PROFESSIONE
by GOLF&TURISMO
GOLF CLUB CLUB TURISMO
La nostra grande occasione
INTERVISTE
Maria Amelia Lolli Ghetti Alessio Chiusso PROGETTI
La parte sommersa dell’iceberg I segreti dei green MANUTENZIONE Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore
Sotto il solleone EUROPA
Verso la ripresa
OPEN D’ITALIA
Quattro giorni di gara e un anno di lavoro ESTATE 2016
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SOMMARIO
ESTATE 2016
PROFESSIONE
GOLF CLUB
EDITORIALE - Il golf riparte?
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Fulvio Golob
Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno IV - numero 11 - Luglio 2016 - 8,00 euro
FORE! - Sarà mai veramente turismo golfistico?
Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it
AITG - Passione dietro le quinte
Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419218), Roberta Vitale (02 42419315)
SPECIALE - Open d’Italia 2016: lavori in corso
Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico)
Fulvio Golob
Hanno collaborato a questo numero: Stefano Boni, Salvatore Brancati, Isabella Calogero, Paolo Croce, Marco Dal Fior, Alessandro De Luca, Donato Di Ponziano, Roberto Lanza, Paolo Montanari, Filippo Motta, Fabrizio Pagliettini, Franco Piras, Luca Porcu, Graziano Semiani, Federica Rossi, Roberto Roversi, Andrea Vercelli, Roberto Zoldan Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it Creative Director: Patrizia Chiesa
Donato Di Ponziano
Presidente: Alessandro Zonca Vice Presidente: Silvio Conconi
Andrea Ronchi
SPECIALE - Open d’Italia 2016: lavori in campo INCHIESTA KMPG - Golf in Europa: inversione di tendenza Andrea Ronchi
TURISMO GOLFISTICO - La nostra grande occasione Maurizio de Vito Piscicelli
SERIOUS GOLFERS - Jordan il Lento PROGETTI - Verso la Ryder Cup PERSONAGGI - Maria Amelia Lolli Ghetti: Lady Margara Roberto Zoldan
GOLF IMPRESA - Lo sviluppo del golf italiano a cura della redazione Roberto Roversi
PROGETTAZIONE - La parte sommersa dell’iceberg
Franco Piras - Golf Course Architect - Senior Member EIGCA
ARCHITETTURA - David Mezzacane: i segreti dei green
Sito web: www.professionegolfclub.it
Andrea Ronchi
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Paolo Croce
Roberto Roversi
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Filippo Motta
Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it
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Fabrizio Pagliettini
MANUTENZIONE - Massimo Mocioni: sotto questo sole Editore: Go.Tu. Surl
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INTERVISTA - Alessio Chiusso - Grado: lavorare in Laguna Roberto Lanza
TOLCINASCO - Macroterme: non c’è due senza il tre!
Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento)
TECNOLOGIA - Monitorare i fulmini
Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano.
a cura della redazione
Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it
BACKTEE - Quando la pigrizia corre su quattro ruote
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Alessandro De Luca
CLUBHOUSE - Arzaga: l’eleganza della storia STRUTTURE - Montecchia: è nato il Performance Center a cura della redazione Marco Dal Fior
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Amministratore Delegato: Alessandro Zonca Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.
Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2015 Go.Tu. Surl
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EDITORIALE
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Fulvio Golob
Il golf riparte?
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opo aver letto e approfondito un’interessante ricerca di KPMG, con i dati a fine 2015 del Pianeta Golf nel Vecchio Continente, abbiamo passato il materiale ad Andrea Ronchi, che ne ha ricavato un esteso articolo sull’argomento. La fotografia che esce da questo “Golf Participation Report for Europe” parla di una sostanziale stabilizzazione nel numero dei giocatori e dei campi. Molti segnali indicatori del mercato sono inalterati, mentre negli altri casi il declino della domanda si è ridotto. C’è quindi la speranza che la curva in discesa possa aver superato il punto più basso. Unico limite dell’indagine, che abbiamo evidenziato varie volte all’interno dell’articolo pubblicato su questo numero, riguarda il fatto che la ricerca esclude dall’esame i milioni di giocatori non tesserati (in Francia rappresentano ad esempio i due terzi dei golfisti reali), e quindi il quadro che ne esce è legato soprattutto a giocatori con un’elevata frequenza di pratica. Sfuggono invece alla rilevazione gli ormai milioni di frequentatori più saltuari dei course, che di solito non fanno parte di una federazione o, nel caso delle isole britanniche, di una “union” come EnglandGolf. La rilevazione di KPMG ci racconta che fra 2014 e 2015 il numero dei tesserati è rimasto quasi inalterato su scala europea. Su oltre 4 milioni e 150mila iscritti il segno meno riguarda solo 12.202 giocatori (-0,3%), mentre i percorsi sono cresciuti di 16 unità, a quota 7.016 (+0,2%). L’Italia, con i suoi 90.027 golfisti (-1,8%) allo scorso 31 dicembre, era tredicesima, avvicinata a una manciata di tessere dalla Svizzera (89.679) che ormai è a un’incollatura di distacco.
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lla discreta notizia che annuncia la fine della discesa dei tesserati in ambito continentale, fanno eco le numerose iniziative per rinvigorire l’ingresso in campo di nuovi giocatori. La ricerca di KPMG, sostenuta da Gary Player, da anni titolatissimo collaboratore di Golf & Turismo, identifica quattro punti fondamentali per la crescita del golf: 1) maggiori incentivi per giocatori con handicap alto o neofiti 2) modifica e adattamento dei campi 3) incremento degli incontri sociali e apertura dei club 4) programmi per giovani e famiglie Il primo punto richiama subito alla mente la fascia di praticanti agli inizi, con handicap da 36 a 54 colpi, categoria istituita finalmente anche in Italia. Anche se molti golfisti storici di casa nostra hanno storto non poco il naso, l’handicap di tre colpi in più a buca esiste da molto tempo all’estero. Non sappiamo esattamente da quando, ma abbiamo trovato su internet prove di hcp 54 in Germania che risalgono almeno ai primissimi anni del XXI secolo. La più antica notizia scovata in rete è del 2002 e quindi stiamo parlando di quasi 15 anni fa. Noi come al solito arriviamo con il nostro bel ritardo e se agli inizi anche all’estero si parlava di vantaggio di gioco ridicolo, di barzellette, di “non golf”, oggi la situazione è molto, molto cambiata. Perché tantissimi ottimi giocatori al di là delle Alpi hanno iniziato proprio
con il famigerato hcp 54 e adesso, magari essendo da tempo one digit o addirittura scratch, non si sognerebbero mai di prendere in giro chi comincia con una riserva di colpi che si conta con il pallottoliere di antica memoria.
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arliamo parecchio in questo numero di progettazione, di metodi per contenere i costi senza limitare il piacere del gioco, di campi che puntano sempre più numerosi sulle macroterme per ridurre consumo d’acqua, diserbanti, utilizzo di pompe ed energia elettrica, eccetera eccetera. In uno dei nostri numerosi viaggi fra i circoli italiani, in Emilia Romagna nella stessa giornata abbiamo incontrato - a metà luglio - due circoli con tappeti erbosi molto differenti. Il primo, in microterme, mostrava evidenti segnali di sofferenza, mentre il secondo, che utilizzava bermuda, era un vero spettacolo. Impeccabile, verdissimo, bellissimo. E rifinito come un merletto di Burano. Se in più ci aggiungete che si tratta di uno dei campi con il maggior numero di soci in Italia, e quindi molto “calpestato”, la fotografia che ne esce non lascia dubbi. Con un irraggiamento solare è buono su tutto il percorso, non puntare sulla conversione a macroterme temiamo sia un errore. Non andiamo oltre perché non siamo certo noi gli esperti in grado di sputare sentenze sui tappeti erbosi, ma ormai gli indizi che abbiamo raccolto in giro per l’Italia sono ben più dei tre famosi che si traducono in una prova...
