08 Professione Golf Club Estate 2015

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PROFESSIONE

by GOLF&TURISMO

GOLF CLUB CLUB INDAGINE R&A

Bisogna risparmiare tempo

INTERVISTE

Paolo Casati Loris Vento Nicola Grossi IRRIGAZIONE

Giochi d’acqua E tu di che pH sei?

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore

MANUTENZIONE

Luoghi comuni: vero o falso?

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SOMMARIO

In copertina: la buca 18 del Mountain Course di Castelfalfi

ESTATE 2015

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GOLF CLUB

EDITORIALE - Nuove ricette per il XXI secolo Fulvio Golob

Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno III - numero 8 - Luglio 2015 - 8,00 euro

NEWS - Notizie dall’Italia e dall’estero

Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it

INTERVISTA - Il polo padovano - Paolo Casati

Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419313), Roberta Vitale (02 42419236)

AITG - Una gioia infinita

Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico) Hanno collaborato a questo numero: Stefano Boni, Antonella Carbone, Lucio Colantuoni, Paolo Croce, Alessandro De Luca, Donato Di Ponziano, Roberto Lanza, Carlo Manca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Fabrizio Pagliettini, Luca Porcu, Federica Rossi, Roberto Roversi, Maurizio Trezzi, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it Creative Director: Patrizia Chiesa Editore: Go.Tu. Surl Presidente: Alessandro Zonca Vice Presidente: Silvio Conconi Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it Sito web: www.professionegolfclub.it Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento) Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it Amministratore Delegato: Alessandro Zonca Responsabile di testata: Alessio Maggini (02 42419249) - alessio.maggini@publimaster.it

a cura della redazione Roberto Roversi

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Fabrizio Pagliettini

INCHIESTA - R&A - Bisogna risparmiare tempo Andrea Ronchi

ICS - Nuovo fondo di garanzia per l’impiantistica sportiva Carlo Manca

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INTERVISTA - Scratch in campo e alla scrivania - Loris Vento

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Roberto Zoldan

FORE! - Per un serpente morto

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Donato Di Ponziano

GESTIONE - Troon Golf: 25 anni di successi Federica Rossi

MANUTENZIONE - I luoghi comuni nel golf Paolo Croce

CONVERSIONI - Quando la Bermuda diventa Blu a cura della redazione

GOLF E DIRITTO - Le principali novità legate al Job’s Act Antonella Carbone

COMUNICAZIONI - Social golf. Perché e come Maurizio Trezzi

IRRIGAZIONE - E tu di che pH sei?

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Nicola Zeduri

INTERVISTA - Nel regno delle betulle - Nicola Grossi Roberto Lanza

IRRIGAZIONE - Giochi d’acqua - Lorenzo Simoni Roberto Loversi

NUOVI CAMPI - Cavaglià: al centro del Piemonte a cura della redazione

CLUBHOUSE - Asiago: il gioiello dell’altopiano Fulvio Golob

GOLF ESTREMO - Lofoten: giocare a mezzanotte Andrea Ronchi

BACKTEE - Nuovi e prodigiosi testimonial: i nonni Marco Dal Fior

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Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.

Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2014 Go.Tu. Surl

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EDITORIALE

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Fulvio Golob

Nuove ricette per il XXI secolo

A

nche in piena calura estiva, speriamo di avere allestito un buon numero di Professione Golf Club. Il titolo principale di copertina va all’inchiesta del Royal & Ancient che ha fornito il materiale per un dettagliato articolo di Andrea Ronchi. Non facciamo altro che invitarvi a leggerlo con attenzione, perché fornisce molti spunti importanti di riflessione. A cominciare dall’importanza del tempo nella scelta del golf come proprio hobby di riferimento. Anche alla luce di questi risultati, come di tantissimi altri segnali, è indispensabile cambiare rotta e anche in fretta. Altri punto fondamentale su questo tema riguarda l’assurda rincorsa del golf amatoriale a quello dei grandi tornei. Ci sono due golf, uno con la “G” maiuscola riservato ai campioni e ai pochissimi e bravissimi eletti che giocano scratch o dintorni, l’altro molto più modesto ma altrettanto piacevole e gratificante degli zappatori domenicali. Tanto per fare un rapido esempio i giocatori italiani di prima e seconda categoria (<11,4 hcp) sono meno di 10mila (9.459 per l’esattezza), solo il 10,4% del totale e con la prima che sfiora solo l’1,8%. Perché quindi continuare ad allungare i campi, con relative spese crescenti e tempi di gioco dilatati, quando i signori Brambilla, De Angelis e Ferrero (tanto per citare cognomi diffusi a Milano, Roma e Torino) riescono a malapena a raggiungere il fairway con il loro tee shot? I nostri tre amici, costretti a impastoiarsi nel rough perché non

ci arrivano, rappresentano invece la stragrande maggioranza dei giocatori, cioè quelli che tengono in piedi circoli e circuiti di gare. È ora che a livello mondiale si decida di intervenire decisamente sull’attrezzatura, in primo luogo le palline, per evitare che si arrivi al default. Lo abbiamo sentito affermare senza esitazioni durante le telecronache di Sky anche da Massimo Scarpa, uno degli addetti ai lavori che meglio conosce i pregi ma anche i vistosi difetti del nostro sport/gioco. E con lui e molti altri lo dice da anni Donato Di Ponziano, che su questo numero firma un bell’intervento legato all’assurdità del percorso a ostacoli per iniziare a giocare. Da leggere. Su versanti differenti, ma convergenti verso l’unico obiettivo di dare nuovo appeal al Gioco – in maniera consona alle tradizioni, ma moderna e concreta –, si esprimono anche gli interventi di Filippo Motta e Marco Dal Fior. E sempre in questa direzione ci sembra intelligente la strada intrapresa da molti circoli per sfruttare il loro meraviglioso patrimonio naturale in situazioni o in periodi differenti. Stiamo parlando dei cosiddetti percorsi multifunzionali, di cui pubblichiamo l’elenco in questa pagina, dove accanto al golf trovano posto altre attività (sci, running, aeromodellismo, pesca sportiva e il sempre più gettonato footgolf). Un’idea semplice e funzionale per aiutare a far quadrare i bilanci. fulvio.golob@professionegolfclub.it

Percorsi multifunzionali in Italia Acaya (Lecce) – Footgolf Altabadia (Bolzano) – Pista da sci Alzano del Parco (Como) – Avio superficie Asiago (Vicenza) – Pista di fondo Campo Carlo Magno (Trento)– Pista da sci e di fondo Cansiglio (Belluno) – Campo scuola sci Carezza (Bolzano) – Pista di fondo Castelfalfi (Firenze) – Footgolf Claviere (Aosta) – Pista di fondo Fiordalisi (Forlì) – Ciclismo (tappa giro d’Italia 2015) Folgaria (Trento) – Pista da sci Gressoney (Aosta) – Pista di fondo Lanzo (Como) – Pista di fondo La Ruina (Trento) – Pista per aeromodellismo Les Iles (Aosta) – Strutture a uso pubblico (piscina, basket) Mia (Ancona) – Pesca sportiva

Milano (Monza) – Percorso per running Montecampione Alpiaz (Brescia) – Pista da sci Montecchia (Padova) – Footgolf Monticello (Como) – Percorso per running Paradisetto del Garda (Verona) – Footgolf Poggio dei Medici (Firenze) - Footgolf Ponte di Legno (Brescia) – Pista da sci e di fondo Rovedine (Milano) – Percorsi per running Royal Park I Roveri (Torino) – Percorso per running Sestriere (Torino) – Pista da sci Tarvisio (Udine) – Pista di fondo Terre dei Consoli (Roma) – Footgolf Tesino (Trento) – Pista di fondo Udine – Footgolf e walking trails Villafranca (Verona) – Footgolf

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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Libri e ricorrenze Menaggio, io ti vedo così

L’occasione era di quelle speciali, come del resto il fatto di trascorrere una giornata in uno dei circoli più affascinanti e unici del nostro Paese. Il Menaggio & Cadenabbia Golf Club ha invitato amici, soci e stampa specializzata per presentare l’ultima esclusiva pubblicazione realizzata sul circolo ultracentenario, “The Player’s View”. A realizzarlo William fforde, golf designer, scrittore e fotografo di molti dei più famosi e celebri campi al mondo, la cui collezione di oltre 500 immagini è stata recentemente donata all’Università di St Andrews. “Quando William mi ha detto cosa aveva in mente ho subito pensato fosse un’ottima idea - ha dichiarato Vittorio Roncoroni, presidente di Menaggio - era qualcosa che il nostro circolo non aveva mai avuto e poteva rappresentare un efficace strumento per far conoscere sempre meglio il fascino e la bellezza unica del nostro percorso. Menaggio ha una biblioteca di fama mondiale, e siamo felici di aver commissionato a fforde uno dei primi volumi di questa nuova speciale collezione, iniziata con un altro circolo centenario, St George’s Hill, un nuovo modo di presentare un percorso da golf, supportato da foto

➤ Online Roma e la candidatura del Marco Simone Road to Ryder Cup 2022

e da ricerche connesse con l’Università di St Andrews.”. “Un nuovo modo di scoprire i segreti e le meraviglie di quello che da molti viene definito uno dei campi più affascinanti del nostro Paese, un gioiello incastonato sopra il Lago di Como che da oltre cent’anni fa sognare e appassiona generazioni di golfisti. Alla presentazione c’erano anche Ted Dexter e Oliver Harris. Il padre di Dexter, ex proprietario di Menaggio, contribuì con l’aiuto anche del figlio alla ristrutturazione del tracciato comasco dopo la Seconda Guerra mondiale, mentre il padre di Oliver Harris, John, definito il James Bond dei progettisti di campi da golf, si occupò dei successivi cambiamenti negli Anni 60. . Al termine della premiazione della gara organizzata in onore del lancio del libro, la serata è proseguita a tavola, dove soci e ospiti hanno potuto degustare le eccezionali produzioni dello chef Massimo Salomoni, rientrato a Menaggio dopo qualche anno di assenza, veri capolavori culinari in perfetta linea con la grande tradizione di eccellenza del circolo. Per maggiori informazioni: www.players-view.com

ITALY

In attesa del prossimo step, con la presentazione delle garanzie economiche, ROME posticipato al 4 settembre, prosegue il cammino di Roma verso la Ryder Cup 2022. La Federgolf ha creato una sito ad hoc, www.italy2022rome.com, dove si trovano tutte le novità, compreso il bellissimo video realizzato da Sky. Uno spot sulla bellezza della Capitale, un valore aggiunto unico al mondo, ma anche un flash back degli azzurri che hanno giocato le Ryder nella storia. Chi volesse può dare il proprio sostegno alla candidatura attraverso la campagna social “face of Italy 2022” caricando la propria foto accompagnata da un breve messaggio.

➤ Riapertura per i Colli di Bergamo Bentornato fra i circoli italiani Un luogo privilegiato in cui gli ospiti avranno la possibilità di rilassarsi non solo giocando a golf ma usufruendo anche dei numerosi servizi offerti, quali bar, ristorante, sala tv, sala biliardo: un piacevole rifugio situato proprio all’interno della città. Infatti i Colli

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di Bergamo Golf & Country Club è il circolo cittadino a un passo da casa, adatto a tutti gli appassionati che intendono ritagliarsi qualche ora del proprio tempo dedicandosi al golf ma rimanendo comunque in città. Numerose sono le iniziative per l’attività spor-

tiva, peraltro aperta tutto l’anno, indirizzate in particolare ai neofiti e ai giovani (a partire dai 6 anni) attraverso corsi dedicati e lezioni private, grazie al supporto del maestro professionista di circolo Alessandro Napoleoni. Le due buche mancanti al nuovo

campo, di recente omologato dalla Fig, saranno rimesse in gioco entro l’autunno e il campo pratica verrà provvisto di illuminazione, così da poter praticare anche nelle ore serali. Il bellissimo putting green 18 buche fronte club house è già illuminato e praticabile.

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➤ Il ruolo degli arbitri e l’iter per rimanerlo Facciamoci aiutare! Tutti sappiamo che il golf, forse unico fra gli sport ufficialmente riconosciuti, si svolge prevalentemente senza la presenza di un direttore di gara, di un arbitro, che sovraintenda dall’inizio alla fine ad ogni aspetto del suo svolgimento. Gli arbitri ci sono, durante una gara, ma non in numero sufficiente a seguire ogni gruppo di giocatori: sono a nostra disposizione a richiesta ed è nostra facoltà, durante il gioco, richiederne l’intervento se ci troviamo in una situazione inaspettata e non siamo certi della regola applicabile. Va detto, purtroppo, che sono chiamati troppo raramente: generalmente i giocatori confabulano un po’ fra loro e alla fine si fa come dice quello che è più deciso e sicuro, ma non necessariamente più esperto. È un errore, di cui comunque solo il giocatore interessato subirà le conseguenze, certo non chi l’ha mal indirizzato, portandolo a commettere un’infrazione che si risolve di solito in colpi di penalità, se non, nei casi più gravi, in una squalifica. L’arbitro invece, se sa come comportarsi, interviene spiegando la situazione al giocatore, lo tranquillizza, gli dice quali sono le sue opzioni e lo lascia decidere senza influenzarlo; e se per caso il ruling fosse sbagliato, cosa del tutto possibile, il giocatore non avrà comunque conseguenze negative,

‘coperto’ dall’autorità dell’arbitro: cosa c’è di meglio? In realtà gli arbitri aspettano solo di essere chiamati… sono lì dalle sette del mattino e devono rimanere a disposizione sino a fine gara. Il ruling, per loro, è il momento più interessante di una lunga e spesso noiosa giornata, la ragione della loro presenza e la conferma del loro ruolo e della loro funzione. Sia ben chiaro che non stiamo parlando di depressione o crisi di malinconia, ma voglio solo far capire che chiamando un arbitro non lo si disturba mai, al contrario gli si dà la possibilità di rendersi utile e di realizzare la ragione della sua presenza. Non dimentichiamo che tutti gli arbitri, nessuno escluso, hanno ottenuto la qualifica perché sono appassionati di regole: hanno dovuto studiare, fare esami tutt’altro che semplici, rifarli poi periodicamente rischiando ogni volta di perdere la qualifica raggiunta. A questo proposito, mi permetto di rivolgere una semplice domanda alla nostra Federazione: con quale logica si pretende che un arbitro di golf sostenga ogni 2 o 3 anni un esame per essere confermato nella sua qualifica, quando non lo si pretende da un chirurgo o da un autista di pullman che potrebbero, loro sì, causare danni irreversibili? Un ruling sbagliato, che è capitato a tutti, anche ai

migliori internazionali, non è una questione di vita o di morte. Perché non riservare gli esami, per altro costosi per la Federazione, a chi vuole qualificarsi la prima volta o migliorare poi il proprio livello? E non, al contrario, legare il mantenimento della qualifica alla partecipazione ai corsi di aggiornamento e a un certo numero di comitati di gara, dunque all’effettiva attività svolta dall’arbitro? I direttori di torneo avranno modo di giudicarli sul campo, relazionando i responsabili del settore sulle loro effettive capacità. Gli esami sono davvero umilianti e ancor di più lo è non riuscire a superarli. Umiliare dei volontari, pronti a offrire giornate su giornate gratuitamente, vuol dire smorzare il loro genuino entusiasmo, offenderli in qualcosa in cui credono sinceramente, con pura passione! Forse a molti quanto ho detto sopra potrà sembrare pleonastico o banale, ma provate a chiedere al vostro circolo quante volte, nel corso di un mese o un anno, qualcuno del comitato, di solito costituito dagli addetti alla segreteria, è stato chiamato sul campo per risolvere una situazione nella quale un giocatore aveva dubbi sulla procedura. Scommetto che il numero sarà così piccolo da lasciarvi stupiti… Arrivederci sul campo! Annibale Fasciolo

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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Lecco Dopo 20 anni, un nuovo presidente Dopo esser stato presidente del Golf Club Lecco per vent’anni ininterrottamente dalla fondazione, il notaio Pierluigi Donegana ha lasciato la guida del sodalizio di Annone Brianza. “Sono stati vent’anni intensi e ricchi di soddisfazioni, con risultati impensabili quando il nostro Club si è costituito, sotto il profilo sia della crescita degli iscritti, sia del posizionamento a livello regionale e nazionale, sia infine dei successi che i nostri campioni di ogni età e categoria hanno saputo conquistare”, ha dichiarato Donegana, sottolineando come il progetto di un piccolo gruppo di imprenditori e professionisti appassionati di golf, che hanno voluto dotare il territorio della provincia di Lecco di un club in cui praticare il nostro straordinario sport, sia via via cresciuto fino ai quasi 600 tesserati odierni. Il dopo Pierluigi Donegana al Golf Club Lecco di Annone Brianza ha oggi come nome quello di Walter Fontana. L’assemblea dei soci ha infatti eletto il noto imprenditore lecchese quale presidente del sodalizio in sostituzione di Pierluigi Donegana. Il consiglio direttivo vede come vice presidenti Ercole Crippa e Bruno Bottai e consiglieri Carmen Prandi, Emilio Villa, Roberto Negri, Umberto Tomalino, Francesca Bonorandi e Augusto Sala.

➤ Toscana Tre comuni contro il circolo di Forte dei Marmi Il Tar Toscana con una sentenza del 29 giugno ha definito gli obblighi che la società proprietaria del Golf Versilia deve adempiere nei confronti dei Comuni di Forte dei Marmi, Pietrasanta e Montignoso sul territorio dei quali si estende il campo sportivo. La notizia è stata comunicata dall’amministrazione comunale di Forte dei Marmi e fissa una tappa della battaglia che i tre Comuni hanno intrapreso contro la società che gestisce il club. Il problema, rilevante dal punto di vista turistico, è che il Golf Forte dei Marmi (ex Versilia) è in pratica aperto solo ai soci. La questione è proprio questa: il circolo è proprietà esclusiva della compagine societaria, guidata da Paolo Ottani, imprenditore di Bologna. Quando fu aperto, nel 1990, l’impianto doveva rappresentare un volano per il turismo, in grado di convogliare turisti in Versilia anche d’inverno, quando i campi del nord sono chiusi. I tre Comuni vorrebbero oggi di riportare il circolo a questa primaria funzione per la zona.

➤ Piacenza In liquidazione il circolo di La Bastardina

✉ In settembre

la Pro Am della Speranza

Il Royal Park I Roveri farà da cornice alla XVII Edizione della Pro Am della Speranza, il torneo golfistico di charity a sostegno della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. Diventata ormai un appuntamento annuale irrinunciabile, la gara si svolgerà Il prossimo 21 settembre, per il quarto anno consecutivo sul percorso del Royal Park I Roveri con la classica formula Pro-Am, composta da un Pro e tre Amateur. Hanno già confermato la presenza all’edizione 2015 giocatori professionisti del tour europeo, con un field di altissimo livello. La Pro Am della Speranza nasce nel 1998 come una manifestazione benefica che tramite il connubio tra golf e solidarietà ha come obiettivo primario la raccolta di offerte per la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro - Onlus. I fondi raccolti nelle ultime edizioni hanno superato i 2 milioni di euro. Quest’anno l’iniziativa si è prefissata un nuovo traguardo: il ricavato sarà finalizzato all’acquisto di due colonne endoscopiche 3D di ultima tecnologia per l’attività di gastroenterologia dell’Istituto di Candiolo. La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus, presieduta da Allegra Agnelli, è stata costituita per offrire un contributo significativo alla sconfitta del cancro attraverso la realizzazione in Piemonte di un centro oncologico, l’Istituto di Candiolo, capace di coniugare la ricerca scientifica con la pratica clinica e di mettere a disposizione dei pazienti oncologici le migliori risorse umane e tecnologiche.

La Bastardina, campo a 9 buche che si trova ad Agazzano, in provincia di Piacenza, è stato messo in liquidazione. Lo scorso 20 giugno l’assemblea dei soci del golf club ha infatti votato a favore del suo scioglimento. In quella occasione il presidente, Mario Restaini, ha annunciato la volontà di rimettere il mandato e di dimettersi dalla carica. Poiché non è stata presentata nessuna candidatura, non è stato possibile formare un nuovo consiglio direttivo. Il verbale della riunione indica inoltre che le entrate dell’esercizio 2015 hanno permesso di coprire i costi ordinari fino al mese di maggio e senza un rifinanziamento l’associazione non aveva la disponibilità necessaria all’adempimento dei propri scopi. Il circolo di recente è stato disaffiliato dalla Federgolf.

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➤ Lombardia & Veneto Una card per giocare sul Garda Da qualche mese è ormai attiva la Golf Region Lake Garda Golf Card, un nuovo modo di prenotare una vacanza con sacca al seguito. L’accordo è stato siglato fra dieci club che ruotano attorno al più esteso lago italiano, splendida destinazione turistica divisa fra le regioni di Lombardia e Veneto, nelle province di Brescia, Verona e Vicenza. I circoli, riuniti da qualche tempo in un consorzio, sono Arzaga, Bogliaco, Chervò San Vigilio, Colombaro, Colombera, Franciacorta, Colli Berici, Gardagolf, Paradiso e Verona. Sul sito golfregionlakegarda. com è possibile accedere a una pagina dedicata con una breve presentazione della card. Da qui si passa poi all’acquisto del green fee vero e proprio: selezione dei campi (almeno tre), caratteristiche dei green fee acquistati per ogni campo, accesso o registrazione e infine pagamento telematico. Golf Region Lake Garda Golf Card nasce come una piattaforma di e-commerce digitale in grado di fornire un canale preferenziale per la vendita di green fee dei golf club consorziati. Un progetto innovativo con cui al cliente non viene proposta una carta prepagata e statica, ma offerta l’opportunità di costruire la propria esperienza golfistica in completa autonomia. Prenotando attraverso il sito golfregionlakegarda.com si ottiene uno sconto sul prezzo totale dei green fee scelti. Inoltre la carta diventerà poco alla volta un nuovo e utile strumento per vivere a 360°

l’intera esperienza turistica del Lago di Garda, grazie alle speciali condizioni riservate ai possessori presso una serie di strutture ricettive selezionate sul territorio: cantine e ristoranti tipici, negozi e centri di interesse turistico, a dimostrazione della ricchezza della tradizione culturale ed enogastronomica dell’area attorno al Benaco. Con la Golf Region Lake Garda Golf Card i dieci circoli coinvolti vogliono sottolineare la propria passione per il territorio. Con l’invito a non spegnere la propria voglia di sperimentare alla buca 18, ma spostandosi poi su tutto ciò che il Garda propone per divertirsi, scoprire, assaporare.

