se anche non ci venisse assegnata, questo tentativo potrebbe essere il punto di svolta per una nuova partenza. E per riprovarci subito, in vista dell’edizione 2026.
Matteo Manassero e Diana Luna con un gruppo di ragazzi in una foto d’archivio datata 2011. Dopo l’abbandono di Ferrero il Progetto Scuola ha subito notevoli rallentamenti e il numero di giovani golfisti è diminuito
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JOHN DEERE
Quintupla da fairway 8700A
Tecnologie avanzate per un taglio omogeneo e di qualità
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l top della nuova Serie A di quintuple da fairway, la 8700A PrecisionCut di John Deere si contraddistingue per una serie di avanzate soluzioni tecnologiche che consentono di ottenere eccellenti risultati in termini di produttività, efficienza e precisione. Caratterizzata da una larghezza di taglio totale di ben 254 cm. per un’altezza di taglio da 6,3 a 50,8 mm., la macchina è dotata di un nuovo motore da 2,2 litri a 4 cilindri conforme allo stage Tier4, più silenzioso, pulito e dai bassi consumi di carburante, che si accoppia in maniera ideale all’avanzato display TechControl, una soluzione in grado, grazie alle sue molte funzioni, di ottimizzare la performance e il tempo di esercizio, consentendo un maggiore controllo del funzionamento e della diagnostica. È ad esempio possibile impostare e modificare rapidamente la velocità di taglio, la velocità di svolta e la velocità di trasporto per limitare le variazioni del rendimento a seconda dei diversi operatori, rallentare la macchina durante le svolte mentre si taglia l’erba e proteggerla da strisciate sul tap-
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peto erboso e da svolte aggressive. Il TechControl possiede inoltre una diagnostica visiva integrata che consente una rapida e semplice diagnosi della macchina, segnalando input e output dell’impianto elettrico, avvisi di manutenzione dell’olio idraulico e dell’olio motore e intervalli di manutenzione programmata. Altra caratteristica di spicco della 8700A è la funzione LoadMatch, che regola automaticamente la velocità della macchina per mantenere la potenza sulle unità di taglio in condizioni di carico elevato, migliorando la produttività e uniformando la qualità del lavoro. Ad esempio, in presenza di erba alta e rigogliosa, la macchina percepisce il carico e diminuisce la velocità di trazione per tagliare l’erba in modo adeguato in una sola passata; una volta ridotto il carico, la macchina ritorna alla velocità di taglio normale. La 8700A è dotata inoltre dell’unità di taglio Quick-Adjust 7 Rotate for Service RFS™, che consente a tutte e cinque le unità di taglio di ruotare in posizione verticale stando sulla macchina, permettendo l’accesso alla controlama per un’assistenza rapida sul campo senza dover
rimuovere le unità di taglio dall’unità di trazione o avere accesso al sistema di sollevamento della macchina. Per affrontare al meglio anche le condizioni di percorso più difficili, la 8700A è dotata del nuovo sistema di trazione idrostatica eHydro, che aumenta il comfort per l’operatore grazie a un pedale facile da usare. Il controllo leggero e sensibile riduce l’affaticamento e, insieme al cruise control e al sistema di gestione della velocità di sterzata, crea una macchina realmente intelligente. In più, il cilindro a doppio effetto dello sterzo bilancia la pressione destra e sinistra, come sulle macchine da green, per la massima semplicità nella guida in rettilineo. Gli pneumatici sono opportunamente dimensionati per un’adeguata distribuzione dei pesi e una bassa pressione al suolo. Le soluzioni implementate sulla 8700A offrono eccellenti risultati di taglio. L’impianto idraulico a compressione regolabile e il punto di attacco posteriore delle unità di taglio riducono il rischio di tagli irregolari del manto erboso, mentre l’allineamento degli pneumatici anteriori e posteriori garantisce un risultato perfettamente uniforme.
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PAZIENZA, IMPEGNO E TEMPO Secondo il direttore del circolo felsineo, ecco quello che è indispensabile per interpretare una professione complessa come quella di manager in un club. A Monte S. Pietro è arrivato nel 2008, dopo 16 anni passati a Garlenda
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Marco Antonangeli - Bologna
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O di Roberto Roversi
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on il diploma di ragioniere e la laurea in scienze motorie in mano, e senza nemmeno sapere cosa fosse un birdie o un draw, era difficile per Marco Antonangeli, oggi 48 anni e apprezzato direttore del Golf Club Bologna, immaginarsi un futuro nell’ambiente golfistico. Invece la proposta di lasciare la sua Desenzano per andare a lavorare nella segreteria del Golf Club Garlenda nel 1992 cambiò la sua vita professionale. “Quando arrivai a Garlenda – ricorda Antonangeli – del golf conoscevo solo quel po’ che avevo studiato nelle cinque settimane del corso Allievi Segretari della FIG e quanto avevo svolto durante il mese di tirocinio. In segreteria seguivo soprattutto la parte amministrativa, però avevo la fortuna di poter lavorare con una persona straordinaria come Gianfranco Costa (Segretario storico di Garlenda e tra i più autorevoli esperti italiani del regolamento, ndr), il migliore dei ‘maestri’ che un giovane inesperto come me potesse avere. Dopo alcuni anni di gavetta, nel 1999, quando Costa lasciò la direzione del circolo divenni il Segretario di Garlenda. Poi nel 2008 si creò una bella opportunità al Golf Club Bologna ed eccomi qui.” Cosa ricorda del suo primo impatto con l’ambiente del circolo bolognese? “Direi soprattutto l’accoglienza positiva. Di grande aiuto è stato il supporto che ho ricevuto dalla Presidenza grazie al quale è stato più facile inserirmi. Come Garlenda anche Bologna è un circolo storico del golf italiano per cui il loro ambiente e la loro impostazione sono abbastanza simili a cominciare, per esempio, dal fatto che entrambi sono proprietari dell’area del percorso. La differenza maggiore che ho riscontrato è stata quella legata alla tipologia dei soci che a Garlenda, dove tra l’altro esiste un flusso turistico importante, provenivano da aree diverse, mentre la base sociale del circolo bolognese ha sempre avuto la propria città come principale riferimento.”
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In apertura la buca 8, simbolo del percorso bolognese. Qui sopra, esterno e interno della bella club house. Come si gestisce un circolo di tradizione come il Golf Club Bologna? “Credo sia fondamentale puntare sulla qualità dei servizi offerti ai nostri soci che in questo circolo sono i veri protagonisti. Oltre alla qualità della manutenzione del percorso, siamo molto attenti anche ad altri aspetti, dal ruolo dei caddie master all’accoglienza negli spogliatoi, dalla disponibilità della segreteria alla qualità del ristorante. Riuscire a far funzionare tutto questo nel modo migliore serve a creare quel senso di ospitalità e di familiarità che è tra le caratteristiche più significative del Golf Club Bologna. Per quanto mi riguarda, forse per la mia formazione scolastica, sono sempre molto attento all’aspetto amministrativo del mio lavoro. Oggi, più che in passato, è indispensabile trovare un corretto equilibrio tra la gestione sportiva e quella finanziaria. Devo dire che su questa impostazione ho trovato piena rispondenza nel Consiglio Direttivo del circolo.” Parlando di soci diventa inevitabile affrontare un argomento che tiene banco nel golf italiano. I giocatori stanno diminuendo e i circoli, che ne pagano le conseguenze sui propri bilanci, stanno cercando di risolvere la situazione adottando soluzioni diverse. Qui come state affrontando il problema? “Indubbiamente si tratta di un fenomeno con il quale tutti dobbiamo fare i conti. Il Golf Club Bologna ha messo in atto una serie di iniziative che hanno l’obiettivo di rendere più agevole l’iscrizione al circolo. Innanzitutto abbiamo ottime offerte per i neofiti con la possibilità di usufruire di corsi mensili o trimestrali con i nostri Professionisti della PGA, terminati i quali chi è stato ‘contagiato’, e per fortuna devo dire che sono la maggioranza, può proseguire l’attività associandosi al circolo con un percorso d’ingresso impostato su una gradualità per quanto riguarda l’impegno economico, che consente loro di conoscere e di appassionarsi al golf in base alle proprie esigenze. Quest’anno il Consiglio Direttivo, nonostante le difficoltà di cui parlavamo pocanzi, ha inoltre deciso di deciso di abbassare la quota annuale dei soci azionisti. L’insieme di queste iniziative sta già fornendo buoni risultati e l’arrivo dei nuovi soci attraverso le attività di promozione sta compensando il naturale turnover con cui devono fare i conti i circoli storici.” Quando è arrivato a Bologna è stato difficile instaurare il rapporto con i soci? “Direi di no e credo di avere un ottimo rapporto con tutti. Mi impegno per fare in modo di rispondere al meglio alle loro esigenze, dal-
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le più piccole alle più importanti. In questo senso è fondamentale conoscere bene i soci per avere un rapporto di fiducia che ci permetta magari di anticipare le loro richieste. Ma, come ho detto prima, l’aspetto fondamentale nel rapporto con i soci è quello di offrire loro servizi di qualità.” Com’è la situazione delle presenze esterne sul vostro percorso? “Per diverse ragioni qui non c’è mai stato un numero elevato di giocatori provenienti da fuori, ma negli ultimi anni la situazione sta un po’ cambiando. Grazie al lavoro di Emilia Romagna Golf il flusso turistico nella nostra regione è aumentato e di conseguenza anche il nostro circolo, che si trova vicinissimo all’aeroporto di Bologna, ne ha beneficiato. I turisti, soprattutto quelli stranieri, hanno dimostrato di apprezzare le caratteristiche del nostro percorso, dalla qualità del campo, in particolare quella dei green sempre piuttosto veloci, al servizio del ristorante. Sono segnali positivi che inducono a pensare che in questo ambito ci siano margini di sviluppo.” Parliamo di gare. Un argomento di cui ultimamente si discute molto nel golf italiano soprattutto per una tendenza, a livello generale, che sta vedendo un calo dei partecipanti. A Bologna che situazione abbiamo? “Il nostro circolo non sta risentendo di questo fenomeno, probabilmente in virtù della qualità che ogni anno riusciamo a garantire al nostro calendario gare grazie soprattutto ai soci presenti con le loro aziende come sponsor e anche per il connubio che nel corso del tempo si è creato tra i nostri soci e le principali aziende di moda, gioielli e auto presenti anch’esse con un loro torneo. Ad eccezione del periodo invernale il nostro calendario prevede due gare per ogni fine settimana, con una presenza media di circa 100 iscritti a torneo, che consideriamo un buon numero. Per le gare dei circuiti più importanti arriviamo anche a punte di 160/180 giocatori. Non dimentichiamo, poi, che ci sono anche parecchi golfisti che nel weekend non vogliono giocare in gara. Anche in queste situazioni riusciamo a soddisfare le esigenze dei nostri soci trovando soluzioni per i loro tee time.” Tra i “difetti” delle gare sembra esserci, sempre di più, il gioco lento. Come state affrontando la questione? “Nonostante il disegno del nostro campo, con due par 3 nelle prime quattro buche e le sue difficoltà tecniche facciano pensare il contrario, posso dire che qui il problema al momento non è una priori-
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Marco Antonangeli - Bologna tà assoluta come in altre realtà con cui mi sono confrontato. È ovvio che nelle gare con molti iscritti ci possano essere rallentamenti del gioco, ma in questi casi prevediamo anche interventi che aiutano molto nel ridurre il problema, come ad esempio la presenza di una o due persone posizionate a controllare il gioco nei punti più critici del campo. Un altro supporto cerchiamo di ottenerlo dalla manutenzione del campo, con un taglio del rough più ‘gentile’, che contribuisce sicuramente ad ottenere una maggior rapidità di gioco. La cosa più importante, però, è la collaborazione dei giocatori, che ogni tanto ‘stimoliamo’ con l’applicazione di qualche colpo di penalità.” Si può fare qualcosa per incentivare la partecipazione alle gare, considerato che rappresentano una voce non trascurabile tra le entrate del circolo? “Certo. Al Golf Club Bologna, ad esempio, abbiamo organizzato delle gare infrasettimanali su 9 buche con partenze libere. L’idea di questo tipo di gare, che impegnano poco tempo e non hanno vincoli di orario e di composizione di team, sta dando buoni riscontri. Molti giocatori apprezzano questo esperimento e sicuramente proseguiremo nel riproporlo anche nei prossimi anni.” Come sono i rapporti con gli altri circoli della regione? “Dal punto di vista geografico l’Emilia Romagna è una regione che si estende soprattutto in larghezza per cui dobbiamo fare i conti con il problema della distanza. Posso dire che, grazie soprattutto alla vicinanza, abbiamo un ottimo rapporto con il Modena Golf con il quale abbiamo instaurato uno scambio che permette ai soci dei due circoli di giocare su un percorso quando l’altro osserva il giorno di chiusura.” Il Golf Club Bologna pensa a un suo sviluppo futuro, magari con la realizzazione di altre 9 buche? “Al momento sicuramente no. Non è un’esigenza sentita. Il proposito della proprietà, invece, è quello di investire per migliorare le
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strutture esistenti. Nel 2015, ad esempio, c’è il progetto di completamento delle stradine per i cart su tutte le 18 buche, una soluzione che aiuterebbe a giocare più rapidamente. Inoltre si dovrebbe aggiungere anche un’importante miglioria sui drenaggi delle prime 9 buche. Due anni fa la proprietà ha fatto un importante investimento di ristrutturazione dell’area piscina e tra i progetti futuri c’è quello di sviluppare ulteriormente i servizi con la realizzazione di un campo di calcetto in erba e l’aggiunta di un locale dedicato al fitness. Il nostro intento è di creare una rete di servizi rivolti soprattutto ai nuclei familiari, una peculiarità che da sempre ha caratterizzato la storia di questo circolo che vuole restare fedele al suo stile e alla sua tradizione.” Come deve essere oggi un buon direttore di un circolo di golf? “Non è facile dare una risposta. Prima di tutto bisogna dire che questa figura, come tutte le altre presenti nella gestione di un circolo di golf, è molto cambiata nel corso del tempo. In passato la parte più importante di cui doveva occuparsi era quella sportiva. Oggi, invece, sono richieste competenze multiple, da quelle amministrative a quelle gestionali, da quelle legate alla coordinazione delle personale alla conoscenza della materia legata alla sicurezza che assume sempre maggiore rilevanza. È un mestiere più complesso di quello che tante volte appare all’esterno, che richiede molta pazienza, impegno e tempo.” Gliene resta un po’ per giocare a golf? “Purtroppo poco e quando ne potrei avere un po’ di più, come nel periodo invernale, il clima non è tanto favorevole. Tra l’altro devo dire che ho iniziato a giocare, praticamente da autodidatta, solo dopo aver cominciato a lavorare nella segreteria di Garlenda andando in campo al mattino presto prima del lavoro. Adesso il mio handicap si aggira attorno a 20, ma tra il lavoro e la famiglia (vive a due passi dal circolo bolognese con la moglie e i due figli, ndr) non ho molte possibilità per abbassarlo.”
