10 Professione Golf Club Primavera 2016

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SOMMARIO

PRIMAVERA 2016

PROFESSIONE

GOLF CLUB

Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno IV - numero 10 - Marzo 2016 - 8,00 euro Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419218), Roberta Vitale (02 42419315) Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico) Hanno collaborato a questo numero: Stefano Boni, Salvatore Brancati, Isabella Calogero, Paolo Croce, Marco Dal Fior, Renato D’Argenio, Alessandro De Luca, Donato Di Ponziano, Roberto Lanza, Paolo Montanari, Filippo Motta, Fabrizio Pagliettini, Franco Piras, Luca Porcu, Graziano Semiani, Federica Rossi, Roberto Roversi, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it Creative Director: Patrizia Chiesa

EDITORIALE - Roma caput Golf

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Fulvio Golob

RYDER CUP 2022 - Opportunità Imperdibile Paolo Croce

AITG - Pronti alla sfida

Presidente: Alessandro Zonca Vice Presidente: Silvio Conconi Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it Sito web: www.professionegolfclub.it Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento) Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it

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Fabrizio Pagliettini

AITG - Esperienza di gestione ecosostenibile Alessandro De Luca

INTERVISTA - 45 buche e vento ancora in poppa Roberto Zoldan

FORE! - Soluzione alla francese per crescere... Donato Di Ponziano

PROGETTAZIONE - Nati per il golf

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Franco Piras

PROMOZIONE - La migliore speranza per il futuro? Costa 99 euro

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Isabella Calogero

TRAGUARDI - Certificazione GEO con pieno merito Stefano Boni

SERIOUS GOLFERS - Nel mondo 3.0

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Filippo Motta

SPECIALE BUNKER - Giocare con la sabbia

Roberto Roversi - con Marco Croze e Franco Piras

GOLF & DIRITTO - Addio signor N.C. Benvenuto Mister 54 Paolo Montanari

INCHIESTA - Drive all’ombra dell’Etna Editore: Go.Tu. Surl

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42 48 50

Salvatore Brancati

GOLF & TURISMO - Cambiare per crescere ancora Roberto Roversi

GESTIONE IMPIANTI - Vademecum per ogni stagione Nicola Zeduri - Dottore Agronomo

SPERIMENTAZIONE - St Andrews / Un prato sopra al tetto Stefano Boni

INTERVENTI E RISTRUTTURAZIONI- Cucina e relax in grande stile a cura della redazione

NUOVE STRUTTURE - È nata una stella

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Renato D’Argenio

ASSOCIAZIONI - Sempre al top

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a cura della redazione

CLUBHOUSE - Gran relax in terra del Garda a cura della redazione

NUOVI CAMPI - Biella alla sesta

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Roberto Lanza

BACKTEE - Sulle orme dei golfisti nomadi Marco Dal Fior

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Amministratore Delegato: Alessandro Zonca Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.

Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2015 Go.Tu. Surl

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EDITORIALE

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Fulvio Golob

Roma caput Golf

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l periodo che ci apprestiamo ad affrontare sarà il più prolifico dell’intera storia del nostro sport”. Con queste parole, Franco Chimenti, presidente delle Federgolf e Coni Servizi, ha accolto gli addetti ai lavori per gli Stati Generali lo scorso 28 gennaio. L’assegnazione della Ryder Cup 2022 all’Italia, e in particolare a Roma e al suo circolo Marco Simone, ha davvero aperto scenari impensabili per il golf di casa nostra, Anche perché – è fondamentale sottolinearlo – la vittoria nei confronti di Austria, Germania e Spagna si porta dietro una serie di formidabili conseguenze. Dopo l’Open d’Italia 2016 in programma al Golf Club Milano, che già distribuirà un montepremi doppio (tre milioni) rispetto ai precedenti, saranno 11 i successivi appuntamenti che vedranno levitare la cifra fino al traguardo di ben sette milioni. Quindi, per gli impegni presi dalla Federgolf, fino al 2027 la più importante gara del nostro calendario sarà anche un riferimento assoluto mondiale, che dovrebbe illuminare il golf italiano a livello internazionale in modo molto differente da quanto avvenuto finora. Inoltre, nello stesso periodo, dovranno essere organizzati anche il Senior Open e due appuntamenti del Challenge da almeno 250mila euro. Questo “pacchetto Ryder” è davvero un’occasione unica che il nostro movimento golfistico ha per mettersi in grande evidenza, con la speranza che si inneschi una spirale virtuosa tanto sul fronte del numero di praticanti in Italia quanto su quello delle presenze straniere nei nostri circoli. In questo numero di Professione Golf Club hanno affrontato il problema Paolo Croce nell’articolo che segue e Donato Di Ponziano nel suo editoriale. La via che propongono entrambi come esempio – curiosamente, senza essersi accordati sul tema è quella seguita in Francia, prima con il Plan Vert e poi con l’acquisizione della Ryder Cup 2018, sfruttata come grande volano per far crescere l’interesse attorno al golf. Lasciamo a loro il compito di spiegare in dettaglio come e perché le cose hanno funzionato alla grande, visto che oggi i giocatori francesi superano il milione, di cui oltre 400mila anche tesserati alla Federgolf transalpina.

E adesso tre notizie molto differenti fra loro ma altrettanto interessanti per sottolineare che, con un po’ di spirito imprenditoriale e di intelligenza, i nostri golf hanno più di una carta valida da giocare. È stata inaugurata sabato 20 febbraio presso l’UNA Golf Hotel Cavaglià la dodicesima stazione italiana Tesla di ricarica per auto elettriche, con otto colonnine in funzione 24 ore su 24. Il circolo in provincia di Biella diventa così il primo golf club d’Europa dotato di stazione di ricarica per automobili elettriche Supercharger. L’accordo con Tesla si sposa perfettamente con la filosofia green della struttura: sono in arrivo infatti biciclette elettriche, che saranno disponibili per i clienti, per percorrere la Via Francigena che passa a pochi metri dalla struttura. Tutto questo garantirà all’UNA Golf Club Cavaglià ulteriore visibilità e attrattività anche verso la clientela straniera, già frequentatrice della zona. In Liguria è invece nato il Cru Golf Sanremo di Olio Roi Roi, un extra vergine di oliva “DOP Riviera Ligure, Riviera dei Fiori” che è anche il primo olio DOP di Sanremo. Il Cru Golf di Olio Roi è il frutto di un accordo siglato poco più di due anni fa tra il Circolo Golf degli Ulivi, immerso in un ampio parco di piante ormai centenarie, e il Frantoio Roi di Badalucco, piccolo produttore che propone oli extra vergine di altissima qualità,. Ne sono venute fuori 6.000 bottiglie numerate, pare di qualità eccezionale. E a chiusura, andiamo a Birmingham, per la cerimonia 2016 di premiazione della World of Leading Golf, organizzazione internazionale che riunisce i club più noti e apprezzati in quasi 20 paesi europei, selezionati sulla base di rigorosi criteri di qualità. Sei in tutto i golf club premiati, tra cui spicca il Royal Park I Roveri di Torino. La qualità dei percorsi e dei servizi offerti, abbinata alla bellezza della location, ha determinato l’assegnazione del premio più prestigioso: “migliore impressione generale”. Per dare un idea del livello delle forze in campo, basterà citare fra gli altri circoli premiati Le Golf National, che ospiterà la Ryder Cup nel 2018, Costa Navarino in Grecia e lo Stoke Park Country Club nel Regno Unito. Un applauso al Royal Park I Roveri ci sembra il minimo.

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OPPORTUNITÀ IMPERDIBILE L’impresa compiuta da Franco Chimenti regala al golf italiano una straordinaria chance per compiere finalmente un grande salto di qualità e per allargare la base dei praticanti

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di Paolo Croce

ttobre 1985. La Federazione Italiana Golf al Grand Hotel & La Pace di Montecatini Terme presenta alla stampa il progetto del Centro Tecnico Federale di Nepi / Sutri con lo scopo di fornire un supporto didattico per la crescita e la qualificazione professionale dei nostri tecnici (Maestri, Segretari, Superintendent). Nessuno in Europa aveva ancora pensato ad una idea del genere e, sul piano della innovazione, la nostra piccola Federazione sportiva, esigua di mezzi e tesserati, ma attiva e propositiva sul piano progettuale, rappresentò per diverso tempo un modello da seguire anche per le più celebri e blasonate associazioni golfistiche straniere. Il sogno di Don Peppino Silva, per la verità da alcuni ritenuto anche persino visionario e pretenzioso, proiettò il nostro golf ai vertici del movimento golfistico continentale, se non per i numeri, quanto meno per iniziativa, proposte e progettualità.

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Dicembre 2015. Trenta anni dopo un altro Presidente sognatore e visionario, remando contro ogni logica e contro ogni regola di buonsenso golfistico, regala all’Italia il più grande evento golfistico al mondo: la Ryder Cup 2022. Per Franco Chimenti e per il piccolo drappello di seguaci che con lui hanno creduto fortemente al progetto, oltre che per la famiglia Biagiotti, è stato un successo senza precedenti. Diciamo la verità in tutta franchezza, quanti, me compreso, avrebbero scommesso un solo euro sulla buona sorte della candidatura italiana, rispetto ad un colosso golfistico ed economico quale ad esempio la Germania? Eppure, a dispetto di tutti o quasi, Franco Chimenti ha vinto e con lui tutto il movimento golfistico nazionale. Ma per il suo artefice si tratta di una vittoria ancora più importante in quanto ottenuta a dispetto dei suoi detrattori e contro buona parte della opinione pubblica golfistica del nostro paese. Non che non si volesse la Ryder Cup in Italia naturalmente, ma la candidatura di un paese ritenuto golfisticamente arretrato, unita alla forte esposizione economica necessaria e alla competitività di potenze golfistiche come la Germania, non rendeva particolarmente allettante l’iniziativa chi-

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RYDER CUP 2022

Il futuro del golf italiano

Il Marco Simone di Roma, che ospiterà la Ryder Cup 2022

mentiana. Contrariamente alle previsioni il Professore ce l’ha fatta: chapeau Monsieur le President. Adesso occorre lavorare per raggiungere gli obiettivi di fronte a noi: da un lato rispettare le tappe stabilite con l’organizzazione della Ryder Cup, ed i relativi ostacoli economici, che ci vedranno impegnati a partire dal 2017 per la realizzazione di edizioni dell’Open d’Italia mai viste nella nostra storia, per montepremi e per parco di partecipanti. Dall’altro procedere in modo spedito e organizzato per riprogettare e ricostruire il percorso di Marco Simone entro il 2018, poiché già nel 2019 l’impianto della famiglia Biagiotti ospiterà il primo dei tre Open d’Italia concepiti quale rodaggio dell’impianto e della organizzazione per il grande evento del 2022 che proprio sul percorso ad est di Roma verrà celebrato. Si tratta di impegni di straordinaria importanza per il golf italiano, eventi che richiedono il giusto approccio in termini di professionalità, capacità imprenditoriali, know how, ed anche una elevata esperienza golfistica. Speriamo che questa sia finalmente l’occasione in cui anche la Scuola Nazionale di Golf, oltre ai

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pochi tecnici professionisti del settore operanti in Italia, possa essere considerata come elemento centrale per fornire il proprio supporto di conoscenza. Vi è però un terzo obiettivo che, anche se può essere azzardato affermarlo, potrebbe addirittura essere di maggior peso per il movimento golfistico italiano rispetto alla disputa di una Ryder Cup. Questo evento infatti deve soprattutto essere inteso come un straordinario e forse mai più ripetibile veicolo di promozione del nostro sport sia per il mercato interno (crescita di impianti e di giocatori) e sia per l’ambito internazionale (con il definitivo riconoscimento della nostra penisola quale destinazione turistica golfistica di primissimo piano). Sotto questo punto di vista l’opportunità che la Ryder Cup 2022 ci offre è di inestimabile valore e non è consentito perdere un treno come questo, unico e mai più di passaggio. E’ un treno in cui la FIG, e con essa il nostro movimento golfistico nazionale, occupa buona parte dei vagoni, ma non può e non deve essere la sola passeggera. A farle compagnia devono sedersi le rappresentanze governative, gli Enti Locali, il CONI, le organizzazioni ambientaliste, gli imprenditori pubblici e privati, turistici e non, gli appassionati di sport a titolo vario, nonché le persone comuni dotate di intelletto e buona volontà. Si sente già parlare di commissioni varie e di cervelli al lavoro per produrre idee e progetti al fine di consentire che un singolo evento contribuisca in modo proponderante alla crescita di un intero movimento sportivo. Questo di per sè è un bene ma, in paese in cui per risolvere qualsiasi problema si nominano commissioni che lavorano inutilmente per anni, qualche precauzione andrebbe presa sia in termini di qualità professionale dei componenti e sia in termini di operatività degli stessi. Personalmente mi sono già state riferite idee e possibili proposte che mi lasciano molto perplesso. Tanto per citarne una, forse la più semplice e banale, quella relativa alla necessità di promuovere il golf attraverso i media al fine di portare la parola golf a conoscenza di un pubblico più ampio dell’attuale. Secondo i teorici di tale proposta questo consentirebbe di avvicinare al mondo del golf un numero considerevole di nuovi potenziali utenti e di fornire linfa vitale ai nostri attuali impianti da anni in grande sofferenza. Ora, se è vero che abbiamo la più bassa media europea di utenti per impianto di golf e che quindi alla cruda luce dei numeri non dovremmo più realizzare nuove strutture per decenni fino al raggiungimento di una soglia economica di gestione degli attuali, è altresì vero che il più ampio pubblico al quale andremmo a rivolgerci per mezzo di una campagna promozionale attraverso i media, troverebbe assai problematico accedere ad i nostri attuali impianti. Dobbiamo infatti renderci conto che una parte ragguardevole delle nostre strutture golfistiche non solo può essere considerata obsoleta in termini di offerta (elevati costi di gestione che non possono essere compressi più di tanto, e che destinano tali impianti ad un futuro molto incerto), ma può essere fortemente penalizzata in termini di localizzazione geografica, bacino di utenza e potenziale polo turistico.

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Il futuro del golf italiano

Gli impianti di cui sopra sono per lo più economicamente poco frequentabili da una fascia di pubblico più ampia, soprattutto in questi anni di severa crisi economica, ma risultano anche poco accessibili perchè lontani dai centri urbani, o da aeroporti e snodi di comunicazione se facciamo riferimento ai Resort turistici. Potremo pertanto scrivere mille articoli sulla carta stampata e girare mille video su schermi vari per descrivere quanto sia bello giocare a golf, ma rimarrà sempre l’annoso e mai risolto problema: non abbiamo gli impianti adatti per ospitare una fascia di utenti più vasta e meno economicamente dotata. Per dirla con parole semplici semplici: la crisi del nostro movimento non dipende dalla scarsa notorietà del nostro sport da parte del grande pubblico. Se fermate qualcuno per strada e chiedete se conosce uno sport denominato golf, al 99 % vi dirà di sì. Probabilmente però di questo 99% solo un ridottissimo ed esiguo numero potrebbe diventare utente di un nostro tradizionale impianto. Il resto continuerà a sapere che cosa è il golf, ma continuerà a non esserne attratto. Vale la pena percorrere questa strada, vecchia di oltre 40 anni e che non ci ha mai portato da nessuna parte? Anche nel passato la FIG si è fortemente esposta sotto il profilo economico (Presidenze Silva e poi Livraghi) con pesanti investimenti nei media allo scopo di promuovere il golf ad ogni livello. Purtroppo i risultati raggiunti furono di scarsa entità e quasi trascurabili a fronte dell’impegno a loro destinato. Vogliamo ripetere lo stesso errore? Mi aspetto a questo punto la classica e trita obiezione: ma come, il proliferare dei campi pratica permette di giocare a golf a bassissimi costi, gli impianti gli abbiamo, dobbiamo solo riempirli. A parte il fatto che un campo pratica non è certamente un campo da golf (l’EGA nelle sue statistiche non li qualifica quali impianti di golf...) a questa teoria si può però facilmente replicare: se fosse vero l’assunto, i nostri centinaia di campi pratica avrebbero sfornato centinaia di migliaia di nuovi golfisti che avrebbero riempito gli spogliatoi dei veri e propri impianti di golf, consentendo negli ultimi 20 anni al nostro movimento golfistico una crescita smisurata e quasi senza freni. Come si spiega allora la perdita di giocatori a cui siamo soggetti ormai da troppi anni? Non sarà per caso che il proliferare dei campi pratica incontrollato ed incontrollabile, oltre che le associazioni sportive di comodo, abbiano invece avuto un ruolo non secondario nello svuotare i nostri circoli di golf di appassionati golfisti che hanno trovato più comodo (spesso i campi pratica sono in zone urbane) e più economico frequentare queste piccole strutture piuttosto che i tradizionali campi? Intendiamoci, non ho personalmente alcuna contrarietà in merito all’esistenza dei campi pratica, dei quali non mi sfugge l’importante e fondamentale funzione di primo approccio al gioco del golf. I diversamente giovani come me, ricorderanno l’insostituibile

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funzione che il campo pratica di Stupinigi (forse addirittura il primo realizzato in Italia), ben inserito dentro la cerchia urbana di Torino, ebbe per la diffusione del gioco del golf in Piemonte negli anni ’60 e ’70, nonché la qualità e la quantità di giocatori che produsse ininterrottamente per circa un ventennio, con grande piacere dei campi da golf limitrofi che accoglievano a braccia aperte tutti quei golfisti i quali, dopo un periodo di apprendistato, avevano voglia di misurarsi su vere e proprie buche. In tutti i paesi del mondo golfistico i campi pratica hanno svolto e svolgono una funzione fondamentale di primo contatto con il gioco del golf, ma, è doveroso riconoscerlo una volta per tutte, non possono rappresentare il futuro impiantistico per uno sport in crescita quale deve essere il golf nostrano. Serve quindi, e mi ripeto, progettualità, idee, proposte innovative, e se per caso queste scarseggiano (ma nel paese di Leonardo da Vinci stento a crederlo), perché non dare una occhiata in giro e vedere cosa fanno o hanno fatto altri paesi in simili condizioni? Grosso modo nello stesso periodo in cui la FIG presentava il progetto di Sutri, e cioè il 1985, la FFG, la Federazione Golf Francese, in accordo con il governo di allora, quello di Francois Mitterrand, lanciò il Plan Vert, cioè il progetto di realizzazione di 100 nuovi impianti golfistici da lì a dieci anni. Il progetto, di grande impatto mediatico, di grande spessore finanziario, ma soprattutto di enorme valenza sportiva, ebbe certamente qualche alto e basso, incidenti vari di percorso, e persino difficoltà con organizzazioni ambientaliste varie, ma rappresentò certamente il più importante intervento strutturale mai attuato nel settore golf a livello europeo. La crescita di giocatori crebbe più o meno proporzionalmente all’incremento degli impianti (382 nei dieci anni) e la Francia, a metà degli anni Ottanta terra golfistica di qualità ma non di quantità, si ritrovò dieci anni dopo una potenza europea di questo sport. Oggi la Francia ci riprova con un progetto assai simile: il piano “100 petites structures golfiques en 10 ans” venne alla luce nel 2009 e terminerà nel 2018, anno in cui Le Golf National di Parigi ospiterà la Ryder Cup. Il piano che vede coinvolta la FFG e la CNDS (Centre National pour le Developpement du sport) parte da semplici considerazioni di base e cioè numero degli impianti nel 2009 (574 percorsi, 56 piccoli impianti, 12 impianti di Pitch & Putt), ed una breve disamina della loro qualità (per lo più impianti a 18 buche oltre i 50 ha, spesso localizzati in zone essenzialmente rurali e con spiccata vocazione all’esercizio di attività sportiva agonistica) che ha condotto alla considerazione che tali impianti per struttura e localizzazione possono rappresentare un ostacolo ad un ulteriore sviluppo del gioco del golf in quanto: 1 necessitano di tempi di gioco prolungati 1 sono distanti dai centri abitati 1 sono piuttosto costosi come accesso 1 sono difficili da giocare per un utente non esperto

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Il futuro del golf italiano

Dopo il progetto Plan Vert del 1985, con la creazione di 100 campi in 10 anni, grazie al quale la Francia ha superato il milione di golfisti, nel 2009 è stato avviato quello delle “100 petites structures” già portato a termine La proposta del piano punta alla realizzazione in dieci anni di impianti di più ridotte dimensioni che prevedano e consentano: 1 apertura a tutti 1 pratica del gioco del golf non solo per principianti, ma anche per utenti più esperti 1 costi di accesso e utilizzo degli impianti molto contenuti 1 facilità e rapidità di gioco 1 essere struttura di socializzazione per la comunità locale 1 essere struttura di rilevanza economica (posti di lavoro ed altro) nell’ambito della comunità locale 1 miglioramento di zone degradate 1 appetibilità turistica 1 sostenibilità ambientale Sotto il profilo strutturale la proposta non è rigida in quanto l’impianto urbano può consistere in un campo pratica + 18 buche pitch & putt, oppure in un campo pratica più un classico percorso executive o compatto. Ad oggi sono stati realizzati 36 Compact courses e 91 Pitch & Putt per un totale di 126 piccoli impianti. Il programma francese, così come lo è stato nel passato il Plan Vert, è in definitiva risultato già oggi, due anni prima della sua conclusione, un grande successo e ritengo che questa possa

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essere la base, con opportuni aggiustamenti che forse meriterebbero un articolo a parte (abbiamo ad esempio meno anni a disposizione), di un analogo piano di sviluppo golfistico pre Ryder Cup in Italia. Basti pensare a come il progetto BioGolf, di cui peraltro FIG e Istituto per il Credito Sportivo sono colonne portanti, si inquadri perfettamente nella cornice che gli Urban Golf francesi ci stanno proponendo. Le organizzazioni ambientaliste che con noi stanno portando avanti il progetto (Legambiente, Federparchi e Fondazione Univerde) sono pronte alla massima collaborazione se in presenza di presupposti seri ed ambientalmente sostenibili. Bene lanciamo allora dalle colonne di Professione Golf Club un invito alla FederGolf affinchè formi un gruppo di lavoro, dotato di un minimo di strumenti operativi e finanziari, ma contemporaneamente di strettissima tempistica, al fine progettare la realizzazione di 50 BioGolf nel nostro paese dal 2017 al 2022. Studiamone insieme le modalità, la sostenibilità economica e ambientale, il reperimento di fondi pubblici e/o privati, la localizzazione e le strategie di gestione. Non siamo visionari: il Presidente Chimenti ce lo ha insegnato: tutto si può fare, basta crederci fortemente.