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IL POLO PADOVANO

Il presidente di Montecchia e vicepresidente FIG ci racconta perchĂŠ, in un periodo non facile, abbia ancora investito nel golf acquisendo il controllo dei club di Frassanelle e Terme di Galzignano. Con risultati incoraggianti

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I N T E R V I S TA Paolo Casati

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di Roberto Roversi

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n un panorama come quello del golf italiano dove negli ultimi anni si è giocato soprattutto in difesa per non perdere le posizioni o, in più di qualche situazione, cercando di limitare i danni, c’è stato chi, invece, è andato all’attacco investendo risorse e sviluppando progetti. È il caso del gruppo familiare che fa capo a Paolo Casati e che nel 2011 ha acquisito la maggioranza della proprietà del Golf della Montecchia per avviare un piano di rilancio e di espansione del circolo che si trova a due passi da Padova, ai piedi dei Colli Euganei. “Siamo partiti con un programma di rinnovamento che ha riguardato sia il percorso che le strutture del club – spiega Paolo Casati, presidente del circolo padovano sin dalla sua apertura, nel 1988 – Tra gli interventi di maggiore rilievo c’è stata la trasformazione del tappeto erboso, con l’uso della Bermuda, di tutte le nostre 27 buche. Siamo stati tra i primi campi italiani a effettuare questa conversione che, tra l’altro, non era mai stata provata così a nord. Alla base di questo intervento c’è stata anche una diversa attenzione alle tematiche ambientali collegate alla gestione dei campi da golf. Non dimentichiamo che con l’impiego della Bermuda abbiamo notevolmente ridotto la quantità dell’acqua per irrigazione e di conseguenza anche quella dell’energia elettrica necessaria per far funzionare l’impianto. Inoltre, grazie a questo tipo di tappeto erboso, ci siamo già allineati per il rispetto delle norme europee che entreranno in vigore dal 2016 relative alla riduzione dei fitofarmaci usati per la manutenzione. Un bel passo avanti verso una direzione che ci porti a considerare il golf come una risorsa amica e alleata dell’ambiente.”

Nelle foto, Paolo Casati e una veduta aerea della clubhouse di Montecchia

Come prima lei accennava, gli interventi di rinnovamento avviati con l’arrivo del suo gruppo familiare alla guida del circolo non hanno riguardato solo il percorso. Quali altri lavori sono stati realizzati? “Nel segno di una filosofia che ci ha visto porre in primo piano l’eco-compatibilità dell’intera struttura, abbiamo provveduto anche a una completa revisione dell’impiantisca dei locali della clubhouse con l’impiego di tecnologie all’avanguardia sia in termini di risparmio energetico che di sicurezza. Nello stesso tempo, inoltre, abbiamo rinnovato buona parte del parco macchine all’insegna delle specifiche richieste dalla normativa Euro 6 per quanto riguarda le emissioni di scarico e i consumi di carburante. Tutto questo ha fatto si che il Golf della Montecchia ricevesse nel 2013 l’ambitissima certificazione ambientale GEO (Golf Enviroment Organization), ente internazionale no-profit che da anni si occupa di golf e ambiente. Lo scorso anno abbiamo ottenuto anche il prestigioso riconoscimento della IAGTO, che nell’assemblea mondiale svoltasi lo scorso anno a Cernobbio ci ha premiato tra le migliori

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strutture golfistiche al mondo in tema di eco-sostenibilità e eco-compatibilità. Si tratta di due premi di cui andiamo orgogliosi e che rappresentano per il nostro circolo un biglietto da visita di grande valore a livello internazionale.” Questo trend di sviluppo, però, non sembra conoscere soste considerate le ultime operazioni portate a termine dal suo gruppo. Quali sono le ultime novità? “È vero, ci stiamo ingrandendo per mettere insieme un polo golfistico in grado di sfruttare sinergie e potenzialità. L’anno scorso abbiamo rilevato la quota di maggioranza del Golf Club Frassanelle, un circolo che si trova a pochi chilometri da Montecchia e dove abbiamo già avviato dei lavori di rinnovamento. L’anno scorso abbiamo completato la conversione a Bermuda delle seconde nove buche e quest’anno completeremo l’intervento con il rifacimento della prima parte del tracciato. È prevista, inoltre, una riorganizzazione dei servizi e dei locali presenti. Da ultimo abbiamo acquisito la gestione del Golf Club Terme di Galzignano, un percorso di 9 buche di proprietà di tre alberghi adiacenti l’area

del campo. Questi tre campi costituiscono il brand Play54. Per i soci dei circoli che fanno capo a questo gruppo sono state studiate formule associative particolari e green fee agevolati. Insomma adesso siamo una grande famiglia che vanta circa un migliaio di soci che possono giocare su 54 buche molto vicine fra loro.” Per il futuro Play54 intende fermarsi o c’è dell’altro da mettere in cantiere? “Per la verità un nuovo cantiere lo abbiamo già aperto ed è quello che riguarda la costruzione di un Perfomance Center di circa 400 metri quadrati al Golf della Montecchia. All’interno di questa nuova struttura, che sarà operativa prima di questo inverno, sarà possibile praticare il “golf indoor” tramite l’uso di simulatori e svolgere attività di fitness specifica per il golf con macchinari dedicati. Uno spazio, inoltre, sarà riservato al servizio di fisioterapia. L’accesso, con costi ovviamente diversificati, sarà consentito sia ai soci Play54 che agli esterni. Non esiste nel golf italiano una struttura simile, sia per ampiezza degli spazi che per qualità tecnologica impiegata.”

In queste pagine, un paio di immagini riprese sulle 27 buche del circolo padovano della Montecchia (in alto e a destra) e l’intrigante par 3 con grande ostacolo d’acqua alla 15 di Frassanelle

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Immagino che adesso i suoi soci siano soddisfatti del livello della struttura che hanno a disposizione. Quando siete partiti con il vostro progetto c’era lo stesso clima? “Francamente all’inizio, come era naturale attendersi, abbiamo riscontrato qualche perplessità, ma poi vedendo i risultati degli interventi che abbiamo realizzato le risposte dei soci sono state più che positive. Non a caso è aumentato sia il loro numero che quello dei frequentatori giornalieri. Evidentemente hanno capito che stiamo lavorando nella direzione giusta.” Tra gli obiettivi del progetto che state sviluppando c’è anche quello di costituire un polo di attrazione per il turismo golfistico. Che risultati avete ottenuto fino a questo momento? “Direi molto buoni. Le presenze di golfisti stranieri, grazie alla vicinanza dell’area termale di Abano e Montegrotto molto rinomata a livello internazionale, è decisamente aumentata. La carta vincente è stata quella di mettere insieme un’unica offerta golfistica che comprende tre strutture in grado, con le loro differenti caratteristiche tecniche, di soddisfare tutte le esigenze. Per la maggior parte i visitatori esteri che vengono a giocare sui nostri campi provengono da paesi europei, ma di recente abbiamo riscontrato un incremento di golfistici asiatici. Un segnale che consideriamo molto positivo e che potremmo sviluppare in futuro.” Negli ultimi anni il Golf della Montecchia è stato sede di alcune gare del Challenge Tour e dell’Alps Tour che hanno fatto conoscere il circolo a livello internazionale. Lo sforzo economico fatto per ospitare questi grandi eventi è stato premiato? “A mio avviso penso di sì. Oltre a promuovere i nostri circoli (di recente l’Alps Tour ha fatto tappa anche sul rinnovato percorso

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del Golf Club Frassanelle, ndr) queste manifestazioni ci hanno spinto a migliorare ulteriormente i percorsi per adeguarli agli standard tecnici richiesti dall’European Tour. In particolare siamo intervenuti sul tracciato del Golf della Montecchia per incrementare la sua lunghezza complessiva. Con la realizzazione di diversi nuovi tee di partenza adesso il tracciato misura quasi 6.600 metri, una lunghezza che ci permette di ospitare tornei internazionali di alto livello. Il nostro impegno, però, non è indirizzato soltanto al costante miglioramento del tracciato, ma puntiamo anche a sviluppare altri ambiti che qualificano l’immagine e il ruolo del circolo.” Di cosa si tratta in particolare? “Fortunatamente disponiamo di una struttura che ha a disposizione spazi che si prestano ad ospitare eventi e iniziative anche non necessariamente legate al golf. La nostra ‘location’, grazie anche alla presenza di un servizio di ristorazione di grande qualità, sta diventando sempre di più un luogo ideale per convegni e incontri. Di recente, per esempio, abbiamo ospitato la festa per i 130 anni del Resto del Carlino, un evento molto importante per tutto il territorio. Restando in tema strettamente golfistico abbiamo organizzato, in collaborazione con la nostra Montecchia Golf Academy, un seminario per professionisti tenuto da Sean Foley e Graig Davies, considerati tra i migliori maestri americani, e anche

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le capitali più conosciute al mondo, la presenza della Città del Vaticano e del Papa, con tutto ciò che questo rappresenta a livello di interesse, e il clima che può offrire nel periodo in cui si svolgerà la Ryder Cup. Ovviamente tutto questo non basta per farci assegnare uno degli eventi più importanti dello sport moderno. Servono risorse finanziarie adeguate, che la Federazione non può certamente avere, sono necessari lavori di adeguamento del campo prescelto, occorre un nuovo sistema di viabilità della zona, oltre a tutti gli aspetti organizzativi che un torneo di questo livello comporta. Se il golf italiano riesce a unire le proprie forze e le istituzioni si fanno carico dell’indispensabile sostegno, sono convinto che il sogno abbia buone probabilità di diventare realtà. Vedremo cosa deciderà in autunno il Board.” Parliamo del golf italiano. C’è un calo dei tesserati e la situazione dei circoli non appare tra le più brillanti. Come vede la situazione attuale? “Inutile nascondere che stiamo attraversando un momento molto particolare. Devo dire però che, nonostante gli effetti della crisi economica abbiano intaccato un po’ tutti i settori, il quadro complessivo del nostro golf non si presenta troppo negativo. C’è stata, è vero, una leggera flessione del numero dei giocatori e alcuni circoli stanno incontrando difficoltà, ma sono convinto che esistano le condizioni per riprendere la strada dello sviluppo. In questo senso l’assegnazione della Ryder Cup sarebbe un carburante straordinario per il motore del nostro golf.” un corso di “mental coach” con la presenza di Pia Nilsson e Lyenne Marriot, massime esperte del settore. Non solo golf, insomma, ma un circolo che vuole agire a 360 gradi per sviluppare tutte le sue potenzialità.” Lei è anche vicepresidente della FIG e l’argomento di cui si parla maggiormente nell’ambiente del golf italiano, e non solo, è la richiesta presentata dal nostro paese per ospitare la Ryder Cup del 2022. Un sogno o una scommessa che può essere vinta? “Io credo che l’Italia abbia buone probabilità di farcela. Ci sono alcuni fattori extragolfistici che le altre candidature non hanno come, ad esempio, l’attrazione di una città come Roma, tra

Da Roma ci spostiamo nella sua regione, il Veneto. Come sta il golf dalle sue parti? “Credo abbastanza bene. Il Veneto ha un’ottima offerta golfistica con un buon numero di campi ben dislocati sul territorio, dal mare alla pianura, dal lago alla montagna. Credo si possa fare molto di più nell’ambito del turismo golfistico considerando che il Veneto è la regione italiana con il maggior numero di presenze. Mi fa piacere sottolineare, inoltre, l’ottimo lavoro del Comitato Regionale soprattutto a livello giovanile con un’attività molto ben organizzata e seguita. Proprio lo scorso anno il Golf della Montecchia ha ricevuto dal CONI il riconoscimento del ‘Seminatore d’Oro’ per il lavoro svolto con i giovani. Il futuro del golf dipende da loro.”

Nelle fotografie, due scorci panoramici del percorso a nove buche di Terme di Galzignano

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NOTIZIARIO - MEETING

Associazione Italiana Tecnici di Golf

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Una gioia infinita

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di Fabrizio Pagliettini volte capita anche a cinquantanni, sommerso da un mondo che opprime e toglie ogni forma di positività di sentirti proprio così. Sono attimi che ti prendono alla sprovvista e che si manifestano con un brivido sulla pelle e con un sorriso spontaneo… uno di quelli che di “forzato” non hanno nulla, uno di quelli che trasformano l’effetto di una emozione. A me è successo… perché sono un privilegiato. Non mi è stato regalato nulla di speciale, non ho risolto alcun affare positivo e molto delicato, non ho fatto hole in one, non ho scritto la nuova “Vivo per Lei”; ho solo comprato un giornale, in una mattina normalissima e ho letto un articolo relativo ad una intervista ad un ragazzo… Mirko Ghiggeri. La sua frase “L’incontro con Pagliettini mi ha cambiato la vita” mi ha

stordito e reso per un attimo leggero e svolazzante nel mio ufficio solitamente imprigionato dal delirio quotidiano. Cosa c’è di tanto straordinario in un semplice incontro? Aver dato l’opportunità ad un ragazzo in difficoltà, in crisi di identità, ad un ragazzo che in poco tempo stava perdendo la vista che ci consente di affrontare il mondo… di scoprire il golf. Tutto qui? Sì tutto qui. Dal golf è rinata la voglia di agonismo, è tornato il sorriso e con il sorriso la voglia di studiare, di amare, di vivere. Oggi Mirko è un altro uomo e io non ho fatto proprio niente di eccezionale, gli ho parlato di me, del mio mestiere, dello sport che rappresento. Ho fatto quello che facciamo tutti ogni giorno; ho solo scelto, per una volta, di farlo con una persona apparentemente distante dal nostro mondo per poi scoprirlo, in poco tempo, inserito anima e corpo nel mio Circolo, nella mia vita.

Mirko sta girando il mondo giocando a golf, ma sarebbe felice anche se non si fosse mosso da Rapallo. È un testimonial straordinario di una opportunità che FIG e AITG hanno il dovere di far conoscere e divulgare. Per un disabile stare all’aria aperta, avere contatti con la natura, parlare con i compagni di gioco, uscire di casa, prendere coscienza delle proprie potenzialità, fare movimento è tutto. Volete provare una gioia infinita come la mia? Ve la consiglio...

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NOTIZIARIO

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Lo score via telefonino Sys Golf, in collaborazione con Aitg, ha ideato una nuova possibilità di gestire le gare via smartphone. Ecco come funziona

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ar parte della famiglia AITG oggi significa cercare di mettere le proprie capacità a disposizione e a servizio di tutti. Il momento che stiamo vivendo è talmente delicato che richiede la massima collaborazione e il massimo impegno proprio con questa preziosa finalità. Questo vale per gli associati ma anche per gli sponsor che fanno parte di diritto della famiglia. Ecco che nascono di conseguenza sinergie importanti mirate a trovare soluzioni e innovazioni che vadano incontro alle esigenze associative. Una di queste è certamente considerare la difficoltà lavorativa di chi affronta nei suoi rispettivi compiti, con carenza di personale e con orari sempre più impegnativi. Sys Golf ha capito questa situazione e in collaborazione con Aitg ha ideato una nuova possibilità di gestione gare tramite smartphone che consente ai giocatori di compilare lo score direttamente dal proprio telefonino. Il funzionamento è semplicissimo: è sufficiente autenticarsi tramite il proprio numero di tessera e un codice univoco generato dal server Gesgolf e a quel punto il giocatore potrà accedere ad una serie di servizi tra i quali la possibilità di inserire i risultati buca per buca, visualizzare in real time il leaderboard e inviare e ricevere messaggi. Durante lo svolgimento della gara l’app trasmette i risultati alla segreteria del golf club, ed in questo modo gli score non dovranno più essere caricati manualmente ma solo controllati dalle segreterie con evidenti risparmi di tempo e riduzioni delle possibilità di errore. Ritengo si tratti di un primo importante passo che va nella giusta direzione di semplificare la gestione delle gare e il lavoro delle segreterie. f.p.

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BISOGNA RISPARMIARE TEMPO Il Royal & Ancient ha condotto un sondaggio durato sei mesi per capire come sviluppare il golf, quali fattori lo limitano e che azioni compiere per far giocare di pi첫 gli appassionati e attirare nuovi giocatori

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Come diffondere il gioco

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Nella foto, la celebre clubhouse di St Andrews

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Come diffondere il gioco

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di Andrea Ronchi

oyal & Ancient, il più antico e prestigioso organo di governo del golf mondiale, pone una grande attenzione allo sviluppo del golf. Da sempre l’organizzazione con sede a St Andrews profonde un rilevante impegno lavorando a fianco delle 152 organizzazioni di amateur e professionisti del settore mettendo a disposizione di 30 milioni di golfisti in 138 nazioni del mondo la propria esperienza (gli altri, statunitesi e canadesi, si affidano a quella della USGA). Come parte di un ampio progetto, è stata condotta un’indagine che ha coinvolto 122 Paesi ottenendo 56.248 risposte. Il sondaggio è durato sei mesi, da settembre 2014 fino all’inizio di marzo 2015, e tradotto in giapponese, cinese, spagnolo, francese, tedesco e inglese. Per dare omogeneità nei report, i paesi sono stati raggruppati in macro aree così composte: Africa, Asia, Australasia, Europa continentale, Gran Bretagna e Irlanda (GB & I, America Latina e Caraibi, Nord America.

LA DIVISIONE PER AREE DEGLI INTERVISTATI Macro Aree Numero risposte Percentuali AFRICA 323 0,6% ASIA 3339 6,1% AUSTRALASIA 11601 21, 3% EUROPA CONTINENTALE 10165 18,7% GB&I 19228 35, 3% AMERICA LATINA/CARAIBI 647 1, 2% NORD AMERICA 9097 16, 7% TOTALE* 54400 *Ci sono 1848 risposte per le quali non è stato possibile determinare la provenienza.

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Agli intervistati sono state poste molte domande partendo dalla frequenza di gioco per arrivare al tempo impiegato per effettuare un giro. Per comprendere meglio le risposte bisogna però staccarsi dal modello di gioco al quale siamo abituati a pensare in Italia e nell’Europa Continentale, valutando che in Asia e nelle Americhe esiste anche un buon numero di giocatori che praticano il golf per puro divertimento e non necessariamente legati a un golf club. NUMERO DI INTERVISTATI CON HANDICAP DI GIOCO UFFICIALE No Sì Totale AFRICA 14 307 321 ASIA 977 2348 3325 AUSTRALASIA 187 11344 11531 EUROPA 268 9826 10094 GB&I 737 18339 19076 AMERICA L,/CARAIBI 65 579 644 971 8066 9037 NORD AMERICA TOTALE 3219 50809 54028

No(%) Sì(%) 4,4% 95,6% 29,4% 70, 6% 1,6% 98,4% 2,7% 97,3% 3,9% 96,1% 10,1% 89,9% 10,7% 89,3% 6,0% 94,0%

La maggior parte delle persone con handicap di gioco hanno un hcp compreso tra 6 e 20 in tutte le macro aree (oltre il 58%). È importante determinare la tipologia di golfista che è stata intervistata per verificare l’impatto che ha avuto sui risultati. Un altro dato importante è quello scaturito dalla fascia di età prevalente che è stata, in tutte le regioni, da 45 a 64 anni con oltre il 50% di intervistati. Oltre all’età dei giocatori è stato chiesto da quanti anni praticano il golf. Nella tabella si può notare come il golf sia uno sport molto longevo con 8.000 intervistati che hanno dichiarato di praticarlo da oltre 40 anni, con quasi 3.000 addirittura da oltre 50.

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ANNI DI PRATICA <=5 AFRICA 13,4% ASIA 16,6% AUSTRALASIA 7,6% EUROPA 21,6% GB&I 7,5% AMERICA L./CARAIBI 13,6% NORD AMERICA 2,9% TOTALE 9,9%

<=10 19,6% 13,8% 10,7% 25,0% 11,4% 16,1% 6,9% 13,3%

<=20 23,4% 25,5% 21,9% 31,0% 24,9% 26,4% 20,2% 24,6%

>20 43,6% 44,2% 59,8% 22,5% 56,2% 43,8% 70,1% 52,2%

Balza agli occhi il dato del’Europa Continentale dove il 21,6% dei giocatori raggiunti pratica da meno di cinque anni. Ciò denota come nel Vecchio Continente il golf si sia sviluppato in tempi più recenti, così come ci sia una spinta maggiore verso la crescita. I dati dell’Asia denotano uno sdoganamento con relativo sviluppo dello sport che da elitario sta diventando sempre più accessibile.

