09 Professione Golf Club Autunno 2015

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PROFESSIONE

by GOLF&TURISMO

GOLF CLUB CLUB IMPEGNATI NEL VERDE e GEO

I circoli virtuosi 2015

MANUTENZIONE

I campi di montagna AITG

Meeting a Le Robinie INCHIESTA

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore

Bermuda per tutti?

PERSONAGGI

Piero Montauti Filippo Di Felice IMPIANTI

Irrigazione nuova all’Adriatic Club PROGETTAZIONE

No ai campi “lenti” CLUBHOUSE

Villa d’Este REGOLAMENTI

Arriva l’handicap 54

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SOMMARIO AUTUNNO 2015

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GOLF CLUB

Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno III - numero 9 - Novembre 2015 - 8,00 euro Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419313), Roberta Vitale (02 42419236) Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico) Hanno collaborato a questo numero: Stefano Boni, Lucio Colantuoni, Paolo Croce, Alessandro De Luca, Donato Di Ponziano, Calum Forbes, Carlo Manca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Fabrizio Pagliettini, Franco Piras, Luca Porcu, Federica Rossi, Roberto Roversi, Maurizio Trezzi, Andrea Vercelli, Marta Visentin, Sara Zammarini, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it Creative Director: Patrizia Chiesa Editore: Go.Tu. Surl Presidente: Alessandro Zonca Vice Presidente: Silvio Conconi Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it Sito web: www.professionegolfclub.it Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento) Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it Amministratore Delegato: Alessandro Zonca

EDITORIALE - Mezzo milione di green fee Fulvio Golob

AITG - Speciale Meeting - Conoscere per crescere Fabrizio Pagliettini

NEWS - Notizie dall’Italia e dall’estero

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a cura della redazione

FORE! - Una crisi perfetta

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Donato Di Ponziano

ICS - 13 i premiati all’Open d’Italia

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Marta Visentin e Stefano Boni

INTERVISTA - A. Bovari / Il dottore della PGAI Andrea Ronchi

PERSONAGGI - P. Montauti / Tradizione e Innovazione Roberto Zoldan

INCHIESTA - Il gioco lento

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Franco Piras

SERIOUS GOLFERS - Handicap Story

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Filippo Motta

PERSONAGGI - F. Di Felice / Una famiglia e 18 buche di Federica Rossi

CONVERSIONI - Macroterme: I perché di un successo Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi FIG)

PERSONAGGi - F. Della Libera / 60 anni di lavoro a Cansiglio Marco Croze

CONVERSIONI - Tolcinasco / E dopo il Giallo è arrivato il Blu... Fulvio Golob

CAMPI DI MONTAGNA - Uno sport in tutte Le stagioni Roberto Roversi

MANUTENZIONE - L’Open di Gordon & Gordon Stefano Boni

SPERIMENTAZIONE - St Andrews / Un prato sopra al tetto Stefano Boni

RINNOVO IMPIANTI - Cervia / Prima invernale Sara Zammarini

GOLF E DIRITTO - La giustizia sportiva nel golf Avv. Paolo Montanari

INCHIESTA - Resort / Italy Golf Experience Maurizio Trezzi

ASSOCIAZIONI - AIGG: i 40 ruggenti

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a cura della redazione

CLUBHOUSE - Villa d’Este / Il fascino discreto dell’eleganza Fulvio Golob

INTERVISTA - Al Zorah / Fiocco azzurro negli Emirati Calum Forbes

BACKTEE - Cavaliere di Caserta o pescatore di Pavia? Marco Dal Fior

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Responsabile di testata: Alessio Maggini (02 42419249) - alessio.maggini@publimaster.it Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.

Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2015 Go.Tu. Surl

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EDITORIALE

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Fulvio Golob

Mezzo milione di green fee La lezione degli 11 circoli sulla costa turca attorno ad Antalya, capaci di produrre numeri ed entrate da capogiro

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edichiamo questo editoriale d’autunno al mercato del Basterebbe questo per avere molto su cui ragionare, ma c’è golf in Turchia, dove abbiamo trascorso una settimana dell’altro. Sono in cantiere, nella sola zona di Antalya, numeroospiti di Turkish Airlines. L’invito è scattato per assi- si altri progetti (si parla addirittura di 25), con tempi di realizstere all’Open, che ha aperto le Final Four della Race zazione non troppo lontani nel tempo. Anche se, per esperiento Dubai 2015, sponsorizzato da tre anni dalla compagnia di za, è sempre bene prendere con un certo beneficio d’inventario bandiera. Importante il montepremi: sette milioni di dollari. proclami altisonanti, queste dichiarazioni del presidente della Tanto per intenderci, più dell’evento-simboFedergolf locale, Ahmet Agoglu, confermano lo dell’European Tour, il BMW Championche il nostro sport è uno dei perni su cui la ship di Wentworth (cinque milioni di euro), e Turchia punta per far crescere il suo turismo senz’altro molto più ricco del milione e mezzo di qualità. Per quanto ne sappiamo, in Italia di euro della nostra gara più titolata. Da agsono invece in dirittura d’arrivo solo un paio giungere che Turkish Airlines ha già conferdi percorsi, quello di Cortona (Toscana) disemato sulle stesse cifre il suo impegno per altri gnato da Franco Piras e quello di Taormina tre anni e che dal 2010 ha investito moltissimo (Sicilia), che porta la firma di Costantino Rocsul golf, a cominciare dal fatto che le sacche ca, alla sua prima esperienza come architetto volano gratis su tutti i suoi 300 aerei. di golf. Questi pochi dati la dicono comunque lunga Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, su un atteggiamento molto interessato nei possiamo dire che in poco più di un decennio confronti del nostro sport. Pur con problemi la Toscana ha aperto resort di rilievo come non di secondo piano a livello politico, la Argentario, Bagnaia, Castelfalfi, Saturnia, ToTurchia da tempo sta puntando moltissimo scana/Pelagone, per non parlare del magnifico, sul turismo. E nel suo prodotto interno lordo ma privato, Castiglion del Bosco. E lo stesso (799 miliardi di dollari nel 2014 contro i 2.144 si può dire anche della Sicilia, con l’arrivo di Ahmet Agoglu, presidente dell’Italia) il turismo conta per ben il 12 per Donnafugata, Le Saie, Monasteri, Verdura. Il della Federgolf Turca cento (96 miliardi). Altro dato significativo, bicchiere mezzo vuoto dice però che si tratta dal 2004 al 2014 la Turchia è volata dal 12° al 6° posto nella di interventi non coordinati, non realizzati per “fare rete” e quasi classifica mondiale degli arrivi turistici, secondo i dati forniti sempre affidati a gruppi economico-finanziari differenti (unica da UNWTO (World Tourism Organization), con 39,8 milioni eccezione Le Saie e Taormina). Distanze spesso eccessive non lo scorso anno. E l’Italia è appena davanti, in quinta posizione, consentono alle varie strutture ad aiutarsi fra loro, con il risultato con 48,6 milioni… che ognuno fa da sé invece di cercare sinergie comuni. E veniamo più specificamente al golf. Per farlo, citiamo i ri- E veniamo a un breve sommario del terzo numero 2015 di Professultati di una recente ricerca di KPMG, presentata dall’amico sione Golf Club, che esce in contemporanea con il meeting autunAndrea Sartori nel secondo giorno di gara ad Antalya (sede del nale dell’AITG. Numerosi gli articoli che crediamo possano susciTurkish Airways Open sul percorso del Maxx Royal, firmato tare interesse. Oltre alle consuete interviste con presidenti, direttori da Colin Montgomerie). La Turchia dispone di 18 percorsi di e superintendent, vi proponiamo anche quella con Antonello Bovagolf (l’Italia ne ha 275), quasi tutti concentrati a Belek. Sono ri, nuovo timoniere della PGAI. Vi ricordiamo anche l’intervento infatti 11 i club (un vero e proprio “cluster” ideato una quindi- di Alessandro De Luca sull’attualissimo tema delle macroterme e il cina di anni fa) che gravitano attorno all’aeroporto internazio- collegato pezzo sul secondo percorso in bermuda a Tolcinasco. Poi nale di Antalya. Ebbene, questi 11 circoli (circa 200 buche) nel spazio alle modifiche nella regolamentazione degli handicap, un 2014 hanno prodotto 513mila giri di campo (in gran parte con excursus sul golf negli Emirati Arabi alla luce del nuovo percorso tedeschi e inglesi), più o meno quelli che vengono effettuati da di Al Zorah, nello stato di Ajman, il problema dei cinghiali e la giocatori stranieri in Italia nel corso di un anno. Prezzi medi dei passerella dei premiati per i riconoscimenti di Impegnati nel verde green fee: 79 euro in bassa stagione, 109 in alta. e GEO. E ancora molto altro. A tutti, buona lettura.

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NOTIZIARIO

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Conoscere per crescere di Fabrizio Pagliettini

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aro amico, la fine dell’estate ci riporta ormai con una frequenza abituale all’approssimarsi del momento di incontro della nostra Associazione. Il titolo scelto per questo Meeting, “Conoscere per crescere”, nasce da un concetto che rappresenta la nostra mission sin dalla nascita dell’Associazione, ma anche e soprattutto dalla presa di coscienza di quanto oggi sia importante approfondire alcuni argomenti per fare chiarezza, trovare soluzioni e, insieme, se necessario, cercare di far sentire la nostra voce, consapevoli che uniti possiamo avere un peso che diversamente non avrebbe la stessa potenzialità. Sono pertanto molto soddisfatto di poter presentare questo meeting che si preannuncia ricco di spunti e argomenti di grande interesse; sin dall’insediamento del nostro Direttivo abbiamo cercato di far fronte al periodo decisamente non felice seguendo due strade ben definite: il miglioramento della nostra professionalità e il coinvolgimento emotivo di tutti per trovare nel meeting una riserva di entusiasmo e positività imprescindibile al nostro ritorno “a casa”. Anche questa volta, mi auguro che possa essere così. Sono convinto che oggi più che mai sia importante avere al nostro fianco i Presidenti, i Consiglieri delegati o i proprietari dei

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Club. Affronteremo tematiche (quella relativa all’applicazione del PAN è solo la più urgente e attuale, ma altri interventi ci consentiranno di spaziare su più argomenti delicati) che necessariamente coinvolgono anche e soprattutto chi ricopre cariche sociali e ha precise responsabilità penali e di controllo. Gli Avvocati Ernesto Russo e Massimiliano Montone, l’amico Richard Cau, i numerosi interventi di professionisti del settore previsti per l’Area verde saranno i protagonisti di una prima giornata intensa e ricca di spunti e contenuti; la presenza di Antonio Bozzi, Celso Lombardini e Antonello Bovari sono la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, del proposito comune di rafforzare e rendere ancora più concreta la collaborazione tra di noi. Un altro aspetto innovativo è rappresentato dal tentativo di dedicare uno spazio (gestito da figura professionale di spicco) al rapporto con il gestore del Bar Ristorante o, nel caso di gestione diretta, alla sinergia importantissima che si deve creare tra il settore food and beverage e la gestione del Circolo; troppe volte si pensa a due binari paralleli che nella migliore delle ipotesi corrono nella medesima direzione mentre l’esigenza è quella di creare un unico binario che usi lo stesso linguaggio e abbia gli stessi obiettivi. Non è sempre facile ma penso che sia importante provare a parlarne e storicamente iniziare un dialogo nel nostro meeting che consenta ai gestori una prima ed efficace opportunità di confronto. L’avvicinarsi della fine del mandato ci darà la

possibilità, nel corso della cena, di fare un primo vero bilancio di questo percorso condiviso. Uno sguardo a quasi quattro anni vissuti insieme che possa fissare i punti dai quali ripartirà il prossimo Consiglio che guiderà l’Associazione. Il giorno successivo potremo scegliere se partecipare ad una clinic (per tutti coloro che vogliano, per una volta, dedicarsi all’approccio al golf giocato e non solo “lavorato”) o a una gara per chi invece vorrà mettersi in gioco sullo splendido percorso che ci ospita. Come consuetudine vorrei sottolineare quanto sia importante per tutti noi la presenza qualificata degli sponsor. La sinergia con loro ci da l’opportunità di avere contatti importanti per il nostro lavoro e consente loro visibilità e promozione. Non facciamogli mancare il calore della nostra presenza, non perdiamo occasione di ascoltare la loro voce e di partecipare ai momenti di doverosa promozione. A tal proposito, nello “spazio sponsor” conclusivo del primo giorno, tra le 17.30 e le 19.30, verranno estratti premi speciali tra tutti i presenti alle relazioni, per incentivare la Vostra adesione e per rendere ancora più piacevole e aggregante il rapporto con le aziende coinvolte. Ringrazio per la squisita ospitalità il Golf Le Robinie e il suo splendido Centro Congressi, che ci danno la possibilità non da poco di sentirci “a casa”, in un ambiente accogliente e confortevole. Buon lavoro a tutti

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Dalla vela al green A

ndrea Guerrini dal mondo della vela a quello del golf: manager senese, che vanta la sua massima esperienza nel settore della vela da diporto e sportiva ed una più breve ma consistente nell’enogastronomia, approda circa un anno fa al Golf Club Valdichiana, un campo a 9 buche, par 34 con i suoi 23 ettari immersi nelle più belle campagne di questo territorio. “Dalla vela al golf con molte similitudini – racconta Andrea Guerrini - entrambi talmente totalizzanti e appaganti, che quando si provano non si riesce più a farne a meno, tante regole che invece di spaventare conquistano e ti riempiono di emozioni di ogni tipo, il contatto con la natura ritempra, sia in mare che sul green. Nel golf la qualità e l’immagine del tappeto erboso sono fondamentali – dice Guerrini - e quando sono arrivato il campo non era nel suo stato ottimale. Mi sono subito reso conto che era fondamentale intervenire miratamente, e nelle mille cose che mi sono trovato ad affrontare, la priorità è stata quella di renderlo immediatamente giocabile. Non potevo farlo da solo e mi sono messo alla ricerca di una équipe di esperti, un’azienda seria e capace, che al contempo rispettasse l’ambiente, riducendo al minimo l’impiego di fitofarmaci e che puntasse più sulla qualità che sulla quantità. Ecco l’incontro con Geogreen, che ha segnato la svolta.” Nasce così, una collaborazione a 360° gradi tra Geogreen e Golf Club Valdichiana. Da un lato la pluriennale esperienza nel settore verde professionale, fatta di conoscenze agronomiche, innovazioni tecniche e produttive in grado di dare risposte immediate e di facile utilizzo, sia in termini tecnici che economici che ambientali. Dall’altro, la collaborazione del Golf Club che ha osservato e agito nella reale e concreta manutenzione del verde sperimentando e interagendo le linee guida di Geogreen. Tutto ciò ha permesso di ottenere una crescita compatta e mirata, dove c’era bisogno. L’intuizione immediata di Andrea Guerrini, lo scambio di informazioni e il costante monitoraggio del greenkeeper, avallate dallo studio tecnico di Green Grass, braccio operativo di Geogreen, ha permesso di intervenire prontamente, con un piano nutrizionale e di difesa. Geogreen ha fornito un servizio completo iniziato con la rilevazione delle variabili dell’area di riferimento, lo studio del microclima locale e le analisi fisico chimiche del terreno e delle acque producendo rapidamente report analitico che ha messo subito in evidenza le carenze nutrizionali e strutturali del campo. Da qui, il piano biotecnico manutentivo personalizzato, elaborato per il Golf Club Valdichiana, che ha chiesto i primi risultati immediati che permettessero ai golfisti di giocare e divertirsi. Ma i punti salienti di questa collaborazione erano e sono la razionalizzazione dei lavori e la programmazione a medio e lungo termine dei lavori stessi, in funzione anche della specifica condizione economico finanziaria.

Il piano prevede l’utilizzo di prodotti specifici di elevatissima qualità, formulati per soddisfare le esigenze nutritive delle diverse aree del campo: la linea di granulari e microgranulari Mivena, unita alla linea liquida prodotta da Geogreen. Si inizia così nel mese di aprile a somministrare fertilizzanti microgranulari Mivena, per garantire una nutrizione costante e uniforme nel tempo. Associato a questi, vengono utilizzate specialità liquide, sempre di Geogreen, come ad esempio Sankare, per migliorare la resistenza endogena del tappeto erboso. Infine, per apportare calcio e magnesio e indurre colorazione e resistenza meccanica viene utilizzato il prodotto liquido CaKicker. “I risultati sono stati straordinari - aggiunge Guerrini – con un rinverdimento immediato del manto erboso, grazie alla ricca composizione di questi prodotti, con un’azione efficace di recupero. La somministrazione dei prodotti, è sempre stata assistita e monitorata, soprattutto nelle prime fasi: modalità di distribuzione, tempi, dosi. Questo ha permesso inoltre di prepararci anche per l’autunno, altro momento critico in genere dell’anno, perché lo step successivo è il mantenimento del tappeto ottenuto, per non vanificare i risultati.” “Uniformare il manto, la brillantezza del colore, ridurre il numero dei tagli e migliorare la resistenza al calpestio e a stress termici, idrici, meccanici e biologici, con riduzione delle ore della manutenzione e formazione sull’utilizzo dei concimi, è stata la strategia vincente – dichiara Maurizio Serboli, titolare di Green Grass”. L’aspetto economico non viene quindi sottovalutato, ma anzi viene evidenziato dalla qualità dei prodotti di Geogreen, capaci di cedere le giuste quantità in modo costante e duraturo degli elementi nutritivi, tanto da renderli competitivi a livello di costi economici e sposarsi con l’ecosistema golf. “Una gestione oculata, dove gli interventi come le carotature, le decompattazioni, le rigenerazioni dei green e dei tee sono stati fatti in maniera professionale – conclude Andrea Guerrini direttore del Golf Club Valdichiana – e mi hanno permesso di risparmiare su tagli, sulle zollature e sui ripristini, che sono andati a compensare il budget necessario per la nutrizione, che si è rilevato fondamentale, per i risultati che abbiamo ottenuto nel percorso con piena soddisfazione degli golfisti.” Un campo da golf è, come sappiamo tutti, un’opera complessa e allo stesso tempo è una “macchina” delicata, la cui gestione rappresenta una sfida continua. Per vincerla occorre perciò avere partner capaci, professionali e sempre aggiornati. Per informazioni: GEOGREEN S.R.L. Corso Alba, 85/89 - 12043 Canale d’Alba (Cuneo) Telefono: 0173 97 00 89 info@geogreensrl.com - www.geogreensrl.com

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Incubo cinghiali Le devastazioni prodotte dagli ungulati sono un problema sempre più pressante. Vi presentiamo testimonianze e contromisure prese da quattro circoli del nord

Rapallo

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l problema legato alla presenza sul territorio dei cinghiali sta diventando di proporzioni non più gestibili e controllabili. Proviamo a fare chiarezza sulla nostra posizione in merito. Quella che a inizio 2000 era soltanto una insidia concentrata nei tre mesi estivi e che abbastanza facilmente poteva essere quantomeno limitata a poche aree colpite, oggi è una vera e propria invasione. Cosa ha fatto e cosa sta facendo il club per difendersi e tutelare la proprietà? La realizzazione della recinzione a monte di tutto il percorso ha avuto per alcuni

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anni un buon riscontro. Gli animali arrivavano principalmente dai boschi confinanti e trovavano un’ostruzione che ne limitava l’accesso. Qualche caso sporadico, qualche periodo di intrusioni più numerose (a volte basta un varco creato da una pianta abbattuta), ma nel complesso la situazione sembrava sotto controllo. Il numero sempre crescente di animali ha in seguito invaso tutto il territorio. Ormai gli ungulati sono presenti in città e di notte non è inusuale trovarli nei giardini delle abitazioni. L’accesso al campo da golf avviene spesso dal fiume e dalle strade comunali. I varchi sono numerosi e il numero di animali vertiginosamente salito. Un cinghiale può

avere anche tre nidiate all’anno e partorire in media 8-9 cuccioli. La recinzione, controllata periodicamente dai nostri operai, non presenta ad oggi alcun varco libero. Ciononostante in alcuni punti è stata letteralmente saltata dal cinghiale. Si tratta di un vero e proprio assedio. Avete tentato altre strade? Con enormi sforzi burocratici siamo riusciti due anni fa a mettere tre gabbie sul campo. Per dare una idea di quanto sia in espansione il numero dei cinghiali, si pensi che l’anno scorso sono stati catturati sei animali e ad oggi, in soli cinque mesi ne abbiamo ritrovati 42. In tutto questo, a complicare ancora di più la si-

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tuazione, vi è stato il passaggio di gestione del problema dalla Provincia alla Regione. Abbiamo quindi dovuto aspettare di conoscere gli interlocutori per capire quale strada percorrere a nostra difesa e tutela. Ad oggi abbiamo individuato un percorso certo e pressoché immediato e intuito che a breve ci potranno essere novità che possano aiutarci maggiormente. Qual è il rapporto con le autorità pubbliche, visto che il percorso Rapallo si estende in un’area di proprietà comunale? Con l’appoggio incondizionato del Sindaco, verrà richiesto alla Regione, che ha già dato parere informale positivo, di posizionare tre recinti autopasturati e muniti cioè di un sistema di pasturazione automatico che viene messo in funzione sempre alla stessa ora scelta dal cacciatore. Queste gabbie, a detta degli esperti, posizionate nell’area boschiva, ci daranno la possibilità, settimanalmente, di eliminare un numero ancora più alto di cinghiali, sfruttando la capacità dell’animale di memorizzare posti e orari nei quali possano cibarsi. La situazione attuale? Le gabbie già esistenti e quelle che an-

dremo a posizionare sono vere conquiste e testimoniano la sensibilizzazione delle autorità al problema. È risaputo infatti che i cacciatori, per ovvi motivi, non amino queste soluzioni e la loro opinione è solitamente molto considerata da chi autorizza, in quanto sono parte attiva nella lotta al problema. Nel frattempo si cercherà di difendere maggiormente le aree di accesso, ma purtroppo in questo aspetto siamo sfavoriti dalla frequentazione libera notturna della zona. I fili elettrici, che sono un’ottima soluzione per aree circoscritte e che certamente sarebbero efficaci per gli argini dei fiumi, sono facilmente sabotabili. Spesso alla mattina troviamo i fili troncati o addirittura nel caso della recinzione del green della 3 ci è stata rubata la centralina.

Siete fiduciosi? A oggi siamo in attesa di conoscere l’interlocutore, anche se abbiamo avuto diverse riunioni informali preventive che ci fanno ben sperare. Nel passato, quando la responsabilità era della Provincia, avevamo ottenuto il permesso, ma non siamo mai riusciti a metterlo in pratica proprio per il passaggio di responsabilità alla Regione. A livello amministrativo poi, abbiamo richiesto alla Regione il rimborso dei danni attraverso la modulistica prevista. Siamo riusciti a ottenere annualmente il rimborso assicurativo grazie alla polizza che ci tutela e il Consiglio Direttivo ha chiesto al proprio legale di segnalare alla Regione quanto questi danni mettano in discussione la regolare attività sportivo turistica della zona.

Il futuro? La speranza, ma per ora non è assolutamente concessa la possibilità, è di poter avere autorizzazione ad affiancare chi sarà incaricato alla difesa del territorio. Partendo da polizia metropolitana e guardia forestale, vorremmo interagire con un cacciatore scelto da noi. Diversi appostamenti notturni, ben conoscendo la zona, potrebbero avere un grande risultato.

Colline del Gavi

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oi abbiamo il recinto completo per difenderci dai cinghiali in funzione dall’ anno 2012. I danni sono notervolmente diminuiti, passando da una media annua di 900 ore di riparazione danni a una media di 100. La recinzione è divisa in tre parti indipendenti con quattro centraline da 8.5 kilo joule temporizzate, in modo da limitare il funzionamento nelle ore notturne.

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Valcurone Il vostro golf ha la recinzione elettrica contro i cinghiali ? Sì, abbiamo installato tutto il recinto sul perimetro delle 18 buche, tranne dove era esistente la recinzione metallica (circa 5 km), nel 2011, dopo 20 giorni di problemi con i cinghiali che tutte le notti ci distruggevano i fairway. In 15 giorni, con tre persone abbiamo effettuato la costruzione del recinto con una spesa di circa 8.000 euro, esclusa la mano d’opera che era interna. Sono diminuiti i danni ? Immediatamente, da allora non abbiamo avuto più “visite” dei cinghiali se non quest’anno quando una famigliola, con due mamme e 10 piccoli, ci ha sollevato la recinzione metallica per venire a scavare i fairway delle buche 14 e 15. Dopo tre giorni di danni, abbiamo impiegato alcune notti per scacciarli. Poi appena arrivato il materiale abbiamo prolungato il recinto elettrico anche davanti alla recinzione, così da eliminare di nuovo il problema delle intrusioni. Possiamo dire che la recinzione incide moltissimo sul loro accesso al percorso. Ovviamente non è un muro che non può essere superato, ma gli animali riconoscono il filo elettrificato e ne stanno alla larga. Io personalmente ho preso la scossa e capisco che i cinghiali non cerchino più di oltrepassare il recinto elettrico. Le caratteristiche dell’impianto? È costruito in quattro zone con altrettante centraline elettriche Callagher, alle quali abbiamo aggiunto un orologio con funzioni di timer per l’accensione e lo spegnimento. Le centraline funzionano con il 220V preso dai satelliti dell’irrigazione e danno una potenza tra i 5 e i 9 Joule. Il recinto è formato da tre fili zincati da 2,5 mm e posizionato a 20, 40 e 60 cm dal suolo, tenuto da tondini di ferro e isolatori nelle parti rettilinee e da pali di legno con tiranti nelle curve. Il recinto viene ultimato inserendo le molle e gli archetti tendifilo per mantenere i fili in tensione e difficili da abbattere e/o spostare. Mariano Merlano

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Margara Il vostro golf ha la recinzione elettrica contro i cinghiali? Sì, abbiamo iniziato ad installarne circa 4 km nel 2010 dopo anni di problemi e di danni ingenti. Ora abbiamo coperto quasi 9 km di perimetro, con due linee differenti per i due percorsi e per ovviare ai boschi. Sono diminuiti i danni? Diciamo che la recinzione incide molto sull’accesso dei cinghiali al percorso. Abbiamo notato dalle loro impronte che in molti casi la seguono, per poi entrare nel punto scoperto, Per questo che abbiamo cercato di coprire più area possibile e questo di sicuro ci ha dato un grosso aiuto. Unica accortezza: bisogna cercare di tenerla sempre pulita ed efficiente, per avere la massima potenza e quindi poterli infastidire.