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NOTIZIARIO

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Pronti alla sfida Appuntamento di fine inverno a Castello Tolcinasco: cosa ci aspetta dopo la fantastica assegnazione della Ryder 2022? di Fabrizio Pagliettini

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aro amico, “Pronti alla sfida”.... il perché del titolo di questo nostro Meeting è nascosto (ma neanche poi tanto....) dietro la notizia ancora fresca e impetuosa dell’assegnazione della Ryder Cup alla nostra nazione. Si è scritto tanto di questa straordinaria conquista del nostro Presidente, che ringrazio veramente di cuore per aver accettato con entusiasmo il nostro invito a presenziare al Meeting e tanto ancora si scriverà; certo è che questo evento rappresenta in assoluto un momento storico da segnare sullo score virtuale che accompagna la nostra vita di Associati AITG; diciamo che siamo al termine delle prime 18 buche di una gara di due giorni; diciamo che non abbiamo giocato benissimo... abbiamo alternato ottimi colpi ad altri mediocri, la sfortuna ci ha perseguitato e il risultato ci tiene ancora in corsa per un posto sul podio ma per contro rischiamo, se partiamo male nel secondo giro, di perdere ogni speranza. È il momento di pensare ad una strategia, di ripartire dalle positività e trovare qualche soluzione tecnica e psicologica per essere un giocatore “nuovo” sul tee della buca n. 1 del secondo giro. La similitudine con il gioco del golf mi sembra molto appropriata. Il ruolo di AITG, oggi più che mai, è quello di collaborare con tutto il mondo golfistico nazionale per dare l’apporto professionale mirato a non fare passi sbagliati, a programmare un lavoro di rilancio sulle ali di una visibilità straordinaria che solo la Ryder Cup ci può concedere. “Pronti alla sfida”.... Penso, con un pizzico di orgoglio, che oggi possiamo dire di esserlo in modo determinante anche se

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non ancora definitivo. In questi tre anni di mandato abbiamo lavorato per consolidare quanto fatto dai Direttivi precedenti puntando sulla crescita professionale ma anche e soprattutto sul riconoscimento della nostra professionalità, sul ridare una dignità ai nostri ruoli. Abbiamo coinvolto i Circoli nazionali attraverso inviti personali ai Presidenti, abbiamo consolidato i rapporti con la Federazione Italiana Golf, con la PGAI, con la Scuola Nazionale, con la CMAE; abbiamo cercato, ogni volta che ci è stata data la possibilità, di essere presenti e parte attiva in ogni progetto che riguardasse la nostra mission. È per questo motivo che ritengo di poter affermare che siamo “pronti alla sfida” e soprattutto penso sia opportuno che questo nostro pensiero debba essere condiviso e messo a disposizione del nostro Presidente Federale perché sappia che può contare su di noi a occhi chiusi. Niente avrebbe però efficacia senza lo spirito di gruppo, senza il piacere di ritrovarci numerosi ai Meeting, senza la gioia di vivere momenti sorridenti magari aspettando l’open bar... AITG è anche e soprattutto questo, un attimo di pausa nel nostro quotidiano, una opportunità di trascorrere qualche ora con un amico, AITG è il sorriso spontaneo che nasce nel riabbracciare un Collega che non vedi da tempo. Siamo tornati a Tolcinasco anche per questo... Walter e Nicola, il loro Gestore, il loro Presidente, il loro Staff... qui ci sentiamo a casa, qui è bello poterci ritrovare per provare a vivere una due giorni intensa e produttiva ma soprattutto sorridente. Franco Chimenti aprirà il Meeting tornando a respirare l’atmosfera della nostra Associazione dopo tanti anni; con lui ci sarà l’amico Antonello Bovari, in rappresentanza della PGAI. Antonello è persona preziosa che sta consolidando un rapporto con noi assolutamente importante e propositivo. A tutti i relatori che ci daranno il loro contributo va il mio grazie infinito per averci consentito anche questa volta di poter presentare agli Associati un Meeting ricco di contenuti e di spunti interessanti e preziosi. Giunto al termine di questi tre anni intensi e affascinanti, desidero ringraziare tutti i componenti del

Direttivo; siamo partiti con grande rispetto e stima; su queste basi abbiamo costruito, lavorando insieme, una grande amicizia. E con questo penso di aver riassunto il mio sentimento di riconoscenza e gratitudine. Grazie a Rita Genovese, la nostra segretaria infaticabile, vero motore della nostra Associazione, e a Luca Porcu che l’ha affiancata con professionalità e competenza; grazie a tutti i componenti delle nostre Commissioni, per il loro apporto incondizionato e per essere sempre stati presenti e attivi nei momenti in cui sono stati chiamati in causa. Grazie a tutti gli Sponsor, che sono per noi veri amici e compagni di viaggio; le chiacchierate nelle riunioni condivise mi hanno fatto scoprire belle persone, non soltanto interessate alla sezione commerciale ma facenti parte di un progetto. Ho seguito con attenzione i loro consigli e spero di averli aiutati a trovare le giuste risposte nel nostro mondo. Grazie infine a tutti Voi, a quei volti che grazie alle fotografie di Cristiana Casotti, ogni tanto (quando nel mio ufficio mi prende un po’ di nostalgia) mi vado a rivedere sul nostro sito e che mi riempie di orgoglio poter vedere uniti e presenti in numeri che spesso hanno messo in difficoltà anche l’organizzazione dei lavori; una Associazione è fatta di persone, di Uomini.... e l’AITG siete tutti Voi. L’Assemblea sociale elettiva voterà il nuovo Direttivo; chiunque sarà chiamato a ricoprire il ruolo di Presidente o di Consigliere, troverà una “casa in ordine”, dal punto di vista amministrativo e gestionale; troverà un ambiente accogliente pronto a ripartire con vigore e soprattutto “pronto alla sfida”. Se sarò chiamato a continuare con la mia squadra, avrò il piacere di inseguire gli obiettivi della nostra mission con vigore e un briciolo di esperienza in più; se non ci sarò (.... o non ci saremo....) il nuovo Presidente potrà contare su di me e sui miei amici del Direttivo e potrà avvalersi del nostro massimo, incondizionato supporto. Perché l’importante è che il nostro cuore continui a battere all’unisono. Grazie... e “Pronti alla sfida”! Rapallo, 28 Febbraio 2016

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NOTIZIARIO

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Esperienze di gestione ecosostenibile di Alessandro De Luca

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ono trascorsi quasi 10 anni da quando la Sezione Tappeti Erbosi presentò per la prima volta la nascente legge europea che prevedeva limitazioni all’uso dei fitofarmaci. Tra rettifiche varie, adeguamenti ed immancabile italica burocrazia sembra che la legge, o meglio il suo regolamento attuativo detto “PAN” stia per diventare realtà. È adesso in fase di elaborazione a livello europeo una legge che imporrà delle restrizioni anche per l’impiego di acqua per l’irrigazione. Magari tra altri 10 anni, ma prima o poi anche questa legge entrerà in vigore. Tutto questo sta suscitando grande allarmismo, nella convinzione che le limitazioni nell’impiego di prodotti chimici e di acqua possano rendere difficile la gestione dei percorsi di golf e quindi ostacolare il potenziale sviluppo di nuovi impianti. Ma proprio 10 anni fa, nel comunicare l’arrivo di queste nuove norme parlammo di “grande opportunità”. Opportunità di fare proprie tali restrizioni e sfruttarle al meglio attraverso una più razionale manutenzione dei percorsi di golf esistenti ed un migliore sviluppo delle nuove iniziative. Questa visione ottimistica del bicchiere quindi mezzo pieno e non mezzo vuoto ha suscitato da subito molto scetticismo e ci ha attirato anche delle critiche. Siamo stati presi per dei teorici visionari, lontani dal mondo reale. Nonostante questo, insieme ad alcune università e grazie al fondamentale supporto di alcuni Superintendent e dei loro Circoli, abbiamo proseguito con maggiore slancio gli studi già avviati negli anni precedenti: adattabilità delle specie macroterme e delle nuove varietà di microterme, migliori tecniche agronomiche mirate alla riduzione delle avversità, relazioni con la fauna presente nei percorsi di golf ed altro ancora.

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Inutile sottolineare che l’esperienza maturata negli anni con il progetto “Impegnati nel Verde” e più recentemente con il programma di certificazione ambientale “GEO” siano stati fondamentali. Fondamentali anche per far sedere attorno ad uno stesso tavolo le maggiori associazioni ambientaliste, che dopo la firma di un primo “Protocollo d’intesa” nel 2012 hanno contribuito, a partire dal 2014, allo sviluppo del progetto “Biogolf”. Si tratta di un concreto protocollo operativo per la costruzione e per la manutenzione dei percorsi di golf, frutto di un lavoro di squadra coordinato dall’Istituto per il Credito Sportivo e che ha visto lavorare insieme alla Sezione Tappeti Erbosi della Federazione Italiana Golf, la Golf Environment Organisation, Federparchi, Fondazione Univerde e Legambiente. Considerando la novità e l’unicità del “Biogolf”, è stato a questo punto necessario partire da un progetto pilota, il cui lavoro ed i risultati potessero essere seguiti e valutati dai tecnici di ognuna delle organizzazioni promotrici. Il percorso in costruzione del Green Sport (Potenza Picena) ed il Golf della Montec-

chia (Selvazzano - Padova) si sono resi disponibili a fare da “cavia” all’innovativo progetto. Questi due primi casi studio vengono seguiti e studiati difatti da uno staff di tecnici in rappresentanza di ognuna delle organizzazioni che hanno elaborato e sottoscritto il protocollo “Biogolf”. Di seguito, alcuni dati su questi due primi progetti pilota.

Green Sport - Costruzione di campo pratica e 9 buche Principale obiettivo è stato quello di ottimizzare quanto più possibile le risorse e le strutture esistenti, compatibilmente con le esigenze del luogo e della realizzazione. - Lavori di costruzione avviati nel maggio 2015 - Nel corso del 2015 portati a termine i lavori di costruzione del campo pratica e di quattro buche - Movimenti terra ridotti al minimo indispensabile (ad oggi mossi circa 7.500 m3, previsti in totale circa 16.000 m3) - Utilizzati inerti macinati (“riciclato”) come materiale drenante - Utilizzato compost come fonte di sostanza organica

GOLF DELLA MONTECCHIA

Semina originale

Evoluzione negli anni

Tappeto erboso attuale (dal 2012)

Green e collars

Arostis stolonifera cv. Pennlinks

Arostis stolonifera cv. Pennlinks, Poa annua

Arostis stolonifera cv. Pennlinks, Poa annua

Tees

Poa pratensis, Lolium perenne, Festuca ruba

Lolium perenne, Poa annua, Arostis stolonifera, Cynodon dactylon

Cynodon dactylon x transvaalensis cv. Patriot

Fairways

Poa pratensis, Lolium perenne, Festuca ruba

Lolium perenne, Poa annua, Arostis stolonifera, Cynodon dactylon, foglie larghe

Cynodon dactylon x transvaalensis cv. Patriot

Semirough e rough

Poa pratensis, Lolium perenne, Festuca ruba, Festuca arundinacea

Poa pratensis, Lolium perenne, Festuca ruba, Festuca arundinacea, Cynodon dactylon, Paspalum spp., varie foglia larga

Poa pratensis, Lolium perenne, Festuca ruba, Festuca arundinacea, Cynodon dactylon, Paspalum spp., varie foglia larga

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15 Sclerotinia homeocarpa, applicazione della soglia di tolleranza per Microdochium nivale e Rhizoctonia spp. (il protocollo “Biogolf” prevede un massimo di 4 trattamenti all’anno) - nessun trattamento chimico sul resto del percorso - utilizzo di fertilizzanti ed insetticidi autorizzati in agricoltura biologica

- Utilizzata bermuda per tappeto erboso di greens, tees, fairways e campo pratica - Favorito lo sviluppo di essenze autoctone sui rough - Realizzato impianto irriguo solo su greens e tees - Utilizzata parte della linea idrica preesistente, già in uso all’azienda agricola - Sfruttato pozzo esistente - Fornitori locali per acquisto del riciclato, del compost, dei tubi per l’irrigazione, della bermuda di tees, fairways e campo pratica - Recupero di cubature agricole esistenti - Coinvolgimento imprese locali (movimento terra, installazione impianto irriguo, opere edili) - Sinergie con bar/ristorante attiguo

Golf della MontecchiaManutenzione di 9 buche del “percorso Giallo” Buche costruite nel 1992 Evoluzione della composizione floristica (tabella a sinistra). Dal 1 gennaio 2015 è stata avviata la gestione secondo il protocollo del “Biogolf” ed ha incluso: - applicazione di adeguate pratiche agronomiche (ad es. concimazioni sulla base delle analisi chimico fisiche di suolo ed acqua di irrigazione, altezza e frequenza di taglio nel rispetto delle essenze presenti, carotature, verticutting, topdressing ed irrigazioni alla bisogna) - esecuzione di solo due trattamenti chimici sui greens per il controllo della

Dopo questo primo anno di esperienza, di seguito i maggiori problemi rilevati e le soluzioni in fase di studio: 1 - Gestione delle erbe infestanti nei bunkers e nelle stradine Senza l’ausilio di un diserbante totale risulta oneroso mantenere in ordine i bordi di queste aree. È stata condotta una prima sperimentazione con il pirodiserbo. Previsti altri test con schiuma biologica ad alta temperatura e con il calore. 2 - Problemi di infestazione di Digitaria spp. ed Eleusine indica dei collars Due le possibili soluzioni: contenere meccanicamente lo sviluppo della parte aerea di queste infestanti mediante frequenti spazzolature e verticutting oppure sostituire l’Agrostis stolonifera con bermuda 3 - Gestione della Sclerotina homeocarpa (Dollar spot) e della Digitaria spp. sui greens. Problemi minori, anche se presenti, il controllo della Rhizoctonia spp. e del grillotalpa Rispetto ai greens di controllo, l’impiego di fertilizzanti organici biologici ha permesso di contenere gli attacchi fungini di circa il 50%. L’effetto negativo delle infestanti annuali estive potrebbe essere limitato intensificando alcuni interventi meccanici come spazzolature e verticutting. Per il 2016 è prevista la conversione del tappeto erboso da Agrostis stolonifera a bermuda. 4 - Sviluppo di erbe infestanti a foglia larga nei rough Nel 2015 non sono stati eseguiti diserbi selettivi per il controllo delle erbe infestanti a foglia larga che si sono sviluppato nei rough. Nel 2016 è previsto un programma di controllo meccanico mediante passaggio di appositi erpici strigliatori.l’

Amica PGAI

I

l primo febbraio 2016, Golf Club Le Robinie; si apre il seminario della PGAI e, invitato da Antonello Bovari, ho l’onore di rappresentare AITG nell’introduzione della giornata. Come sempre non preparo nulla prima, in fondo mi è stato chiesto di raccontare in pochi minuti qualcosa di noi, della nostra Associazione e della sinergia con la PGAI. Mentre Antonello parla e introduce i contenuti del Meeting ho tempo per guardare i Professionisti presenti, scrutare i loro volti attenti, restare colpito dal numero dei partecipanti e spaventarmi un po’… ma è solo un attimo; mi basta iniziare a raccontare di me e del rapporto che ho con i Maestri del mio Circolo, di quanto abbiamo costruito insieme e di quanto io abbia bisogno di loro quotidianamente così come penso loro di me. Ecco svelato il perché della mia presenza: sottolineare quanto sia imprescindibile il collegamento delle varie professionalità all’interno di un Club, evidenziare l’importanza del lavoro singolo a servizio del collettivo. Ritengo che l’invito ad AITG formulato dal direttivo della PGAI sia un modo concreto di dimostrare quanto sia importante l’avvicinamento e la collaborazione tra le nostre Associazioni, sia per quanto concerne la specifica crescita sportiva dei nostri Atleti e della proposta dei nostri Circoli sia, e questo è oggi l’obiettivo primario, nella “costruzione” di nuovi tesserati, nuovi appassionati….nuovi golfisti. A Noi l’incarico di svolgere al massimo livello professionale le rispettive mansioni, indirizzando però i nostri sforzi in un’unica direzione che si può trovare esclusivamente attraverso momenti di dialogo e di condivisione. Ecco perché uno dei sogni nel cassetto è di vivere un “meeting allargato” tutti insieme…e chissà mai che, nel prossimo futuro, quel cassetto non lo si riesca ad aprire tutti insieme. fp

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NOTIZIARIO

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Verità e conseguenze di green sempre veloci

A

nni fa, c’era un uomo di nome Edward Stimpson che amava il golf e desiderava creare una maggiore equità nel gioco. Per promuovere la sua passione, ha inventato un dispositivo destinato a garantire che tutti i greens su un percorso fossero relativamente di uguale velocità: lo stimpmeter. L’idea era quella di dare al superintendent (allora greenkeeper) un modo per confrontare la velocità del green 4 con il green 13 e adottare misure per pareggiare il loro livello. Questo è stato, senza dubbio, una buona e nobile idea. Oggi, questo semplice strumento è spesso abusato per confrontare la velocità dei greens da percorso a percorso e, purtroppo, di stabilire un punto di riferimento per mettere in difficoltà i superintendent. Ho sentito dire da giocatori amanti del golf “Ieri, sono andato a giocare al Golf qui vicino e misuravano 12 di “stimp”. Probabilmente colui che pronuncia frasi di questo genere è poco consapevole di ciò di cui sta parlando perchè giocare con 12 di stimp sarebbe quasi come puttare sul parquet di una club house! Questo significa essenzialmente che i greens erano veloci come il parquet della club house e non credo fosse vero e che neanche chi le pronunci fosse realmente coscente di quello che stava dicendo. Partiamo con ordine. Come è fatto, come si usa lo STIMPMETER (STPM) e come si misura la velocità del green. L’attribuzione delle caratteristiche della”velocità” del green in termini misurabili viene definita da un numero corrispondente ai “feet”, piedi ( 1 feet = 0,3048 m) che la palla percorre sul green in piano lanciata da un semplice attrezzo chiamato “stimpmeter” E qui vale al pena descrivere come operativamente viene definito il valore STPM. L’attribuzione del valore STPM non viene data con una sola prova, bensì si eseguono 6 misure secondo il seguente criterio.

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Si pone il piede dello Stimpmeter al suolo e si segna il punto di contatto con un marchino, quindi si inclina la rampa di 20°esatti, si pone la palla a 30 inches e si lascia rotolare. Quindi, si segna e si misura la distanza percorsa ripetendo 3 prove dalla stessa posizione. Se le 3 distanze raggiunte dalla palla nelle 3 prove sono all’interno degli 8 inches la prova è valida, altrimenti deve essere ripetuta. Se valida la prova, il valore sarà la media algebrica delle distanze percorse da ciascuna palla. Quindi, si procede con lo stesso criterio nella direzione opposta alla prima prova. Tuttavia, si noterà che il valore ottenuto non è esatto nel caso in cui la misura con lo STPM venga effettuato su una porzione di green non perfettamente in piano. Infatti, se la prova viene eseguita prima in leggera discesa e poi in leggera salita, il valore dello STPM risulterà rispettivamente maggiore e minore (tabella qui sotto). Da un punto di vista puramente competitivo, potrebbe risultare interessante ricercare la velocità dei green, tuttavia si potrebbero però avere conseguenze negative in termini di costi e di salute a lungo termine per quanto riguarda il tappeto erboso. Un green sano, verde e vigoroso può es-

sere mantenuto ad una bassissima altezza di taglio (2,6 - 2,8mm), per brevi periodi di tempo e senza gravi conseguenze solo se è stato preparato adeguatamente e se le condizioni meteorologiche sono risultate accettabili. Percorsi che preparano tornei Open curano il campo per mesi (e spendono molti soldi) per riuscire a portare green fino a una velocità ultraveloce per i giocatori del PGA Tour. Ad esempio, ai campi da Augusta National o Oakmont possono arrivare a misurare stimpmeter fino a 12 quando adeguatamente preparati e asciutti. Tuttavia, questi green veloci sono estremamente fragili. Se li confrontassimo con gli esseri umani, sarebbe come dire che il loro sistema immunitario si indebolisce molto. Essi diventano sensibili alle malattie e parassiti, e quindi possono richiedere più trattamenti chimici. Con la lavorazione di rullatura dei nostri green possiamo limitare di abbassare troppo il taglio e ottenere velocità di rotolamento migliori. Questa pratica però non va abusata, ma si può rullare con basse frequenze per un periodo più esteso e

Piedi

Metri

Gara di circolo

Gara di Camp.

U.S. Open

5

1,524

LENTO

LENTO

LENTO

6

1,8288

LENTO

LENTO

LENTO

7

2,1336

LENTO

LENTO

LENTO

8

2,4384

MEDIO

MEDIO

LENTO

8,5

2,5908

MEDIO

MEDIO

MEDIO

9

2,7432

VELOCE

MEDIO

MEDIO

9,5

2,8956

VELOCE

VELOCE

MEDIO

10

3,048

XXXXXXX

VELOCE

MEDIO

10,5

3,2004

XXXXXXX

VELOCE

VELOCE

12

3,6576

XXXXXXX

XXXXXXX

VELOCE

13

3,9624

XXXXXXX

XXXXXXX

XXXXXXX

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4,2672

RECORD IN USA AL MEMORIAL TOURNAMENT DEL 1981

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17 con alta frequenza per brevi periodi. Prolungate e ripetute rullature portano ad una compattazione del terreno e potranno dar luogo al diradamento dei tappeti erbosi. Inoltre, anche condizioni meteo sfavorevoli possono distruggere rapidamente la salute di un green ultraveloce. Le alte temperature e la mancanza di umidità nel suolo sono mortali per i green che sono mantenuti ad altezze di taglio molto basse per un certo periodo di tempo. I rischi di mantenere green sempre veloci, anche con la migliore gestione professionale dei superintendent, diventano evidenti durante estati come quella della passata stagione, quando i campi da golf del nord Italia hanno perso porzioni di tappeto erboso a causa di un lungo periodo di siccità con temperature molto elevate. Molti dei percorsi più famosi hanno subito gravi danni

ed erano essenzialmente ingiocabili per l’ultima parte dell’anno. Molti di questi hanno dovuto essere riseminati o parzialmente rizollati o completamente ricostruiti ad un costo che è stato elevato in termini di budget, giocabilità e reputazione. Le soluzioni al dilemma dei green veloci possono essere svariate. Da tempo, il settore del golf si mobilita in favore della ricerca e dello sviluppo di nuove essenze che siano più tolleranti alle basse altezze di taglio, per avere velocità più elevate in condizioni avverse. In America organizzazioni come la USGA e GCSAA stanno investendo milioni di dollari in questo sforzo. D’altra parte, i golfisti dovrebbero capire e accettare i limiti di questi sistemi viventi che chiamiamo tappeto erboso. I golfisti dovrebbero anche seguire il con-

siglio dei superintendent che cercano di fare il loro meglio per gestire, nutrire e proteggere questi ecosistemi. Infine, sarebbe auspicabile che molti giocatori cambiassero il loro atteggiamento troppo competitivo per quanto riguarda la velocità dei greens. Come mi raccontò anni fa un mio collega più esperto di una chiacchierata con un giocatore di terza categoria che ricordo così: ”Fa prima lei (giocatore) a darci un po’ più forte, che io a farle il green più veloce”. Questa sicuramente è una battuta scherzosa, ma ha un suo fondo di verità. Con programmazione e lavorazioni si possono avere velocità SPTM a 8 o 9 sui nostri green rendendoli molto giocabili senza rischiare di compromettere la loro salute. Vogliamo bene ai nostri greens, sono il golf!