IN CAMPO La maggior parte dei giocatori al mondo gioca utilizzando il carrello, che sia elettrico o a spinta. Fanno eccezione l’Asia, dove la grande maggioranza di giocatori usa il golf cart, l’Africa e l’area Sud America/Caraibi dove è in voga il caddie grazie alla prevalente pratica legata al turismo e ai costi contenuti per i portabastoni. Interessanti le indicazioni legate al periodo della giornata nella quale i golfisti preferiscono giocare. Mattina presto o metà mattina, quest’ultima spesso scelta a causa dei tempi di spostamento verso il campo, sono i momenti preferiti. Risibili le percentuali del pomeriggio e della sera. La formula di gioco Stableford, a noi tanto cara, è snobbata nelle Americhe e in Asia dove si gioca prevalentemente stroke play. FORMULA DI GIOCO Foursomes Match Mix Stableford Play AFRICA 1,1% 5,4% 21,5% 47,0% ASIA 3,3% 7,6% 6,3% 1,8% AUSTRALASIA 0,2% 0,3% 27,9% 63,3% EUROPA 0,2% 6,6% 18,6% 36,8% GB&I 0,9% 8,3% 33,2% 36,0% AM. L./CARAIBI 10,9% 12,4% 10,7% 4,1% NORD AMERICA 10,5% 4,7% 9,4% 0,9% TOTALE 2,5% 5,6% 23,5% 34,0%

Stroke Play 25,1% 81,0% 8,3% 37,7% 21,6% 62,0% 74,5% 34,4%

Sebbene il golf sia uno sport individuale quasi nessuno gioca da solo. Europa Continentale a parte, dove il 17% dei golfisti gioca in gruppi di due, oltre il 90% dei giocatori al mondo scende in campo in gruppi di tre o quattro giocatori. L’Europa Continentale, come detto, rappresenta un’eccezione e quattro è il numero perfetto nel golf. Agli intervistati è stato chiesto anche il numero medio di giri che effettuano in un anno. GIRI DI GOLF IN UN ANNO PAESE N° GIRI IN UN ANNO MEDIA A SETTIMANA AFRICA 100 2 30 0,5 ASIA AUSTRALASIA 100 2 EUROPA 50 1 GB&I 100 2 AMERICA L./CARAIBI 100 2 50 1 NORD AMERICA TOTALE 100 2 È stata chiesta la finalità del gioco nei giri effettuati nel corso dell’anno. Le possiblità erano: fuori gara, divise in competitive o per puro divertimento, o in gare di circolo o simili. TIPOLOGIA DI COMPETIZIONE FUORI GARA FUORI GARA (competitiva) (divertimento) AFRICA 39, 4% 22, 8% ASIA 35, 7% 47, 3% AUSTRALASIA 18, 9% 14, 0% EUROPA 44, 0% 37, 3% GB&I 42, 6% 26, 6% 41, 9% AMERICA L. E CARAIBI 51, 0% NORD AMERICA 53, 0% 47, 5%

GARA 51, 9% 28, 4% 80, 8% 32, 0% 43, 7% 25, 6% 16, 9%

La quasi totalità dei golfisti preferisce giocare 18 buche e, solo nell’Europa Continentale la partita su nove buche raccoglie il 15% dei favori.

TEMPO IMPIEGATO La prossima tabella meriterebbe un capitolo a sé perché tratta i tempi di gioco per completare 18 buche. Il Regno Unito è l’unica area che fa eccezione con la maggior parte delle partite che scende sotto le quattro ore di gioco. La maggior parte dei giocatori impiega tra le quattro e quattro ore e 30 minuti.

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20 ORE IN CAMPO AFRICA ASIA AUSTRALASIA EUROPA CONTINENTALE GB&I AMERICA LATINA E CARAIBI NORD AMERICA TOTALE

2 - 2,5 1, 8% 9, 6% 0, 3% 1, 5% 0, 3% 1, 3% 0, 4% 1, 0%

2,5 - 3 3, 6% 2, 5% 0, 7% 3, 6% 3, 0% 2, 4% 1, 8% 2, 3%

Di fatto al variare del mezzo che si sceglie per accompagnare i bastoni nelle 18 buche (caddie, carrello o cart) il tempo impiegato non cambia. Pare che la velocità di gioco sia più legata alla cultura golfistica dei giocatori piuttosto che ai vettori. Inoltre la quasi totalità di quanti lo ricordano, quando hanno iniziato a giocare si aspettavano di impiegare il tempo che poi effettivamente viene utilizzato nella propria area. I giocatori non hanno avuto la percezione che il tempo di gioco è aumentato rispetto a quando erano neofiti, nonostante lo sia il loro livello. Questa equazione, miglior livello di gioco stesso tempo impiegato, significa che il gioco viene rallentato con il passare degli anni. Le differenti formule di gioco comportano però tempi differenti. I dati che sono stati analizzati, in questo caso, non sono divisi per macro aree bensì tengono presenti il totale dei giocatori. Stroke play e Stableford hanno tempi di gioco maggiori rispetto al match play. In media un giro giocato a buche permette di risparmiare 13 minuti per ciascun giro. Sorprendentemente la formula stoke play è, seppur lievemente, più rapida di quella Stableford. L’analisi ha anche preso in considerazione i tempi di percorrenza delle diverse fasce d’età. I più rapidi sono i ragazzi dai 18 ai 24 anni, con 3 ore e 45, seguiti da quella dai 25 ai 34 con 3 ore e 52. Inoltre gli uomini sono più veloci delle donne, seppur mediamente di soli tre minuti.

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3 - 3,5 5, 4% 4, 6% 4, 0% 14, 1% 22, 5% 7, 4% 9, 7% 13, 5%

3,5 - 4 18, 1% 18, 0% 21, 3% 34, 1% 47, 8% 24, 9% 34, 6% 35, 2%

4 - 4,5 48, 6% 36, 0% 60, 3% 36, 1% 24, 4% 38, 3% 46, 7% 39, 2%

4,5 - 5 19, 9% 20, 0% 12, 7% 9, 2% 1, 9% 21, 1% 6, 1% 7, 6%

5 - 5,5 1, 8% 6, 5% 0, 8% 1, 4% 0, 1% 3, 6% 0, 6% 1, 0%

TEMPI DI GIOCO PER FORMULE Match Play Mix Stableford Stroke Play 2,0-2,5 ore 0,9% 0,4% 0,5% 2,1% 2,5-3,0 ore 3,9% 2,2% 1,3% 3,2% 3,0-3,5 ore 20,9% 15,9% 9,7% 14,3% 3,5-4,0 ore 39,8% 39,6% 32,6% 34,3% 4,0-4,5 ore 28,1% 35,8% 45,8% 36,2% 4,5-5,0 ore 5,7% 5,4% 9,3% 7,9% 5,0-5,5 ore 0,6% 0,5% 0,9% 1,4% Oltre 5,5 ore 0,1% 0,1% 0,0% 0,5% Media 3: 48 3: 53 4: 01 3: 54 Media (GB&I) 3: 38 3: 43 3: 49 3: 41

>5,5 0, 7% 2, 8% 0, 1% 0, 1% 0, 0% 1, 1% 0, 1% 0, 2%

Totale 1,1% 2,4% 13,4% 35,2% 39,1% 7,6% 1,0% 0,2% 3: 56 3: 44

Agli intervistati è stato chiesto se sono generalmente soddisfatti con la quantità di tempo necessario per giocare a golf. La maggioranza ha risposto positivamente dividendosi tra i sempre felici (4,3%) e i felici la maggior parte del tempo (64,6%). Il resto degli intervistati erano o volte felici (27,1%) o mai felici (4,0%). Non sorprende che i “mai felici” impieghino oltre 4,5 ore per concludere il loro golf. Nonostante il risultato positivo, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato che giocare in meno tempo migliorerebbe la loro esperienza di gioco (60,1%). Allora ci si è focalizzati all’identificazione della quantità di tempo che, se risparmiato, li soddisferebbe. Ecco il risultato.

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Come diffondere il gioco QUANTO TEMPO IN MENO VI FAREBBE GIOCARE DI PIÙ Sempre La maggior parte delle volte Non fa differenza 83,8% 64,1% Fino a 20 min. 6,2% 11,7% 21-39 min. 5,6% 18,0% 40-59 min. 2,5% 4,0% 60 – 90 min. 1,2% 1,5% Più di 90 min. 0,7% 0,6% Numeri 2.072 31.273 Percentuale 4% 65%

Qualche volta

Mai

Totale

24,1% 9,9% 41,8% 18,3% 4,8% 1,0% 13.121 27%

11,1% 4,5% 31,0% 34,2% 15,2% 4,1% 1.964 4%

52,0% 10,7% 24,5% 9,1% 3,0% 0,8% 48.430 -

48.430 giocatori hanno risposto sia alla domanda “Sei generalmente soddisfatto del tempo impiegato per il gioco?” che alla seguente “Quanto dovrebbe essere più corto un giro per convincerla a giocare maggiormente?”. Gli intervistati hanno anche provato a individuare le cause che maggiormente influenzano il gioco lento. In generale le colpe sono state attribuite ai golfisti stessi per poca educazione, citando una scarsa conoscenza dell’etichetta, poi si è passati al giocare male e al-

la pre-shot routine tra gli aspetti più frequenti. Nel Nord America, la causa più frequentemente citata è stata che giocatori tendono a giocare campi troppo difficili per le loro capacità; questo indica la correttezza della campagna della USGA “Tee It Forward”, attraverso la quale si invitano i golfisti a utilizzare i battitori avanzati.

FREQUENZA DI GIOCO Agli intervistati è stato chiesto quali fattori hanno impedito loro di giocare maggiormente a golf. Globalmente le due opzioni più gettonate sono stati impegni di lavoro e impegni familiari. Le risposte possono venire analizzate sia per aree che per fasce d’età e danno, ovviamente, riscontri differenti. Il tempo necessario per fare 18 buche è stato il terzo fattore nella lista deterrente nell’analisi dei dati a livello globale. Il fattore “costo del gioco” ha avuto riscontri importanti solo per gli asiatici mentre è irrisorio all’interno di GB & I (2,2%). Le femmine portano gli hobby alternativi (17,7%) più frequentemente rispetto ai maschi (11,4%) come fattore che impedisce loro di giocare più a golf.

FATTORI CHE IMPEDISCONO DI GIOCARE MAGGIORMENTE Impegni Impegni Hobby Età di lavoro familiari alternativi AFRICA ASIA AUSTRALASIA EUROPA CONTINENTALE GB&I AMERICA LATINA E CARAIBI NORD AMERICA TOTALE

41,4% 35,5% 33,9% 37,7% 33,5% 37,7% 28,8% 33,9%

26,2% 14,9% 32,1% 26,1% 32,5% 26,6% 26,2% 28,8%

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9,0% 5,9% 13,2% 9,8% 14,5% 7,9% 12,7% 12,3%

Costo Costo Difficoltà del gioco dell’attrezzatura 9,5% 28,5% 5,6% 7,4% 2,2% 9,8% 11,5% 7,2%

0,7% 2,7% 0,5% 0,4% 0,4% 0,6% 0,8% 0,6%

0,5% 2,0% 1,4% 0,6% 1,5% 0,7% 1,1% 1,2%

Tempo di gioco 12,7% 10,5% 13,4% 18,0% 15,6% 16,6% 19,0% 15,9%

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22 Ed ecco come appaiono i dati se analizzati per fasce d’età. I pensionati hanno meno impegni lavorativi ma sale la percentuale di quelli famigliari. Le persone over 75 hanno riscontrato anche difficoltà fisiche nel giocare. Ovviamente le risposte degli impegni lavorativi, nelle fasce d’età 12/17 e 18/24 anni, includono anche gli impegni scolastici. GLI IMPEGNI ANALIZZATI PER FASCIA D’ETÀ Impegni Età di lavoro 12 - 17 18 - 24 25 - 34 35 - 44 45 - 54 55 - 64 65 - 74 75 e oltre

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26, 8% 40, 4% 37, 8% 38, 1% 43, 0% 36, 3% 12, 3% 7, 0%

Impegni familiari

Hobby alternativi

16, 3% 11, 4% 24, 0% 31, 0% 28, 0% 27, 0% 35, 1% 35, 9%

18, 6% 14, 6% 9, 4% 6, 1% 6, 9% 13, 1% 24, 9% 25, 5%

Costo Costo Difficoltà del gioco dell’attrezzatura 7, 4% 10, 0% 8, 9% 7, 3% 6, 3% 6, 9% 7, 8% 8, 2%

2, 9% 2, 4% 1, 1% 0, 7% 0, 5% 0, 4% 0, 6% 0, 7%

1, 9% 1, 8% 0, 7% 0, 4% 0, 6% 1, 0% 2, 6% 7, 4%

Tempo di gioco 26, 0% 19, 4% 18, 1% 16, 4% 14, 7% 15, 2% 16, 8% 15, 3%

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Come diffondere il gioco EFFETTI DEL TEMPO SULLA FREQUENZA DI GIOCO A questo punto agli intervistati è stato chiesto se, giocare in minor tempo, gli farebbe aumentare il numero delle proprie partite. Il 60,1% degli intervistati mondiali ha risposto positivamente, il 26,4% ha risposto di no mentre per il restante 13,5% non farebbe alcuna differenza. Ma quanto in meno dovrebbe durare il giro per influenzare la loro frequenza di gioco? Circa un quarto degli intervistati ha risposto che vorrebbe ri-

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sparmiare da 21 a 39 minuti per ogni giro (cioè circa 2 minuti per buca) per migliorare la loro frequenza di gioco. A questo punto l’analisi dei risultati si è concentrata sul risparmio in proporzione al tempo impiegato. La maggior parte di quanti impiegano da 4 a 4 ore e mezza non cambierebbe la propria frequenza di gioco al variare del tempo, però il 26,7% di essi lo farebbe se si risparmiassero da 21 a 39 minuti. Questa percentuale sale al 30,3% se si valutano i giocatori che impiegano mediamente mezz’ora in più.

CAMBIERESTE IL NUMERO DI PARTITE GIOCATE SE POTESTE RISPARMIARE TEMPO Tempo di gioco 2,0- 2,5 2,5- 3,0 3,0- 3,5 3,5- 4,0 4,0- 4,5 Non farebbe la differenza 272 638 3821 9737 9364 1-20 minuti 121 153 831 1891 1929 21-39 minuti 80 203 1346 3944 5075 40-59 minuti 20 82 360 1042 1909 1 ora - 1 ora 30 minuti 15 40 114 326 580 Più di 1 ore 30 minuti 9 10 29 84 129 Totale 517 1126 6501 17024 18986

4,5- 5,0 1192 208 1121 826 278 75 3700

5,0- 5,5 115 20 73 136 78 44 466

>5, 5 41 8 13 13 6 29 110

Il risparmio di tempo è stata la risposta maggiormente indicata (oltre 80%) a livello mondiale alla domanda: “Lei si divertirebbe maggiormente giocando a golf se...”. E come abbiamo visto nella tabella della pagina a sinistra, oltre un quarto dei giovanissimi (26,0%) hanno segnalato il tempo come fattore che impedisce di giocare maggiormente, al pari degli impegni di studio. Partendo dalle indicazioni ricevute ora il Roya & Ancient, insieme alla USGA (United States Golf Association), studierà soluzioni per aumentare la partecipazione e rendere più attuale il gioco.

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ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO

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Investire per superare la crisi

Un’altra opportunità per il golf gestita da ICS

IL NUOVO FONDO DI GARANZIA PER L’IMPIANTISTICA

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opo una lunga attesa ed un iter legislativo piuttosto articolato, il Fondo di Garanzia per l’impiantistica sportiva gestito dall’Istituto per il Credito Sportivo (ICS) è finalmente divenuto operativo. Con il decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, meglio conosciuto come “Decreto Sviluppo”, convertito nella legge n. 134 del 2012, di modifica all’articolo 90 della Finanziaria 2003 (legge 289/2002) istitutivo del Fondo per la fornitura di garanzia per i mutui contratti per l’impiantistica sportiva, sono state introdotte alcune importanti novità che ne hanno reso possibile l’operatività. L’articolo 64 del suddetto decreto ha previsto sia la trasformazione del Fondo in un fondo di garanzia non più sussidiaria a quella ipotecaria, per garantire finanziamenti finalizzati alla costruzione, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi e attrezzature, compresa l’acquisizione delle relative aree, sia la possibilità di ammissione al Fondo di società e associazioni sportive, comprese quelle non riconosciute, e di ogni altro soggetto pubblico e privato che persegua anche indirettamente finalità sportive. Il decreto firmato il 24 dicembre 2014 dall’On. Graziano Delrio, allora Sottosegretario con delega allo Sport, ha dato avvio alla operatività del Fondo, approvando i Criteri di Gestione del Fondo di Garanzia proposti dall’ICS, d’intesa con il CONI.

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Ai sensi del Regolamento sulle modalità di Gestione del Fondo di Garanzia che ne disciplina l’applicazione pratica, i soggetti beneficiari sono: a) le società sportive e ogni altro soggetto che persegua anche indirettamente finalità sportive e che rientri nella definizione di PMI (microimprese, piccole e medie imprese); b) gli enti del settore pubblico che perseguano, anche indirettamente, finalità sportive (ad esempio le Università) con l’esclusione degli enti pubblici territoriali; c) le associazioni, le fondazioni e gli enti morali che, senza scopo di lucro, perseguano anche indirettamente finalità sportive. Tutte le realtà che operano nel golf, dai circoli costituiti quali Associazioni Sportive Dilettantistiche e Società Sportive Dilettantistiche, alle Società di Capitali (s.p.a., s.r.l., ecc.) ed altre società che gestiscono o detengono impianti di golf (immobiliari), rientrano nell’ambito di operatività del Fondo di Garanzia e possono beneficiare della garanzia da questo prestata. In rapida sintesi, il “funzionamento” del Fondo di Garanzia può essere cosi riassunto:  La richiesta di ammissione deve essere inoltrata all’ICS-Gestore del Fondo dalla banca (la banca richiedente, come lo stesso Istituto per il Credito Sportivo, che è il principale riferimento per il finanziamento delle infrastrutture sportive) che finanzia l’inve-

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La sede principale dell’Istituto per il Credito Sportivo, in via Giambattista Vico, a Roma stimento sull’impiantistica promosso da uno dei soggetti sopra indicati (il soggetto beneficiario finale).  Il mutuo a medio e lungo termine per cui si chiede la garanzia del Fondo deve avere durata non inferiore a 18 mesi e non superiore a 15 anni. I lavori dovranno avere inizio dopo la presentazione alla banca della domanda di finanziamento.  La misura massima della garanzia prestata dal Fondo è massimo del 60% dell’ammontare del finanziamento concesso al beneficiario. Tale percentuale può essere elevata fino all’80% in caso di operazioni in partenariato pubblico/privato (impianti su aree Comunali in concessione a privati), ai sensi degli artt. 143 e 153 del Codice dei contratti pubblici. Sulla parte del finanziamento non garantita il mutuatario beneficiario del Fondo dovrà prestare garanzie ipotecarie, fideiussorie a prima richiesta o altre garanzie.  Uno stesso soggetto beneficiario può fruire dell’intervento del Fondo anche per più operazioni, purché l’importo

massimo garantito complessivo non sia superiore alla somma di 1.500.000,00 Euro. Il Fondo di Garanzia gestito dall’Istituto per il Credito Sportivo rappresenta una straordinaria opportunità per tutti coloro che sono interessati ad investire nel golf sulla base di un progetto e di un piano economico-finanziario sostenibili, con ricorso al credito ma non adeguatamente assistiti sotto il profilo delle garanzie. Una opportunità da cogliere per interventi sul campo, sulla club house, per il parco macchine per il campo e per i golf carts, e altro ancora. Un ulteriore strumento pubblico di sostegno allo sport in genere ed anche al golf gestito dal Credito Sportivo, banca pubblica specializzata. Carlo Manca Per ulteriori informazioni consultare l’indirizzo web: www.creditosportivo.it/fondo_di_garanzia/fondo.html oppure rivolgersi a: NUMERO VERDE 800108911 infofondodigaranzia@creditosportivo.it

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Perugino, 54 anni, è Direttore di UNA Poggio dei Medici Golf Club, le meravigliose 18 buche del Mugello. Segue la vita sportiva, la manutenzione del campo, la promozione turistica anche sul mercato internazionale in sinergia con la direzione alberghiera. Le tappe della carriera: Perugia, Antognolla, San Domenico e ora il resort toscano

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di Roberto Zoldan

andicap attorno all’1. Quando aveva dieci anni, l’età dei primi stupori e delle prime avventure, entrò nel circolo di Perugia sulle orme dello zio, greenkeeper e guardiano, che viveva all’interno del circolo appena fondato (1959). Col cuginetto andava di nascosto in campo pratica la sera inoltrata, quando tutti se n’erano andati, a lanciare palline nelle penombre delle brevi notti estive. Frequenta qui la piccola grande-scuola del fai da te, che gli mette il golf nel sangue. Ora Loris Vento è Direttore di UNA Poggio dei Medici Golf Club, le meravigliose 18 buche di Scarperia, nel Mugello, appenino tosco-emiliano. UNA Hotels ha quattro grandi alberghi a Firenze e 15 in tutta Italia. Nato a Corciano, vicino Perugia, il 23 ottobre del 1960, Loris esordisce quindi da fanciullo nei saperi, alti e bassi, nelle gioie e fatiche che segneranno la sua vita di giocatore e di manager. Per andare in campo allora ci voleva qualche quattrino che il ragazzo non aveva: decise di fare il caddie, come accedeva a molti della sua generazione. “Come nel film Il più bel gioco della mia vita di Bill Paxton”, ricorda.