Quest’anno non abbiamo avuto particolari problemi, tranne qualche passaggio di poco conto dovuto al filo interrotto o che scaricava a terra causa rami o erba alta. Le caratteristiche dell’impianto di Margara? Per la parte picchetti è stato costruito in casa, tagliando barre di scatolato zincato 2x2 per 120 cm. con tre fori per gli anelli per avere la possibilità di seguire il terreno al meglio con i due fili di ferro zincato. Abbiamo installato una coppia di centraline elettriche Callagher per cercare di avere la stessa potenza su tutta la linea e abbiamo aggiunto un orologio con funzioni di timer per l’accensione e lo spegnimento. Le centraline funzionano con il 220V preso dai satelliti dell’irrigazione e danno una potenza tra i 5 e gli 8 Joule. Maurizio Novella

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Hcp: le grandi novità di Richard Cau

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lla fine di questo 2015 è possibile affrontare le grandi novità che interesseranno la gestione degli handicap a partire dal prossimo 1° gennaio. Non l’abbiamo fatto prima perché come potrete comprendere non ha senso diffondere notizie quando non si ha la certezza della loro veridicità sapendo inoltre che l’impatto sul pubblico sarà sicuramente di rilievo. La grande novità di fondo è una sola e cioè che le singole Federazioni hanno avuto più margini di quattro anni fa per esercitare le opzioni del sistema con lo scopo di adattarlo alla propria realtà nazionale. Mentre quattro anni fa l’obiettivo dell’Europa era principalmente di avvicinare tutti il più possibile, dato che la situazione di partenza negli stati era molto variegata, adesso, ottenuto lo scopo di uniformare il sistema, si sono potute allargare le maglie. Il risultato è che le Federazioni hanno avuto la scelta tra 3 configurazioni e decidere il limite tra il cosiddetto golf competitivo e quello ricreativo. In Italia questo limite è stabilito a 18,4. Per il golf competitivo le regole rimangono all’incirca quelle dell’ultimo quadriennio, per il golf ricreativo invece il sistema presenta due novità importanti: il venir meno dell’incremento automatico per effetto di risultati di gara (la cosiddetta virgola) e la 6° categoria hcp da 37 a 54 con soli valori interi. Quindi chi giocherà male una gara non si vedrà più attribuire l’aumento automatico di 0,1 o 0,2 e l’EGA hcp massimo passerà da 36 a 54 sia per uomini che per donne. Questo non significa che per gli hcp da 18,5 in su non ci sarà più modo di salire, resta la revisione handicap di fine anno (esclusa la 6° categoria) e ci sarà anche la possibilità di avere delle revisioni hcp su richiesta durante l’anno. Inoltre c’è sempre la possibilità di un intervento da parte del comitato hcp di circolo per abilità di gioco. In riferimento alla categoria 6 sarà a discrezione dei circoli la possibilità di ammettere alle

loro gare questi giocatori. Per combattere eventuali lungaggini nei tempi di gioco si consigliano per questa categoria le gare a 9 buche e l’uso dei tee avanzati. Torniamo ora alle prime tre categorie hcp (fino a 18,4) dove è importante ricordare il principio cardine del sistema: l’hcp deve rappresentare la reale abilità di gioco del golfista in quel momento per permettere a tutti i giocatori di competere alla pari. Per questo motivo non sarà più in vigore il limite di due colpi annuali di aumento per effetto di risultati di gara. Aggiungiamo però che dal prossimo 1° gennaio anche i giocatori di categoria 2 (da 4,5 a 11,4) potranno riportare risultati validi in gare a 9 buche (fino ad ora potevano farlo solo dalla categoria 3 in poi). Interessa tutti ma soprattutto i giocatori più bravi il fatto che andrà in pensione la distinzione tra hcp attivo e inattivo. Per le gare federali l’unico possibile limite di eleggibilità sarà L’EGA handicap (non si chiamerà più EGA Exact handicap!). Scompare anche il limite di riportare un solo giro di gara valido su 9 buche al giorno; si potranno fare quindi due gare su 9 buche nella stessa giornata e avere due variazioni hcp. Dato che gli handicap più rappresentativi della capacità di gioco saranno quelli fino a 18,4, solo i risultati di questi giocatori saranno presi in considerazione per il calcolo del CBA (non più fino a 26,4) e di conseguenza solo questi giocatori saranno influenzati dal risultato del CBA. Niente CBA quindi per chi ha da 18,5 in su. Spariranno anche i valori CBA di -4RO e -3. I possibili valori saranno -2RO, -2, -1, 0, +1. L’handicap di gioco sarà limitato a 54 per le gare su 18 buche e a 27 per le gare a 9 buche. Per il suo calcolo permarrà lo stesso sistema che terrà conto di Course Rating e Slope Rating del percorso che si starà giocando, tranne per la categoria 6 dove si utilizzerà il concetto di differenziale. Per capirci, se sulla tabella di conversione del campo che si gioca a un EGA hcp di 36,0 corrisponde un hcp di gioco di 38 allora il differenziale di quel campo è

+2. Un giocatore di 6° categoria con EGA hcp di 48 avrà un hcp di gioco di 50 (48+2). Ma stiamo tranquilli, ci penserà il computer a calcolarlo. Per ottenere il primo handicap di 54 sarà sufficiente superare il test di regole e etichetta. Scompare quindi il concetto di giocatore NC dato che si passerà da GA (giocatore abilitato – carta verde) ad HCP di 54. Sarà perciò possibile anche in Italia l’utilizzo degli Extra Day Scores (EDS) a fini hcp, ma solo per la categoria 6 con il limite di uno al giorno e 10 all’anno. Non saranno invece validi gli EDS fatti all’estero e comunque non si potrà scendere sotto 37 di EGA hcp per effetto di un EDS. Cambieranno anche alcuni correttivi hcp a cui eravamo abituati: soprattutto in gare 4 palle e pro-am non giocheremo più i 3/4 ma i 9/10 (90%). Sarà sempre possibile scendere di hcp in 4 palle, il punteggio minimo della coppia per applicare l’algoritmo resterà di 42 punti. Nei match play singoli pareggiati non si passeranno più i 3/4 della differenza ma la differenza intera. Piccole variazioni anche nei match play greensome, foursome e 4 palle la migliore. Sperando di non aver scordato nulla rimando alle pubblicazioni del manuale e delle decisioni che saranno disponibili entro la fine dell’anno per tutti gli altri aspetti minori che completano il sistema. Tra novembre e dicembre gli organi FIG preposti organizzeranno incontri a livello macroregionale per tutti i circoli, in modo che ognuno potrà poi girare le informazioni ai propri giocatori

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NOTIZIARIO

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Insieme per migliorare l’ambiente

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MC annuncia la nascita di una nuova collaborazione con l’azienda inglese Indigrow, leader nella ricerca e produzione di prodotti efficaci per la nutrizione del tappeto erboso, che al tempo stesso siano il più possibile sostenibili per l’ambiente. La linea OneShot di Indigrow presenta un range di prodotti funzionali che guardano sia alla funzionalità per il professionista sia alla salvaguardia

dell’ambiente. Si tratta di prodotti pratici e amici dell’ambiente grazie al confezionamento in bustine monodose che permettono una minor quantità di plastica da smaltire, un più facile stoccaggio e una riduzione delle emissioni inquinanti per il trasporto. Il confezionamento ridotto e facilmente trasportabile, nonché l’alta concentrazione di prodotto (con una sola scatola da 20 bustine si può coprire un’area

di 5-10 ha) permettono di presentare articoli di alta qualità ed efficacia a prezzi molto competitivi sul mercato. I prodotti della linea OneShot possono inoltre essere miscelati assieme in cisterna creando un miscuglio antistress ideale per il tappeto erboso e utilizzabile tutto l’anno. La miscela è oltretutto perfettamente sinergica con i principali fungicidi presenti sul mercato, avvantaggiandone la distribuzione contemporanea.

COMPASS ALGHE SOLUBILI Compass è uno stimolante della pianta e condizionatore del suolo a base di alghe Ascophyllum nodosum purissime, essiccate molto lentamente per evitare un’eccessiva degradazione del contenuto. Il prodotto è sottoforma di polvere totalmente solubile.

MAGNUM 44 AGENTE UMETTANTE Magnum 44 è un agente umettante ad alta concentrazione studiato per fornire una bagnatura superiore al tappeto erboso, permettendo la penetrazione dell’acqua anche in suoli altamente idrofobici. È utilizzabile per aiutare la diffusione e la penetrazione dei fertilizzanti fogliari.

TURBINE REACTION MISCELA DI AMINOACIDI Turbine contiene il 16% di L-Aminoacidi totalmente disponibili per la pianta. È uno stimolante che aiuta le colorante spray concentrato piante ad alleviare lo stress derivante da difficili condizioni ambientali, migliorando la salute e la qualità delle stesse.

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Fitofarmaci e acqua: le nuove opportunità

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a crescente diffusione in Italia delle specie macroterme ed in particolare della Bermuda per la realizzazione del tappeto erboso di tee e fairway, iniziata a seguito dei primi studi avviati nel 1995 dalla Sezione Tappeti Erbosi della FIG in collaborazione con l’Università di Pisa, ha permesso a diversi club di ottenere significativi vantaggi in termini economici, ambientali e qualitativi. Non a caso anche quest’anno alcuni Circoli come Bologna, Le Pavoniere (Prato) e il Monticello (Como) hanno effettuato una serie di test per valutarne il comportamento, mentre altri le hanno decisamente introdotte, come Frassanelle (Padova), Villa Condulmer (Treviso), Tolcinasco (Milano), Il Borro (Arezzo) e Potenza Picena (Macerata). Il numero di percorsi che a oggi utilizza la Bermuda e che ha sicuramente trascorso un’estate tranquilla è ora giunto a 50 circa. Dai dati raccolti in questi circoli, emerge che, rispetto ai percorsi con tee e fairway in microterme, vengono impiegate minori quantità di acqua e di fertilizzanti e viene azzerato o comunque drasticamente ridotto l’uso di fitofarmaci. Considerando le limitazioni imposte dalle nuove direttive sull’impiego dei fitofarmaci e anche le prossime restrizioni sull’impiego di acqua per l’irrigazione, l’esperienza diretta, di “vita vissuta” di tutti questi Circoli offre un importante spunto di riflessione: la Bermuda rappresenta sicuramente una delle soluzioni o meglio una delle possibili strategie utili per far fronte, parlando di tee e fairway, a questa nuova situazione. Necessario ora individuare soluzioni per i green. Restando sempre sul fronte delle essenze da tappeto erboso, abbiamo due possibili strade da esplorare: le nuove varietà di specie macroterme appositamente selezionate per l’impiego sui green e le

nuove varietà di Agrostis stolonifera di recente introdotte sul mercato. Già testate ed utilizzate con buoni risultati in molti percorsi americani, risultano essere più resistenti alle malattie fungine e meno esigenti di acqua, a fronte di un tappeto erboso di grande qualità, uniforme e scorrevole tutto l’anno. Nell’area del Mediterraneo tutte queste nuove varietà non sono state ancora scientificamente testate. La Sezione Tappeti Erbosi della FIG ha quindi ritenuto opportuno avviare, sempre in collaborazione con l’Università di Pisa, un nuovo studio che include tre varietà di Bermuda ibrida, 1 varietà di Zoysia matrella, 1 varietà di Paspalum vaginatum e 10 varietà di Agrostis stolonifera. In riferimento alle varietà di specie macroterme, alcune prove di adattabilità sono già state effettuate al Centro Tecnico Federale di Sutri (Viterbo), al Golf Village di Porto Recanati (Macerata), all’Hermitage (Isola d’Elba) e alla Montecchia (Padova) e i risultati ottenuti sono per il momento incoraggianti. Doveroso quindi approfondire la ricerca. Dando per scontato il loro buon adattamento alle condizioni climatiche del nostro sud Italia, l’indagine è stata avviata anche in due località climaticamente rappresentative del

centro e del nord Italia, cioè Siena e Busto Arsizio (Varese). Per l’Agrostis stolonifera, a oggi ancora specie regina sui green, aziende sementiere internazionali leader nel settore hanno selezionato varietà molto promettenti. La Barenbrug Italia, la Everris e la Universal Manure, che in Italia le rappresentano, con grande spirito di trasparenza e correttezza commerciale, avvalendosi della collaborazione della Sezione Tappeti Erbosi della FIG e dell’Università di Pisa, hanno deciso di metterle alla prova per verificarne l’effettivo valore. Per la realizzazione dei relativi vivai sperimentali è stata fondamentale la disponibilità e la lungimiranza delle Dirigenze e dei Tecnici del Royal Golf La Bagnaia e de Le Robinie, che hanno voluto ospitare le ricerche e che ne seguiranno la manutenzione. Preziosa quindi la collaborazione del direttore Sandro Maistrello e del superintendent Matteo Pau del circolo di Bagnaia e del direttore Viviana Alban e del superintendent Renato Tiraboschi delle Robinie, che con grande professionalità stanno lavorando a stretto contatto per seguire le ricerche, offrendo un fantastico esempio di proficua collaborazione tra Tecnici!

Nella foto, una panoramica della clubhouse al Golf Club Bologna

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➤ TAORMINA (Catania) Il primo campo di Costantino Rocca. Con megaresort

Dopo Le Saie, campo a 18 buche sorto a Carlentini, che collega il siracusano a Catania e a due passi dall’aeroporto Fontanarossa, ad aprile 2016 saranno completate le prime nove buche della nuova megastruttura taorminese. Il golf avrà 18 buche, sarà un par 71 con lunghezza di 6.020 metri e in abbinata verrà realizzato il resort con 124 stanze e 102 appartamenti. L’opening ufficiale è prevista per la fine del prossimo anno, annuncia Orazio Bosco (a sinistra nella foto), imprenditore siciliano che ha già lanciato il golf de Le Saie, affiancato anche in questa operazione da Markus Dickey (a destra), braccio destro e

project manager. Nasce dunque il Taormina Golf Resort, 5 stelle lusso, che verrà gestito nella parte ricettiva da un partner di primo livello, la compagnia alberghiera maltese Corinthia Hotels and Resort, con nove alberghi in tutta Europa. Accanto al golf firmato da Costantino Rocca, al suo primo progetto di questo genere, l’hotel con una grande spa, due piscine, navetta che collega in pochi minuti al centro e al mare, abbinamento al beach club e servizi per i golfisti. E cioè clubhouse, segreteria, pro-shop, caddie master, spogliatoi, ristorante/bar, Academy, campo pratica con 40 postazioni, pitching/chipping green, bunker di pratica, putting green, sistema di analisi video, deposito sacche, noleggio bastoni, golf car, carrelli e carrelli elettrici. Tra quanti hanno creduto nel progetto, l’Istituto per il Credito Sportivo, la banca pubblica che sta finanziando in parte l’intervento con circa 8 milioni e mezzo di euro, Unicredit, partecipe con 28 milioni, il Credito siciliano, con 5 milioni, a cui si aggiunge un contributo pubblico, sugli 80 totali. Previsto un significativo impatto occupazionale, con l’impiego di circa 200 persone. V.S.

➤ LIVORNO Campo pratica in retta d’arrivo

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✉ Il golf vince

a Torre Canavese

La Società Canavese Golf & Country Club manterrà la sua piscina, la sua clubhouse e potrà continuare la sua attività. Dopo aver incassato a inizio anno il giudizio positivo del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte a seguito del ricorso della società stessa contro il Comune di Torre Canavese (Torino), ha poi ottenuto anche quello del Consiglio di Stato. La Canavese Golf & Country possiede circa 60 ettari destinati a campo da golf e cosiddette aree funzionali. I campi sono al confine tra Torre e la frazione San Giovanni di Castellamonte.

per Montaldo

➤ CASTENASO (Bologna) Un forum sui prati naturali nello sport so il Casalunga Golf Resort di Castenaso (Bologna) e al quale hanno partecipato oltre cento professionisti del settore, provenienti da tutta Italia.Il forum è stato l’occasione per lanciare la brochure dell’Associazione, “Un prato naturale: la scelta più sostenibile e sicura”. Un campo da calcio della dimensione di 7.000/8.000 m² è ca-

a Bardonecchia

L’amministrazione di Bardonecchia (Torino) ha avviato uno studio di fattibilità per la definizione di un nuovo tracciato di golf a nove buche, in località Pian del Colle. La giunta presieduta da Roberto Borgis ha affidato lo studio all’architetto pavese Cesare Trinchero.

✉ Petizione

A Livorno, la struttura del campo pratica realizzata nella zona dei Tre Ponti è stata inaugurata a gennaio 2015. Nei piani iniziali, doveva essere ultimata entro ottobre, ma il caldo elevato dell’estate ha causato un lieve ritardo nella tabella di marcia. Da novembre dovrebbero iniziare i primi corsi per principianti. Presto anche Livorno avrà perciò il suo golf club, a due passi dal mare. È già in programma per il 7 febbraio 2016 il primo torneo nella nuova struttura toscana.

Una superficie di gioco realizzata in erba naturale riduce le emissioni di carbonio, produce ossigeno e limita la polverosità. È quanto emerso in occasione di “I prati naturali nello sport: una scelta di campo”, il primo forum di Assosementi sui tappeti erbosi dedicato ai prati naturali nello sport, svoltosi lo scorso 3 novembre pres-

✉ Progetto

pace di catturare e assorbire 12 tonnellate di CO2 l’anno oltre a ridurre maggiormente il calore rispetto al terreno nudo o ai materiali sintetici, grazie al processo di evapotraspirazione. In una giornata estiva inoltre un tappeto erboso di un ettaro è in grado di rilasciare 20.000 litri di acqua nell’atmosfera.

Il Golf Club di Montaldo Mondovì (Cuneo), che nel 2015 è rimasto chiuso al pubblico, rischia seriamente di scomparire. Per evitarlo è stata lanciata una petizione sottoscritta da molti monregalesi, chiedendo all’amministrazione comunale di non abbandonare l’impianto golfistico e di collaborare fattivamente con il gestore, in modo da continuare a offrire a golfisti e turisti che frequentano la zona un’importante proposta turistico-sportiva”. Fra le principali richieste, la necessità di godere della collaborazione del Comune per lavori di manutenzione straordinaria ed eccezionale, con l’installazione di un sistema di protezione elettrico, teso ad evitare l’introduzione di cinghiali all’interno del golf club.

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FORE!

Donato Di Ponziano

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Una crisi perfetta Di cosa ha bisogno il nostro golf? Non di nuovi campi, ma di giocatori, cercando di cogliere una possibile ripresa

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d eccezione del Monopoli, non c’è altro gioco nel mondo che sia così influente rispetto alle fortune finanziarie come il golf. Specialmente per quanto attiene agli investimenti nel mercato immobiliare. Il rallentamento del passo riguardante le disponibilità economiche da destinare all’acquisto delle case, l’aumento delle tasse sugli immobili che i governi di tutta Europa, e ovviamente anche il nostro, hanno voluto imporre ai cittadini e la difficoltà nel reperire crediti presso le banche hanno inevitabilmente influenzato l’andamento della costruzione di nuovi campi da golf, proprio quelli che sino a ieri servivano quale elemento di attrazione, “specchietto per le allodole” per gli speculatori del mercato immobiliare/residenziale. Per tanti anni, direi per almeno tre decadi, il binomio campo da golf e realizzazione di case ha rappresentato un elemento di grandissimo successo, un pozzo pieno di opportunità di guadagno anche in Italia. Da qualche mese solo negli Stati Uniti si riesce ad apprezzare un lieve risveglio della domanda, ma in tutta Europa il mercato è ancora fermo. C’era da aspettarsi che la crisi del settore si ripercuotesse su ciò che si considera l’indotto del gioco: gli studi di architettura, la maggior parte dei quali hanno deciso di fondersi tra di loro, le industrie di macchinari per la manutenzione, le case costruttrici di golf cart e le aziende costruttrici di attrezzatura per il gioco: per la maggior parte di loro, il mercato in questo momento è fermo, per alcuni addirittura in seria recessione. Eppure c’è anche qualcuno che guarda alla mancanza di nuovi impianti come un fatto da affrontare con un atteggiamento costruttivo: ne ha infatti recentemente parlato Joe Beditz, CEO della National Golf Foundation statunitense, un personaggio tra i veri esperti al mondo del settore che ebbi l’occasione ed il piacere di invitare in Italia ad una conferenza sul golf nel 2000. Beditz sostiene che negli ultimi 30 anni il mercato ha prodotto una quantità abnorme di strutture golfistiche, almeno tre volte superiore rispetto al trend di crescita normale della domanda. Negli USA, si era arrivati a costruire anche 300/400 nuovi campi da golf . Anche in Italia, nel piccolo dei nostri numeri, la tendenza alla realizzazione di nuovi percorsi e l’apertura di circoli “classici” di 18 buche ha seguito senza indugio e pedissequamente il carattere positivo del boom economico. Sostiene Beditz che ciò di cui oggi abbiamo bisogno non sono nuovi percorsi, ma nuovi giocatori che riempiano quelli già realizzati e che sono vuoti per colpa della crisi economica. Che dire: impossibile non essere d’accordo e basta guardarsi intorno per comprendere che il fenomeno ha già

influenzato il comportamento e le scelte di molti circoli blasonati, all’interno dei quali sino a ieri si poteva entrare solo versando una cospicua somma di denaro a fondo perso e oggi invece, per affrontare la crisi, si aprono come già fatto da tutti gli altri club golfistici prima di loro. È una specie di dimostrazione che quanto fino a pochi anni fa si vantavano di essere, cioè circoli prestigiosi dove la lista di attesa per poter entrare a far parte dei soci era quasi impossibile, per di più causato da un eccezionale benessere che spesso, in maniera artefatta, alzava oltre misura la domanda. Sono pochi i circoli che possono veramente permettersi una chiusura verso un numero contenuto di giocatori, costretti magari a costi altissimi di iscrizione. Non so se in Italia questo possa accadere, ma una cosa è certa: sinora non vi è nessuno che ha avuto il coraggio di mettersi alla prova. Per consolarci, rimane da pensare che se è vero che il golf è una delle attività più complementari al business e che è entrata per ultima tra le vittime di questa lunga e difficile contingenza, dovrebbe anche essere la prima a uscirne. Sempre che la strada verso la ripresa non sia troppo lunga. www.donatodiponziano.net

Nella foto qui sopra, Donato Di Ponziano a colloquio con il principe Carlo d’Inghilterra. A sinistra, George O’ Grady, fino a poco tempo fa Chief Executive Officer dell’European Tour

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Ogni anno crescono gli attestati consegnati ai circoli che credono nell’ecocompatibilità, nel rispetto dell’ambiente e nel risparmio energetico

di Marta Visentin e Stefano Boni

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nergia, biodiversità, paesaggio, recupero ambientale: basta scorrere i nomi dei circoli che all’interno di queste categorie sono stati premiati all’Open d’Italia, con i riconoscimenti ‘Impegnati nel Verde’ per rendersi conto che l’impegno ambientale del golf italiano è ormai su tutti i fronti e a tutte le latitudini. Nell’elegante tenda dell’Istituto di Credito Sportivo, partner del progetto, sabato 18 settembre si è tenuta la cerimonia di premiazione. All’evento hanno partecipato il Commissario straordinario dell’ICS, Paolo D’Alessio, il presidente della FIG, Franco Chimenti, il Segretario Generale della FIG, Stefano Manca, il vicepresidente FIG, Paolo Casati. “Come presidente di CONI Servizi, considero molto importante questo premio perché l’ICS è il fiore all’occhiello del Coni”, ha detto Chimenti, “ma anche nella mia veste di docente universitario vado orgoglioso di questo riconoscimento perché viene assegnato al termine di una procedura serissima e rigorosa, come purtroppo non sempre accade nel nostro Paese”. “Impegnati nel verde è il progetto che coniuga perfettamente la nostra indole sociale e di sensibilità verso le tematiche ambientali alla natura creditizia del nostro istituto”, ha aggiunto D’Alessio di ICS. “Attraverso un mutuo dedicato, con una contribuzione addirittura doppia per importi fino a 250 mila euro, vogliamo incentivare la realizzazione e manutenzione di impianti di golf ecosostenibili, nell’ambito della partnership con la Federgolf”. Ma l’impegno di ICS non si ferma qui: “Da quest’anno le operazioni possono essere sostenute anche dalle garanzie integra-

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13 i premiati all’Open d’Italia

A sinistra Paolo D’Alessio, Commissario Straordinario dell’Istituto per il Credito Sportivo. Qui sopra i rappresentanti dei circoli premiati nella cerimonia di settembre al Golf Club Milano

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In questa pagina, un paio di momenti della cerimonia di consegna dei riconoscimenti. Qui sopra, da destra, Paolo D’Alessio (ICS), il presidente Franco Chimenti e il segretario generale Stefano Manca (FIG), l’autrice di questo articolo, Marta Visentin. A sinistra i premiati: 1. Asiago (Paesaggio), 2. Mirabella (Energia), 3. Le Fronde (GEO), 4. Les Iles (Recupero Ambientale), 5. Frassanelle (Paesaggio), 6. Padova (Energia), 7. Parco di Firenze (Recupero ambientale), 8. La Pinetina (Energia), 9. San Michele (Biodiversità) 10. Udine (due riconoscimenti, InV Energia e GEO), 11. Varese (GEO) e 12. Villa d’Este (GEO) tive del neo costituito Fondo di Garanzia per l’impiantistica sportiva”, ha concluso D’Alessio.È poi seguita la consegna degli Attestati, Circolo per Circolo. La categoria ‘Energia’ quest’anno è stata la più rappresentata, da Nord a Sud, con il Golf Club Mirabella, il Golf Club Padova, il Golf Club La Pinetina e il Golf Club Udine che hanno installato sistemi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico e/o solare termico). Il golf di Udine, che con il fotovoltaico ricarica persino l’auto aziendale elettrica, ha ritirato nell’occasione anche l’attestato di Ri-certificazione GEO. Per la categoria ‘Biodiversità’ il riconoscimento è andato al Golf Club San Michele, primo Circolo della Calabria ad ottenere questo risultato, grazie a un lavoro di anni avviato da Claudia Siniscalchi, purtroppo scomparsa, ma che ha lasciato un’oasi naturale in eredità alla fauna migratoria! Tutta veneta invece per quest’anno la categoria ‘Paesaggio’ con il Golf Club Asiago, premiato per i suoi cinquant’anni di continua evoluzione in armonia con il territorio dell’Altopiano, ed il Golf Club Frassanelle per la cura e la valorizzazione del patrimonio arboreo di matrice storica. Il Golf Club Parco di

Firenze e il Golf Club Les Iles sono stati invece premiati in categoria ‘Recupero ambientale’ per essere stati realizzati su aree un tempo adibite a cava e poi discarica. In occasione dell’Open d’Italia sono stati anche consegnati, assieme a quello di Udine, gli attestati di Certificazione GEO al Golf Club Le Fronde, al Golf Club Varese e al Golf Club Villa d’Este che con il loro impegno hanno portato a otto il numero di circoli italiani “GEO Certified”, che saranno senz’altro d’ispirazione agli oltre 40 club impegnati nel raggiungere questo prestigioso traguardo insieme alla nuova frontiera dello sviluppo golfistico, che col lancio del progetto Biogolf si presenta come l’alternativa per un rilancio tutto eco del golf.