Foto a sinistra; Marco Antonangeli (a sinistra), in compagnia di alcuni componenti dello staff del Golf Club Bologna. Nella foto a destra, il direttore del Golf Club Bologna Marco Antonangeli (al centro) fra il presidente del circolo felsineo, Filippo Sassoli De’ Bianchi (a destra), e il Vice-Presidente, Costantino Galleri.
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Nella foto, Sergio Garcia durante una giornata dedicata a bambini e ragazzi: i campioni sono perfetti per trasmettere con entusiasmo il piacere del gioco a giovani e meno giovani.
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Comunicazione e strategie
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IL GOLF DIVENTERÀ SPORT DI MASSA? Anche se il momento non è dei migliori, i potenziali praticanti sono superiori di molto a quelli che in realtà calcano i fairway italiani. Ma come raggiungerli e convincerli a provare? Ecco alcuni progetti che potrebbero essere utili di Maurizio Trezzi*
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l golf, in Italia e nel mondo, sta vivendo un periodo di grandi trasformazioni. Da un lato la crisi economica contribuisce a contrarre il numero dei giri sul campo e dei soci nei circoli e a far diminuire gli investimenti delle aziende, partner e sponsor delle tante gare che si svolgono in ogni circolo e nei grandi circuiti professionistici. Dall’altro l’interesse per il golf cresce. Nel mondo, come testimoniano i dati di sviluppo del turismo golfistico (ce lo ha detto nell’ottobre scorso l’edizione lariana di IGTM). E in Italia grazie ai buoni risultati ottenuti dai golfisti italiani di vertice e all’esposizione (per certi aspetti una sovraesposizione) che il golf ha sui canali televisivi satellitari che ne aumenta il livello di visibilità rispetto a un pubblico più eterogeneo. Questi fattori determinano uno scenario interlocutorio dove sarebbe possibile tentare una definitiva affermazione del golf come sport “di massa”. Per farlo, nel millennio della interconnessione globale, della multimedialità e delle smart cities, il ruolo della comunicazione è fondamentale ed essenziale. Da un’analisi anche solo superficiale appare però che in pochi, nel mondo del golf, abbiano compreso queste potenzialità e sfruttino la comunicazione come un’arma strategica e non come un accessorio.
Il quadro di riferimento Il numero di tesserati alla Federazione Italiana Golf è sostanzialmente stabile da 4 anni a questa parte fluttuando, con scarti non significativi, attorno a quota 100.000. La modalità con cui sono regolamentati l’accesso ai circoli e la pratica dello golf, per cui solo i tesserati – liberi e non – possono accedere ai campi affiliati alla FIG, indica che questo è il numero di giocatori di golf in Italia, diversamente da altre discipline, come ad esempio il tennis, dove i tesserati sono infinitamente meno dei praticanti. Un numero stimato certamente per eccesso, visto che molti tesserati “storici” sono più spesso frequentatori dei tavoli verdi della clubhouse dei circoli piuttosto che dei green e dei fairway. Il potenziale del golf è però di molto superiore (almeno il doppio) rispetto a questa fotografia. Ce lo dice una ricerca, condotta dalla società milanese ErgoResearch - chiamata DigitalTrends – secondo la quale le perso-
ne (> di 15 anni) che seguono il golf in TV (dati 2014) sono 150.000 e 260.000 sono gli italiani che non lo seguono ma si dicono interessati a un potenziamento dell’offerta. Questo crea un bacino di utenza potenziale (attuale+interessata) formato complessivamente da 410.000 persone dei quali il 90% sono uomini e il 29% ha meno di 35 anni. Sempre guardando al bacino di utenza l’11% del totale sono liberi professionisti e dirigenti, il 31% impiegati, il 62% sono laureati mentre il 38% non è diplomato, a conferma del livello medio-alto del target golfistico. Dal punto di vista geografico la zona più interessata a uno sviluppo del golf è il Nord Est d’Italia. Dal dato sono esclusi i giovani under 15 altro grande target di riferimento, primario, della crescita e dello sviluppo di uno sport.
Cosa fare I numeri presentati dimostrano come il bacino potenziale dal quale attingere nuovi golfisti sia grandissimo. Basterebbe riuscire a coinvolgerne la metà per raddoppiare il numero dei praticanti e dei tesserati. In molti si sono chiesti come fare e hanno proposto ricette. Certamente tutte le azioni in tal senso non possono prescindere da una efficace attività di comunicazione. Spesso evocata o come panacea di tutti i mali o come grande assente nelle analisi svolte ex post, la comunicazione è un’attività decisiva per il raggiungimento degli obiettivi di qualsiasi organizzazione complessa. Nell’ambito golfistico però, troppo spesso, resta confinata a un ruolo marginale, accessorio. E i progetti comunicativi effettivamente realizzati restano circoscritti nel piccolo intorno, dell’attuale “tribù” dei golfisti, che vivono in una riserva, molto distanti da un mondo dove le logiche del branding awarness, del digital marketing, dello stakeholder engagement, dello storytelling sono pane quotidiano di chi si occupa di far crescere business e valore. Paradossalmente si potrebbe dire che concetti e strumenti che gran parte dei professionisti e dei manager golfisti utilizzano con disinvoltura dal lunedì al venerdì nella loro attività professionale vengono, dagli stessi, lasciati nel baule dell’auto il sabato e la domenica quando entrano nel loro Circolo, dove invece applicano logiche completamente diverse. *Founder di StrategyCom, docente ed esperto di comunicazione.
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50 utile a tutti i soggetti che gravitano attorno al pianeta golf - fatto di storie, emozioni, suggestioni, emotività che sono gli elementi base su cui si costruiscono, oggi, le campagne di branding e di marketing come quelle, ad esempio, per cercare aziende interessate ad essere partner, non solo sponsor, del principale evento golfistico italiano l’Open d’Italia.
Eccesso di autorefenzialità
Ecco allora alcune indicazioni di massima che, eseguite e perseguite con convinzione e con piani di durata quantomeno biennale, potrebbero incrementare e migliorare gli indicatori normalmente utilizzati per valutare la crescita e lo sviluppo del golf italiano.
Branding L’evoluzione più recente della comunicazione di prodotto individua nel valore del brand, del marchio uno dei principali elementi di forza sul quale configurare e veicolare messaggi promozionali e offerte di marketing. L’identità competitiva dei soggetti che agiscono nel mondo della comunicazione di riferimento e la percezione che di questa hanno i soggetti influenti sono gli elementi che è necessario testare, analizzare e sui cui serve intervenire per avviare processi comunicativi e di marketing efficaci. Il brand del golf, non dal punto di vista meramente commerciale, ma sotto l’aspetto comunicativo, resta ancora condizionato da molti stereotipi e preconcetti che in realtà trovano poca rispondenza con la realtà. Lo sport per vecchi, costoso ed elitario, è l’immagine che occorre modificare per poter ampliare il numero dei golfisti. Per farlo occorre lavorare, con mezzi tradizionali e sui social, per spiegare come una giornata di golf costa meno di una passata sugli sci. Che per iniziare a giocare a golf occorre investire meno che per diventare un buon tennista e che i nostri “ragazzi”, che si fanno onore sui campi di tutto il mondo, sono atleti dal fisico “bestiale”, molto più performante di tanti divi del calcio. Lavorare sul brand, sulla percezione - che è poi quella che determina le scelte – dovrebbe essere compito della Federazione. Con un piano strategico a lungo termine, monitorando costantemente le fluttuazioni, è possibile intervenire per costruire un posizionamento dell’identità di una disciplina. Emblematico nello sport italiano è il caso del rugby, diventato fenomeno di massa e di marketing con una squadra nazionale che vince una partita sul 10! Elemento decisivo in questa attività sono l’analisi, per segnare un punto di partenza con dati e riferimenti oggettivi, e le azioni di comunicazione integrata che possano concorrere alla costruzione di una nuova identità. E, in, seguito un progetto su scala nazionale di sostegno al brand -
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La crisi, la diminuzione di soci e green fee ha obbligato molti circoli a ricorrere a campagne promozionali e a saldi permanenti. A livello di brand questo è certamente un autogol perché su un prodotto considerato, non sempre a ragione, di lusso le svendite fanno perdere appeal, considerazione e immagine. Inoltre le campagne di comunicazione per la promozione di quote di affiliazione a cifre stracciate o delle super promozioni sono pianificate spesso su mezzi specializzati. Il risultato è che il Circolo “A” riesce a conquistare 20 iscrizioni dal Circolo “B”, che a sua volta nel recupera 15 dal Circolo “C” e 5 dal Circolo “D”. E così via. Sarebbe certamente interessante guardarsi attorno e pensare a investimenti in comunicazione che coinvolgano anche un pubblico più vasto e su quel bacino di potenziali futuri golfisti di cui si è parlato in premessa. Lo fanno in pochi anche se è doveroso citare l’esempio di alcuni circoli lombardi che hanno acquistato spazi sulle pagine di quotidiani locali o di un giornale sportivo nazionale per promuovere formule di affiliazione annuali. Così si può puntare anche a un allargamento del target, che è rilevante come abbiamo già sottolineato, magari trovando anche sinergie con altri Circoli.