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olti altri gli articoli che crediamo troverete interessanti. L’intervista ad Alessandro Rogato e Barbara Zonchello (presidente e direttore del comitato organizzatore dell’Italian Pro Tour), seguita da quella a Roberto Carità e Marco Nembrini (direttore e superintendent del Golf Club Milano) vi apriranno le porte del 73° Open d’Italia, in programma nel circolo monzese dal 15 al 18 settembre. In primo piano la progettazione, gli allestimenti, la cura del campo, gli infiniti aspetti organizzativi di una gara che in soli quattro giorni brucia il lavoro di un anno e che nel rush finale vede impegnate oltre 700 persone. Dato che ci riteniamo profondamente ottimisti, vogliamo caldeggiare anche il pezzo di Maurizio de Vito Piscicelli, uno dei massimi esperti di turismo golfistico in Italia, che ci segnala dati molto positivi sul flusso di giocatori stranieri. Li abbiamo verificati anche noi parlando con direttori e presidenti di numerosi circoli e, se da un lato è sempre una grande fatica mantenere inalterato il numero dei soci, dall’altro i green fee crescono del 20 per cento e anche più. I motivi? li trovate tutti nell’approfondito esame di Maurizio, anticipato nella sequenza delle pagine dall’editoriale di Donato Di Ponziano, che affronta anche lui lo stesso argomento. E poi a vostra disposizione pagine sul progetto Golf Compact, sulla manutenzione estiva, su fulmini e temporali, AITG e Golf Impresa, interviste, editoriali. Buona lettura e appuntamento al numero di autunno.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Il nuovo consiglio dell’Associazione Buon lavoro AITG
✉ Eccellenza certificata
L’Associazione Italiana Tecnici di Golf, che conta oltre 300 membri responsabili della gestione di golf club, ha eletto il nuovo consiglio nel corso del primo meeting annuale tenutosi a Tolcinasco. Confermato alla presidenza Fabrizio Pagliettini che verrà coadiuvato da Marco Antonangeli, Filippo Baruzzi, Mariano Merlano, Maurizio Novella, Tiziana Panizzolo e Davide Santagostino.
L’hotel di charme quattro stelle La Tabaccaia ha ricevuto il Certificato di Eccellenza TripAdvisor che viene consegnato alle strutture ricettive che hanno ricevuto recensioni eccellenti sul portale di viaggi più grande del mondo nell’arco degli ultimi 12 mesi. Il quattro stelle di Castelfalfi dimostra ancora una volta di essere una struttura capace di soddisfare al meglio i bisogni dei propri clienti. E a primavera, in arrivo Il Castelfalfi, nuovo hotel a cinque stelle del resort fiorentino.
➤ La foresteria affacciata sulla 18 Rinnovamento a Margara Il Golf Club Margara ha portato a termine importanti lavori di rinnovamento e miglioramento delle strutture. In particolare si è proceduto alla completa ristrutturazione della foresteria, con le 12 camere nella dimora di campagna affacciate sul campo pratica e sulla buca 18, dotate oggi anche di una nuova sauna a completamento dell’offerta.
➤ I tecnici di domani Corso Superintendent primo livello Il Corso si terrà presso il Centro Tecnico Federale “Giuseppe Silva” a Sutri e avrà la durata di 5 settimane che saranno articolate come segue: - Organizzazione Sportiva dal 3 al 7 ottobre 2016 - Scuola guida ed esercitazioni pratiche sul percorso, cenni di meccanica dal 10 ottobre al 4 novembre 2016 Al termine delle due sessioni gli allievi dovranno sostenere un esame di idoneità per essere ammessi al corso di 2° Livello.
➤ 6 buche a tempo Il golf diventa sprint Il nostro sport ha bisogno di nuovi format per consentire a più persone di praticarlo. Con questo spirito Tom Critchley, figlio di Bruce, ha lanciato Sprint6golf: «Da molti anni sento chiamate di persone che desiderano una forma di golf più veloce e così ho avuto l’idea di creare Sprint6golf». Si tratta di giocare solamente sei buche e con il supporto di un’app con un timer di 30 secondi per ogni colpo che garantisce fluidità e ritmo costante. Il nuovo progetto ha trovato i favori del capitano di Ryder Cup Paul McGinley e di Keith Pelley, CEO dell’European Tour, entrambi concordi sull’opportunità che il nuovo format crea per coinvolgere nuovi giocatori.
➤ Sentenza favorevole del Consiglio di Stato Cade l’ultimo ostacolo contro il golf di Campo d’Oglio Pietra tombale del Consiglio di Stato sul progetto dell’Istituto Morcelliano di Chiari (Brescia) che ha portato al Santellone un impianto golfistico con relativa club house. Dopo aver visto respinto
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in primo grado al Tar il ricorso di Colombera Golf Club (che gestisce un impianto analogo a Castrezzato ed è guidato da Ivan Tomasoni) e della Immobiliare I Giardini srl, guidata da Roberto Tomasoni, il
Consiglio di Stato era stato chiamato a esprimersi su un ricorso simile ispirato a Castrezzato dal Ministero delle Infrastrutture. Il Ministero ha voluto verificare se vi fosse un contrasto con il Piano
territoriale provinciale. Chiamata a esprimersi in riguardo, la giustizia amministrativa ha confermato improcedibile il ricorso per lo stralcio disposto dalla Provincia di Brescia sul progetto.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Campo pratica aperto la sera Luce all’Alisei
➤ Tanti auguri a Le Pavoniere e Gardagolf 30 anni per due Le Pavoniere Club di Prato ha festeggiato 30 anni di attività lo scorso 27 giugno 2016. Il circolo nacque su un percorso di 6 buche sul terreno oggi appartenente al comune di Prato negli spazi confinanti all’odierno club, nello splendido Parco protetto delle Cascine di Tavola. La costruzione del campo a 18 buche, a firma di Arnold Palmer, e la ristrutturazione della club house all’interno del parco è avvenuta poi nel 1995 grazie a tutte le famiglie proprietarie unitesi nella Società Cooperativa Parco Verde. La struttura è divenuta un fiore all’occhiello per il movimento golfistico italiano in poco tempo. 30 anni anche per Gardagolf, club bresciano che ha contribuito alla storia del golf italiano con due edizioni dell’Open d’Italia e
quattro gare del Challenge Tour, oltre a decine di Campionati Italiani di varie categorie. “Lo staff di professionisti di assoluta eccellenza, il rapporto speciale con i soci e gli ospiti del circolo, insieme a un territorio e un clima favorevoli, rendono tutto sicuramente più attraente ma allo stesso tempo
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stimola a dare sempre di più per rendere questo circolo ogni giorno più speciale”, ha raccontato il nuovo direttore Loris Vento. Gardagolf, inoltre, ha dato orgogliosamente i natali e visto crescere fior di campioni fra i quali Matteo Manassero, Nino Bertasio e Andrea Maestroni.
Inaugurato il nuovo sistema di illuminazione nella zona pratica e il putting green del campo da golf di Pietrasanta (Lucca). L’impianto è dotato di faretti in grado d’illuminare una distanza di 150 metri. “Si tratta di un investimento – spiega il presidente Andrea Andreozzi – in grado di permettere al club di rimanere aperto e attivo anche la notte. Un modo per far sfruttare la nostra struttura anche al tramonto e nelle ore più fresche della serata, un servizio in più per i residenti e per i tanti turisti che d’estate si riversano in Versilia”. Il campo verrà illuminato dal giovedì alla domenica fino alle 23. Assieme al campo pratica saranno ovviamente attivi tutti gli altri servizi del club, dalla club house al punto ristoro e alle docce.