L’elenco dei premiati

 Categoria Biodiversità: San Michele  Paesaggio: Asiago, Frassanelle  Recupero ambientale: Parco di Firenze, Les Iles  Energia: Mirabella, Padova, La Pinetina, Udine  Golf Environment Organisation (GEO): Le Fronde,

Varese, Villa d’Este, Udine

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PERSONAGGI Antonello Bovari

IL DOTTORE DELLA PGAI Il nuovo presidente della Professional Golf Association of Italy era impegnato negli studi per diventare medico quando incontrò il golf e decise che quello sarebbe stato il suo futuro...

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C’

era una volta un bambino che aveva lo zio golfista. Questi venne cresciuto a pane e palline sino a diventare un professionista... Così iniziano le normali storie dei giocatori di golf. Non quella di Antonello Bovari. Milanese classe 1966 ha preso in mano i bastoni in modo quasi casuale. “Non è stata una mia idea. Mia sorella ha provato a fare qualche lezione, io avevo 24 anni. L’ho accompagnata e ho provato. È scattata subito la scintilla e ho deciso che sarebbe potuta essere una strada da percorrere nel ‘cosa farò da grande’. Studiavo medicina, quindi nulla di attinente”. Praticava altri sport? “Ho sempre fatto sport sin da bambino: tanto a tennis e pallacanestro. Queste esperienze mi hanno aiutato ad avere la giusta mentalità per intraprendere una nuova disciplina sino a riuscire a farne una professione che amo”. Ha sognato di diventare giocatore o voleva dedicarsi all’insegnamento? “La mia attività agonistica è stata diversa dalla tradizionale. Sono stato dilettante per due stagioni e mezzo perché volevo diventare professionista. Quando son passato io era sufficiente essere handicap 6 come requisito minimo. Da professionista mi sono trovato nei primi anni a contatto con una realtà molto lontana dalle mie capacità tecniche. Mi confrontavo con giocatori molto più bravi di me. Grazie all’aiuto di Pippo Calì ho ottenuto dei miglioramenti che mi hanno permesso di avere una categoria non piena per il Challenge, ho fatto qualche gara e mi è servito per vedere da vicino giocare ad alti livelli. Tuttavia, non dedicandomi a tempo pieno, non avendo grande talento e avendo iniziato tardi non sono riuscito a elevare il mio gioco. Ho sempre insegnato contestualmente e l’attività agonistica è stata fondamentale per l’attività di maestro”. Come si arriva a sei di handicap in due anni? “Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha permesso di dedicarmi solo al golf e un maestro come Romano Benassi che mi ha seguito con passione e competenza. Nel primo anno di gioco sono arrivato a 12, livello che si può raggiungere praticando un paio d’ore tutti i giorni. Poi mi sono allenato quotidianamente nove ore per un anno e mezzo, perché volevo diventasse il mio lavoro. La prova di gioco non era e non è terribilmente selettiva perché l’attività d’insegnante non richiede un’abilità agonistica straordinaria, bensì altri requisiti che vengono messi alla prova durante i corsi”. Da quanto tempo è membro della PGAI? “Mi sono associato nel 1993 e quindi entrato in consiglio nel 2012, con Costantino Rocca”. Avrebbe mai pensato di diventarne un giorno presidente? “Questa possibilità mi è sempre sembrata molto lontana sino all’ultimo. Non immaginavo di avere un profilo sufficiente per diventare guidare la PGAI, ma amo il

mio lavoro e probabilmente questo ha giocato un ruolo importante. Non arrivavo a ipotizzare l’incarico sino a quando non me lo hanno chiesto. Ed è stato un vero onore”. Che cosa le è piaciuto nell’ultima gestione? “Diverse cose. L’atteggiamento di Costantino Rocca, che si è mosso con grandissima generosità nella propria attività, mi ha molto ispirato. È un altruista che si è dedicato senza chiedere nulla in cambio. Sono migliorati i rapporti con la FIG tramite l’istituzione della commissione paritetica, che penso sia positiva, così come la creazione nella Federgolf della commissione abusivismo, che noi avevamo ma senza riscontro federale”. C’è qualcosa che avrebbe preferito venisse fatto in modo diverso? “Avrei spinto maggiormente sulla diffusione del gioco. Del resto l’attività è stata in parte penalizzata dalla scomparsa di Giorgio Bordoni e Renzo Trentin, che voglio ricordare”. Quali sono i capisaldi del programma? “Credo che la prima cosa da affrontare sia la promozione del gioco. È la nostra mission. La necessità è condivisa da tutte le componenti del nostro mondo. Dobbiamo cercare tutte le sinergie possibili per aumentare il numero dei praticanti. Ci sono operazioni interne che mi piacerebbe portare avanti come la formazione del periodo successivo alla scuola. Vorrei creare un calendario di eventi per dare l’opportunità ai nostri associati di migliorare la propria professionalità. Vorrei poter dare la possibilità di specializzarsi. La specializzazione è la grande arma che avremo in un mercato che cambia rapidamente. Ovviamente chi spende il proprio denaro per formarsi riceverà crediti formativi che lo valorizzeranno. Nel programma c’è un punto che riguarda i giovani e le facilitazioni per l’accesso in consiglio. Oggi, anche se siamo uno dei consigli più giovani della storia, vogliamo facilitare ancora l’ingresso tramite PGAI Lab, che permette a chi ha passione e iniziativa di mettersi in mostra esprimendo opinioni e creando progetti”. Come sono i rapporti con gli addetti ai lavori e quanto sono importanti? “Ho un’esperienza personale bellissima che riguarda i rapporti con le altre componenti professionali nell’ambito del campo da golf. Da molti anni c’è una sintonia totale con i componenti dell’Ambrosiano, in particolare con il direttore Davide Santagostino. Da questa esperienza traggo un modello perché la collaborazione è una delle chiavi per affrontare il futuro”. Cosa è necessario per far crescere il golf? “Ritengo che la figura del professionista, in qualunque tipo di promozione, sia quella che finalizza l’iniziativa. Il primo contatto con il neofita parte dal pro. Vorremmo essere in grado di dare il nostro aiuto per contribuire in modo ancora più importante allo sviluppo del golf. Serve un dialogo e una grande collaborazione con la FIG e le varie componenti professionali. Ma noi ci siamo, siamo pronti e disponibili”.

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TRADIZIONE E INNOVAZIONE

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PERSONAGGI

Piero Montauti - Ugolino

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Fiorentino, 64 anni, imprenditore-golfista, Piero Montauti presiede da quattro anni il Consiglio del più nobile dei percorsi toscani, al confine col grande consorzio del Chianti. Una sana gestione delle uscite e una coraggiosa programmazione difendono bilancio e qualità della vita di club, tra vecchio stile e nuova efficienza, con 100 giovani guidati da Federica Dassù di Roberto Zoldan

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ome sta oggi di salute il golf in un circolo di bella storia e tradizione? Parla Piero Montauti, fiorentino, classe 1951, di mestiere titolare di un’azienda leader nella produzione di accessori in metallo per il mercato della moda internazionale. Per passione presidente del Circolo del Golf dell’Ugolino dal 2011, innamorato della nautica da diporto e del green, hcp 14. Buona competenza quindi nel leggere linea di approccio, anime umane e partita doppia. E’ seduto in una poltrona del salotto al primo piano della club house, dalla finestra si vedono scorci con le punte dei cipressi del paesaggio già chiantigiano dell’Impruneta, alle pareti un susseguirsi di tabelloni di legno su cui sono riportati il medagliere dell’Ugolino, i nomi dei presidenti e dei vincitori dei campionati sociali. Racconta col ritmo e i suoni di un puro toscano: “Scoprii il golf a 22 anni grazie al padre della mia ragazza di allora che era socio dell’Ugolino e che mi convinse, non ci volle molto, del fascino del gioco. Il golf a Firenze nasce nel 1889 quando la folta colonia inglese e alcune famiglie altolocate che avevano rapporti commerciali oltre Manica fondarono il Florence Golf Club alla periferia della città, in un’area ben lontana da quella attuale. È il più antico d’Italia. Nel 1934 i soci costituirono il vero Circolo Golf Ugolino sui colli, in via Chiantigiana, che prese il nome dal poggio (Ugolino) su cui fu costruito l’attuale percorso di 18 buche”. Tracciate da due star dell’epoca, Blandford e Gannon, green piccoli e ben difesi, fairway anche in discesa, non lungo, piacevole ma impegnativo. Secondo uno scrittore-golfista, uno dei 50 campi al mondo sul quale giocare prima di morire. Ci parli della storia del Circolo. “La compagine sociale degli anni ’30 esprimeva una società cittadina elitaria, spesso colta,

benestante, allineata al regime ma anche raffinata. Curava l’eleganza dell’ambiente e fece realizzare la struttura architettonica della clubhouse dall’urbanista Gherardo Bosio e il disegno della piscina (la vasca rivestita di tessere in ceramica blu e celeste) e il trampolino da Pier Luigi Nervi, maestro dell’ingegneria civile del ’900, che misero in piedi un bell’esempio di architettura razionalista del ventennio, costruzioni notificate dalla Sovrintendenza di Firenze. “Abbiamo una tradizione sportiva gloriosa, costruita negli anni ’60 e ’70, quando la squadra dell’Ugolino era la più forte d’Italia. Sulla scia dell’allora astro nascente del professionismo italiano Baldovino Dassù, gli atleti dell’Ugolino vinsero oltre 20 scudetti nazionali e numerosi campionati europei con le rappresentative nazionali. Ho sempre sentito la responsabilità di tenere alto questo prestigio e fin dall’inizio del mio mandato ho incrementato di anno in anno le risorse per lo sviluppo della scuola di golf che conta oggi quasi 100 allievi sotto la direzione tecnica della professionista Federica Dassù. Con mia grande soddisfazione entrambe le nostre squadre, maschile e femminile, sono in A1 e alcuni atleti sono nazionali”. Piero Montauti ha carattere, si sente, e gli piace portare a compimento ciò che promette. Ascolta tutti ma poi decide autonomamente assumendosi le responsabilità. Il ruolo di presidente lo coinvolge per tutta la settimana e va ogni giorno al circolo durante la pausa pranzo per seguire la gestione. I conti tornano e anche l’attività sportiva è viva. Siete accanto a una delle tre grandi città d’arte italiane e vi fanno visita golfisti di ogni Paese. Ci parli di bilancio e gestione. “Il bilancio supera di poco i due milioni. Godiamo buona salute dal punto di vista economico (rara con i tempi che corrono) e utilizziamo parte delle riserve accantonate negli anni con un’attenta spending review. Ho potuto investire nelle strutture più di 1,2 milioni nei primi quattro anni.

Piero Montauti

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Il percorso collinare, ricco di difficoltà, ha caratteristiche poco idonee a ospitare tornei internazionali, oggi disputati su percorsi solitamente più lunghi e piatti. Ma è di rara bellezza paesaggistica e lo teniamo come un giardino, così che il socio e l’ospite, giocando a golf all’Ugolino, abbiano sempre a godere del connubio tra l’impegno tecnico necessario e lo straordinario fascino della terra del Chianti. Fin dalla fondazione qui il problema più importante fu l’insufficienza dell’acqua per l’irrigazione del manto erboso. Lo abbiamo risolto firmando un accordo con i proprietari del lago di Castel Ruggero, a più di due chilometri dalla nostra proprietà, e realizzando una conduttura, terminata a settembre, che ci consentirà di contare su 100 mila metri cubi d’acqua”. Grande Circolo classico ma attento, grazie al bilancio, all’innovazione. “Il rischio più grande che corrono i circoli antichi e di tradizione come l’Ugolino è quello di invecchiare, di diventare polve-

rosi. Mi sono sempre impegnato nella riqualificazione di tutti i servizi, al passo coi tempi. Da un anno abbiamo terminato la ristrutturazione del borghetto all’ingresso, dove abbiamo realizzato una nuova e accogliente segreteria-reception, nuovi spogliatoi riservati agli ospiti, un ampio pro-shop e soprattutto un moderno e imponente e funzionale ricovero per le sacche e i carrelli. Abbiamo anche rimodernato gli spogliatoi dei soci al piano terra della clubhouse e prossimamente ristruttureremo gli ambienti al primo e secondo piano”. Si sa che il presidente di un grande Circolo deve essere soprattutto un manager, deve dialogare con un corpo sociale eterogeneo di amici, appassionati, sportivi, spesso divisi in aggregazioni, mille caratteri-mille visioni. Oltre che amministrare, deve anche tener conto di questo corpo di umanità sportiva che consuma con attenzione un tempo libero diventato ormai prezioso. “In tutti i circoli italiani con un po’ di storia - riprende Piero

In apertura e a destra, due buche dell’Ugolino. Nelle altre foto, il presidente Piero Montauti nella piazzetta Franco Rosi, durante una premiazione e insieme a un gruppo di giovani soci del circolo fiorentino

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Piero Montauti - Ugolino

Montauti - il corpo sociale è cambiato e in particolare all’Ugolino. Quando mi iscrissi, nel 1974, eravamo circa 250 soci e tra noi c’erano rappresentanti della nobiltà fiorentina e di famiglie dai nomi altisonanti. Oggi siamo oltre 700 e la maggior parte appartiene al vasto ceto medio-borghese di imprenditori, artigiani, medici, professionisti, impiegati. C’è ancora un buon numero di conti e marchesi e credo che siamo l’unico circolo italiano che annovera un sovrano nella compagine sociale, sua maestà il re d’Olanda (la madre, ex regina e ora principessa Beatrice, è nostra socia onoraria). La maggior parte pratica il golf a livello sportivo e agonistico. Il calendario gare è ricco, con sponsor illustri, e ospitiamo i tornei dei circuiti nazionali più importanti. Ci sono gare tutti i fine settimana e molto spesso anche nei giorni feriali”. Presidente Montauti, tratteggi un profilo del golf italiano contemporaneo. E parli della vostra collocazione strategica e geografica. “Il golf italiano ha avuto grande sviluppo negli ultimi anni grazie alla tv e ai nostri professionisti diventati protagonisti sul circuito internazionale. Col crescere dell’interesse e della domanda sono nati molti nuovi circoli, anche se con finalità commerciali, diverse da quelle che ha l’Ugolino. Firenze è città d’arte e quindi è beneficiata da un turismo massiccio per tutto l’anno (più di 10 milioni) e naturalmente, per i golfisti che vengono a Firenze e che desiderano farsi una partita dopo aver visitato gli Uffizi, le 18 buche di riferimento sono sicuramente quelle del Circolo del Golf dell’Ugolino. I ricavi da green-fees sono una voce importante del bilancio ma stiamo molto attenti a non diventare un golf turistico-commerciale. Occorre un equilibrio che non pregiudichi la fruizione del percorso e dei servizi da parte dei soci”. Grande Circolo, bei personaggi anche di passaggio. Rievochi qualche figura. “Non dimenticherò mai Severiano Ballesteros che insieme a

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Bernhard Langer, Greg Norman e Sam Torrance fu il protagonista assoluto del 40° Open d’Italia che si tenne all’Ugolino nel 1983. Fu sconfitto da Langer e da Sandy Lyle in uno spettacolare play off. Mai altro open d’Italia ha richiamato un così alto numero di stelle internazionali. Severiano non solo fece un eagle spettacolare alla 18 dell’ultimo giro che gli permise di entrare nel play off, ma tenne un’indimenticabile dimostrazione al driving range durante la quale, parlando della sua concezione del golf, tirava colpi di assoluta raffinatezza. Una star di grandezza assoluta. “Nel golf di casa, quello del cuore? Ho di fronte il volto di Franco Rosi, grande personaggio, toscanaccio doc e insuperabile insegnante. Sono stati tutti suoi allievi i campioni cresciuti all’Ugolino, a cominciare da Baldovino e Federica Dassù per finire a Massimiliano Secci e Lorenzo Gagli. Per non parlare dei vari dilettanti protagonisti dell’epopea d’oro: Stefano Esente, Luca Fabbrini, Pia e Camilla Tolomei, Alessandro Pissilli, Alberto Marchi, ecc. Franco è stato anche mio maestro ma soprattutto un amico: credo infatti di essere il solo suo allievo che non è mai sceso in prima categoria. Grande carisma, grande personalità”. Vuole dare un giudizio sulla politica della Federazione? “Sono un estimatore del presidente Chimenti al quale riconosco grande impegno per la diffusione del golf in Italia: ha allargato la base dei giocatori e si propone di portare da noi la Ryder. Non sono d’accordo su alcune scelte di metodo per raggiungere gli obiettivi. Per favorire un allargamento della base sono nate tante ‘ditte’’, evidentemente con il placet della Federazione, meglio conosciute agli addetti come ‘tesserifici’. Privi o quasi di impianti e strutture, emettono soltanto tessere di appartenenza alla Fig creando così un numero ormai smisurato e fuori controllo di quelli che io, dando scandalo, ho soprannominato i ‘rom’ del golf. Questi tesserati vagano di circolo in circolo portando pochi benefici economici e creando disorientamento tra i soci.

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Piero Montauti - Ugolino avvicinarsi, apprendere e praticare il gioco a costo contenuto”.

Il presidente dell’Ugolino, Piero Montauti, con Lorenzo Gagli e con un omaggio floreale per una socia “Il fenomeno alla lunga (sta già accadendo) contrasterà con la politica dei circoli italiani strutturati con campi a 18 o 36 buche, che sono ancora l’ossatura del golf italiano e che impiegano la maggior parte delle risorse per la manutenzione dei loro percorsi e dei servizi. Per i circoli come l’Ugolino la fidelizzazione dei soci è indispensabile per far quadrare il bilancio e far fronte alle ingenti spese e ai continui investimenti. A mio avviso occorrerebbe piuttosto che la Fig s’impegnasse di più nella realizzazione di campi pubblici, dove i giovani possano

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Progetti e sviluppo. Che cosa c’è all’orizzonte? “Mi sta a cuore portare a termine la riqualificazione del circolo o per lo meno lasciare ben definiti i programmi futuri che avrei in testa dato che io non riuscirò a realizzarli. Il mio secondo mandato (sono stato rieletto nel 2014) scadrà infatti nel 2017 e per statuto non potrò essere rieletto per una terza volta. Alla fine degli anni ’90 la Regione Toscana, allora proprietaria del circolo, decise di vendere e noi facemmo valere il diritto di prelazione e comprammo tutto il complesso. Insieme alle 18 buche, alla clubhouse e alla piscina, il circolo divenne proprietario di altri complessi immobiliari che si trovano sparsi negli oltre 120 ettari della proprietà. Vorrei realizzare una foresteria e una spa in una grande e bella casa colonica di stile tipicamente toscano, posizionata tra la buca 11 e la 12, con ingresso indipendente dalla strada Chiantigiana e una Scuola Federale di golf in un altro affascinante casolare che si trova nel bosco, dietro il tee di partenza della 9. Non è stato facile ottenere tutti i permessi necessari dai comuni sui quali insiste la nostra proprietà, ma alla fine ce l’ho fatta. “Questo importante progetto proietterebbe l’Ugolino in un’altra dimensione, rendendolo più accogliente, più appetibile, più moderno, con indubbi benefici economici che ricadrebbero favorevolmente sulla quota annua di tutti gli associati. La frequentazione del Circolo non è soltanto pratica del golf: qui si condivide anche un piacevole stile di vita sociale. Il rientro in clubhouse, per fare un esempio, dopo una partita di 18 buche, è un momento magico di convivialità grazie ai gestori del ristorante che sono disponibili, a qualsiasi ora del giorno, per servirti uno dei tanti piatti preparati con riconosciuta maestria. Con un buon bicchiere di... Chianti, naturalmente!”. E anche questa è tradizione.

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St iamo p re pa r a n d o l a gu i d a 2 0 1 6 di G o l f & Tu r i s m o Come ogni anno, unʼoccasione unica per mettersi in evidenza nel panorama dei circoli italiani. Non perdete di vista la vostra e-mail: è in arrivo unʼinedita proposta con interessanti novità per il vostro club... PUBLIMASTER Surl: via Winckelmann, 2 - 20146 Milano - Tel 02-42419.1 - Fax 02-47710278 - publimaster@publimaster.it

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È inutile disegnare un percorso lunghissimo, ricco di ostacoli e trabocchetti, quando poi la grande maggioranza dei giocatori è negli “anta” e non ha fisico e capacità dei giovani pro. Rendere la vita difficile non può che favorire...

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Campi intelligenti

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di Franco Piras

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Nella foto, le terribili buche conclusive (17 a destra e 18 a sinistra) del Championship di Carnoustie, considerato il percorso più impegnativo fra quelli presenti nella rota dell’Open britannico

gni anno in primavera si svolge l’annual meeting del European Institute of Golf Course Architect, di fatto la assemblea annuale della nostra associazione. Un momento conviviale, formativo e di confronto tra gli architetti europei. Ogni anno si cambia location cercando di coniugare il momento formativo con esperienze golfistiche di rilievo. Questa primavera siamo stati a North Berwich, sulla costa est della Scozia, non lontano da Edimburgo, dove hanno sede prestigiosi percorsi quali Muirfield, Gullane e West Link. Tra le informazioni che ci hanno inviato prima dell’arrivo, i tempi di gioco nei percorsi… tutti inferiori alle quattro ore! E sì, perche nella patria del golf si gioca ancora senza fronzoli e a passo spedito. Ricordo di aver visto anche a St Andrew un cartello che recitava “tre ore e mezzo sono tempo sufficiente per una partita di golf” e a Wentworth di essere stato sorpassato da tre giocatori locali con sacca a spalle che in men che non si dica sono spariti al’orizzonte. Un tempo anche in Italia giocavamo in circa quattro ore, ma purtroppo l’evoluzione del sistema ha generato una costante dilattazione dei tempi di gioco. Siamo arrivati all’eccesso in virtù del quale la normalità è diventata cinque ore e talvolta si arriva vicino alle sei. Con questi tempi, diventa difficile divertirsi, aspettando tra un colpo e l’altro si perde il ritmo ed è impensabile mantenere la concentrazione perché un periodo così lungo aumenta il nervosismo e peggiora il gioco. Buona parte dei giocatori di oggi sono troppo ossessionati dallo score, dalla virgola, dai nuovi gadget che rilevano le distanze, vedono troppa televisione e si immedesimano nella routine dei giocatori professionisti. Cercano bastoni e palle più performanti illudendosi che possano cambiare la sorte dei loro colpi, provano e riprovano lo swing prima di eseguire un colpo auspicando che quello giusto “scenda dal cielo” anziché dal sudore del campo pratica. La mancanza di allenamento fa sì che non ci sia istintività, feeling e fiducia, e ciò si riflette nei tempi di preparazione ed esecuzione dei colpi. Una forma strana di masochismo fa sì che i Club Manager e i soci di molti circoli ambiscano che il loro campo sia più difficile degli altri. Rough alto e aste ben difese, negli angoli o in zone ad elevate pendenza, sono fattori gestionali che contribuiscono ad allungare i tempi di gioco. Al di là dell’evoluzione dei giocatori e della preparazione dei campi , anche gli aspetti progettuali incidono sensibilmente nei tempi di gioco. Il routing e la lunghezza del percorso, i trasferimenti tra una buca e l’altra, la viabilità di accesso ai green ed ai tee ed il posizionamento degli ostacoli sono rilevanti. Per bilanciare l’evoluzione dell’attrezzatura, si tende a realizzare percorsi lunghi e difficili. Se da un lato richiedono sempre

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30 maggiori superfici per essere costruiti e maggiori oneri per essere mantenuti, dall’altro richiedono più tempo per essere giocati. Tutti gli investitori ambiscono ad avere un Championship Course di oltre 6.500 metri, come i bambini giocano “a chi ce l’ha più lungo”. E per quanto cerchi di spiegargli che non serve, solo nel tempo si accorgono di quanto ciò sia vero. Infatti, tutti sperano segretamente di vedere sul loro percorso un Open Internazionale dove si cimentano i professionisti “bombardieri” che tirano ad oltre 300 metri, dimenticandosi che un giocatore medio non li fa in due colpi. Per una volta nella vita in cui forse si cimenteranno i professionisti, ci chiedono di realizzare una moltitudine di tee, alcuni talmente arretrati che un giocatore normale non ha possibilità di raggiungere il fairway e soprattutto che non verranno mai calpestati. Ci chiedono i campi difficili, con le piste irte di ostacoli. Ma allo stesso tempo la richiesta è anche quella di rendere il gioco interessante per tutti i livelli di gioco, e far convivere le due cose non è certo facile. Oltre agli aspetti tecnici, quello estetico e di sensibilità ambientale sono importanti per cui si tende a lavorare sui contrasti di colore tra le diverse erbe e la loro altezza, zone rinaturalizzate incolte ed enormi waste bunker sono caratteristiche che giustificano l’espressione artistica dell’architetto e la gratificazione dell’investitore, ma non sempre vanno di pari passo con il divertimento dei giocatori e con i tempi di gioco.