La zonizzazione del rischio caduta alberi nel campo da golf

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ncidenti con danni causati dallo schianto di alberi avvengono con frequenza sempre maggiore, anche e soprattutto a causa dell’incremento della frequenza ed intensità degli eventi meteorici anomali, unitamente talvolta ad una carente attenzione nella gestione e manutenzione della componente arborea. La giurisprudenza considera il proprietario del bene quale suo “custode”, pertanto chi possiede alberi deve garantirne una completa gestione e manutenzione. L’amministratore del bene risponde di tutti i danni cagionati da tali beni ai sensi degli artt. 2051 e 2043 del c.c., mentre le responsabilità penali sono individuate dagli artt. 40 e 43 del c.p. Le superfici occupate dai campi da golf sono vaste e gestire il rischio di caduta alberi sull’intera area non può essere affrontato allo stesso modo nei diversi campi. La sola ed economicamente impegnativa metodologia VTAÐ (Visual Tree Assessment) non è alla portata di tutti e può non essere applicata tout court. Il professionista esperto, analizzate le specie presenti, le caratteristiche morfologiche del campo ed i possibili bersagli de-

ve offrire al gestore la combinazione migliore di metodologie e tecnologie al fine di garantire una gestione efficace di ciò che spesso in un campo da golf non è ritenuto prioritario: il verde verticale. Per la gestione del rischio caduta alberi occorre quindi partire da una zonizzazione accurata delle aree del campo in funzione in particolare delle dimensioni degli alberi e della fruizione. In casi complessi la suddivisione della superficie, dovendo tenere conto di molti fattori, richiede l’utilizzo di strumenti GIS (Geographic Information System) che permettono la sovrapposizione e l’analisi di tematismi differenti sulla superficie del campo. Una volta individuate le aree a differente “sensibilità” si applicheranno così metodologie diverse di analisi del pericolo/rischio di caduta alberi. Le aree maggiormente sensibili, ad esempio zona club house, verranno analizzate con la metodologia VTAÐ e con tutte le miglio-

ri strumentazioni presenti sul mercato (dal resistografo alla tomografia radar o prove di propensione al ribaltamento della zolla); altre aree saranno oggetto di monitoraggi a scale differenti di approfondimento. Tale approccio permette di affrontare la questione della sicurezza degli alberi su vaste superfici in modo economicamente più vantaggioso, permettendo di suddividere i monitoraggi nel tempo ed effettuando i controlli più onerosi solo là dove occorre. Una attenta gestione del rischio caduta alberi consente al soggetto gestore di pianificare nel tempo gli interventi (potature, abbattimenti, ecc.) e quindi di conoscere in anticipo le risorse necessarie. Per completare gli aspetti gestionali è possibile prevedere inoltre il posizionamento di sensori di vento con soglie di allarme oppure sensori di inclinazione del fusto su piante di pregio malformate. In ultimo, ma non in ordine di importanza, tutta la documentazione prodotta (zonizzazione e schede degli alberi) andrà a far parte integrante del fascicolo della sicurezza del golf club. A cura di Andrea Alberto Rettori, Roberto Martinis e Davide Baridon

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NOTIZIARIO

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

A ritmo di tosaerba Quintupla rotativa TerrainCut™ 9009A John Deere: un nuovo livello di prestazioni e produttività nelle zone del rough

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rande capacità, elevata qualità di taglio e aspetto del manto erboso impeccabile: sono questi i biglietti da visita della nuova quintupla 9009A TerrainCut™, ultima nata della premiata famiglia di tosaerba da fairway, rough, tee ed approach di John Deere. Con il nuovo modello 9009A TerrainCut™, attualmente la macchina con la maggior larghezza di taglio John Deere, è possibile ottimizzare sia la produttività che la qualità di taglio, grazie all’eccellente controllo garantito durante il lavoro sul rough. La 9009A dispone di cinque piatti indipendenti da 68,6 cm per una larghezza di taglio complessiva di 2,7 m ed una straordinaria capacità di seguire i profili del terreno. La struttura profonda degli apparati falcianti e lo

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scarico posteriore singolo sollevano l’erba per un taglio più pulito e una distribuzione omogenea dei residui su un’area più ampia. Inoltre, la regolazione dell’altezza di taglio può essere eseguita senza strumenti mediante un innovativo sistema a tacche a leva singola. Con i suoi 55 CV, il potente motore diesel 4 cilindri ad iniezione diretta sfrutta le tecnologie di ricircolo dei gas di scarico raffreddati (EGR) e di pulizia automatica del filtro antiparticolato per rispettare le normative sulle emissioni Stage IIIb. L’esclusiva trasmissione LoadMatch™, invece, garantisce massima regolarità di taglio e ottima trazione in salita, mentre la funzione AutoPedal™ riduce le emissioni acustiche ed il consumo di carburante durante le fasi di

trasferimento, eliminando la necessità dell’acceleratore manuale. Inoltre, il collaudato sistema TechControl consente una gestione semplice ma efficace di attività quali il controllo delle operazioni, la manutenzione e la diagnostica. Grazie poi alle diverse schermate protette tramite password del display TechControl, è possibile impostare elettronicamente le velocità di lavoro e di trasferimento in modo veloce e intuitivo semplicemente premendo un pulsante. Infine, quando gli apparati falcianti sono sollevati dopo ogni passata, è possibile imporre la riduzione della velocità di sterzata ad una determinata percentuale della velocità di taglio, in modo da limitare notevolmente il rischio di danneggiamento del manto erboso.

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Verso le radici autentiche del golf Visita dei greenkeeper italiani ai campi da golf in Inghilterra. Herbatech, in collaborazione con la BIGGA, ha organizzato un viaggio alla scoperta del golf tradizionale britannico

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osa ci facevano 15 Greenkeeper italiani nella club house del Sunningdale Golf Club a Londra, la mattina del 6 novembre, seduti su comodi divani in pelle e in mezzo ai quadri della regina Elisabetta e dei Lord del Regno Unito? Elementare, Watson. Bevevano il tè e mangiavano sandwich e i pasticcini, offerti dal presidente del club, dopo aver camminato a lungo attraverso le 36 buche del circolo assieme ai tre greenkeeper, responsabili della manutenzione del campo da golf preferito dalla “Royal Family”. Questa visita “aristocratica” al golf più esclusivo di Londra è stata una delle tante straordinarie esperienze del viaggio che la Herbatech ha organizzato la scorso novembre, in collaborazione con l’Associazione Britannica dei Greenkeeper

(BIGGA) nei migliori campi a sud di Londra. Guidati dall’AD di Herbatech, Giuseppe Serenelli, e dal greenkeeper di ciascun club, la delegazione ha potuto visitare campi quali Royal Cinque Ports, Royal St. George’s, Hanckley Common, Camberley Heath, Royal Ashdown Forest, Sunningdale Golf Club, Wentworth Club ed altri ancora Particolare interesse hanno destato le pratiche più moderne di gestione della prato tradizionale inglese dove sui green e fairway vengono utilizzate la Festuca rubra e l’Agrostis tenuis, insieme all’endemica Poa annua. In particolare si è notato come i circoli tendano a rendere il golf il più tradizionale possibile con il ritorno (si noti, attraverso i diserbanti selettivi) a prati 100% di festuca rubra. L’intento è quello di rendere il golf inglese sportivamente e commercialmente inimitabile e ben differente dai più moderni campi da golf di concezione continentale. Con il medesimo intento, si è notata una accanita attenzione al paesaggio delle aree fuori gioco. In particolare, i circoli stanno cercando di far insedia-

re l’erica a discapito delle alberature di conifere. I prati di erica erano, infatti, le zone che circondavano le aree frequentate dalle pecore, divenute fairway, all’inizio del ’900. Ugualmente affascinante, ma con un greenkeeping completamente diverso, è stata la visita al Wentworth Club, circolo blasonatissimo di 54 buche e 4.000 soci, ora di proprietà cinese. Qui il campo in Agrostis palustris (green) e Poa (fairway) viene gestito con le più moderne tecnologie agronomiche e scientifiche, permettendogli di gestire la frequenza di gioco di decine di migliaia di round annui. Naturalmente non sono mancati i momenti ricreativi e di svago. Tra questi la visita a Londra e tante belle serate conviviali nei pub inglesi, attorno a ottime pinte di birra. Questo viaggio è stato un piccolo corso motivazionale. Professionalità, serietà ed orgoglio del proprio lavoro. Questa, infatti, è la lezione che i greenkeeper italiani hanno potuto apprendere dai loro colleghi britannici. Ne avevano tutti bisogno, dati i tempi.

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45 BUCHE E VENTO ANCORA IN POPPA CosÏ descrive il resort cagliaritano il suo presidente. 59 anni, romano di origine ma vissuto sempre in Sardegna, è un buon hcp 7 con robusta esperienza sportiva e di manager. La crisi ha graffiato anche da queste parti, ma non mancano i progetti di sviluppo come il nuovo percorso disegnato da Gary Player

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I N T E R V I S TA

Roberto Pappalardo (Is Molas)

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Nelle foto, due scorci di Is Molas e il presidente del circolo cagliaritano, Roberto Pappalardo

di Roberto Zoldan

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uando alla fine degli anni ‘60 lo studio di progettazione inglese Cotton, Pennink, Laurie & Partners in collaborazione con Piero Mancinelli tracciò le prime linee del percorso del Circolo Golf Is Molas, Pula (Cagliari), sapeva di avere attorno un panorama suggestivo e prezioso: le colline del Sulcis, le spiagge di Pula, la torre spagnola di Nora e gli scavi archeologici punici, il vento isolano, stimolante antagonista di ogni vero golfista. Una cornice arricchita dai profumi della macchia nella quale i progettisti avrebbero incastonato un percorso tecnico tra i più belli d’Italia, con le ultime nove opera di Franco Piras. In tutto 27 buche. In programma ora c’è un altro percorso da campionato con firma di Gary Player e dello stesso Piras. Accanto, l’Is Molas Hotel, 70 camere con vista sul mare. Resort per residenti e turisti, prestigioso per qualità tecniche ed estetiche, il Cir-

colo Golf Is Molas ha una importante storia alle spalle, con quattro Open d’Italia. Lo presiede dal 2011 Roberto Pappalardo, 59 anni, nato a Roma ma cresciuto in Sardegna, prima a Sassari dove il padre aveva una società di produzione cinematografica (mamma canadese), poi a Cagliari a 16 anni, ingaggiato per le ottime attitudini sportive dal locale Tennis Club. Fece parte negli anni ‘70 della nazionale juniores di tennis. Presidente Pappalardo, lei ha una robusta esperienza di sportivo e di manager. Ideali per gestire un circolo di golf e il suo resort. Prima di parlarci del suo Circolo, ce la racconti. Iniziai a lavorare nell’azienda cinematografica di famiglia che aveva attività in tutta la Sardegna e quindi anche a Cagliari. Frequentavo il golf di Is Molas da giocatore (carriera corta ma con un buon hcp 7) e sul fairway incontravo spesso Andrea Arrica, che mi chiese di collaborare all’organizzazione dei mondiali di Italia ‘90. A Cagliari fu assegnato un difficile girone: Inghilterra, Olanda, Irlanda, Egitto. Imperversavano gli hooligans inglesi e olandesi, c’erano rapporti difficili fra Inghilterra e Irlanda, c’era anche il pericolo di atti di terrorismo perché ospitavamo un Paese arabo. Facemmo un buon lavoro e l’allora direttore generale di Italia ‘90, Luca di Montezemolo, mi chiese di assistere la squadra inglese e collaborai poi con gli altri Comitati. Prima andai a Bologna, poi a Torino il cui Comitato era presieduto dall’allora presidente della Juventus, Chiusano, poi finii a Milano con il presidente Moratti e a Bari, dove l’Inghilterra perse con l’Italia nella finale per il terzo posto. Chiuso il mondiale, durante il mio viaggio di nozze fui chiamato

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al Cagliari Calcio dall’allora presidente Massimo Cellino e vi rimasi per dieci anni come direttore. Fu una grande stagione. Militammo principalmente in serie A, con una semifinale in Coppa Uefa. Andai poi per altri tre anni al Forte Village Resort di Santa Margherita di Pula, dal quale arrivai a Is Molas per dirigere questo resort e assumere nel 2011 anche la carica di Presidente del Circolo Golf.

La storia del Circolo. Is Molas nasce su un progetto legato al territorio di Pula alla fine degli anni ‘60, messo a punto dalla Bastogi, societĂ che opera da 150 anni nel settore immobiliare, che comprendeva, oltre al golf, un hotel e un complesso residenziale, un porto sul golfo di Nora con servizi e immobili. Un altro hotel sul mare con adiacente investimento immobiliare e un villaggio

Sono 27 le buche a disposizione dei golfisti che visitano Is Molas. Nei progetti, la costruzione di un nuovo percorso da 18 buche, che dovrebbe portare la prestigiosa firma di Gary Player

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Roberto Pappalardo (Is Molas)

vacanze erano in progetto a Santa Margherita di Pula. Nel tempo, tutti questi complessi, tranne il porto, sono stati realizzati anche se poco hanno mantenuto delle caratteristiche messe allora sulla carta. Quando venne aperto il golf club? Il circolo fu inaugurato nel 1976 col Gran Premio Is Molas, ospiti Sam Snead e Tony Jacklin, due dei campioni più famosi di quei tempi. La gara avvenne in primavera, pochi mesi prima dell’Open, e furono invitati dieci grandi americani, dieci europei e dieci italiani. Il palmarès del quale ci vantiamo comprende quattro Open d’Italia: nel 1976 (vinse Dassù) c’erano anche Sam Torrance, J. Maria Canizares e un allora sconosciuto Bernhard Langer. Poi ci furono gli Open del 1982 (James), del 2000 (Poulter) e del 2001 (Havret). Il Volvo Master 1988, inserito nell’European Tour di quell’anno, fu vinto dal figiano Vijay Singh, che per trentadue settimane nel 2004 e 2005 sarebbe stato numero uno nella classifica mondiale. Qui si sono giocati anche due Campionati Nazionali Omnium vinti nel 1984 da Rocca e nel 1986 da Mannelli. Poi tre Campionati Internazionali d’Italia maschili nel 2014 e nel 2015. Quest’anno ospiteremo il terzo consecutivo. A Is Molas sono arrivate anche le proettes di due campionati europei lady a squadre, nel 1978 e nel 2011. Abbiamo ospitato inoltre Campionati italiani della PGAI, Campionati Maestri, tappe del Challenge tour e Alps tour oltre a Campionati Nazionali Medal, match play e a squadre, etc. A Is Molas è facile trovare bel tempo e ottima ospitalità anche negli scorci di fine stagione. Siete anche una meta turistica e vi fanno visita golfisti di ogni Paese. Ci parli di bilancio e gestione. Il campo è in prevalenza una meta a vocazione turistica, ma le carenze delle compagnie aeree e quelle della Regione Sardegna purtroppo non incoraggiano le nostre iniziative, così vie-

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ne penalizzato tutto il potenziale che il Nord Europa potrebbe esprimere nel periodo di media e bassa stagione. Ne deriva che il nostro bilancio purtroppo soffre, come quelli di tanti circoli d’Italia. I costi di manutenzione delle 27 buche sono notevoli, l’utenza locale è ristretta così come è limitata l’affluenza dei golfisti del Nord Europa che pur desiderando venire (la richiesta c’è) scelgono mete più attrezzate ma soprattutto raggiungibili con voli più agevoli e a buon mercato. Quanti sono i vostri soci? Circa 350. A bilancio c’è un milione da soci ordinari e green fee, a cui si aggiungono gli incassi dei servizi e della ristorazione. Il personale del solo golf varia fra i 24 dipendenti invernali e i 32 estivi, mentre ammonta a un totale di 30 invernali e 45 estivi con i servizi di food & beverage. I costi di gestione del golf superano il milione, un milione e mezzo con gli ammortamenti. Grande Circolo classico attento anche all’innovazione... Negli ultimi anni, pressati dalla crisi, abbiamo adeguato le quote a ciò che accadeva intorno. Abbiamo fatto promozioni per attrarre nuovi soci e implementare le politiche rivolte ai giovani stimolando lo sviluppo del golf sul territorio. Anche se i 30 minuti di auto che ci separano dalla città sono vissuti dai cagliaritani come un viaggio impegnativo e non come un piacevole trasferimento verso la riviera che si estende a ovest. Ci parli della vostra collocazione geografica. Caratteri del golf in Sardegna. Il golf in Sardegna al momento è in sofferenza: notizie poco rassicuranti sul futuro di alcuni circoli e le difficoltà frapposte alla creazione di nuovi non mettono in moto le sinergie necessarie a far diventare l’isola una vera destinazione golfistica. Abbiamo quattro campi a 18 buche (Is Molas ne ha 27) di cui tre (Pevero,

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Roberto Pappalardo (Is Molas) Is Arenas e il nostro) di alto carattere tecnico e paesaggistico. Il Tanka, pur non essendo allo stesso livello, copre però una zona turistica molto frequentata. Rimangono ancora scoperte zone come quella di Alghero, che vanterebbe un bacino locale interessante e soprattutto una tradizione di turismo anglosassone. Gli inglesi che lì hanno casa, e sono tanti, gradirebbero un loro percorso. Is Molas ha il vantaggio della vicinanza con la più grande città e il più trafficato aeroporto della Sardegna. Fra l’altro, Cagliari è un capoluogo vivo, con movida e animazione che durano tutto l’anno. È una bella città, interessante per turisti di tutte le età, con offerta culturale ampia e attiva.

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loso nell’allenarsi, sembrava fosse sempre sul punto di partecipare a un grande major. Campione di modestia, simpatia e riservatezza è invece Alberto Grilletti, prezioso componente del Consiglio e manager dell’impresa di famiglia che dirige con successo internazionale: il suo marchio Castangia veste anche la squadra americana della President Cup. “Ciccio”, così lo chiamiamo, portò a casa prestigiose coppe internazionali giovanili. Qualificatosi per il Trofeo Topolino, campionato mondiale under 14, arrivò in semifinale.

Spenda due parole sulla politica e sul futuro della Fig Per quanto riguarda il golf nazionale, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Abbiamo campioni confermati e un buon vivaio che fa ben sperare per il futuro. La Ryder Cup a Roma nel 2022 è il risultato dell’impegno del presidente Chimenti. La competizione sarà la motrice che trainerà il vagone del golf italiano verso il golf internazionale che conta. Non parlo soltanto di golf giocato ma anche degli investimenti collaterali e delle risorse turistiche che attiverebbe in un Paese come il nostro.

Progetti e sviluppo. Che cosa c’è all’orizzonte di Is Molas? Nonostante le difficoltà siamo ottimisti. Dopo dieci anni di difficoltà burocratiche è iniziato il cammino che metterà il resort fra le realtà turistiche sportive più belle del Mediterraneo. Oltre alle strutture ricettive d’eccellenza, firmate dall’archistar Massimiliano Fuksas, realizzeremo, aggiungendolo alle attuali 27, un percorso di 18 buche firmato da Gary Player. Su tali presupposti eravamo anche in lizza per la Solheim Cup 2015, la Ryder femminile, proposta vanificata poi dalla lunga battaglia burocratica. Contiamo di ospitarla in un prossimo futuro.

Avete ospitato quattro Open, qui hanno giocato personaggi noti, italiani e stranieri di passaggio. Rievochi qualche figura di player o di soci di alto spessore umano e sportivo. Is Molas è stato un trampolino di lancio per tanti campioni come Singh, nel 1988. Ricordo diversi soci storici (molti amici) e alcuni che, purtroppo, ci hanno lasciato. Tutti straordinariamente innamorati di Is Molas e di questo sport. Indimenticabile (non riesco a cancellarne il numero di telefono dal cellulare) è Andrea Arrica, il più capace manager sportivo che la Sardegna abbia mai avuto. I suoi preziosi consigli alla lunga si rivelano ancora oggi vincenti. Oltre ad aver guidato nel ‘70 il Cagliari Calcio allo storico scudetto, durante la sua presidenza del circolo concorse alla presidenza della Fig e fu sul punto di assumerla. Altra figura mitica del circolo è Gigi Riva: metico-

Chi gestirà gli interventi in programma? L’investimento lo dobbiamo alla società proprietaria dell’Is Molas s.p.a., l’Immsi s.p.a., che fa capo alla famiglia Colaninno. Proprietaria con quote di maggioranza (ne detiene anche la governance) del Gruppo Piaggio (Piaggio, Moto Guzzi, Aprilia, Gilera, Derby), della Rodriguez Yacht e con un’importante quota in Alitalia di cui lo stesso Roberto Colaninno è stato presidente. Presidente onorario del circolo, Roberto Colaninno è innamorato del territorio e dell’atmosfera che si respira a Is Molas. Questa sua passione e la convinzione della riuscita finale del progetto lo tengono legato a una terra che certo non aiuta chi cerca di investire nella naturale vocazione della Sardegna: il turismo. Parlo del turismo di buon livello, naturalmente, quello che l’ha resa famosa nel mondo.

A sinistra, la torre spagnola di Nora sullo sfondo del percorso di Is Molas. Qui sopra una camera del resort

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Donato Di Ponziano

Soluzione alla francese per crescere... Oltre 20 anni fa, i cugini d’Oltralpe lanciarono lo strumento della “Carte Verte”. Poi arrivarono l’handicap 54, la Ryder Cup e 100 campi pubblici

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o spunto per queste due righe arriva da un invito che Antonio Bozzi, vicepresidente federale, in occasione dell’ultimo Golf Show di Parma del mese scorso, ha lanciato alla platea dei partecipanti: “La Ryder Cup a Roma nel 2022, è un’occasione straordinaria che può essere sfruttata al meglio solo se ci sarà l’impegno di tutti gli addetti ai lavori”. Quale più semplice affermazione, ma nulla di più vero per il futuro del nostro movimento golfistico!!! Si tratta di organizzarsi ed utilizzare questa eccezionale opportunità per crescere . Tutte le volte che penso al significato di organizzarsi, mi viene in mente la storia di Noè. Sotto il peso de suoi 600 anni, curvo verso un terreno ormai troppo in basso, Noè stava zappettando l’orto di cavolfiori che di lì a poco avrebbe dovuto anche bagnare quando, all’improvviso, anticipata da un tuono fragoroso, apparve con tutta la sua imponenza la figura di Dio. Soltanto l’ombra della sua barba copriva mezza superficie del Monte Ararat. Avvolto da una luce accecante, l’Immenso si rivolse verso il povero vecchio e gli disse: “Caro figlio mio, voglio avvertirti che ho bisogno di ripristinare sulla terra ordine, giustizia e onestà. Sono venuto a dirti che hai 60 giornate di tempo per organizzarti per riuscire a salvare la tua famiglia e quanto più ti sta a cuore della natura. Ho deciso infatti che un diluvio universale spazzerà via il genere umano e le specie viventi”.