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FORE!
Donato Di Ponziano
Sarà mai veramente turismo golfistico? Abbiamo perso molto tempo rispetto a chi ha capito, tanto tempo fa, a livello politico centrale, l’importanza del nostro sport. Ma qualcosa ora è stato fatto e dovrebbe essere soprattutto il Sud ad approfittarne
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uanti sono i poeti, gli scrittori, gli artisti e quante le persone di ogni razza, religione, nazionalità e appartenenza politica che hanno decantato le lodi della nostra stupenda Italia. Un paradiso dalle infinite bellezze naturali, così tante che non si sa da che parte iniziare per riuscire a sfruttarle. Eppure basterebbe organizzarle e venderne turisticamente anche soltanto la metà per risolvere i problemi della nostra economia, ma le difficoltà sono a volte insormontabili . È una specie di condanna del Signore: hai così tanto a disposizione che non riesci a venirne a capo. Della grandezza di questo tesoro che la natura, la storia e la tradizione ci hanno donato, tutti ne parlano e pochi fanno qualcosa per trasformarlo in economia. La maggior parte dei responsabili a capo degli organi istituzionali, a partire dai comuni per finire agli enti preposti a livello nazionale, hanno la cultura di quelli che siccome viaggiano sono esperti di trasporto, siccome leggono i giornali possono fare i giornalisti, siccome mangiano possono essere degli chef ecc. ecc. Una verità di cui anche le pietre ormai parlano, ma è anche un pensiero che per taluni dei nostri amministratori pubblici ha rappresentato spesso un cavallo di battaglia da inserire nei loro programmi elettorali, nei loro desiderata a parole che rimangono però tali. Qualcuno dei nostri politici, all’interno di questo concetto che chi ci guarda dall’estero non può riuscire a comprendere, proprio perché una logica razionale non ce l’ha, con un esercizio deduttivo di eccezionale portata, un colpo di reni intellettuale, si è spinto ad aggiungere ciò che ormai già da più di mezzo secolo è una realtà che ispira il mondo degli imprenditori turistici in qualunque parte del mondo dove la civiltà ha attecchito: il golf è sicuramente tra gli sport quello che maggiormente possiede la dote di poter contribuire all’industria del turismo, lo può fare come nessun’altra attività destinata al tempo libero. Nel tempo, non ci siamo fatti certo mancare congressi, incontri a tema, workshop e appuntamenti dedicati all’argomento. Sicuramente il golf italiano non ha mancato di lanciare sull’argomento a chi di dovere, i suoi messaggi di opportunità, tanto che in tal senso abbiamo ricevuto dichia-
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razioni di attenzione persino da ex presidenti del Consiglio come Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Walter Veltroni ed oggi Matteo Renzi . Eppure, nonostante le tante autorevoli asserzioni e condivisioni, siamo rimasti al palo per tanto tempo ad attendere che qualcosa di concreto accadesse, che qualche fatto significativo prendesse forma. Abbiamo aspettato moltissimo accumulando un ritardo di almeno quarant’anni rispetto ad altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che prima di noi hanno compreso, godendone ampiamente, dell’importanza del golf come volano per l’economia legata al turismo. Gli ingredienti per confezionare il “pacchetto golf ” non sono segreti: ci vuole un territorio dove i terreni vengono venduti ad una cifra economicamente “motivante” per chi investe nella realizzazione di campi (almeno 4 vicini a non più di 40 minuti uno dall’altro) e di complessi alberghieri, ci vuole una
Piano piano, l’Italia del privato ha iniziato a farsi conoscere dai golfisti di tutto il mondo corsia preferenziale per l’ottenimento dei permessi, ci vuole un clima sufficientemente mite da garantire l’attenzione di coloro che scappano dal freddo per andare a giocare a golf, ci vogliono infrastrutture adeguate, in primis un aeroporto a non più di un’ora di macchina, ci vuole una compagnia aerea che crede nel turismo generato dal golf, manodopera che capisca il prodotto che si sta vendendo e il tipo di clientela e poi un progetto di marketing internazionale che promuova la destinazione. Tutto qui. Volete un esempio interessante? Prendete la Turchia: in poco più di un decennio, ha messo insieme tutto ciò che serviva per richiamare l’attenzione del mercato turistico/golfistico e se non fosse stato per l’avvento delle problematiche legate al terrorismo, oggi sarebbe a contrastare nel settore l’egemonia spagnola e portoghese. Noi, in Italia, oso dire che potremmo fare ancor meglio degli altri perché il territorio è più attraente e vendibile, ma un
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7 programma di investimenti coordinato deve ancora arrivare. Fortunatamente, nel tempo, qualche illuminato imprenditore, magari anche tanto sognatore, giocando un azzardo mica da ridere per tutti i problemi che la nostra burocrazia può creare a coloro che in Italia desiderano intraprendere, ha deciso di investire realizzando delle strutture golfistiche a vocazione turistica. Pian piano, in punta di piedi, l’Italia del privato ha iniziato il suo percorso facendosi conoscere dai golfisti di tutto il mondo che si muovono alla ricerca di un luogo dove trascorrere le loro vacanze e poter praticare il loro sport preferito. Partendo dal nord della nostra Penisola con campi che sono nati con una precisa destinazione/vocazione turistica come la pioniera Albarella, Lignano, Arzaga, frutto dell’impegno indefesso del Barone Lando Lanni della Quara, Chervò San Vigilio, Paradiso del Garda, passando per il centro dall’Argentario, il sud e poi le Isole, negli ultimi anni sono stati realizzati una serie interessante di resort di grande qualità e capacità attrattiva. Il sud d’Italia era quello che tutti aspettavamo, quello che veniva da tutti tirato in ballo per la sua vocazione inespressa ad ospitare campi da golf, quello che costantemente si paragonava ad altre zone del sud Europa ben più lungimiranti. Al sud, dopo il bacino di campi pugliesi che ha visto in Riva dei Tessali il primo resort e che oggi riesce ad offrire com-
plessi dalla rara bellezza come il San Domenico e l’Acaya; dopo quello della Sardegna con gli antesignani Is Molas e Il Pevero e oggi il bellissimo Is Arenas, arriviamo finalmente in Sicilia. Qui dopo Il Picciolo, prima bomboniera golfistico-siciliana, frutto dell’impegno imprenditoriale e della lungimiranza dei fratelli Giuseppe e Salvatore Leonardi, dopo il bel complesso de Le Madonie, sono arrivati a costruire i grandi gruppi alberghieri internazionali: la NH Hotels al Donna Fugata e la Rocco Forte Hotels al Verdura. Proprio al sud quindi si sarebbe compiuto il miracolo della composizione della migliore immagine che il golf italiano potesse esportare nel mondo: sole, un mare cristallino, campi da golf preparati alla perfezione, la storia, l’ospitalità in un hotel confortevole, tante specialità gastronomiche, il calore della gente di Sicilia, se non fosse che le infrastrutture lasciano ancora a desiderare. Basterebbe ancora qualche sforzo, magari con l’appoggio di qualche istituzione veramente interessata allo sviluppo del territorio. La Sicilia sarebbe quasi pronta per entrare a far parte con onore del gruppo internazionale delle “golfing destinations”. Ancora molto rimane da fare, ma da quel palo, al quale siamo stati costretti per tanto tempo, ci siamo distaccati. Chissà se sarà mai in Italia vero turismo golfistico? www.donatodiponziano.net
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NOTIZIARIO
Associazione Italiana Tecnici di Golf
Passione dietro le quinte Dal numero di luglio di Golf & Turismo, l’editoriale del Presidente AITG che presenta agli appassionati di casa nostra l’impegno di tutti gli associati per la diffusione e lo sviluppo del Gioco in Italia di Fabrizio Pagliettini