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Un buon routing del percorso è fondamentale, condiziona gli accessi e le uscite da green e tee e i tempi dei trasferimenti tra una buca e l’altra. I giocatori britannici usano molto la sacca a spalle e camminano dritto per dritto in mezzo al fairway da tee a green. I tee successivi sono a pochi metri di distanza dal bordo del green, nell’Old Course tra il green della 17 e il tee della 18 di metri ce ne sono... sette. Ed è solo un esempio e non un caso isolato, nonché parte del motivo per il quale giocano in tempi accettabili.

“I giocatori devono rientrare in clubhouse sorridenti, riposati e avendo perso poche palle” Portando la sacca a spalle spesso non usano un set completo e si affidano alla destrezza e sensibilità più che al laser ed ai colpi a bomba. Nel bar delle loro clubhouse non ho sentito raccontare dei ferri 5 da 200 metri quanto del mezzo colpo a “ruzzica”, che ha battuto 30 metri prima del green ed è dolcemente finito vicino alla bandiera. Gli architetti anglosassoni hanno ben chiaro questo aspetto e sono maestri nello sfruttare al meglio il territorio e conferire interesse ai colpi.

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A sinistra una buca di Whistling Straits, in assoluto fra i più impegnativi degli USA. Qui sopra: se il gioco diventa terribilmente lento, anche i pro dei grandi Tour non hanno che l’alternativa di schiacciare un sonnellino I giocatori americani hanno una diversa cultura golfistica e utilizzano ogni tipo di gadget. Il livello medio è basso, giocano per “passare la giornata” e prevalentemente con il cart, che è una parte importante dei ricavi. Per questo motivo gli architetti americani considerano i percorsi dei cart un elemento che li condiziona enormemente nella frase progettuale, con l’obiettivo di tenerli lontani dalle aree di gioco e nascosti alla vista. Per loro diventa irrilevante la lunghezza dei trasferimenti tra una buca e l’altra, che spesso hanno distanze impercorribili a piedi, e privilegiano l’effetto scenico rispetto a quello tecnico. Questo modello portato all’estero, dove di cart se ne usano meno, comporta campi faticosi e lunghi da giocare, certamente dei buoni prodotti commerciali ma spesso privi di carattere ed anima. Al di là del routing, il posizionamento e la visibilità degli ostacoli condizionano la giocabilità del campo, le traiettorie eroiche sopra un ostacolo d’acqua intimoriscono i giocatori e non li lasciano esprimere, gli ostacoli non visibili e i colpi ciechi creano dubbi e incertezze. Gli errori chiamano altri errori, tutto incide sui tempi di gioco, portando i giocatori a perdere fiducia e stare sempre di più sulla palla prima di colpire. Si genera una spirale involutiva che crea tensione e demotivazione fino a rovinarsi una bella

passeggiata in mezzo alla natura. Penso che il piacere del gioco debba essere preservato, penso che un buon architetto debba essere in grado di coniugare l’aspetto tecnico, estetico e l’inserimento del percorso nella natura senza creare dei mostri. Non è necessario creare campi eccessivamente lunghi, né fairway eccessivamente stretti, posizionare ostacoli in posizioni troppo penalizzanti o realizzare green con pendenze impossibili per rendere il campo interessante. Come mi ha insegnato Gary Player, l’obiettivo non deve essere mortificare i giocatori ma farli divertire. È un gioco di destrezza, l’abilità del giocatore nel manovrare la palla e creare dei colpi sempre diversi deve essere premiata, e l’errore non deve essere eccessivamente penalizzato. I giocatori, devono avere la possibilità di rientrare in clubhouse sorridenti, riposati e avendo perso poche palle, per poter commentare il giro di fronte a una birra fresca. Ricordiamoci che i professionisti sono pochi, sono giovani ed atletici e lo fanno per mestiere. La maggior parte dei giocatori amateur è negli anta e non rompe i 90. Ma è soprattutto a loro che dovremmo inspirarci nel progettare i campi, per far sì che il gioco si svolga con “pace of play “ nell’originale spirito anglosassone.

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SERIOUS GOLFERS

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Filippo Motta

Handicap Story Ripercorriamo l’evoluzione del sistema EGA per la determinazione del vantaggio di gioco, che dal 2016 aprirà le porte fino all’hcp 54

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elle pagine di questo numero, perfettamente spiegate dall’esperto Richard Cau, troverete le modifiche al sistema Handicap EGA che saranno in vigore, anche in Italia, dal gennaio 2016. Trovo interessante, sinteticamente, fare un rapido excursus su questo EGA Handicap System che, da quando è entrato in vigore, ha spinto i golfisti italiani a un’impressionante quantità di commenti tutti prevalentemente negativi. Come sempre, su questo argomento, invito tutti a valutare che le opinioni più critiche arrivano, e arrivavano, da golfisti di lunga data. Sono infatti costoro che hanno sperimentato, prima dell’EGA, altri sistemi – ben più semplici e meno cervellotici – di gestione del proprio handicap di gio-

co. Chi ha iniziato dalla metà degli anni 2000, al contrario, difficilmente potrebbe avere la conoscenza e l’esperienza per esprimere un parere. L’EGA System è andato a regime nell’aprile del 2003 dopo decine e decine di riunioni che avevano un duplice scopo primario: lo stabilire le “squadre” di valutazione dei percorsi secondo le norme dell’USGA Rating e il trovare una formula matematica per convertire l’allora semplice handicap esatto in nuovo handicap esatto EGA. Vista 12 anni dopo, col sistema andato a regime, sembra cosa di poco conto. Ma entrambi i punti furono dirompenti. L’algoritmo che venne applicato per la conversione fu quello adottato anche dalla Federazione Svizzera (curioso fatto, se volete) che aveva

Io sono davvero un giocatore scratch. Ma quando il nuovo maestro ha visto il mio swing, mi ha dato qualche colpo di handicap in piu'... Diciamo piu' o meno duemila!

Snoopy è il personaggio su cui Charles M. Schulz ha lavorato in tema di golf per i suoi celeberrimi “Peanuts”. Il bracchetto più famoso del mondo compare in molte le “strisce” con bastoni e palline, fra cui questa vignetta del 1971

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un vantaggio prevalente: il cercare di mantenere, pur in assenza ancora del rating di tutti i campi, uguale handicap di gioco rispetto al sistema CONGU usato fino ad allora. Questo per non “turbare” troppo i golfisti tesserati e giocatori. Nelle more del periodo iniziale, utilizzando CR e Slope anche provvisori e di “default” dato che non si poteva attendere che tutti i percorsi fossero ratificati, il sistema non provocò troppo scompiglio. Ma bastò che i campi sottoposti a misurazioni aumentassero di numero, e quindi i valori degli handicap esatti si riposizionassero su valori corretti, perché il bubbone scoppiasse. Dopo tutto questo tempo mi sento di potere tranquillamente affermare che il problema non fu così grave come qualcuno, anche ai piani alti federali, volle dipingerlo. Il vero “disastro”, ma su cui non c’era e non può esservi soluzione univoca, è che la valutazione dei campi, pur basata su tabelle dell’USGA e nonostante gli stage cui furono sottoposti i nostri rater, erano obbligatoriamente influenzati da parametri soggettivi. Cito, a puro titolo esemplicativo, il caso di un percorso del nord Italia: ratificato nel 2003 da una squadra di rater con team leader X, venne ritenuto estremamente banale a causa della lunghezza non eccessiva (questo parametro, a mio avviso in modo troppo semplicistico, era allora considerato prioritario). Come risultato di questo valore, differente verso il basso rispetto ad altri campi confinanti, i soci del Circolo che andavano a giocare su altri campi ottenevano un handicap di gioco ben più alto, sbaragliando – spesso e volentie-

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33 ri – la concorrenza anche dei giocatori locali del percorso ospitante. Il problema, peraltro, era comune a diversi campi! Qualche anno dopo, a seguito di alcune modifiche di percorso, il suddetto campo venne ri-ratificato. Altra squadra di misuratori ed altro team leader. Risultato, non solo dovuto alle modifiche effettuate, totalmente diverso e rating incrementato di quasi due colpi. E a questo punto furono i soci locali a lamentarsi del fatto che, andando su percorsi esterni, non erano più competitivi. Col passare degli anni, e l’automatico livellamento dei valori di gioco dato dal sistema, le critiche sono scemate su questo punto. Ma si sono aperte su molti altri! Credo tutti ricordino, anche perché il dibattito mezzo stampa fu importante, la possibilità – autonomamente presaci nel 2013 – che i giocatori con handicap più alto potessero scegliere di non essere alzati al termi-

ne di un giro infelice. Fermo restando che non capirò mai perché un giocatore, al di là dello spesso citato, presunto status symbol offerto da un handicap più basso, possa scegliere di essere non competitivo grazie a un escamotage, l’EGA ci bacchettò pesantemente e ci costrinse a fare marcia indietro. Ma siccome la coerenza non è di tutti, ecco che nel 2016, e a livello europeo, i giocatori delle categorie 4 e 5 non saliranno più di handicap durante l’anno ma solo su richiesta o dopo revisione di fine anno. Sembrerebbe una vittoria italiana, e forse lo è. Ma, a questo punto, non posso fare a meno di chiedermi perché nella Commissione Europea addetta a stendere le norme dell’EGA System non ci sia mai stato un italiano, Paese dove – dopo tutto – si applica maggiormente il sistema grazie al numero di gare. Ciò detto non posso fare a meno di considerare la nuova norma 2016 che consente di avere un handicap di gioco si-

no a 54. Al di là degli inevitabili, anche fastidiosi commenti già sentiti, va detto che quell’handicap era già in vigore in diversi Paesi e se il System deve portare a una almeno formale uguaglianza, non si capisce perché in Italia la situazione dovesse essere diversa. Posto che sarà facoltà di ogni Circolo decidere se fare giocare o meno in gara questi 54ers, sarebbe bene fermarsi a considerare che una mossa di questo genere può solo fare bene al movimento nella sua globalità. In termini sia di numero che di finanze. Meno tempo su uno zerbino del campo pratica, più tempo in campo ad apprezzare l’essenza vera del Golf. Fondamentale, però, resterà insegnare a questi newcomer le basi dell’etichetta e del comportamento in campo: se questo sarà fatto, l’handicap 54 (che non dimenticate esisteva già come handicap di Circolo) sarà un volano di sviluppo.Senza di esso faremo un disastro di proporzioni epiche.

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GOLF CLUB

CERTIFICAZIONE G.E.O.

ACAYA AMBROSIANO ARGENTARIO ARONA ASIAGO

Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Acqua e Biodiversità 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Certificazione Nazionale 2001 Attestato di Merito 2004 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento cat. Biodiversità 2010 Certificazione Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attestato di Merito 2007

BAGNAIA BARLASSINA BIELLA CAMPO CARLO MAGNO CANSIGLIO CARIMATE CASENTINO CASTELCONTURBIA CASTELLARO CERVIA CESENATICO CILIEGI COLLI BERICI COLLINE DEL GAVI CONERO CUS FERRARA DES ILES BORROMEES FILANDA FIORDALISI FLORINAS FRANCIACORTA FRASSANELLE FRONDE

GEO CERTIFIED 2014

GOLF NAZIONALE HERMITAGE IS ARENAS

GEO CERTIFIED 2014

LES ILES MARGARA MENAGGIO & CADENABBIA MIGLIANICO MILANO MIRABELLA MONTECCHIA GEO CERTIFIED 2013 NAZIONALE OLGIATA PADOVA PARCO DI FIRENZE PARCO DI ROMA PARMA PINETINA PONTE DI LEGNO PUNTA ALA QUARRATA RAPALLO ROVEDINE ROYAL PARK I ROVERI SAN MICHELE SANT’ANNA SATURNIA SERRA TORINO

GEO CERTIFIED 2010 & 2013

GEO CERTIFIED 2014

UDINE

GEO CERTIFIED 2011 & 2015

VARESE

GEO CERTIFIED 2015

VERDURA VERONA VILLA D’ESTE

GEO CERTIFIED 2015

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IMPEGNATI NEL VERDE

Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Attestato di Merito 2004 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Attestato di Merito 2004 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2013 e Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2013 Attestato di Merito 2007 Attestato di Merito 2004 Certificato Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Attestato di Merito 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Acqua 2010 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Riconoscimento Cat. Acqua 2014 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2011-2015 Certificato Nazionale 2004 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2010 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2015 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Certificato Nazionale 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2004 e 2007 Certificazione Nazionale 2008 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Certificato Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2010

MARCHI

BIOAGRICERT

CTG 2003 -Emas - Certiquality BIOAGRICERT ISO 14001

BIOAGRICERT CSQA

RINA

CTG 2003

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UNA FAMIGLIA E 18 BUCHE Ci sono circoli blasonati e ricchi di storia e campi nati più di recente, che nulla però hanno da invidiare ai club centenari. È il caso del Miglianico Golf & Country Club, divertente 18 buche immerso nelle colline abruzzesi. Ce ne parla il suo direttore

Nella foto grande una buca del percorso a destra, in alto, la clubhouse di Miglianico

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PERSONAGGI

Filippo Di Felice - Miglianico

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38 di Federica Rossi

S

cappare dalla metropoli, dallo smog e dal traffico cittadino per godersi un weekend all’insegna del nostro sport preferito, del mare e dell’ottima cucina. Tutto questo è possibile: basta prendere la macchina, percorrere l’autostrada che vi porta dritti nelle colline in provincia di Chieti e precisamente al Miglianico Golf & Country Club, circolo che ha fatto della gentilezza, della simpatia e dell’accoglienza il proprio marchio di fabbrica. Ad accoglierci Filippo Di Felice, direttore del golf club abruzzese che, con la sua naturale verve, ci racconta com’è la vita a Miglianico. Quand’è avvenuto il primo incontro tra lei e il Miglianico Golf & Country Club? È nato tutto per caso. Ho iniziato a lavorare nell’estate del 2005 quando ancora non giocavo a golf e, come spesso succede, Eros ha scoccato la sua freccia e mi sono innamorato di questo sport. Al punto tale che, al termine dei tre mesi estivi, ho deciso di iscrivermi alla scuola per diventare segretario e direttore. Dopo lo studio, il passaggio al ruolo di direttore è stato immediato? Ho terminato la scuola nel 2009 e l’anno successivo mi sono preso una pausa dal circolo, facendo un lavoro completamente differente. Sono tornato nel 2011, per ricoprire il ruolo di direttore di Miglianico. Nel giugno 1992 l’atto di fondazione del club. Da quando è alla sua guida, che lavori sono stati fatti nella struttura? Abbiamo apportato piccole innovazioni come migliorare il taglio dei green. Quest’estate inoltre siamo riusciti a cambiare e rinnovare la clubhouse. Ma il lavoro principale è stato collegato alla manutenzione del campo, alzando l’asticella per condizioni del manto erboso e del percorso. Un obiettivo che abbiamo raggiunto soprattutto grazie agli importanti tornei che abbiamo ospitato. Un altro particolare aspetto che sono felice di poter citare è che siamo pas-

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sati in pochi anni da 30 a 90 gare annue. E in parallelo è cresciuta molto anche la media degli iscritti, partita da soli 40 concorrenti e arrivata adesso a 90 persone. Di chi è il merito di questi risultati positivi? In primis del presidente Mario Dragonetti. Con alla guida del club una persona così giovane e in gamba è più facile essere dinamici e riscuotere il giusto successo. Poi parte del merito spetta anche a tutti i soci, che non si sono mai tirati indietro e hanno sempre dato una mano per il bene del circolo. La passione comune per il golf è stata l’arma vincente. Ha citato la manutenzione del campo come uno dei nuovi punti di forza. Come la gestite? Nel 2008 è stato cambiato il tappeto erboso e trapiantata la bermuda. Il cambio ci ha permesso un lavoro di manutenzione inferiore rispetto a quanto avveniva prima, consentendoci di

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PERSONAGGI

Filippo Di Felice - Miglianico migliorare la qualità abituale del campo. Oggi lavorano sul percorso quattro operai compreso il nostro greenkeeper.

all’arrivo dopo le prime 9 buche lo troverà pronto insieme ad acqua e a un buon caffè.

Quali sono i grandi appuntamenti ospitati che ha citato prima? Per due anni consecutivi, 2014 e 2015, siamo stati la sede dell’Open Disabili. Abbiamo inoltre organizzato una tappa dell’Alps Tour, l’Abruzzo Open. Quest’anno si sono anche aggiunti i Campionati a Squadre A2, che ci hanno impegnato in maniera sostanziosa, con 136 giocatori in campo. Non è stato facile, ma il lavoro svolto è stato pienamente ripagato. Molti capitani ci hanno ringraziato, sottolineando la grande ospitalità e accoglienza che hanno ricevuto, e questo dimostra ancora una volta come da noi l’ospite è tale con la “O” maiuscola.

Praticate lo stesso trattamento di riguardo anche ai giocatori esterni? Ovviamente. Coloro che non sono soci ricevono le stesse attenzioni e pagano 50 euro per green fee, iscrizione gara, campo pratica e pranzo.

Il punto forza del Miglianico Golf & Country Club? Sicuramente il percorso divertente ed equilibrato e, come ho appena detto, accoglienza e ospitalità. Non abbiamo certo grandi dimensioni, all’interno del golf italiano, ma chiunque viene da noi si sente a casa. Siamo una piccola, grande famiglia. A seguito del successo che state riscuotendo, quali gli obiettivi futuri? Già riuscire a riconfermare quello che stiamo facendo sarebbe un bel traguardo. Chissà, magari ottenere altre gare di rilievo… Però, dato che sono una persona scaramantica, non mi voglio esporre su questo punto. In tempi in cui i golf fanno fatica e i soci non crescono, come affrontate la crisi? Bastano poche parole. Il perno su cui ruota tutto è la ‘politica dei prezzi’, che non devono essere né troppo alti né troppo bassi. Diciamo che devono essere ‘giusti’. Mi spiego meglio. Vendiamo l’iscrizione gara a 20 euro ma in questa cifra sono comprese anche la buvette e le palline illimitate per il campo pratica. Alla mattina il giocatore arriva al bar, si sceglie il proprio panino facendoselo farcire come meglio preferisce e

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Oltre all’argomento appena citato riguardo ai prezzi, perché una persona dovrebbe venire da voi? Perché il campo è divertente, perché la struttura è piacevole e perché si può benissimo conciliare un weekend di golf e mare. L’Adriatico, con le sue spiagge, dista appena 4 chilometri dal golf club. E poi, diciamolo, perché da noi si mangia proprio bene! Per chiudere, qualche parola sui soci del Miglianico Golf? Sono il cuore pulsante del nostro circolo. In quale golf club si vedono imprenditori e professionisti affermati fare i volontari in campo tutto il giorno per un torneo? Avete mai visto un ex presidente di circolo distribuire acqua e frutta ai propri ‘colleghi di lavoro’ durante la tappa dell’Alps Tour? Bene. Questo e molto altro sono i soci di Miglianico. Persone che di giorno ricoprono grandi cariche e che nel weekend, appena gli è richiesto, non si tirano indietro. Per amore del golf e del proprio circolo. Al di là delle parole, basta il tono della voce di Filippo Di Felice per capire subito la sua grande passione per il Miglianico Golf & Country Club. A Miglianico non si guarda al portafoglio e allo status sociale ma alla cortesia e al sorriso e una semplice premiazione diventa l’occasione per ridere. Intanto ci si gode e si apprezza il presente, tra partite goliardiche con amici, buonumore, aperitivi a bordo piscina, battute e cene conviviali. Oscar Wilde scriveva: “La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha”. Ecco, diremmo proprio che mai citazione fu più appropriata per un club come il Miglianico Golf & Country Club.

Nelle foto, il direttore del Golf Club Miglianico, Filippo Di Felice, in compagnia del presidente, Mario Dragonetti, e delle sue collaboratrici in clubhouse. Qui sopra, un’immagine ripresa al termine dell’Abruzzo Open 2015, competizione svoltasi di recente a Miglianico e inserita nel circuito dell’Alps Tour

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MACROTERME: I PERCHÉ DI UN SUCCESSO Dall’inizio del nuovo secolo a oggi, sono sempre di più i circoli italiani che puntano sulle macroterme per il proprio tappeto erboso

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CONVERSIONI

Costi e risparmi

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di Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi FIG)

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ei circa 280 percorsi di golf affiliati alla Federazione Italiana Golf, ben il 45% è stato realizzato tra il 1985 ed il 1995. Alla nascita di così tanti nuovi impianti non è però corrisposto nello stesso periodo un parallelo incremento di giocatori. Questo soprattutto perché in quegli anni sia i campi esistenti che i nuovi tracciati erano caratterizzati da elevati costi di accesso, giustificati in buona parte dagli alti costi di manutenzione, che alimentavano la già diffusa idea del golf come “sport di élite”. Non trascurabile inoltre la mancanza di dialogo e quindi l’avversione da parte del mondo ambientalista, che di certo non contribuiva alla buona immagine del golf. Non è un caso quindi che proprio a cavallo di quegli anni fu costituita la Sezione Tappeti Erbosi della FIG, fortemente voluta dal Consigliere federale Roberto Rivetti e sostenuta con convinzione dall’allora Presidente FIG Giuseppe Silva. Principale obiettivo della Sezione fu quello di coprire le carenze tecniche del settore, giustificate dall’assenza di scuole specifiche e fornire quindi appropriate informazioni e linee guida utili a razionalizzare le pratiche di costruzione e di manutenzione. Questo nella convinzione che una buona costruzione ed una corretta manutenzione siano fondamentali per contenere i costi di gestione, per migliorare il loro impatto ambientale ed allo stesso tempo migliorare la qualità generale del tappeto erboso e dell’intero percorso.

“I risultati sono sorprendenti, in termini economici, ambientali e di qualità”

Nella foto, un fairway del Golf della Montecchia

La formazione degli Agronomi della Sezione Tappeti Erbosi (Paolo Croce, Francesco Modestini e il sottoscritto), avvenuta presso la Texas A&M University, fu curata dal Prof. James B. Beard, tuttora considerato tra i massimi esperti del settore. Terminati gli studi, ritornati in Patria, ci si rese conto dell’esistenza di una “anomalia”: benché l’Italia sia una regione climaticamente definita di “transizione”, caratterizzata cioè da inverni freddo umidi ed estati caldo torride, per la realizzazione dei tappeti erbosi venivano utilizzate esclusivamente le specie microterme (generi Agrostis, Poa, Lolium e Festuca), essenze tipiche dei climi freddo umidi. Mai erano state prese in considerazione le specie macroterme, essenze tipiche dei climi caldo aridi, come la Bermuda o la Zoysia. Nelle aree climaticamente simili degli Stati Uniti e non solo, le macroterme venivano invece utilizzate da tempo e con ottimi risultati in termini economici, ambientali e qualitativi! L’anomalia era certamente imputabile al fatto che tutto il know how sui tappeto erbosi disponibile fino a quel momento in Italia

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7 luglio 2010 13 luglio 2010

Nelle foto di questa pagina, la sequenza ripresa durante la conversione del primo percorso della Montecchia

20 luglio 2010

29 luglio 2010 7 agosto 2010

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CONVERSIONI

Costi e risparmi

proveniva dalla Gran Bretagna o dal nord Europa, Paesi dove le specie macroterme, per ovvie ragioni climatiche, non esistono. Si pensò quindi di valutare seriamente la possibilità di introdurre in Italia le specie macroterme, anche se gli ostacoli da superare erano diversi: • Mancanza di materiale vegetativo disponibile • Mancanza di dati scientifici circa la loro adattabilità nel bacino del Mediterraneo • Scarsa conoscenza di tali specie, delle loro esigenze e delle tecniche di insediamento • Generale diffidenza da parte degli operatori del settore. Partendo dal presupposto che il ruolo istituzionale della Sezione Tappeti Erbosi è quello di divulgare le migliori tecniche di costruzione e manutenzione dei percorsi di golf mantenendo sempre una posizione assolutamente “super partes” rispetto alle diverse proposte commerciali, nel 1995 si decise di realizzare a Roma il primo vivaio sperimentale in Europa di specie macroterme. Per garantire la massima affidabilità ed imparzialità della prova, la direzione della ricerca fu affidata al Prof. James B. Beard e ci sia avvalse della collaborazione dei ricercatori della Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa. I risultati dello studio sull’adattabilità di tali specie furono estremamente importanti

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per tutto il bacino del Mediterraneo, tanto che vennero presentati nel 2001 al Congresso dell’International Turfgrass Society svoltosi a Toronto, Canada. Tra i dati più significativi, l’ottima adattabilità delle specie Cynodon spp. (Bermudagrass), Zoysia spp. e Paspalum vaginatum alle condizioni climatiche di Roma. Uno studio simile fu poi riprodotto nel 2003 anche nel nord Italia, presso il Golf della Montecchia a Padova, i cui dati confermarono il buon adattamento al clima padano delle specie Cynodon spp. (Bermudagrass) e Zoysia spp. In entrambi gli studi, il dato più eclatante è riferito ai minori input richiesti da tali specie rispetto alle specie microterme: oltre il 50% in meno di acqua, più del 60% in meno di fertilizzanti ed impiego praticamente nullo di fitofarmaci, il tutto a fronte di un tappeto erboso di eccellente qualità. Grazie ai risultati emersi da questi studi, a partire dalla fine degli anni 90 sono stati realizzati in Italia i primi percorsi di golf in macroterme, inizialmente nel centro-sud, ma poi anche nel nord Italia. Ad oggi, un numero sempre crescente di percorsi in Italia utilizza o sta valutando l’impiego delle specie macroterme (oltre 50!), complici anche la recente introduzione della Normativa europea che impone una drastica limitazione all’uso dei fitofarmaci e le prossime restrizioni che arriveranno con l’annunciata Normativa europea sugli usi razionali dell’acqua. Tra i circoli precursori, il Golf della Montecchia è stato il primo tracciato ad aver introdotto la Bermudagrass a latitudini così

Golf della Montecchia Conversione tee e fairway su 27 buche (superficie totale 12 ettari) Manutenzione voci di costo (le altre voci di costo come carburanti, sabbia, tagli, altro non presentano differenze significative)

Costo medio annuo (Euro) della manutenzione dal 2007 al 2009 con fairway e tee in miscuglio microterme

Costo medio annuo (Euro) della manutenzione dal 2013 al 2014 con fairway e tee in Bermudagrass

Risparmio annuale (Euro) con fairway e tee in Bermudagrass (differenza)

Costo della conversione in Bermudagrass (Euro 1,5m2)

Recupero investimento (risparmi) dopo il 1°anno

Recupero investimento (risparmi) dopo il 2°anno

Recupero investimento (risparmi) dopo il 3°anno

Energia elettrica stazione di pompaggio

65.000

25.000

- 40.000

- 40.000

- 80.000

- 120.000

Fertilizzante per tees e fairways

12.000

3.500

- 8.500

- 8.500

- 17.000

- 25.500

Fitofarmaci per tees e fairways

17.000

-

- 17.000

- 17.000

- 34.000

- 51.000

Seme Lolium per trasemina tee e fairway

4.500

13.000

+ 8.500

+ 8.500

+17.000

+25.500

Totale 27 b.