Donato Di Ponziano con Christophe Muniesa, Direttore Tecnico della Federgolf francese

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In segno di rispetto, senza raddrizzare la schiena, Noè unì le due mani in preghiera e, alzando soltanto le palpebre verso l’alto, accompagnò con lo sguardo l’immagine dell’Altissimo che insieme al fascio di luce sparì in un attimo, risucchiato dentro l’immensità del cielo azzurro da dove era apparso. Non c’era tempo da perdere, doveva riordinare le idee e prepararsi per quell’evento catastrofico. Lui stesso, pensò, avrebbe voluto vivere almeno altri tre secoli come aveva fatto suo nonno Matusalemme. Corse verso la sua capanna chiamando a gran voce i suoi tre figli Sem, Jafet e Cam. “Presto arriverà il diluvio universale gridò, iniziate a tagliare legna perché bisogna costruire un’arca di almeno 300 cubiti, in grado di ospitare la nostra famiglia insieme a un maschio ed una femmina di ogni specie animale, poi piante e alberi di ogni tipo”. L’imbarcazione fu pronta e riempita degli “eletti” il 59° giorno, appena in tempo per l’inizio delle piogge. Appoggiata a secco, l’arca aspettava solo di essere sollevata dall’incombere delle acque. Piovve per 40 giorni e 40 notti; annegarono tutti meno gli ospiti dell’Arca. Quella di Noè e della sua Arca è la più famosa storia biblica del salvataggio dell’umanità, ma si può anche facilmente interpretare come la più azzeccata metafora della capacità dell’uomo di organizzarsi in previsione di un evento o di una necessità. Ammetto di averla presa alla lontana ma una digressione faceta rende più leggero il ragionamento. Il compito primario e istituzionale di aumentare il numero dei praticanti, insieme alla crisi economica che incombeva e che avrebbe sicuramente rappresentato un deterrente all’espansione del gioco, imponevano la necessità di organizzarsi introducendo un sistema nuovo e più efficace in termini di forza promozionale,¸una soluzione organizzativa per raggiugere un obbiettivo scelto, quello della divulgazione del gioco e superare un evento inaspettato, quello della crisi economica. Questo è stato il ragionamento che ha ispirato la Federazione Golf francese, oggi forte di oltre 400.000 praticanti in aumento e anch’essa titolare di una Ryder Cup che si giocherà a Parigi nel 2018, ad introdurre oltre 20 anni fa, lo strumento della “Carte Verte”. 8. 2-1-1 CONSTAT ACTUEL La pratique du golf et son approche ont évolué au cours de ces quinze dernières années. Le nouveau golfeur aspire à faire du golf comme on fait du ski ou du tennis. Encore débutant, il souhaite néanmoins pouvoir jouer sur

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27 parcours rapidement, et accepte difficilement une période initiatique trop longue. L’accès rapide à une pratique encadrée sur parcours peut être une source de plaisir, de fidélisation et de progrès; car c’est en jouant sur parcours qu’on apprend à jouer... sur parcours!! Quale migliore interpretazione di come dovrebbe essere oggi concepito l’avviamento al golf: più facile, più accessibile, con più possibilità di conquistare il neofita! C’est pourquoi la FFG, consciente de ces aspirations nouvelles et, prenant exemple sur certains clubs, a mis en place, il y a plus de 18 ans la CARTE VERTE. Enfin, la mise en service de l’index 53,4 en permettant à des joueurs encore dans la phase initiatique d’accéder très rapidement à un classement (fondé sur le score et non pas sur le comportement) draine sur les parcours une nouvelle catégorie de joueurs : les “débutants classés”. Objectif : Faire prendre conscience au joueur débutant que, pour apprendre à jouer sur parcours, il faut jouer surparcours, souvent, longtemps, de façon variée; guidé par un ami, avec des joueurs de son niveau ou d’un niveau différent

Ecco in sintesi la soluzione francese: un sistema più semplice che ha permesso ai principianti di andare presto in campo con in tasca un handicap 54, dopo aver passato un semplice esame che concerne soprattutto l’etichetta e le regole più importanti del gioco, e dopo aver superato una prova pratica da svolgere col proprio maestro nella quale si deve dimostrare una sufficiente capacità di gioco. Semplicemente questo e nulla di più, ma quanto contenuto promozionale dietro questa scelta! Al più facile accesso sotto l’aspetto sportivo, si è aggiunta la straordinaria decisione, direi ovvia e consequenziale, di aprire un centinaio di campi pubblici/promozionali. Et voilà, il treno della crescita del golf d’oltralpe è partito e nessuno più lo fermerà. C’è anche da dire che nulla è facile per il golf nei paesi non anglosassoni, per quelli lontani dalla tradizione del golf, ma seguendo la logica dell’organizzazione e del buon senso, pare proprio che l’obbiettivo dell’aumento dei numeri possa essere raggiunto. Anche in Italia finalmente oggi si è adottata la scelta di permettere ai principianti di iniziare il loro percorso golfistico con un handicap di 54 ed anche noi avremo la nostra edizione della Ryder Cup. In fondo mancano solo da realizzare i 100 campi pubblici... www.donatodiponziano.net

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NATI PER IL GOLF

Dai links originari ai desert course, uno dei migliori architetti italiani ci racconta storia, evoluzione e caratteristiche dei terreni che meglio si adattano alla realizzazione di un campo. Anche se oggi, con i moderni sistemi di costruzione e manutenzione, si può giocare quasi dovunque

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di Franco Piras

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i si domanda spesso quale sia il terreno ideale per la realizzazione di un campo da golf. difficile dare una risposta, dipende infatti a chi si pone la domanda, perché spesso ognuno ha nel proprio immaginario una visione del campo legata al posto in cui vive, agli aspetti ambientali e socio culturali che rappresentano il patrimonio delle proprie conoscenze. Come tutti sappiamo il gioco è nato lungo le coste scozzesi con i primi links course, e non poteva essere diversamente. Terreni pianeggianti e sabbiosi che malgrado la vicinanza al circolo polare godono di condizioni climatiche mitigate dalle correnti e dall’influenza del mare, temperature estive moderate, abbondanza di piogge e l’impossibilità di utilizzare quei terreni per le culture agricole i sono stati fattori determinati. È evidente che uno scozzese ha quell’immagine del campo da golf, dei luoghi e del contesto ambientale nel quale è cresciuto. Fino all’inizio del secolo scorso non esistevano i macchinari di oggi capaci di spostare in poco tempo milioni di metri cubi di terra per trasformare un territorio e l’abbondanza di terreni disponibili faceva sì che l’architetto potesse scegliere quello più idoneo dove “intagliare” il campo interpretando il sito praticamente senza realizzare movimenti terra. I primi architetti scozzesi quali Tom Morris,Willie Park e Seth Reynor hanno creato capolavori lungo le coste che a secoli di distanza sono sia i punti di riferimento e ispirazione per gli architetti di tutto il mondo che esperienze di gioco uniche e indimenticabili per i golfisti. I percorsi di St Andrews, di North Berwick e Royal Dornoch, solo per citarne alcuni, sono dei must imperdibili. In America i primi campi risalgono all’inizio del Novecento. Sono stati progettati sia da architetti britannici giunti a colonizzare il nuovo mondo, che da americani recatisi a studiare e a prendere ispirazione dai percorsi storici in Inghilterra e Scozia. Il National Links of America realizzato nel 1908 dall’americano Charles Blair Macdonald a Southampton (a nord di Long Island, nello stato di New York), da sempre uno dei circoli privati più esclusivi e da sempre nella top ten dei campi più belli al mondo, è l’esempio più convincente del fatto che fino a quel periodo i terreni per il golf dovessero rispondere ai canoni anglosassoni. Macdonald si ispirò alle buche storiche dei campi scozzesi riproponendole con la propria interpretazione. Tra le più famose rappresentate nel campo troviamo la Road Hole e la Eden di St Andrews, la Alps di Prestwick, la Redan di North Berwick e la Sahara di Sandwich. In Italia, essendo rare le condizioni ideali, non è ancora stato realizzato un vero proprio link Links Course, anche se così è denominato uno dei due percorsi del Donnafugata Resort in Sicilia. Anche se la vista d’insieme è rappresentativa del paesaggio tipico dei Links, privo di vegetazione arborea e con aree limitrofe ai fairway caratterizzate da erba alta e rinaturalizzazione arbustiva, di fatto, è un percorso che non ha le caratteristiche di gioco dei percorsi scozzesi storici.

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30 La caratteristica tecnica dei links è il tracciato giocato in un solo loop “out and in”, piccoli bunker rotondi disseminati lungo i fairway, una filosofia architettonica spesso penalizzante, green enormi, durissimi, ondulati e poco protetti frontalmente. Il gioco nel corso dei secoli è cresciuto e si è diffuso nel mondo, l’aumento dei praticanti e la necessità crescente di campi da golf ha fatto sì che ci si allontanasse dal modello precursore del gioco codificato nei links, e si sono sviluppati gli Inland o Parkland Course nelle campagne intorno alle grandi città, dove le condizioni ambientali erano caratterizzate da territori diversi, sottratti all’utilizzo agricolo e aree moderatamente boschive. Se originariamente il concetto consisteva nel trovare il posto idoneo per costruire un campo da golf, il tema si è modificato nel primo dopoguerra sulla base della caratteristiche del terreno disponibile. Grazie all’avvento dei macchinari gli architetti hanno avuto maggiore possibilità di esprimere la propria creatività e plasmare il territorio anziché adattarvisi. I primi Parkland Course, sia per gli aspetti estetici che tecnici, hanno proposto un mix diverso di condizioni e situazioni di gioco che si sono modificate rispetto al modello classico dei Links e che hanno influenzato la maggior parte dei percorsi realizzati in seguito. Con i Parkland Course la filosofia architettonica è diventata eroico strategica, i green si sono ridotti di dimensione, sono stati spesso sopraelevati e maggiormente protetti dai bunker, la varietà di ostacoli è stata ampliata ed è stato introdotto un modo diverso di giocare a golf, molto più vicino a quello a cui siamo abituati. Le traiettorie basse per contrastare l’azione del vento e il calcolo del rotolamento e degli effetti necessari da imprimere alla palla per raggiungere il green atterrando deci-

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ne di metri prima, tipiche dei link nei parkland, sono state sostituite da quelle alte e morbide necessarie per raggiungere un green difeso frontalmente o sorvolare un ostacolo d’acqua o degli alberi. Dalla matita di Allisiter Mckenzie e Donald Ross sono nati percorsi quali Augusta, Pinehurst e Cypress Point che hanno posto i nuovi criteri della architettura moderna. Boschi, aree aperte, ruscelli, laghetti conferiscono interesse e varietà alle buche ed alle problematiche di gioco. Anche in Italia abbiamo esempi storici e di gran pregio quali quelli realizzati all’interno dei parchi Reali, quello de La Mandria alle porte di Torino e quello di Monza. Al giorno d’oggi non esistono più limiti tecnici alla realizzazione dei percorsi che si sono diffusi in ogni angolo del mondo nelle condizioni più disparate dovunque ci fosse l’unica condizione essenziale, ovvero il ritorno economico dell’investimento. Ogni terreno fa quindi storia a sé e per ogni tipo di terreno si sono sviluppati delle tipologie diverse di campo, quale evoluzione dei concetti architettonici fissati nel periodo della “Golden Age”. In Florida, pochi metri al di sopra del livello del mare, caratterizzata da lowland, paludi come le Everglades e innumerevoli laghetti, nel dopoguerra si è cominciato a sviluppare il turismo lungo le coste, rendendo necessario la realizzazione dei campi da golf. Questi terreni così diversi da quelli scozzesi hanno comportato un’interpretazione completamente diversa, la cui caratteristica è diventata l’abbondanza di ostacoli d’acqua e prati ben curati senza aree incolte come in Scozia, per minimizzare la proliferazione di zanzare e mosquitos. La tecnica utilizzata in Florida era ed è quella di bonificare le zone paludose definendo i laghi e utilizzando il materiale di riporto per rialzare e risanare le

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In apertura, bel tramonto sulla buca 1 di Royal Dornoch, spettacolare links scozzese ai vertici assoluti mondiali, di cui vediamo in basso una splendida veduta panoramica. Sopra, macchine al lavoro sull’Augusta National aree di gioco. Sono nati percorsi bellissimi inseriti in lussuosi resort come il Doral Country Club di Miami dove storicamente si cimentano i migliori campioni del Tour americano. In Nevada, ma anche in Arizona e nel deserto della California, sono nate realtà completamente diverse, i Desert Course, modelli importati al giorno d’oggi nel recente sviluppo degli Emirati Arabi. Anche in queste condizioni ambientali sono le caratteristiche del territorio che hanno guidato la tipologia dei percorsi. L’impatto visivo dei campi, il modo di affrontarli e gli ostacoli sono diversi, né l’acqua della Florida, né il parco botanico di Augusta o il rough incolto dei links scozzesi, ma fairway che si snodano come lingue di erba lambite dal deserto. Così come lo sviluppo di aree turistiche e la necessità di nuovi campi per far trascorrere il tempo ai villeggianti ha caratterizzato i nuovi modelli di sviluppo in Florida, in Nevada e negli Emirati, anche nelle località montane la necessità di utilizzare la stagione estiva ha visto la nascita dei Mountain Courses con caratteristiche completamente diverse dai precedenti. La caratterizzazione dei territori montani è data dai boschi, dai fondi valle dove il dilavamento ha fatto sedimentare la terra di coltivo rendendoli idonei per il tappeto erboso e dai continui cambi di pendenza. I percorsi, realizzati attraverso il disboscamento i fairway, sono tipicamente stretti, le buche re-

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Scegliere la zona ideale

In questa pagina la buca 13 dell’Augusta National (in basso) e la buca 9 del Golf Club Milano, che quest’anno potrebbe diventare l’ultima (18) se verrà invertito il “giro” in occasione dell’Open d’Italia lativamente corte e gli ostacoli che li caratterizzano sono principalmente i boschi che avvolgono il campo. Al di là degli esempi citati rappresentativi di come siano i diversi tipi di territorio a condizionare le caratteristiche tecniche ed estetiche di ogni percorso, le problematiche realizzative sono andate di pari passo. Ogni territorio comporta lo stesso approccio metodologico di acquisizione e analisi delle caratteristiche morfologiche, geologiche e idrologiche, pedologiche, climatiche e agronomiche del sito ma soluzioni diametralmente opposte nell’affrontare e risolvere le diverse criticità conseguenti. Il tutto come è giusto che sia non appare ai fruitori del percor-

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si che si limitano a contemplarne l’aspetto estetico, tecnico e l’inserimento ambientale, senza sapere o preoccuparsi di cosa ci sia dietro un’imponente opera ingegneristica e architettonica. La diversità dei percorsi in funzione del territorio è un bene, fa sì che ogni giocatore si senta più a suo agio in un tipo di percorso piuttosto che in un altro, che sia sempre una nuova emozione nel contemplare un nuovo paesaggio, che ci sia sempre la curiosità verso il nuovo e il diverso. Il fascino della scoperta stimola i giocatori, fa parte della bellezza del gioco e rende il golf unico e per la vita.

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PROMOZIONE

Idee contro la crisi

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La migliore speranza per il futuro? Costa 99 euro Sta partendo un’importante campagna su tutto il territorio nazionale, per invertire la tendenza e far crescere i golfisti in Italia. Ecco come

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di Isabella Calogero

ostenuto da una massiccia campagna mediatica, sta per partire sul territorio nazionale un innovativo progetto di promozione, che ha già dato ottimi risultati in Emilia Romagna. Si sa: la lunga crisi economica ha colpito duro anche nel nostro settore, in un’attività - quella golfistica - praticata per lo più da soggetti a fascia di reddito elevata, ma, evidentemente, non per questo immuni dagli effetti della lunga recessione. Il numero dei tesserati nel 2015 è infatti

Qui sopra Stefano Frigeri e, a destra, Stefano Mazzi con Matteo Manassero

calato sino ad attestarsi a 90.027, l’1,8% in meno rispetto all’anno precedente. Tradotto: una diminuzione che vale 1.686 tessere, in pratica quasi cinque disdette al giorno. Di fronte a questi dati in rosso, appare chiaro e lampante che oggi aumentare il totale dei praticanti del golf in Italia rappresenti la priorità numero uno di tutti gli operatori del settore. Parte dunque da questa considerazione il cosiddetto “Progetto 99 euro”, la cui genesi sta tutta nell’innovativa esperienza attuata tempo fa e con successo dalla dirigenza del Golf Le Fonti in Emilia Romagna. L’idea, fortemente voluta in primis dal presidente del Comitato Regionale Veneto, Stefano Mazzi, seguito a ruota dai consiglieri federali Antonio Bozzi e Celso Lombardini, ha trovato il pieno sostegno anche da parte della Pgai e sarà a breve estesa in tutta Italia. Di cosa si tratta è presto detto: “Di un tentativo - spiega Mazzi - di fidelizzare i neofiti al golf, al circolo e la maestro. Il tutto a basso costo: appunto a soli 99 euro. Con questa cifra si dà a chi ha desiderio di provare a giocare, di frequentare per due/tre mesi il circolo che ha scelto, di approfittare di corsi collettivi tenuti da un maestro Pgai sufficienti a imparare a far volare la palla e dunque a divertirsi. Nel frattempo il neofita in questione può provare a superare l’esame delle regole e dunque a ottenere l’handicap 54, per il quale ormai non serve più la prova in campo. Da parte sua, il club ospitante può pensare di organizzare gare a 9 buche nei giorni feriali destinate proprio a questa categoria di giocatori”. Al termine del periodo di prova, starà al circolo decidere che tipo di offerta eventualmente proporre al neo golfista: se suggerirgli una quota del sodalizio, o magari un

trattamento di favore o, ancora, se dirottarlo verso il semplice tesseramento libero federale. “Rispetto a quest’ultima possibilità che già abbiamo avuto modo di conoscere nel corso degli anni - conferma Stefano Frigeri, presidente del Comitato dell’Emilia Romagna - il Progetto 99 euro ha dalla sua sia la somatizzazione della crisi da parte dei circoli, sia per la prima volta l’appoggio incondizionato dei professionisti della Pgai. Siamo dunque fiduciosi e non solo per gli ottimi risultati ottenuti da Le Fonti, dove tutti quelli che hanno frequentato i corsi promozionali si sono poi fatti soci al club, ma anche per la massiccia campagna di comunicazione in tema che sta per partire in televisione”. Si parla infatti di ben 1.300 spot pubblicitari pronti a far decollare sui canali Sky il progetto promozionale del golf a 99 euro, i quali, unitamente alla campagna di comunicazione lanciata direttamente dal presidente federale sulle pagine dei maggiori quotidiani sportivi, lasciano in effetti ben sperare per il futuro.

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GOLF CLUB

CERTIFICAZIONE G.E.O.

ACAYA AMBROSIANO ARGENTARIO ARONA ASIAGO

Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Acqua e Biodiversità 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Certificazione Nazionale 2001 Attestato di Merito 2004 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento cat. Biodiversità 2010 Certificazione Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attestato di Merito 2007

BAGNAIA BARLASSINA BIELLA CAMPO CARLO MAGNO CANSIGLIO CARIMATE CASENTINO CASTELCONTURBIA CASTELLARO CERVIA CESENATICO CILIEGI COLLI BERICI COLLINE DEL GAVI CONERO CUS FERRARA DES ILES BORROMEES FILANDA FIORDALISI FLORINAS FRANCIACORTA FRASSANELLE FRONDE

GEO CERTIFIED 2014

GOLF NAZIONALE HERMITAGE IS ARENAS

GEO CERTIFIED 2014

LES ILES MARGARA MENAGGIO & CADENABBIA MIGLIANICO MILANO MIRABELLA MONTECCHIA GEO CERTIFIED 2013 NAZIONALE OLGIATA PADOVA PARCO DI FIRENZE PARCO DI ROMA PARMA PINETINA PONTE DI LEGNO PUNTA ALA QUARRATA RAPALLO ROVEDINE ROYAL PARK I ROVERI SAN MICHELE SANT’ANNA SATURNIA SERRA TORINO

GEO CERTIFIED 2010 & 2013

GEO CERTIFIED 2014

UDINE

GEO CERTIFIED 2011 & 2015

VARESE

GEO CERTIFIED 2015

VERDURA VERONA VILLA D’ESTE

GEO CERTIFIED 2015

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IMPEGNATI NEL VERDE

Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Attestato di Merito 2004 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Attestato di Merito 2004 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2013 e Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2013 Attestato di Merito 2007 Attestato di Merito 2004 Certificato Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Attestato di Merito 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Acqua 2010 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Riconoscimento Cat. Acqua 2014 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2011-2015 Certificato Nazionale 2004 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2010 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2015 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Certificato Nazionale 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2004 e 2007 Certificazione Nazionale 2008 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Certificato Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2010

MARCHI

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CTG 2003 -Emas - Certiquality BIOAGRICERT ISO 14001

BIOAGRICERT CSQA

RINA

CTG 2003

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Qui sopra, il green della buca 2 di Villa d’Este, bel par 4 in salita che sullo sfondo inquadra una fra le piÚ celebri montagne delle Prealpi lombarde, la rocciosa Grigna. A destra, foto di gruppo dello staff del Circolo, guidato in ufficio dal direttore Andrea Contigiani e in campo dal superintendent Giuseppe Picariello

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CERTIFICAZIONE GEO

Villa d’Este

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CERTIFICAZIONE GEO CON PIENO MERITO Il celebre e storico circolo lariano si è aggiunto al novero dei club italiani che hanno ottenuto l’importantissimo riconoscimento internazionale, vero e proprio passaporto di ecocompatibilità per una struttura golfistica

di Stefano Boni

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ovant’anni di storia: sono quelli che si appresta a festeggiare il Circolo Golf Villa d’Este, vero e proprio pilastro del golf italiano a cui la Federazione ha assegnato, per celebrare l’occasione, i Campionati Italiani Matchplay Maschili e Femminili 2016, in programma dal 28 aprile al 2 maggio. Novant’anni da protagonista, con i suoi 12 Open d’Italia e le innumerevoli edizioni degli Internazionali d’Italia che hanno tenuto a battesimo dominatori della scena golfistica

mondiale. In tutto questo tempo il circolo ha saputo mantenersi come depositario della tradizione del golf, ma non ha esitato a mettersi in gioco e a rinnovarsi, anche in campo ambientale. Gli interventi hanno spaziato dalla sperimentazione di diverse varietà di loietto, che ha permesso di individuarne una particolarmente resistente alla siccità e alle malattie, all’adozione del protocollo Biogolf su un’intera buca (la 4) e fino alla ricerca di una fonte di approvvigionamento idrico più sostenibile, con l’allacciamento all’acquedotto industriale di Como. Proprio quest’ultimo intervento è stato premiato dalla FIG nel 2011 con il Riconoscimento ‘Impegnati nel Verde’ in Catego-

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CERTIFICAZIONE GEO Villa d’Este

L’inconfondibile buca 18 di Villa d’Este, dominata dalla magnifica club house. La certificazione GEO del club lariano è stata preceduta nel 2011 dall’assegnazione del riconoscimento “Impegnati nel verde”, categoria Acqua ria ‘Acqua’, ma non è stato l’unico riguardante gli aspetti idrici: l’ammodernamento dell’impianto irriguo, la riduzione delle aree irrigate e l’intensificazione delle pratiche agronomiche per favorire l’infiltrazione hanno permesso di ridurre anno dopo anno i consumi, che sono adesso tra i più bassi in Italia per un campo a 18 buche. Oltre ai consumi idrici, nell’ultimo quadriennio sono stati ridotti anche quelli di fungicidi su green, fairway e tee grazie ad una gestione integrata. Prendiamo ad esempio il 2014, anno in cui sono state ottenute significative riduzioni per gli apporti di azoto inorganico su tee (-92% ) e green (-94 % ), mentre risulta in crescita continua la percentuale di azoto di matrice orga-

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nica, con l’obiettivo di eliminare del tutto il ricorso a fertilizzanti di sintesi. Altrettanto tangibile è anche l’impegno nella gestione delle oltre quattromila piante che fanno da cornice alle splendide 18 buche disegnate da Peter Gannon, con un piano specifico che è stato messo a punto in collaborazione con la Riserva Naturale del Lago di Montorfano. Non poteva mancare dunque nell’Albo d’Oro di questo circolo, primo in Italia a dotarsi di una Dichiarazione di Politica Ambientale decennale, il raggiungimento della Certificazione Ambientale GEO: un ulteriore prestigioso traguardo e anche un bel modo di iniziare i prossimi novant’anni.