Dialogare con la Pubblica Amministrazione La presenza di un campo di golf in un territorio è ovviamente un grande plus. Troppo spesso però le amministrazioni locali non riconoscono questo valore o non lo sfruttano. Perché non lo conoscono. Il motivo è un dialogo episodico e non di rado limitato alle situazione critiche e di conflitto fra i Circoli e la PA. Malauguratamente, per certi aspetti, Sindaci, Assessori e funzionari sono interlocutori essenziali per creare quelle relazioni con i territori utili a sviluppare interesse e attenzione attorno al Circolo locale e alla pratica del golf. Un interesse che consentirebbe di veder inseriti, da parte delle Amministrazioni, i Circoli e i campi in progetti di marketing territoriale per lavorare sull’attrattività dei propri contesti nei quali un percorso di golf, e l’indotto che genera, è un valore aggiunto. La PA non ha però lo stesso linguaggio, gli stessi tempi, le stesse procedure del mondo dell’impresa. Per trarre vantaggio competitivo da queste relazioni occorre coltivarle e farlo con le modalità corrette, tipiche della PA, in maniere non episodiche o marginali. Altrimenti non si può dire, come fanno alcuni Presidenti o segretari di circolo che: “Il sindaco qui non si è mai visto…”, oppure “abbiamo chiesto un contributo e non ci hanno mai risposto”. La comunicazione è relazione e dialogo, se mancano è impossibile creare rapporti.
Responsabile comunicazione, questo sconosciuto In ogni organizzazione complessa, da quelle governative a quelle aziendali, dalle ONG alle federazioni sportive, esiste nell’orga-
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Comunicazione e strategie nigramma il ruolo del responsabile della comunicazione. Una figura che, per quanto detto finora, dovrebbe essere essenziale per la costruzione di un sistema di relazioni e per progettare le diverse azioni nei confronti dei target di riferimento. Sono invece ben pochi, per non dire pochissimi, i Circoli italiani che hanno questo tipo di professionalità in staff. Da questo discende, appunto, la mancanza di una strategia comunicativa, la scarsa attenzione e professionalità nella gestione degli strumenti di comunicazione (online e offline), l’improvvisazione in molte delle azioni che sono messe in essere. Probabilmente è eccessivo affermare che il responsabile della comunicazione abbia la stessa importanza del greenkeeper ,ma è altrettanto difficile stabilire se faccia peggio a un Circolo un fairway pieno di zolle e con poca erba o un sito web con l’ultima notizia aggiornata a un anno fa.
Facebook o caminetto? La socializzazione è il fattore centrale dell’attività di un Circolo. Fare gruppo, scambiare impressioni ed essere parte di un’associazione è spesso il motivo per cui se ne vuole far parte. Il web fornisce un ausilio tecnologico per allargare lo spazio davanti al caminetto della clubhouse dove i soci si ritrovano al termine delle gare. Certamente non esaurisce la voglia e l’esigenza della re-
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lazione diretta, del contatto “one to one”- Quindi ben venga la comunicazione digitale, fatta però con competenza, per generare socializzazione. I contenuti di una pagina facebook o di un’app non possono essere le news del sito copiate e incollate. Il parametro di valutazione della pagina fb del vostro Circolo non sono i post ma i commenti! Altrimenti che social è? Ma facebook non deve soppiantare il caminetto. Ed è per questo che non deve soppiantare gli incontri, i micro-eventi, le presentazioni, le degustazioni, che si devono organizzare in un Circolo. Magari chiedendo ai Soci di portare, ogni volta un amico diverso per fargli conoscere l’ambiente. La comunicazione moderna dispone di molte frecce per centrare il bersaglio. È sbagliato non usarle tutte, al meglio, per poter raggiungere i propri obiettivi. In conclusione un accenno ai costi. Fare comunicazione, e farla in modo efficace, non è un esercizio particolarmente costoso. Con un investimento pari al 10% dei costi di manutenzione annui di un campo di 18 buche si possono raggiungere, se seguiti da professionisti e con strategie adeguate, ottimi risultati. Quindi anche e soprattutto nei momenti difficili investire in comunicazione può essere la chiave per invertire la rotta e tornare, con il vento in poppa, a navigare verso isole felici.
Nella pagina accanto Massimo Caputi, fra Andrea Pavan e Renato Paratore, durante la presentazione della candidatura italiana alla Ryder Cup 2022 nel corso di una partita del Sei Nazioni di rugby, all’Olimpico di Roma. Qui sopra, il vincitore dell’ultimo Open d’Italia, Hennie Otto, insieme a tutti i volontari.
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Associazioni
COMMERCIALISTI GOLFISTI
Verso il traguardo d
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di Rossana Parise
CG (Associazione Commercialisti Golfisti) nasce nel 1987 da un’idea di alcuni professionisti che decidono di unirsi, per dare vita ad un’associazione che potesse diventare un riferimento per i colleghi amanti del nostro straordinario e appassionante sport. Anno dopo anno ACG è cresciuta nel numero degli iscritti e nella qualità dei circuiti che hanno sempre privilegiato i campi più belli d’Italia e promosso entusiasmanti iniziative finalizzate al coinvolgimento di sempre più commercialisti. Mario Marchesi è stato l’artefice della nascita dell’associazione ricoprendo per 23 anni la carica di Presidente. Con simpatia e entusiasmo è riuscito ad infoltire il gruppo degli associati che scoprivano, oltre alla bellezza del golf itinerante, il valore dell’amicizia del cameratismo e della competizione sportiva. Nel corso dell’anno 2010 Mario Marchesi ha trasmesso il suo “scettro” al collega Giorgio Dall’Olio che con una nuova squadra di consiglieri conduce ACG all’acquisizione di nuovi sponsor e ad una serena ge-
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stione, non solo economica, della stessa. Giorgio Dall’Olio rappresenta oggi la continuità delle tradizioni ACG interpretando l’istituzione associativa nel rigore e nell’equilibrio della gestione sociale, e rappresenta al contempo, sia sotto il profilo amministrativo che organizzativo, l’interprete
di una nuova ACG rivolta al futuro. Nel 2012 ACG testimonia grande forza di tradizione e continuità compiendo i suoi primi 25 anni, evento festeggiato e “giocato” sul green, con orgoglio e grande senso di appartenenza. Importanti aziende hanno riposto, sin
Mario Marchesi (a sinistra) e Giorgio Dall’Olio, i due presidenti dell’ACG
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do dei 30 anni dall’inizio, fiducia in ACG quale mezzo di comunicazione per la realizzazione di valide sinergie, nell’ottica di accrescere la propria visibilità e per lo sviluppo di una comunicazione istituzionale, l’hanno sostenuta sia come sponsor istituzionali che, in alcuni casi, come sponsor occasionali per iniziative e gare specifiche. Attualmente ACG vanta sei importanti sponsor, che sostengono i circuiti annuali con gare ogni mese da marzo ad ottobre, di cui tre eventi con gare di due giorni. Ogni evento ACG è accompagnato da cene sociali, distribuzione di gadget e tante altre piccole e gradite attenzioni per gli associati. Da sempre ACG ha potuto offrire il green fee di parte delle gare organizzate nel corso dell’anno, ma dal 2014 è riuscita a mantenere questo benefit per tutte le gare del circuito. ACG, inoltre, si avvale del lavoro di una segreteria efficiente, sempre attenta alle esigenze di gestione e all’organizzazione dei singoli eventi, punto di riferimento non solo dei singoli associati, e del consiglio direttivo, ma di tutti gli addetti ai lavori che ogni anno interagiscono con l’associazione. Oggi l’ ACG, che ha visto negli anni la partecipazione di centinaia di associati, appare nel panorama golfistico delle associazioni, collegate alla Federazione
Italiana Golf, una delle più consistenti, con una lunga storia di successi ottenuti anche grazie alla competenza e alla passione di quegli associati che nel tempo si sono alternati negli organi dirigenziali. L’obiettivo di ACG è di proseguire nell’ottica di un sano e forte riferimento associa-
tivo sulla base delle consolidate esperienze di una attività di quasi trent’anni, che ha sviluppato amicizie, sinergie e collaborazioni, senza mai perdere di vista quel codice etico che accompagna la professione del commercialista e che si sposa così bene con il golf
ACG Via Luigi Canonica, 29 - 20154 Milano Tel./fax 02.45498040 info@acg-golf.it - www.acg-golf.it CONSIGLIO DIRETTIVO: GIORGIO DALL’OLIO (Presidente) MARIO MARCHESI (Presidente onorario) SERGIO MAFFEI (Vice Presidente) FRANCO CHIAPPA (Tesoriere) MASSIMO AGRESTI STEFANO CONTI ADRIANO MELGARI ALESSANDRO PAMPURI CARLO PESCHIERA ROBERTO ROSOLEN COMMISSIONE SPORTIVA: FRANCO QUARTANA (Presidente) FLAVIO CREANZA GUGLIELMO FOGLIA ANDREA FOSCHI MARIO ROSSI
COLLEGIO PROBIVIRI: Probiviri di I istanza: GUIDO ASTI GIANCARLO DI RAIMONDO RAFFAELE VALLETTA Probiviri di II istanza: PAOLO COLOMBO GIAMPAOLO LISCHETTI GIAMPAOLO POZZOLINI COLLEGIO REVISORI: Effettivi: GABRIELE IMPEMBA MARCO LIVIO GUIDO PEDRINI Supplenti: CARLO CASTELLI ALBERTO DESSY
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IN CLUBHOUSE Storie da raccontare
Gli insospettabili casi di “doping” nel golf È accaduto di recente, in un campionato regionale, che un giocatore di circolo sia stato squalificato a causa di una sostanza contenuta nelle pastiglie per la pressione. Un fatto simile è avvenuto tempo fa agli Italiani a squadre di A1 di Marco Dal Fior
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uesta è una storia curiosa e da brividi. È capitata qualche mese fa durante i Campionati Toscani a Punta Ala. E sembra un film. Concluso il giro finale dei campionati regionali maschili a squadre, sulla terrazza della club house cominciano i giri di birra e gli sfottò. A un certo punto, però, un signore in camice bianco si avvicina ad alcuni giocatori e li invita a seguirlo nei bagni del circolo. “È per l’antidoping”, spiega con cortese fermezza. E mostra dei foglietti che in effetti parlano di controllo antidoping disposto dalla Commissione Ministeriale ex lege 376/2000 a opera del Ministero della Salute. Adesso immaginatevi quattro attempati giocatori di circolo, rigorosamente dilettanti e, se va bene, con un passato sportivo alle spalle che sta tutto scritto sul retro di un francobollo, alle prese con una provetta e un signore in camice bianco che deve assistere al riempimento dei flaconi, altrimenti sarebbe troppo facile barare. “O che si è finiti su Scherzi a parte?” prova a sondare il più gioviale del gruppetto. Il signore in camice bianco non fa una piega e con pazienza attende che tutti e quattro espletino le loro funzioni (“Guardi che se mi osservano, io non ce la fo. Mica staremo qua tutto il giorno…” “Non si preoccupi, di tempo ne ho. Si concentri piuttosto…”) Quando le provette vengono sigillate, i foglietti accompagnatori firmati e controfirmati, “Beh - pensano i quattro - una cosa da raccontare agli amici”. E tornano sulla terrazza, alle loro birre e agli sfottò. Tanto che problema c’è: chi di loro si sognerebbe mai di doparsi per un piattino d’argento e