98.500

41.500

- 57.000

180.000

- 57.000

- 114.000

- 171.000

Totale 9 b.

32.000

13.800

- 19.000

60.000

- 19.000

- 38.000

- 57.000

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CONVERSIONI

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Costi e risparmi

Nella foto piccola, il vivaio delle macroterme di Roma; nella grande, quello realizzato alla Montecchia elevate (45° parallelo). Dato estremamente importante per il golf nostrano, se si considera che oltre il 60% dei percorsi italiani è ubicato al nord, ma anche per tutti i circoli del bacino Mediterraneo. Con la conversione dei fairway e dei tee da specie microterme a Bermudagrass, il Golf della Montecchia ha ottenuto risultati sorprendenti non solo in termini di qualità, ma anche in termini ambientali ed economici. È stato difatti possibile ridurre di circa il 70% i consumi idrici, diminuire di circa l’80% l’uso dei fertilizzanti ed eliminare totalmente ogni prodotto chimico. Questi risultati, peraltro citati tra gli esempi virtuosi dal Royal & Ancient di St Andrews e dallo STMA (Sport Turf Manager Association of America), hanno permesso al Circolo di ottenere il riconoscimento “Impegnati nel Verde” e la prestigiosa certificazione ambientale GEO (Golf Environment Organisation). La conversione delle 27 buche del Golf della Montecchia è stata

eseguita in tre fasi (percorso bianco nell’estate 2010, percorso rosso nell’estate 2011, percorso giallo nell’estate 2012) adottando il sistema delle piante preradicate. L’investimento necessario per effettuare l’intera operazione, grazie al contenimento delle risorse impiegate in fase manutentiva ottenuto in seguito, è stato ripagato in sole tre stagioni, come da prospetto allegato. Da tale conto economico risulta evidente che a partire dal terzo anno (2013) l’investimento è stato praticamente recuperato e già dal quarto anno (2014) sono iniziati i primi risparmi di gestione. A tali risparmi di gestione andrebbero aggiunti anche altri vantaggi difficilmente quantificabili, ma evidenti, offerti dalla buona qualità e dalla maggiore usufruibilità del percorso. Ad oggi, sono ben 13 i circoli “coraggiosi” (vedi qui sotto) che hanno proceduto alla sostituzione del vecchio tappeto erboso da microterme a Bermudagrass.

I 13 circoli “coraggiosi” Qui di seguito l’elenco dei circoli passati alle macroterme 1. Golf Club Miglianico – Chieti (2008) 2. Golf Club Cervia – Ravenna (2009) 3. Golf Club Acaya – Lecce (2008-2009) 4. Golf Club Olgiata – Roma (2010) 5. Golf Club Parco di Roma – Roma (2010) 6. Golf della Montecchia – Padova (2010-2012)

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7. Golf Nazionale – Viterbo (2012-2013) 8. Golf Hermitage – Livorno (2012-2015) 9. Golf Club Le Fonti – Bologna (2013-2014) 10. Golf Club Lecco – Lecco (2014) 11. Golf Frassanelle – Padova (2014-2015) 12. Golf Tolcinasco – Milano (2014-2015) 13. Golf Club Villa Condulmer – Treviso (2015)

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PERSONAGGI

Franco Della Libera

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60 anni di lavoro al Cansiglio di Marco Croze

N

on sto parlando di una casa o di un cippo in pietra, ma di una persona che praticamente da una vita lavora nello stesso campo di golf. Il golf del Cansiglio è opera di mio padre Otti Croze: da poco si era innamorato di questo sport e non conoscendo la parola “impossibile”, decise che sarebbe stato bello creare nove buche sull’altopiano del Cansiglio vicino alla sua natia Vittorio Veneto. Era decisamente una follia, ma come tutte le cose un po’ pazze, bellissima! Con qualche amico, con uno splendido progetto regalatogli dal commander John D. Harris, uno dei più famosi, se non il più famoso, progettista di campi di golf, che in seguito sarebbe diventato il mio maestro, i lavori ebbero inizio nel 1956.

Si deve sapere che allora in Cansiglio vivevano poche famiglie di boscaioli, d’estate c’erano i pastori che portavano le vacche in alpeggio e naturalmente c’erano le guardie forestali impegnate nella gestione e sorveglianza del meraviglioso bosco. Venne a proporsi come operaio un ragazzo con due braccia che sembravano rami d’albero coperti di pelo biondo-rosso e con un sorriso che già allora conquistava. Era Franco Della Libera che presto, tout curt, sarebbe diventato per tutti i golfisti “Franco del Cansiglio”. Oggi lui è ancora là, il prossimo anno, quando sul campo si disputeranno i Campionati Triveneti intitolati a mio padre, saranno sessant’anni che presta la sua opera al golf del Cansiglio. Verrebbe da pensare che con questo curriculum sia solo un gran praticone, ma invece è un Superintendent estremamente competente, capa-

ce di offrire un campo in ottime condizioni, con green velocissimi da far invidia alla maggior parte dei percorsi italiani. Un tempo il rough alla scozzese veniva tagliato una sola volta l’anno, quando squadre di contadini salivano sull’altopiano con le falci in spalla e a mano si procuravano un ottimo foraggio per il loro bestiame.Un piccolo reddito addizionale veniva dato anche dalle numerose palline che essi ritrovavano durante questa operazione e che potevano facilmente rivendere. Se poi guardiamo il budget che ha a disposizione e il parco macchine di cui può usufruire, viene solo da chiedersi come faccia. È senz’altro un mago nell’arte di arrangiarsi. Nel 1995 il campo fu portato a 18 buche, questa volta su mio progetto, e tutto il percorso fu riorganizzato. Ancora una volta l’opera di Franco fu provvidenziale: si occupò dell’esecuzione dei lavori dimostrando grande senso del paesaggio e profonda conoscenza del gioco, alla stregua di una grande impresa specializzata nel settore. Ma Franco ebbe anche l’idea di voler trasformare l’altopiano del Cansiglio in una stazione turistica invernale! Così, dopo aver lavorato d’estate giorno e notte per il golf, in inverno lavorava sempre notte e giorno a far neve, battere le piste, sorvegliare gli skilift, ecc. Il suo orario di lavoro farebbe inorridire la signora Camusso e qualunque altro sindacalista. E sempre con lo stesso sorriso sulle labbra, sempre con una buona parola per tutti, sempre innamorato della sua terra. Non credo vi sia persona che, dopo averlo conosciuto sul suo campo, non ne abbia ammirato la schiettezza e la simpatia. Oggi collaborano con lui le sue due figlie che hanno ereditato da lui la passione e la gentilezza. Della sua amicizia mi onoro e mi emoziona sapere che lassù, su quella montagna, ho qualcuno che mi vuol bene come e più di un fratello. Franco è una di quelle fantastiche persone che ho incontrato nel golf, non conti o marchesi, ma grandi lavoratori di cui sarò onorato di parlare ancora in futuro.

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CONVERSIONI

Castello Tolcinasco

E dopo il Giallo è arrivato il Blu... Seconda estate di importanti interventi per il noto circolo milanese. Sono così 18 le buche che utilizzano un tappeto erboso in macroterme, mentre sulle altre nove si lavorerà nel 2016 di Fulvio Golob

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econda estate di grandi lavori nel campo del Golf Club Castello Tolcinasco. Il noto circolo milanese ha convertito in bermuda anche il percorso Blu, dopo che lo stesso intervento era stato effettuato nel 2014 sul Giallo. A fine agosto, mentre gran parte dei campi italiani si ritrovava ad affrontare gli innumerevoli danni provocati dal caldo torrido dell’estate scorsa, il Golf Club Tolcinasco ha offerto ai giocatori 18 buche in forma

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eccellente, con un manto erboso impeccabile. Si tratta delle stesse utilizzate dal 2004 al 2008 per lo svolgimento dell’Open d’Italia che oggi si propongono ai golfisti di Milano e dintorni come un sicuro riferimento sia dal punto di vista tecnico sia per l’ottima qualità del manto erboso. Nel precedente numero di Professione Golf Club avevamo già presentato il lavoro, che era iniziato il 17 giugno con il primo diserbo, seguito tre giorni dopo dal secondo. Terminati i lavori di scorticatura e livellamento di fairway e tee, il 9 luglio so-

no iniziati quelli di semina e sabbiatura dei fairway e dei tee stessi. L’irrigazione diurna è iniziata il giorno 14, per essere poi ridotta il 28 luglio. Tre giorni dopo, il 31, è arrivato il momento della fertilizzazione, accompagnata da cicli di irrigazione notturna. Non ci è poi voluto molto per arrivare al primo taglio del fairway, attuato il 4 agosto. Poco più di una settimana dopo, il giorno 10, lo staff del circolo ha iniziato a programmare tre tagli a settimana. L’apertura del percorso Blu è stata infine celebrata il 4 settembre.

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Nelle foto di queste pagine, alcuni momenti della conversione in bermuda del percorso blu a Tolcinasco Le tempistiche sono risultate più o meno simili a quelle dello scorso anno, portando il campo a essere giocabile circa due mesi e mezzo dopo l’inizio dell’intervento. Il risultato finale è davvero di primo piano, come ha potuto constatare anche una rappresentanza dell’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti, che la direzione del Castello Tolcinasco ha invitato per un giro sulle 18 buche in bermuda. Ma gli interventi eseguiti sul campo non si sono limitati alla conversione in macroterme del percorso Blu. Si è infatti pensa-

to anche al resto del terreno che compone le buche. L’importante intervento, che ha comportato un rilevante investimento per decine di migliaia di euro, ha riguardato un nuovo impianto di irrigazione che lavora su tutto il rough dei percorsi Giallo e Blu. Grazie a questa fondamentale novità, le 18 buche che hanno ospitato i cinque Open potranno sempre trovarsi in condizioni ideali anche per quei giocatori che di tanto in tanto si avventurano fuori dai fairway… È poi notizia recente quella che il presidente del Circolo, Gianni Abbondanza, al-

la luce degli eccellenti risultati raggiunti sui percorsi Giallo e Blu, ha annunciato ufficialmente. Nella prossima stagione estiva verrà convertito a bermuda anche il terzo percorso di campionato, il Rosso. L’intervento si svolgerà con le stesse modalità dei due precedenti, con inizio estate 2016. I lavori richiederanno anche stavolta un paio di mesi. In questo modo il Circolo milanese avrà una situazione omogenea di altissimo livello su tutte le sue 27 buche da campionato, disegnate dal grande Arnold Palmer.

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di Roberto Roversi i sono campi da golf che d’inverno si prendono una bella vacanza perché la natura e l’incedere delle stagioni decidono che sui loro fairway e sui loro green le uniche palline bianche che possono circolare sono quelle dei fiocchi di neve. Parliamo dei percorsi di montagna, sempre più numerosi nel panorama golfistico nazionale in virtù di una maggiore consapevolezza del loro ruolo come attrazione turistica del territorio. Negli ultimi anni ne sono sorti di nuovi e altri si sono sviluppati passando da nove a 18 buche. Il nostro arco alpino, ormai, comincia a presentare una mappa golfistica abbastanza consistente, soprattutto se confrontata con la situazione di qualche decennio fa. In particolare questi campi presentano spesso un’ottima qualità manutentiva, segno che le specificità climatiche e orografiche delle aree che li ospitano rappresentano delle variabili che si possono gestire sempre più con maggiore successo. Per le loro caratteristiche i percorsi di montagna (per intenderci quelli che si trovano in genere oltre i mille metri

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d’altezza e la cui stagione va da maggio a settembre) devono essere “gestiti” in maniera un po’ differente dai loro fratelli di pianura. Per conoscere più da vicino come stanno le cose abbiamo voluto incontrare chi vive quotidianamente questa “diversità”: il greenkeeper di un campo di montagna. Abbiamo scelto Mirco Mazzoleni, che praticamente da sempre, dapprima come giocatore e caddie, vive e lavora al Golf Club Ponte di Legno, dove dal 2009 ha assunto l’incarico di superintendent. Cominciamo con il capire quali differenze di manutenzione esistono tra un campo di montagna e di pianura. Ce ne sono? “In verità non abbiamo delle differenze significative nelle operazioni di manutenzione poiché i campi di montagna necessitano delle stesse pratiche colturali (verticutting, carotature, topdressing, ecc…) dei campi di pianura. La vera differenza di rilievo sta nella diversità dei periodi in cui queste operazioni vengono effettuate. Solitamente nei percorsi al di sopra dei 1.200/1.400 metri si inizia a lavorare nella prima settimana di maggio e si termina a fine ottobre. Le maggiori attenzioni e le cure più specifiche ven-

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UNO SPORT IN TUTTE LE STAGIONI Golf in estate e sci di fondo in inverno: un abbinamento importante per destagionalizzare il turismo in quota. Ce ne parla Mirco Mazzoleni, dal 2009 superintendent del Golf Club Ponte di Legno, in provincia di Brescia, un nove buche aperto da giugno a settembre in Valbione, a 1.500 metri di quota

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gono date ai green e ai tee. I fairway, invece, vengono concimati solamente una volta in tutta l’estate, solitamente verso la fine di giugno. Lo sviluppo maggiore del tappeto erboso si ha da metà maggio fino a inizio agosto e, se si considera la curva di crescita, si rileva che assomiglia a quella di una normale macroterma. Sui green eseguiamo concimazioni azotate a pronto effetto da distribuire con dosi ridotte, ma più frequenti (il cosidetto spoon feeding). Da rilevare che in agosto non è raro avere già brinate mattutine e alcune volte le temperature notturne possono scendere anche sotto lo zero. Per queste ragioni è consigliabile non abbassare troppo l’altezza di taglio dei green altrimenti si corre il rischio di comprometterne lo stato. Per quanto riguarda le malattie più frequenti cui può essere soggetto il tappeto erboso di un campo di montagna abbiamo il Microdochium nivale, il dollar spot e la Typhula incarnata. Si manifestano durante l’intero periodo della nostra stagione e, se le temperature sono piuttosto calde, è abbastanza frequente riscontrare la presenza di Microdochium anche a partire da metà luglio.”

fattore molto importante da tenere in considerazione nella fase di progettazione del percorso per cercare di facilitare il giocatore dove è possibile. Un buon progetto dovrebbe contenere al massimo le pendenze eccessive che, oltre a complicare la vita ai golfisti, ostacolano anche le operazioni meccanizzate della manutenzione, soprattutto nelle lavorazioni di taglio, rendendo più difficile e costosa la gestione del tappeto erboso. Inoltre i campi di montagna, fin dove è possibile, solitamente vengono realizzati nel fondovalle per cui le dorsali montuose che li sovrastano creano spesso ombreggiamenti dei quali bisogna tener conto nella progettazione per avere una migliore esposizione solare. È necessario, altresì, avere un occhio di riguardo per le pendenze dei green, cercando di costruirli senza grossi avvallamenti perché altrimenti a primavera la neve fatica a sciogliersi creando pericolose aree di ristagno. Un campo di montagna, infine, deve assolutamente rispettare l’ambiente che lo circonda e gratificare il giocatore soprattutto per la bellezza naturale del posto più che per la qualità e il design del percorso.”

Quando si realizza un campo di montagna bisogna sempre fare i conti con le caratteristiche del terreno. Esistono linee guida su come deve essere il disegno di un campo di montagna per essere gestito al meglio? “Una delle peculiarità più evidenti dei campi di montagna è che il golfista non si trova quasi mai con i piedi e la palla sullo stesso piano. Tutto ciò rende assai più difficile il gioco. Questo è un

Parliamo ora di irrigazione, un altro aspetto che interessa la gestione di un percorso di golf. Qual è la sua importanza in un campo di montagna? “Fino a qualche anno fa l’irrigazione era considerata soprattutto come uno strumento di soccorso, ma, visto il susseguirsi di estati poco piovose, adesso è diventata una reale necessità. Sicuramente è indispensabile per i tee e per i green, che devono

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Nella pagina accanto, Mirco Mazzoleni (al centro), in compagnia di un paio di collaboratori. Nelle altre foto di questo articolo, vedute estive e invernali di Valbione, la zona sopra Ponte di Legno dove si trova il golf avere con una copertura idrica adeguata. Sui fairway, invece, è sufficiente una linea centrale che viene utilizzata all’occorrenza. Qui al Golf Club Ponte di Legno, ad esempio, tutti i green e tutti i tee sono irrigati tramite l’impianto irriguo, mentre i fairway lo sono solo in parte e riguarda solo quelli che vanno più facilmente sotto stress. Il “syringing” dei green, inoltre, è una pratica fondamentale da fare periodicamente, soprattutto da metà agosto in poi, perché solitamente le temperature notturne si abbassano con presenza di rugiada mattutina.” Come vengono decisi il numero e la dimensione dei bunker in questo tipo di percorsi? “Quasi sempre la quantità di bunker, e la loro dimensione, è condizionata principalmente dalla tipologia di manutenzione usata, cioè se è meccanizzata o manuale. La dimensione ovviamente deve essere proporzionata alla grandezza dei green, perché, se questi sono piccoli, non possiamo esagerare realizzando bunker troppo ampi. Qui a Ponte di Legno i bunker sono 14 e vengono rastrellati manualmente perché non hanno grandi dimensioni.” Adesso, con l’arrivo dell’inverno, questi campi rimarranno chiusi. Ci sono lavori particolari da effettuare prima di metterli a riposo? “A partire dalla metà di agosto è consigliabile sospendere le concimazioni azotate per non favorire lo sviluppo di patogeni fungi-

ni. A metà settembre, inoltre, sarebbe ottimale una chiodatura, ma se il budget a disposizione non lo permette è sufficiente intervenire con un verticutting incrociato, seguito da un topdressing. Abbinata a tali operazioni si esegue anche una concimazione con potassio e zolfo per preparare il tappeto erboso all’arrivo dell’inverno. È consigliabile, altresì, fare trattamenti preventivi per il controllo di patogeni fungini a partire da ottobre e prolungarli il più possibile fino alle prime nevicate. Tutte operazioni vengono eseguite solamente sui green e sui collar. Per quanto riguarda invece tee, fairway e rough si esegue l’ultimo taglio all’inizio di ottobre e poi si attende l’inverno.” Quali sono i pericoli maggiori cui va incontro il percorso durante il periodo invernale? “Le insidie più temute in inverno sono la mancanza di una strato di neve che faccia da ‘coperta’ al tappeto erboso e il susseguirsi di gelo e disgelo per periodi prolungati, che può causare la morte delle radici del tappeto erboso. La situazione ottimale sarebbe che il campo si coprisse con la neve da novembre fino alla fine di aprile. In questo caso il tappeto erboso non subirebbe grossi danni fino alla ripresa del periodo vegetativo. Negli inverni con poche precipitazioni nevose, invece, il terreno può gelare anche fino a oltre il metro di profondità con grossi rischi per il manto erboso. Lo scioglimento della neve in primavera è il momento più critico e pericoloso per il campo. Se questo avviene tardivamente, diciamo dal 20 aprile in poi e in pochi giorni,

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52 non si hanno problemi. Se, invece, il disgelo arriva anticipato, ad esempio verso la metà di marzo, le successive gelate notturne rischiano di compromettere seriamente il tappeto erboso. In queste condizioni c’è il timore di perdere anche il 70/80% dei green. La maggior parte dei campi di montagna, tra l’altro, d’inverno diventano piste per lo sci di fondo ed è molto importante non far transitare i mezzi battipista sui green e sui tee perché il compattamento della neve in alcuni casi creerebbe la morte del tappeto erboso sottostante.”

derati gli spazi più ristretti in cui si lavora, è consigliabile utilizzare macchine molto maneggevoli e dotate di trazione su tutte le ruote per operare senza problemi anche in presenza di forti pendenze. Un altro fattore da tenere presente è la superficie del terreno, mai in piano e con dislivelli che vanno sempre tenuti presenti durante gli interventi di manutenzione.”

Qual è la parte del tracciato più soggetta a danni durante l’inverno? “Sicuramente i green e nonostante vengano effettuate le stesse pratiche manutentive ogni autunno, quando arriva la primavera le problematiche con cui dobbiamo fare i conti (in particolare le macchie di malattie patogene) sono sempre diverse e cambiano da green a green.”

Le varietà usate per il tappeto erboso di un campo in altitudine sono diverse da quelle utilizzate negli altri percorsi? “Nei campi di montagna abbiamo riscontrato che la festuca rubra e arundinacea o la poa annua sono essenze spontanee che dimostrano un’ottima adattabilità al clima e non soffrono nel periodo primaverile-estivo. I fairway e tee sono composti principalmente da queste essenze, mentre sui green la specie più adattabile è l’ Agrostis stolonifera, varietà Penncross. I green più vecchi, inoltre, sono quasi in purezza di poa annua la quale, se tagliata non troppo bassa e con grooming, non crea grossi problemi.

Quando finisce la stagione invernale è il momento di mettersi al lavoro per la riapertura del percorso. Che genere di interventi vengono fatti per questa operazione? “Ogni primavera è come allestire ogni volta un campo cominciando da zero. Si inizia con un verticutting sui green per prelevare le eventuali parti secche e per velocizzare la ripresa vegetativa. In seguito, dopo una settimana, si fa una carotatura seguita da un topdressing. Anche sui tee viene eseguito un verticutting con un successivo topdressing per accelerare la crescita del tappeto erboso. Sui fairway e sui rough, invece, si inizia con un taglio per smuovere le parti secche e morte per poi ripartire con i normali interventi di manutenzione.”

Quali sono i problemi maggiori che si affrontano per gestire al meglio la manutenzione di questi percorsi? “Direi soprattutto il fatto che a ogni stagione bisogna fare il doppio lavoro perché in primavera si tratta, in pratica, di preparare il campo come fosse la prima volta e in autunno lo si predispone per l’inverno seguendo sempre le medesime procedure. Giusto per citare uno dei lavori che devono essere fatti ricordo quello che riguarda le reti di protezione del campo pratica e quelle perimetrali del campo che vanno messe e tolte a ogni stagione. Da ricordare anche che occorrono almeno tre anni di tempo per avere una buona consistenza del tappeto erboso laddove viene effettuata la semina.”