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CONVERSIONI

Castello Tolcinasco

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Bermuda atto terzo

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siamo giunti al terzo e conclusivo atto dell’intervento sul tappeto erboso a Castello Tolcinasco. Il celebre circolo milanese, che può contare su tre percorsi da nove buche più un altro executive, nel 2014 aveva sostituito con Bermuda i fairway del Giallo, che rappresentano le prime nove buche del tracciato da campionato che ha ospitato cinque edizioni dell’Open d’Italia, dal 2004 al 2008. Dopo l’intervento riuscito alla perfezione,

il Circolo ha deciso di intervenire anche sulle seconde nove, che fanno riferimento al percorso battezzato Blu. Anche questa seconda tranche di revisione del tappeto erboso, messa in pratica durante l’estate dello scorso anno, ha dato i risultati sperati. In tempi molto contenuti il percorso Blu ha messo a disposizione dei giocatori fairway di altissimo livello, che si sono comportati bene anche durante la stagione invernale trascorsa.

Adesso tocca infine al tracciato Rosso, terzo campo di Tolcinasco che però non ha davvero niente da invidiare ai suoi due compagni. A metà giugno dovrebbe partire il primo diserbo totale di tee e fairway, seguito dalle altre successive operazioni, già ben note allo staff milanese guidato da Walter Silvano e Nicola Veclani. Anche nel caso del percorso Rosso, consulente per l’intervento sarà l’esperto agronomo torinese Massimo Mocioni.

Nelle foto, Castello Tolcinasco durante la conversione a Bermuda dei suoi primi due percorsi

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SERIOUS GOLFERS

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Filippo Motta

Nel mondo 3.0 Senz’altro utili gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione per migliorare il nostro gioco. A patto di non diventarne schiavi....

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l golfista 3.0 mi terrorizza. E non è una paura da poco; è orrore alla sua massima espressione. Abitualmente, Golfer3.0 arriva al suo Club non troppo tardi: la preparazione della sua giornata è lunga e laboriosa. Vi giunge alla guida di una roboante vettura in cui i gadget elettronici la fanno da padrone. L’ultimo modello di iPhone è connesso tramite particolari accorgimenti al cockpit della macchina ed è ovviamente al 100% di carica in quanto parte fondamentale delle 18 buche che dovrà percorrere. All’apertura del baule escono, nell’ordine, una sacca di materiale fotosensibile in grado di mantenere le bevande fresche d’estate e il tea caldo d’inverno; un carrello elettrico che da piegato non è più grande di un trolley da viaggio ma che, aperto, sembra l’astronave Enterprise e, last but not least, bastoni in Carbon/Titanio con shaft a peso variabile (non credo esistano ancora, ma non dispero) adattabili allo smash factor della giornata. Ovviamente, per valutare questo valore bisognerà recarsi in campo pratica dove si estrarrà, da una tasca rinforzata della supersacca, uno Swing Analyzer portatile stile Trackman (Golfer3.0 è attentissimo a queste cose). Prima della sessione di pratica, però, ha fatto altro: cambio d’abito in spogliatoio dove ha indossato una maglia super aderente con la duplice funzione di ridurre – con mirate compressioni – il proprio giro vita e di sfruttare a pieno le nanotecnologie a livello termico. Il 3.0 non suda al caldo e non soffre il freddo. Il pantalone è, ovviamente, tecnicamente colmo di tutto ciò che @AstroSamantha ha portato nello spazio, così come le calzature

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ed i pedalini! Accennato dell’arrivo in campo pratica con il proprio dispositivo che già inizia a misurare pressione barometrica, temperatura dell’aria e umidità relativa, il passo successivo è un guanto con vari sensori per la valutazione dello swing. Mezz’oretta di studio di dati, e pochi colpi giocati, ed è quasi pronto per il campo e le sue 18 buche. Quasi, però: manca il settaggio del componente più fondamentale che sia mai stato creato, il misuratore di distanza da polso! È qui che casca l’asino: Golfer3.0 non era mai uscito dal suo home course e, di conseguenza, il dispositivo non era dettato per giocare sul campo di oggi. PANICO! Non sa come fare. Ed allora, a non più di 10 minuti dalla propria partenza, eccoci alla ricerca folle di un esperto che sappia come fare. Vista la diffusione di tali dispositivi, trova un Buon Samaritano... e parte! Prima di due commenti riguardo a Golfer3.0, devo una confessione: io sono la

versione 2.3; non sono quindi perfetto e uso qualcosa che mi faccia capire perché il mio drive raggiunge spesso i 250 metri e oltre ma tende ad essere anche storto per la medesima distanza. Non ho risolto il problema e, quindi, sono scarso in modo irrisolvibile o quegli affari che metto per terra in campo pratica non servono a molto. Ma il nostro 3.0 è qualcosa di incredibilmente affascinante. Gioca, di solito, un handicap medio-alto; non ha conoscenza reale delle distanze che fa con un ferro 7 o, ancor peggio, con un wedge; usa un driver con N possibili regolazioni ma non lo ha mai variato da quella d’acquisto. Pur tuttavia, a prescindere dal resto, osserva quel dispositivo da polso come se fosse l’unica sua salvezza. Cerco di

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essere comprensivo e, quindi, mi sforzo di giustificarlo. Ma la mia bontà si interrompe quando la distanza viene osservata sul tee di un par 4 o in un bunker a non più di 7/8 metri dall’asta. Adoro la tecnologia; ne sono davvero ap-

passionato. Ma spero di non raggiungere mai tali livelli di, non abbiatevene a male se vi ritrovate nella versione 3.0, rimbambimento golfistico. Anche perché, così facendo, le vostre gare dureranno ben più del dovuto; la

concentrazione sul vostro colpo sarà distratta dalla sola valutazione della distanza e non avrete la soddisfazione di giocare a Golf. Vi lascio con un ultimo quesito: a casa giocate a Golf sulla PlayStation?!?!

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GIOCARE CON LA SABBIA Come è nato e si è evoluto il più tipico nemico del golfista? Come si colloca all’interno di un percorso? Quali sono i principali accorgimenti in fase di progetto? Lo abbiamo chiesto a tre grandi esperti italiani...

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SPECIALE BUNKER

Ostacoli e strategie

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Nella foto Getty Images, Bubba Watson impegnato nel celebre bunker denominato “Church Pews” (panche da chiesa) collocato fra le buche 3 e 4 sul percorso dell’Oakmont Country Club, in Pennsylvania, che ha ospitato otto volte lo U.S. Open (la nona sarà in giugno, dal 16 al 19) e tre l’Open Championship

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44 di Roberto Roversi - con Marco Croze e Franco Piras

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edichiamo queste pagine a quello che è probabilmente il più caratteristico ostacolo dei percorsi di golf. Se mai ci avete fatto caso in decollo o in atterraggio, spesso un campo è facilmente riconoscibile anche dall’aereo proprio per quelle macchie chiare e tondeggianti che cospargono il terreno dove si trovano le nostre care buche da giocare. Per affrontare questo interessante argomento abbiamo interpellato tre esperti quali Alessandro De Luca (responsabile area Tappeti Erbosi della Federgolf), Marco Croze e Franco Piras, due noti e apprezzati architetti di golf italiani. Ecco i loro interventi. -------

IL PARERE DI MARCO CROZE - E pensare che erano nati con buone intenzioni: buche scavate dalle pecore nella soffice sabbia delle coste scozzesi per ripararsi dal vento gelido che dal mare spazzava i pascoli dove i pastori portavano i loro greggi e dove interrompevano la noia delle loro giornate praticando un gioco che poi sarebbe diventato quello del golf. Quelli che adesso chiamiamo bunker, con tutti i cattivi significati che i golfisti gli hanno affibbiato nel corso degli anni, all’inizio erano una sorta di rifugio, un luogo confortevole, quasi accogliente. Poi, con quei pascoli trasformati in campi da golf, le cose sono cambiate e quelle buche di sabbia hanno perso il loro ruolo originario diventando un posto da maledire, un pericolo da evitare. Giusto per dare il senso delle cose una delle prime definizioni che vennero affibbiate ai bunker fu quella di “sand trap”, trappola di sabbia. Altro che riparo dalle intemperie! Questo è quello che si racconta sulle origini dei bunker, finiti quasi per caso sui campi da golf. Oggi, però, le cose sono molto cambiate e quelle semplici “buche di sabbia” sono diventati elementi imprescindibili nella progettazione di un moderno percorso di golf. Se ne può abusare, come hanno fatto a Whistling Straits, il campo americano dove si è giocato l’ultimo PGA

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Championship, dove ne hanno costruiti più di mille, oppure addirittura farne a meno o metterne pochissimi, ma è fuori di dubbio che i bunkers abbiano assunto un ruolo primario nel caratterizzare il progetto di un campo da golf. “Prima di tutto - spiega l’architetto Marco Croze, uno dei designer più prolifici e apprezzati del golf italiano - bisogna avere ben chiaro che il numero, la forma, il disegno e la dislocazione dei bunkers, dipendono dalla progettazione del percorso. Se ad esempio stiamo parlando di un links course, non potrà che averne molti, non esageratamente grandi, anzi piuttosto piccoli, e ben profondi. Mi viene da dire quindi ‘ad ogni campo i suoi bunkers’.” In effetti la fantasia utilizzata nel design dei bunkers si è piuttosto sbizzarrita e oggi se ne vedono di ogni forma e dimensione. “La tendenza attuale nei nuovi campi – continua Marco Croze - è quella di realizzare bunkers dalla forma frastagliata, con sponde molto naturali (festuche lasciate allo stato selvaggio), a volte di grande superficie, che hanno nel complesso del disegno del campo anche un’importante rilevanza paesaggistica.” Non va dimenticato, però, che il bunker rimane sempre un ostacolo, cioè un elemento di difficoltà del percorso. È importante, quindi, stabilire in sede di progetto quanto la sua funzione dovrà essere punitiva e quanto pittorica. Questa differenziazione emerge soprattutto tra i campi con vocazione turistica e quelli più orientati all’attività agonistica. Insomma si decide a tavolino quanto un bunker possa essere amico o meno del golfista. Tra le caratteristiche di queste aree sabbiose c’è anche un risvolto, diciamo così, psicologico come spiega lo stesso Marco Croze. “Il progettista posiziona e costruisce un bunker, in particolare quelli lungo i fairway, anche per condizionare il driver del giocatore. Questo bunker, però, non dovrebbe essere troppo profondo in modo da garantire comunque la possibilità di eseguire un colpo lungo. Questo vale dappertutto tranne che in Scozia ovviamente, dove ogni regola perde ogni suo valore.” Diverso, invece, è il discorso che riguarda i bunker posizionati vicino ai green. Per Marco Croze la loro forma e il loro indice di difficoltà possono essere le più varie in considerazione della funzione che de-

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SPECIALE BUNKER

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IL PROBLEMA DELLA MANUTENZIONE Dopo la manutenzione dei green, quella che riguarda i bunker in un percorso di golf può rappresentare uno dei lavori più impegnativi. Può arrivare, infatti, a costituire il 10% e oltre del monte ore totale. Oltre alla rastrellatura della sabbia, che deve essere sufficientemente frequente (minimo 2/3 volte a settimana) per garantire la giocabilità, ma anche per contrastare lo sviluppo di erbe infestanti, un bunker richiede periodicamente anche altri interventi manutentivi: 1 rifinitura e/o ripristino dei bordi e degli scalini 1 verifica dello spessore della sabbia ed eventuale aggiunta 1 verifica del funzionamento dei drenaggi ed eventuale pulizia 1 sostituzione della sabbia Da considerare inoltre che spesso entrano in gioco ulteriori elementi che rendono ancora più gravosa la manutenzione: 1 scarsa qualità costruttiva (ad esempio cattivo drenaggio, modellazione esterna che favorisce l’entrata di acqua, bordi e scalini instabili) 1 scarsa qualità della sabbia (errata granulometria, presenza di materiale calcareo, inquinamento con limo o ghiaia) 1 design con sponde interne eccessivamente ripide, difficoltosa meccanizzazione della rastrellatura numero elevato di bunkers Alla luce di tutto ciò, soprattutto in questi ultimi anni i progettisti ripongono sempre maggiore attenzione agli

aspetti manutentivi. Del resto, si era assistito a qualcosa del genere anche in passato. A causa del forte incremento dei costi di manodopera avuto a partire dagli anni ‘50, quando ancora non esistevano le rastrellatrici meccaniche, intorno agli anni ‘60 si assistette, infatti, a una riduzione del numero e della dimensione dei bunker. Soprattutto a partire dalla fine degli anni ‘70, con la diffusione delle rastrellatrici meccaniche si registrò il fenomeno opposto, quindi un loro incremento sia in numero che in dimensioni. Molti progettisti approfittarono di questa nuova tecnologia per dare pieno sfogo alla loro creatività. Il risultato fu la diffusione di bunker di grande effetto scenografico, ma estremamente onerosi da gestire, oltre che per la loro ampiezza e quantità, soprattutto per la presenza di sponde sia interne che esterne molto ripide. Come detto sopra, negli ultimi anni questa tendenza è andata gradualmente riducendosi. Un buon progettista oggi deve necessariamente tenere in debita considerazione la sostenibilità di un bunker. La progettazione moderna, quindi, prevede la facilità di meccanizzazione, sponde meno ripide, modellazione esterna che eviti l’entrata di acqua, dimensioni più ridotte, margini esterni “naturalizzati”, dove cresce cioè vegetazione incolta, e addirittura impiego di sabbie selezionate non solo in base alle caratteristiche fisico-chimiche, ma anche in funzione della compatibilità del loro colore con il paesaggio circostante. Una sorta di ritorno alle origini e su questo ha fatto certamente scuola il recente “restyling” del prestigioso percorso numero 2 di Pinehurst, uno dei più famosi campi d’America e del mondo. Alessandro De Luca Federazione Italiana Golf Sezione Tappeti Erbosi

Nella pagina accanto, il padre di tutti i bunker, quello davanti al green della 17 dell’Old Course di St Andrews, la Road Hole. Qui sopra un intervento di rastrellatura a macchina e, a destra, il Pinehurst #2 (Nord Carolina)

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46 vono svolgere e che è quella di rendere diverso il tipo di colpo a seconda della posizione della bandiera. L’effetto più immediato della loro presenza, in ogni caso, è rendere impossibile l’accesso della palla al green per rotolamento. Esiste una formula o un metodo in grado di determinare un numero ideale di bunkers da inserire in un percorso di golf? Marco Croze dice di no, rimandando tutto alla creatività del progettista e al budget disponibile sia nella fase di progettazione che in quella successiva della manutenzione. L’architetto veneziano, però, mette in guardia da un rischio piuttosto frequente: “Per un progettista non è certo il massimo progettare un campo con 100 bunkers, per poi nel corso degli anni vederne ridotto drasticamente il numero.” La progettazione e la realizzazione di un bunker, quindi, deve rispondere a determinati criteri, ma lascia anche spazio alla fantasia e allo stile del designer. In ogni caso un buon bunker, secondo Marco Croze, deve avere alcuni requisiti indispensabili: un drenaggio perfetto (troppe volte, anche in occasione di grandi eventi, se ne vedono molti pieni d’acqua); sponde perfettamente definite, specialmente quelle nella direzione del gioco perchè non devono esistere dubbi sul fatto che la pallina sia dentro o fuori dal bunker; una qualità di sabbia che non si impacchi, ma che eviti nello stesso tempo l’infossamento della palla, mentre il suo colore non riveste per lui nessun interesse; disegno e costruzione che evitino alle acque in eccesso delle aree circostanti di finire dentro il bunker provocando fastidiosi dilavamenti. Il compito del progettista si ferma qui. Poi spetta ad altri mantenere nel tempo queste caratteristiche e tra questi ci sono anche gli stessi golfisti con i loro comportamenti. Rastrellare il bunker dopo un colpo non è un lavoro, è una buona abitudine.

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IL PARERE DI FRANCO PIRAS - Alla sua “firma” si devono alcuni dei più recenti percorsi di golf realizzati in Italia, in particolare in Sicilia. È di Franco Piras, infatti, il disegno del “Links”, uno dei due percorsi del Donnafugata Golf & Resort, e del vicino tracciato delle Saie. Un esperto del settore, quindi, a cui chiedere informazioni sul ruolo dei bunker in un campo da golf. Prima di tutto cerchiamo di capire a cosa servono queste aree ben delimitate e riempite di sabbia. “Il bunker è un ostacolo che fa parte del percorso – dice Franco Piras - Come tale deve essere accettato dal giocatore qualsiasi sia la forma, la posizione e la difficoltà. La presenza degli ostacoli è ciò che rende interessante il gioco. Allister Mackenzie nel 1920 nel suo Golf Architecture scrisse “no hazard is unfair wherever is placed” (nessun rischio è ingiusto ovunque sia posto) e a proposito dei bunker rilevava che “few, placed in interesting position” (pochi, posti in una posizione interessante) in contrapposizione alle centinaia di bunker presenti nei links. A. Bauer nel 1913 scrisse un libro, “Hazards, the essential elements of a Golf Course”, (Ostacoli, gli elementi essenziali di un percorso di golf), nel quale definisce la presenza degli ostacoli come l’ingrediente che dà la terza dimensione al percorso. Assieme a loro Donald Ross, A. Thillingast e C.B Macdonald definirono i criteri dell’architettura moderna che furono fatti propri e seguiti dai progettisti del periodo e ancora oggi da noi contemporanei. Gli ostacoli danno il senso della sfida, costituiscono la croce e delizia dei giocatori, intimoriscono e talvolta aiutano” Come viene pensata la dislocazione dei bunkers in un campo da golf? “L’architetto ha possibilità di scegliere come comporre una buca

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Nella pagina accanto, un bel bunker “moderno”, disegnato dall’americano Kyle Phillips sulla buca 3 di Kingsbarns (Scozia). A sinistra uno dei bunker più terribili: l’Himalayas, sulla 4 del Royal St George’s (Inghilterra). A destra, la 10 del Royal County Down (Irlanda del Nord). utilizzando i diversi tipi di ostacoli che ha a disposizione. Mi riferisco a ostacoli d’acqua, alberi e arbusti, collinette e depressioni, zone incolte e, appunto, bunker. La varietà con la quale l’architetto utilizza queste caratteristiche dipende da una pluralità di fattori, primo tra tutti le condizioni geomorfologiche e naturalistiche del sito. Estremizzando, un campo nel deserto dell’Arizona sarà caratterizzato da ostacoli diversi da uno nelle lowland della Florida, o da un mountain course del Canada. Di fatto ogni architetto ha una tela bianca a disposizione per creare il percorso e in essa conferisce il suo senso creativo e artistico. Per quanto riguarda i bunker ne esistono di varie tipologie. Possono essere strategici per definire il valore dei colpi, di recupero per prevenire danni maggiori o per fermare palle erranti, direzionali per aiutare la scelta della linea di gioco o anche posizionati solo per fini estetici e ottici. Possono, inoltre, essere costituiti da ampie aree incolte dove la casualità della posizione della palla gioca un ruolo fondamentale. Non esistono regole precise.” Ci sono differenze costruttive o di progetto tra i bunker del fairway e quelli del green? “Dal punto di vista progettuale dipende dalle intenzioni dell’architetto nel creare un ostacolo piuttosto che un altro. Un bunker del fairway spesso è più grande di uno nei pressi del green, questo sia per le proporzioni rispetto al contesto nel quale è inserito, sia per la distanza dal quale viene osservato. Ugualmente un bunker del fairway spesso ha le sponde più morbide ed è meno profondo di quello del green poichè necessita di un colpo di recupero più lungo con una traiettoria più bassa. Ma è possibile che l’architetto decida che quel bunker del fairway debba essere più penalizzante e quindi ‘suggerisca’ al giocatore di starci lontano poiché non avrà possibilità di recupero. Tanto quanto, al contrario, si possa realizzare vicino al green un bunker appoggiato a foglia senza sponde che consenta un recupero anche con un colpo a correre. Dal punto di vista della realizzazione, invece, non esistono differenze.”

Partendo da una corretta progettazione, quali sono poi i problemi maggiori da affrontare per avere bunker sempre in ordine? “Direi la dilavazione della sabbia dalle sponde a seguito del maltempo, l’efficienza dei drenaggi, la qualità del tappeto erboso nei contorni e inquinamento della sabbia con i limi e le argille del sottofondo. Negli ultimi anni sono stati sviluppati dei sistemi costruttivi per i bunker che consentono di ovviare a queste problematiche e che durano nel tempo. In sostanza si crea al di sopra della rete drenante uno strato composto da un conglomerato di materiali inerti e resine che consentono all’acqua di filtrare velocemente e alla sabbia di rimanere aggrappata alle sponde senza subire dilavamento. Nel contempo il sottofondo in limo e argilla rimane confinato e non inquina la sabbia.” Quanti sono i tipi di sabbia disponibili e con quali criteri vengono scelti dal progettista? “La scelta della sabbia è determinata da una serie di fattori variabili. In zone ventose, ad esempio, si usa una sabbia più pesante per evitare che le raffiche la disperdano; in aree piovose si tende a utilizzare sabbia ad alta permeabilità affinché asciughi più velocemente, mentre nei bunker con sponde in forte pendenza si usa una sabbia con caratteristiche di compattazione che ne minimizzino il dilavamento. Inoltre sono da considerare anche gli aspetti tecnici valutati dal progettista sulla base della difficoltà e dell’aspetto estetico. Non dimentichiamo, inoltre, che la qualità della sabbia influenza anche l’esecuzione del colpo, sia per quanto riguarda il lie, l’attraversamento sulla palla e il controllo. Sabbie pure e fini, come quelle ad alto contenuto di silicio, e sabbie più grosse e con scarsa tendenza al compattamento, come quelle caraibiche, causano il classico “fried egg”, o uovo fritto, e necessitano di un “esplosion”, che, con poco spin, provoca un difficile controllo della pallina. Al contrario sabbie più fini e compattate creano, invece, superfici più solide dove la palla non si affossa e rende il colpo più agevole.”