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ari amici, sono stato particolarmente onorato di poter rappresentare l’Associazione Italiana Tecnici di Golf (AITG) sulle pagine di Golf & Turismo con questo editoriale. Un’occasione molto preziosa che ci ha consentito di presentare la nostra realtà del mondo golfistico nazionale, che ha le sue radici a inizio degli anni ’60. Come ricorderete, in quel periodo uno sparuto gruppo di Segretari si unì formando l’Associazione Italiana Segretari e Green Keeper con lo scopo di dare dignità a due professioni che, in maniera pioneristica, stavano cominciando a formarsi sugli allora poco numerosi percorsi nazionali. Da allora di strada ne abbiamo percorsa tanta. Nel 1972 la denominazione si trasformò in Associazione Italiana Tecnici di Golf e lo “sparuto numero di componenti” è via via aumentato negli anni sino a raggiungere gli oltre 300 associati dei giorni nostri. Oggi, quasi tutti i dirigenti responsabili della gestione dei Golf Club (sia per quanto concerne l’Area Manager sia per il settore specifico dell’Area Verde) fanno parte di AITG e le adesioni sono in forte crescita. L’obiettivo che tutti condividiamo è quello di creare contatti professionali e collaborazione tra gli Associati, permettere il fondamentale scambio di informazioni ed esperienze tra colleghi, promuovere tutte le iniziative che possano favorire la crescita professionale delle categorie interessate e dare la massima forma di assistenza a beneficio dei propri membri. Questa la mission statutaria. Il momento storico di grande difficoltà generale, ma anche di importanti obiettivi e di assoluta necessità di produrre nuove idee e nuove iniziative per rinnovare l’immagine del golf italiano, preparandolo alla sfi-
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da rappresentata dall’evento Ryder Cup, ci impone oggi più che mai di creare sinergie con la Federgolf, con la PGAI, con la Scuola Nazionale, con i media e con tutte le realtà coinvolte nel mondo golfistico. Abbiamo la consapevolezza che da soli sia particolarmente difficile ottenere risultati concreti e in tempi ragionevolmente ridotti, ma siamo oltremodo consapevoli di poter essere un plus determinante in un sinergico lavoro di équipe. Ecco perché una opportunità come quella che ci ha offerto Golf & Turismo andava utilizzata a tutela di tutti gli Associati sparsi sul territorio nazionale, che spesso non riescono a trasmet-
“Per poter però essere parte attiva in progetti importanti, bisogna che la nostra dignità professionale venga riconosciuta, difesa e tutelata prima di tutto nel quotidiano, nella vita dei nostri Circoli.”
tere nei propri Club l’impegno personale e associativo mirato alla propria formazione, alla propria crescita. Io ho trascorso 31 anni della mia vita a Rapallo e ho avuto un percorso per certi versi traumatico, trovandomi a 25 anni a sostituire un “monumento” del golf italiano come Paolo Magoni, passando direttamente dalla tranquilla posizione di terzo impiegato di Segreteria a dovermi occupare di 25 dipendenti più anziani e (all’epoca) più esperti di me nei loro rispettivi settori. E senza naturalmente dimenticare i 600 Soci certo non facili da gestire nelle rispettive esigenze e necessità. So cosa ha significato per me e per la mia famiglia in termini di sacrificio, difficoltà, notti insonni e studio. So quanto mi è mancata una formazione che ho dovuto sudarmi nei ritagli di tempo, raggiungendo risultati “sul campo” molto più difficili e pericolosi. Da allora mi sono ripromesso che, qualora ne avessi avuto la possibilità, avrei lavorato per aiutare giovani e meno giovani a diventare fondamentali nella vita del loro Club. AITG oggi fa anche questo: aiuta a non sentirsi soli, favorisce la comunicazione e opera all’interno dei Circoli per migliorare la considerazione della categoria. Molti Presidenti hanno accettato l’invito a presenziare ai nostri Meeting e hanno testato con mano il nostro lavoro e quello dei nostri consulenti. Così ha fatto, onorandoci della sua presenza, Franco Chimenti, presidente della Federgolf, e così fanno regolarmente anche i media nazionali. Quello che mi aspetto e sogno, unitamente al mio Direttivo, è che questi sforzi portino a dare maggiore spessore a un ruolo che troppo spesso, ancora oggi, viene considerato più semplicemente operativo che pensante. E invece concedetemi, con presunzione, di poter dire che è spesso entrambe le cose.
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NOTIZIARIO
Associazione Italiana Tecnici di Golf
Corsi di formazione e sicurezza
Tipologia Corso
Partecipanti
Corso Base Ore
Corso Agg.to Ore
Corso Preposti Sicurezza
SuperIntendent e Direttore
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6
Corso Lavoratori Impiegati
Impiegati Club House
4(Base)+4 (Specifico)
6
Corso Lavoratori Operativi
Addetti Pulizie Manutenzione Verde
4(Base)+12(Specifico)
6
Corso Attrezzature Specifiche
* Trattori Agricoli
4 Pratica + 4 Teoria
4
Corso Attrezzature Specifiche
* PLE
4 Pratica + 6Teoria
4
Corso Attrezzature Specifiche
* Pale Caricatrici Frontali
4 Pratica + 6Teoria
Corso Primo Soccorso
Addetti Primo Soccorso
GrB 12 Rischio Medio
4
Corso Antincendio
Addetti Antincendio
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è possibile la variazione senza alcun costo sempre attraverso la prima busta paga disponibile, alla condizione che non vi siano finanziamenti in corso. In questo caso occorre attendere la relativa rendicontazione. Dal 2003 l’INPS con apposito decreto accantona per tutti i dipendenti lo 0,30% dei contributi versati presso un Fondo Interprofessionale e se l’azienda ne sceglie uno di questi (oggi sono più di 20), con apposita dichiarazione al momento della dichiarazione paghe mensile con modello Uniemens, l’azienda stessa potrà partecipare ai bandi emessi dal fondo per finanziare la formazione di cui necessita oppure presentare progetti formativi a valere sul Conto Formazione Aziendale (CFA). Il Piano Formativo Aziendale proposto potrà essere effettuato presso la sede dell’azienda oppure, se si tratta di piano formativo interaziendale, cioè coinvolgendo più aziende, sarà scelta una sede logistica baricentrica all’area, in media max 50 km. Inoltre l’adesione al Fondo FonARCom permette di partecipare ai bandi emessi in maniera interaziendale dando a possibilità di progettare la formazione a alto valore aggiunto, da poter effettuare durante i meeting di AITG. In questo caso c’è la necessità di avere almeno 25 partecipanti di più circoli presenti alla giornata. AITG in collaborazione con i partners tecnici Ecoricerche (Sassuolo) e Warrantraining (Correggio) sarà in grado presentare un progetto a valere su più zone ove i circoli avranno dato loro adesione e avranno necessità di formazione
Corso RLS
Addetto RLS
Non disponibile
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Informazioni sui corsi
di Gianfranco Giancarli Ecoricerche Srl
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n base alla pubblicazione del nuovo Accordo Stato Regioni relativo alla Formazione sulla Sicurezza dei Lavoratori in varie edizioni che si sono succedute dal gennaio 2012 a oggi per le diverse categorie di lavoratori e relativi rischi, sono state introdotte disposizioni minime per l’erogazione della stessa formazione come: durata, contenuti minimi, modalità della formazione obbligatoria e qualificazione dei docenti. Ecco i percorsi formativi che possono soddisfare le esi-
genze della realtà aziendale e le modalità per accedere al finanziamento delle stesse attraverso l’utilizzo dei contributi messi a disposizione dai Fondi Interprofessionali che gestiscono lo 0,30% dei contributi che tutte le aziende versano a INPS. Il piano formativo proposto potrà essere completamente finanziato utilizzando il Fondo Interprofessionale, FonARCom, al quale l’azienda avrà cura di aderire al più presto attraverso il modello Uniemens Buste Paga con la prima busta paga disponibile (dichiarazione che potrà effettuare il consulente paghe). Nel caso il circolo aderisca ad altro fondo
Quadro Obbligo Formativo Aziendale Nuovo Accordo Stato Regioni dell’11.01.2012
* Moduli Teoria possono avere sino a 24 persone in aula, anche di più circoli. * Moduli Pratica possono avere massimo 6 persone quindi in base alle adesioni dei circoli saranno organizzati moduli formativi con multipli di 6. Tutti gli altri corsi in elenco devono essere svolti per singola sede prescelta con un minimo di partecipanti che firmino i registri di 6 o più persone. Per esperienza sarà opportuno mettere in programma per ogni zona corsi per i quali abbiamo la sicurezza per almeno 8 persone, per evitare disguidi dovuti ad assenze improvvise, salvo pianificare 6 pax ma il o i circoli saranno edotti dei rischi per la rendicontazione finale, cioè se non rispettiamo i minimi richiesti dai bandi le nostre aziende non vengono rimborsate.