La particolarità dei campi di montagna incide anche sul tipo di attrezzature e macchine operatrici da usare per la manutenzione? “Certo. Il numero di macchine che usiamo è ovviamente adeguato alle dimensioni più ridotte del percorso. Inoltre, consi-

Quanto è importante poter contare su una buona viabilità per i golf car? “Questa è una caratteristica di assoluto rilievo. Poter disporre sul percorso di un’adeguata viabilità è decisamente importante e, ove è possibile, bisogna creare le strade e le aree di posteggio

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LA SCHEDA Mirco Mazzoleni è nato il 22 gennaio 1981 e possiede il diploma di Istituto Tecnico per Geometri. Nel 2008 ha conseguito il Diploma di Superintendent presso la Scuola Federale FIG e fa parte dell’AITG. È anche Maestro e Allenatore di Sci. La sua carriera professionale si è sviluppata sempre all’interno del Golf Club Ponte di Legno, prima come caddie, poi come gestore del campo pratica e infine come Superintendent dal 2009. Il Golf Club Ponte di Legno si trova a 1.500 metri di altezza, nel Parco dell’ Adamello, in località Valbione, una suggestiva conca prativa delimitata da folte abetaie e dominata dalla dorsale rocciosa del Corno d’Aola Salimmo. Il campo, disegnato da Luigi Rota Caremoli, attualmente dispone di 9 buche con doppie partenze ed è un par 70 di 5.277 metri e occupa una superficie di circa 15 ettari, di cui il 30% di proprietà dell’amministrazione comunale che lo concede in uso gratuito. La clubhouse è un’antica baita che un tempo ospitava una “casera”, la malga utilizzata dai pastori per la produzione dei derivati del latte. Il campo pratica ha 18 postazioni di cui tre coperte. Per favorire la promozione e la divulgazione del gioco è aperto al pubblico senza nessuna quota d’ingresso. Il comune, per favorire la promozione turistica del territorio, partecipa attivamente alla vita del circolo con contribuzioni annuali. I soci attuali sono 235 e possono giocare sul campo da maggio fino alla fine di ottobre. Nel 2004 il circolo ha ricevuto la certificazione nazionale di “Impegnati nel Verde”. Il calendario gare è piuttosto nutrito e prevede una cinquantina di tornei nel periodo di apertura, durante il quale si stimano complessivamente circa 9.500 giri.

per non rovinare il campo. L’uso del golf car, considerati i dislivelli che ci sono da affrontare su questi percorsi, uniti anche ai disagi dell’altitudine, è sicuramente molto gradito. Inoltre favorisce la velocità del gioco.” Abbiamo capito che d’inverno il campo va in vacanza. Ci va anche chi si occupa della manutenzione? “Qui da noi non succede perché nel periodo invernale io e miei collaboratori facciamo un altro lavoro. C’è chi fa il maestro di sci e c’è chi svolge altre mansioni, quasi tutte legate all’attività turistica invernale del nostro territorio. Il nostro gruppo, ad

esempio, lavora nella storica scuola sci di Ponte-Tonale.” Qual è la caratteristica che apprezzano di più i giocatori quando giocano sul vostro campo? “Sicuramente il contesto naturale dove si trova il percorso e la possibilità di poter ammirare panorami mozzafiato. Inoltre non va dimenticato il piacere di giocare, specie nei mesi più caldi, con temperature miti e gradevoli. Devo dire che vengono molto apprezzate anche altre caratteristiche, come l’aspetto floreale, la cura generale del campo e l’impiego di materiali locali, quali il legno e la pietra, per la realizzazioni dei laghi e dei tee.”

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Intervista al direttore e al responsabile della preparazione sull’Old Course e sui sette percorsi della “casa del golf”, protagonisti dietro le quinte della gara più prestigiosa del mondo

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St Andrews

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Nella foto, lavoro di rifinitura sull’inconfondibile green della 18 dell’Old Course, a St Andrews, durante l’Open Championship 2015

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St Andrews di Stefano Boni

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uella di quest’anno, per l’Open Championship, è stata un’edizione ricca di colpi di scena, con tanti giocatori in lizza fino alle ultime battute. A St Andrews gli imprevisti non sono mancati, e hanno messo alla prova non solo i giocatori ma anche la squadra della manutenzione. Il ‘capo di tutti i greenkeeper’, il clima, ha fatto ancora una volta sentire la sua voce imperiosa, come spesso accade in Scozia: piogge torrenziali con conseguenti allagamenti, ritardi che hanno tenuto il campo occupato fino a tarda sera, vento forte che spazzava via la sabbia dei bunker più esposti nonostante questi fossero stati preventivamente bagnati con la sistola. E questo solo per citare qualcuno di questi imprevisti. Comunque il lavoro svolto dalla squadra diretta da Gordon Moir e Gordon McKie, rispettivamente ‘Director of Greenkeeping’ di St Andrews Links Trust e ‘Head Greenkeeper’ dell’Old Course, ha ancora una volta permesso che i grandi campioni del golf trovassero il percorso nelle migliori condizioni possibili. Merito non solo delle forze dispiegate in campo, oltre 60 addetti super-preparati tra cui Lorenzo Gaetani, allievo della nostra Scuola, ma anche della capacità organizzativa di Gordon & Gordon, che hanno trovato nonostante tutto il tempo per rispondere a una serie di domande sulla loro esperienza e sulla manutenzione dell’Old Course. Quanti anni avete e qual è la vostra provenienza? GORDON MOIR: Ho 56 anni e sono nato a Fraserburgh, una città situata 100 miglia a nord di Edimburgo. GORDON MCKIE: Ho 47 anni e vengo dalla periferia di Glasgow.

Dove avete iniziato a lavorare come addetti alla manutenzione, e potete dirci qualcosa sulla vostra formazione? MOIR: Ho cominciato come apprendista greenkeeper al Fraserburgh Golf Club, il mio circolo locale, nel febbraio 1976. Fu lo stesso club a spingermi a frequentare i corsi dell’Elmwood College, che a quel tempo era considerata la scuola britannica più prestigiosa

per la formazione dei greenkeeper. Ho frequentato dei corsi di sette settimane all’anno per tre anni e alla conclusione del percorso di studi mi è stato conferito il St Andrews Links Trust Award, quale studente più meritevole del mio corso. Da allora sono tornato a Elmwood diverse volte per conseguire ulteriori qualifiche. MCKIE: Tutto è iniziato nel marzo del 1985 al Tain Golf Club, 35 miglia a nord di Inverness, dove mi ero trasferito con i miei genitori. Come parte del mio apprendistato ho frequentato l’Elmwood College dal 1986 al 1988 per conseguire un diploma in Greenkeeping e Orticoltura. Presso lo stesso istituto ho conseguito negli anni successivi diverse qualifiche in Greenkeeping, Supervisione e Management . Come è proseguita poi la vostra carriera fino ad arrivare a St Andrews? MOIR: A Fraserburgh sono diventato Head Greenkeeper fino al 1981, poi nel 1991 sono approdato a St Andrews come capo della manutenzione all’Eden Course. Nel settembre del 2000 sono stato promosso a Director of Greenkeeping di tutti i percorsi del St Andrews Links Trust. MCKIE: A Tain, finito l’apprendistato, sono stato promosso ad Assistente Greenkeeper. Nel 1989, in seguito all’ottenimento delle mie qualifiche all’Elmwood College sono diventato Deputy Head Greenkeeper presso lo stesso circolo. Con il medesimo ruolo sono entrato a lavorare all’Eden Course di St Andrews nel 1996, dove sono stato promosso a Head Greenkeeper nel 2000. Poi ho lavorato al New Course con la stessa qualifica dal 2005 al 2007, anno in cui sono passato all’Old Course. Qual è il vostro livello di gioco? E quante volte avete giocato sull’Old Course quest’anno? MOIR: Gioco a golf da oltre 40 anni e attualmente sono 3 di handicap. Quest’anno sull’Old Course ho già giocato 7-8 volte e penso che entro la fine dell’anno arriverò a una quindicina. MCKIE: Sono 11 di handicap, il mio minimo storico è stato 9. Ho giocato sull’Old Course solo una volta quest’anno e penso di giocarci un’altra volta entro la fine del 2015 A quanti Open avete preso parte? E avete qualche ricordo particolare delle passate edizioni? MOIR: Ho lavorato a tutte le edizioni di St Andrews dal 1995 in poi. In quell’edizione, in qualità di Chairman dell’Associazione dei Greenkeeper Scozzesi ho avuto l’onore di consegnare ad Arnold Palmer un piatto di cristallo per premiare il riconoscimento che ha sempre dimostrato nei confronti della professione di greenkeeper. Del 2010 ricordo soprattutto… il tempo! MCKIE: A partire dal 2000 ho lavorato a tutti gli Open che si sono tenuti a St Andrews, ma in qualità di membro della BIGGA ho partecipato anche ad altre edizioni, come nel 1999 quando a Carnoustie il mio compito l’ultimo giorno fu quello di rastrellare i bunker seguendo l’ultimo team. Assistetti così in prima linea alle vicissitudini di Van de Velde, compresa la sua entrata nel Barry Burn. Anche io del 2010 ricordo soprattutto il tempo inclemente, e speravo che questa volta andasse meglio.

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A sinistra, macchine sull’Old Course durante l’Open. Qui sopra Gordon McKie (a sinistra) e Gordon Moir Passiamo a qualche alla manutenzione. Che essenze avete sul percorso? MOIR: Abbiamo soprattutto festuche a foglia fine. A seconda delle zone, poi, troviamo Agrostis capillaris, Poa annua, Lolium perenne, Koeleria cristata, tutte in percentuali variabili. Quali sono abitualmente le altezze di taglio delle varie superfici? E per l’Open cambia qualcosa? MCKIE: Non c’è una grandissima differenza tra quelle abituali e per l’Open. I green solitamente sono tenuti a 4,5 mm e l’altezza per l’Open scende a 4 mm. L’altezza di tee, surround e fairway è di solito sugli 8 mm e per il Campionato scende a 6,5-7 mm. Quante persone lavorano solitamente alla manutenzione dell’Old Course? E quante durante l’Open? MOIR: In genere sono 14 operai a tempo pieno più tre o quattro stagionali per il periodo estivo. Durante l’Open e nella settimana precedente utilizziamo anche gli staff degli altri sei percorsi fino ad arrivare a 60-65. Che tipo di impianto di irrigazione avete sul campo? Ed è stato usato spesso quest’anno? MOIR: È tutto computerizzato e ogni irrigatore è controllato da un’elettrovalvola. In alcune buche dove i fairway sono doppi abbiamo diverse file di irrigatori: per esempio sulla 1 e sulla 18 utilizziamo un sestuplo rango. MCKIE: Vista la primavera piuttosto secca, abbiamo irrigato abbastanza regolarmente fino a giugno, quando abbiamo staccato l’impianto. Da quel momento in avanti la condizione finale del campo, più o meno ‘duro e bruciato’, è stata determinata dal clima. Potete dirci qualcosa sulle fertilizzazioni? MCKIE: È cambiato molto dal 2010, adesso abbiamo un tappeto erboso più vigoroso che non necessita di particolari apporti nutrizionali. Per i green effettuiamo concimazioni liquide con ferro, solfato ammonico ed estratti d’alga, per un apporto di circa 20 Kg di azoto

per ettaro all’anno contro i 30/40 Kg del passato. Cominciamo ad aprile e facciamo un’applicazione a cadenza mensile fino a giugno incluso. Successivamente la cadenza è data dalle esigenze del tappeto. Al momento non concimiamo più i fairway, per lo stesso motivo sopra detto. L’unico tipo di intervento qua consiste nell’uso di agenti umettanti su base mensile da marzo a settembre. Quali sono le principali malattie che interessano l’Old Course e come le gestite? MOIR: Non abbiamo grossi problemi di malattie: questo è dovuto sia al fatto che conteniamo gli apporti idrici e azotati, sia alla ventilazione naturale del campo. In passato abbiamo usato fungicidi miscelati ad agenti bagnanti per il controllo dei “cerchi delle streghe” e ogni tanto abbiamo l’insorgenza del dollar spot che monitoriamo costantemente, ma non ci ha mai dato particolari problemi. Per finire, dato che siete anche dei giocatori di buon livello, cosa pensate delle modifiche al percorso? E quando sono state effettuate? MOIR: Le modifiche sono state tutte messe in atto in due stagioni, tra il 2012 e il 2014. Molto interessanti a mio avviso quella della buca 4, dove il riposizionamento di un bunker a lato del green ha reso più impegnativo attaccare una bandiera ‘front right’, e quella della buca 9, con l’aggiunta di un nuovo bunker che rende più rischioso attaccare il green con il driver. Rispetto alla passata edizione, inoltre, il rough è ora meno penalizzante, sia per le particolari condizioni climatiche di questa prima metà dell’anno, sia per una manutenzione mirata, che aveva proprio questo obiettivo e che abbiamo portato avanti negli ultimi anni. MCKIE: Concordo con quanto detto da Gordon, e aggiungerei le modifiche alla buca 2, dove due bunker sono stati riportati maggiormente in gioco avvicinandoli al green. A noi non resta che ringraziare Gordon & Gordon per avere risposto a queste domande, ma anche e soprattutto per aver contribuito con la loro squadra alla riuscita di un altro Open memorabile…

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St Andrews l’ultimo Open è stato diverso dal solito. E non solo per l’andamento della gara o per le modifiche al tracciato dell’Old Course, sottoposto in questi cinque anni a una serie di modifiche che, a detta di Peter Dawson, ad del Royal & Anciente, hanno enfatizzato l’importanza della precisione e del controllo di palla. In questo lasso di tempo a St Andrews non si è infatti lavorato solo sulle pendenze del green della 11 o sull’ampliamento del bunker della ‘Road Hole’. Ci sono stati significativi miglioramenti anche in campo ambientale, che hanno permesso all’Old Course di ottenere la ri-certificazione GEO. Sicuramente in questo processo è stato determinante l’ingresso nello staff di un tecnico ambientale a tempo pieno, che ha supervisionato una serie di progetti riguardanti soprattutto gli aspetti naturalistici, idrici ed energetici. Dal punto di vista naturalistico sono senz’altro da segnalare la sperimentazione compiuta su alcune aree di tappeto erboso incolto, entro le quali sono state fatte pascolare pecore allo scopo di incrementarne la diversificazione botanica, l’adozione del progetto Operation Pollinator (di cui si è parlato in uno dei numeri precedenti di Professione Golf Club a proposito di Carnoustie) su ben sei ettari di terreno e l’ampliamento delle fasce di

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erica, habitat fondamentale per una miriade di specie animali, sia sull’Old Course che sull’Eden, il New e il Jubilee Course. Per quanto riguarda la gestione della risorsa idrica continua il trend registrato già in occasione della prima certificazione, con una riduzione dei consumi relativi al campo superiore al 20 percento nell’ultimo triennio: merito, questo, soprattutto degli interventi compiuti per migliorare l’efficienza dell’impianto di irrigazione. È stato inoltre messo a punto un sistema per recuperare le acque piovane del tetto del centro manutenzione del Jubilee Course e per convogliarle direttamente nel bacino di accumulo. Sul piano energetico invece sono da segnalare l’installazione di un impianto fotovoltaico sopra il centro manutenzione dell’Eden e la realizzazione del nuovo quartier generale, il Tom Morris Building, con tecniche di design passivo che includono l’uso di una copertura vegetale per il tetto. Quest’ultima realizzazione è stata tra l’altro premiata con il Dundee Institute of Architects Award quale miglior progetto del Regno Unito per il 2013 e a detta del Chief Executive del St Andrews Links Trust, Euan Loudon, si ispira al lascito di Old Tom Morris in termini di sviluppo, innovazione, sostenibilità. Le stesse qualità che hanno portato questo campo ad essere il primo della Rota dell’Open, ad ottenere la Certificazione GEO e, adesso, a riconfermarla.

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Un prato sopra al tetto Molti gli interventi effettuati nel tempio del golf mondiale in tema di innovazione, sviluppo e sostenibilitĂ , che hanno permesso la riconferma della certificazione GEO

Nelle foto, la copertura vegetale del Tom Morris Building a St Andrews

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In pochi mesi, il golf club di Cervia ha rinnovato l’impianto d’irrigazione su due dei suoi tre percorsi, senza mai chiudere il circolo. Un risultato eccezionale e senza precedenti nel nostro Paese

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di Sara Zammarini

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innovare completamente l’impianto d’irrigazione in un solo inverno e senza alcuna chiusura dei percorsi di gioco. Questo primato italiano appartiene all’Adriatic Golf Club Cervia che a partire da novembre 2014 in una manciata di mesi ha completamente ripensato il proprio sistema irriguo. Il Circolo, di proprietà comunale, è stato inaugurato nel 1984 e oggi offre tre percorsi a nove buche. Negli anni i gestori hanno ben affrontato le diverse necessità del campo, sino a quando è risultato evidente che il rifacimento dell’impianto d’irrigazione delle 18 buche più vecchie non poteva più essere rimandato: la difficoltà di gestione, una copertura irrigua non omogenea con difficoltà di manutenzione del manto erboso, l’evidente spreco idrico ed energetico richiedevano un intervento radicale. Tutto ciò, nelle intenzioni del presidente Fabio Di Pietro, doveva essere risolto senza i disagi di prolungate chiusure del Circolo, senza impedimenti per il nutrito calendario gare e con la massima tutela per il tappeto erboso. Dal canto suo il Comune, proprietario dei campi, ha sostenuto gli ambiziosi piani del Presidente e ha cercato di velocizzare le procedure di rinnovo. James Massarenti, con la collaborazione di Nicola Zeduri, consulente agronomico incaricato del club, ha studiato il nuovo impianto di irrigazione ripensandolo come “un progetto moderno, estremamente flessibile, mirato al risparmio d’acqua e idraulicamente in grado di sopportare senza problemi eventuali implementazioni future.” Il sistema di comando scelto è un automatismo Toro di ultima generazione, ma di facile gestione e di grande potenza e flessibilità d’uso. “Un personal computer, posizionato in ufficio in clubhouse, comanda tutta l’irrigazione, ottimizzando i flussi e le portate, garantendo un controllo assoluto di ogni singolo irrigatore. Ogni mattina il greenkeeper può monitorare l’andamento notturno e in tempo reale riceve ‘feedback’ dal sistema su eventuali anomalie o cattivi funzionamenti elettrici”, spiega Massarenti. “Inoltre è stato notevolmente ridotto, a parità di acqua erogata, il tempo necessario per completare un ciclo irriguo, grazie all’ottimizzazione idraulica del software di gestione. Questo comporta un minore consumo di energia elettrica e una minore usura delle tubazioni.” Nell’impianto sono stati utilizzati oltre 1.000 irrigatori Toro Infinity, con accesso dall’alto a tutte le componenti, filtro incluso, che permettono di effettuare la manutenzione senza dover smontare completamente l’irrigatore. Questi prodotti hanno raggiunto coefficienti di uniformità di pioggia superiori al 94%. Ogni irrigatore è comandato singolarmente, così da controllare separatamente zone con diverse esigenze irrigue. Particolare attenzione è stata prestata al posizionamento degli irrigatori dei fairway e dei rough così da permettere al manutentore di gestire tempi diversi di esposizione per le aree in erba macroterma rispetto a quelle in essenze microterme. Per minimizzare l’effetto del vento sull’uniformità dell’irrigazione, nei green e nelle aree d’approccio sono stati installati irrigatori da circa 21 metri di gittata, posizionati a 18 metri di distanza l’uno dall’altro. Irrigatori settorializzabili insistono direttamente sulle superfici dei green e bagnano in modo diver-

Nella pagina accanto, la bella clubhouse dell’Adriatic Golf Club di Cervia. Qui sopra l’installazione di due irrigatori, nel rough (al centro) e in fairway (in basso)

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62 so l’area dei green veri e propri da quella dei contorni, dove è necessaria una minor quantità d’acqua. “Le tubazioni principali sono in polietilene saldato di ultima generazione, così come gli stacchi dalla linea. I diametri dei tubi sono stati dimensionati per dare all’acqua basse velocità all’interno delle tubazioni e per garantire, senza costi aggiuntivi, la possibilità di eventuali ampliamenti futuri”, precisa Massarenti. Tutti gli anelli secondari sono sezionabili tramite saracinesche in ghisa sferoidale a corpo piatto scaricabili in maniera indipendente l’uno dall’altro con saracinesche dedicate. Per sostenere il fabbisogno idrico è stata costruita una nuova stazione di pompaggio che attinge a un bacino di raccolta di acqua esistente. L’impianto è stato dotato di un sistema di filtrazione automatico, precedentemente assente, e di un’automazione monocavo a decoder. Oggi viene bagnata la superficie di gran parte delle buche, per un’estensione di circa 60 metri di larghezza, così da coprire perfettamente i fairway, i pre-rough e per più di una decina di metri i rough adiacenti. Nonostante i pesanti lavori di rinnovo, i danni al tappeto erboso sono stati minimi e tutto è avvenuto con la massima celerità e nel rispetto dei budget grazie all’estrema specializzazione e ai macchinari tecnicamente avanzati utilizzati dall’azienda Acquafert di Cremona che ha realizzato il progetto. Il consulente agronomo incaricato dal Golf Club Cervia, Nicola Zeduri, si è soffermato sui lavori effettuati: “Quando si affrontano cantierizzazioni così pesanti durante la stagione invernale nell’immediato emergono gli svantaggi rispetto ai vantaggi. Mi spiego: durante l’inverno la nostra azione è stata finalizzata a rendere sempre ‘giocabile’ il campo, con evidenti sforzi nei periodi più freddi. Come si può immaginare è assolutamente difficile riparare lesioni a un’essenza macroterma durante la stagione di ‘fermo vegetativo’. Abbiamo perciò puntato l’attenzione sui livellamenti, tenendo conto degli immancabili assestamenti, ‘vestendo’ le aree lesionate con Lolium perenne. Per nostra fortuna, l’impiego di un puller su tutte le aree, soprattutto attorno a green e tee ha reso possibile il contenimento dei danni in zone delicate. Alla ripresa del caldo, la macroterma ha recuperato rapidamente le lesioni e tutto è risultato più facile”. “Alcuni momenti delicati hanno coinciso con il periodo delle piogge e delle feste di fine anno”, continua Zeduri. “Fortunatamente la disponibilità della ditta impiegata ha ridotto al minimo il totale fermo cantiere ed ha permesso di rispettare i tempi previsti. Un altro brivido è stato provato in primavera, quando l’arrivo prematuro ed intempestivo del caldo ha reso necessario attivare l’impianto prima di un vero e proprio collaudo. A parte piccole difficoltà riconducibili a connessioni elettriche, tutto ha funzionato bene!” Zeduri ha voluto sottolineare i vantaggi del nuovo impianto: “Sono evidentissimi: riusciamo ad irrigare in un numero di ore molto più contenuto; il programmatore rende possibile una flessibilità di utilizzo impressionante e sono certo che, quando il greenkeeper sarà in grado di utilizzare appieno lo strumento, il management dell’acqua sarà molto più leggero. Evidenti sono pure i vantaggi per i tappeti erbosi: a fronte di una stagione estiva che andrà ricordata come quella più calda degli ultimi 200 anni,

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non hanno sofferto particolarmente e sono risultati sempre ‘performanti’ in occasioni delle importanti competizioni programmate nel calendario gare. Ottimo il contenimento dei tempi, che consente l’avvio dei tagli anche di primo mattino senza gli abituali imbarazzi dovuti al prolungarsi dei cicli irrigui. I prossimi obiettivi saranno la sistemazione dell’impermeabilizzazione del bacino di raccolta dell’acqua a uso irriguo e l’estensione alle ultime nove buche del sistema di programmazione, così da poter gestire con maggiore coordinazione l’irrigazione di tutto il campo”. Il presidente del circolo, Fabio Di Pietro, ha espresso la sua soddisfazione: “È stato un lavoro gravoso da un punto di vista decisionale e burocratico, oltre che per la gestione del circolo, comunque aperto durante tutti i lavori di rinnovo. Sicuramente è stata una scelta coraggiosa e impegnativa. Ma senza dubbio la rifarei.”