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GOLF & DIRITTO L’angolo giuridico

Addio signor N.C. Benvenuto Mister 54 Con l’inizio di gennaio del 2016 è entrata in vigore la quarta edizione dell’EGA Handicap System dalla sua introduzione nell’anno 2000 Avv. Paolo Montanari

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cambiamenti rispetto alla normativa precedentemente in vigore sono notevoli e di grande rilevanza. Per prima cosa viene introdotto in Italia l’handicap minimo di 54. Questo handicap viene assegnato a tutti i giocatori neofiti, i quali, dopo aver ottenuto l’autorizzazione ad accedere al Campo (carta verde) da parte di un Maestro o dalla Commissione Handicap del Circolo (CHC), superano l’esame sulle Regole ed Etichetta. Lo “status” di giocatore N.C., pertanto, scompare. Dal 1° gennaio 2016 i giocatori N.C. avranno conseguito un handicap di gioco. Il giocatore N.C. che non aveva mai disputato gare avrà ottenuto un handicap 54, mentre il giocatore N.C. che aveva disputato delle gare si sarà visto attribuire un handicap di gioco calcolato sul miglior risultato ottenuto in gare disputate sino al 31.12.2015. Con l’introduzione dell’handicap 54 è stata ovviamente ampliata la tabella di gestione dell’handicap. In particolare sono state introdotte sei categorie di handicap e la distinzione tra il golfista competitivo (con handicap sino a 18,4) e il golfista ricreativo (con handicap dal 18,5 sino a 54).

Categoria

HCP EGA

1

PLUS – 4,4 (decimale)

2

4,5 – 11,4 (decimale)

3

11,5 – 18,4 (decimale)

4

18,5 – 26.4 (decimale)

5

26.5 – 36 (decimale)

6

37 – 54 (intero)

Il giocatore con un handicap superiore a 18,5 (golfista ricreativo) non vedrà più incrementare automaticamente il proprio handicap per effetto dei risultati di gara (la cosiddetta virgola). Continuerà a rimanere in vigore, invece, la revisione obbligatoria annuale dell’handicap introdotta nel 2014 con la sola esclusione della 6^ categoria. Nel 2016 detta revisione sarà ancora più significativa in considerazione del fatto che per la 4^ e 5^ categoria non si applicherà più l’aumento

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automatico in funzione dei (brutti) risultati conseguiti nelle singole gare. Per queste ultime due categorie sarà possibile procedere, a richiesta, ad una revisione dell’handicap anche durante l’anno. Per i giocatori competitivi (con handicap fino a 18,4) viene meno il limite dell’aumento massimo di 2 colpi in un anno. L’handicap di gioco viene limitato a 54 per le gare su 18 buche e a 27 su quelle a 9 buche. Rimane invariato il sistema che attualmente calcola l’handicap di gioco tenendo conto del Course Rating e dello Slope Rating del percorso che si andrà a giocare per tutte le categorie ad eccezione della 6^ categoria per la quale verrà utilizzato il concetto di differenziale. Per calcolare l’handicap di gioco di quest’ultima categoria si deve partire dall’handicap massimo della 5^ categoria, ovvero 36, calcolarne l’handicap di gioco su un determinato percorso ed aggiungere il valore differenziale così ottenuto all’handicap del giocatore della 6^ categoria. Per esempio supponiamo che all’handicap massimo della 5^ categoria, ossia 36, corrisponda su un determinato percorso un handicap di gioco di 41, il valore differenziale è pari a 5. Per gli handicap da 37 a 54 si dovrà pertanto sommare un + 5 per ottenere l’handicap di gioco. La formula dell’handicap di gioco per le categorie da 1 a 5 rimane invariata ed è la seguente:

HANDICAP DI GIOCO = EGA HANDICAP X (SR / 113) + (CR – PAR) La formula dell’handicap di gioco per la 6^ categoria è la seguente:

HANDICAP DI GIOCO = EGA HANDICAP + DIFFERENZIALE HANDICAP DI GIOCO È stata eliminata la distinzione tra handicap attivo ed handicap inattivo. Non esiste più alcun obbligo di disputare delle gare nel corso dell’anno per mantenere l’handicap attivo. L’handicap si disattiva unicamente nel caso in cui un giocatore decida di non rinnovare più la tessera della Federazione Italiana Golf per più di un anno.

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a cura del Centro Studi Diritto Sport mail: info@csdirsport.com

La riattribuzione dell’handicap per i giocatori con handicap sino a 18,4 avverrà prendendo in considerazione il migliore di 3 risultati validi conseguiti secondo le consuete regole. Per i giocatori con handicap a partire da 18,5 sarà sufficiente un unico risultato valido. Per le gare disputate sulla lunghezza di 9 buche anche i giocatori appartenenti alla 2^ categoria (handicap da 4,5 a 11,4) potranno riportare risultati validi. Sino al 31.12.2015 ciò era consentito unicamente a giocatori aventi un handicap superiore a 11,4. È venuto meno, inoltre, il limite di una sola gara a 9 buche al giorno al fine della validità per la variazione dell’handicap. Per comodità si riportano nella tabella sotto indicata i dati riepilogativi delle singole categorie:

Categoria

HCP EGA

Zona neutra 18 buche Punti stb

Zona neutra 9 buche Punti stb

Fuori zona neutra

Per punteggi > 36

1

PLUS – 4,4 (decimale)

35-36

Gara non valida

+ 0,1

-0,1

2

4,5 – 11,4 (decimale)

34-36

34-36

+ 0,1

-0,2

3

11,5 – 18,4 (decimale)

33-36

33-36

+ 0,1

-0,3

4

18,5 – 26.4 (decimale)

No virgola

No virgola

-

-0,4

5

26.5 – 36 (decimale)

No virgola

No virgola

-

-0,5

6

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No virgola

No virgola

-

-1

Sarà possibile anche in Italia utilizzare ai fini della variazione dell’handicap il cosiddetto Extra Day Score, ma esclusivamente per la 6^ categoria e con il limite di uno al giorno e di dieci in un anno. L’Extra Day Score è un punteggio Stableford ottenuto al di fuori di una gara valida rispettando però le condizioni di una gara ai fini dell’handicap. Cambiano anche i correttivi degli handicap di gioco per alcune formule di gara, come ad esempio per le gare con formula proam o 4 palle la migliore dove i giocatori non giocheranno più i 3/4 del proprio handicap ma i 9/10. Sarà ancora possibile migliorare il proprio handicap di gioco (solo quindi ai fini dell’abbassamento dell’handicap di gioco) nelle gare con la formula 4 palle la migliore allorché il punteggio della coppia sia pari o migliore di 42 punti. Da ultimo viene modificata la procedura CBA (Computed Buffer Adjustment). La procedura CBA è caratterizzata da un algoritmo per la valutazione delle performance dei giocatori basato sulla probabilità che i giocatori consegnino una certa tipologia di risultati. Tale probabilità varia leggermente da una categoria di handicap all’altra e il numero di giocatori in ciascuna categoria viene utilizzato per determinare le normali condizioni di gioco. Queste normali condizioni si ottengono quando una determi-

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nata percentuale di giocatori riporta punteggi nella zona neutra o migliori. Il rendimento dei giocatori in gara viene calcolato dai punteggi in zona neutra o migliori consegnati nel corso della gara. Tale valore viene poi confrontato coi risultati attesi dai giocatori (normali condizioni). Se il valore è all’interno dell’intervallo atteso il CBA è pari a zero le zone neutre rimangono invariate; se è al di fuori dell’intervallo atteso viene calcolata una rettifica (spostamento) delle zone neutre. Quando il valore è al di fuori dell’intervallo, l’algoritmo calcolerà un CBA che farà in modo di far cadere il nuovo valore della gara all’interno del normale intervallo. L’effetto del calcolo del CBA sarà lo spostamento delle zone neutre di ciascuna categoria di handicap di un valore compreso fra -2 a +1 in base al CBA calcolato. Quando accanto al CBA (-2) appare l’abbreviazione RO, la gara è dichiarata come “Solo Riduzione” e gli EGA Handicap possono essere solo ridotti e non aumentati. I risultati dei giocatori di 4^ o 5^ categoria non devono essere inclusi nel calcolo del CBA. Ove una gara valida sia stata cancellata per qualunque ragione, anche se lo score resta valido ai fini della gestione dell’handicap, non deve essere calcolato il CBA. In questi casi gli EGA Handicap verranno modificati utilizzando CBA = 0 e la gara verrà dichiarata come “Solo Riduzione” ovvero nessun EGA Handicap verrà incrementato a seguito di una gara cancellata. Ove i partecipanti a una gara valida siano solo i giocatori di 4^ o 5^ categoria o vi siano meno di 10 giocatori appartenenti alla 1^, 2^ 0 3^ categoria, non deve essere calcolato alcun CBA e tutti gli EGA Handicap verranno variati in base ai punti Stableford ottenuti utilizzando le zone neutre delle categorie di handicap non modificate. I Comitati responsabili delle gare, a condizione che una gara soddisfi i criteri per il calcolo del CBA, non hanno la discrezione di determinare se una gara valida è qualificata come “Solo Riduzione” o meno. La procedura CBA non può essere applicata agli Extra Day Scores o ai risultati su gare di 9 buche. La Federazione Italiana Golf ha, infine, ritenuto di adeguarsi alla normativa EGA che prevede l’equiparazione del limite di età della categoria senior maschile a quella attualmente in vigore per le ladies. Dal primo gennaio del 2016 rientrano, pertanto nella categoria Senior tutti coloro che sono nati nel 1966! Un’ultima considerazione personale. Se penso che quando mi sono avvicinato al gioco del golf, al di là della difficoltà molto superiore nell’utilizzo dell’attrezzatura e alla minore performance di nastoni e palline, l’handicap minimo era 28 ed era necessario consegnare tre risultati validi per conseguirlo, si comprende quanta strada questo nostro amato sport abbia percorso! In quale direzione, positiva o negativa, lasciamo a ognuno di voi il compito di deciderlo. E, comunque, in ogni caso buon gioco!

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Il Golf Club Il Pìcciolo al cospetto della maestosità dell’Etna. Nella foto, il green della buca 9

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Dopo un periodo incredibilmente lungo in cui, partendo dal 1989, Il Pìcciolo è stato l’unico percorso di golf nella più grande isola del Mediterraneo, con il nuovo secolo qualcosa ha finalmente cominciato a muoversi. Esaminiamo la situazione nei territori dell’est che oggi hanno varie opportunità

DRIVE ALL’OMBRA DELL’ETNA di Salvatore Brancati

T

ra le mete europee del turismo golfistico, la Sicilia sta sempre più assumendo un ruolo di tutto rispetto. I principali punti distintivi nei confronti dei suoi naturali e più antichi competitor (Tunisia, Spagna, Marocco, Turchia, ecc…) risiedono nel clima, nell’arte, nella cultura, nel patrimonio enogastronomico e nell’appartenenza al più sicuro mondo occidentale. La sua collocazione in mezzo al Mediterraneo, nonché le caratteristiche orografiche, le regalano in più un clima invidiabile in ogni parte d’Europa. Da rimarcare, infatti, non è solo la mitezza delle sue temperature, ma la poca variabilità delle stesse, unite a ben pochi momenti carichi d’umidità. In pieno inverno, infatti, lungo le coste raramente si scende sotto i dieci gradi, mentre in estate si può trovare refrigerio nelle numerose colline o montagne. La variabilità del paesaggio siciliano ha infatti creato molti microclimi e molte micro-società anche a causa di un’atavica difficoltà di collegamenti che ha obbligato nel passato le tante comunità a sviluppare patrimoni culturali simili ma differenti. Si unisca questa serie di fattori alle tante dominazioni straniere (Fenici, Greci, Romani, Arabi, Normanni…) e risulterà evidente come questa ricchezza abbia prodotto i suoi frutti in tutta la cultura siciliana:

nel magico mondo dell’enogastronomia, ovvero nelle tradizioni sociali e culturali e, perché no, anche nel linguaggio. Ritrovare questa ricchezza di varietà a poco più di un’ora di volo da Milano ha prodotto nel tempo un consolidato flusso di turisti “tradizionali”, che hanno fatto della Sicilia orientale un vero e proprio percorso dei sensi che attraversa due millenni e dalle Isole Eolie passa per l’Etna, Taormina, Siracusa e si ferma nel Ragusano. Nel campo del turismo golfistico la parte orientale dell’isola sembra essere l’embrione di un vero e proprio polo, dato che consente di giocare 108 buche in poco più di un’ora di auto. Questa varietà di campi, che sarà completata entro la fine dell’anno, abbraccia sei percorsi in cinque strutture: dal Picciolo (il più antico – 1988 - e settentrionale) a Donnafugata (2010, la più a sud d’Italia) e comprende anche: Taormina – di imminente apertura -, Le Saie (2014) e I Monasteri (2012, a Siracusa). A causa del brevissimo arco temporale, non esistono al momento consolidate serie storiche di dati che possano essere rappresentative di questa giovanissima realtà, per cui abbiamo intrapreso il nostro viaggio attraverso i diversi campi per ascoltare le voci di alcuni dei protagonisti e cercare così di farci un’idea più precisa sulle offerte e il futuro di questa terra nell’ambito del nostro sport. Il golf in questa parte della Sicilia ha messo le sue radici alla fine degli anni ottanta ad opera della famiglia Leonardi. Come

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ormai tutti i golfisti italiani sanno, Il Pìcciolo è il primo campo da golf dell’isola e si adagia nelle pendici nord dell’Etna. Questo percorso si snoda a pochi minuti da Taormina e ha ospitato tantissime gare, comprese alcune di livello internazionale. Annesso al campo, si trova un hotel di 98 camere dotato di ogni confort: spa, piscina, ristorante, sale meeting. Il golf club è sempre più vivo e frequentato. Vanta un percorso in saliscendi, difficile e tecnico, all’ombra di quel magnifico Etna che tutto attrae e tutti domina. Castagni, lava, ostacoli d’acqua. Ma soprattutto alberi, salite e discese. Non c’è che dire: o sei bravo o è meglio che impari a esserlo… Finisci stanco e soddisfatto, ma soprattutto non lo dimentichi più.

Sin dalla sua fondazione, Salvatore Leonardi si spende 24 ore al giorno per questa attività e, con la sua pluridecennale esperienza, analizza il mercato odierno del turista golfista: “… originato essenzialmente dal centro-nord Europa e, in particolare, dall’area scandinava. Le maggiori attrattive permangono l’enogastronomia ed il clima, che spingono in particolare gli svedesi a rimanere mediamente una settimana. Questi giocatori arrivano con viaggi organizzati da consolidati tour operator ed essenzialmente rimangono concentrati a giocare. Poi vi sono i golfisti che viaggiano lungo un noto sentiero culturale dell’isola, affittando un’auto e spingendosi fino a Ragusa, visitando città d’arte come Catania e Siracusa. I periodi preferiti

In alto l’albergo de Il Pìcciolo, collocato direttamente sul percorso di gioco, a Castiglione di Sicilia. Qui sopra le prime immagini con l’erba in crescita sul campo di Taormina, disegnato da Costantino Rocca

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– continua Leonardi – vanno da aprile a giugno e da settembre a novembre. In realtà, questo flusso potrebbe tranquillamente continuare per tutto l’inverno, se fossero potenziati i collegamenti aerei. Le richieste rimangono sempre presenti e gli unici cali di golfisti sono dovuti solo alle flessioni sulla frequenza dei voli.” Il futuro è sicuramente molto più roseo delle aspettative. Infatti, dice ancora Leonardi, “abbiamo tutti gli elementi per raccogliere un prevedibile successo: i fattori attrattivi e distintivi della zona (clima, arte, enogastronomia e cultura), l’interesse costante sia dei paesi scandinavi che degli altri paesi nord europei e, dulcis in fundo, l’attenzione delle Istituzioni locali che, con l’attuale Assessore al Turismo della Regione Sicilia, Anthony Barbagallo, hanno identificato nel golf e nel turismo del benessere i principali fattori destagionalizzanti del turismo isolano. Da delegato regionale della Federazione devo sottolineare la nostra presenza all’iniziativa Italy Golf & More, che continua il suo percorso di contatto e promozione, mietendo successi nelle fiere e negli incontri con gli operatori”. Vicino al campo etneo, aprirà entro l’anno il tanto atteso Golf Club Taormina. Il nuovo percorso, gestito da Corinthia (società maltese che possiede una quindicina di hotel), si distenderà su un tappeto erboso in microterma e loietto e sarà realizzato con la tecnica sand cap. Vi saranno particolarissimi bunker in sabbia lavica. “Il leggendario Costantino Rocca ha firmato nel 2008 il progetto e torna spesso per seguire i lavori di questo par 72. Sarà il suo primo campo ad attirare una folta schiera di golfisti che già oggi arrivano a Taormina e non sanno dove andare a giocare – dice Markus Dickey, direttore di Taormina e Le Saie - sono certo che si farà la fila per entrare in questo campo. Vi saranno gare, esibizioni, eventi e, soprattutto, tanto lusso. Un’apertura graduale che inizierà nel 2016 e che a struttura completata offrirà 800 letto posti entro fine del 2017”. Sempre la stessa compagine imprenditoriale capeggiata da

Anche a Le Saie, percorso vicino all’aeroporto di Catania ripreso nelle foto di questa pagina, l’Etna è il protagonista del panorama. Disegnato da Franco Piras, sta per essere affiancato da un resort con oltre 200 camere

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Orazio Bosco, aprirà con gradualità il Melìa Golf alle Saie. Immaginate una qualsiasi attrazione o interesse e la troverete. Grand Hotel, appartamenti residenziali, una SPA di 880 metri quadri all’interno e 1.200 all’esterno, tennis, calcetto, paddle, piscina dedicata ai bambini e una nave da pirati con cannoni ad acqua, una bio piscina per adulti, ristorante in spiaggia, ecc… Questa grande struttura, che già usufruisce del 18 buche del suo golf club, probabilmente è destinata ad essere l’ombelico del golf nella Sicilia orientale. Tantissimi caratteri sembrano spingerla in cima alle preferenze. Anzitutto è letteralmente dietro l’aeroporto. Sfoggia un accesso privato al mare (si arriva alla spiaggia anch’essa privata, attraverso un boschetto di acacie). Hotel e residence di altissimo livello, SPA, parco per bambini: un intero universo dedicato al relax, gastronomia, sport e mare. Ma soprattutto

(per i turisti golfisti) una golf academy stratosferica. “Tre piani di ampie postazioni, box dedicati al fitting interamente farciti di telemetria, analisi digitale e tutto quanto di più tecnologico possa esistere – ci anticipa sempre Dickey -. Se poi il nostro ospite vuole provare altri campi, saremo ben felici di accompagnarlo in giro anche nelle strutture vicine”. Insomma, sembra proprio che stiano provando a far sistema e a superare l’atavico individualismo arrivato in Sicilia direttamente dalle Poleis dell’antica Grecia. “Oggi la Sicilia è universalmente conosciuta per le sue grandi doti turistiche. Il golf è percepito come un pretesto in più per visitare questa terra – continua Markus Dickey – mentre altri luoghi sono più freddi, inflazionati o pericolosi. La Sicilia è vista come una ghiotta opportunità e alternativa a tutte le destinazioni mediterranee e magrebine, mentre i suoi campi hanno

In questa pagina, due scorci de “I Monasteri”, di recente ribattezzato Golf Club Siracusa: 18 buche con annesso resort. In alto a destra, una veduta di Taormina e la cartina con i campi da golf della Sicilia Orientale

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18 Taormina Il Pìcciolo 18 Etna

Le Saie

18

Siracusa 18 Donnafugata 36

il forte richiamo della novità d’eccellenza, con le prestigiose firme di Gary Player, Costantino Rocca e Kyle Phillips”. Continuiamo a verso sud e andiamo a giocare ai Monasteri, un soleggiato percorso tra gli ulivi. Qui si trovano gli estremi: passeggi tra la storia e i fichi d’India, calpesti una dura pietraia e poi ti ritrovi in un vellutato fairway. Nonostante le dolci premesse, questo campo concede fino a sette colpi. In questa meravigliosa location ha trovato rifugio anche un appassionato e folto gruppo di golfisti siracusani. Capeggiati dalla famiglia Lavaggi organizzano gare, allenamenti e, soprattutto, ospitano tantissimi giovani. Per la prima volta della storia golfistica siciliana, infatti, la loro squadra (seguita dall’inarrestabile Monica Anzalone, responsabile giovanile di Federgolf Sicilia) è entrata nella fase A1 under 15 (il gotha del golf nazionale giovanile). “Da noi il turista capita anche per caso, girando nella zona – aggiunge Giuseppe Lavaggi, Presidente del Golf Club Siracusa - ma rimane sempre affascinato dal percorso e dal nostro clima”. A Siracusa, infatti, si comincia a respirare un’aria diversa, meno umida e ancora più asciutta, che sa quasi di caldo secco, come nel deserto. In questo sole, si stende bene il resort “I Monasteri” con le sue linee essenziali e moderne, incastonato nell’antica villa settecentesca. Offre 102 camere, Spa, piscina e due ristoranti, ma,

soprattutto, ha l’inestimabile valore aggiunto di essere a soli 10 minuti di auto da Siracusa e dalla sua meravigliosa isola di Ortigia (anch’essa nel Patrimonio dell’UNESCO). “Ormai il golf è stato sdoganato anche dalle nostre parti e non è più percepito come uno sport esclusivo o costosissimo – continua Giuseppe Lavaggi – . Tuttavia riteniamo che vi possano essere degli amplissimi margini di miglioramento nella gestione e promozione del golf, sia come sport che come elemento turistico. Manca ancora una visione coordinata della promozione sul territorio da parte delle istituzioni deputate, mentre permane oltremodo forte il distacco dai nostri competitor come l’Andalusia. La Sicilia ha sicuramente tutti gli elementi per imporsi in Europa sia come terra di sportivi, con la possibilità di giocare 360 giorni l’anno, che come meta turistica nel golf.” Terminiamo questo volo pindarico vicino a Ragusa e precisamente a Donnafugata, nel regno del Commissario Montalbano. Due campi, un complesso turistico ormai ben conosciuto in tutta Europa e da pochissimo passato sotto le prestigiose insegne di Sheraton, scelto più volte dalle grandi aziende e da tantissimi turisti per i suoi servizi, per la cultura del ragusano e la sua nota gastronomia. 202 camere, tre ristoranti, Spa, piscine, spiaggia. In questa zona cambiamo addirittura mare, passiamo dallo Ionio al Canale di Sicilia e cambiamo anche tipi di green. Molti dicono che il “Links” sia il più bel percorso della Sicilia, ondulato, spesso ventoso e con una stupenda buca con l’unico green “a penisola” di tutta la Trinacria. Oggi i turisti vengono in Sicilia per una miriade di motivi. Le località isolane cominciano a scalare le classifiche dei siti specializzati. Ci sono tanti siti UNESCO. I vini. Il cibo. Tanti elementi uniti dal clima ed amalgamati dalla sicurezza. Tra questi fiumi di turisti, oggi si scorge solo una minoranza di golfisti, ma sono solo l’avanguardia di un flusso ben più ampio che non tarderà ad arrivare grazie al lavoro di un gruppo di determinati imprenditori che sta facendo ogni sforzo per aprire a quest’isola le porte del turismo con la sacca e i bastoni al seguito.