Lei è un ottimo player: ci parli delle grandezze e delle miserie del dilettante medio. Mi piacerebbe vedere in campo gente più sportiva, cioè amante del bel gioco. Purtroppo in questi ultimi anni si sta assistendo a un impoverimento del mitico Spirito del golf, quello che accompagna anche il piacere di una semplice partita tra amici: oggi la tecnologia, la televisione e i media in generale fanno vedere tanto e troppo golf soltanto professionistico. Mi sembra che il gioco stia diventando uno sport estremo. Il gesto tecnico elegante, il colpo di classe lasciano il posto al colpo eccezionale, il driver di 350 metri di Tizio è più spettacolare di un bel colpo di recupero giocato con intelligenza tattica o con fantasia. Per dirla con un esempio, il driver di Rory e più apprezzato del famoso colpo di recupero di Severiano. E il dilettante si adegua, alla ricerca continua di attrezzature che facciano fare alla palla tre centimetri in più. Ma a che serve per godere delle gioie del golf? E poi si vuole tutto e subito. Chi comincia vuol andare subito in campo, giocare duro, tirare senza avere una minima base di swing, di nozioni sul gioco. Ma la cosa peggiore è l’ignoranza (nel senso proprio di ignorare) delle regole. C’è poi chi le conosce soltanto a memoria, senza saperle metterle in pratica, e in campo costui è quasi peggio! A volte sorrido, a volte mi viene grande tristezza perché il giocatore ottuso o negligente non sa che cosa perde non conoscendo il vero golf. Ci parli della gestione sportiva: problemi, attenzioni ai soci e agli ospiti del nord che vengono qui in vacanza golfistica. C’è la parte sportiva e quella alberghiera. Io sono direttore sportivo, seguo anche la gestione del campo, e Luca Giuliano è direttore del resort UNA Poggio dei Medici; abbiamo collaborazione totale e sinergica. Attorno c’è la verde vallata del Mugello, vicino il borgo medievale di Scarperia e in poco tempo da qui si arriva a Firenze, Siena, San Gimignano, Volterra e Lucca. Santuari del turismo. Qui c’è un clima estivo perfetto. Sul campo si affacciano 70 camere ricavate dal restauro di antichi casali, terrazze, ristorante, 10 sale riunioni, centro benessere, palestra e due piscine esterne. Fairway e green, attrazione primaria per tutti coloro che vengono qui, sono tenuti in ordine grazie alla buona manutenzione ordinaria e straordinaria. È l’impegno più importante. Il golfista nordico non fa sconti: il fairway lo vuole sempre perfetto. Ora ci proponiamo di aumentare la base sociale, che attualmente conta 150 soci. Siamo ottimisti, perché abbiamo un percorso tra i più belli d’Italia e perché il golf sta diventando sempre più popolare, anche in Mugello. L’aumento dei soci ci consentirà la gestione del circolo in un’ottica a più lungo termine.

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I N T E R V I S TA

Loris Vento

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SCRATCH IN CAMPO E ALLA SCRIVANIA

A sinistra Loris Vento e, in questa immagine, uno scorcio del percorso di Poggio dei Medici (Firenze), di cui è direttore dal 2006

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In alto e nella pagina accanto, due immagini di Poggio dei Medici. A destra, Loris Vento sullo Swilcan Bridge a St Andrews, qui sopra insieme a Gary Player e con il presidente Chimenti e Donato Di Ponziano Maestri di golf e maestri di vita. Quali furono i suoi? Tra i maestri che ho avuto modo di conoscere posso citare gli indimenticabili Pietro Manca e Ugo Grappassonni, padre del grande Silvio voce di Sky, che ha preso il posto dell’indimenticabile Mario Camicia, per tutti promotore del Grande Golf di Canale 5. Conobbi Mario da giovane, quando frequentava a Perugia la facoltà di lettere e, ottimo giocatore, veniva spesso in campo pratica. Tra gli altri maestri di golf che hanno segnato il mio percorso agonistico devo citare Angelo Zito, che fu il primo a darmi i rudimenti veri per un buon movimento e poi Roberto Paris che con pazienza mi fece fare un salto in avanti fino a raggiungere hcp scratch. Ho giocato con Roberto Bernardini, mito dei miei tempi, e con Massimo Mannelli altro mostro sacro del nostro golf, vincitore dell’Open d’Italia ‘80. Un discorso particolare meriterebbe il più grande testimonial del golf italiano, Costantino Rocca, di cui sono con orgoglio grande amico. Parlo del mio amico Tino. Abbia-

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mo condiviso grandi momenti di estasi e soddisfazioni sportive e di vita, ma anche di dolore e frustrazione, sempre però con dignità e coraggio. Non mi stancherò mai di dire grazie a Costantino Rocca per avermi considerato un fratello e trattato sempre come tale, duri rimproveri compresi. Conosco e frequento la sua meravigliosa famiglia. Il golf italiano avrebbe dovuto essergli riconoscente e mi auguro ci sia ancora tempo per capire che cosa è stato Costantino per il nostro golf. All’estero, dove il mondo del golf è più forte e attento, Tino è stato ed è un mito. Qui al Poggio ho passato tre giorni intensi con Gary Player, generoso dispensatore di consigli tecnici e di emozioni in campo e nella vita. Ricordo la sua capacità di affabulare, gli aneddoti sui personaggi della grande macchina golfistica Usa: il sudafricano Gary è persona davvero unica, di straordinaria simpatia e umanità. Con Nicklaus e Palmer rese il golf popolare ovunque.

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I N T E R V I S TA

Loris Vento

Passiamo dalle competizioni al lavoro di oggi. La capacità di stare sul campo arricchisce le competenze nel gestire un circolo come il vostro. Dopo una carriera agonistica soddisfacente con alterni risultati, sono entrato a lavorare nel mondo del golf tra l’85 e l’87. Frequentavo il circolo di Perugia e in quel periodo si concretizzò il progetto di ampliamento del campo da 9 a 18 buche. L’allora dirigenza mi chiese di farmi carico del coordinamento e dell’organizzazione dei lavori. Seguivo anche il lavoro di Segreteria mentre portavo a termine il progetto intorno ai primi anni ‘90. Cominciai a dedicarmi a tempo pieno alla gestione amministrativa e sportiva del circolo, compresa l’organizzazione del primo Perugia Open del Challenge Tour 1993. Pochi anni dopo passai alla direzione sportiva e commerciale dell’Antognolla Golf Club, sempre in Umbria. Dal 2002 al 2005 sono stato direttore del San Domenico Golf Club in Puglia: passai da un Member’s Club a un golf turistico-com-

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merciale come quello della splendida Masseria San Domenico. Gestione e aggiornamento messi insieme: lì facevo la prova sul campo di ogni miglioramento e nel frattempo andavo in giro per il mondo per saperne di più. Negli eventi internazionali di settore stabilii rapporti commerciali e interattivi con tour operator, visitai cinque grandi fiere IGTM (International Golf Travel Market) e credo di essere uno dei primi che abbia ampliato le competenze di Segretario di circolo con quelle della Direzione commerciale. Al San Domenico ho anche organizzato eventi golfistici di interesse nazionale e internazionale tra cui le Finali di circuiti di primo livello per dilettanti e per Professionisti, un campionato nazionale Pga, un campionato nazionale Open e il primo Gran Final del Challenge Tour per l’European Tour. Dal 2006, all’UNA Poggio dei Medici Golf Club mi occupo della direzione sportiva e dei clienti settore golf in collaborazione con il reparto Sales dell’Hotel. Nove anni impegnati nella pro-

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I N T E R V I S TA Loris Vento

mozione del resort situato in un territorio con peculiarità ambientali e turistiche di primo piano, valorizzando la promozione delle opportunità che offrono Firenze e la Toscana insieme alla pratica del golf. Chi arriva dal nord Europa con la sacca in spalla dopo aver giocato qui vuole consigli per i campi della regione. E noi li consigliamo dopo averli fatti arrivare e aver loro garantito un ottimo soggiorno. Chianti classico a tavola la sera a lume di candela e 18 buche ogni mattina su un campo spettacolare. Abbiamo sviluppato progetti di promozione con fiere di settore sia da soli sia in collaborazione con Toscana Promozione e il Consorzio Toscana Golf. Sotto il profilo sportivo abbiamo organizzato Finali nazionali di primo livello e campionati nazionali vari della Federazione, un Open dell’Alps Tour nel 2007 e tre Open del Challenge Tour nel 2010, 2011 e 2013. Volevamo far conoscere all’estero sia il Resort che il Mugello e, in collaborazione con la Regione Toscana, abbiamo organizzato il Mugello Tuscany Open, una prestigiosa vetrina internazionale. In ambito nazionale abbiamo dato vita a un grande circuito (quest’anno alla sesta edizione): l’UNA Golf Cup, del quale sono ideatore, organizzatore e direttore, e che quest’anno toccherà 14 club tra i più prestigiosi in Italia. Che tipo di sviluppo prevede per un resort come questo? In questi anni UNA Hotels & Resorts ha svolto un ruolo importante nella promozione del golf e del territorio del Mugello a livello italiano e internazionale, utilizzando il golf come strumento di marketing territoriale. Ci siamo dati da fare anche

a livello locale per portare i residenti a scoprire questo sport, finora considerato erroneamente un’opportunità elitaria per il tempo libero. Grazie al Comune di Scarperia siamo usciti dal campo da golf, per avvicinare al green i bambini delle scuole e gli adulti. Organizziamo eventi con mini corsi, abbinati ad aperitivi e merende per far conoscere anche la bellezza del nostro campo e della struttura UNA Poggio dei Medici, dotata di una grande piscina e di Centro benessere, a chi trascorre i caldi fine settimana estivi in Mugello. Loris, ci parli dei circoli toscani e del turismo golfistico nella regione-mito italiana. I bilanci e i green fees. Il potenziale del golf in Toscana è stato scoperto da non molto dagli enti di promozione turistica, che qui hanno molteplici appeal da sfruttare come l’arte, la cultura, l’enogastronomia, mare-montagna, terme-benessere, ecc.. Toscana Promozione in collaborazione con il Comitato Regionale FIG promuove con determinazione i campi da golf toscani, partecipando a fiere di settore all’estero, dedicate sia a tour operator che al golfista individuale. Il nostro circolo lavora in particolare sinergia con gli altri campi dell’area fiorentina per offrire al turista più percorsi, requisito essenziale per essere concorrenziali rispetto ad altre destinazioni italiane ed estere. Dal 1997 siamo presenti con UNA Hotels & Resorts alla più importante manifestazione internazionale del settore, l’IGTM. Ci presentiamo al mercato specializzato. E i green fee turistici, si sa, danno una forte mano all’equilibrio dei bilanci.

La buca 1 del San Domenico, dove Loris Vento ha lavorato fino al 2005 prima di trasferirsi a Poggio dei Medici

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FORE!

Donato Di Ponziano

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Per un serpente morto

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uardava la sua azienda crescere, era orgoglioso del lavoro che aveva fatto. Anche lui avrebbe finalmente potuto trasferire ai posteri un risultato tangibile. La responsabilità di valorizzare ciò che suo nonno e suo padre avevano costruito, in più di 100 anni di attività nel mondo della meccanica di precisione, lo aveva impegnato prendendogli ogni energia possibile. La sua laurea in ingegneria delle nanotecnologie industriali, presa con il massimo dei voti e la lode, era stata un’occasione per dimostrare di meritare qualche anno prima l’entrata in azienda. L’avevano messo subito ad occuparsi della riorganizzazione del reparto ricerche. Lo studio dei nuovi prodotti era un’attività da cui dipendeva il futuro sviluppo del business. In poco tempo il nostro ingegnere era diventato un riferimento non solo per tutto il management aziendale, ma il suo metodo di lavoro e le sue scoperte rappresentavano ormai un bagaglio di conoscenza che era stato messo a disposizione di tutto il comparto industriale. Tant’è che non passava giorno che non ricevesse una richiesta di intervento, qualche volta persino dai suoi diretti concorrenti: un motivo di grande orgoglio di cui lui in verità non perdeva occasione per vantarsi. Piccola debolezza ma assolutamente accettabile. Le cose quindi funzionavano a meraviglia: nel frattempo si era sposato, aveva messo su famiglia e si era iscritto al circolo di golf vicino alla fabbrica. Sfruttava ogni occasione possibile per riuscire a scappare dal lavoro e dedicare quanto più tempo possibile tempo alla pratica. La sua passione per la tecnica e per le peculiarità dello swing lo affascinavano, a dimostrazione della sua preferenza per l’analisi più approfondita delle cose. Ma una prova ancora, tra quelle che la vita gli aveva già presentato, doveva ancora superarla: l’ottenimento dell’handicap, quel patentino che permette di entrare a far parte nella grande famiglia dei golfisti. “Imparare lo swing, prova in campo ed esame delle regole ”: questi erano al momento i suoi obiettivi al di là del lavoro. Il giorno della prova per diventare un “vero” golfista arrivò in una tiepida giornata di primavera. Si sentiva emozionato almeno come il giorno della discussione della sua tesi davanti al magnifico rettore ed ai suoi genitori. Si chiedeva se il tutto fosse veramente l’espressione di un piacere oppure, come più gli sembrava, una specie di prova da sforzo dal risultato incerto. Tee della buca 1 con tutti i muscoli che facevano fatica a rispondere all’invito dello swing. Risultato iniziale il solito top da emozione dentro il cespuglio di sinistra, quello finale 30 colpi Stableford, troppo pochi per passare la prova di gioco. E pensare che non c’era stata occasione, nelle ultime 20 volte in cui aveva provato il campo, che non avesse portato a casa almeno 38 punti. Nel frattempo però vale la pena almeno dare l’esame “teorico”. Commissione regole riunita in pompa magna e domanda fatidica: “La sua palla finisce in bunker. Lei si accinge a giocare un colpo e trova vicino alla palla un serpente morto, come si comporta?” L’ingegnere vorrebbe rispondere che se mai accadesse se la darebbe comunque a gambe; in seconda battuta gli verrebbe da dire che di serpenti in quel circolo non se ne sono mai visti, ma è consapevole che la domanda necessita di una risposta tecnica. Ci pensa un po’ su ma non riesce a dire nulla che gli pare abbia un senso golfistico. Gli viene solo da dire che gli parrebbe opportuno

chiamare il greenkeeper. Ma non c’era una domanda più realistica rispetto al gioco? Niente, tempo scaduto: era un impedimento sciolto e l’ingegnere, con la sua bella laurea in nanotecnologie industriali, è caduto sul serpente come la signora Longari di Mike Bongiorno cadde sulla domanda dell’uccello. Niente 36 di handicap, niente patente da golfista vero e forse niente golf, solo un “ritenti sarà più fortunato”. La storia è una mia invenzione, o meglio lo sono i contenuti descrittivi del personaggio. Non è invece frutto della fantasia il fatto che ancora oggi, con tutti i problemi che il golf italiano deve affrontare per crescere ed aumentare il numero dei suoi praticanti, per fare fronte ad una crisi che inevitabilmente fa soffrire i circoli di tutta l’Italia, nessuno escluso, l’accesso al gioco passi attraverso inutili deterrenti. Mettendo da parte un po’ di quella tendenza in vigore da troppo tempo di “selezionare” quando non serve o peggio ancora di “chiudere”, applicando metodi che nulla hanno a che vedere, come qualcuno sostiene, con il mantenimento ed il rispetto dello “spirit of the game”, forse la ripresa sarebbe più semplice, forse i numeri aumenterebbero, forse meno persone in attesa “dell’esame” mollerebbero il gioco. Sarebbe una scelta auspicabile, intelligente e dimostrerebbe una dose di buon senso che sull’argomento sembra spesso mancare. Se vogliamo applicare la strategia migliore a favore della rispettabilità e del valore del nostro sport, concentriamoci invece nel perseguire chi ruba in campo o chi con il proprio comportamento mortifica il golf con i suoi valori. Istruiamo i nostri apparati giudicanti sul significato vero da parte di chi gioca del rispetto totale delle regole e sull’importanza che questo venga opportunamente trasferito ai più giovani. Meglio un giocatore onesto in più rispetto ad un altro che, pur sapendo che un serpente morto è un impedimento sciolto, si dimentica di contare tutti i colpi.

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A colloquio con Dana Garmany, ammistratore delegato della società che, con la conduzione di 250 percorsi sparsi tra America, Asia, Europa e Africa, è il gruppo manageriale di golf più importante del mondo

25 ANNI DI SUCCESSI

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In apertura, la buca 9 del Saadiyat, splendido percorso di Gary Player gestito da Troon Golf ad Abu Dhabi, come il campo che porta il nome della capitale degli Emirati (a destra, in alto, la 18 con la clubhouse sullo sfondo). Qui sopra Dana Garmany, amministratore delegato del gruppo con sede in Arizona e, in basso, la 16 di Las Colinas, percorso disegnato da Cabell Robinson a poca distanza da Alicante, in Spagna

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di Federica Rossi

na grande donna, Eleanor Roosvelt disse che “il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”. Bene. Possiamo certamente affermare che un certo signore, a molti sconosciuto, Dana Garmany, prese alla lettera questa frase quando, nel 1990, decise di fondare una società che rivoluzionò il settore dei campi da golf pubblici. Stiamo parlando del Troon Golf, concetto rivoluzionario che, in poco più di 25 anni, è riuscito ad abbracciare tutto il mondo con più di 250 percorsi e 10.000 dipendenti. “Era un modello di business - ci ha detto il CEO di Troon, Dana Garmany - incentrato sulla gestione di percorsi pubblici di alto livello basati su ospitalità, creatività, principi del servizio al cliente calibrati e di altissimo profilo”. Signor Garmany, com’è nata l’idea di Troon Golf? “Ho sempre desiderato avere cinque campi da golf da gestire e

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poi, quando sono arrivato a cinque, speravo di averne 10 e così via. Ma, onestamente, non avrei mai pensato che la mia idea iniziale si sarebbe trasformata in un’industria leader con un portfolio che copre 35 stati e 29 Paesi”. Qual è il segreto del vostro successo? “Il punto di partenza è solo uno: fare un buon lavoro ed essere circondati da persone capaci”. Ci sta dicendo che sono quindi le persone a fare la differenza? “Assolutamente sì. Non voglio peccare di modestia, ma non sbaglio quando affermo che Troon Golf non avrebbe avuto nemmeno lontanamente lo stesso successo senza alcune persone eccezionali in grado di manovrare i modelli di business in continua mutazione. E mi riferisco a persone come il Vice Presidente del settore Scienza & Agronomia Jeff Spangler e il Vice Presidente dello Sviluppo Ron Despain. Due dei migliori acquisti che ho fatto in tutta la mia carriera”.

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In questi anni di profonda crisi, come siete riusciti non solo a sopravvivere ma a crescere esponenzialmente? “Il nostro è un modello di business che ha sempre saputo adattarsi ai mutevoli venti dell’industria golfistica. E l’ingrediente fondamentale per il successo di Troon è la capacità di creare sempre valore per i propri clienti e percorsi. La chiave di volta l’abbiamo avuta a metà degli anni ’90, quando con lungimiranza abbiamo condotto la società verso un percorso strategico che fosse puntato su quello che noi chiamiamo il ‘ground up’. In breve, fornire servizi pronti per l’uso e non è un caso se siamo cresciuti di un bel 40% dal 2009”. Ci spiega meglio cosa intende? “Troon Golf è una società di consulenza che fornisce sviluppo, costruzione, crescita e servizi operativi su scala globale. Ed è proprio questo approccio di tipo consulenziale che ha portato il nostro gruppo ad avere un massiccio giro di affari, con un portfolio che includeva quasi 60 percorsi alla fine del 1990. Dieci anni dopo, il portfolio di Troon si era più che triplicato con 186 strutture in tutto il mondo. Come siete riusciti a mantenere la posizione di leadership in tutti questi anni? Semplice, siamo riusciti ad avere persone giuste, al momento giusto. In questo modo, quando il business si trasforma, bisogna trovare le risorse che si adattino a qualsiasi linea di tendenza e cambiamento. Poi abbiamo fatto enormi passi avanti nella costruzione di immobili di alta qualità, abbiamo anche cercato di essere innovativi con i nostri programmi di vendita e le offerte nella divisione dei club privati. A ogni passo lungo la nostra strada abbiamo cercato le persone che meglio si addicevano al compito che dovevano svolgere”. Quali sono i motivi per cui un campo dovrebbe affidarsi a Troon Golf ? Al cliente offriamo un approccio sofisticato, professionale e sistematico. Riteniamo che la nozione tradizionale di ‘esperienza golfistica di qualità’, definita unicamente dalla condizione del percorso di gioco, sia ormai obsoleto. Ci rendiamo conto che il successo di un golf club sia dovuto non semplicemente al disegno del campo e alla sua manutenzione, ma soprattutto a un servizio eccellente con ottima accoglienza, ospitalità e grande esperienza culinaria. Ormai Troon Golf è attivo su quasi tutti i continenti. Dove volete arrivare ancora? È vero, dai primi campi in America, ora abbiamo in gestione golf club in Europa, Africa, Oceania - Australia per la precisione -, Asia e ora stiamo puntando soprattutto sul Medio Oriente. Ad oggi abbiamo all’attivo 250 strutture ma siamo in costante crescita e non abbiamo intenzione di fermarci. Il prossimo obiettivo sarà raggiungere i mercati emergenti come il Kazakistan, l’Ajman e Arabia Saudita.

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In alto, una delle magnifiche buche del Troon North, a Scottsdale, in Arizona, dove ha sede Troon Golf. Sotto, un altro scorcio del percorso di Las Colinas

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Filippo Motta

IL FUTURO 3.0 C’ è un grossissimo problema nello sport del Golf. E non solo in quello italiano: è un problema mondiale. Gli anni di crisi passati (?) hanno portato a un decremento di giocatori per quasi tutte le federazioni golfistiche mondiali. A seguito di questa negativa tendenza, tutti gli organismi hanno iniziato a proporre metodi e soluzioni per ripristinare i vecchi “numeri”. Ne abbiamo già parlato su Golf & Turismo ed anche sulle pagine, più tecniche, di Professione Golf Club.

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Nel 2015 dell’era digitale era abbastanza ovvio che uno dei serbatoi di idee non potesse che essere il web. Ecco dunque che blog, siti e gruppi di discussione si sono attivati e hanno iniziato a lanciare idee per fare sì che il Golf torni ad essere, o si confermi di essere, lo sport più praticato. Tutto il mondo web conviene, peraltro, su di un punto: se si desidera riprendere il trend positivo, non si può che puntare sui giovani, su quelli che, con una brillante similitudine, il mondo anglosassone definisce “grass roots”.