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poi, soprattutto, con che cosa? Esiste davvero una sostanza che fa andare la pallina più lunga e più dritta? È proprio questo l’argomento della successiva discussione alla quale prendono parte anche altri giocatori in attesa della premiazione. Alla fine si decide per un doping collettivo a base di Morellino di Scansano. Che non migliora di sicuro le performance, ma mette allegria. E quello era lo scopo della giornata. Sembra tutto finito lì, ma dopo qualche settimana a uno dei quattro arriva una bella raccomandata dal Coni: positivo all’antidoping. La Prima Sezione del TNA ha provveduto ad accogliere istanza di sospensione cautelare proposta dall’Ufficio Procura Antidoping del Coni. Diffidato dal mettere piede in un circolo di golf fino a quando la vicenda giudiziaria non sarà completata. Fulmine a ciel sereno: “Dopato io? E con che cosa?”. Salta fuori, dopo richieste protocollate, che nelle urine del giocatore sono state trovate tracce di Idroclorotiazide e Clorotiazide, considerati doping dalla normativa del Coni perché diuretici “in grado di mascherare la presenza di farmaci illegali”. “Sono le pastiglie che prendo da anni per la pressione”, prova a giustificarsi l’accusato, producendo anche le ricette del suo medico che da tempo lo segue per questioncine di cuore e dintorni. “Doveva dichiararlo a inizio anno”, la risposta burocratica dell’antidoping. E qui partono i ricorsi, gli avvocati, le spese, le arrabbiature. Perché a nessuno piace sentirsi dare del dopato. E a nessun giocatore di golf fa piacere essere messo al bando per quattro mesi (questa la squalifica che ha rischiato il nostro protagonista, insieme a una multa tra i 100 e i 50.000 euro) dai green che tanto ama. Ora, molti di noi, leggendo questa storiella, saranno corsi a vedere nel “bugiardino”
delle medicine che prendono se per caso qualche sostanza fa parte dell’elenco di quelle vietate. E hanno fatto bene, anche perché con controlli di questo tipo agli ultimi campionati Seniores avrebbero squalificato, a occhio e croce, almeno metà dei concorrenti. Ma molto meglio farebbe la Federazione a far presente al Coni e al Ministero della Salute che esistono attività essenzialmente sportive e altre dove il confine fra gioco e sport è molto più labile. Queste ultime andrebbero trattate, sul fronte doping-da-farmaci-di-uso-comune, con regole meno burocratiche e con norme molto chiare. A meno di deciderci, una buona volta, a scindere le due attività: alla Fig e al Coni tutte le gare che in qualche modo, alla lontana, possono portare alle Olimpiadi. A qualche altro ente tutte le Coppe del Gestore, i Trofei Zappatori e le Louisiane delle Castagne che popolano i nostri weekend e che al massimo portano alla consumazione al bar pagata da quello che non ha passato il tee delle donne. Fin qui vi abbiamo raccontato la vicenda del giocatore senior trovato positivo all’antidoping dopo la conclusione del Campionato regionale toscano a Punta Ala. Come abbiamo visto era stato incriminato per aver preso dei diuretici che la normativa del Coni considera doping “perché in grado di mascherare la presenza di farmaci illegali”. Come abbiamo già sottolineato, il giocatore li prendeva da anni per tenere a bada problemini di pressione, come confermato anche dal suo medico curante. Ma l’antidoping non fa distinzioni tra il ventenne che cerca una scorciatoia verso il record e il cinquantenne che ha imboccato l’autostrada del divertimento salutare. Li
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considera allo stesso modo. E non da oggi. Quando abbiamo pubblicato il racconto pubblicato di ottobre di Golf & Turismo, Consuelo Massazza si è ritrovata - come mi ha scritto - “catapultata indietro nel tempo...”. “Credo fosse il 1994 - ricorda - Nepi, Campionati Italiani A1 (oppure l’anno prima, stessi campionati, ma a Garda), eravamo detentrici del titolo e giocavo con Silvia Valli, Germana Zanardi e Giuly Colavito. Monticello doveva essere in quell’epoca piuttosto scarsa di donne perché portarono me, un misero handicap 12, ma a volte... Ci qualifichiamo e man mano passiamo tutti i match play fino a riconquistare il tricolore. All’arrivo stessa scena dei seniores di Punta Ala: un dottore, una provetta, eccetera, eccetera. Nota bene che per fare quei campionati io avevo un certificato medico specifico dove erano elencati tutti i miei medicinali, perché nonostante aves-
si solo 33 anni avevo reni policistici (che poi qualche anno dopo mi hanno portato in dialisi) e già prendevo farmaci per regolare la pressione. Risultato: positiva all’atenololo, principio attivo del Tenormin. Tragedia: minaccia di toglierci il titolo, divieto di giocare in qualsiasi campo o gara, fustigazione sulla pubblica piazza. Si mossero subito e gratuitamente due avvocati soci del mio circolo e (non lo ringrazierò mai abbastanza) il vecchio Conte Alessandro Panza di Biumo, allora ancora unico proprietario del campo di Monticello, che mi telefonò per dirmi che lui della Federazione se ne.... e che io, a Monticello avrei potuto giocare in qualsiasi momento, gare comprese, ringraziandomi anche di aver tenuto alto, con la conferma del titolo, l’onore del suo adorato Circolo. Ovviamente dopo un paio di mesi finì tut-
to in nulla perché, come detto prima, c’era tanto di scheda medica registrata con il certificato specifico e la mia buonafede non era certo in discussione. A questo punto rivendico il diritto di essere la prima ‘dopata’ del golf italiano. A qualcuno può restare però una curiosità: come può l’Atenololo migliorare la prestazione golfistica? Risposta scientifica: è un betabloccante e abbassando i battiti del cuore può migliorare il timing e soprattutto il putt. Ma se mi vedessi in green, probabilmente ti rotoleresti anche tu dal ridere. P. S.: sette anni fa sono stata trapiantata e oggi, incrociando anche le dita dei piedi sto bene, anche se purtroppo sono ormai diventata... senior”. “Niente di nuovo sotto il sole”, scriveva la Bibbia già nel IV secolo avanti Cristo. E non avevano ancora inventato il golf, l’antidoping e le tabelle dei farmaci illegali. mdalfior@alice.it
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Un sistema che cambia la vita Luca Zambrelli ha sviluppato un software, per ora in uso esclusivo all’Associazione Bancari Golfisti, che consente l’iscrizione diretta ai tornei e molto altro ancora, come contenuti speciali e utili strumenti di marketing per il rapporto con gli sponsor
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di Andrea Ronchi ual è il sogno di ogni circolo, associazione o azienda che organizza circuiti di golf? A parte avere gli sponsor, evidente quanto scontata prima necessità, un sistema che permetta di contare su un’organizzazione perfetta senza dover perdere le notti a sistemare le partenze o arrovellarsi per trovare i migliori accoppiamenti che evitino litigi e malcontenti. Ebbene, oggi quel sistema esiste. Lo ha inventato Luca Zambrelli, chief
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commercial officier di H2H. «L’idea è nata ascoltando le esigenze dei nostri amici Bancari Golfisti, dei quali siamo sponsor – ci racconta Zambrelli – . Abbiamo creato un sistema che permettesse di gestire il sito dell’associazione e, al tempo stesso, di avere un’area riservata con servizi esclusivi per i soci». L’area pubblica del portale è quella che vediamo comunemente, con un backoffice molto semplice per la gestione. Lo scrigno delle meraviglie si apre quando si inseriscono user e password. «È possibile registrarsi al sito come associato, famigliare o amico, una volta
approvata l’iscrizione il richiedente riceve una password e viene inserito nel CSM. Oltre a poter condividere news, gallerie di immagini e utilizzare i social network, l’utente si trova di fronte a tre interfaccia dinamici: elenco gare, gestione gare e gestione prenotazione». Di fatto il sito ha un database con tutti gli iscritti con un’anagrafica completa. Il segretario decide di aprire l’iscrizione a una gara e gli utenti ricevono una notifica via mail. A quel punto entrano nel portale e si trovano di fronte a un tabellone virtuale mediante il quale possono scegliere l’orario libero preferito, giu-
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N O V I TÀ D A L D E S K TO P Gestione gare sto? «Sì, e questo è l’inizio. Chi si vuole iscrivere può scegliere con chi giocare e confermando la presenza occupa uno slot. Con l’iscrizione può indicare i servizi aggiuntivi quali car, caddie o sacca». Nel giorno di chiusura delle prenotazioni per la gara il sistema invia ai soci il tabellone completo e una copia viene mandata al circolo, che così ha lo specchietto con tutti gli orari completi di nome, circolo di appartenenza, hcp e optional riservati. A quel punto i segretari dei circoli devono inserire manualmente i giocatori nel software della gara. «Per ora sì, ma si tratta di una implementazione facile da ultimare, basta legar-
si al sistema di gestione iscritti della Federgolf, cosa che fanno già altri. Collegando gli iscritti al sito con la FIG,
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il cerchio verrà chiuso». A quel punto basterebbe un click per stampare gli score e ci sarebbe molto più tempo libero per tutti i segretari, delle associazioni o dei circoli. «C’è un altro aspetto non meno importante – conclude Zambrelli – Il CMS è un sistema evoluto che annovera strumenti di marketing dedicati ai partner e agli sponsor. È possibile inserire promozioni dedicate ai soci o inviare newsletter e DEM programmate dal sistema con documenti elettronici allegati o file specifici». Avendo visto e toccato con “mouse” il sistema lo terremo monitorato raccontandovi gli sviluppi sui prossimi numeri di Professione Golf Club.
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Veduta aerea della grande penisola su cui si aprono sei dei sette percorsi che compongono la straordinaria offerta di golf di St Andrews, patria conclamata del nostro sport
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È l’anno dell’Open, che ogni cinque ritorna puntualmente sull’incomparabile Old Course per disputare la gara più antica e prestigiosa del mondo
Si fa presto a dire bunker
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e si parla di bunker con la “B” maiuscola, il pensiero vola ovviamente agli ostacoli di sabbia scozzesi, inseriti nei più celebri percorsi della regione, da St Andrews a Carnoustie, da Muirfield a Turnberry. Si va da quelli piccoli e profondi, che Maria Pia Gennaro era solita chiamare “monolocali”, ai giganteschi bunker che invece sembrano voragini all’ingresso degli inferi. E non a caso, uno dei più famosi è proprio lo Hell (Inferno) Bunker, fra i quattro “big” che impreziosiscono l’Old Course di St Andrews. Visto che questo è l’anno dell’Open Championship, nella “home of golf” lavorano da tempo sul loro gioiello. 50 i bunker rifatti, a partire dallo scorso novembre, fra cui appunto lo Hell Bunker, in mezzo alla 14 dell’Old Course, la Long Hole. In questa pagina alcuni momenti dei lavori, che hanno impegnato per mesi cinque persone a tempo pieno, con l’aiuto di una scavatrice... Per migliorare la stabilità della sponda, nei bunker grandi vengono utilizzati “mattoni” di torba da 30 per 50 centimetri, che nel caso del Hell Bunker coprono una superficie di circa 3.000 metri quadrati. Completamente rifatto il fondo, con una maggiore quantità di sabbia al posto della naturale argilla che impediva un buon drenaggio dell’acqua.
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Sono oltre 300 i metri quadrati coperti dall’Hell Bunker dell’Old Course, di cui in queste due pagine vediamo i complessi lavori di rifacimento, durati alcuni mesi. Per il prossimo Open Championship, che verrà ospitato qui nella terza settimana di luglio come avviene ogni cinque anni, la novità sarà rappresentata da una serie di micro telecamere inserite nella sponda (inclinata a 65 gradi), per permettere spettacolari riprese all’interno del bunker. Nel 2000, Jack Nicklaus finì nel Hell Bunker e concluse il par 5 della 14 con un terribile quintuplo bogey.