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CAMBIARE PER CRESCERE ANCORA Vi presentiamo un’interessante “case history” spagnola relativa a uno dei maggiori resort dell’isola mediterranea, il Castillo Hotel Son Vida, e ai suoi quattro campi da golf

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GOLF & TURISMO

Maiorca

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di Roberto Roversi

Nella foto, una bella buca del Son Muntaner, a Palma di Maiorca

“U

n turista, un amico”. È questo lo slogan scelto dall’isola di Maiorca per esprimere la propria vocazione all’ospitalità e all’accoglienza di chi viaggia. Un motto che si rispecchia perfettamente anche nello spirito che anima quel segmento specifico del turismo maiorchino che ha scelto il golf come elemento di attrazione e di richiamo. Nella maggiore delle Isole Baleari, grande poco più della Val d’Aosta, si trovano una ventina di campi da golf, tutti rivolti alla clientela turistica, a formare un’offerta che non lascia certo indifferente quel viaggiatore speciale che si muove con la sacca al seguito. Il primo percorso dell’isola di Maiorca fu realizzato nel 1964 e subito si intuì la potenzialità del golf come fattore di sviluppo turistico. Non a caso oggi la maggior parte dei campi maiorchini si ritrova unita all’interno dell’ACGM, l’associazione che li raggruppa e li rappresenta. Proprio la vocazione turistica dei percorsi presenti nell’isola ha determinato una visione imprenditoriale di questa attività nella quale hanno trovato posto sinergie e alleanze con le strutture alberghiere della zona. Uno di questi esempi è rappresentato dal Castillo Hotel Son Vida, un albergo a 5 stelle posizionato sulle colline appena fuori Palma di Maiorca con una meravigliosa vista sulla città nella quale spicca la splendida architettura della Cattedrale di Santa Maria, costruita nel 1229. Collegati a questo bellissimo hotel, ricavato all’interno di un antico castello del XIII secolo, ci sono ben quattro campi da golf: il Son Vida, due del Son Quint (uno a 18 buche, l’altro a 9) e il Son Muntaner che insieme formano l’Arabella Golf Mallorca, un unico resort golfistico tra i più importanti dell’area mediterranea. La capacità di attrarre i flussi turistici legati al golf passa anche attraverso investimenti che migliorino costantemente la qualità del “prodotto” da offrire ed è con questa filosofia che si sono mossi al Son Muntaner, il più prestigioso dei quattro percorsi dell’Arabella Golf Mallorca, quando hanno deciso di rinnovare la loro struttura. Un paio d’anni fa è stata completamente rifatta la clubhouse, oggi più funzionale e accogliente, mentre per la primavera del 2016 è stata programmata l’intera sostituzione del tappeto erboso del percorso, nonché il nuovo design di alcune buche. Costruito nel 2000 sul progetto dell’architetto tedesco Kurt Rossknecht, questo par 72 di oltre 6.200 metri si trova all’interno di una zona caratterizzata da dolci ondulazioni che rendono il gioco molto intrigante. Il disegno presenta un buon equilibrio tra ostacoli d’acqua e vegetazione, ma la generosa ampiezza dei fairway consente di effettuare colpi senza troppa ansia, esattamente ciò che desiderano i turisti del golf, la stragrande maggioranza dei frequentatori di questo bel percorso. Purtroppo negli ultimi anni il tappeto erboso aveva subito un progressivo deterioramento per cui si è deciso di operare un intervento radicale in grado di risolvere definitivamente la situazione come ci racconta Bernat Llobera, Direttore Area Golf dell’Arabella Golf Mallorca.

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Quali ragioni hanno portato alla decisione di realizzare un’operazione così importante e impegnativa? “La varietà di erba, l’Agrostis, scelta al momento della costruzione del campo, stava creando diversi problemi legati all’irrigazione e anche in considerazione delle temperature e dell’umidità presenti a Maiorca. Inoltre, soprattutto durante il periodo estivo, molte zone del percorso perdevano la normale densità del tappeto erboso provocando disagi sulla giocabilità del campo. Devo dire che questa situazione ci ha creato diverse difficoltà negli ultimi tempi causando, tra l’altro, l’insorgere di erbacce invasive che hanno in qualche modo “colonizzato” queste aree. Questa condizione, purtroppo, ha comportato un lavoro maggiore per il nostro staff e un grande sforzo per combattere e contrastare le varie malattie che hanno attaccato la varietà di erba presente sul tracciato, rendendo più difficile riuscire a mantenere la qualità del tappeto erboso durante tutto l’anno. Adesso con questo nuovo progetto si punta a unificare il tipo di erba presente sul campo, utilizzando una varietà più adatta alla nostra zona, al nostro clima e alla qualità dell’acqua di irrigazione. Quello che vogliano ottenere è di aumentare la qualità complessiva del nostro campo.” Il progetto che avete messo a punto comprende il rifacimento sia dei fairway che dei green? “Sì, metteremo mano a tutte le zone del campo. Per i tee, i fairway e il rough utilizzeremo la varietà Bermuda Celebration, mentre sui green sarà impiegata l’Agrostis V8.”

Quali i vantaggi che deriveranno da questo intervento? “Dopo alcuni test effettuati negli ultimi due anni fa con sei diverse varietà di tappeto erboso, abbiamo individuato quella più adatta per il tipo di terreno sul quale è stato realizzato il percorso. Abbiamo poi preso in considerazione la questione dell’irrigazione e quella legata al metodo più rapido per ottenere il miglior risultato. Con le soluzioni che sono state adottate avremmo immediatamente un risparmio di oltre il 20% del consumo di acqua, senza contare i vantaggi derivanti dalla riduzione delle malattie e degli agenti infestanti.” Quanto tempo sarà necessario per portare a termine questa operazione? “Abbiamo stimato un periodo di lavoro di 5 mesi durante il quale il percorso resterà chiuso. Contiamo di aprire dopo l’estate del 2016 per essere pronti per il periodo autunno/inverno che per noi rappresenta la stagione migliore.” Nel corso di questi lavori sono previsti altri interventi sul percorso? “Si. Verranno modificate alcune buche come la 5 e la 6 che saranno completamente ridisegnate riportandole al progetto originale, poi cambiato per consentire la costruzione di un hotel, un’idea successivamente abbandonata. Sarà migliorato il green della buca 5, verrà realizzato un nuovo tee per la buca 8, alcuni green saranno rimodellati e diversi tee leggermen-

Nelle foto che accompagnano questo servizio, alcune buche dei percorsi attorno al Castillo Hotel Son Vida, nell’isola di Maiorca. Nel 2014 è stata rifatta la clubhouse del percorso più prestigioso, il Son Muntaner, che quest’anno verrà chiuso cinque mesi per sostituire i fairway con Bermuda Celebration. I green saranno invece in Agrostis V8

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te modificati. Il tutto per conferire al percorso una maggiore uniformità ed equilibrio nel design.” Si tratta di un progetto costoso? “Sicuramente non è un intervento economico, ma credo valga la pena di realizzarlo per migliorare la qualità del percorso e rendere più agevole la manutenzione al fine di avere un campo in grado che possa essere ancora più apprezzato dai giocatori, che ci auguriamo sempre più numerosi, permettendoci allo stesso tempo di avere una riduzione dei costi per la cura del campo.” Come cambierà la manutenzione dopo questo lavoro di ristrutturazione? “Sarà certamente un lavoro più facile e agevole non solo per le caratteristiche del nuovo tappeto erboso, ma anche per il recente acquisto di alcune nuove macchine per le lavorazioni specifiche dei green e per il drenaggio. Grazie alla riduzione dei tempi di manutenzione che otterremo con queste operazioni, ci sarà possibile dedicarci con maggiore cura e attenzione agli altri dettagli del campo.” Quali problemi dovrete comunque affrontare anche dopo questo intervento? “Direi principalmente quello dell’acqua utilizzata per l’irrigazione che siamo costretti a ‘bonificare’ in quanto quella disponibile è ad alto contenuto salino e non proprio adatta ad esse-

re usata senza il necessario trattamento preliminare. Inoltre dobbiamo sempre fare i conti con le temperature estive elevate e lunghi periodi di siccità che rendono più difficile mantenere il manto erboso in buone condizioni. Però siamo convinti che quello che stiamo facendo ridurrà di molto queste problematiche.” Quante persone sono impegnate nella manutenzione? “Il loro numero varia a seconda della stagione e dei periodi programmati per le lavorazioni sul percorso, ma la media è di circa 14 operatori.” Quanti round vengono giocati al Son Muntaner in un anno? “Diciamo che nelle ultime stagioni abbiamo registrato circa 40 mila giri all’anno.” Quanto incide la presenza dei golfisti stranieri? “Moltissimo. La percentuale dei visitatori stranieri si aggira attorno all’80%. La nostra è una struttura golfistica prettamente a vocazione turistica.” Pensate che gli interventi in atto possano far aumentare queste cifre? “Certamente. Solo proponendo un percorso di qualità e al passo con i tempi possiamo attirare e soddisfare i golfisti che arrivano a Maiorca.”

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IRRIGAZIONE Acquafert Green

Affidabilità ed efficienza si incontrano

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al 1991 si occupa di irrigazione. Negli ultimi anni ha realizzato interessanti progetti nei golf club italiani. Oggi Acquafert Green, azienda cremonese con un importante trend di crescita, è una delle poche aziende nazionali che gestisce ogni aspetto dell’irrigazione dei campi da golf: progettazione, installazione, manutenzione e costruzione di bacini artificiali.

ADRIATIC GOLF CLUB CERVIA: 18 BUCHE IN UN INVERNO E RISPARMIO DA RECORD All’Adriatic Golf Club Cervia, Acquafert Green ha realizzato un impianto d’irrigazione da primato: nella sola stagione invernale ha completato i lavori di 18 buche. “Abbiamo impostato un programma di lavori molto coordinato e serrato: si iniziava da una buca e, terminati i lavori, si riapriva subito il gioco per passare alla successiva, così da rendere sempre usufruibile il campo ai soci e agli ospiti”, ricorda Barbara Teodorani, Direttore del golf club. A distanza di un anno i dati sul risparmio idrico introdotto dal nuovo impianto sono strabilianti.

MODENA GOLF & COUNTRY CLUB: PROGRAMMAZIONE ED EFFICIENZA A Modena Golf le esigenze erano decisamente diverse: “Noi abbiamo scelto di intervenire in più anni per controllare meglio lo sviluppo dei lavori, per avere una gestione dei ripristini fatta prevalentemente con personale interno e anche per diluire l’investimento economico”, spiega il Direttore Davide Colombarini.

GARDAGOLF COUNTRY CLUB, UN INVESTIMENTO A LUNGO TERMINE “La spesa delle costanti manutenzioni straordinarie copriva quasi il costo del rifacimento dell’intero impianto, così abbiamo optato per un nuovo sistema di irrigazione”, afferma Giambattista Pisa, che era Direttore Gardagolf Country Club al momento dei lavori. “Acquafert è stata sempre molto presente, ci ha dato tutta la disponibilità e ancora oggi in fase di apertura dell’impianto e di manutenzione ordinaria è vicina alle nostre esigenze”.

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GOLF CLUB CAVAGLIÀ: PRECISIONE E INNOVAZIONE “La nostra collaborazione con Acquafert è stata veramente efficace. Ci hanno presentato una soluzione innovativa e assolutamente non invasiva”, dice Paolo Schellino, Presidente del Golf Club Cavaglià. “Dovevamo trasformare un campo da 9 buche più 6 in un 18 buche ed è stato fatto tutto in una manciata di mesi senza mai chiudere un solo giorno la struttura”. Da ricordare infine che Acquafert Green si avvale di personale interno altamente specializzato in ogni fase di realizzazione. Per informazioni: green@acquafert.it, telefono 0372 835672.

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GESTIONE IMPIANTI

Irrigazione

Vademecum per ogni stagione Vediamo punto per punto tutti i passaggi che consentono di tenere in perfetta efficienza la distribuzione dell’acqua sul tappeto erboso, sempre più importante con gli attuali cambiamenti meteo di Nicola Zeduri - Dottore Agronomo

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sistemi di irrigazione automatica destinati alle grandi superfici verdi ad uso sportivo (campi da golf, campi da calcio, ippodromi, etc.) o destinati a tappeti erbosi ornamentali, partono necessariamente da uno studio tecnico completo, che ne precede la realizzazione. La finalità dello studio, che si può protrarre anche per tempi dilatati, è quella di assicurare una eccellente uniformità di distribuzione dell’apporto idrico e di assicurare un sano sviluppo dei tappeti erbosi. Un certo numero di dati di base devono essere noti in fase di concezione di un progetto: - Dosi di irrigazioni; determinate annualmente, mensilmente e giornalmente; in generale il sistema viene dimensionato in funzione della dose di irrigazione massima, in periodo di punta;

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- Superfici da irrigare: la perfetta conoscenza dei perimetri delle superfici irrigue permette di determinare i volumi d’acqua necessari in funzione delle dosi di irrigazione; a tale fine riveste basilare importanza l’esecuzione di un rilievo il più preciso possibile; - Natura del suolo: capacità di ritenzione idrica e velocità di infiltrazione servono a stabilire la frequenza dei cicli di irrigazione e a scegliere i tempi di apertura degli irrigatori. - Topografia del terreno: le curve di livello sono indispensabili per i calcoli idrici del dimensionamento dei tubi, per la scelta delle pompe, etc. - Piano paesaggistico: il posizionamento degli irrigatori deve tener conto della eventuale presenza di piante, masse vegetali (arbusti, etc,) vie di circolazione, eventuali edifici, etc. - Sorgente d’acqua: approvvigionamento da pozzi, fiumi, laghi, bacini di raccolta, etc.

Spesso tutta la professionalità messa in campo da progettisti qualificati viene resa vana dagli utilizzatori causa la mancanza di rispetto di alcune basilari indicazioni cui dovrebbero attenersi i manutentori. Laddove circoli e associazioni sportive potessero affidare la riapertura dell’impianto d’irrigazione a ditte specializzate i problemi risultano contenuti; “spending review” adottate a volte con eccessiva disinvoltura da gestori di impianti hanno di fatto inserito nel mansionario del “manutentore tipo” (non sempre sufficientemente preparato) del tappeto erboso anche la delicata incombenza di “riapertura impianto di irrigazione”! Anche se la stagione invernale 2015/16 non verrà ricordata come particolarmente fredda (pochi in realtà i giorni in cui la temperatura è scesa sotto lo zero) sarebbe comunque opportuno adottare un vero e proprio vademecum per la corretta gestione dell’impianto di irrigazione. Ecco le diverse fasi che deve affrontare

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63 chi dispone di un recente impianto di irrigazione. - Apertura e messa in pressione dell’impianto. - Chiusura di tutte le saracinesche di drenaggio (sia dell’impianto che del sistema di filtrazione e pompaggio); - Apertura della saracinesca di sezionamento dal lago (dove presente); - Verifica funzionamento sistema automatico di approvvigionamento lago; - Verifica visiva del corretto funzionamento delle elettropompe; - Verifica set up ed eventuali allarmi del quadro inverter; - Verifica e pulizia sistema di aspirazione dal lago; - Verifica e pulizia sistema automatico di filtrazione, compresa: lo smontaggio della cartuccia interna, sostituzione membrane e taratura pilota; - Riempimento main line e pressurizzazione anelli secondari; - Verifica visiva sul campo per riscontro di eventuali perdite; - Test in manuale di tutti gli irrigatori, con verifica visiva del corretto arco di lavoro; - Pulizia superficiale coperchi pozzetti per garantire l’apertura dei medesimi; - Pulizia superficiale irrigatori per garantire il corretto funzionamento della torretta; - Simulazione controlavaggio sistema di filtrazione; Con impianto a regime, una volta provveduto a riparare eventuali anomalie riscontraTe a seguito dei controlli sopra ricordati, sarà comunque opportuno effettuare/prevedere alcune manutenzioni periodiche;

- Verifica visiva del corretto funzionamento delle elettropompe; - Verifica set up ed eventuali allarmi del quadro inverter; - Verifica e pulizia sistema di aspirazione dal lago; - Verifica e pulizia cartuccia interna dei filtri automatici; - Verifica visiva sul campo per riscontro di eventuali perdite; - Test in manuale di tutti gli irrigatori, con verifica visiva del corretto arco di lavoro; - Pulizia superficiale coperchi pozzetti per garantire l’apertura dei medesimi; - Pulizia superficiale irrigatori per garantire il corretto funzionamento della torretta; - Simulazione controlavaggio sistema di filtrazione; - Verifica funzionamento pompa di drenaggio locale tecnico; - Settaggio sistema di gestione automatico. Opportuno ricordare anche le fasi di chiusura impianto, che dovremo affrontare a fine stagione irrigua: - Spegnimento del quadro inverter; - Spegnimento delle elettropompe; - Chiusura della saracinesca di sezionamento dal lago; - Apertura di tutte le saracinesche di dre-

naggio (sia dell’impianto che del sistema di filtrazione e pompaggio); - Svuotamento collettori pompe e filtri all’interno della stazione di pompaggio; - Svuotamento main line e anelli secondari, attraverso le saracinesche di drenaggio presenti sul campo; - Verifica visiva sul campo dell’integrità di tutti i pozzetti; - Pulizia superficiale coperchi pozzetti per garantire l’apertura dei medesimi; - Pulizia superficiale irrigatori per garantire il corretto funzionamento della torretta; - Verifica funzionamento pompa di drenaggio locale tecnico; Spegnimento del sistema di gestione. Semplici pratiche di manutenzione preventiva sono in grado di allungare la “vita utile” dei nostri impianti di irrigazione, garantendone l’efficacia per periodi molto più lunghi di quelli “consigliati dagli Installatori”. La salute dei nostri tappeti erbosi, che è sempre la risultante di numerose variabili, nella stagione irrigua 2015 è stata spesso condizionata da impianti irrigui “mal funzionanti”: greenkeeper e manutentori del verde nei prossimi anni dovranno mostrare sempre più passione e competenza, anche nella gestione degli impianti di irrigazione.

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Cucina e relax in grande stile a cura della redazione

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avvero splendido il recente intervento che ha rovesciato come un guanto tutta la zona dedicata dal bel percorso di Ca’ della Nave ai suoi ospiti in cerca di una parentesi di relax. La completa ristrutturazione dell’area bar e ristorante, fortemente voluta da Luigino Conti, general manager del circolo di Martellago, ha reso irriconoscibile gli spazi che

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in precedenza accoglievano soci e ospiti fra l’ingresso e le grandi piscine che rappresentano uno dei plus del club veneto. Come si può facilmente apprezzare dalle numerose immagini che pubblichiamo in queste pagine, i lavori hanno dato un grande smalto a questi fondamentali servizi di Ca’ della Nave. In attesa della chiusura di alcune situazioni burocratiche che hanno frenato gli investimenti sul campo e sulle parti comuni, Conti e il suo staff sono co-

munque riusciti a concludere in modo eccellente l’intervento fondamentale che riguardava appunto ristorante e bar. E possiamo assicurarvi che mettersi comodi dopo 18 buche, nelle luminose e moderne sale di fronte alle piscine, è davvero un piacere. Se ci aggiungiamo la recente apertura del casello autostrale di Martellago, a cinque minuti dal circolo, possiamo dire che Ca’ della Nave ha senz’altro numeri per dimostrarsi club di eccellente livello.

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INTERVENTI E RISTRUTTURAZIONI Ca’ Della Nave

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È NATA UNA STELLA

Si chiama Villaverde Resort ed è una struttura unica nell’ambito golfistico italiano, ideale per una qualificata offerta turistica, sportiva e sanitaria

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NUOVE STRUTTURE Golf Club Udine

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di Renato d’Argenio

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l “villaggio dei sogni” ha aperto sabato 6 febbraio. Due anni e mezzo dopo la posa della prima pietra il Villaverde Resort di Fagagna (Udine), 4 stelle lusso a due passi dalla celebrata zona di San Daniele del Friuli, diventa realtà. Una struttura unica nel suo genere, sia per il contesto in cui è sorta sia per l’idea: un’offerta turistica, sportiva e sanitaria come nessuna in Friuli Venezia Giulia. E unica anche in ambito golfistico nel nostro Paese, anche se non si tratta di un’opportunità dedicata solo per a chi ama sacca e bastoni, anzi. L’abbiamo visitata in anteprima.

LA STRUTTURA È firmata dall’architetto Alessio Princic e punta al massimo rispetto ambientale: l’edificio è classe “A”. Ottomila metri quadrati, compresi i parcheggi sviluppati su due piani di cui uno coperto da una tensostruttura fotovoltaica e il tetto è completamente coperto da un manto erboso. Il soffitto interno è stato realizzato da Giorgio Celiberti: un’opera da 1.800 metri quadrati. Tre i piani in luce previsti dove, oltre alla hall, trovano spazio 34 camere (68 posti letto) di cui 5 suite, con vista verso le 18 buche del Golf Club Udine. La hall è al primo piano, con reception, sala convegni da 90 posti, lounge bar e Ristorante Privilegium. Qui lo chef personalizza, con show cooking, cena e servizio per i propri clienti. Pranzi e cene degli ospiti sono serviti al Bar&Restaurant del golf, raggiungibile passeggiando lungo la passerella che collega il resort alla club house. Gli arredi portano le firme di questa terra: Snaidero, Moroso, Gervasoni e Accento. Scendendo si raggiunge il piano medico, un importante centro basato sulla prevenzione e la medicina del movimento. C’è, tra l’altro, un’attrezzata palestra Technogym. Infine, il centro wellness.

LE CAMERE Come detto, sono 34, funzionali e luminose: 26 metri quadrati più altri 7 di terrazzo. Oltre a un ampio bagno è stato realizzato un comodo spazio guardaroba, in modo da non aver tutto in giro per la camera. La suite, invece, è di 52 metri con terrazza da 14, un salotto e due bagni. Alcune camere comfort possono essere comunicanti.

IL CENTRO WELLNESS Cinque cabine per trattamenti, idromassaggio, una vasca da 25 metri e una piscina esterna con solarium. Ci sono anche biosauna, bagno turco e la stanza del sale. E due floating rooms, novità a livello nazionale. Permette di raggiungere un effetto di rilassamento profondo tramite la tecnica del galleggiamento. Un’ora in quella stanza equivale a 4-6 ore di sonno.

CURA E MEDICINA Nel piano tra le camere da letto e la parte wellness sarà realizzato il centro medico (aprirà nelle prossime settimane): avrà due ambulatori chirurgici per piccoli interventi in anestesia locale. Particolare attenzione sarà dedicata alla medicina del mo-

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In apertura, il nuovo e splendido campo pratica del GC Udine. Sullo sfondo, il nuovissimo Villaverde Resort, di cui in questa pagina vediamo dettagli di una stanza, palestra e piscina, la zona bar - ristorante vimento, alla riabilitazione, alla cura di stati depressivi e alle diete. Tutte attività monitorate da medici.