Alla ricerca di idee e proposte, magari un po’ fuori dal comune, mi sono imbattuto in una stimolante discussione su Linkedin nel gruppo gestito da Colt Mackenzie McNair, società inglese di head hunter per il settore del Golf ormai ramificata in tutto il mondo. La domanda, posta da uno dei leader del gruppo, è stata tranciante e semplice: “Cosa fareste per rendere il Golf più attraente per i già golfisti e per chi potrebbe essere interessato a diventarlo?” La discussione è diventata subito molto stimolante e l’idea, sottostante al tutto, è stata che l’unico punto fondamentale, su cui operare, sono le nuove generazioni che, come ovvio, rappresenteranno i golfisti del futuro. I giovani sono veramente fondamentali. Spendono più degli adulti in equipaggiamento, palline, abbigliamento e altro e rappresentano il tramite per portare sui percorsi amici, genitori, parenti e chi è loro vicino. Ma i giovani del 2015 vivono in un mondo frenetico. Tutto viaggia alla velocità della luce (forse meglio, alla velocità del web) e trovano non confacente al loro essere generazione 3.0 molte cose del mondo del Golf che, a loro parere, non ha raggiunto neppure, utilizzando sempre paragoni informatici, la versione 2.0. Ne consegue che bisogna inventarsi qualcosa per aumentare l’appeal del nostro sport verso questi ragazzi. La discussione, davvero corposa specie per i parametri di Linkedin che è social network “professionale”, ha lanciato vari elementi degni di valutazione. Consideriamone qualcuno. Innanzitutto, punto di partenza valido sia per i giovani che per coloro che hanno qualche anno in più, è da tutti considerato deleterio il tenere il nuovo golfista in campo pratica. Bloccare un potenziale giocatore a cercare di fare uno swing migliore su di un tappetino

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Nella pagina accanto, Sergio Garcia impartisce i primi rudimenti del golf a un bambino e, qui sopra, la gioia della squadra statunitense della Ryder Cup junior dopo la conquista del trofeo nel 2014, in Scozia e in direzione di un’area sempre uguale, stanca moltissimo. E tanti, ormai è provato, abbandonano dopo poche lezioni tacciando il Golf di noiosità e staticità. A questo riguardo varie opinioni, comprese quelle di rappresentanti della U.S. PGA e della LPGA, suggeriscono di portare immediatamente, con forme diverse, i nuovi giocatori in campo. Dove possibile questo dovrebbe avvenire su un Executive o Pitch & Putt; se viceversa impossibile, si utilizzeranno delle buche del normale percorso. A gruppi di tre giocatori e per tre buche, con ogni gruppo seguito da un istruttore, si cercherà di far visualizzare subito cosa voglia dire giocare a un OBIETTIVO reale. Nel frattempo si spiegheranno le Regole più comuni, anche di etichetta, tra tee e green. Nonché quando, per sveltire il gioco, si debba sollevare la propria palla. Dopo nove “lezioni” di questo genere, secondo gli esperti, un potenziale giocatore ha una base solida che gli consentirà di calcare il percorso e di divertirsi. Citato poco sopra lo sveltire il gioco, è opinione comune che questa resti la discriminante maggiore che impedisce di avvicinare più giovani al Golf. Se ne parla ormai da anni ma, nonostante gli interventi di personalità anche epi-

che del Golf come Jack Nicklaus, sembra non ci sia un’idea comune da seguire per ridurre questi tempi. Dall’ipotesi di buche più grandi o di due buche sullo stesso green, alla riduzione delle buche da giocarsi in gara a 9 o 14… se ne parla ma non si conclude. E forse è giusto sia così: il golf nasce come competizione su 18 buche e, probabilmente, questo è un punto da non variare. Ridurre i tempi è però certamente possibile e l’opinione comune, nella discussione da cui ho preso spunto, è che un giro di golf non possa e non debba durare più di quattro ore. Utopia? Forse sì ma certamente questo aiuterebbe i giovani 3.0 a guardare all’impegno di tempo necessario per il Golf con occhio più favorevole. Ma il giovane nerd del 2015 ha un punto che lo contraddistingue e che non può essere dimenticato: è nato con un computer tra le mani; ha usato uno smartphone sin da bambino; si è appassionato ai videogiochi che rappresentano, per lui, una delle forme di divertimento maggiore. Ecco dunque che un’importanza fondamentale, per sviluppare i numeri di giovani golfisti, è attribuita all’utilizzo – nei Circoli – di sistemi di simulazione. Ritengo questa una via che sarebbe

estremamente utile da seguire per un Club anche italiano. Sistemare nelle proprie strutture una serie di simulatori, porterebbe un doppio vantaggio: divertimento per tutti anche nelle giornate atmosfericamente più sfavorevoli e possibilità di appassionare il neofita senza fare danni al percorso di gioco. Se poi pensate che negli States iniziano a vedersi programmi per questi simulatori che uniscono al gioco opzioni particolari, come rendere obiettivo dei propri colpi l’abbattere un muro o una catasta di lattine o raggiungere un premio particolare quando il proprio colpo supera una certa distanza (una sorta di Power Play), certamente capirete come un ragazzino possa divertirsi e anche tanto! Giusto per fare un inciso, quanto sopra è già stato visto nel forse erroneamente un po’ snobbato - specie in Italia - Beach Golf, che potrebbe essere una potenziale fucina di nuovi tesserati. E potenziale fucina, questa davvero enorme per noi italiani, dovrebbe essere considerata la disciplina del Foot Golf. Mi fermo qui, per questo numero, ma davvero molti altri potrebbero essere i suggerimenti da proporre veicolati dalle mille discussioni di Internet. Ora non ci resta che provare!

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Paolo Croce vi propone in queste pagine alcune situazioni che si incontrano abitualmente durante i vari interventi di lavoro sul campo. Dall’irrigazione diurna al taglio bigiornaliero dei green, ecco come affrontarle in maniera corretta

I LUOGHI COMUNI NEL GOLF

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i sa la vita è fatta anche di luoghi comuni. Per quanto ci si sforzi di ragionare con la propria testa, per quanto si cerchi di esercitare il proprio diritto critico e si rifugga dalla banalità e dall’ovvio, tutti, prima o poi, cadiamo nell’esercizio della superficialità più scontata e della disinformazione più bieca. Pensiamo ad esempio a come per anni mezzi di comunicazione e fior di opinionisti ci hanno propinato la teoria dell’autocombustione per giustificare incendi (dolosi e no) dei boschi e foreste. Solo non molti anni fa si è avuto il coraggio di ammettere che nelle nostre condizioni climatiche tale fenomeno è da considerarsi quasi impossibile e che per ogni incendio che colpisce la vegetazione naturale c’è sempre legata una causa (consapevole o inconsapevole) umana. Anche il mondo del golf non sfugge all’abitudine di smoccolare sacrosanti luoghi comuni, anzi sembra proprio che il golf sia un ispiratore indefesso di questa pratica, una sorta di terreno fertile nel quale il seme dell’ignoranza (sempre nella sua accezione classica di ignorare) e della leggerezza germogli con vigore pari alla sua superficialità. I luoghi comuni di cui non vorrei occuparmi sono molto spesso riferiti alle regole del gioco. A volte sono talmente radicati da apparire norma, tanto che ancora adesso, a quasi quaranta anni dal primo incontro con la “palla disturbata”, ancora mi viene il dubbio se il colpo si debba o meno ripetere quando qualcuno attenta alla mia concentrazione. Ci sono poi riferimenti precisi alla tecnica di gioco e alle attrezzature, ma qui si entra in un campo del quale ho conoscenze incerte ed improbabili, meglio sorvolare.

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Più vicini a me sono invece i luoghi comuni riferiti alla manutenzione del tappeto erboso. Contrariamente agli altri di cui sopra, l’osservanza dei quali tuttalpiù può portare a colpi di penalità o all’uso non corretto del proprio equipaggiamento, trattasi di false credenze decisamente pericolose per la salute del tappeto erboso. Si tratta spesso di vere e proprie leggende golfistiche tramandate in qualche caso di generazione in generazione. Nello spazio che l’amico Fulvio Golob mi concede a cadenza trimestrale, vediamo di descrivere più nel dettaglio le credenze popolari relative alla manutenzione del percorso.

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L’irrigazione diurna dell’erba è assolutamente da evitare poiché i raggi del sole, irradiando la singola goccia d’acqua posata sulla foglia, vengono intensificati dall’effetto “lente”, con il risultato di ustionare le lamine fogliari causando danni a volte irreparabili. Ai tempi in cui ero ancora Segretario presso il Golf le Fronde ad Avigliana (Torino) ricordo che questa pratica, ovvero l’irrigazione diurna, era piuttosto invisa ad alcuni soci e più volte dovetti subire le loro rimostranze. Chissà se adesso, con la tropicalizzazione del Mediterraneo in atto, dopo le calde estati con le quali abbiamo imparato a convivere, e con i tappeti erbosi dei fairway di molti percorsi ridotti in condizioni pietose dal micidiale connubio di siccità e alte temperature, i superstiti di quegli anni eroici in Val di Susa avranno avuto modo di ricredersi. Proprio i percorsi in cui è prassi la ben nota pratica del Syringing (leggera somministrazione di acqua al tappeto un paio di ore prima del manifestarsi della massime temperature giornaliere) sono quelli che normalmente subi-

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Nell’immagine della pagina a sinistra un irrigatore al lavoro e, qui sopra, un addetto al campo mentre utilizza lo Stimpmeter, per controllare e misurare la velocità del green scono danni di minore entità. In effetti appunto questo luogo comune è molto pericoloso perché in realtà è certamente vero l’opposto. Lo scopo del Syringing è quello di abbassare la temperatura del tappeto erboso (oltre i 30 °C si arriva anche alla morte dell’erba, soprattutto della Poa annua) in quanto evaporando, l’acqua depositata sulle foglie raffredda l’interno dell’apparato vegetativo. Possiamo così affermare senza tema di smentite che da un punto di vista agronomico sarebbe senz’altro preferibile una irrigazione diurna piuttosto che notturna. Naturalmente altre considerazioni (maggiore consumo idrico, ma soprattutto necessità di avere il campo sgombro per i golfisti e per le manutenzioni) ci obbligano poi ad irrigazioni notturne o meglio ancora di prima mattina.

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La maggior scorrevolezza della superficie di un green si ottiene principalmente abbassando l’altezza di taglio.

Da questo assunto la atavica abitudine delle dirigenze di richiedere al proprio Staff manutentivo altezze di taglio sempre più basse, peraltro quasi a voler masochisticamente pretendere il rito periodico dei tre putt. Non è così. In realtà l’altez-

za di taglio è solo uno dei fattori che consentono di conseguire una maggiore velocità allo Stimpmeter (lo strumento per misurare la scorrevolezza di un green). La levigatezza del tappeto è invece la risultante di una serie di fattori quali ripetuti topdressing, verticutting, grooming, doppi tagli, rullature, fertilizzazioni ed irrigazioni mirate. Si potrebbe poi obiettare che un green poco scorrevole e quindi “lento” è sicuramente più facile da puttare, ma questo aprirebbe discussioni da bar sport per cui è meglio glissare…

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Si dice che il nap dell’erba (in particolare sui green) è sempre indirizzato verso un bacino idrico e/o un corso d’acqua. Occorre tenere presente questo fatto per impostare le traiettorie sul putt. Anche in questo caso non c’è nulla di vero. Ciò che i vecchi golfisti chiamano nap viene più opportunamente definito grain dai tecnici. Si tratta in realtà della posizione dell’erba che è spesso inclinata verso la stessa direzione. Tale inclinazione, che certamente infastidisce non poco il giocatore, è determinata dall’azione dell’operatore addetto al taglio che effettua l’operazione sempre nella stessa direzione. Natural-

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44 completo tra faccia del bastone e superficie della palla. Tale pienezza di contatto è indispensabile per imprimere alla traiettoria del colpo quegli effetti denominati draw, fade, backspin, ecc. Se però non si è tecnicamente in grado di imprimere correttamente questi effetti, è probabilmente molto meglio poter contare su una maggiore altezza di taglio (diciamo intorno ai 20 / 25 mm) in modo che la palla “galleggi” sulla superficie del tappeto e possa essere colpita quasi come fosse sul tee. Ciò evidentemente a patto che il tappeto erboso sia preparato alla perfezione. In ogni caso l’altezza di taglio non è un parametro che possiamo sceglierci. Esso dipende infatti dalla qualità dell’erba insediata. Per tagli intorno ai 10 / 13 mm abbiamo solo due specie tolleranti: Agrostis stolonifera e Bermuda. Per tutti gli altri tipi di tappeto erboso è d’obbligo avere altezze di taglio non inferiori ai 20 mm, meglio ancora 25 mm. Fa eccezione il caso del Lolium perenne in purezza che però richiede trasemine annuali.

mente questo non significa che l’operatore sia un incapace, ma semplicemente che la particolare conformazione di certi green (magari contornati da mounds, corsi d’acqua, bunker, e altro ancora) non permettono di incrociare i tagli con le macchine a tre elementi di taglio. Unica soluzione per limitare questi problemi (oltre evidentemente a progettarli e costruirli in funzione delle necessità manutentive) consiste nell’uso di spazzole, pettini, groomer, verticutter.

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Si dice che quanto più l’erba è bassa tanto migliori sono le condizioni di gioco.

Questo è certamente vero in quanto un tappeto erboso mantenuto a basse altezze di taglio (intorno ai 10 / 13 mm) permette un migliore lie della palla. Un buon lie della palla consente evidentemente a un bravo giocatore di avere un contatto

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Si dice che la sabbia e i topdressing in genere “brucino l’erba”.

Non esiste documentazione scientifica a questo proposito. Le eventuali ustioni fogliari riscontrate sono molto più probabilmente addebitabili ad altri fattori. L’uso della sabbia (da sola o in miscuglio con sostanze organiche) è indispensabile per la manutenzione dei tappeti erbosi ad intenso uso sportivo.

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Si dice che maggiore è l’intensità del colore verde del tappeto e migliore sono le condizioni di salute dello stesso.

Niente di più falso. Lo stato di salute di un tappeto erboso è ben testimoniabile dal grado di salute, dallo sviluppo, dalla profondità dell’apparato radicale. Spesso anzi un’intensa colorazione verde può essere sintomo di possibili guai in arrivo (sensibilità a stress idrici e termici, logorio, malattie fungine).

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In queste pagine alcuni interventi di routine che vengono effettuati sui percorsi di golf, quali il taglio, il topdressing, l’irrigazione dei tappeti erbosi e la carotatura

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Si dice che maggiori sono i livelli di irrigazione e fertilizzazione azotata e migliore sarà lo stato di salute del tappeto.

Non c’è nulla di vero in questo. In agronomia esiste sempre il concetto di “giusta dose”, ogni prodotto cioè deve essere apportato in misura adeguata evitando estremi minimi e massimi. Nel caso specifico un eccesso di fertilizzazione azotata e/o di acqua può provocare un indebolimento dei

tessuti vegetali e la loro predisposizione a danni da freddo, caldo, logorio, ecc.

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Si dice che le operazioni di carotatura riducano il tappeto erboso in condizioni pietose e non è possibile esercitare attività agonistica per periodi prolungati.

Questo è falso. Le moderne tecniche operative tendono a ridurre fortemente il periodo di inagibilità del percorso. A que-

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MANUTENZIONE Cose da fare e da non fare

Nella foto, Miguel Angel Jiménez ripreso mentre ripara il suo pitchmark sul green dopo un approccio sto scopo ad esempio si intensificano le operazioni di topdressing dopo la carotatura. Oggigiorno, purché ben attrezzati dal punto di vista dei macchinari e della manodopera, si è tecnicamente in grado di compiere queste operazioni in tempi molto brevi (da 1 a 2 giorni per carotare e topdressare 18 green e da 7 a 20 giorni per 18 fairway).

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Sempre a proposito di carotature, si dice che esse vadano eseguite a fine stagione vegetativa.

Questo è assolutamente da evitare. Qualsiasi operazione di aerificazione (carotatura in primo luogo) va effettuata tenendo presente che, dopo l’effettuazione dell’operazione, il tappeto necessita di un periodo di buona crescita vegetativa di almeno 4 / 6 settimane. Momenti stagionali migliori, nelle condizioni climatiche della pianura Padana, risultano essere fine agosto / inizi settembre e i mesi di marzo e aprile (in quest’ultimo caso solo se non si temono forti invasioni di erbe infestanti).

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Si dice che rimettere a posto i pitchmark sui green è solo un pallino del Segretario e / o del Superintendent.

Assolutamente falso. Questa buona abitudine non è affatto un pallino degli addetti ai lavori e se non osservata causa ingen-

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ti danni al tappeto, contribuendo tra l’altro a ridurre la scorrevolezza della superficie. I danni maggiori si verificano a seguito del taglio: il bordo sollevato del ball mark viene spesso asportato dalla controlama della macchina di taglio, causando scalping. Non dimentichiamo poi che i pitchmark non riparati rappresentano il principale veicolo di diffusione sul green di semi di Poa annua, con conseguente infestazione dello stesso.

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Si dice che nelle gare più importanti un taglio bi giornaliero dei green, e del tappeto in genere, migliora la qualità del tappeto e ne aumenta la scorrevolezza. Vero solo in piccola parte. Tale affermazione deriva da una confusione tra due modalità di taglio: il taglio bi giornaliero appunto e il doppio taglio. Il primo in realtà è poco utile in quanto tagliare nuovamente i green al pomeriggio dopo il passaggio dei concorrenti ha scarso significato, essendo che l’80 % circa dell’accrescimento vegetativo avviene durante la notte. L’unico motivo per cui può avere un senso il taglio bi giornaliero è quando non si ha la certezza di poter compiere l’operazione nel mattino successivo. Diverso invece il concetto del doppio taglio che viene normalmente praticato al mattino prima delle partenze dei giocatori. In questo caso un taglio in una direzione, doppiato da un altro taglio, incrociato al precedente, consente di migliorare sensibilmente la qualità del tappeto e di acquisire maggiore levigatezza.

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CONVERSIONI

Castello Tolcinasco e Villa Condulmer

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Quando la Bermuda diventa Blu

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econdo atto dell’intervento sul tappeto erboso di Castello Tolcinasco. Il celebre circolo milanese, che può contare su tre percorsi da 9 buche più un altro executive, lo scorso anno aveva sostituito con la Bermuda il tappeto erboso del Giallo, prime nove buche del tracciato da campionato che ha ospitato cinque edizioni dell’Open d’Italia, dal 2004 al 2008. L’intervento era riuscito alla perfezione, garantendo in tempi molto

contenuti fairway di altissimo livello, che si sono comportati molto bene anche durante la stagione invernale trascorsa. Adesso è invece la volta del percorso Blu, seconda parte del tracciato da grandi competizioni. I lavori sono iniziati mercoledì 17 giugno con il primo diserbo totale di tee e fairway. Successivamente, a partire dal 29 giugno hanno preso il via le operazioni di scorticatura e livellamento dei tee, cui hanno

fatto seguito (9 luglio) inizio della semina di Bermuda e sabbiatura su tee e fairway. La semina si è conclusa martedì 14 luglio, con susseguente partenza del ciclo diurno di irrigazione, mentre giovedì 23 è iniziata la germinazione del seme in molte aree. Ne riparleremo sul prossimo numero, in cui ci occuperemo anche del medesimo intervento che ha preso il via durante l’estate nel bellissimo circolo veneto di Villa Condulmer.

Nelle foto momenti della lavorazione a Castello Tolcinasco, per la conversione a Bermuda del percorso Blu

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GOLF E DIRITTO L’angolo giuridico

Le principali novità legate al Job’s Act In tema di lavoro, ecco cosa avviene con l’introduzione di norme che modificano la situazione dei contratti anche per le Associazioni e le Società Sportive Dilettantistiche sia al divieto di licenziamento del neo assunto per i dodici mesi successivi all’assunzione, salvo il caso di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.