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MATERIALE DIDATTICO - Per ogni modulo formativo, a supporto dell’attività didattica, Ecoricerche fornirà ad ogni partecipante un manuale specialistico per la consultazione. ATTESTATO - Per ogni modulo forma-
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11 tivo verrà rilasciato, ad ogni partecipante, un attestato di frequenza nominativo e individuale SEDE DELL’ATTIVITÀ FORMATIVA - Presso la sede aziendale o baricentrica per piani formativi Interaziendali (più circoli golf entro 50 km di raggio).
Composizione e modalità operative dei moduli Ogni singolo modulo formativo sarà tenuto una sede prescelta a livello interregionale per corsi interaziendali tra vari circoli e potranno essere presenti gli addetti dell’azienda secondo i gruppi di lavoro concordati e secondo le necessità operative. Oltre alla formazione sulla sicurezza, a norma D. Lgs. 81/08 e smi, a richiesta potrà essere erogata formazione su altre materie e per questo rimando
ad altra comunicazione. La formazione sarà erogata attraverso moduli formativi appositamente studiati sulla base della realtà lavorativa dei circoli e progettati in relazione ai rischi presenti nel setto-
re. I tecnici della nostra divisione formazione sono a disposizione per fornire le ulteriori informazioni necessarie per l’attuazione del progetto formativo proposto.
Comunicazione importante per avvio corsi formazione sicurezza A seguito della presentazione ufficiale al Meeting AITG 2016 di Tolcinasco della partenza definitiva del Progetto Formazione Sicurezza AITG/FonArComm su Avviso 7/15, Ecoricerche chiede di rispondere alle seguenti richieste per l’attuazione del Piano, inviando all’indirizzo della società (Viale Regina Pacis, 94, Sassuolo, Modena) o via e-mail la seguente documentazione compilata: 1) Il Cassetto Previdenziale (da chiedere al Consulente Lavoro) contenente l’indicazione del Fondo Interprofessionale prescelto: nel caso al momento non abbiate ancora indicato alcun Fondo vi consigliamo di far aderire al Fondo FonArComm, in modo da avere le credenziali per la presentazione dei progetti formativi a vostro nome. Senza questa documentazione il vostro circolo non potrà partecipare ai corsi. 2) Chiedere al vostro Consulente Sicurezza il fabbisogno formativo in materia di sicurezza sul lavoro necessario al circolo nel corso del 2016 o negli anni seguenti Scadenza
Ore corsi
Pronto Soccorso Aggiornamento 6h
Circolo
3 anni
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Antincendio Aggiornamento 5h
3 anni
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Preposti Aggiornamento 6h
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RLS Aggiornamento 4h
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Attrezzature - Trattori Agricoli (Base: 8h)
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3) Elenco Mansioni dipendenti Elenco Mansioni dipendenti (solo interni a libro paga + segnalare eventuali stagionali) Segreteria Caddy Master Pulizie Addetti al Verde Eventuali addetti di Ristorante e Bar
Non appena ricevuto quanto sopra saremo in grado di dare corso alla richiesta della domanda di finanziamento e alla comunicazione sul successivo svolgimento dei corsi. Info: Ecoricerche srl - Gianfranco Giancarli - Tel. 335 6981698 g.giancarli@ecoricerche.net
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Lavori in corso Ecco come si muove da tempo la macchina organizzativa della piÚ importante manifestazione golfistica italiana, che anche quest’anno coinvolge oltre 700 persone
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SPECIALE
Open d’Italia
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A fianco Alessandro Rogato e Barbara Zonchello, qui sopra gli stand commerciali in fase di allestimento di Andrea Ronchi
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ia Piranesi, Milano. Mancano ancora parecchi mesi all’inizio della 73ma edizione dell’Open d’Italia ma negli uffici della Federgolf sembra la vigilia dell’evento. Alessandro Rogato e Barbara Zonchello, presidente e direttore del comitato organizzatore dell’Italian Pro Tour, ci accolgono tra una telefonata e l’altra. Sulla scrivania tanti fogli e un “librone”, quello con il rendering dell’edizione 2016. Lo aprono e ci raccontano. «La prima grande novità è rappresentata dal coinvolgimento nell’Open di una ventina di altre federazioni sportive. Abbiamo ideato un villaggio dello sport con iniziative per ciascuna disciplina. Sarà una grande festa dello sport, un Open aperto a tutti con il golf quale parte centrale di una manifestazione più ampia che coinvolge un ampio numero di discipline». Come si realizza nella pratica? «Ci sarà un’area dove ogni federazione partecipante creerà gli allestimenti per mettere in mostra la propria attività. Subito dopo si troverà l’area “prova il golf”, curata dalla PGAI. Abbiamo visto che lo scorso anno molte persone sono entrate al circolo facendo finalmente cadere le barriere che spesso accompagnano chi si trova davanti ai cancelli». Quindi il rapporto con la PGAI si è rafforzato? «Sì, l’associazione dei professionisti ha un ruolo importante nel panorama golfistico italiano e siamo contenti di questo accordo che arricchirà l’evento con le loro aree nelle quali divulgare la nostra disciplina. Inoltre la PGAI avrà uno spazio nella zona commerciale per meeting e per incontrare il pubblico». I bambini saranno ancora al centro del progetto Open? Negli ultimi anni avete fatto un grande lavoro e oggi è
splendido vedere intere famiglie passeggiare per il circolo durante la manifestazione. «Certo, i bambini sono il cuore dell’evento. U.S. Kids e gli altri partner cureranno l’area per giocare e provare a tirare i primi colpi divertendosi. Non mancherà la zona per il baby sitting. Inoltre ci sarà una Pro Am organizzata da U.S. Kids che vedrà in campo gli under 14 insieme ai professionisti». Ultimo aspetto che avete introdotto recentemente è quello legato agli animali. «Certo, avremo ancora l’area per cani e animali, che sono i benvenuti all’Open. Si tratta di una manifestazione della cultura del Paese. In Francia gli animali entrano liberamente in campo». Quali le principali variazioni rispetto alla scorsa edizione? «I parcheggi dovrebbero essere ancora più vicini, abbiamo rivisitato il commerciale che terminerà in un’ampia zona di ristorazione, ispirata allo street food». In che senso? «Ci saranno tanti piccoli banchi con diverse proposte, distribuiti in giro per il circolo, un accorgimento che permetterà di evitare un’eccessiva ressa. Da ultimo cambierà anche il colore di fondo di tutto l’allestimento, che da rosso diventerà blu, in stile Ryder Cup. La rampa porterà al villaggio ospitalità, che però abbiamo rivisitato. Rimarrà sulla buca 18 ma su due livelli, con i padiglioni centrali elevati in grado di dare maggior risalto ai tre maggiori sponsor. Inoltre è stata creata una tribuna naturale in modo da permettere a tutti un’ottima visuale». Da come lo descrivete dovrebbe essere ancora più bello. E pensare che sembrava già perfetto lo scorso anno... «Ogni nuova edizione è una sfida per continuare a fare meglio e stupire. Ci saranno ancora molti eventi speciali che hanno caratterizzato gli ultimi Open e divertito il pubblico. Inoltre verrà ampliata la tribuna sul green della buca 9».