I PREZZI Dormire al resort Villaverde costa mediamente 130 euro a coppia (260 la suite). Dieci euro in più per la prima colazione, ricca e assortita. L’ingresso all’area wellness e piscina è di 36 euro, ma si possono fare abbonamenti mensili, semestrali o annuali. L’annuale per esempio viene 650 euro. La floating room oscilla fra i 65 e i 90. Infinita la serie di trattamenti per il corpo: massaggi tradizionali, linfatici, stone massage, intensivo, a 4 mani e orientali come lomi lomi, shiatsu, ayurvedico, pindasweda.

Da 30 a 75 euro. Ci sono, poi, i trattamenti dedicati alla pelle e quelli per gli sportivi: podisti, ciclisti, nuotatori e, naturalmente, golfisti: 50-60 euro.

LA FILOSOFIA «L’idea è semplice – ha spiegato l’imprenditore Gabriele Lualdi, mente e braccio di questa scommessa – e nasce dalla consapevolezza della mancanza di una struttura capace di unire il concetto di resort e di centro wellness a uno dei più bei campi da golf. Un luogo dove “ossigenare la vita”, dove ci si può prendere cura di se stessi. Un luogo dove fare sport e turismo». (Per gentile concessione del Messaggero Veneto)

Una vacanza per relax e remise en forme di grande qualità «Il basso impatto ambientale e la sostenibilità del Villaverde Resort interpretano perfettamente il concetto di turismo slow delineato dal piano strategico regionale». Lo spiega Bruno Bertero, direttore marketing di Turismo Fvg, che aggiunge: «Il nostro piano strategico punta inoltre a una differenziazione dell’offerta turistica del Friuli Venezia Giulia. Il golfista è un turista che cerca qualità e interazione tra esperienze legate a sport, territorio e wellness: tutti aspetti che PromoTurismoFvg considera essenziali per dar vita a un nuovo turismo in regione. Ben vengano quindi strutture che cercano di avvicinarsi a questi concetti». «Il Villaverde arricchisce l’offerta regionale del Friuli Venezia Giulia – aggiunge Dario Scotto, delegato regionale della Federazione Italiana Golf –. Eleva il livello della ricezione alberghiera con una struttura di livello internazionale. Non solo: permetterà di ospitare gare internazionali. Con i centri di Lignano e Aviano offre “rifugio sicuro” a chi ama giocare e vuole anche staccare la spina. Un plauso va a Gabriele Lualdi: non sono molti gli imprenditori che oggi investono così tanto nel golf e nel turismo. La scommessa è importante ma siamo a un’ora da Venezia o dalle Dolomiti; vicini alla laguna e a città storiche come Aquileia, Cividale o Palmanova. All’incrocio tra tre nazioni e tre culture: quella italiana, quella slovena e quella austriaca, che con le loro tradizioni e la loro gastronomia offrono uno spettro vastissimo di sapori e suggestioni».

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RISTRUTTURAZIONI Villa Condulmer

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Aria nuova

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on un bell’intervento di ristrutturazione, Villa Condulmer, uno dei più celebrati circoli del Veneto, ha rinnovato la sua zona dedicata agli spogliatoi. Il Circolo di Mogliano Veneto (Treviso), ricavato in una storica villa accanto all’omonimo albergo a cinque stelle, ha deciso di dare più che una rinfrescata alle sue belle parti comuni, che in alcuni casi mostravano i segni del tempo. Bagni moderni e spogliatoi ordinati fanno adesso bella mostra di sé nel club presieduto da Aldo Preo e diretto con grande esperienza da Egle Ancillotto, rendendo ancor più piacevole una giocata a Villa Condulmer.

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ASSOCIAZIONI

Mid-Amateur

SEMPRE AL TOP Ricorre il quarto di secolo dalla fondazione di questo gruppo di golfisti “doc”, che punta fin dalla nascita solo su gare di qualità e vero agonismo. Senza però dimenticare il fair play a cura della redazione

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uest’anno l’Associazione Italiana Mid-Amateur festeggia un anniversario molto importante: i 25 anni di attività. È passato molto tempo, eppure sembra ieri quando è nata, nel 1991, per volere di un gruppo di golfisti “doc” che hanno capito l’importanza di radunare i giocatori di qualità al compimento dei 30 anni. E per raccontare la storia fino in fondo, l’EGA, ben consapevole dell’importanza della categoria soprattutto negli USA (basti pensare che il vincitore del campionato è invitato a giocare il Masters) si è decisa ad ufficializzarla in Europa dopo aver visto il successo di una bellissima gara internazionale “Over 30” che si è svolta alla fine degli anni ’80 al Lido di Venezia. Gran parte del successo iniziale dei Mid-A-

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mateur si deve alla passione e alla grandiosità di Marco Martinelli che ha ideato, e anche sponsorizzato con la Birra Peroni, quella che è ancora oggi la gara simbolo dell’Associazione: la President Cup. Ad organizzarla, già allora, era stata chiamata Silvia Valli che, insieme a Lorenzo Silva e Patti Croze, veri “pilastri” del golf italiano, ha fondato l’Associazione con Martinelli. Il quinto, tra i soci fondatori, è stato Marco Agnoletto. La formula sin dall’inizio è stata tanto semplice quanto rara: solo gare di qualità e vero agonismo, sempre accompagnato da imprescindibile fair play. Tutti i migliori giocatori con i requisiti necessari sono diventati subito soci Mid-Amateur e le gare hanno rispecchiato sempre più i requisiti di partenza. Da allora, in questo senso, nulla è cambiato. L’Associazione è sempre il riferimento

per i giocatori di qualità e l’obiettivo da raggiungere per coloro che vogliono diventarlo. Il nostro obiettivo del 2016 è quello di raggiungere i 1.000 associati. Molti sponsor importanti hanno sostenuto i Mid.-Amateur negli anni e molti di loro continuano a farlo da molto tempo come Fratelli Rossetti, Valdo e Chervò. Anche in questo senso i Mid-Amateur si vantano di avere l’eccellenza al proprio fianco. E una menzione speciale la merita Constance Hotels Belle Mare Plage, a Mauritius, dove si gioca la speciale finalissima. Ha voluto legare il suo nome ai Mid-Amateur nel 1994 e da allora ha proseguito questa collaborazione che lo ha portato a crescere ogni anno sempre più, fino a diventare il resort di riferimento nell’Oceano Indiano per qualità e sportività. Esattamente come l’Associazione Mid-Amateur!

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71 IL CALENDARIO GARE 2016 Donnafugata Monticello Tolcinasco Milano Arzaga Gardagolf Villa d’Este Montecchia Castelgandolfo Bogogno Bergamo Cervia Barlassina Castelconturbia Is Molas Chervò Le Robinie Roma Acquasanta

Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy President Cup Campionato di Doppio Campionato di Doppio Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Campionato Nazionale Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Mid-Amateur Golf Trophy Campionato a Squadre Mid-Amateur Golf Trophy

Doppio+Singolo Singolo Singolo Singolo Doppio Doppio Singolo Singolo Singolo Singolo Singolo Singolo Singolo Singolo Singolo Doppio A Squadre Singolo

5/6 marzo 19 marzo 10 aprile 23/25 aprile 7 maggio 8 maggio 20 maggio 22 maggio 28/29 maggio 5 giugno 11 giugno 3 luglio 8/10 luglio 17 luglio 9 agosto 11 settembre 1/2 ottobre Da definire

Nella pagina accanto, i vincitori del Campionato Italiano 2015. In alto i team maschili e femminili primi lordi nel campionato a squadre. Qui sopra Silvia Valli, Patti Croze e il Legend Course di Mauritius

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CLUBHOUSE Chervò San Vigilio

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GRAN RELAX IN TERRA DEL GARDA Sono ben 7.000 i metri quadrati a disposizione nel centro dei servizi attorno a cui ruotano le 36 buche (27 da campionato e 9 executive) del circolo vicino a Sirmione, grande esempio di praticità e bellezza

Nelle foto, l’ingresso del resort e tre immagini esterne della clubhouse al Chervò San Vigilio

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In alto, una veduta notturna della clubhouse e nelle altre immagini gli interni: hall con grande camino e bar, veranda e ristoranti, taverna, sale meeting, proshop. Il tutto su una superficie di 7.000 metri quadrati

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CLUBHOUSE

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edichiamo l’articolo di questo numero a una delle clubhouse più belle e recenti del panorama golfistico italiano. L’inaugurazione è del 14 febbraio 2009, giorno di San Valentino, ed è scontato dire che della clubhouse di Chervò San Vigilio è facile... innamorarsi. Progettata da Mara Paterlini, architetto bresciano associato allo Studio Gap, l’edificio che raccoglie i servizi del bel golf gardesano è quanto di più pratico esista, senza però dimenticare l’aspetto estetico, che qui gioca un ruolo fondamentale. Grande luminosità dovunque, una hall d’ingresso ampia e comoda, dominata dal grande camino e dall’area bar, che si apre appena dietro nell’enorme veranda affacciata sul doppio green d’arrivo dei percorsi Benaco e Solferino. Sulla sinistra il grande pro shop, la segreteria e gli uffici, a destra le varie sale ristorante e l’appartata cucina. Protagonisti il legno, la pietra e tonalità delicate per pareti e arredi. Al piano superiore una vasta area a disposizione, con grandi terrazze, mentre gli spogliatoi si trovano in quello sotterraneo. Qui trovano spazio anche la taverna, la cantina, la zona relax per fumatori e le sale meeting, perfettamente attrezzate. Un lungo corridoio porta all’aperto, presso il caddie master, dove si apre il locale per il ricovero sacche, la rimessa e la ricarica per i numerosi golf cart. Una clubhouse da dieci e lode.

Il circolo e lo staff

Chervò Golf Club Hotel, Spa & Resort San Vigilio Lago di Garda - Località San Vigilio 25010 Pozzolengo (Brescia) Aperto tutto l’anno, nessun giorno di chiusura Tel. 030 91801 - info@chervogolfsanvigilio.it chervogolfsanvigilio.it PRESIDENTE: Manfred Erlacher VICE-PRESIDENTE: Pietro Apicella RESPONSABILE SEGRETERIA: Angelo Carcione RESPONSABILE RISTORAZIONE: Franco Giacomelli SCUOLA: Chervò San Vigilio Golf Academy SUPERINTENDENT: Fiorenzo Bariselli

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BIELLA ALLA SESTA Prevista per maggio l’apertura di una nuova struttura golfistica, che porterà così a 59 le buche aperte nella provincia piemontese

Nelle foto di queste pagine, movimenti di terra e buche seminate attorno al mulino di epoca medievale che dà il nome al campo voluto da Fabrizio Gariazzo, imprenditore biellese. A destra Marco Hofer, Valentina Panatero e Francesco Sicuro, che compongono lo staff del nuovo circolo di Cerrione

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NUOVI CAMPI

Cerrione Il Mulino

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di Roberto Lanza

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el piccolo comune di Cerrione, alle porte di Biella, sta nascendo un nuovo percorso, il Golf Club Cerrione Il Mulino. In una zona incontaminata posta alle pendici della collina morenica della Serra (la stessa che qualche chilometro più a nord ospita il Golf Club Biella Le Betulle) si trovano i ruderi di un antico mulino di epoca medievale da cui prende il nome il nuovo circolo. Qui è in fase di ultimazione un campo di 9 buche che si sviluppa su di un’area di 25 ettari situata ai margini della Riserva Speciale della Bessa, compresa tra la strada che collega Cerrione con Vermogno e il torrente Olobbia. L’interessante progetto ha preso vita grazie all’iniziativa di Fabrizio Gariazzo, imprenditore attivo nel settore medico delle visite specialistiche, che 25 anni fa si trasferì a Cerrione ristrutturando un vecchio cascinale del 1600: “Tra camminate e passeggiate a cavallo mi sono innamorato delle bellezze naturali di questo luogo - spiega Gariazzo che, pur essendo appassionato, non è un giocatore di golf -, dove si trovano bellissime querce, frassini e carpini. Tra l’altro storicamente la zona pare fosse una sorta di “area industriale medievale” dove sfruttando l’energia dell’acqua sorgevamo ben sette mulini (ora ne rimangono solo due, il rudere presente nel campo e un altro in un piccolo borgo nei pressi del paese, ndr) adibiti a varie attività. Comunque nel corso degli anni ho avuto la possibilità di acquisire dei terreni, che altro non erano che boschi incolti e prati, e ad un certo punto abbiamo pensato come potevano utilizzarli e valorizzarli. L’idea di realizzare un percorso da golf ci è venuta quattro anni fa, subito avevamo pensato ad un percorso pitch & putt poi con l’acquisizione di altri terreni abbiamo ampliato il progetto”. A dirigere il club ci sono Valentina Panatero e Francesco Sicuro, entrambi formati alla scuola nazionale Federgolf, mentre il maestro è il professionista Marco Hofer: “L’esperienza del mio lavoro nella formazione e nella selezione del personale - prosegue Gariazzo -, mi ha insegnato che scegliere un valido team di collaboratori giovani e motivati è il punto di partenza di ogni iniziativa”. La bellezza della location, le persone giuste e un progetto di qualità sono gli ingredienti su cui hanno puntato a Cerrione per realizzare un percorso, che per scelta però non è stato di-

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NUOVI CAMPI

Cerrione Il Mulino

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segnato da un architetto: “È una zona che ha un vincolo paesaggistico - dice Gariazzo -, inserita tra un torrente e una riserva naturale, quindi abbiamo deciso di assecondare al massimo l’ambiente e le bellezze naturali presenti, decidendo su come procedere a seconda di come ce le trovavamo di fronte, sempre limitando al minimo i movimenti terra. Grazie a questa intervista, approfitto per ringraziare i proprietari di tutti i terreni che hanno venduto i loro appezzamenti credendo nella realizzazione di questa opera e i vari enti, Comune, Provincia e Regione per la collaborazione e la disponibilità. Speriamo che il campo contribuisca alla promozione turistica del territorio”. Lo stato dei lavori, iniziati nel 2014 ed eseguiti dalla ditta Ideal Prati di Tremolada Alessandro & C, a fine gennaio vedeva sette buche completamente realizzate e seminate (con l’erba, visto l’autunno ed inverno particolarmente mite, già in parte germogliata) e due (i par 3 delle buche 6 e 9) in fase di ultimazione, mentre l’impianto di irrigazione (con tecnologia a decoder) è stato affidato alla ditta En.Bo. La clubhouse inizialmente sarà costituita da una struttura prefabbricata situata a fianco del tee della buca 1, dove poco distante, a dominare il percorso, si trova la dimora della famiglia Gariazzo. L’ inaugurazione prevista è per maggio con la prima gara di un intenso calendario già programmata per sabato 5 giugno. Con il Golf Il Mulino salgono così a sei i club presenti nella provincia di Biella: lo storico Le Betulle a Magnano (18 buche nato nel 1957), Cavaglià (18 buche, aperto nel 1998), Living Garden Cossato (9 buche, 1992), Tenuta Castello (campo pratica + 5 buche executive, 2003) e Ponte Cervo Biella (campo pratica, 2010).

Una per una le nove buche Il campo di Cerrione Il Mulino (green, tee e fairway sono stati seminati ad Agrostis) propone 9 buche (par 36), suddivise tra 2 par 3, 2 par 5 e 5 par 4, tutte con doppie partenze, green molto ampi, pochi bunker e una lunghezza di poco superiore ai 2600 metri (5200 nello sviluppo totale delle 18 buche). Ad aprire il percorso, c’è un impegnativo par 4 di 305 metri dogleg a sinistra costeggiato da una fila di grossi alberi. Un primo colpo da 150/170 metri verso il centro del fairway assicura un secondo colpo in discesa con una buona visuale del green difeso da un grosso lago (che servirà come bacino idrico). Da quel punto il percorso si apre in una bella e ampia piana soleggiata, limitata dal torrente e dai boschi. La buca 2, un lungo par 5 di 490 m., si preannuncia tra le più caratteristiche, con il primo colpo leggermente in salita e il secondo colpo da piazzare su un fairway molto spazioso cercando di evitare il rudere del caratteristico mulino (quello da cui prende il nome il club) situato al centro della pista. Il green è difeso da un grosso albero sulla sinistra e da un bunker. Segue la buca 3, par 4 di 350 m. con leggero dogleg verso destra e primo colpo da giocare sulla parte sinistra per avere un angolo d’attacco migliore sul secondo. La buca 4 è invece un par 5 di 465 m. dove occorre una certa precisione con il tee-shot per un ostacolo d’acqua laterale sulla sinistra e piante a destra che delimitano il confine con la buca 4. 300 metri e par 4 per la buca 5, un par 4 di 300 m. con ampio bunker in prossimità dell’atterraggio del tee-shot sulla parte destra del fairway e bosco sulla parte sinistra. Green non troppo esteso difeso da un bunker. La buca 6 è un corto par 3 di 90 m. con il green posto in cima ad una collinetta ben difeso da un bunker e con uno scalino con pendenza verso l’alto. E arriviamo alla buca 7, un par 4 di 265 m. leggero dogleg a sinistra, con un grosso bunker sulla parte destra del fairway a metà della buca. La parte sinistra della buca è tutta delimitata da un fitto bosco. Il green è leggermente rialzato con una lieve pendenza sinistra destra. Corto ma interessante il bel par 4 della buca 8 (dogleg a destra di 245 m.), che consente ai giocatori più lunghi di tentare il colpo al green con il driver. C’è bosco sul lato destro e l’entrata del green è piuttosto stretta, difesa inoltre sulla parte destra da un bunker. In chiusura, la buca 9 è un par 3 di 110 m. con il tee posto in una posizione più rialzata rispetto al green, difeso molto bene da un bunker e da una fila di alberi che penalizzano i colpi fuori mira.

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BACKTEE Marco Dal Fior

Sulle orme dei golfisti nomadi

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ino a qualche anno fa esistevano solo i golfisti stanziali, quelli che si distinguono per lo strenuo attaccamento al circolo originario. Ne ricevono, come direbbe Lorenz, un imprinting definitivo già ai primi incerti swing. Eleggono il club a teatro esclusivo delle loro gesta golfistiche. Ne conoscono angoli reconditi e sconosciuti ai più. Sulla buca 3 sanno con precisione la distanza della pianta di ortensie dal centro green. Dalla posizione delle bandiere sono in grado di stabilire con buona approssimazione com’è andato il tête à tête, la sera precedente, tra il presidente della commissione sportiva e l’avvenente aspirante golfista che da qualche tempo frequenta il campo pratica. Dalle macchie sul grembiule del gestore, possono anticipare con precisione certosina l’intero “menù del golfista” che attorno a mezzogiorno calmerà gli appetiti degli sconsolati zappatori di fairways. Il loro armadietto negli spogliatoi è una specie di vaso di Pandora dal quale esce, a sorpresa, tutto ciò di cui un golfista della domenica ha bisogno: palline di scorta, chiodi per le scarpe (soft spikes, ma anche qualche antico reperto in metallo), putter in disuso, attrezzatura di riserva per amici distratti, shampoo e bagni schiuma in quantità industriale, indumenti asciutti per le giornate di pioggia, generi di conforto per improvvisi cali glicemici. Conoscono tutto e tutti. Organizzano epiche sfide per giocarsi una scatola di palline o un giro di birre. Nell’assemblea annuale dei soci prendono la parola per spiegare agli altri accoliti perché si poteva e si doveva gestire meglio il Circolo con tutto quello che si paga di quota sociale. I giocatori nomadi, invece, sono un’apparizione più recente. Sono soci di qualche golf club solo perché costretti dalla normativa federale. Cambierebbero un campo al giorno se ne avessero le possibilità e, soprattutto, il tempo. Sanno benissimo che 18 buche sullo stesso percorso non sono mai uguali, perché la pallina si ostina a non cadere nell’identico posto e, per di più, lo swing è “un movimento ripetitivo” soltanto sui sacri testi del sapere golfistico. Eppure già al terzo giro sullo stesso percorso avvertono il sapore melen-

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so del dejà vu e non resistono al gusto dell’avventura, alla conquista di nuovi green. I più temerari prediligono la sacca a spalla, che fa molto Indiana Jones del fairway. Gli altri celano nel bagagliaio dell’auto un intero pro-shop, con scarpe, ferri, abbigliamento e accessori per ogni tipo di percorso e per ogni condizione climatica. D’altra parte, quando hai fatto centinaia di chilometri per poterti cimentare con il percorso che ospiterà l’Open di Vattelapesca non è che ti arrendi perché in cielo c’è qualche nuvola di troppo. L’ordine dei golfisti nomadi si divide in due famiglie: gli agonisti e i turisti. La prima, numericamente più ridotta, si sposta sì in campi sempre nuovi, ma sempre sulle tracce del piattino d’argento o, meglio, della finale pagata in Paesi esotici. Spesso si aggregano in vere e proprie carovane di giro capaci di non perdere una tappa del MercedesTrophy e di giocarsi tutte le buche annuali del Trofeo Lacoste. Fra di loro si annida - è bene saperlo – anche qualche furbo che, contando sul continuo tourbillon di campi, può tentare di aggiustare il punteggio approfittando della cortesia e della mancanza di sospetti dei padroni di casa, diventando così una specie di Primula Rossa dello score taroccato. La maggior parte dei golfisti nomadi si accontenta invece di saccheggiare il pro shop facendo man bassa di palline logate e magliette con il marchio del Circolo, per accrescere la già mastodontica

collezione che giace chiusa in un armadio a imperitura memoria del girovagare del proprietario e del suo inarrestabile aumento di taglia: dalla S dei primi timidi swing a Menaggio, alla XXL acquistata lo scorso autunno fra il profumo salmastro che avvolgeva le buche del Verdura. La maggior parte dei club italiani è attrezzata ad accogliere solo la prima categoria di golfisti, quella che identifica con il termine di “soci”. Che sono in numero variabile per ogni club. Si va da 200 a 1.000 a seconda dell’appeal del campo e delle strutture, della vastità e della ricchezza del bacino che vi gravita. Il mercato più vasto, quello di decine di migliaia di turisti con sacca al seguito, viene dimenticato, relegato negli spogliatoi “ospiti”, studiati a Lilliput e dintorni, fatti apposta per far sentire ai famosi “ospiti” il disagio di non essere “soci”. D’altra parte il Presidente lo eleggono i soci e a questi ultimi il campo piace deserto e a loro completa disposizione, con meno “intrusi” possibile. Se non ci credete, provate a trovare un Circolo che non conoscete seguendo solo le indicazioni stradali e dimenticandovi del navigatore. Ci arriva solo chi sa già dove andare. I “soci” appunto. E poi ci lamentiamo del fatto che in Italia il golf non attira? Cominciare a renderci conto che il golf italiano, così com’è stato pensato fin a qui, invece di attirare respinge sarebbe già un primo decisivo passo in avanti. (mdalfior@alice.it)

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2016

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