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RINNOVO IMPIANTI Adriatic Golf Club

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Nella veduta aerea, la disposizione degli irrigatori sui percorsi Rosso (foto nel riquadro) e Blu dell’Adriatic Golf. Qui sopra, l’irrigazione in opera e l’interratore di Acquafert Green utilizzato durante i lavori di realizzazione dell’impianto

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GOLF E DIRITTO L’angolo giuridico

La giustizia sportiva nel golf Esaminiamo novità e le variazioni entrate in vigore lo scorso 1 luglio con il nuovo Regolamento Avv. Paolo Montanari

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utte le Federazioni Sportive Nazionali riconosciute dal C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) sono dotate di un sistema di giustizia autonomo, specializzato in ragione della disciplina di appartenenza ma vincolato all’osservanza dei principi emanati dalle istituzioni internazionali (Comitato Olimpico Internazionale C.I.O.) e nazionali (C.O.N.I.). Per la realizzazione della suddetta autonomia risulta fondamentale il principio del “vincolo di giustizia”, vale a dire la prescrizione in base alla quale ai tesserati e affiliati è preclusa la facoltà di adire gli organi di giustizia statale ordinaria per la tutela di propri interessi derivanti dallo svolgimento dell’attività sportiva, soggiacendo agli organi di giustizia interna delle singole Federazioni. Il vincolo di giustizia è ammesso solo nell’ambito tecnico-sportivo (e quindi relativamente all’osservanza delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive) e disciplinare (comportamenti rilevanti sul piano disciplinare ed irrogazione e applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive). La normativa regolatrice è contenuta nella Legge del 17 Ottobre 2003, n. 280. Il vincolo di giustizia si traduce, quindi, in una clausola, contenuta nei singoli Statuti, in base alla quale gli affiliati ed i tesserati si obbligano a risolvere le controversie, tecniche o disciplinari, avanti gli organi di giustizia sportiva interna. La struttura della giustizia nel golf La giustizia sportiva trova le proprie fonti re-

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golamentari negli artt. 52-67 dello Statuto della Federazione Italiana Golf, nel Regolamento di giustizia e nel Regolamento organico. Lo Statuto federale ed il Regolamento di Giustizia sono stati approvati dal Commissario ad Acta con decreto del 17 aprile 2015 ed approvati con delibera della Giunta Nazionale del C.O.N.I. del 29 aprile 2015. Il Regolamento di Giustizia è entrato in vigore il 1° luglio 2015. Il presente articolo vuole unicamente volgere uno sguardo d’insieme sulle novità introdotte con riguardo agli Organi di Giustizia, riservando a successivi interventi l’approfondimento dei singoli temi. I Giudici sportivi si distinguono in Giudice sportivo Nazionale, Giudici sportivi territoriali e Corte sportiva di Appello. ■ Il Giudice sportivo Nazionale e i Giudici sportivi territoriali pronunciano in prima istanza, senza udienza e con immediatezza, su tutte le questioni connesse allo svolgimento delle gare e in particolare su quelle relative a: a) la regolarità delle gare e l’omologazione dei relativi risultati; b) la regolarità dei campi o degli impianti e delle relative attrezzature; c) la regolarità dello status e della posizione di atleti, tecnici o altri partecipanti alla gara; d) i comportamenti di atleti, tecnici o altri tesserati in occasione o nel corso della gara; e) ogni altro fatto rilevante per l’ordinamento sportivo avvenuto in occasione della gara. ■ La Corte sportiva di Appello giudica in seconda istanza sui ricorsi avverso le decisioni del Giudice sportivo Nazionale e dei Giudici sportivi territoriali. È, altresì, competente a decidere sulle istanze di ricusazione dei suddetti giudici. La Corte sportiva di Appello giudica in composizione collegiale con il numero invariabile di tre componenti. Avverso le

decisioni della Corte sportiva di Appello, per i casi e nei limiti stabiliti, è ammesso ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport. Presso ogni Federazione sono istituiti i Giudici Federali, i quali si dividono in Tribunale federale e Corte federale di Appello. I Giudici federali giudicano in composizione collegiale e sono composti da un Presidente individuato dal Consiglio federale, da due componenti effettivi, nonché da due supplenti. ■ Il Tribunale federale giudica in primo grado su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento federale in relazione ai quali non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinnanzi ai Giudici sportivi nazionali o territoriali. ■ La Corte federale di Appello giudica in secondo grado sui reclami proposti contro le decisioni del Tribunale federale. Notevoli, quindi, appaiono le differenze rispetto a quanto previsto e regolamentato dal precedente Statuto ove gli organi di giustizia erano composti dai Giudici di prima istanza, che giudicavano in tutti i casi di illecito sportivo, di scorretto comportamento morale e civile durante lo svolgimento dell’attività sportiva di rilevanza federale, di violazione delle norme statutarie e regolamentari federali, commesse dai tesserati, dai circoli affiliati e dagli aggregati, dalla Commissione di Disciplina, la quale giudicava in secondo grado su ricorso della parte interessata o della procura federale e la Procura Federale che svolgeva le funzioni di indagine e le funzioni requirenti. I provvedimenti adottati dagli Organi della Federazione hanno piena e definitiva efficacia, nell’ambito dell’ordinamento federale, nei confronti di tutti gli affiliati e i tesserati. È, poi, riconosciuta la competenza arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo

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a cura del Centro Studi Diritto Sport diretto dal Prof. Avv. Lucio Colantuoni - mail: info@csdirsport.com

Sport sulle controversie che contrappongono la Federazione a soggetti affiliati e tesserati, a condizione che siano stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale, con esclusione delle controversie che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni inferiori a 120 giorni, a 10.000 euro di multa o ammenda e delle controversie in materia di doping. Il Tribunale provvede alla soluzione delle controversie sportive attraverso lodi arbitrali emessi da un arbitro unico o da un collegio arbitrale di tre membri. Da ultimo è stato istituito l’Arbitrato federale. Gli affiliati e i tesserati della Federazione possono rimettere a un giudizio arbitrale definitivo la risoluzione di controversie interindividuali ai sensi dell’art. 806 e seguenti del Codice di Procedura Civile, che siano originate dalla loro attività sportiva od associativa, qualora non rientrino nella competenza degli Organi di Giustizia federali. Ogni soggetto affiliato o aggregato (circoli ed associazioni) delibera poi, per mezzo dei propri Organi, un ulteriore regolamento - che ri-

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calca nella forma quello federale – con il quale si attribuisce agli organi di giustizia interni il potere di sanzionare i comportamenti illeciti o scorretti dei soci; tuttavia, qualora si tratti di comportamenti illeciti o scorretti commessi durante lo svolgimento dell’attività sportiva di rilevanza federale o in violazione delle norme statutarie e regolamentari federali, detti comportamenti devono essere segnalati alla Procura Federale per le opportune indagini. L’Art. 63 dello Statuto della F.I.G. regolamenta i rapporti fra la Giustizia Federale e la Giustizia dei soggetti affiliati ed aggregati. Detto articolo prevede, innanzitutto, che le decisioni dei Giudici di prima istanza e della Commissione di disciplina (rectius Giudice sportivo Nazionale, Giudici sportivi territoriali, Tribunale federale, Corte sportiva di Appello e Corte federale di Appello) abbiano effetti nei confronti di tutti i soggetti affiliati ed aggregati, nonché nell’ambito di tutta la struttura organizzativa della F.I.G. Al contrario le decisioni degli organi di giustizia dei soggetti affiliati ed aggregati hanno efficacia interna alle sin-

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gole strutture associative. In ogni caso l’intervento degli Organi di Giustizia dei soggetti affiliati ed aggregati rimane precluso qualora sia stato attivato l’intervento degli Organi di Giustizia federali ovvero esista una formale richiesta per quest’ultimo intervento da parte del tesserato federale o della Procura federale al momento dell’avvio del procedimento disciplinare davanti agli organi di giustizia dell’affiliato o dell’aggregato di appartenenza. Nel caso, infine, gli Organi di Giustizia dei soggetti affiliati ed aggregati adottino un provvedimento di radiazione, detto provvedimento deve essere sottoposto a riesame (di legittimità e di merito) da parte delle Corti d’Appello, sportiva e federale, ai fini della sua efficacia e delle connesse preclusioni in ambito federale. Da ultimo si precisa che gli statuti e/o i regolamenti dei soggetti affiliati o aggregati devono prevedere un doppio grado di giurisdizione circa la materia disciplinare, nonché una separazione dei poteri tra Organi direttivi ed Organi disciplinari.

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ITALY GOLF EXPERIENCE

Con interviste ad alcuni responsabili di importanti strutture ricettive in Italia e all’estero, cerchiamo di capire come il turismo golfistico si dovrebbe sviluppare per attrarre un numero crescente di giocatori di Maurizio Trezzi

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l settore del turismo rappresenta una delle principali voci del PIL italiano. Il suo contributo totale – considerando quindi gli effetti diretti e quelli indiretti – porta a un totale di 162,7 miliardi di euro nel 2014, pari al 10,1% del PIL. Un dato in aumento sia per l’anno in corso (+ 1,7% nel 2015) e con una proiezione per il 2025 che si attesta a circa 195,5 miliardi di euro. Di questi ricavi solo una piccola fetta è rappresentata dal turismo golfistico. Dei quasi 30 milioni di turisti che ogni anno girano il mondo con al seguito sacca e bastoni, solamente 1,8 milioni fanno tappa in Italia. E questo nonostante il golf sia al quinto posto fra gli sport più commercializzati sui mercati esteri dai nostri tour operator. L’andamento delle presenze è certamente in crescita ma l’incremento potrebbe essere molto più alto. I dati della ricerca, presentata durante l’edizione italiana di IGTM 2014 a Cernobbio, descrivono un enorme potenziale per la realtà italiana definita “meta ideale” per i golfisti europei. Su un campione di 6.000 golfisti non occasionali, oltre tre su quattro fra tedeschi e svedesi, più della metà dei francesi e il

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31% dei giocatori inglesi e irlandesi, si dice pronto, nei prossimi cinque anni, a scegliere l’Italia come destinazione per una golfvacanza. Luoghi privilegiati per poter accogliere queste “orde” di turisti a caccia di birdie sono i golf resort: realtà che abbinano uno o più percorsi di golf a una struttura ricettiva, con caratteristiche solitamente di alto profilo, e servizi quali spa, piscina, negozi, uno o più ristoranti. E proprio questi resort risultano essere fondamentali per lo sviluppo del turismo golfistico di un Paese, con le loro esigenze specifiche che li differenziano notevolmente dagli altri Circoli “tradizionali”, dove la componente golfistica è preponderante in termini di offerta, investimenti, marketing e revenue.

La situazione italiana Solo una piccola frazione dei 104 campi a vocazione turistica identificati dalla Federazione Italiana possono essere considerati e pieno titolo golf resort. Strutture che rivestono un ruolo strategico per il loro dimensionamento, la loro posizione inserita nella zone a maggior vocazione turistica, il livello di servizio e qualità che possono offrire per intercettare una clientela

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Resort e destinazioni premium, solitamente più disponibile alla spesa e anche maggiormente propensa, nel caso si sia trovata bene, a fidelizzarsi e a fare buona pubblicità del luogo. I resort, per caratteristiche e modelli di business, rappresentano una realtà diversa rispetto ai Circoli dove componente golfistica e rapporto con i soci quest’ultimo quasi trascurabile nel caso dei resort – sono elementi decisivi per il buon andamento dell’esercizio finanziario.

Strategie e marketing La realtà italiana dei golf resort paga attualmente una localizzazione eccessivamente a macchia di leopardo che non consente di identificare quelle golf destination che hanno fatto la fortuna di alcune regioni europee. La costa meridionale della Turchia – come scrive Fulvio Golob sull’editoriale di questo numero - nella zona di Antalya/Belek ha visto realizzati negli ultimi anni oltre dieci nuovi percorsi, firmati da architetti e giocatori di grido, ora meta di turisti da ogni parte d’Europa. O ancora la Costa del Sol in Spagna o l’Algarve in Portogallo, luoghi dove la densità di percorsi e resort è simile a quella delle megalopoli asiatiche. L’Italia, se si esclude la zona del Garda con la presenza di strutture come Arzaga, Chervò San Vigilio, Paradiso del Garda, Gardagolf (quest’ultimo non esattamente un resort, nonostante la presenza di una foresteria) e la Toscana, con Argentario, Punta Ala, Saturnia e Toscana/Pelagone, non offre la possibilità a turisti di poter soggiornare in un luogo e giocare, oltre che nel campo di proprietà, anche in altri percorsi vicini.

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“La Sicilia – spiega Sebastiano Torrisi, Golf Manager di Donnafugata Resort a Ragusa – resta lontana da poter essere considerata una golf destination. I nostri ospiti hanno a disposizione due campi da 18 buche, ma se volessero provare altri percorsi dovrebbero affrontare un viaggio di quasi due ore. Un tempo eccessivo in considerazione della lunghezza degli spostamenti legata alla mancanza di collegamenti viari veloci”. E quello degli spostamenti è, insieme all’accessibilità e ai collegamenti aerei, uno dei fattori che penalizza il sud Italia rispetto a destinazioni come Spagna, Portogallo o Turchia. “L’apertura dell’aeroporto di Comiso – prosegue Torrisi – ci ha reso uno dei resort del Mediterraneo con la minor distanza fra la propria struttura e uno scalo aereo internazionale. Quello che manca però sono i voli da destinazioni, per noi molto interessanti, come il nord Europa. E quando ci sono vengono sospesi in inverno, periodo nel quali invece potremmo offrire pacchetti confezionati appositamente per i golfisti a caccia di caldo, campi aperti e offerte interessanti a livello di prezzo. Manca un coordinamento, realizzato dalle Istituzioni, con le compagnie aeree che tenga conto anche delle nostre esigenze”. Al contrario in Turchia il boom della regione di Antalya/Belek è stato favorito dalle scelte strategiche di Turkish Airlines che ha sviluppato una campagna di comunicazione nel settore del golf e ha supportato con l’apertura di nuove rotte il marketing del golf resort locali. All’estero quindi si fa più lavoro di squadra e si cerca di mettere a fattor comune le esperienze e i pacchetti per offrire un

Nella pagina accanto, la clubhouse del Chervò San Vigilio e qui sopra Borgo Egnazia, resort vicino al San Domenico Golf

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68 prodotto maggiormente competitivo: “Cerchiamo di lavorare in stretto contatto con gli altri golf resort e con i circoli della zona – dice Sarah Monier, direttore comunicazione di Terre Blanche, golf resort transalpino a Fayence nel mezzo della Provenza – e lo facciamo anche con i professionisti locali in modo che possano venire al Terre Blanche con i loro allievi per allenarsi, usando i nostri servizi e impianti come quello della David Leadbetter Academy. Puntiamo molto sulla preparazione e il training anche perché la nostra struttura è stata la prima a ricevere la certificazione di European Tour Performance Institute e questo attrae molta clientela internazionale”. E per intercettare la clientela proveniente da zone diverse del mondo è fondamentale organizzare efficaci strategie di marketing, tagliate su misura per un golf resort. Fra i più attivi in questo senso in Europa, nella zona della Messinia, a tre ore d’auto da Atene, Costa Navarino deve contrastare la mancanza di tradizione della Grecia come destinazione di vacanza per golfisti. Vassilia Orfanou è Senior Media Relations Manager di Costa Navarino: “Il nostro focus è per un approccio e una relazione diretta, perciò invitiamo regolarmente operatori del settore e giornalisti per provare direttamente i nostri servizi alberghieri e golfistici. Siamo anche molto attivi sui social media dove raccontiamo i diversi aspetti della vita nel resort, utilizziamo un CRM (Customer Relationship Manager) per tenere contatti con i nostri clienti e i potenziali futuri ospiti e abbiamo un efficace servizio di newsletter e mailing. Oltre ad eventi di golf promuoviamo attività di arte e cultura e di altre discipline sportive per massimizzare le opportunità di presenza nella varie stagioni e creare un’immagine di struttura turistica multi-profilo”. Indicazioni e spunti utili per i resort italiani che possono attrarre ospiti attenti all’aspetto golfistico e clientele più diversificate che devono essere intercettate con un’offerta a tutto tondo. “Usiamo molto il web con newsletter e promozione attraverso mail – spiega Pietro Apicella, Presidente e AD del Chervò San Vigilio Golf Resort di Pozzolengo, a due passi da Sirmione – oltre a partecipare a fiere di settore sia come Consorzio Lago di Garda sia singolarmente. Resta elemento essenziale per fare marketing la qualità del servizio. Se un ospite si è trovato bene e ha passato una giornata piacevole in campo e fuori diventerà il nostro primo agente di vendita!”. Una best practice italiana è certamente quella di San Domenico Hotels con le strutture di Borgo Egnazia e Masseria San Domenico a Velletri di Fasano in Puglia: “Offriamo ai nostri ospiti un’esperienza turistica a tutto tondo per assaporare il territorio in tutti i suoi aspetti – racconta Gianluca Di Biase, golf specialist di San Domenico Hotels – e il golf è uno di questi anche se non il fondamentale. La vacanza nei nostri hotel è un viaggio in una terra, in una cultura, nei suoi sapori, nei suoi profumi. Il tutto condito da servizi di altissima qualità per dare all’ospitalità un concetto più ampio, fatto anche delle relazioni con le strutture che ci circondano. Il bilancio è molto positivo. Il 2015 è stato un anno record per noi e per la Puglia con un +22% di traffico nei nostri aeroporti che si traduce in positive ricadute sulle strutture. Per crescere ancora guardiamo all’Italia ma soprattutto all’e-

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stero: Germania, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti. Abbiamo aperto tre nostre succursali per il marketing in America e organizzato a San Domenico la convention di Virtuoso, un network che aggrega i migliori professionisti del turismo di alta gamma con oltre 330 agenzie, in 20 paesi nel mondo. Molti degli operatori che sono stati qui non avevamo mai visto la Puglia. Sono ripartiti entusiasti di tutto quello che questa terra può offrire in termini di ospitalità, qualità, servizi e golf experience”. Sotto l’aspetto promozionale un’altra fonte di grande visibilità sono gli eventi golfistici di alto livello. “I tornei dello European Tour, organizzati in Sicilia con il supporto della Regione – commenta Anna Malvezzi, PR Manager del Verdura Resort di Sciacca - ci hanno dato moltissima visibilità e ci hanno permesso di essere conosciuti in tutta Europa. È una strada da percorrere ancora, anche se è difficile che i singoli resort possano autonomamente avere le capacità economiche per mettere in piedi eventi di questa portata”. Ovviamente elemento centrale del golf resort resta il campo. Una voce di spesa rilevante fra i costi di un resort, visto l’alto numero di presenze e di giri di campo (a Terre Blanche sono 45 gli addetti dedicati alla cura dei percorsi 36 buche disegnate da Dave Thomas, 45 i greenkeeper del Celtic Manor in Galles, sede delle Ryder Cup 2010) e che deve essere il più possibile in ottime condizioni per consentire una possibilità di gioco più varia e divertente possibile oltre a garantire tee time per tutti gli ospiti. Questa ultima variabile pare essere molto apprezzata dai potenziali turisti stranieri che pensano di poter prenotare una vacanza in Italia. Il basso numero di golfisti “indigeni” consente di poter disporre di una grande quantità di partenze con la possibilità di scegliere liberamente orari e combinazioni. La ricerca presentata a IGTM individua in questa possibilità uno dei parametri che viene preso in considerazione al momento della scelta. Alla domanda: “Quali sono i fattori più importanti che determinano la scelta di una destinazione golfistica?“, gli intervistati hanno risposto così su una scala da 1 (non importante) a 5 (molto importante): Francia

Germania

Svezia

GB&Irlanda

Quantità di campi

4.1

4.1

4.2

4.3

Qualità degli hotel

4.0

4.3

4.1

3.9

Disponibilità di tee time

2.9

4.2

4.3

4.1

Difficile quindi conciliare le presenze di ospiti con quelli dei soci che, generalmente, non sono la principale fonte di incasso per i golf resort. Ne sa qualcosa Pietro Apicella di Chervò: “Attualmente abbiamo circa 400 soci, un numero che ci consente di avere un humus nel quale innestare gli oltre 50.000 giri di campo che ogni anno vengono giocati sui tre percorsi a nove buche di Chervò. Un dato in crescita, che viene alimentato per il 70% da golfisti stranieri, tedeschi soprattutto, ma anche svizzeri, olandesi e scandinavi. Per raggiungere questi mercati abbiamo svi-

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Resort e destinazioni

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La clubhouse dei percorsi del Verdura, resort in provincia di Agrigento che appartiene al gruppo Rocco Forte Hotels luppato strategie di marketing sul web e sulla stampa specializzata, partecipiamo ad eventi fieristici insieme agli altri circoli del Garda e organizziamo eventi, meeting e convention aziendali. Siamo un’azienda e per questo abbiamo necessità di ragionare come golf resort ma non solo. Stiamo continuando ad investire nella struttura per aumentare l’offerta di posti letto – alle attuali 101 camere aggiungeremo entro la primavera 2016 altri 40 appartamenti – e servizi come la nuova piscina coperta che ci consentirà di ampliare l’area wellness”. Negli ultimi anni in Italia sono stati conclusi alcuni progetti che hanno consentito di dare vita a nuovi golf resort. La scelta dell’ubicazione di queste strutture è un elemento dirimente per stabilire, a tavolino, il possibile successo o meno dell’operazione. La famiglia Romiti (quella del capostipite Cesare, direttore generale e amministratore delegato della Fiat di Gianni Agnelli) ha investito 50 milioni di euro per creare un resort fra le placide colline di Cortona a metà strada fra Arezzo e Perugia. L’apertura è prevista il prossimo mese di luglio: “La scelta della location nasce da un libro ‘Under the Tuscany Sun’ – spiega Luigi Cardin, Senior Sales Executive del Cortona Golf Resort – di Frances Mayes, best seller in Nord America e poi film campione di incassi, interpretato da Diane Lane. Entrambi ambientati a Cortona, libro e pellicola hanno moltiplicato il numero di presenze di turisti statunitensi e canadesi nella bellissima città toscana e, conseguentemente, i costi a metro quadro degli immobili. Per questo la proprietà ha deciso di investire qui e di farlo con una formula (fractional ownership, niente a che vedere con l’ormai superata multiproprietà, ndr) che consente di acquistare, a tutti gli effetti con atto notarile, un’abitazione da 80 a 160

metri quadrati per un periodo dell’anno stabilito. La scelta della location, libri a parte, è una delle più importanti decisioni da prendere, in funzione della tipologia di clientela da intercettare e dei servizi che è necessario offrire. Per questo non è dal luogo o dalla zona geografica che è necessario partire, ma da un’attenta analisi ex ante del mix fra formula, clientela e servizi che il progetto dovrà andare a costruire”. Cortona Golf Resort offrirà dal 22 luglio prossimo le prime 9 buche del percorso disegnato da Gary Player insieme a un hotel con servizi di primissimo livello e alle abitazioni.

Conclusioni Oggi il numero dei golf Resort in Italia è molto inferiore rispetto alla media (percentuale su totale dei circoli) di altri Paesi europei come Spagna, Portogallo, Turchia. Un dato ancora più basso se il paragone va al di là degli oceani (Mauritius, Repubblica Dominicana, Sud Est Asiatico) dove queste realtà rappresentano la maggioranza dell’offerta golfistica. Negli ultimi anni la tendenza si sta modificando e a resort storici si stanno affiancando nuove strutture, in particolare al sud, che non hanno però colmato il gap fra l’Italia e i suoi competitor. E non saturato la richiesta potenziale di golf dei turisti stranieri, interessati a gustare i fairway del nostro Bel Paese ma anche il patrimonio artistico, culturale, enogastronomico che possono rendere unica una “Italy Golf Experience”. La strada è quindi ancora in salita ed è opportuno, anche se a fronte di investimenti notevoli, far crescere il numero di resort che possono rappresentare un effettivo traino per l’intero turismo - golfistico e non - italiano.

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ASSOCIAZIONI

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Giornalisti Golfisti

AIGG: i 40 ruggenti Seconda per fondazione dopo i Seniores, l’Associazione dei professionisti dell’informazione ha tagliato un traguardo importante

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ra il 1975 quando Marco Mascardi, con i suoi baffoni non ancora candidi, ed Enzo Freri, dietro al suo impeccabile papillon, si incontrarono con altri colleghi per dare vita a un’associazione che raccogliesse i giornalisti italiani che giocavano a golf. Erano anni complicati. Paolo VI aveva dichiarato il 1975 Anno Santo, ma intanto le Brigate Rosse imperversavano, Margaret Thatcher diventava il nuovo leader dei conservatori inglesi. Pier Paolo Pasolini veniva barbaramente assassinato dalle parti di Ostia. Wess e Dori Ghezzi vincevano con “Un corpo e un’anima” l’ultima edizione di Canzonissima. Gustavo Thoeni a Ortisei superava Ingemar Stenmark in un parallelo da togliere il fiato e vinceva la sua quarta Coppa del Mondo di sci. Il Concorde effet-

tuava il primo volo con passeggeri a bordo, Bill Gates fondava una piccola azienda che aveva deciso di chiamare “Microsoft”. Il golf era ancora a livelli quasi pionieristici, i tesserati alla Federazione in tutto 9.152. Una quindicina di questi erano i giornalisti che avevano deciso di aggregarsi sotto il marchio Aigg. Una volta all’anno si ritrovavano e organizzavano un Campionato Italiano per laureare il migliore del gruppo. Il primo scudetto tricolore lo vinse Alberto Nicolello, aedo televisivo delle imprese della Valanga Azzurra, poi capo ufficio stampa Fiat. Giorgio Rossi, primo presidente dell’Associazione, si aggiudicò il secondo campionato. Fu Marco Mascardi, una volta eletto presidente, a dare il primo impulso all’Associazione trasformandola da gruppetto di amici amanti del green in un catalizzato-

re per quanti, nelle redazioni, cominciavano ad avvicinarsi a ferri e metalwood. E accanto al Campionato Italiano prese avvio il Challenge, un trofeo a tappe a zonzo per i Circoli italiani. L’edizione di quest’anno, la diciottesima, ha toccato alcuni dei più bei percorsi italiani: Marco Simone, Olgiata, Ca’ della Nave, Venezia Alberoni, Bergamo L’Albenza, Milano, Golf dei Laghi, Castelconturbia, Torino La Mandria e Royal Park. I Campionati Italiani dell’Associazione si sono invece svolti a Poggio dei Medici (assoluti) e Chervò San Vigilio (doppio). Dopo 40 anni di Aigg i soci sono decuplicati (adesso sono circa 150) e il calendario è fitto di appuntamenti in Italia e all’estero. Il merito di questa crescita è in gran parte di Gianni Bianco, past president al quale l’Aigg ha dato l’estremo saluto a metà ot-

Niccolò Nesti riceve la Pallina d’Oro 2015 dal presidente FIG, Franco Chimenti. Ai lati Marco Dal Fior e Fulvio Golob, presidente e vicepresidente AIGG. A destra dall’alto, premiazione di un’edizione dei Campionati dell’Associazione; Lavinia Biagiotti Cigna (Marco Simone), Prisca Taruffi (consigliere AIGG) e Giusi Fruscione Lantos (Diavolina); in traghetto verso gli Alberoni: in prima fila i consiglieri Stefano Cazzetta e Massimo Colognola; premiazione all’Olgiata (ultimo a destra, Paolo Emilio Pacciani , vicepresidente AIGG). Completano il consiglio dell’Associazione Marco Lanza, Roberto Roversi e Roberto Zoldan.

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tobre, che cavalcando la crescita del numero dei golfisti italiani ha saputo aprire l’Associazione verso nuovi e più ampi orizzonti. Sono nati così gli incontri-sfida con colleghi europei (Austria, Francia, Spagna e Germania), ospitati ad anni alterni sui percorsi italiani che godono così di una importate vetrina internazionale. E poi gli European Masters of Golfplaying Journalists, biennali, che l’Italia ha ospitato con grande successo due volte, entrambe in Puglia: a Riva dei Tessali e Metaponto nel 2007 e a San Domenico Borgo Egnazia agli inizi dello scorso novembre, quando 110 giornalisti in rappresentanza di 11 Nazioni si sono dati battaglia fino all’ultimo putt. Per due volte la squadra italiana ha anche vinto la competizione. Sempre a Gianni Bianco, prestigiosa fir-

ma de “Il Giorno”, va ascritta l’intuizione del premio “Pallina d’Oro” (da quest’anno intitolato a Marco Mascardi), riconoscimento destinato a gratificare chi nel corso dell’anno più si è distinto nel golf italiano per meriti agonistici, tecnici o manageriali. L’albo d’oro è un elenco di nomi prestigiosi che accoglie campioni, ma anche manager, tecnici, direttori di Circolo: Angelo Zella, Edoardo Molinari, Donato Di Ponziano, Costantino Rocca, Francesco Molinari, Matteo Manassero, Franco Chimenti, Mario Camicia (alla memoria), Fondazione Vialli & Mauro, Giuseppe Nava, Niccolò Nesti. Da sette anni alla guida dell’Aigg è stato eletto Marco Dal Fior (Corriere della Sera) supportato dai due vicepresidenti Fulvio Golob (Golf & Turismo/Professione Golf Club) e Paolo Pacciani (Gazzetta di Parma). A sostegno di tutta questa attività, l’Associazione può contare sull’aiuto di alcuni sponsor, il principale dei quali è Diavolina, il marchio di prodotti per il fuoco che da diversi anni è partner sia del Challenge, sia dei Campionati Italiani. Gli si affiancano Errea, che fornisce le divise per la squadra ufficiale, Banca Generali e Vontobel, a supporto dei Campionati Europei, e “Golf & Turismo”, media partner dell’Associazione. Ma l’iniziativa della quale i soci dell’Aigg vanno maggiormente fieri è la raccolta di fondi per aiutare enti e organismi di solidarietà. Ad ogni appuntamento organizzato dall’Associazione, ogni giornalista versa una quota che va ad aumentare la cifra a fine anno integralmente distribuita a chi si occupa di alleviare i dolori del prossimo. In questo modo sono stati raccolti più di 110.000 euro, gli ultimi 8.800 erogati al Comitato Maria Letizia Verga, che si occupa dello studio e della lotta alla leucemia. Sono stati versati, in accordo con la famiglia, in ricordo di Teodoro Soldati, il piccolo grande campione che ci è stato strappato la scorsa estate e delle cui future imprese i giornalisti Aigg avrebbero voluto essere appassionati cronisti.