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avori in corso sulle colline moreniche di Fagagna. Dal luglio 2013, a seguito dell’acquisizione del Golf Club Udine da parte di Gabriele Lualdi, nuovo presidente dell’A.S.D., la struttura è soggetta ad importanti interventi (incluso un resort a 4 stelle comprensivo di medical center e area spa-wellness che sarà terminato ad ottobre) con l’ambizioso obiettivo finale di rendere il club uno dei migliori complessi golfistici del sud Europa. In mezzo a tante news, punto fermo come una delle storiche querce che presidiano il percorso, c’è il superintendent – greenkeeper Mauro Mantovani, ultimo erede con il cugino Gianni Ongaro (superintendent al GC Venezia) di una famiglia da sempre dedita alla cura dei campi golf che ha avuto come predecessori il nonno Giuseppe, il papà Lidio e cinque zii (Luciano Mantovani, Gino, Marzio, Edoardo e Franco Ongaro): «Io e Gianni siamo gli ultimi discendenti impegnati in questa arte», racconta Mauro con la naturale simpatia di chi è nato nel Polesine e vive da anni nel Friuli circondato e coccolato dalle eccellenze enogastronomiche della regione. Gli inizi però non furono così scontati per il giovane Mauro: «Da piccolo odiavo già solo l’idea di essere impegnato tutti i fine settimana, poi durante le estati del 1972/73 ho iniziato ad accompagnare in campo il papà a togliere poa annua a mano a Villa Condulmer, mentre l’impegno si è fatto serio nei primi anni ’80 quando su invito di uno degli zii sono stato a lavorare all’Interlaken Golf Club in Svizzera. Quindi dopo un paio di anni mi chiamarono al Golf Trieste, dove sono rimasto per 10 anni fino al 1991 ed infine l’approdo a Udine». Mantovani, diplomato alla scuola nazionale della Federgolf nel 1993, lavora al Golf Club Udine dal 2 gennaio del 1992, mentre è stato premiato dall’Aitg come Course Manager dell’anno 2013: «Una grande gioia, il riconoscimento massimo per un’attività molto impegnativa e con grandi responsabilità, ma anche molto formativa e che regala tante soddisfazioni personali. Soddisfazioni rese possibili dal team che collabora con me composto da sei uomini che si occupano del lavoro sul campo e dell’area caddie master. È vero che poi ci sono anche aspetti negativi, ad esempio dà fastidio che ci sia chi pensa che i greenkeeper siano solo una ‘banda di tagliaerba’, non immaginano tutto quanto c’è dietro …». Il ruolo del superintendent non è solo quello di curare fairway e green. Una delle caratteristiche del percorso di Fagagna è infatti di essere un grande parco immerso in una fitta vegetazione composta da circa 7.000 alberi: «Curare, gestire e valorizzare un così importante patrimonio arboreo è piuttosto complicato e impegnativo. Ogni inverno le piante vengono pulite nella parte bassa, nel 2014 inoltre abbiamo fatto un intervento di tree climbing potando un centinaio di querce. Il clima negli ultimi anni è decisamente cambiato, ci sono giornate di vento molto forte e temporali esageratamente violenti, una volta mi è capitato di veder letteralmente esplo-
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Mauro Manovani - Udine
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Un grande progetto A colloquio con il superintendent del bel circolo friulano che, sotto il controllo del nuovo proprietario, Gabriele Lualdi, sta realizzando importanti interventi
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64 dere un pioppo in campo pratica colpito da un fulmine... Quindi siamo molto attenti alla stabilità degli alberi soprattutto con riferimento a quelli più grandi.». Il Golf Club Udine, come si diceva all’inizio, però è al centro di una grande trasformazione ideata da Fulvio Bani che è partita dal campo pratica, completamente rifatto, ed andrà a toccare anche il disegno originario del percorso, risalente al 1972 quando vennero aperte le prime 9 buche progettate da John Harris, per poi negli anni successivi, con il contributo dell’architetto Marco Croze, arrivare alle 18 buche par 72 di oltre 6.000 metri di lunghezza: «Verrà cambiato l’ordine delle buche ed alcune verranno modificate e allungate, poi con l’acquisizione di un terreno di 14 ettari nasceranno tre buche completamente nuove - prosegue Mantovani -. Le modifiche principali riguarderanno le nove buche più recenti mentre le nove storiche del 1972 resteranno sostanzialmente uguali. In generale verranno comunque rifatti i tee e aggiunti dei bunker, insomma un bel restyling. A livello di essenze del tappeto erboso invece manterremo quelle attuali con Agrostis sui green e Lolium, Poa pratensis, Festuca rubra sui fairway. Grandi modifiche sono state focalizzate al putting green e al campo pratica, completamente rifatti. Il driving range è una struttura ultramoderna di 33mila metri quadrati, su due piani con annessa sala con il simulatore. Novità sono poi i tre percorsi podistici realizzati all’interno della proprietà. Inoltre abbiamo ricoperto di pannelli solari tutto il centro manutenzioni per un impianto fotovoltaico di 168 kilowatt/ora con i quali forniamo di energia elettrica la club house, le strutture del club e la colonnina per ricaricare l’autovettura elettrica Nissan che abbiamo in dotazione». La scelta del Golf Club Udine infatti è sempre stata quella di seguire la linea di un golf ecosostenibile puntando alla valorizzazione delle risorse locali ed alla riduzione degli sprechi, che grazie a Mantovani ha portato al circolo una costante qualità nello standard di manutenzione del campo, con una particolare attenzione all’ambiente: «Abbiamo ottenuto la Certificazione ‘Impegnati nel Verde’ già nel 2005, decidendo di proseguire poi il cammino per il riconoscimento GEO, ottenuto nel 2011 e che ora stiamo rinnovando». Attenzione all’ambiente particolarmente apprezzata dai turisti d’oltralpe, che soprattutto d’inverno scendono in Italia in cerca di campi giocabili e temperature più miti. A Fagagna grazie ad un microclima favorevole si gioca tutto l’anno: «Siamo ad un altezza di poco superiore ai 200 metri ed a soli 60 km dal mare - dice Mantovani -, inoltre siamo il primo campo giocabile nella stagione fredda che si incontra arrivando dall’Austria. L’inverno per noi è un periodo molto importante, l’unica accortezza è quella di tenere i fairway un po’ più alti e l’utilizzo di prodotti per mantenere l’erba il più verde possibile in modo che il campo sia sempre in ordine e gradevole. Per fortuna qua a Fagagna non nevica praticamente mai ed in 23 anni il periodo più lungo di chiusura sono stati 10 giorni. Comunque in caso di leggere nevicate interveniamo a pulire fairway e green proprio per favorire la ripre-
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Mauro Manovani - Udine IL CURRICULUM DI MAURO MANTOVANI
Il superintendent di Udine è nato ad Ariano, nel Polesine, il 18 agosto 1959. Vive da tempo in provincia di Udine, a Forgaria del Friuli. Diplomato in Agraria, si è diplomato alla scuola nazionale della Federgolf nel 1993. È stato premiato dall’AITG come Course Manager dell’anno 2013.
sa del gioco il più veloce possibile. Tra l’altro uno dei punti forti del percorso è l’ottimo drenaggio. Anche in un’annata infelice come il 2014 con 3,3 metri d’acqua scesi, il doppio della media, ed oltre 140 giorni di pioggia, siamo riusciti a completare il calendario gare grazie al drenaggio naturale del percorso e ovviamente ai lavori che abbiamo fatto negli anni. A favorire il deflusso dell’acqua sono le caratteristiche
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autoctone del terreno composto per 66% di sabbia, 23% di limo e solo 11% d’argilla. La parte che risente meno delle piogge è quella centrale del percorso, mentre la zona peggiore è verso l’attuale buca 15 che è un’area acquitrinosa». Tanto lavoro ma anche gioco non solo per divertimento, ma come attività propedeutica a migliorare la propria professionalità: «Gioco ancora il mio 13 di handicap - spiega Mantovani -, ed è importantissimo avere il punto di vista del golfista, anche perchè mentre giochi vedi particolari che il greenkeeper non nota. Osservare le cose dalla prospettiva del giocatore è fondamentale per migliorare il campo e curarne certi particolari. Buca preferita a Udine? Le più belle e tecnicamente difficili sono il par 4 della 2 dove lo scorso anno non è stato realizzato nemmeno un birdie e il par 3 della 11. Molto scenografica la 15, par 5 in discesa con il lago». Ventitrè anni passati al Golf Udine dal mattino alla sera hanno regalato a Mantovani anche un’infinita quantità di quelle storie che si raccontano nella club house sorseggiando una birra o un bianco del Collio: «Di aneddoti ce ne sarebbe per scrivere un libro, ne ricordo un paio curiosi, come quando il primo aprile abbiamo vestito un manichino di tutto punto in posizione da putter sul green della buca 6 che ha bloccato la gara per un bel po’. Oppure quella volta che abbiamo ‘fatto fare’ furbescamente una hole in one all’allora vice-presidente, che fruttò fiumi di champagne…».
In apertura e in queste due pagine, il nuovo campo pratica del Golf Club Udine, uno dei più moderni d’Italia. Entro ottobre sarà pronto anche un resort a 4 stelle comprensivo di medical center e area spa-wellness.
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Novità in campo
A colloquio con Marco Volterrani dell’Università di Pisa, vera autorità a livello internazionale nel settore dei tappeti erbosi. “Siamo partiti dopo altri, ma l’Italia ora è all’avanguardia nella ricerca.” E adesso vi raccontiamo perché... di Roberto Roversi
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a più di vent’anni il Gruppo di Ricerca sui tappeti erbosi del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentarie e Agro-ambientali dell’Università di Pisa ha stretto un’importante collaborazione con la Federgolf, in particolare con la sezione che si occupa di questo aspetto specifico. Dal loro lavoro comune sono scaturiti risultati di assoluto rilievo, primo tra tutti quello legato alla sperimentazione dell’impiego delle specie macroterme sui campi da golf italiani. A dirigere il Gruppo di ricerca dell’Università di Pisa è il dottor Marco Volterrani, tra i massimi esperti internazionali di questa materia, nonché in passato Direttore dell’ITS (International Turfgrass Society) e Presidente dell’ETS (European Turfgrass Society), due organismi internazioni che raggruppano i migliori studiosi e ricercatori del settore. “Una ventina d’anni fa è iniziata la stretta collaborazione tra il nostro Gruppo di Ricerca e la sezione Tappeti Erbosi della Federgolf – spiega il docente dell’Università di Pisa - Abbiamo iniziato con le prime ricerche in Italia sulle specie macroterme, la famiglia che comprende la Bermuda, la Zoisia e il Paspalum. Sono state studiate e sperimentate nuove varietà, tutte importate dagli USA, al fine di individuare quelle più adatte al clima del nostro paese e ai campi da golf italiani. Questo intenso lavoro di ricerca ha portato a risultati di grande rilievo che sono stati raccolti in diverse pubblicazioni e presentati nei convegni internazionali. Il nume-
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ro sempre maggiore dei percorsi che in Italia (anche in aree che fino a qualche tempo fa non sembravano climaticamente idonee) stanno utilizzando le specie macroterme per i loro tappeti erbosi, conferma la validità del lavoro che abbiamo portato avanti in questi anni. Va sottolineato che i vantaggi di natura tecnica, economica e ambientali legati a questa scelta sono davvero enormi.” Quanto è cambiato nel nostro Paese l’approccio alle macroterme? “Tantissimo. Quando siamo partiti avevamo davanti un settore completamente nuovo. Nelle Università italiane non si studiava questo aspetto e la ‘cultura’ del tappeto erboso era praticamente assente nel nostro paese. Adesso, però, possiamo dire che l’Italia è decisamente all’avanguardia tanto che possiamo essere considerati tra i primissimi al mondo per quanto riguarda la ricerca e la conoscenza di questo ambito specifico. Davanti a tutti ci sono gli Stati Uniti, che rimangono sempre il punto di riferimento più importante, ma l’Italia è diventata un partner di rilievo. La nostra Università, tra l’altro, da tempo ha avviato un’intensa attività di collaborazione con diversi Atenei americani (nello Iowa, in Alabama, in Florida, in California) con i quali, oltre a sviluppare in comune studi e ricerche, esiste anche un interessante scambio di studenti. Inoltre siamo sempre presenti ai più importanti incontri internazionali del settore e proprio dall’Italia è partita la spinta per la fondazione di organismi come l’ETS che ha tenuto il suo primo convegno proprio a Pisa nel 2008.”
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IL CURRICULUM DI MARCO VOLTERRANI
Il dottor Marco Volterrani, pisano, 54 anni, insegna “Tappeti Erbosi” nel corso di laurea in Progettazione e Gestione del Verde Urbano e del Paesaggio presso il Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema dell’Università di Pisa, nella quale ha conseguito la laurea in Scienze Agrarie nel 1985. Ricopre, inoltre, la carica di Responsabile Scientifico del “Gruppo Tappeti Erbosi Sportivi” del Dipartimento di Scienze Agrarie dello stesso ateneo toscano. Nel corso della sua carriera ha pubblicato oltre 150 articoli scientifici in tema di tappeti erbosi. Dal 2001 al 2009 ha svolto il ruolo di direttore dell’International Turfgrass Society mentre nel quadriennio 2008-2012 è stato il presidente dell’European Turfgrass Society, due organismi internazionali tra i più prestigiosi del settore di cui attualmente fa parte. È anche membro del GCSAA, Golf Course Superintendent Association of America, e del STMA, Sport Turf Manager Association.