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SPECIALE Open d’Italia
Fra i partecipanti avete già i nomi di vari campioni? «Ci sono state numerose conferme e crediamo che saranno tanti i giocatori di grande livello che raggiungeranno Monza. Ma non anticipiamo nulla per scaramanzia». Come vengono contattati i giocatori? Vengono pagati? «La nostra filosofia è quella di non dare ingaggi. Abbiamo creato in questi anni ottimi rapporti con giocatori e manager. Da un lato siamo fortunati perché l’Italia è una grande attrattiva, dall’altra la nostra onestà ripaga. I manager ti chiedono sempre se altri giocatori hanno un ingaggio, ma la scelta è stata di non concederlo a nessuno, perché anche una piccola cifra versata a un giocatore poi condizionerebbe gli altri. Alcuni hanno il pernottamento pagato, un fatto che a Monza, con la scarsa ricettività esistente, rappresenta comunque un bel bonus, ma ci fermiamo lì. Il parco e l’autodromo, con la prova delle grandi vetture sportive Mercedes-Benz, è ad esempio un plus importante per tutti. I giocatori si divertono e ne approfittano, perché si tratta di un’occasione più unica che rara di guidare splendide auto su una pista di Formula 1». A che punto è il percorso? «Il campo è in condizioni meravigliose e bisogna solo confidare nel meteo. I nostri addetti al campo conoscono bene il proprio lavoro e soprattutto il proprio campo, a volte più degli esperti dell’European Tour».
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Come si realizza in concreto l’allestimento di un Open? «Si inizia la prima settimana di luglio perché non bisogna arrivare a fare le cose all’ultimo minuto. C’è Ferragosto di mezzo e bisogna mettere in preventivo un’eventuale settimana di maltempo. Ci lavorano 4 o 5 fra architetti e ingegneri che sono con noi da diversi anni. Ci avvaliamo di un fornitore che ci dà sicurezza ed è competitivo per gli allestimenti e che opera con una quindicina di operai. Quando cominciano i lavori noi ci trasferiamo a Monza, perché c’è sempre bisogno di una conferma, anche se la presenza di Roberto Carità, direttore del circolo, è una vera garanzia. E inoltre, organizzare una seconda edizione nello stesso posto è senz’altro più facile». E gli sponsor? «C’è una nuova struttura in Federazione con persone molto valide, guidate da un responsabile marketing, che si dedicano alla ricerca degli sponsor». Voi quindi non ve ne occupate più? «A dire il vero, a parte qualche conoscenza personale, non abbiamo mai avuto questo incarico, anche se possiamo fungere da supporto per la conoscenza dell’evento nei minimi dettagli. Da organizzatori, il nostro obiettivo è ottenere il massimo risultato sfruttando al meglio il budget a disposizione».
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15 Come funziona allora a livello commerciale? «Oggi il progetto racchiude tanti eventi sotto il cappello della Federazione. Uno sponsor all’interno di una proposta globale può decidere cosa scegliere: Pro Tour, Ryder, Open o tutto». Per gli sponsor quanto conta l’affluenza del pubblico? «Un Open con la gente è ben riuscito perché fa colore e festa. Non è automatico che questo porti sponsor perché ci sono altri aspetti che hanno una rilevanza maggiore, come ad esempio la visibilità in TV. E questo dà la possibilità di organizzare l’Open non necessariamente in grandi città dove al centro ci sono business o moda, ma anche in località che esprimono uno dei nostri punti di forza: il turismo». Quante persone sono coinvolte nell’Open d’Italia? «Compresi i volontari, nella settimana dell’Open arriviamo intorno ai 700 addetti. Rispetto alle prime edizioni abbiamo trovato persone chiave alle quali delegare ad esempio la ristorazione, il coordinamento dei volontari o la logistica. La grande sfida è riuscire ad aggiungere altri optional alla macchina organizzativa». E cosa succede al termine di un’edizione dell’Open? «Ci sediamo attorno a un tavolo e facciamo le debite considerazioni. Ci lecchiamo le ferite, se ce ne sono, e puntiamo a rafforzare i punti forti. E, poco dopo, iniziamo a organizzare l’edizione successiva».
A fianco, Barbara Zonchello e lo staff del Comitato Gara con il fuoriclasse tedesco Martin Kaymer. In questa pagina, i cantieri del Villaggio Ospitalità attorno alla 18 del Golf Club Milano
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O P E N D ’ I TA L I A
Manutenzione
Lavori in campo A colloquio con Roberto Carità e Marco Nembrini, direttore e superintendent del Golf Club Milano che a settembre ospiterà per il secondo anno consecutivo la nostra gara numero uno di Fulvio Golob
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econda edizione consecutiva dell’Open d’Italia al Golf Club Milano. Nello stupendo contesto naturale del Parco di Monza, la gara più titolata del nostro panorama golfistico vuole ripetere il grande successo del 2015 e, se possibile, anche superarlo. Con l’esclusione del tee comune fra le buche 12 e 18, che a entrambe consentirà un importante allungamento, il resto del percorso riproporrà quello che lo scorso anno, nonostante i vaticini dei soliti pessimisti, ha retto benissimo alle bombe dei campioni. Il percorso e il suo stato di manutenzione saranno i protagonisti numero uno dell’e-
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vento sportivo: Roberto Carità, direttore del circolo, e Marco Nembrini, superintendent a Monza, ce ne hanno parlato in dettaglio in questa intervista.
po’ modificato le operazioni rispetto al 2015, anticipando i lavori sul fairway e puntando su una differente tipologia di concimazione.
Lo scorso anno l’estate si è rivelata terribile. E vi ha creato non pochi problemi, che che avete recuperato con un mezzo miracolo proprio alla vigilia dell’Open. Cosa avete fatto per prevenire, per quanto possibile, una situazione del genere? Abbiamo voluto evitare di arrivare al punto di dire “speriamo che l’estate sia clemente”, perciò da tempo è stata programmata una serie di interventi in campo in vista dei mesi più caldi. E abbiamo un
Quale? La scelta è caduta su concimi liquidi al posto di quelli granulari, soprattutto sui fairway, che rappresentano le zone più delicate. L’anno scorso c’è stato il problema delle infestanti, come la Poa Annua, che come è noto con il forte caldo vanno in sofferenza. Sulle piste utilizziamo miscugli classici e tipici della nostra zona, con loietto, poa e festuca. Non è stato possibile ipotizzare interventi radicali, in quanto c’è l’appuntamento dell’Open,
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17 ma crediamo di essere un po’ più pronti ad affrontare anche situazioni estreme.
LA COMPOSIZIONE DEL TAPPETO ERBOSO AL GC MILANO AREA
Come avete vissuto l’esperienza difficile dello scorso anno? Si è trattato di una situazione abbastanza traumatica e, considerato il microclima all’interno del Parco di Monza, possiamo dire che è stata una situazione davvero fuori dalla norma. Questo da un lato ci conforta, perché dovrebbe essere davvero difficile il ripetersi di un’estate così torrida, e dall’altro ci ha spinto a prendere tutte le precauzioni possibili per evitare una situazione tanto difficile. Come funziona il rapporto con i supervisori dell’European Tour? Siamo certi che l’esperienza del 2015 ci aiuterà anche nella relazione con gli agronomi del Tour. Abbiamo avuto alcune divergenze di opinioni per gli interventi da effettuare e, visto il risultato, crediamo che quest’anno la nostra collaborazione farà senz’altro un passo avanti. Crediamo che la loro stima nei nostri confronti sia cresciuta e che ora si fidino di più del nostro giudizio, visto che conosciamo ovviamente molto bene le caratteristiche del nostro campo.