Associazione Italiana Giornalisti Golfisti Via Magatti, 4 - 21100 Varese info@aigg.it - www.aigg.it

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IL FASCINO DISCRETO DELL’ELEGANZA

Realizzata nel 1928 e ricostruita in gran parte dopo il terribile incendio del 1990, la clubhouse del celebre circolo comasco è un esempio di stile e, nonostante i suoi anni, di pratica funzionalità

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di Fulvio Golob - foto CG Villa d’Este

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Il green della 18 e l’inconfondibile sagoma della clubhouse di Villa d’Este, circondata dalla sua celebre terrazza

econdo appuntamento con le clubhouse italiane. Dopo quella elegante ma moderna di Asiago, stavolta tocca a un grande classico. Stiamo parlando di Villa d’Este, uno dei più celebri e titolati circoli italiani e della splendida costruzione che riunisce tutti i suoi servizi. Realizzata a partire dal 1926 e aperta l’anno successivo, è sempre stata ammiratissima, anche se ha dovuto attraversare momenti non facili. Disegnata dall’architetto Giuseppe Bergomi, si apre su due piani. Quello all’altezza del parcheggio accoglie l’ingresso, la segreteria, le grandi e belle sale comuni, l’elegante bar impreziosito da raffinate boiseries. Nell’ultimo salone si apre il ristorante, che come tutti i locali sul lato destro si affaccia sulla meravigliosa terrazza, vero simbolo della clubhouse di Villa d’Este. Dal suo parapetto lo sguardo corre verso il piccolo lago di Montorfano e le colline che lo circondano. Poi scende sulla partenza della 1, il putting green, il par 3 della 10 e il green della 18, per uno dei più scenografici arrivi del golf italiano. In mezzo a un bosco popolato da trentamila alberi, sopra e sotto la clubhouse si snoda lo storico percorso dell’inglese Peter Gannon: una vera icona del nostro golf, esperienza di gioco che davvero non può mancare nel bagaglio di qualunque golfista di casa nostra. Scendiamo la bella scala che conduce al piano inferiore ed ecco gli spogliatoi, la buvette, il caddie master. Tutta la parte che riguarda il gioco e il suo “sostentamento” è ordinata alla perfezione: bastano pochi passi e ci si trasferisce da un ambiente all’altro, fino a raggiungere quel tee circondato da mura che si affaccia verso il fairway della buca iniziale. La si affronta sempre con grande rispetto e forse anche un po’ di soggezione, perché Villa d’Este, lasciatecelo dire, è un campo davvero come pochi altri. Nel suo palmarès, 12 edizioni dell’Open d’Italia, record assoluto. Ci sembra bello lasciare la descrizione della clubhouse alla rivista Domus che, nel maggio 1928, le dedicò un articolo di ben sette pagine corredato da una dozzina di fotografie. Interessante anche il titolo (“Il Casino del campo di golf di Montorfano”), specchio di un’epoca in cui i termini stranieri sono poco graditi. In omaggio al regime, il gioco del golf viene anche chiamato “pallamaglio”. Ecco alcuni passaggi dell’articolo. “La costruzione, poggiata sull’ampio terrazzo dal ritmo regolare di archi, con la sua linea bassa e allungata, con due motivi a timpano racchiudenti il porticato centrale ed il fastigio con l’orologio, richiama subito alla mente, se pure in forma di più semplice modernità, qualcuna delle belle ville del Cinquecento che di tanta grazia adornano i poggi fiorentini…” “Lungo la fronte sono situate le sale di cui la centrale s’apre anche verso il cortiletto aggiungendo così al godimento della vista verso il lago e la verde distesa dei prati quella della prospettiva degli archi del porticato che, all’interno, incorniciano il grazioso motivo dell’uscita verso il bosco. Dell’orientamento, rispetto ai punti cardinali, ha tratto buon par-

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Nelle foto, immagini della clubhouse del circolo di Villa d’Este: due vedute dell’ingresso, il corridoio, particolari dello splendido bar, la grande sala delle premiazioni, quella del gioco delle carte, la biblioteca

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tito l’architetto creando ad esempio quel delizioso cortile che, volto a mezzogiorno e racchiuso com’è sui tre lati, diventa, non appena la stagione si apre alla primavera, un recesso tiepido e riparato che si sostituisce nelle sue funzioni alla sala di conversazione; dal lato opposto, invece, il grande terrazzo, completamente aperto alla più libera ventilazione ed al riparo dal sole, oltre ad essere il punto d’osservazione dei campi da giuoco sarà preferito durante la stagione più calda, come luogo adatto per trattenervisi…” Costò comunque parecchio quella clubhouse, che superò di molto il primo preventivo di cinquecentomila lire. Sulla fattura finale dei lavori, ufficializzata da due bolli di dieci centesimi ciascuno, appare infatti la cifra di 914mila 93 lire e 13 centesimi. Concordato a nome del circolo uno sconto da parte del conte Locatelli Bellinzaghi (presidente) e del commendator Amerigo Ponti (tesoriere), la ditta Battista Mondelli, esecutrice dei lavori, venne saldata con 875mila lire. A sostenere il progetto, 22 grandi nomi della borghesia e della nobiltà lombarda, capitanati da Bellinzaghi e dal commissario sportivo Guglielmo Dombré. Da ciascuno il contributo di cinquemila lire che si tradusse nel prestigioso titolo di “socio fondatore perpetuo” del golf. Il fascino britannico della clubhouse di Villa d’Este venne però deturpato da un terribile e devastante incendio. Successe nella notte fra sabato 8 e domenica 9 dicembre 1990. Le fiamme divorarono la cucina e attaccarono la sala del ristorante, gestito a quell’epoca da Giuliano Pozzi. Fu lui a dare l’allarme e sul posto confluirono 13 mezzi dei Vigili del Fuoco provenienti da tutta l’area circostante, da Cantù a Como, da Erba ad Appiano Gentile. L’ipotesi che fu considerata più probabile diede la colpa al fuoco del camino, nella sala centrale del ristorante. Qualche tizzone non spento, quando tutti se n’erano andati dopo la cena per gli auguri di Natale, avrebbe dato il via al disastro. Grazie a una polizza assicurativa che copriva i danni dovuti a incendi, furono disponibili i fondi per la ricostruzione. Ci vollero un paio di anni per riportare tutto all’antico splendore, quello che oggi possiamo osservare con ammirazione. Anche per questo, 18 buche a Villa d’Este hanno sempre un sapore speciale. Inconfondibile e irripetibile.

Il circolo e lo staff PRESIDENTE: Walter Ragazzi CONSIGLIO DIRETTIVO: Franco Mieli (vice-presidente), Giovanni Cavadini, Elisabetta Majocchi, Claudio Moro, Antonio Munafò, Stefania Ponti COMMISSIONE SPORTIVA: Antonio Munafò (presidente), Luca Limonta, Elisabetta Majocchi, Oscar Ronzoni, Federico Tolu DIRETTORE: Andrea Contigiani SEGRETERIA SPORTIVA: Ivan Noseda, Andrea Tessitore SUPERINTENDENT: Giuseppe Picarello RECEPTION: Alessandra Testoni CADDIE MASTER: Marco Bellasio - Massimo Ceruti

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Nuovo campo sul Golfo Persico, primo nello stato di Ajman e realizzato da Nicklaus Design. La mappa del golf negli EAU

FIOCCO AZZURRO NEGLI EMIRATI

Nelle foto, panoramiche dei percorsi di Al Zorah e Saadiyat. A destra, primo piano dell’architetto Dirk Bouts

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di Calum Forbes

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mirati Arabi Uniti, un nome che spesso si è abbinato al golf. Sono ormai passati più di 25 anni da quando venne inaugurato il primo campo in erba di Dubai, l’ormai simbolico Majilis dell’Emirates Golf Club. Un avvenimento che creò grandissimo scalpore, facendo parlare di volta in volta di miracolo, di follia, di un esperimento destinato a restare fine a se stesso. Molti parlano spesso dei campi sulla sponda meridionale del Golfo Persico senza conoscere la materia nel dettaglio o forse anche senza mai averci giocato. Con questo articolo vogliamo fare un po’ di chiarezza su un’area che oggi è diventata punto di riferimento per il golf, cresciuto fra le dune del deserto e sviluppatosi fino a rappresentare una vera industria con ricavi molto rilevanti. Lo spunto ci è fornito dall’apertura di Al Zorah, l’ultimo percorso degli Emirati, avvenuto in Ajman, il più piccolo dei sette stati che compongono gli EAU. Lo ha progettato la Jack Nicklaus Design e ce ne parla il belga Dirk Bouts, Senior Design Associate che ha seguito il progetto fin dall’inizio. Nelle pagine successive, una breve scheda dei club già esistenti, che al momento si trovano negli Emirati di Abu Dhabi, Dubai, Ras al Khaimah e Sharjah. L’inaugurazione di Al Zorah lascia così senza campi da golf solo due dei sette stati del Golfo, Umm al-Qaiwain e Fujairah. Ecco il testo dell’intervista. Quando ha iniziato a lavorare nel settore della progettazione di golf e come si è legato a un’importante società come Nicklaus Design? Dirk Bouts – Sono nato in Belgio e gestisco l’ufficio europeo di Nicklaus Design. Ho cominciato a collaborare con la società nel 1990, in Spagna, poi viaggiando e lavorando a lungo fuori dall’Europa per circa dieci anni. Oggi l’ufficio è a Zonhoven, in Belgio, e al momento abbiamo sei campi in fase di realizzazione. I progetti operativi si trovano in Russia, Lituania, Danimarca, due in Marocco e Al Zorah negli Emirati. Al Zorah è il primo golf di Ajman e il primo ideato da Nicklaus Design in Medio Oriente. Come vi è sembrato fin dall’impatto iniziale il terreno su cui vi siete trovati a lavorare? DB – Ci hanno proposto una proprietà molto interessante, poco distante dal mare e con molte mangrovie. L’obiettivo era inserire il golf nell’ambiente senza disturbarlo e sfruttando invece la particolarità offerta dalle zone coperte da piante, curando allo stesso tempo gli scorci sul campo e le vedute panoramiche che si sarebbero ammirate dalle strutture ricettive. L’apertura è prevista per dicembre 2015. Cosa si devono aspettare I golfisti dal nuovo 18 buche? DB – Un campo piacevole e giocabile, in grado di valorizzare il meraviglioso ambiente che lo circonda. Per noi della Nicklaus Design l’obiettivo è sempre quel-

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lo di creare un buon equilibrio fra bei colpi ed estetica del terreno, rispettando e proteggendo l’ambiente naturale che ci è stato consegnato con il progetto. Credo che con Al Zorah ci siamo riusciti. Per creare questo magnifico campo avete dovuto confrontarvi con oltre un milione di metri quadri di mangrovie e cioè cento ettari. Che difficoltà avete incontrato? DB – Abbiamo ricavato il percorso nella riserva naturale esistente senza dover intervenire troppo. Abbiamo rispettato in pieno la morfologia della zona e quando si giocherà questo cam-

po, anche fra decine di anni, siamo certi che il positivo rapporto con la natura rimarrà evidente. Questo golf è senz’altro molto speciale. Se potesse evidenziare un elemento che rende Al Zorah diverso da qualsiasi altro campo, quale sarebbe? DB – Il fatto che sia il primo nello stato di Ajman rende difficile fare paragoni, ma crediamo con questo intervento di avere raggiunto un livello molto elevato, che può diventare un benchmark per le altre strutture degli Emirati. L’obiettivo era comunque disegnare il campo in un contesto naturale molto particolare, profondamente differente da quello degli altri percorsi,

I CAMPI DEGLI EMIRATI ARABI UNITI ABU DHABI

Abu Dhabi National Un’oasi di tranquillità ricavata nel deserto del Rub Al Khali, per 18 buche disegnate alla grande da Peter Harradine. Sede dell’Abu Dhabi Golf Championship, venne inaugurato nel 2006. Lunghissimo (quasi sette chilometri), il percorso è ricco di ostacoli d’acqua salata, palme e piante ornamentali e ormai è diventata famosa la sua clubhouse a forma di falcone con ali spiegate. Saadiyat Beach Aperto nel marzo del 2010, porta la celebre firma di Gary Player. Primo golf sulle coste del Golfo Persico, si trova sull’isola di Saadiyat, dieci chilometri a nord di Abu Dhabi. Si snoda attorno a una vasta laguna salmastra e cavalca le alte dune che disegnano il territorio, garantendo una magnifica esperienza di golf accanto a prestigiosi hotel a cinque stelle. Infinito dai back tee (7.806 yarde) mette però a disposizione dei comuni mortali altre cinque partenze.

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Yas Links Forse il più bel percorso degli Emirati. Disegnato da Kyle Phillips sull’isola artificiale di Yas, è il frutto di un investimento multimiliardario di Aldar, la maggiore società di investimenti di Abu Dhabi. Sorge in un’area di quasi 2.500 ettari sul Golfo Arabico dove si trovano anche il circuito di Formula 1, il parco a tema Ferrari World e quello acquatico. Il percorso, lungo circa 6.800 metri, è stato aperto nel 2010. Il club dispone anche di nove buche destinate all’Academy.

DUBAI

Al Badia Campo da 18 buche aperto nel 2005, inserito nella zona di Dubai Festival City e gestito dall’hotel Intercontinental. Dodici buche presentano ostacoli d’acqua sotto forma di laghi, ruscelli e cascate, secondo il preciso progetto dell’autore, il noto Robert Trent Jones Jr. Numerosi anche i “fiumi di sabbia”, sandy waste per i giocatori. Splendida la clubhouse che si ispira al movimento vorticoso dello swing.

Arabian Ranches Poco distante dai campi del Jumeirah, il 18 buche porta il sigillo di Ian Baker Finch, campione australiano che nel 1991 ha vinto l’Open Championship. Ad aiutarlo nella progettazione proprio Dirk Bouts, la cui intervista compare in queste pagine. Si tratta di un desert course simile a quelli che si trovano a Palm Springs (California) o Scottsdale (Arizona). Driving range illuminato. Dubai Creek Il golf in Medio Oriente era ancora agli albori quando vennero inaugurate, nel 1993, queste meravigliose 18 buche sull’ansa (creek) di acqua salata che divide in due il centro storico di Dubai. A una manciata di minuti dall’aeroporto, è stato rivisitato di recente con importanti interventi. Celebre la sua clubhouse bianca a forma di vela, che imita il dhow, barca tipica di Dubai. Nove buche par 3 illuminate fino alle 22,00, con doppie buche, di grandezza regolare o tre volte più larghe (diametro 38 centimetri).

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Nella pagina accanto, un’immagine del percorso di Al Zorah e qui sopra Dirk Bouts con un collaboratore ricavati spesso in ampie zone di deserto. Al Zorah è invece quasi in riva al mare, cosa che ha fatto una grande differenza nel nostro lavoro di progettazione. In riferimento al tracciato di Ajman, si è parlato parecchio delle maree, che possono variare l’aspetto delle buche nel giro di poco tempo. Come modificheranno l’estetica del percorso e il gioco? DB – Il cambiamento sarà continuo e durante un singolo giro i giocatori proveranno l’esperienza della marea che sale o che scende. Per quanto riguarda la giocabilità, sarà legata a come le zone del campo verranno più o meno coperte dall’acqua.

Els Club Primo impianto terminato nella città dello sport di Dubai, che comprende anche calcio (con scuola del Manchester United), cricket, hockey e tennis academy. Le 18 buche portano la firma del fuoriclasse sudafricano, che lo ha inaugurato nel 2008. Definito desert links per la presenza di numerosi bunker, ha anche un paio di buche con ampi ostacoli d’acqua. È inoltre sede della prima scuola di Butch Harmon al di fuori degli Stati Uniti. Emirates Due i percorsi a disposizione, Majilis e Faldo. Il Majilis, più volte campo del Desert Classic, ha rappresentato una novità assoluta quando aprì nel 1988. Fu infatti il primo 18 buche in erba del Medio Oriente, straordinario esempio di quello che l’uomo può riuscire a ottenere anche in condizioni ambientali ostili. Celebre la sua clubhouse, che riproduce in scala gigantesca una tenda beduina. Il secondo percorso, prima denominato Wadi, risale al 1996 e nel 2006 fu poi affidato al baronetto sei volte vincitore di major per un restyling. Da qui il cambio di nome.

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Ci può fornire un’idea generale del processo di progettazione dall’inizio alla fine? È stato più lungo o complesso del solito? DB – Ad Ajman le cose sono andate subito per il verso giusto, anche perché il cliente sapeva alla perfezione cosa voleva e perché il team di lavoro si è rivelato subito eccellente. Con un clina favorevole per tutto l’anno, siamo riusciti a completare la costruzione del campo nei tempi previsti e senza le difficoltà che si possono incontrare con una certa facilità nel nostro lavoro. Voi avete avuto l’incarico di realizzare il campo, che poi passa a Troon Golf per la gestione. Come ha funzionato la vostra collaborazione in termini di supporto, aiuto ed esperienza? DB – Troon è stata coinvolta fin dall’inizio e questo si è rivelato uno dei motivi più validi per la riuscita del campo. Dalla pianificazione del lavoro alla verifica dei costi e alle scelte agronomiche, il risultato della collaborazione è stato notevole. D’altronde abbiamo una lunga esperienza di lavoro insieme in ogni parte del mondo. E anche ad Al Zorah gli uomini di Troon Golf ci sono stati di grande aiuto e ci è piaciuto molto collaborare con loro.

Jebel Ali Nove buche disegnate da Peter Harradine e aperte nel 1998 accanto all’albergo che dà il nome al percorso. Campo semplice, ma non privo di spunti interessanti, realizzato vicino al mare e all’immensa struttura del Palm Jebel Ali, allungata sulle acque del Golfo Persico. Jumeirah Realizzati alle spalle dei percorsi dell’Emirates e del Montgomerie Dubai, i due campi disegnati da Greg Norman sono fra le realizzazioni più rilevanti dell’Emirato sia dal punto di vista golfistico che come insediamento abitativo. L’Earth, che ospita il DP World Tour Championship, ultima gara della Race to Dubai, è ispirato ai grandi parkland europei, mentre il Fire è più ondulato e aperto. In origine i percorsi avrebbero dovuto essere quattro, ma il Wind (progettato da Sergio Garcia) e il Water (Vijay Singh) sono per il momento rimasti sulla carta. Immensa la clubhouse, con i suoi oltre 12.000 metri quadrati di superficie. Montgomerie Porta la firma del grande campione

scozzese questo campo, confinante con i due dell’Emirates. The Address Montgomerie, disegnato insieme a Desmond Muirhead, è un percorso di grande bellezza e qualità, situato al centro della comunità residenziale di Emirates Hills.

RAS AL KAHIMAH

Al Hamra È uno dei due percorsi che si trovano nell’Emirato più settentrionale degli EAU, confinante con l’enclave dell’Oman che si affaccia sullo Stretto di Ormuz. 18 le buche disegnate da Peter Harradine, di cui nove illuminate per il golf in notturna, un mix fra le prime e le seconde del campo. Il golf si distende accanto a una grande laguna che confina con le onde del Golfo Persico. Tower Links Anche in questo caso, nove buche su 18 sono illuminate. Definito “il golf più naturale degli Emirati”, ha 11 buche che si addentrano nella riserva di mangrovie. Sullo sfondo le pendici dei monti Hajar. Terminato nel 2004, il percorso offre ampie waste area sabbiose alternate a fairway e green.

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BACKTEE Marco Dal Fior

Cavaliere di Caserta o pescatore di Pavia?

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i solito succede tra il dolce e il caffè. Uno dei golfisti con i quali sto cenando solleva gli occhi dalla crostata ai frutti di bosco e guardandomi con un’aria tra l’implorazione e il rimprovero sentenzia: “Certo che se voi della stampa ci deste una mano, lo sviluppo del golf in Italia procederebbe a velocità molto più spedita. Invece i giornali parlano solo di calcio, di moviole e rigori non dati. Ecco perché gli altri sport, quelli cosiddetti minori, poi fanno fatica ad emergere”. A quel punto c’è quasi sempre un secondo golfista che, vista la strada spianata, gustando l’ultimo sorso di Teroldego, sente l’irrefrenabile bisogno di dire la sua: “Non vorrei offendere nessuno, ma forse è meglio che i giornali non parlino di golf: quando lo fanno si leggono tali e tante nefandezze da far accapponare la pelle. I bastoni diventano mazze, tra sand e driver non c’è più alcuna differenza. I fairways si trasformano in prati, i colpi sono raccontati in modo sommario e impreciso. Il fatto è che raramente i giornalisti che scrivono di golf sono a loro volta giocatori. Così, non solo non capiscono il fascino del gioco, ma quel poco che afferrano lo trasmettono in modo falsato”. Nella questione, è evidente, vista la mia doppia veste di giornalista e golfista, che rappresento una specie di monumento itinerante al conflitto di interessi. Ma proprio per questo perché non parteggio per una sola fazione, ma

per tutte e due - divento di colpo un soggetto interessante. Posso vedere il problema da angolazioni diverse, che molto spesso sempre sfuggono ai più. Posso ad esempio far notare che i 90.000 tesserati alla Federazione rappresentano un’entità numericamente molto simile a città come Caserta o Pavia, a quartieri come l’Isolotto di Firenze o il Savena di Bologna. E che nell’ultimo anno Caserta, Pavia, Isolotto o Savena, a parte qualche deprecabile e casuale episodio di cronaca nera, raramente si sono affacciate sulla grande stampa. Passando dal paragone geografico a quello sportivo, posso anche sottolineare come il numero degli iscritti alla Fig (una cifra che supera la totalità dei giocatori di golf, visto che fra gli associati sono compresi anche i frequentatori dei Circoli per questioni legate più al bridge e al burraco che ai birdies) è più o meno simile a quello dei tesserati alla Federazione Sport Equestri, e che i giornali, a parte le Olimpiadi e Piazza di Siena, non si occupano quasi mai di amazzoni e cavalieri. Oppure potrei far presente che avrebbero ben più diritto di lamentarsi i pescatori (Fipsas, Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee) che sono la bellezza di 245.000 e non se li fila nessuno, né sul piccolo schermo, né sulla carta stampata. Inutile aspettarsi un interesse smodato dei

Il golf in Italia ha poco seguito sui media? Succede anche con la pesca sportiva, che ha un numero molto maggiore di praticanti...

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media solo perché noi abbiamo un interesse smodato per il nostro sport. Gli altri, quelli che ci guardano da fuori, calcolano che una notizia di golf abbia un target virtuale che eguaglia, al massimo, il numero di tifosi della Casertana. E scelgono di conseguenza. Lo so che è un circolo vizioso: se i mezzi di comunicazione non ne parlano, in pochi sapranno dell’esistenza del golf; se però restano in pochi, i media se ne disinteressano e così via. Ma non è compito dei giornali creare notizie, a loro spetta quello, già abbastanza complicato, di riferirle. E se il golf non crea interesse, continueremo a leggere di calcio e di automobilismo. La notizia la creano il campione, l’evento, la tendenza. La grande preoccupazione dei giocatori italiani è la garetta di circolo nel week end. Non la disertano neppure quando, a pochi chilometri da loro, sono impegnati i campioni dell’Open d’Italia. Se la più importante gara italiana non interessa i golfisti, perché dovrebbe entusiasmare il resto del pubblico? Quanto al fatto che si debba essere giocatori per scrivere di golf, se l’assioma fosse valido bisognerebbe far raccontare il derby solo a ex centravanti e unicamente Panatta e Pietrangeli potrebbero parlare a ragion veduta di Coppa Davis. Per fortuna non è così. E sono anche pochi – a quanto mi risulta – i ladri, gli omicidi e i truffatori ai quali è lasciato il compito di descrivere i fatti di cronaca nera, nonostante i soggetti succitati si intendano molto bene di queste cose. Caso mai è vero il contrario: il cronista digiuno della materia spesso riesce a rendere molto meglio degli specialisti l’essenza di una notizia o di un avvenimento. Non si perde in tecnicismi o in divagazioni specialistiche. Racconta ciò che lo ha colpito e - se il cronista è bravo, ha fiuto e mestiere - sarà proprio quello che colpisce la maggioranza dei lettori. Se poi, nel farlo, gli capitasse di definire “mazze” i “metalwood” in titanio dell’ultima generazione, pensate che il golf guadagnerebbe o perderebbe eventuali proseliti? (mdalfior@alice.it)

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- GO.TU. S.u.r.l. Editore - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 n°46) art. 1, comma 1 in L. 27/02/2004 - D.L. 353/2003 (conv.

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