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Adesso, però, siete pronti per affrontare un’altra sfida. Dopo aver raggiunto il fairway, le macroterme tentano l’attacco al green. È così? “È vero. Fino ad oggi le nostre sperimentazioni per l’uso delle macroterme sui campi da golf italiani hanno riguardato i fairway e tee di partenza. Da maggio di quest’anno il gruppo di lavoro che ci vede operare assieme alla Federgolf, avvierà una nuova sperimentazione per verificare la possibilità di adottare le macroterme anche per la realizzazione dei green, una novità assoluta per i percorsi italiani. Questa ricerca si svolgerà nel nuovo campo da golf che sta sorgendo vicino a Cortona, il Manzano Golf & Spa Resort, all’interno del quale ci sarà un’area riservata a questa sperimentazione.” Come si svolgerà questa ricerca? “Avremo a disposizione uno spazio molto ampio dove verranno testate diverse ‘cultivar’ di Bermuda e Zoysia da green per verificarne l’adattabilità al nostro clima. Complessivamente studieremo una decina di varietà, le migliori già impiegate nel sud degli USA. Prenderemo in esame e valuteremo diversi aspetti, dalla giocabilità della superficie alla sua usura, dai costi di manutenzione ai vantaggi ecologici. Questa ricerca sarà seguita da un gruppo di cinque ricercatori che lavoreranno in accordo con lo staff del campo da golf secondo un protocollo di manutenzione concordato con la FIG. Alla fine del periodo di ricerca, della durata di tre anni, individueremo le due o tre ‘cultivar’ che avranno fornito i risultati migliori, ma già dopo il primo anno potremo avere delle indicazioni interessanti.”
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IL NUOVO VIVAIO DI CORTONA E I PRIMI STUDI PRELIMINARI IN QUATTRO CLUB Ormai non è più una novità. La crescente diffusione in Italia delle specie macroterme per la realizzazione di tappeti erbosi di tee e fairway, resa possibile grazie agli studi iniziati nel 1995 dalla Sezione Tappeti Erbosi della FIG in collaborazione con l’Università di Pisa, è ormai un dato di fatto del golf italiano. Con l’utilizzo di queste specie, si sono raggiunti significativi risultati in termini economici, ambientali e qualitativi che le hanno rese decisamente competitive anche in aree dove, in precedenza, il clima rappresentava un forte ostacolo al loro sviluppo. Considerando, inoltre, l’imminente entrata in vigore del Piano d’Azione Nazionale, nel quale è prevista una netta riduzione dell’utilizzo dei prodotti chimici, è diventato indispensabile sviluppare ulteriormente questo ambito valutando la possibilità di utilizzare le specie macroterme anche sui green. In questo senso i risultati ottenuti con i primi studi preliminari condotti dalla Sezione Tappeti Erbosi in alcuni percorsi italiani dislocati in zone geografiche diverse (il Golf Nazionale a Nepi, il Golf Village a Macerata, il Golf della Montecchia a Padova, il Golf Hermitage a Livorno) sono stati molto confortanti. Questi studi, quindi, hanno rappresentato il presupposto per approfondire le ricerche sull’effettiva adattabilità delle cultivar di macroterme da green nei percorsi del nostro Paese. A partire dalla primavera 2015, sempre attraverso una collaborazione tra la Federgolf e l’Università di Pisa, prenderà il via uno studio sulle nuove cultivars di Bermuda e di Zoysia appositamente selezionate per l’utilizzo sui green. Le caratterizzate che verranno analizzate saranno la velocità, i contenuti consumi di acqua, il ridotto o nullo impiego di fitofarmaci e le minime esigenze di fertilizzanti. La sperimentazione avrà una durata di circa tre anni e verrà condotta presso il percorso del Manzano Golf & Spa Resort che si sta costruendo vicino a Cortona, in provincia di Arezzo, il quale ha messo a disposizione un’area per la realizzazione di questa ricerca. Saranno effettuati rilievi periodici condotti dagli agronomi della Sezione Tappeti Erbosi della Federgolf e dai ricercatori dell’Università di Pisa che saranno concentrati su determinati parametri i quali comprendono le caratteristiche qualitative delle diverse varietà (colore, aspetto estetico generale, densità), la resistenza agli attacchi di patogeni fungini, la misura della scorrevolezza con lo Stimpmeter, la competizione nei confronti di Poa Annua, la durata della dormienza invernale, il tempo di recupero in primavera e l’impiego di coloranti.
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Quali sviluppi potranno derivare da questa sperimentazione? “Se il lavoro che stiamo avviando al Manzano Golf & Spa Resort di Cortona darà esiti positivi, avremo anche in Italia la possibilità di realizzare un campo da golf con un tappeto erboso integralmente in macroterme. Questo risultato rappresenterà una svolta epocale per la progettazione dei percorsi da golf nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Come dicevo l’impiego di queste varietà comporta una serie di straordinari vantaggi: drastica riduzione dei consumi irrigui, minori trattamenti fitoiatrici, tolleranza alla salinità e resistenza alle elevate temperature. Avere un percorso interamente in macroterme, quindi, rappresenterà per i circoli un elemento in grado di incidere positivamente sui loro bilanci e sull’immagine del golf in generale, grazie a un diverso approccio nei confronti delle tematiche ambientali.” I green in macroterme quali problemi possono creare? “Non parlerei di problemi veri e propri. Possiamo dire che queste specie hanno una caratteristica particolare, che noi tendiamo a interpretare come un difetto, ed è quella che durante il periodo invernale, con temperature inferiori a zero gradi, le foglie perdono la clorofilla con la conseguenza che assumono un colore giallo o ‘blond’, come dicono gli americani. È un fattore esclusivamente estetico in quanto le caratteristiche della superficie erbosa, dalla scorrevolezza della pallina alla compattezza, non subiscono variazioni di rilievo. In Italia non siamo ancora abituati, anche in inverno, a concepire un tappeto erboso, soprattutto quello dei green, che non sia di colore verde. I giocatori non amano vedere i
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green o i fairway diventare gialli per cui si ricorre a varie soluzioni per ovviare a questo problema.” Quali sono? “Negli Stati Uniti, dove sono moltissimi i percorsi con i green in macroterme, usano spesso una transemina con loietto che consente di mantenere la colorazione verde del tappeto erboso anche nel periodo invernale. Non è, però, una soluzione molto consigliata perché in questi casi si corre il rischio di innescare una sorta di competizione tra le due specie che potrebbe portare a un indebolimento della Bermuda. Un’altra tecnica che si sta rapidamente diffondendo riguarda, invece, l’impiego di speciali vernici ecologiche che vengono applicate sui green senza modificarne in nessun modo le caratteristiche di giocabilità. Capisco che questo tipo di intervento possa essere difficile da accettare per i golfisti, ma credo rappresenti la soluzione tecnicamente ed ecologicamente più corretta.” Allora come saranno i nostri percorsi di golf nel prossimo futuro? “Non ci sono dubbi: verranno realizzati con le macroterme utilizzando la Bermuda o la Zoysia, saranno irrigati solo quando sarà strettamente necessario, non si impiegheranno diserbanti o fungicidi e si ricorrerà ai coloranti ecologici fintanto che gli ultimi ‘aficionados’ dei campi da golf verdi sempre e comunque non si saranno adattati alla naturale colorazione ‘blond’ che queste varietà assumono durante la stagione invernale. La direzione verso la quale si sta andando quella di un golf sempre più amico dell’ambiente, il BioGolf appunto.”
In queste pagine, immagini di prove per l’utilizzo delle macroterme, che potrebbero essere impiegate in modo sistematico anche sui green. Un centro di sperimentazione è aperto a Cortona, presso il nuovo Manzano Golf.
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Per realizzare un nuovo percorso di golf, la chiave fondamentale è quella di interpretare il territorio dove nascerà senza stravolgerlo, ma adattando il disegno all’ambiente circostante
LA NATURA NON PERDONA
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di Franco Piras*
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i dice che la progettazione di un campo da golf sia assimilabile alla composizione di un puzzle senza una figura di riferimento. E la cosa in buona parte risponde alla realtà! So che su oltre 30 mila campi che esistono nel mondo, tutti hanno 18 buche ma nessuna uguale all’altra. Il compito di un progettista è quello di interpretare il territorio nel miglior modo possibile, ma non è detto, anzi improbabile, che due progettisti abbiamo la stessa visione su un sito potenziale. È un qualcosa di simile a dare due tele bianche ed un paesaggio a due artisti, ognuno dipinge la tela secondo la propria visione, senso estetico di proporzioni e colori e sensibilità artistica. È quasi impossibile avere quadri simili. I discorsi che si fanno nelle club house sono piene di commenti sulle buche di ogni percorso dove si è giocato (… “l’avrei fatto così”, “sposterei quel bunker”, “quel green è troppo piccolo”, e così via all’infinito). Una dei tanti aspetti del gioco sta proprio nel fatto che il campo da golf sia unico e che ogni giocatore lo viva secondo la propria sensibilità e capacità. Mi piace ascoltare i commenti e pareri dei giocatori di ogni età e livello (in fondo sono loro gli utilizzatori finali), perché mi aiuta ad entrare nella loro visione per cercare di fare di meglio alla prossima opportunità.
“Non c’è bisogno di spostare milioni di metri cubi di terreno per ottenere un bel campo” Personalmente ho affinato un approccio metodologico nella realizzazione di un campo e ho maturato alcune convinzioni sulle priorità da seguire nel suo sviluppo, sulla filosofia di gioco, sul bilanciamento delle buche, sul valore tecnico dei colpi da giocare. Le priorità sono gli assi portanti di ogni progetto e sono rappresentate dagli obiettivi del promotore, dal budget a disposizione, dalle criticità ambientali, dalle condizioni morfologiche e pedologiche del terreno, dalle condizioni climatiche, dalle relazioni con le infrastrutture urbanistiche e ricettive, dalla disponibilità idrica e, soprattutto, da un inserimento armonioso che assecondi il territorio. Per contro, pochi giorni fa il rappresentante di un’azienda che realizza campi da golf si pavoneggiava del fatto di lavorare in giro per il mondo per le più grandi firme internazionali e che realizzava campi spostando milioni di metri cubi di materiali. La cosa sì mi ha colpito , ma… in modo negativo ! Quelle quantità di materiale comportano costi di realizzazione enormi, stravolgono e mortificano il territorio trasformandolo spesso in quello che definisco “un plasticone” dove tutto sembra finto e luccicante come a Las Vegas.
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72 Grandi, oltre al loro nome, sono i loro fee, i costi di realizzazione del campo e non sempre il risultato è proporzionale. Ogni posto per loro è uguale, non parlano la lingua, non possono supportare i tecnici locali, non conoscono nè vivono il territorio, le tradizioni, gli aspetti culturali, le abitudini dei locali. Girano il mondo, vendendo il loro “brand” con un format preconfezionato, toccano e fuggono. I campi sono prodotti di qualità, ma spesso insipidi e privi di anima! Pochi tra i grandi si discostano da ciò, ne è esempio Gary Player con il quale collaboro da 10 anni, unico tra i grandi ad avere un ufficio in Italia e a cercare di permearsi e di interpretare le realtà locali. Vivere, conoscere, interpretare il territorio e assecondare la natura penso sia la priorità principale. Da lì comincio ad elaborare la mia visione, confrontandomi con il team di lavoro di professionisti multidisciplinari. Ho il piacere di collaborare, ove possibile, con quelli che considero i migliori tecnici nei vari settori specifici, la loro professionalità, esperienza e sensibilità ambientale sono di fondamentale supporto nel definire lo scheletro del progetto. Le fasi successive di sviluppo fanno parte della composizione del puzzle, cerco di conferire alle buche varietà ed unicità nelle problematiche di gioco, bilanciandole in lunghezza, sequenza dei par e alternanza di difficoltà per far “sporcare” tutti i bastoni, idealizzando il viaggio immaginario del golfista e cercando stimolare strategie, tentazioni, illusioni, esaltazioni, frustrazioni e paure! Mi piace ricordare il proverbio dell’antico capo indiano, “ la terra non è un eredità dei nostri padri ma un prestito dei nostri figli”. Lo ha citato anche il Santo Padre nel suo intervento sull’Expo che avrà come tema la nutrizione del pianeta. Papa Francesco lo ha riportato unitamente ad proverbio che esprime un’altra profonda verità: “Dio perdona sempre, l’uomo talvolta, la natura non perdona mai”. Ogni progetto fa storia a sé, ogni territorio ha le sue caratteristiche ed ogni progettista la sua visione, ed è questo ciò che stimola il golfista a viaggiare alla ricerca di nuovi percorsi con i quali confrontarsi e dai quali ricevere emozioni uniche ed indimenticabili. *) Golf Course Architect, Senior Member EIGCA
Nelle pagine precedenti due immagini della zona di Cortona, in provincia di Arezzo, dove sta nascendo un resort con un campo
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da golf da 18 buche, di cui vediamo in alto il progetto e nelle immagini qui sopra alcune simulazioni al computer.