SPECIE ESSENZE
ALTEZZA TAGLIO
Green
agrostis var. penncross/poa annua
3,3 mm
Tee/apron
agrostis var. penncross/poa annua/lolium perenne
11 mm
Fairway
poa pratensis/poa annua/lolium perenne/festuca arundinacea
13 mm
Rough
festuca arundinacea/festuca rubra/lolium perenne/poa annua
60 mm
Qual è stato il problema maggiore che avete riscontrato nella scorsa edizione? Avevamo buche quasi perfette fino a fine giugno, ma poi il percorso è uscito con grandissimo stress dai mesi di luglio e agosto. All’inizio di settembre avrebbe dovuto riprendersi e ripartire. Sui fairway i trattamenti hanno avuto buoni riscontri, meno bene è invece andata con i green. E quest’anno, a metà luglio, a che punto siamo? Diciamo che, rispetto all’estate precedente, abbiamo avuto quasi la situazio-
ne opposta. Ovvero un eccesso di piogge, soprattutto sotto forma di violenti acquazzoni. Ci siamo trovati varie volte con il percorso allagato, ma la situazione generale complessiva è senz’altro migliore di quella del 2015. Con un campo in ottime condizioni, siamo già arrivati in un momento in cui le giornate iniziano lentamente ad accorciarsi e quindi il periodo di massima criticità dovrebbe quasi essere superato. Stiamo lavorando molto con sabbiature e forature e i risultati sono positivi. A meno che non capiti l’imprevedibile, per l’edizione 2016 il percorso del Golf Club Milano sarà in condizioni straordinarie.
Nella pagina accanto Marco Nembrini (in primo piano in piedi, a destra) con lo staff del campo al Golf Club Milano, che nel periodo dell’Open si infoltisce notevolmente . Qui sopra, alcuni momenti del lavoro sul percorso
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INVERSIONE
DI TENDENZA
Nel Vecchio Continente i numeri legati alle palline con le fossette hanno smesso di diminuire con studi approfonditi e investimenti mirati
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20 di Andrea Ronchi
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l movimento golfistico europeo è cresciuto per 25 anni, sino a raggiungere il proprio culmine nel 2009, anno che è coinciso con la crisi economica. Nei quattro anni successivi il trend ha avuto una flessione del 4% bloccando però la discesa lo scorso anno. Se il numero dei golfisti si è stabilizzato, quello dei campi è tornato addirittura a crescere, facendo ben sperare per il futuro. Le differenti federazioni e “union” europee stanno intraprendendo diverse iniziative per lo sviluppo del gioco ma, prima di analizzarle, osserviamo il punto di partenza. Con la premessa che i nostri dati, tratti da un’indagine KPMG, parlano solo di giocatori iscritti a una associazione/federazione nazionale (i praticanti sono in realtà qualche milione in più), in Europa si contano 4.142.661 golfisti registrati e 7.016 percorsi. Le 10 nazioni più importanti assommano l’85% dei golfisti tesserati e l’82% dei campi. L’Inghilterra è il paese principe con il 16% dei golfisti e il 28% dei percorsi, seguita da Germania e Scozia e l’English Golf Union ha dichiarato che il golf contribuisce con 3 miliardi di sterline all’anno all’economia inglese. Seppur distante da altre realtà continentali, è proprio il Regno Unito il paese al quale ispirarsi per determinare strategie di sviluppo. In Inghilterra, per la prima volta negli ultimi 10 anni, si è registrato un incremento del numero di praticanti donne, bambini e, soprattutto, dei giocatori occasionali. Basandosi sulle ricerche delle associazioni locali si è stabilito che i membri dei club rappresentano un mercato meno attraente dei golfisti occasionali, che molto spesso non sono iscritti a EnglandGolf. Oggi i golfisti in Gran Bretagna, Irlanda e Francia non han-
Sviluppo del golf in Europa dal 1985 al 2015 5,000 4,500 4,000 3,500 3,000 2,500 2,000 1,500 1,000 500 0
8,000 7,000 6,000 5,000 4,000 3,000
Campi
2,000 1,000 0
1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Golfisti tesserati (x1000)
Numero di golfisti tesserati Campi da golf
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no necessità di possedere una tessera federale per giocare a golf e costituiscono un importante bacino di green fee. La Golf Union of Wales stima il numero di golfisti occasionali doppio rispetto ai tesserati. In Francia, anni fa, prima del cambiamento che aveva portato alla possibilità di evitare il tesseramento (33 euro il costo della tessera), si vivevano perplessità analoghe a quelle italiane. Ora, dopo che il progetto del “pay and play” prende sempre più piede, si tirano le somme. Oltre 400 mila golfisti tesserati e quasi 1 milione e 200 mila totali. I critici penseranno: “Con questi numeri facile aprire le porte a tutti”. Ma all’inizio del progetto i giocatori erano di gran lunga inferiori. Come si superò il timore del collasso? Facendo i conti, con un po’ di statistiche alla mano. Un golfista “tipo” spende 60 euro a green fee e gioca una trentina di giri l’anno, che corrispondono alla quota in un circolo da 1800 euro. In molti club si è in poco tempo verificato che un buon numero di giri/green fee e l’introito dei giocatori stanziali arrivavano più o meno a equivalersi. Quindi porte aperte agli esterni e passatoia rossa per chi pagava un giro di campo. Sebbene il periodo difficile pare stia lentamente passando, l’European Golf Association è da tempo all’opera per valutarne le cause, giungendo a risultati non scontati. Il decremento di golfisti attivi non era dovuto alla crisi economica arrivata dopo il 2008, bensì attribuibile alle difficoltà tecniche del gioco. Nei Paesi più evoluti i golfisti hanno eliminato la tessera e continuato a giocare, più saltuariamente, divertendosi tra amici. Questo atteggiamento è stato più evidente tra i giocatori cosiddetti “newcomers”, ovvero quelli sopra handicap 36 o che hanno iniziato da meno di cinque anni e che hanno poco tempo da dedicare alla pratica.
I numeri del 2015 Uomini
Donne
66%
Juniors
25%
Numero totale di golfisti tesserati in Europa
21
9%
Tasso di partecipazione dei tesserati in Europa
-0,3% Stabile
4.142.661
rispetto al 2014
Numero totale di percorsi standard in Europa
7.016
-12.202 golfisti rispetto al 2014
Popolazione europea che gioca attivamente
0,9%
-0,1% rispetto al 2014
Cambiamento nella partecipazione di tesserati in Europa Paesi in crescita
30%
Paesi stabili
Paesi in declino
37%
33%
All’inizio del 2016 KPMG ha condotto un sondaggio tra i giocatori di tutta Europa per comprendere la partecipazione e il supporto ai circoli. Ci sono numeri che indicano come il livello di partecipazione si sia stabilizzato arrestando il declino iniziato dopo il 2009.