Avv. Antonella Carbone

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ccorre innanzitutto premettere che la maggiore novità introdotta dal cd. “Job’s Act” (D. Lgs. 22 e 23 del 4 marzo 2015, in vigore dal 7 marzo 2015) è quella per cui il lavoro subordinato a tempo indeterminato deve intendersi quale forma prevalente da attribuire al rapporto di lavoro. Ciò non potrà che comportare qualche problematica per le realtà quali quella delle ASD in cui è sempre stata data invece, per ragioni inerenti all’organizzazione stessa delle Associazioni, preferenza a tipologie di lavoro più “elastiche”. 1 – I contratti a progetto La principale innovazione, sicuramente contraria agli interessi delle ASD, è quella della totale abolizione del contratto di lavoro a progetto (il cd. CO.CO.PRO.); la normativa, infatti, pur facendo salvi i contratti in corso fino alla loro scadenza, precisa che questi non potranno essere oggetto di rinnovi, né potranno esserne stipulati di nuovi successivamente al 7 marzo 2015. A ciò si deve aggiungere che dal 1 gennaio 2016 i CO.CO.PRO. ancora eventualmente in essere saranno automaticamente ricondotti ad un rapporto di lavoro subordinato, con tutte le conseguenze del caso. A tale divieto corrisponde tuttavia un’agevolazione; infatti i datori di lavoro privati che procedano alla assunzione di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, ovvero titolari di partita I.V.A.,

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beneficeranno della estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso con la sola eccezione delle violazioni già accertate prima della nuova assunzione. Tale agevolazione è tuttavia subordinata sia alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione nelle cd.” sedi protette” (sede sindacale o DTL) in cui il lavoratore dichiari espressamente di rinunciare ad ogni pretesa riconducibile ad una diversa qualificazione del rapporto di lavoro,

2 – I contratti di collaborazione coordinata e continuativa Ciò appare tuttavia contemperato, per quello che concerne l’ambito delle ASD, dalla possibilità, a partire dal 1 gennaio 2016, di instaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Ed infatti la normativa, nel prevedere l’estensione della disciplina propria del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di lavoro siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (come tali intendendosi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa) consente che tale automatica riconduzione nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato non operi in alcuni casi, strettamente limitati, tra cui troviamo quello delle “prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche, affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI”. Resta ovviamente da interpretare cosa si debba intendere per “fini istituzionali”; considerato che la medesima normativa estende la stessa disciplina anche

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a cura del Centro Studi Diritto Sport diretto dal Prof. Avv. Lucio Colantuoni - mail: info@csdirsport.com

“agli organi di amministrazione e controllo delle società” di capitali, potrebbe ritenersi che i soggetti destinatari dei futuri CO.CO.CO. siano solo i vertici delle ASD, con conseguente necessità di qualificare come “subordinato” ogni altro rapporto di lavoro connotato dal requisito dello stabile inserimento nell’organizzazione dell’ASD. A ciò si aggiunga che i divieti di cui sopra coinvolgono anche il regime delle partite IVA. Infatti, a meno che non ci si trovi di fronte a prestazioni di lavoro effettivamente autonomo - e quindi del tutto saltuarie e rese in favore di più soggetti - negli altri casi tale forma di collaborazione, già fortemente limitata dalla L. 92/12 (cd. Legge Fornero) non è più consentita nelle ipotesi di collaborazioni prestate in regime di monocommittenza (e quindi rese in favore di un solo prestatore di lavoro). 3 – Il contratto a tempo determinato Questa tipologia contrattuale, il cui rigido impianto dettato dal D. Lgs. 368/2001

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è stato via via modificato ed ammorbidito nel corso del tempo, ha trovato ulteriore liberalizzazione per effetto del cd. “decreto Poletti” (D.L. 34/2014 convertito in legge 16/05/2014 n. 78), svincolandolo da ogni causale anche in caso di proroga o rinnovo e stabilendone unicamente il limite massimo di durata, fissato in 36 mesi; le proroghe del contratto a termine sono ammesse nel numero massimo di cinque in tutto il triennio, purchè non vi sia mutamento di mansioni. Le nuove disposizioni impongono tuttavia che, mentre nelle imprese con organico fino a cinque dipendenti è sempre possibile assumere lavoratori a termine (non si impone alcun rapporto percentuale rispetto ai lavoratori non a termine), diversamente, nelle imprese con organico maggiore di cinque dipendenti, il numero complessivo di contratti a termine stipulati dal datore non può superare il 20% dei dipendenti. In caso di violazione del limite percentuale in questione, il datore di lavoro è soggetto a pesanti sanzioni amministrative di

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natura pecuniaria: per ogni lavoratore assunto in eccedenza la sanzione è pari al 50% della retribuzione del lavoratore per ogni mese di lavoro (20% se si tratta di un solo lavoratore in più). Le novità legislative, imponendo quale contratto “tipo” quello subordinato a tempo indeterminato, sicuramente comporteranno ulteriori difficoltà nella regolamentazione dei rapporti di lavoro intercorrenti con le ASD, difficoltà solo parzialmente contemperate dal fatto che, ove si decidesse di avvalersi del modello di fatto imposto dalla legge, sarà più facile interrompere rapporti di lavoro con dipendenti non più necessari all’organizzazione dell’Associazione. Quindi al momento, auspicando un riordino almeno parziale della materia che tenga conto della peculiarità delle ASD, l’unico consiglio che si può ragionevolmente dare è quello di affidarsi ad un esperto che possa consigliare quale sia la forma contrattuale - rispondente alle previsioni della legge - nel caso concreto più conveniente per l’Associazione.

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Ian Poulter, campione molto attivo sui social network, in compagnia dell’inseparabile smartphone

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COMUNICAZIONE

Nuove tendenze

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SOCIAL GOLF. PERCHÉ E COME su Internet e ben 13 milioni si collegano a Facebook, 6 milioni via mobile. Le regioni più connesse sono il Lazio (2.624 milioni di iscritti), la Lombardia (1.399 milioni) e la Campania (719 mila). Il 53% degli iscritti a Facebook sono uomini e le due fasce d’età più rappresentate sono la 19-24 con il 20% degli iscritti e la 36-45 che rappresenta il 19%.

L’EcoSistema digitale Il perimetro entro cui organizzare una strategia di comunicazione social, e più in generale digital, è dunque molto ampio. Un Piano della Comunicazione, che intenda raggiungere risultati significativi, deve necessariamente utilizzare tutti gli strumenti a disposizione nella definizione del communication-mix. Per questo nei progetti si parla di “ecosistema digitale”: l’insieme di ambienti (web e social) che si possono attivare per informare i propri stakeholder e comunicare con loro. Sito Internet, pagina Facebook, profilo Linkedin e Twitter, What’s App, spazi Instagram e Flickr, sono i componenti di queste ecosistema che devono essere utilizzati per creare community, fidelizzare i soci e appassionati e interagire con loro. L’universo del golf comprende giocatori, persone interessate, appassionati, potenziali nuovi praticanti, sponsor e Istituzioni e ha tutte le caratteristiche per poter essere approcciato attraverso un sapiente utilizzo di strumenti dell’ecosistema digitale.

di Maurizio Trezzi

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Founder di StrategyCom, docente ed esperto di comunicazione a diffusione dei social media nel terzo millennio, ha rappresentato una sorta di rivoluzione copernicana della comunicazione. Di pari passo allo sviluppo del web, il fenomeno ha una sua declinazione tutta italiana, legata alla peculiarità del nostro Paese, fra i primissimi a livello mondiale per l’utilizzo di device mobili. Sono proprio gli smartphone a caratterizzare l’“anomalia italiana”, con una crescita esponenziale di connessioni al web e di adesione ai social. Per dimensionare l’argomento, gli utenti registrati su Facebook sono, in Italia, 21 milioni, contro i circa 27 milioni di navigatori abituali. Più della metà di loro accede ogni giorno ai social. Nel giorno medio circa 14 milioni di italiani navigano

Golf italiano vs Golf internazionale Per avere uno spaccato, necessariamente parziale ma ragionevolmente rappresentativo sia per divisione territoriale sia per dimensione e vocazione del Circolo (pay and play, turistico, resort) della situazione del golf italiano rispetto all’utilizzo di web e social, si è proceduto a un’indagine a campione. Sono stati confrontati 11 Circoli italiani con altrettanti Circoli esteri di Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Francia, Svizzera, Austria e Spagna. Per ognuno di questi sono stati valutati alcuni parametri quali: la presenza e l’aggiornamento di notizie sul sito, la diffusione di una newsletter, la possibilità di prenotare e pagare il greenfee online, la presenza di una sezione riservata dedicata ai soli soci, le informazioni espressamente dedicate ai soli visitatori (visitor info o guest info), gli spazi dedicati per sponsor e partner commerciali. Per i social si è verificata la presenza

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52 su Facebook e twitter, il numero di contatti e follower, i post commentati e il grado di engagement, la produzione di twitt propri e di retwitt. I risultati mostrano una realtà italiana molto lontana dagli standard internazionali. In generale emerge come gli strumenti digitali non siano inseriti in una precisa strategia di comunicazione finalizzata all’aumento dei contatti, all’interazione con i propri interlocutori (engagement) e alla capacità di attrarre visitatori e potenziali nuovi soci. Sul web il sito del Circoli italiani è spesso uno strumento di comunicazione interna e non molto proiettato verso l’esterno. Le notizie sono scarse, non sono usate come elemento capace di attrarre navigatori e contribuire al miglioramento del SEO (Search Engine Optimization) dello spazio web. La maggior parte dei Circoli verificati aggiorna infatti le notizie con cadenza bi o trimestrale. Quasi tutti i siti stranieri hanno una newsletter e la maggioranza prevede la possibilità di iscrizione alla stessa direttamente dalla home page. Questo non accade con la stessa frequenza nei siti dei italiani (fatta eccezione per Gardagolf e Castello Tolcinasco). I contenuti delle newsletter straniere sono spesso redatti con un taglio promozionale e che incentiva, anche chi non è socio, a partecipare alle iniziative del Circolo e a farne parte. La newsletter a livello internazionale è quindi uno strumento di contatto e di promozione, non, come accade in Italia, un elemento spesso poco efficace di comunicazione.

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Eclatante la differenza riscontrata rispetto alla possibilità di prenotazione e pagamento online del greenfee. Nove circoli internazionali su 11 inseriscono l’online booking nel loro sito. Un’opportunità completamente assente nei siti dei circoli italiani presi in considerazione. Solo in due casi è possibile prenotare il tee time, ma non pagarlo. Il pagamento tramite carta di credito del greenfee, diffusissimo all’estero in particolare nei Regno Unito, in Spagna e in USA, consente una razionale gestione dei tee time, permette di presentare promozioni last minute e di applicare scontistiche a chi prenota e paga online. Anche dal punto di vista amministrativo i vantaggi sono molteplici, in termini di pagamento anticipato, facilità di gestione finanziaria e soprattutto creazione di mailing list dei visitatori sui cui fare ulteriore comunicazione. Sono molti gli applicativi sviluppati all’estero (BRS Golf, Tee-on, Golfswitch) che possono essere facilmente inseriti nei gestionali dei circoli. E se la pratica delle prenotazione online di viaggi e biglietti aerei è ormai ultraconsolidata - 130 miliardi di euro previsti nel 2016 per il solo mercato europeo – non si capisce come mai i nostri circoli non l’adottino in maniera sistematica per i propri greenfee. La caratteristica, esclusiva italiana, del proliferare delle gare di circolo, si riflette nella massiccia presenza di informazioni su gare, classifiche e foto gallery con centinaia di immagini ripetitive e poco comunicative che abbondano nei siti dei nostri Circoli. Contenuti quasi

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COMUNICAZIONE

Nuove tendenze

del tutto assenti o marginali in quelli esteri, ricchi invece di loghi e informazioni sulle aziende partner. Altra cartina di tornasole della poca attenzione verso gli ospiti è la mancanza di una sezione del sito espressamente dedicata ai visitatori. Solo Royal Park la presenta in home page fra i siti presi in considerazione mentre fra gli esteri la sezione è presente in 7 home page su 11. Passando ai social media la prima considerazione che emerge è la poca interconnessione con i siti web. Tutti i circoli italiani esaminati hanno una pagina Facebook ma nessuno ne mette riferimenti e post sulla home page, dove campeggiano solamente delle piccole icone nascoste negli header o nei footer. Un’assenza che si paga in termini di scambio di contatti e aumento di accessi drenati da l’uno all’altro strumento di comunicazione. Il numero di contatti e follower dei circoli italiani è decisamente inferiore a quello di alcuni degli omologhi stranieri presi in esame. Ma questo dato, da solo, non è un parametro significativo per valutare l’efficacia della comunicazione social. Molto più rivelante è il Key Performance Indicator (KPI) un indice che misura quanto “social” - cioè commentati, valutati, condivisi - siano i contenuti caricati su Fa-

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cebook. Qui ad esempio il Trump Internationl Doral Miami ha un elevatissimo numero di fan (oltre 21.000) ma un bassissimo livello di engagement (KPI 0.19%). Al contrario del Verdura Golf Club – aiutato ovviamente dalla condivisione dello spazio social con il bellissimo Resort – che ha la metà dei contatti (11.328) ma un più elevato indice di “ingaggio” con i propri “amici” (KPI 0.86%). Un livello di performance che raggiunge il suo valore più elevato per il Golf di Crans sur Sierre che ha pochi fan ma un altissimo livello di coinvolgimento (KPI 2.16%), la cui presenza su Facebook ha un livello qualitativo decisamente elevato. Ancora più marcata la differenza nell’uso di twitter dove in cima alla classifica per numero di follower, di twitt pubblicati e poi retwittati si trovano tutti circoli esteri (7 nei primi 10 posti) con Celtic Manor - sede della Ryder Cup 2010 con 47.000 follower e 187 twitt nel mese di giugno - in vetta, mentre i cinguettii dei circoli italiano sono relegati nelle ultime posizioni (bene solo Verdura e Marco Simone).

La strategia Da questi dati si possono trarre utili indicazioni per i Circoli italiani che stanno pensando di elaborare una strategia di comunicazione e in particolare di presenza sui social media. Se l’u-

Le buche 18 del percorso West di Verdura (a sinistra) e Blue Monster del Trump International di Miami

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COMUNICAZIONE Nuove tendenze

nico parametro di misurazione resta il numero di contatti, allora “vale tutto” pur di farlo crescere. Ma questo parametro quantitativo e non qualitativo porta all’uso smodato di tecniche, poco ortodosse e poco utili, in termini di revenue. Acquistare fan non serve a nulla se non ad arricchire le società che ne propongono la vendita! Questo inoltre danneggia l’immagine web del marchio e prosciuga bilanci, solitamente non sconfinati, che devono invece essere spesi con maggior attenzione. Una efficace campagna digital e di social media affidati a professionisti del settore, deve mirare, prima di tutto, al sostegno del brand e alla capacità di comprendere e tradurre in termini di relazioni le conversazioni nelle proprie comunità online. Tali dinamiche vanno monitorate e governate per animare le comunità e farle crescere con un ascolto costante e per permettere di interagire, in modo appropriato, con soci e potenziali nuovi clienti. Gli obiettivi da perseguire e raggiungere sono quindi: brand awareness, promozione del Circolo e delle iniziative, costruzione e alimentazione della community di soci e nuovi soggetti interessati. Per arrivare primi al traguardo occorre elaborare un’attività divisa in tre passaggi: crescita, consolidamento, coinvolgimento. La crescita è la costituzione della community, realizzata innanzitutto con la gestione di contenuti premium e supportata da una sapiente e oculata campagna di pubblicità digitale per aumentare il numero dei contatti (follower).

Il consolidamento è la ricerca della fiducia degli utenti, al quale si aggiunge la ricerca di nuovi fan. Infine si procede con il coinvolgimento, fase in cui l’interazione deve essere quotidiana e può dare il via all’attivazione dei fan come produttori di contenuti per sostenere il marchio. In tutti questi passaggi la produzione di contenuti (Piano conversazionale) deve essere affidata a una micro-redazione dedicata, che sappia mettere a disposizione degli strumenti notizie, informazioni, contenuti virali, tematiche e argomenti capaci di creare coinvolgimento. La scelta del mezzo corretto è un altro elemento fondamentale. Facebook risulta più adatto ai circoli a vocazione turistica, quelli per cui la componente emozionale della vacanza e dello svago – da evocare, raccontare e sviluppare sul canale social – è più influente. Linkedin è maggiormente adeguato per i Circoli che hanno un minore incoming dai flussi turistici ma si rivolgono maggiormente ai loro soci e a community con interessi vicini a quelli del target golfistico. Twitter e What’s App diventano un importante ausilio per la comunicazione interna (soci) e per far circolare le informazioni in tempo reale ai propri contatti. Il tutto inserito in un progetto dove il sito Internet ha la funzione di hub su cui fare atterrare i nuovi contatti che andranno ad alimentare, questo l’auspicio, non solo le community ma anche il numero di soci e di green fee acquistati ogni anno nel vostro Circolo. Si ringrazia per la collaborazione Lucia Elia

Nella foto, il green della buca 9 del percorso Trent Jones, al Royal Park - I Roveri di Torino

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JOHN DEERE

Quintupla da fairway 8000A E-Cut ibrida

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Tecnologie avanzate per risultati di qualità

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e quintuple da fairway ibride E-Cut™ presentano una tecnologia collaudata, il cui cuore pulsante è rappresentato dal display TechControl, che consente di programmare con la massima precisione i parametri di funzionamento delle macchine fra cui velocità esatta di taglio e di sterzata, velocità di trasporto e risparmio di carburante, in modo da garantire sempre la massima costanza di risultati indipendentemente dall’operatore. La 8000A E-Cut ibrida, in particolare, fra i modelli di punta della gamma John Deere, si contraddistingue per una serie di soluzioni volte ad offrire una eccellente qualità di taglio nonché la massima produttività. Fra queste spiccano innanzitutto la pompa idrostatica di trazione eHydro™ e motori ruote adeguatamente dimensionati per garantire una trazione ottimale anche nelle condizioni più impegnative. Il flusso della pompa, in particolare, è aumentato del 35%, mentre i motori ruote aumentano lo spostamento del 17% rispetto ai modelli precedenti, incrementi che rendono la macchina ideale per terreni ondulati. Il tutto in combinazione con un potente motore diesel sovralimentato da 37,1 CV (27,7 kW) a 2600 giri/min, capace di fornire un’abbondante riserva di po-

tenza per un taglio ottimale e prestazioni in salita eccellenti in un’ampia varietà di condizioni. Vero fiore all’occhiello della 8000A è tuttavia la tecnologia ibrida E-Cut, che eliminando i componenti idraulici dalle unità di taglio, annulla i rischi di perdite nei circuiti dei cilindri. Le unità elettriche dei singoli cilindri mantengono la velocità costante e la qualità di taglio inalterata; per risparmiare carburante e diminuire il rumore, inoltre, il regime del motore può essere ridotto, senza tuttavia influire sulla velocità dei cilindri. I motori dei cilindri sono alimentati da un alternatore da 48 V e 180 A; in questo modo, l’unità non richiede batterie aggiuntive. Analogamente, i motori elettrici dei cilindri non richiedono manutenzione periodica. TechControl possiede inoltre sistemi diagnostici visivi di bordo che consentono di individuare i problemi in modo facile e veloce, migliorando l’operatività. E i risultati? Di assoluta eccellenza, grazie alle collaudate unità di taglio Quick – Adjust 5 e a una serie di soluzioni volte ad esaltare

praticità, rapidità e qualità delle operazioni. Fra queste, il sistema Speed Link, che consente di regolare simultaneamente, e la nuova funzione LoadMatch, che regola automaticamente la velocità della macchina per mantenere la potenza sulle unità di taglio in condizioni di carico elevato, migliorando la produttività e uniformando la qualità del lavoro. L’impianto idraulico a compressione regolabile e il punto di attacco posteriore delle unità di taglio, inoltre, riducono il rischio di tagli irregolari del manto erboso, mentre l’allineamento degli pneumatici anteriori e posteriori garantisce un risultato perfettamente uniforme preservando i fairway.

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E TU DI CHE PH SEI? È difficile che si possa scegliere il tipo di acqua da utilizzare sul proprio campo di golf. Ecco come apportare le necessarie correzioni, scegliendo fra soluzioni in grado di risolvere molti problemi legati all’irrigazione

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IRRIGAZIONE

La qualità dell’acqua

di Nicola Zeduri - Agronomo

Q

ual è la qualità dell’acqua con cui irrighiamo i nostri campi? Come è classificata? La qualità dell’acqua è determinata dal suo utilizzo. Per esempio, una sorgente pura che non contenga alcun minerale o/e contaminante organico sarà ideale per il consumo umano ma risulterà una cattiva scelta per l’irrigazione di un tappeto erboso. Per contro, un’acqua ricca di calcio, magnesio, potassio nitrato, e con un sensibile carico di microrganismi potrebbe essere un’ottima acqua per l’irrigazione ma inutilizzabile per il consumo umano. In generale l’acqua è valutata in funzione dei suoi componenti minerali e biologici e classificata in rapporto al suo utilizzo. I vegetali, e pertanto anche i tappeti erbosi, sono a loro volta classificati in rapporto alla loro tolleranza e sensibilità alla salinità e alla tossicità specifica di certi minerali. Purtroppo difficilmente i manutentori di un campo da calcio o da golf hanno la possibilità di scegliere la qualità d’acqua con cui irrigare e devono accontentarsi spesso della sorgente disponibile (acqua di pozzo, acqua fornita dall’acquedotto comunale, riciclata o altro) riducendo la scelta per quanto riguarda la qualità dell’acqua d’irrigazione. In effetti se un suolo è irrigato con un certo tipo d’acqua per una durata più o meno importante, il suolo prenderà le caratteristiche della sorgente d’irrigazione. Vogliamo ora considerare gli effetti di un pH elevato nell’acqua d’irrigazioni ed alcune possibili soluzioni ai problemi creati dall’impiego duraturo di acqua con pH elevato sul suolo. Ad eccezione per le specie acidofile o basofile strette, che esigono o sopportano valori di pH estremi, l’optimum fisiologico del pH per la maggior parte delle specie vegetali si situa tra i 6,0 ed i 7,0; valori che consentono una crescita regolare, grazie all’attività microbica e ad una disponibilità di elementi nutritivi favorevole. Se alcune specie, come le Agrostidi e le Festuche rosse, resistono bene all’acidità del suolo, ciò non significa che la loro crescita sia ostacolata da un pH neutro o alcalino. Un pH acido riduce la velocità di decomposizione dei residui organici di taglio laddove non vengono sistematicamente raccolti con il taglio. In effetti un pH acido riduce l’attività microbica e rallenta l’attività dei vermi che intervengono nella decomposizione della sostanza organica, facilitando così la formazione di feltro.

Problemi legati all’impiego di acque con pH elevato I problemi causati da un’acqua d’irrigazione con pH elevato sono più frequenti di quanto si possa immaginare. L’utilizzo prolungato di acque con pH elevato può indurre effetti nefasti per un tappeto erboso: non è infrequente osservare ingiallimenti diffusi e persistenti o bruciature ai margini dei lembi fogliari. La germinazione delle sementi può essere inibita o ritardata e la capacità di radicamento ridotta. Nella maggior parte dei casi questi problemi sono associati a un accumulo di sali: eccesso di deposito di diversi carbonati che possono condurre al fenomeno riconosciuto come “Black layer”.