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La crescita di Le Saie A poco più di un anno dall’apertura (1 dicembre 2013), il giovane percorso siracusano sta per diventare il fiore all’occhiello di un resort in riva al mare. In attesa del suo gemello, previsto per il 2018 di Marco Lanza
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due passi dal mare, a dieci chilometri dall’aeroporto di Catania e sotto lo sguardo imponente dell’Etna. Il posto ideale per giocare a golf. Stiamo parlando del campo di “Le Saie” di Carlentini, in provincia di Siracusa, un “links mediterraneo”, come piace definirlo al suo ideatore Franco Piras. Il percorso, situato in una zona alta un metro sul livello del mare e a pochissima
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distanza dalle onde dello Ionio, si snoda su un terreno completamente piatto e dispone di ampi farway in macroterme, erba che come sappiamo tollera anche temperature elevate. L’irrigazione avviene tramite un impianto all’avanguardia che in Italia è stato il primo a poter vantare. Oltre a fare risparmiare molto sulla manutenzione, permette tramite un “sistema decoder” di raggiungere i green e le diverse zone da bagnare senza l’uso del “satellite”, in uso in molti campi.
Delle 18 buche dieci sono par 4, cinque par 3 e altrettanti i par 5. Un percorso gradevole e interessante nonostante la mancanza, per il momento, di vegetazione ma impegnativo e che si adatta a manifestazioni di livello tecnico elevato. A dirigere il campo, il quinto in Sicilia, è stato chiamato l’esperto manager Markus Dickey, già direttore del Pevero e di altri prestigiosi campi da golf. È il fiore all’occhiello di un resort moderno, che presto inaugurerà un hotel di 100 camere e potrà contare in futuro su un complesso di circa 200
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In queste pagine alcuni scorci del percorso de Le Saie, a Carlentini (Siracusa). Sullo sfondo l’Etna. appartamenti, collocati accanto ad alcune villette esclusive distribuite proprio lungo il percorso. Mentre è in fase di completamento la golf academy, sono già operativi gli spogliatoi maschili e femminili, ampi e accoglienti. A rendere la struttura completa e moderna inoltre è in fase di ultimazione un centro benessere di 1.400 metri quadri. Una parte sarà realizzata al coperto e parte invece all’esterno e comprenderà bagno turco, sauna, piscine, due sale massaggio
e ogni genere di confort. Entro l’anno sarà operativo anche un centro sportivo che potrà contare su campi da tennis, calcetto e strutture varie per praticare altri sport. Sul fronte del golf, il links verrà in futuro arricchito con vegetazione autoctona e saranno ultimate le rimanenti strutture murarie da completare. Entro il 2018 è prevista anche l’apertura di ulteriori 18 buche, che porteranno Le Saie ad essere una fra le strutture più interessanti nell’ambito dei campi da golf italiani.
I visitatori avranno inoltre la possibilità di prendere il sole in una spiaggia riservata, mentre sul fronte del business anche i non appassionati di golf avranno la possibilità di sfruttare il centro congressi, che quanto prima sarà ultimato. Nonostante i problemi di questo non facile periodo, a Carlentini è una corsa contro il tempo. Una scommessa che i titolari del centro vogliono vincere e dimostrare a tutti che, anche in Sicilia, quando si vuole si può fare molto, bene e con i tempi giusti.
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L’approccio integrato alla difesa fitosanitaria Alla situazione di strisciante allarmismo che va diffondendosi tra greenkeeper e presidenti è opportuno rispondere richiamando alcuni fatti e raccontando esperienze condotte con successo di Nicola Zeduri e Daniela Beretta
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om’è noto, la Direttiva 128/2009, che istituisce un quadro per realizzare un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, allo scopo di ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente, mira a promuovere l’uso della difesa integrata e di alternative non chimiche ai prodotti fitosanitari. La definizione di «difesa integrata» presente nella direttiva è la seguente: “attenta considerazione di tutti i metodi di protezione fitosanitaria disponibili e conseguente integrazione di misure appropriate intese a scoraggiare lo sviluppo di popolazioni di organismi nocivi e che mantengono l’uso dei prodotti fitosanitari e altre forme d’intervento a livelli che siano giustificati in termini economici ed ecologici e che riducono o minimizzano i rischi per la salute umana e per l’ambiente.” Il Regolamento 1107/2009, a sua volta, definisce la «buona pratica fitosanitaria», come la “pratica mediante la quale sono selezionati, dosati e distribuiti nel tempo i trattamenti che prevedono l’applicazione di prodotti fitosanitari a determinati vegetali o prodotti vegetali, nel rispetto dei loro impieghi autorizzati, in modo da assicurare un’efficacia accettabile con la minima quantità necessaria, prendendo nella debita considerazione le condizioni locali e le possibilità di controllo colturale e biologico”. Infine, l’articolo che interessa più da vi-
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cino il gestore di tappeto erboso riguarda la riduzione dell’uso di agrofarmaci o dei rischi in aree specifiche. In particolare, è prescritto l’obbligo, da parte degli Stati membri, di ridurre al minimo l’uso di agrofarmaci, e di vietarlo in alcune aree, definiti come dall’art 3. del regolamento 110/2009: parchi e giardini pubblici, campi sportivi e aree ricreative, cortili scolastici, parchi gioco per bambini e in prossimità di aree con strutture sanitarie, aree protette o aree designate ai fini di conservazione. Strumenti applicativi di tali norme europee sono i Piani di Azione Nazionale e i Piani di azione regionali.
Il tappeto erboso e la gestione fitosanitaria È noto quanto intensa sia la pressione in termini di parassiti esercitata sui nostri campi sportivi e da golf. Tra le avversità che insidiano i tappeti erbosi, quelle causate da funghi parassiti sono le più diffuse e di più difficile contenimento, in particolare i cosiddetti “soil born disease”. Esse richiedono generalmente un elevato numero di interventi con diversi principi attivi e non sempre l’efficacia risponde alle esigenze del fruitore. I parassiti dell’apparato radicale (Fusarium spp., Microdochium nivale, Rhizoctonia solani, Pythium spp., Sclerotinia spp.) sono i più nocivi e rappresentano una grave minaccia al tappeto erboso lungo tutta la stagione, durante la quale sono favoriti dalle condizioni colturali a cui il tappeto è sottoposto (elevata umidità, non equilibrate
concimazioni azotate, tagli spinti, etc.). I sintomi causati dagli attacchi di questi parassiti sono molto simili tra loro e generalmente riconducibili a moria di aree più o meno ampie, a sviluppo circolare di macchie con ingiallimenti ed imbrunimenti che determinano un generale deperimento e deprezzamento del tappeto. Una gestione innovativa della difesa contro questi parassiti prevede l’integrazione di diversi mezzi di lotta, chimica e biologica, per ottenere il massimo dei vantaggi in efficacia riducendo al contempo i rischi per l’ambiente, l’operatore e il fruitore. Le conoscenze dell’attività antagonistica di funghi che sono in grado in natura di mantenere sotto controllo lo sviluppo di altri microrganismi, dopo anni di studi ed esperienze ha portato da tempo alla messa a punto di formulazioni contenenti isolati ceppi di funghi antagonisti per uso fitoiatrico. Tra queste formulazioni, alcune risultano già autorizzate per l’impiego su tappeti erbosi, prati ornamentali, colture floricole e ornamentali. In particolare, l’attività di uno di questi prodotti, che contiene due ceppi selezionati di Trichoderma asperellum e Trichoderma gamsii, si esplica tramite competizione a livello dell’apparato radicale delle piante ospiti ove i funghi antagonisti sottraggono spazio e nutrienti ai patogeni, occupando i siti di infezione. Parassitismo diretto verso organi di resistenza e ife dei funghi patogeni e produzione di metaboliti tossici verso altri microrganismi sono meccanismi d’azione complementari.
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Campi perfetti e sani
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Nella foto qui sopra, uno dei parassiti dell’apparato radicale, il Microdochium nivale. La compatibilità dei ceppi di Trichoderma con diversi agrofarmaci completa la possibilità di impiego del prodotto biologico con principi attivi chimici tradizionali in un’ottica di strategia integrata che offre vantaggi ecologici e biologici. Prove sperimentali condotte durante l’anno 2014, caratterizzato da elevate precipitazioni e larga diffusione di patogeni su molti campi in Italia, hanno dimostrato l’efficace contenimento da parte di trichoderma su infezioni causate da Pythium spp., Sclerotinia homeocarpa e Rhizoctonia solani. Per la difesa del tappeto erboso contro le malattie radicali e del colletto la strategia risulta normalmente molto articolata: nelle aree del nord durante i mesi invernali sono prevalenti gli attacchi di Microdochium nivale. Ad un primo intervento di tipo chimico può seguire, a fine inverno-inizio primavera, un intervento con il fungo antagonista, quando inizia il rischio di infezioni di Sclerotinia homeocarpa, agente del ben noto “dollar spot”, avversario temuto di molti Greenkeeper!
Trichoderma può essere a questo proposito efficace in prevenzione, ed essere associato con un chimico a base di triazoli o iprodione. Con l’aumento delle temperature l’azione e l’efficacia di Trichoderma sono superiori e, in corrispondenza di attacchi da Rhizoctonia s. e Sclerotinia, che com’è noto sono i funghi che hanno la maggiore diffusione nel corso dell’intera stagione vegetativa, Trichoderma agisce molto bene, soprattutto se con trattamenti ripetuti nel tempo. Oltre alle patologie fungine sono oggi disponibili soluzioni di tipo biologico anche per il controllo da infestazioni da insetti terricoli, in particolare a base di funghi e nematodi entomopatogeni, che colpiscono forme giovanili e adulti di insetti. Come per la patologie fungine risulta importante la conoscenza del ciclo biologico dell’insetto, il riconoscimento precoce in base ai sintomi e l’esperienza nel settore della difesa biologico-integrata. Non si tratta infatti solamente di sosti-
tuire il prodotto biologico al chimico, ma di inserirlo in un programma di gestione globale del tappeto, conoscendo interazioni e compatibilità tra organismi utili e dannosi e le rispettive interazioni con le tecniche colturali e di manutenzione adottate. In attesa pertanto che le Regioni stendano i “Piani di azione regionali” sarà opportuno attrezzarsi e familiarizzare con termini quali «difesa integrata» e «buona pratica fitosanitaria». Come spesso capita, da un divieto può nascere uno stimolo a mettere in gioco le proprie capacità! Per i cultori del bello la sfida è lanciata! Nei prossimi anni solo chi saprà gestire con equilibrio tutte le variabili agronomiche (a partire dalla scelta delle cultivar, dei piani di fertilizzazione, delle lavorazioni, delle altezze di taglio, del management dell’irrigazione,...) e le sempre più ridotte (ma anche innovative) risorse messe a disposizione per la protezione dei tappeti erbosi, potrà presentare campi “perfetti” ... e forse anche un po’ più sani.
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C A M P O P R AT I C A E D I N TO R N I
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Luca Salvetti
I PGA Golf Pro, risorse da considerare Dai dati di un’interessante ricerca realizzata nel Regno Unito emergono numeri su cui ragionare per frenare la diminuzione di praticanti. Esaminiamone i risultati, sottolineando come siano importanti la variabile tempo e il ruolo dei maestri
Q
uali sono le previsioni per il 2015 golfistico? Riposta difficile e complessa da più punti di vista. I numeri non sono incoraggianti, il meteo fino ad ora non è stato molto favorevole, i direttori di club, i professionisti, i proprietari di campi, i greenkeeper e tutti i vari coinvolti non hanno molto da raccontare. Chi è a contatto con tutte queste realtà vede molta difficoltà, poche idee, e soprattutto numeri e statistiche sempre più in rosso. Molta preoccupazione per il mondo del golf in generale, accompagnata dalla visione di un futuro piuttosto incerto. Lasciando per almeno una volta da parte le ebbrezze dei grandi eventi, le imprese dei top player, i consigli dei grandi coach, potremmo in questa occasione fare un piccolo viaggio nel mondo dei più piccoli e spesso dimenticati, quello dei giocatori comuni, dei soci e dei frequentatori di circolo. Un mondo fatto di tante piccole realtà, con varie esigenze e aspettative, nel quale si incontrano giocatori, seniores, ladies, juniores, golfisti sempre alla ricerca del circolo migliore, con varie esigenze da soddisfare. Dove direttori, segretari, professionisti Pga, proprietari di campi cercano di gestire al meglio il club al quale appartengono, con strategie mirate a divulgare ed attirare nuovi giocatori. A volte con successo a volte con grande frustrazione. Un viaggio esplorativo nell’universo appena descritto è stato condotto recentemente da una Società inglese (England Golf, Sport Marketing Surveys Inc.), che conduce indagini accurate nel mondo dello sport, con lo scopo di coglierne le dinamiche. Gli esiti sono stati interessanti e credo che, per chi come il sottoscritto si occupa professionalmente del gioco, qualche utile spunto di riflessione ci possa essere.
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La ricerca da parte della società inglese è stata condotta con lo scopo di cogliere gli aspetti prioritari che spingono o allontanano il golfista medio al e dal gioco. Quali siano i fattori più incidenti e quali siano le criticità. Molti i questionari distribuiti, che hanno interessato oltre 700 golf club nel Regno Unito. Una lunga serie di domande, articolate in un questionario distribuito su grande scala ha dato vita a risposte sulle quali soffermarci. Un primo aspetto, legato a due fattori fondamentali è stato messo in luce: quale sia il rapporto tra divertimento e investimento nell’esperienza di gioco. Due facce della stessa medaglia, ma accuratamente analizzate e calcolate su un campione (70.000 golfisti) molto vasto (il caso Italia è sempre un po’ diverso, ma ormai abbiamo campi con più di 100 anni e la globalizzazione non è un’opinione!). Il divertimento, parlando di sport è componente fondamentale: si pratica uno sport per il piacere che può dare e per avere la possibilità di trascorrere un momento speciale e diverso dalla quotidianità. Possiamo vedere il divertimento da due angoli diversi, la performance e la parte sociale
La performance Quando chiediamo ad un giocatore un commento sull’esperienza di gioco appena terminata, il classico “commento a caldo” per intenderci, avrà molto da dire sulla qualità dei green, quella dei bunker, dei tee di partenza, del campo pratica, del parcheggio, ed anche di quanto mangiato in club house. Nella ricerca è apparso chiaro che i giocatori esprimono un collegamento preciso tra la qualità della struttura e quella del gioco espresso. Se il giro è stato disastroso, il giudizio negativo andrà inevitabilmente a cadere anche sulla
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79 struttura. Se il gioco ha superato le aspettative, anche il giudizio sul campo sarà positivo in generale. Un dato interessante anche se per molti di noi noto: la motivazione che spinge a giocare sta nel piacere di fare dei buoni colpi in campo. Una aspettativa che va colta e interpretata nel modo migliore da chi gestisce la struttura.
Parte sociale Altro pilastro fondamentale del divertimento, al secondo posto nella lista della ricerca: l’aspetto sociale. Tutti i partecipanti, indipendentemente dal sesso, dall’età, dal livello di gioco, hanno dato massima importanza al piacere di ritrovarsi in un certo contesto, al fatto che un ambiente piacevole e accogliente rappresenti sempre più una necessità, e che un giro trascorso in buona compagnia dia senso alle 5 ore trascorse in campo. Un ruolo importante hanno in quest’ottica le iniziative mirate all’intrattenimento dei giocatori. Sempre più si vedono nei paesi golfisticamente evoluti nascere eventi di varia natura: competizioni divertenti, di sole sei buche, pitch and putt, wine tasting a fine gara per accogliere al meglio i partecipanti. Eventi molto semplici, non solo per i buoni giocatori. In molti casi il successo è stato enorme, soprattutto fra le donne e i giovani. Una considerazione ulteriore alla quale pensare, la solitudine dei giorni nostri. Spesso trascurata a livello sociale, ma sempre più frequente, per molti motivi vede nel club un luogo in cui essere curata. Non sono molti gli sport che offrono quanto un circolo di golf, in termini di atmosfera, possibilità di fare una corretta attività fisica e di intrattenimento. Dal segretario al pro, al caddie master, al ristoratore, tutti vengono coinvolti nell’ottica di una buona accoglienza e hanno una grande responsabilità nel dare vita ad un ambiente positivo.
sono la vera barriera nell’avvicinare i golfisti, e nemmeno un forte incentivo. Sicuramente i costi sono importanti, ma la vera grande problematica del giorno d’oggi è il tempo. Ad esso è legato il concetto che ci sono molte alternative al golf, che le generazioni dei 50/60enni di oggi amano sport più energici, nei quali trascorrere non più di un paio d’ore, che le discipline a disposizione sono molteplici, che sono necessarie nuove modalità per giocare, più veloci e con formule diverse. In questa stagione, per catturare un po’ di più l’attenzione e i cuori dei giocatori qualcosa si potrebbe fare anche dalle nostre parti. I numeri dicono che le perdite si aggirano circa sul 10% annuo e che solamente il 50% dei golfisti sono considerati occasionali (18 buche al mese) e che pare giochino sempre meno con il passare degli anni. Il lavoro degli addetti al mondo del golf dovrebbe essere quello di ridurre gli abbandoni, mantenere i giocatori più assidui ed evolvere i giocatori occasionali in assidui. In questo panorama, i professionisti di golf hanno un ruolo fondamentale nel reclutare nuovi giocatori, nel migliorare un certo tipo di rapporto con i soci, nello sviluppare programmi con il territorio (scuole etc.). Poiché la ricerca ha evidenziato fortemente la componente sociale insita nell’esperienza golfistica, un dato altrettanto interessante ha sottolineato che il Pga pro è colui che di gran lunga è a maggior contatto con i frequentatori del club, colui che interagisce con ogni categoria di giocatore e appassionato. Pare che
in termini di contatti, il pro abbia un impatto di tre volte superiore a tutti gli operatori del settore. Tutte le Pga europee consapevoli di questo ruolo stanno investendo risorse per equipaggiare gli associati in tale ottica, realizzando programmi di formazione, comunicazione e marketing nei quali gli aspetti di customer care sono sempre più presenti. Con l’obiettivo di dare ai club un supporto competente al quale fare riferimento per la maggior parte delle attività svolte. C’è sempre più attenzione al mercato e al fatto che la parte di èlite coaching è un ambito riservato a pochi professionisti. Mentre le esigenze di chi si muove all’interno del club sono spesso diverse e meno ambiziose di quelle dei campioni. E che quindi il maestro del club necessita di ulteriori competenze. Se un tempo l’abilità di gioco del pro era considerata un fattore essenziale per un club, al giorno d’oggi la sua personale prestazione agonistica viene dopo le capacità di comunicare e di interagire con il tessuto nel quale opera. Recentemente il Presidente della Golf Union del Galles ha detto che i successi futuri dei golf club gallesi sono legati alle capacità e competenze dei Pga pro. Riconoscendone il ruolo cardine nello sviluppo delle varie attività all’interno e all’esterno dei circoli. Un passo decisivo nella direzione dell’aumento di partecipazione al gioco, che dà ai professionisti la possibilità di contribuire fortemente alla crescita del movimento golfistico. Luca Salvetti PGAs of Europe Director and Tutor
L’investimento: analizziamo costo e tempo Anche qui un dato interessante: se l’esperienza nell’“insieme” è stata soddisfacente, il costo non è un problema significativo. Soprattutto se il gioco, la condivisione e il divertimento sono stati alti. Di conseguenza è apparso che una esagerata scontistica dei green fee non pare abbia prodotto un aumento dei giri: sono rimasti gli stessi costi gestionali, ma il ritorno non si è incrementato! È apparso chiaro che i costi non
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BACK TEE Marco Dal Fior
Il piccolo oggetto delle nostre ossessioni
L’
avrete raccolta migliaia di volte. In buca nei casi più fortunati. Nell’ostacolo d’acqua o al di là dei paletti che indicano il fuori limite in quelli dove la sfiga (l’imperizia non viene neppure contemplata nel bagaglio di noi mediocri giocatori di golf) ha avuto un ruolo da protagonista. L’avrete anche voi scelta con cura rovistando nella sacca prima del tee shot alla buca 1: “Questa no perché è stata trovata e si sa che quelle trovate hanno la vocazione a perdersi; a questa ci sono affezionato e qui ci sono troppi laghetti; questa può andare bene”. L’avrete piazzata con cura sul tee o sull’erba del green regolandola in modo che le scritte indirizzino in qualche modo il colpo: interno-esterno per cercare di prendere la bandiera di quel maledetto par tre evitando per una volta la rocambolesca caccia al tesoro nel boschetto che accoglie a rami aperti i push e gli slice. Scritte invece perfettamente in linea con la buca per il putt da un metro che sembra-così-facile-non-vorrai-mica-sbagliarlo. La pallina da golf è l’oggetto delle nostre ossessioni. Così piccola, così bastarda. Capace di girare attorno alla buca senza entrarci, ma anche di volare alta nel cielo fino quasi a perdersi, per poi ricadere giù verticale e perfetta ed accoccolarsi in green. I sacri testi raccontano che all’inizio era fatta di piuma, poi
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di guttaperca (ho guardato sull’enciclopedia: dice che è una specie di gomma, ma meno elastica del caucciù), infine con vari tipi di resine plastiche. In due o tre pezzi, con rivestimento in surlyn o balata, loghi pubblicitari o solo marchi di fabbrica: ce n’è di tutti i tipi. Ma tutte hanno una caratteristica comune: sono in grado, in virtù di poteri sovrannaturali non ancora studiati a sufficienza, di trasformare il più mite e tranquillo degli uomini in un assatanato calpestatore di fairways. È infatti impossibile spiegare in modo razionale i cambiamenti che quel piccolo oggetto è capace di produrre nella psiche delle persone con cui viene a contatto. Ho visto integerrimi professionisti raccontare senza pudore balle colossali ai loro interlocutori telefonici, inventandosi di sana pianta improvvisi contrattempi o disastrose forature per giustificare la loro colpevole permanenza sul campo da golf nonostante l’irrinunciabile appuntamento in ufficio. Ho visto mariti fedelissimi mentire alle loro mogli come il più scafato degli amanti per nascondere la scappatella sul green mentre a casa la famigliola aspettava il papà per il rito della maxispesa settimanale al supermarket. Ho visto professori universitari fingere di dimenticare le nozioni elementari di aritmetica e ostinarsi a scrivere sullo score un 5 che
era, a sentir loro, il risultato dei quattro colpi di avvicinamento e dei tre putt collezionati alla buca 15 della Coppa Fragola. Ho visto giudici inflessibili appoggiare con calcolata sapienza il bastone dietro la palla per addomesticare l’erba e rendere un po’ meno ardua l’uscita dal rough. Ho visto capitani d’azienda, gente abituata a manovrare milioni di euro come fossero noccioline, rischiare di perdere la faccia per riportare fuori dall’ostacolo con un calcetto deciso la pallina finita vicino al torrentello della buca 7. Ho visto alti papaveri dello sport nazionale lasciar cadere palline strategiche dalla tasca e fingersi sorpresi nel ritrovarla, esattamente come quei ladruncoli sprovveduti che, arrivati alla cassa e bloccati dalla security, scoprono sotto il cappotto scatolette finite lì non si sa come – a sentir loro - dagli scaffali del supermercato. Già la forma lascia intendere qualcosa. La pallina da golf è tonda, come quella del veggente. O come il pomello che sovrasta la bacchetta magica. Una forma astrusa, difficile da realizzare, quasi assente, nella sua espressione più perfetta, in natura. Se poi la butterate di fossette, l’impressione è davvero quella di un oggetto dalle capacità magiche, un amuleto dalla forza portentosa, capace di tramutare il più integro degli individui in uno squallido ladruncolo da fairway. Come spiegare, altrimenti, quello che avviene sui campi da golf nostrani? Certo: l’avvocato del diavolo potrebbe anche sostenere che quei golfisti non sono affatto in balia dei poteri magici della pallina, ma tendono alla frode per loro indole. Ma come spiegare allora la compiacente sonnolenza di marcatori, avversari, commissioni sportive et similia? Solo con il buonismo o il “volemose bene” che qualcuno reclamava come motto da stampare sul tricolore? Sarò un illuso, ma preferisco pensare agli elfi nascosti nella pallina da golf. mdalfior@alice.it
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