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Il pH di un’acqua d’irrigazione può essere classificato elevato quando è prossimo o superiore a 7,8 con un tenore in bicarbonato elevato. Quando queste acque vengono distribuite sistematicamente, il pH dei primi centimetri di terreno, laddove le radici sono più dense, tende verso il pH dell’acqua d’irrigazione e può addirittura superarlo a causa della fissazione di carbonati nella parte più superficiale del top soil. Il fenomeno chimico responsabile di questo accumulo è una reazione di precipitazione. La formazione di carbonati insolubili prossimi alla superficie del tappeto erboso è dovuta a forti condizioni di evapotraspirazione; man mano che la superficie del tappeto erboso si dissecca, la concentrazione dei sali nella soluzione del suolo aumenta, sino a raggiungere la precipitazione. Questo fenomeno è limitato nei punti bassi o poco drenati (dove peraltro si evidenziano problemi di altra natura), laddove l’acqua resta a lungo ed evapora lentamente. Carbonati di calcio o altri elementi metallici cominciano a formarsi nella soluzione del suolo secondo la seguente equazione: OH- + Ca 2 + HCO3- <-> CaCO3 + H2O. Quando i carbonati di calcio o altri elementi cominciano a formarsi a livello del suolo, la soluzione chimica si altera. I top soil in sabbia o sabbio-limosi vedono la loro struttura alterarsi e diventare ricca in carbonati; in caso di saturazione di acqua il pH della soluzione può raggiungere livelli prossimi al valore di 11. Quando si produce questo fenomeno non solamente il pH del suolo aumenta, ma la macroporosità del suolo si riduce; in effetti i cristalli otturano la macroporosità del suolo, occupando gli spazi tra gli aggregati del terreno, limitando così il passaggio dell’acqua. Quando questi depositi saturano il suolo, gli interventi sui volumi e sulle frequenze d’irrigazione non possono più influenzare positivamente il contenuto d’acqua del suolo, che pertanto, nonostante i nostri ripetuti interventi di irrigazione, seguitare ad apparire “secco”. In caso di problemi gravi, a livello delle zone esplorate dagli apparati radicali, i tappeti erbosi sviluppano fenomeni di stress o di decolorazioni, fino a risultare completamente distrutti.

Cenni sul controllo del pH nel suolo: azoto e zolfo I concimi contenenti azoto e zolfo possono essere impiegati nel tentativo di acidificare il suolo. Concimi semplici, come il solfato d’ammonio e il nitrato d’ammonio, creano all’interno della soluzione circolante dei pH dell’ordine di 4. Altri fertilizzanti più complessi, come l’urea, l’urea di metilene o l’urea formaldeide possono formare delle soluzioni a pH elevato, fino a 10-11, ma, nel corso dell’applicazione, si trasformano in ioni nitrato formando una soluzione acida attraverso diverse reazioni. Le fertilizzazioni a base di zolfo agiscono nella stessa maniera; anche in questo caso per ottenere un’acidificazione del suolo deve aver luogo un’ossigenazione.

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In generale si può affermare che le correzioni del pH nel suolo attraverso apporti di concimi risulta un metodo “empirico” e poco affidabile, legato a processi di acidificazione che dipendono da numerosi parametri (umidità, temperatura, concentrazione di ossigeno nel suolo, etc.) e pertanto difficilmente controllabile.

Impiego di acqua d’irrigazione a pH controllato I metodi di controllo del pH del suolo tramite l’impiego di acque d’irrigazione sono utilizzati da oltre 20 anni nelle colture orticole. L’utilizzazione di acido ureosolforico in iniezione, controllato da un’unità di misura del pH, può dare eccellenti risultati se la pratica è correttamente seguita dal punto di vista tecnico e controllata da un’équipe specializzata. Queste installazioni sono efficaci soprattutto dove il tenore in bicarbonato e sodio crea un pH elevato (pH elevati causati dalla presenza di altri cationi non possono essere corretti con questo metodo). a - Correzione dell’acqua prima dell’irrigazione. Il primo metodo utilizzato negli USA consisteva nell’iniettare dell’acido solforico direttamente nell’acqua, prima di effettuare l’irrigazione, abbassando il pH al livello desiderato. Questo programma è specificamente applicato per controllare il pH e non per apportare altri elementi nutritivi a completamento e/o integrazione del programma di fertilizzazione. Queste installazioni hanno mostrato tutta la loro efficacia e sicurezza. L’acqua viene corretta fino a 6,5 o 7, prima di alimentare la stazione di pompaggio. Evidentemente questo sistema prevede la necessità di un luogo di stoccaggio dell’acqua specifico: un bacino di ritenzione. b - Controllo del pH dell’acqua tramite iniezione del correttore durante l’irrigazione. Oltre a quanto sopra brevemente descritto, esiste un altro siste-

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ma di correzione, basato sul principio seguente: iniettare delle soluzioni acide all’uscita della stazione di pompaggio, direttamente nel collettore. Generalmente un composto formato dalla reazione tra l’urea e l’acido solforico (MCDS) viene utilizzato per acidificare le acque d’irrigazione: questo composto è un concime liquido, con il 55% di acido solforico. Differenti materiali esistono sul mercato: apparecchi di controllo dell’iniezione particolarmente precisi e delicati, pompe d’iniezione facilmente adattabili alle specifiche esigenze di ciascun impianto. Il manutentore dovrà scegliere attentamente, in funzione del proprio impianto, delle condizioni di vendita e, soprattutto, di assistenza tecnica fornita dopo l’installazione. Da sottolineare come, con questo metodo, non sia necessario disporre di un volume di stoccaggio d’acqua importante, come invece richiesto dal metodo descritto precedentemente: è sufficiente infatti installare una riserva d’acido prossima all’impianto d’irrigazione, possibilmente all’interno di una cabina di pompaggio. Evidentemente alcune misure di sicurezza legate allo stoccaggio e alla manipolazione dell’acido devono essere rispettate (canalizzazione dell’acido tramite rete in materiale plastico piuttosto che metallico, impiego di recipienti di stoccaggio dell’acido con vasca di raccolta, etc.). È altresì importante ben gestire l’apporto di acidi iniettati perché apporti di fertilizzanti azotati durante il periodo di utilizzo dell’acido tramite irrigazione possono interagire e condurre a effetti di acidificazione ritardata o eccessiva.

Piogge acide La maggior parte delle acque proveniente da precipitazioni naturali è leggermente acida, con un pH dell’ordine di 6,0 – 6,5. Da ciò deriva l’effetto “rinverdente” osservato molte volte a seguito di una precipitazione.

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IRRIGAZIONE

La qualità dell’acqua

E’ possibile osservare piogge con pH inferiori ai 5,6, soprattutto in certe zone del mondo si parla in questo caso di piogge acide. In USA sono addirittura stati registrati livelli di pH inferiori a 2. Questo fenomeno non è nuovo, nonostante quanto si ritenga; basti ricordare come carote realizzate in ghiacciai dell’arco Alpino abbiano evidenziato livelli di acidità riconducibili al 19° secolo. Nel continente americano la maggior parte delle piogge acide e dei laghi acidi si situa nel Nord Est ed in Canada, ma pH bassi vengono registrati in presenza di atmosfere inquinate di zone con alta densità di insediamenti industriali. L’uso di acqua di irrigazione acida utilizzata su tappeti erbosi può perturbare il metabolismo di alcune specie e può anche causare serie complicazioni agli impianti d’irrigazione (corrosione degli impianti di pompaggio e delle tubazioni).

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Basicità o acidità Se assaggiamo il succo di limone ci accorgiamo del suo sapore acidulo e se facciamo lo stesso con il bicarbonato avvertiamo un sapore basico. Queste differenze sono espresse dai valori del pH, che misura quanto un liquido acquoso sia basico o acido, con una gamma di valori che va da 0 a poco meno di 7 per ciò che è acido, e da poco più 7 a 14 per ciò che è basico. Il 7 è considerato neutro. Nell’acqua sono presenti ioni di idrogeno H+ e ioni ossidrili OH-. Questi due componenti che si formano dalla rottura della molecola dell’acqua H2O sono responsabili di acidità o basicità. Se il numero si equivale, avremo una soluzione neutra (pH=7). Quando prevalgono gli ioni di idrogeno H+(pH<7), avremo una soluzione acida e viceversa se c’è carenza di ioni di idrogeno (pH>7), l’alta concentrazione di ioni di OH- determinerà la basicità della soluzione.

Tabella di riferimento con valori rappresentativi di pH Sostanza

Acido cloridrico 1 M Batteria acida Succo gastrico Succo di limone Coca Cola Aceto Detergente intimo antibatterico Succo di arancia Birra Pioggia acida Caffè Tè, pelle sana e detergente intimo Acqua deionizzata a 25 °C Acqua ossigenata Latte Acqua distillata a 25 °C Saliva umana Sangue Acqua di piscina Acqua di mare Saponi alcalini Ammoniaca Varechina Liscivia Idrossido di sodio 1 M

pH 0 0,5 1,0-2,0 2,4 2,5 2,9 3,5 3,7 4,5 4,5-4,8 5,0 5,5 5,5-6,0 6,2 6,5-6,7 7,0 6,5-7,5 7,40-7,45 7,2-7,8 7,7-8,3 9,0-10,0 11,5 12,5 13,5 14

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I N T E R V I S TA

Nicola Grossi

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A colloquio con il greenkeeper che cura uno dei percorsi più belli d’Italia, realizzato sul finire degli anni ’50 a Biella

NEL REGNO DELLE BETULLE

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62 di Roberto Lanza

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iconoscimenti alla mano e secondo l’opinione di molti esperti, è considerato il campo più bello d’Italia. Stiamo parlando del Golf Club Biella Le Betulle, percorso creato dalla matita dell’architetto John Morrison negli anni ‘50, nel bel mezzo della Serra, la collina morenica più lunga d’Europa, una striscia di boschi e radure che separa il biellese dalla provincia di Torino. A prendersi cura di questo gioiello (lungo dai tee bianchi 6.497 metri, par 73), che mantiene inalterato negli anni il suo fascino e le sue caratteristiche di percorso naturale, c’è il quarantenne Nicola Grossi, giovane greenkeeper che i gradi di comando se li è conquistati sul “campo di battaglia”, partendo da semplice operaio e facendosi tutta la più classica delle gavette: «Ho iniziato nel giugno del 1993 come operaio, era il mio primo impiego dopo aver conseguito il diploma di licenza media - spiega Nicola che è originario di Foggia ma sin da piccolo, a seguito della famiglia, si è trasferito nel biellese dove abita tuttora con moglie e tre figli -. Nel 2004 quando andò via il precedente responsabile Gianni Ghirardo mi è stato proposto questo incarico, i primi anni sono stato affiancato a livello di consulenze da Alessandro Bertolini e poi ho proseguito da solo. Non ho diplomi specifici nel settore ma ritengo sia un lavoro dove ­siano fondamentali le esperienze che si maturano negli anni». La professione di greenkeeper all’interno di un golf club è un ruolo di grande responsabilità, a maggiore ragione quando ci si occupa di un campo molto blasonato. «È un’ardua impresa, tutti comunque si aspettano sempre e comunque la perfezione, non è semplice raggiungere questo obiettivo essendo condizionati dal clima e dal susseguirsi di varie problematiche».

Per risolvere questi problemi nei punti più critici siete intervenuti con transemine di essenze differenti? «Siamo intervenuti in alcune buche con transemine di Festuche, con però scarsi risultati a causa della stessa Poa Annua tanto delicata in estate quanto invadente e rigogliosa nei periodi primaverili e autunnali». Quali sono i problemi maggiori per gestire un percorso a queste latitudini e a quasi 600 metri sul livello del mare, con inverni molto freddi e nevosi, primavere piovose ed estati in certi casi torride? «La maggior parte dei problemi è legata alle malattie funginee, causate dalle condizioni climatiche estreme che si verificano nelle diverse stagioni: caldo umido, neve persistente in inverno e precipitazioni abbondanti in primavera». La soluzione che hanno adottato in alcuni percorsi con la trasformazione dei fairway in Bermuda Grass è attuabile nel nord del Piemonte? «La Bermuda Grass è una varietà che necessita di calore, da noi, data l’altitudine, inizierebbe a vegetare a giugno inoltrato e ad agosto ci sarebbe il degrado. Qui gli inverni sono molto freddi, a volte come detto con parecchia neve, per cui non riuscirebbe a sopravvivere». L’acqua e la gestione delle risorse idriche sono un problema per voi? «Negli ultimi anni il clima ci ha favorito con precipitazioni periodiche e abbondanti. Comunque come riserve sono presenti tre laghi molto capienti da cui attinge l’impianto di irrigazione satellitare».

Pregi e difetti del suo lavoro? «Tra i pregi c’è che si può stare all’aperto a contatto con la natura, poi è sicuramente appagante e soddisfacente quando si riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati. Il difetto è la natura stessa con la sua imprevedibilità». Rapporti con soci e consiglio direttivo? «In questi anni abbiamo avuto modo di conoscerci e scambiarci idee e opinioni, confrontandoci con fiducia reciproca». Golf Club Biella, caratteristiche, peculiarità del campo? «Sicuramente il percorso naturale e la qualità dei green sempre molto veloci, con tutte le difficoltà che fanno apprezzare questo campo, per non parlare dell’ambiente circostante». Può fare una descrizione dal punto di vista delle erbe e delle essenze del percorso? «È presente nei tee e nei green l’Agrostide, erba resistente ai tagli bassi e alle malattie. I fairway sono invece di Poa Annua, che è molto sensibile al caldo estivo».

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I N T E R V I S TA

Nicola Grossi - Biella Le Betulle

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Nella doppia pagina d’apertura, Nicola Grossi e due belle buche di Biella, la 9 e la 5. A sinistra, ancora il greenkeeper del percorso piemontese e, qui sopra, l’ultimo tratto della 18 Quali sono i principali interventi necessari durante l’anno per mantenere il campo a uno standard sempre elevato? «Gli interventi più significativi sono la carotatura e sabbiatura di fairway, green e tee con regolarità, per questo la gestione del percorso è notevolmente migliorata, riducendo feltro, malattie e ristagni d’acqua». Il campo necessita di molti interventi al livello di trattamenti con fertilizzanti o fitofarmaci? «La fertilizzazione viene effettuata regolarmente da aprile a novembre ogni 40/50 giorni cercando di mantenere il tappeto sempre rigoglioso. Per quanto riguarda gli interventi con fitofarmaci, da quest’anno con il Direttore e il consiglio direttivo è stato adottato un “protocollo bio” in vista delle normative 2016. Sono prodotti completamente biologici certificati con una piccola aggiunta di fitofarmaco che prevengono le condizioni naturali della malattia. Ricordo poi che dal 2004 abbiamo l’attestato di merito per il “Progetto impegnati nel verde”». Quanto è importante seguire la linea di un golf ecosostenibile puntando alla valorizzazione delle risorse locali ed alla riduzione degli sprechi? «E’ sicuramente importante soprattutto se ben organizzato in

tutti suoi aspetti. Seguendo questa linea ovviamente l’obiettivo sarà più impegnativo e costoso ma i risultati saranno sicuri». Quante persone fanno parte del suo gruppo di lavoro? Ci sono attività che appaltate ad esterni? «Il nostro staff è composto da sei persone. Per quanto riguarda attività appaltate ad esterni abbiamo da due anni un potatore che periodicamente viene e “mette in sicurezza” le piante più “disastrate” e poi una ditta di escavazioni che collabora con lo staff nella pulizia dei fossati e lo sradicamento dei ceppi, lavori entrambi che richiedono macchinari ed esperienza adeguati». Il percorso è immerso in una fitta vegetazione tra cui spiccano ovviamente le betulle, che caratterizzano il percorso e gli danno il nome. Come si gestiscono queste splendide piante che hanno una crescita abbastanza rapida ma sono delicate, poco longeve e facilmente attaccabili dai parassiti? «Stiamo intervenendo il più possibile con potature e bilanciamenti per il mantenimento delle piante sane, mentre, ove è stato necessario con l’abbattimento, le abbiamo sostituite con la piantumazione di nuove giovani betulle che nascono spontanee nei dintorni del campo».

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GIOCHI D’ACQUA A colloquio con uno dei massimi esperti nel campo della manutenzione dei tappeti erbosi. Molti impianti dei nostri circoli sono obsoleti e da sostituire, ma spesso i bilanci dei club non consentono spese e interventi rilevanti. Eppure rinnovarli sarebbe indispensabile, anche per poter contenere i costi...

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IRRIGAZIONE Lorenzo Simoni

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di Roberto Roversi

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golfisti non la amano molto. Per loro è spesso un nemico da evitare, un’insidia cui è meglio stare alla larga, un inutile ostacolo che rovina i colpi. E poi, il più delle volte, diventa il più frequentato cimitero di palline. Per sfuggire ai suoi tentacoli c’è chi ha fatto fortuna inventando il 15° ferro da tenere nella sacca senza incorrere in sanzioni: il peschino. A questo punto è chiaro che stiamo parlando dell’acqua. Se chi gira con la sacca per i campi da golf la considera una “rovina-score”, chi quei campi li cura e li gestisce la vede, invece, come un qualcosa di irrinunciabile e di prezioso. Lo sa bene Lorenzo Simoni, uno dei maggiori esperti di irrigazione nei campi da golf che nei suoi 25 anni di attività nel settore ha messo in cantiere decine e decine di progetti realizzati nei migliori tracciati italiani. “Nel corso della mia esperienza legata ai campi da golf – spiega Simoni – ho attraversato varie epoche, ognuna legata a concetti e a esigenze diverse. Negli anni ’50, ad esempio, l’irrigazione del tappeto erboso avveniva per ‘sommersione’, una tecnica che non si preoccupava molto del consumo idrico e che comportava una dispersione molto elevata. Poi ci si è resi conto che l’acqua non è un bene eterno e si è introdotto un modo differente del suo impiego mirato soprattutto a usarne sempre meno e nella quantità necessaria. Da questo punto di vista lo sviluppo delle tecniche di progettazione e l’uso delle innovazioni tecnologiche hanno radicalmente modificato l’atteggiamento del mondo golfistico nei confronti dell’acqua.” Qual è stato il cambiamento più significativo? “Prima di tutto c’è stata la presa di coscienza di una diversa consapevolezza del valore dell’acqua e del suo ruolo nell’ambiente. Da questa nuova filosofia è scaturito un approccio al problema con una prospettiva differente. Partendo da queste basi l’irrigazione dei campi da golf ha imboccato una strada che l’ha portata a livelli di efficienza e di tecnologia che in passato era impensabile ottenere. Oggi il know how che abbiamo a disposizione ci permette di usare esattamente l’acqua che serve e, soprattutto, dove serve. Uno dei grandi cambiamenti in questo settore è stato il passaggio dalla gestione elettromeccanica a quella elettronica dell’impianto di irrigazione che oggi avviene in maniera completamente computerizzata.” Come è pensato e realizzato un impianto di irrigazione di un campo da golf? “Diciamo subito che il lavoro di progettazione è strettamente legato a quello del designer del campo e dell’agronomo che ha in cura il tappeto erboso. Un progetto ben fatto non può prescindere dal rispetto delle esigenze di questi tre ruoli. L’obiettivo è quello di impiegare la giusta quantità di acqua richiesta dal percorso a costi corretti, verificando tutte le problematiche inerenti all’approvvigionamento, stoccaggio e trattamento dell’acqua necessaria. Ovviamente la realizzazione di un impianto di

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In apertura, irrigazione manuale sul celebre percorso di Augusta, sede del Masters. In queste pagine, irrigazione a Jesolo e Villa Condulmer e le stazioni di pompaggio di Montecchia e Montalcino irrigazione dipende molto dal budget che si ha a disposizione e dalle necessità richieste. Si possono spendere 600mila euro per un progetto semplice per campi di 18 buche che non hanno particolari esigenze idriche fino a raggiungere i 2 milioni di euro per impianti molto raffinati. L’impianto di irrigazione è una sorta di sistema cardiocircolatorio che dal “cuore” (la stazione di pompaggio) convoglia l’acqua su tutto il percorso attraverso un sistema di tubazioni, che raggiunge più o meno i 35 km. di lunghezza, per poi riversarla sul tappeto erboso grazie agli irrigatori. Tanto più questi ultimi sono numerosi, mediamente ne servono circa 800, migliore e più localizzata è la qualità dell’irrigazione. Di conseguenza, però, risulta più elevato il costo di realizzazione dell’impianto.A gestire il tutto c’è il “cervello” del sistema: il computer. Inoltre oggi esistono vari livelli di controllo computerizzato che migliorano l’elasticità e la flessibilità di servizio con notevole incidenza sul risparmio idrico. Una cosa importante da sapere, e spesso nei circoli di golf lo si dimentica, è che un impianto di irrigazione ha una sua scadenza. Oltre un certo numero di anni, che dipendono dalla qualità dell’impianto stesso, bisogna pensare alla sua sostituzione.” In questi casi come ci si comporta? Si interviene su quello vecchio o se ne costruisce uno completamente nuovo? “Se si ragiona in termini prettamente economici, il più delle volte risulta più conveniente realizzare un nuovo impianto, considerando non solo i costi di realizzazione, ma anche quelli di gestione annua per la manutenzione dell’impianto e per i consumi energetici. So che è difficile convincere i circoli a investire cifre importanti, ma questa è la strada da percorrere. L’installazione di un impianto di nuova generazione se da un lato può presen-

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tare una spesa iniziale di un certo rilievo, dall’altra, grazie alla tecnologia oggi disponibile, assicura però un risparmio idrico considerevole e una qualità migliore dell’irrigazione. Senza contare, inoltre, i minori consumi di energia elettrica che si hanno con le più recenti stazioni di pompaggio che hanno rendimenti vicini all’80% contro il 60% di quelle più datate.” In questi ultimi anni ci sono state evoluzioni nelle varietà dei tappeti erbosi che adesso presentano caratteristiche di manutenzione diverse rispetto al passato. Questo aspetto ha inciso sulla progettazione e sulla gestione degli impianti di irrigazione? “Certo. Oggi abbiamo a che fare con varietà di erba che hanno esigenze idriche particolari come, ad esempio, nel caso delle macroterme. I campi che hanno effettuato la conversione del loro tappeto erboso utilizzando queste varietà hanno dovuto intervenire anche sul sistema di irrigazione aumentando la parcellizzazione e modificando la gestione dell’impianto. E’ un fattore di cui si deve assolutamente tenere conto quando si effettuano questi tipi di intervento.” Come si decide la quantità di acqua per l’irrigazione? “Esiste una formula matematica chiamata ‘Evapotraspirazione’ che stabilisce la quantità di acqua ideale per irrigare un metro quadrato di tappeto erboso. Mediamente sui campi da golf della Pianura Padana questa esigenza varia dai 5 ai 7 litri per un consumo giornaliero che può andare dai 1.000 ai 1.500 metri cubi al giorno per un percorso di 18 buche. Nel caso di un tappeto erboso in macroterme, come la Bermuda, questo consumo, però, viene quasi dimezzato. Un altro aspetto da considerare nel calcolo del fabbisogno idrico è anche la qualità dell’acqua che si ha a

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IRRIGAZIONE Lorenzo Simoni

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disposizione. Più il “ph” è neutro meglio è in quanto questa caratteristica rende l’acqua maggiormente disponibile agli apparati radicali delle piante. Esistono acidi particolari, come quello citrico, compatibile con una gestione rispettosa dell’eco-sostenibilità e adatto a un uso in aree pubbliche, che permettono di modificare il “ph” dell’acqua a tutto vantaggio dei consumi, sia idrici che elettrici, in quanto la stazione di pompaggio viene meno sollecitata.” Un campo da golf ha aree di tappeto erboso di diversa qualità, dal rough ai fairway, dai collar al green. Come viene gestita l’irrigazione di queste zone che hanno differenti esigenze idriche? “Ogni tipo di area ha esigenze specifiche in ragione del tipo di erba, altezza e frequenza di taglio, conformazione del terreno, livello di drenaggio esistente. Oggi ci si affida al computer, con cui il manutentore ha la possibilità di costruire programmi irrigui specifici per ogni tipologia di area, gestendo la durata dell’irrigazione per ogni irrigatore, i giorni attivi e l’aggiustamento stagionale. Molto importanti, inoltre, sono il posizionamento, nonché la scelta della tipologia degli irrigatori utilizzati, rispetto alle loro caratteristiche di gittata, portata, regolazione dell’angolo di lavoro e del loro posizionamento sul percorso. Altri fattori da considerare sono anche quello climatico e quello legato alla conformazione e alla composizione del terreno. Dobbiamo, quindi, bilanciare tutte questi elementi, senza mai dimenticare il budget a disposizione, per riuscire a distribuire la corretta ‘dose’ di acqua a tutte le varietà di tappeto erboso presenti sul campo.” Com’è la situazione dei campi da golf italiani sotto l’aspetto degli impianti di irrigazione? “Bisogna rilevare che la maggior parte dei percorsi costruiti fino agli anni ’90 hanno impianti vecchi con costi di gestione antieconomici che andrebbero completamente rifatti. Le moderne tecniche di progettazione e la presenza di nuovi materiali hanno allungato la vita media degli impianti e migliorato la qualità della loro gestione. È un investimento necessario per avere una corretta manutenzione del percorso. Se il rifacimento dell’intero impianto in un’unica soluzione risulta troppo oneroso finanziariamente, oltre che difficoltoso per la continuità di utilizzo del campo, è consigliabile programmare interventi cadenzati nel tempo che prevedano i lavori su gruppi di 4, 6 o 9 buche all’anno, magari da svolgere d’inverno quando il percorso non risente della mancanza di irrigazione artificiale. Certo i costi per questo tipo di intervento non sono poca cosa, ma la loro entità va valutata per tutta la durata dell’impianto che può raggiungere tranquillamente i 30 anni.” “Gestire” l’acqua in un campo da golf, dunque, non sembra un compito tanto semplice. Nei circoli italiani ci sono le competenze professionali per farlo correttamente? “Posso dire che chi ha partecipato ai corsi organizzati dalla FIG su questo specifico settore ha la giusta conoscenza e sensibilità per svolgere al meglio questo lavoro. È fondamentale, però, restare costantemente aggiornati.”

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AL CENTRO DEL PIEMONTE

In un solo anno, il percorso biellese è stato rivoluzionato e, con l’acquisto di un terreno, portato a 18 buche. Ne abbiamo parlato con il suo presidente, Paolo Schellino

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NUOVI CAMPI Cavaglià (Biella)

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di Roberto Lanza

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i vogliono persone con grande intraprendenza e voglia di fare per investire nel golf in un periodo di crisi generalizzata come quello che stiamo vivendo. Per fortuna Paolo Schellino, presidente del Club e amministratore dell’UNA Golf Hotel Cavaglià, appartiene a questa categoria ed in una sola stagione ha trasformato un apprezzato campo a 9 buche (+ 6 executive) in un riuscito percorso a 18 buche inaugurato lo scorso aprile. «Sono molto soddisfatto dell’esito finale – spiega Paolo Schellino – . Inizialmente avevamo pensato di modificare solamente l’executive portandolo a 9 buche (9 par 3, ndr) e sommarle con le 9 buche originarie. Poi con l’acquisizione di un terreno vicino siamo riusciti con un investimento accettabile a mettere insieme un progetto molto più completo e interessante. C’è stato qualche disagio per i soci e i frequentatori ma in un anno siamo riusciti a concludere i lavori senza praticamente mai chiudere un giorno. Considerando che i costi di manutenzione rimarranno pressoché invariati, la modifica porterà una serie di vantaggi alla struttura, a cominciare dallo svolgimento delle gare. Ma l’aspetto più importante delle 18 buche abbinate al nostro UNA Golf Hotel Cavaglià e alla nostra posizione strategica, vicina ai più bei golf club del Piemonte come Biella, Bogogno, Castelconturbia, Royal Park e Torino, è che ci consentiranno di entrare nel circuito delle vacanze legate al turismo golfistico dei tour operator stranieri. Anche per questo stiamo sponsorizzando un circuito di gare, Una Golf Hotel Cavaglià Swiss Tour 2015 in sei campi svizzeri dove regaliamo a tutti i partecipanti un green fee per il nostro campo. Il turismo in Italia è un industria che dovrebbe essere il primo fattore di sviluppo per il paese. Per la riuscita del progetto devo dire un grazie di cuore a tutti quelli che hanno seguito la costruzione, dall’architetto Giorgio Ferraris al greenkeeper Luigi Maffeo, fino alla commissione sportiva e poi un ringraziamento speciale a Costantino Rocca che è intervenuto il giorno dell’inaugurazione. Ero così emozionato di giocare con lui che nel primo colpo mi è partito un bel “rattone” ..» Il campo è stato infatti tenuto a battesimo da una Pro-am a cui ha preso parte anche Rocca. Questa la sua opinione sulle nuove 18 buche: «È un percorso corto ma divertente, che ti fa anche un po’ incavolare, perchè ti invoglia a tirare il Drive, ma se non stai attento finisci nei guai. L’inaugurazione l’ho fatta subito alla buca 1, primo colpo e palla in out... Spero porti fortuna al campo».

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Qui sopra la club house di Cavaglià, in stile New England, a destra il bel ristorante e una zona relax della club house. Sotto, due buche del percorso e la mappa delle 18 buche, opera del torinese Giorgio Ferraris

IL NUOVO PERCORSO La storia del Golf Club Cavaglià è relativamente recente. Nato nel 1998 con la realizzazione delle prime 6 buche, è cresciuto nel 1999 a 9, un par 73 con doppie partenze, mentre nel 2001 sono state inaugurate 6 buche executive. Nel 2014 sono iniziati i lavori che hanno portato alla trasformazione del percorso in

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18 buche par 68 di 4.576 metri. Un progetto nato e realizzato nel giro di una stagione con la supervisione dell’architetto Giorgio Ferraris (già autore del disegno originario), che ha portato a una rivisitazione completa del campo. La prima buca (handicap 2) è un par 4 di 317 metri (dai tee bianchi che verranno utilizzati in abbinamento ai tee neri per

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NUOVI CAMPI Cavaglià (Biella)

le donne in tutte le gare) con un lago che interferisce sul primo colpo e un ampio green difeso da bunker. La buca 2 è il primo (e forse il più impegnativo) dei sei par 3 che si incontrano sul percorso. Lungo 146 metri richiede una certa precisione per centrare il green rialzato della ex buca 1 difeso da due ampi bunker. La buca 3 è un corto par 4 di 226 metri contornato da diversi bunker. Nel tee-shot della buca 4 bisogna stare attenti ad un lago (a circa 170 metri) e ad un fuori limite sulla destra che la costeggia in tutta la lunghezza fino al green della ex buca 2. Le buche 5 (par 4 in salita di 304 metri) e 6 (corto par 3 di 119 metri) sono ricavate dove prima c’era la buca 3. La 7 (par 5 di 463 metri che condivide con la 17 il titolo di signature hole) è la vecchia 4 con il green di fronte alla club house. La 8 (par 4 di 345) e la 9 (par 3 di 141 dove è stato spostato leggermente il tee) sono le ex 5 e 6. Un corto par 3 di 113 metri apre le seconde 9 buche. La 11 e la 12 sono le uniche completamente nuove da tee a green. La prima è un par 4 di 276 metri leggero dogleg a sinistra con fuori limite sulla destra dai 180 metri fino ad appena dietro il green, la 12 invece un par 3 di 109 metri con un’insidiosa siepe sulla sinistra. La buca 13 è un par 4 di 274 metri con un canale che separa il fairway e interferisce nel primo colpo. La buca

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14 è un par 4 di 325 metri con un canale davanti al green che rispecchia la ex buca 4 delle executive. La 15 è un par 3 di 146 metri parallelo alla 10 e la 16 (par 4 di 310 metri) ripercorre la vecchia buca 7. La 17 (ex 8 allungata di qualche decina di metri), par 5 di 420 metri, è un secco dogleg a destra con tee-shot molto stretto e un lago che entra in gioco nel primo colpo solo per i giocatori più lunghi e nel secondo per gli altri, è considerata la più difficile del percorso. La buca 18 conclusiva è un par 4 di 260 metri che costeggia il campo pratica con il nuovo green posizionato di fronte alla club house. In definitiva un percorso non lungo ma divertente e tecnico senza però essere punitivo come spesso succede nei campi più corti. Un 18 buche che può regalare soddisfazione ai giocatori più potenti che hanno a disposizione almeno tre par 4 raggiungibili con il primo colpo ed un par 5 che si può prendere in due. Allo stesso tempo la relativa lunghezza di alcune buche potrà premiare la precisione senza penalizzare i giocatori più corti. A rendere le cose difficili rispetto alle 9 buche originarie par 73 con doppie partenze c’è poi il nuovo playing handicap che invece di regalare colpi come succedeva, ora li toglie. Ad esempio un exact handicap 10 si trova quindi a giocare 7 invece che il precedente 12 e un ex hcp 20 gioca 17 invece che 25. Insomma, una sostanziale differenza.

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IL GIOIELLO DELL’ALTOPIANO

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Legno, pietra e vetro lavorano insieme in maniera ideale nella grande e bella struttura che raccoglie le zone comuni e i servizi del circolo vicentino di Fulvio Golob

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on questo numero, iniziamo una serie di articoli dedicati alle clubhouse più belle e interessanti, in Italia e non solo. Il debutto è dedicato ad Asiago e alla splendida struttura che raccoglie i servizi del circolo, cui fa da pendant il delizioso albergo-boutique Meltar che gli si affaccia davanti, al di là della grande area dedicata al putting green. Quello di Asiago ci sembra un esempio perfettamente riuscito di come tradizione - in questo caso parliamo di edilizia montana - e modernità possano fondersi in maniera armonica, senza stridori né traumi, regalando spazi belli, fruibili e distribuiti in maniera intelligente. All’ingresso segreteria e pro-shop danno il benvenuto al socio o all’ospite, mettendo subito in evidenza uno degli elementi fondamentali della struttura e cioè il chiaro legno di abete. Subito dietro si apre in tutta la sua ampiezza lo splendido bar che impreziosisce la zona relax, illuminata da una grandissima parete in vetro che apre lo sguardo sul campo. Dal tetto spiovente che mette in evidenza generose travature oblique, scendono raffinati lampadari in cui il legno si sostituisce con naturalezza ai cristalli preziosi dei palazzi nobiliari veneti. Alle spalle del bar, spazio alla cucina e alla zona ristorante, con una spettacolare esposizione di bottiglie in numerose teche illuminate. La sala si apre poi sull’ampia terrazza che domina il campo, perfetta per un aperitivo o per riposarsi dopo un giro in campo. Una scala chiusa da pareti di vetro porta al piano superiore, dove si trova una vasta sala per conferenze e riunioni, mentre un’altra rampa, stavolta in discesa, conduce nell’interrato agli spogliatoi, raro esempio di stile e funzionalità. Non c’è che dire: una clubhouse così strappa davvero gli applausi.

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In alto, lo staff del circolo di Asiago. Qui sopra, la bellissima zona relax, con il grande camino in pietra, e il bar; la terrazza; una parte del ristorante e la scala che porta al piano superiore. A destra, una veduta del campo dalla clubhouse, i due spogliatoi, il pro shop e il salone per riunioni e meeting

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CLUBHOUSE Asiago

Progetto, staff e interni La clubhouse di Asiago è affacciata su uno dei più interessanti e piacevoli campi di montagna italiani. Fondato nel 1967, sta viaggiando verso i suoi primi 50 anni in gran forma. Disegnato da John Harris, il campo è stato rivisto e ampliato nel 1990 da un esperto di percorsi in altitudine come Peter Harradine. La grande svolta per il Golf Club Asiago avvenne con la presidenza Franco Gemmo, sostituito poi nel 2010 dalla figlia Irene, vera

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anima del circolo che ha dato avvio a un importante progetto di potenziamento, di cui la clubhouse e il Meltar Boutique Hotel sono due pietre fondamentali. Lo studio che ha curato la realizzazione della clubhouse è Benetti e Grigolo Architetti di Vicenza (info@benettigrigolo.it), mentre l’arridatrice è stata Paola Meneguzzo. Nel circolo accanto al direttore Sergio Vellar, lavorano Marta, Elisa, Daniel e lo sterter Roberto. Course manager è Carlo Arduini, mentre Carla D’Arienzo si occupa del pro shop. In cucina, la maestria dello chef Walter Romagnolo.

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Giocare a mezzanotte

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GOLF ESTREMO

Isole Lofoten

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Ridisegnato e riaperto sotto l’egida di Troon Golf, vi presentiamo l’unico campo di 18 buche al mondo dove per due mesi all’anno si pratica 24 ore su 24. Collocato a nord del Circolo Polare Artico, accanto alle coste norvegesi, l’arcipelago esporta in Italia l’80 per cento del merluzzo che viene pescato qui

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di Andrea Ronchi - foto di James Lovett

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uanti, vista la canicola che ci ha accompagnati durante l’estate, non avrebbero voluto essere in un posto meno problematico? Forse tutti. I problemi ai quali ci riferiamo, parlando agli addetti del settore, sono il caldo, la proliferazione di funghi o erba bruciata e il rischio di siccità. Per i golfisti la lotta all’afa e a quel maledetto “caldo percepito” che oggi conosciamo e temiamo molto di più della semplice temperatura dei termometri. Ebbene, a Gimsøy Island questi problemi sono pressoché sconosciuti. Si tratta di un’isola delle Lofoten nella contea di Nordland, in Norvegia, zona che ha grandi rapporti con il nostro Paese, anche se non molti lo sanno. Il merluzzo artico norvegese di queste isole viene considerato il migliore in assoluto e perfetto per essere trasformato in stoccafisso. Per questo motivo circa l’80% dei merluzzi pescati qui viene esportato in Italia. Le coordinate delle Lofoten, per i tecnologici, sono 68°18′N 14°12′E e quindi ci troviamo oltre il Circolo Polare Artico (66° 33 N). Chi usa una cartina tradizionale deve scorrere con il dito nella parte alta della Norvegia sino a quel “dente” di isole che si affacciano sul Mare Norvegese. L’isola è situata tra ­Austvågøya e Vestvågøya, all’interno della comune di Vågan e ha una superficie di 46,4 km², con una popolazione di 230 persone. Cosa c’entra tutto ciò con il golf? Molto, anzi moltissimo poiché il 4 luglio ha riaperto il Lofoten Links, un 18 buche dall’alto tasso spettacolare e ora per di più gestito da Troon Golf, la più importante società mondiale che si occupa di amministrare circoli e percorsi, con

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circa 250 campi in quattro continenti. Il golf è immerso in una natura straordinaria e si affaccia sull’oceano. Giocare accompagnati dal sole di mezzanotte con la vista che può spaziare verso nord senza alcun ostacolo è senza alcun dubbio un’esperienza unica. Il mare entra in gioco su parecchie buche e le spiagge sabbiose diventano bunker naturali. Nel periodo estivo a Lofoten è possibile giocare 24 ore su 24 per due mesi, unico 18 buche al mondo a offrire questa possibilità (gli orari d’apertura degli altri periodi vengono aggiornati quotidianamente). Il campo ha quattro differenti tee per ciascuna buca ed è adatto per qualsiasi livello di gioco visto che anche in Norvegia, a differenza dell’Italia, i battitori sono definiti per handicap e non per sesso. L’erba è una normale festuca autoctona, capace di svilupparsi anche con temperature molto basse. Hov, comune dove è collocato il percorso, è un antico paese vichingo con numerosi relitti e alcuni reperti presenti anche sul campo. Inoltre l’area è ideale per gli amanti del bird watching. Aquile di mare, galli cedroni, beccacce, anatre e uccelli marini come cormorani, sule ed edredoni sono visitatori quotidiani del percorso. I più fortunati possono vedere anche il raro chiurlo dalla coda nera, ma anche stormi di oche dalle zampe rosa e selvatiche. Tra reperti vichinghi, fauna e paesaggio da favola sicuramente giocare a Lofoten Links rappresenta un’esperienza unica. Il green fee per 18 buche costa intorno a 60 euro ma il circolo propone anche abbonamenti per le 24 ore (120 euro) oppure per tre, cinque o dieci giri. Sul sito (lofotenlinks.no) si trovano tutte le informazioni aggiornate, comprese le previsioni meteo molto importanti a queste latitudini, ed è possibile prenotare tee time, noleggiare attrezzatura e chiedere ogni tipo di informazione.

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Isole Lofoten

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In queste pagine alcune buche del Lofoten Links, campo norvegese oltre il Circolo Polare Artico. In particolare, nella doppia di apertura la bellissima 17 con il suo grande ostacolo d’acqua, a sinistra la 5 e in questa pagina due scorci della 7

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BACKTEE Marco Dal Fior

Arrivano nuovi e prodigiosi testimonial: i nonni

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l campo da golf ha un aspetto del tutto diverso nei giorni feriali, quando i fairway sono quasi deserti e nel driving range ci sono ettari di postazioni a disposizione. E chi si avventurassse sulle buche, incontrerebbe drappelli di signori e signore un po’ in là con gli anni che hanno deciso di godersi la loro pensione su un campo da golf. Ecco il punto: quando ci dicono che il golf “è uno sport da vecchietti” noi scattiamo sulla difensiva. E facciamo partite in automatico l’arringa su un’attività che – lo sappiamo bene – non è solo impegnativa dal punto di vista fisico, lo è anche da quello psicologico, richiede concentrazione, grinta, capacità di adattamento. Eppure, a pensarci bene, il golf è proprio uno sport da vecchietti. Nel senso che è adatto anche a loro. Anzi, mi verrebbe da dire, adatto soprattutto a chi non ha fretta di invecchiare. Cosa fa meglio di una passeggiata nel verde a ritmo sostenuto ma non troppo atletico, magari trascinandosi dietro il carrello che anno dopo

anno si arricchisce di nuovi prodigiosi ferri e bastoni? Cosa mantiene giovani quanto le sfide all’ultima birra che spesso vedo scattare in club house (dopo estenuanti discussioni sulla formula: best and aggregate, quattro palle la migliore, a colpi, a buca e via elencando) tra distinti pensionati che si affrontano un giorno sì e un giorno no sulle 18 buche del campo? Durante la settimana il golf ha i capelli bianchi. E potrebbe averne ancora di più se, approfittando del fatto che la vita media si sta allungando a velocità prodigiosa, venisse propagandato come la perfetta ginnastica per il corpo e la mente della terza età. Di più: mi meraviglio che i maestri di golf non abbiano ancora sviluppato – se non con poche, lodevoli eccezioni – una specie di percorso consigliato (un “protocollo” lo chiamerebbero i medici) per facilitare l’apprendimento ai neofiti più in là con gli anni, quelli con i muscoli un po’ arrugginiti e giunture fragilmente delicate.

Così come mi lascia sconcertato il fatto che mentre i Circoli promuovono tariffe preferenziali per i giovani, poco o nulla facciano per il mercato dei seniores, che pure potrebbe essere molto più ricco e lucroso per le casse in perenne affanno. Obiettivo di marketing: trasformare l’immagine del golf da passatempo per ricchi sfaccendati in sport sociale, che migliora la salute, l’umore e la qualità della vita dei nonni italiani. Obiezione: bravo, così i Circoli diventano succursali della Baggina (celebre ricovero per anziani milanese, ndr) e il golf ripiomba nel suo limbo perenne. Mi oppongo Vostro onore: i nonni sono ancora, per fortuna, dei testimonial prodigiosi. Sentire parlare di golf in famiglia, vedere il nonno alle prese con lo swing, seguirlo in campo pratica potrebbe trasformare più di uno scolaro delle elementari in un aspirante golfista. E riequilibrare, se questo è davvero il problema, l’età media degli “zappatori da fairway”. È un’eresia?

Qui sopra, il grande Arnold Palmer, oggi 85enne, in una foto del 2001

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Sentenze positive per Car imate e Villa d’Este

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