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22 Popolazione per campo da golf < 25.000 25.000 - 100.000 100.000 - 300.000 > 300.000 nessun dato
Livello di partecipazione > 5% 1% - 5% 0,2% - 1% < 0,2% nessun dato
Golfisti per campo da golf > 900 600 - 900 300 - 600 < 300 nessun dato
Tra offerta e domanda
In questi grafici vengono analizzati tre diversi dati: il rapporto tra popolazione del Paese e campi da golf, le percentuali di partecipazione per Paese e infine l’incrocio tra il numero dei golfisti e i percorsi disponibili. Tra i numeri che saltano all’occhio vediamo come l’Inghilterra non rientri tra i mercati “maturi”, ossia quelli con una densità di oltre 25mila golfisti per campo, piazzandosi tra quelli “sviluppati”. Curioso anche il caso della Germania, che pur essendo tra i paesi con maggior numero di giocatori e campi da golf, si attesta su uno 0,8% come quota di partecipazione. Infine, si noti come in Europa solo Paesi Bassi e Svezia vantino più di 1.000 golfisti per campo, mentre l’Italia si assesta nella parte bassa della fascia 300-600 giocatori per club. Attenzione però al fatto che si parla solo di tesserati e non di giocatori reali, che ad esempio, nel Regno Unito, in Germania o in Francia, sono più numerosi degli iscritti a federazioni e union.
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IDEE PER LA CRESCITA Le iniziative sviluppate nel Vecchio Continente si possono riassumere in quattro punti: 1 1 1 1
Incentivi per giocatori con handicap alti e neofiti Adattamento dei percorsi Incremento della socializzazione Sviluppo di programmi per i giovani
I paesi del Nord Europa sono stati quelli che hanno adottato il maggior numero di cambiamenti per invertire la rotta. Svezia e Finlandia hanno avuto un incremento nel 2015 che è stato attribuito alla focalizzazione dell’attenzione verso gli handicap alti e i neofiti. In Finlandia il progetto “Player First” ha consentito ai giocatori alle prime armi di fornire un feedback immediato agli addetti ai lavori, che hanno potuto seguirli assecondando le loro esigenze. La federazione norvegese ha creato un piano di avviamento al golf con step precisi, per tenere legati i neofiti e seguirli sino all’handicap 26. In Irlanda si è focalizzata l’attenzione sullo sviluppo del golf femminile, quello con le maggiori potenzialità di crescita. Il progetto più rilevante però, che ha coinvolto numerosi paesi con la Francia capofila, è stato l’adeguamento dei percorsi alle esigenze dei golfisti di oggi. Non si pensi però all’allungamento dei percorsi! L’iniziativa più importante è stata la creazione di tee avanzati. Inoltre spinti dalla Ryder Cup 2018, la Francia ha creato un centinaio di campi a 9 buche o executive per assecondare la crescente domanda. Qualche mese fa la English Golf Union ha lanciato la campagna “Golf Express” per incoraggiare giri e gare sulla distanza di 9 buche. Nel 2014 la European Golf Course Owners Association (l’associazione dei proprietari di campi da golf) ha avviato gli studi connessi alle tendenze legate alla socializzazione che mag “Vision 20/20” mira a sviluppare nuove idee per incoraggiare e trattenere in campo i nuovi golfisti, basando gli studi sulle esigenze dei giocatori. Sono emerse quattro F: Flexibility, Fun, Friendship e Family (flessibilità, divertimento, amicizia e famiglia). Gli studi hanno influenzato gli investimenti creando iniziative di successo, come la promozione di lezioni di gruppo invece di quelle individuali per incoraggiare le relazioni interpersonali e il senso di appartenenza. In passato il metodo principale per attrarre golfisti erano i servizi e la facilità d’accesso, oggi invece si punta a un modello che promuova la creazione e il mantenimento delle relazioni tra le persone e lo sport. Con il ritorno del golf tra le discipline olimpiche molti Paesi europei hanno concentrato l’attenzione sull’attività giovanile. Molte federazioni hanno avviato programmi per la promozione e la fidelizzazione dei ragazzi. Nell’Europa centro e orientale è stato introdotto con successo il sistema SNAG (Starting New at Golf) che inserisce il golf tra le discipline scolastiche curriculari. Nella Repubblica Ceca, in Lituania e Serbia, il golf è stato inserito con capillarità e oggi sono presenti insegnanti specializzati nell’insegnamento della nuova materia.
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Sondaggio KPMG: statistiche per nazione Golfisti europei tesserati in circoli con almeno 9 buche Paese :,20();
Golfisti
Golfisti
tesserati #$%&'($)$*+ tesserati #$%&'($)$*+ %,-.$)'+ %,-.$)'+ 20151 20141 67!"! 67!8!
Dato
Stato9
2014 ?(/(2' " :</0%$+ 67!8+='>+ vs 67!" 2015
Cambiamento
Quota di
nel numero dei partecipazione :</0%$+&0+(<$+ B/)(&1&4/(&,0+ 02@A$)+,.+ )/($+ golfisti 2014 %,-.$)'+67!8+ 67!" rispetto='>+67!" al 2015
Campi 2 2015 C,-.+
Campi 2 2014 C,-.+
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Golfisti
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PROFESSIONE INCHIESTA EUROPA 6.indd 23
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GOLF CLUB
CERTIFICAZIONE G.E.O.
ACAYA AMBROSIANO ARGENTARIO ARONA ASIAGO
Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Acqua e Biodiversità 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Certificazione Nazionale 2001 Attestato di Merito 2004 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2016 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2010 Certificazione Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attesto di Merito 2007
ASOLO BAGNAIA BARLASSINA BIELLA BROLO BASSANO CAMPO CARLO MAGNO CANSIGLIO CARIMATE CASENTINO CASTELCONTURBIA CASTELLARO CAVAGLIA’ CERVIA CESENATICO CILIEGI COLLI BERICI COLLINE DEL GAVI CONERO CUS FERRARA DES ILES BORROMEES FILANDA FIORDALISI FIRENZE UGOLINO FLORINAS FRANCIACORTA FRASSANELLE FRONDE
GEO CERTIFIED 2014
GOLF NAZIONALE HERMITAGE IS ARENAS
GEO CERTIFIED 2014
IS MOLAS LE FONTI LES ILES MARGARA MENAGGIO & CADENABBIA MIGLIANICO MILANO MIRABELLA MONTECCHIA
GEO CERTIFIED 2013 & 2016
NAZIONALE OLGIATA PADOVA PARCO DI FIRENZE PARCO DI ROMA PARMA PINETINA
GEO CERTIFIED 2010 & 2013
PONTE DI LEGNO PUNTA ALA PUSTERTAL QUARRATA RAPALLO ROVEDINE ROYAL PARK I ROVERI SAN MICHELE SANT’ANNA SANREMO SATURNIA SERRA TORINO
GEO CERTIFIED 2014
UDINE
GEO CERTIFIED 2011 & 2015
VARESE
GEO CERTIFIED 2015
VERDURA VERONA VILLA D’ESTE
GEO CERTIFIED 2015
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IMPEGNATI NEL VERDE
Riconoscimento Cat. Energia 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Attestato di Merito 2004 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Attestato di Merito 2004 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2013 e Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2016 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Riconoscimento Cat. Acqua 2016 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2013 Attestato di Merito 2007 Attestato di Merito 2004 Certificato Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2016 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Attestato di Merito 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Patrimonio storico, artistico e culturale 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2010 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Riconoscimento Cat. Acqua 2014 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2011-2015 Certificato Nazionale 2004 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2010 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2015 Riconoscimento Cat. Patrimonio storico, artistico e culturale 2016 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Certificato Nazionale 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2004 e 2007 Certificazione Nazionale 2008 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Certificato Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2010
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BIOAGRICERT
CTG 2003 -Emas - Certiquality BIOAGRICERT ISO 14001
BIOAGRICERT CSQA
RINA
CTG 2003
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Impegnati nel Verde premia i Circoli di golf che hanno adottato tecnologie, metodologie e gestioni che hanno consentito dei miglioramenti ambientali nei seguenti campi: PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E CULTURALE - ACQUA - BIODIVERSITÀ - PAESAGGIO - ENERGIA
Ad oggi sono oltre 70 i Circoli che hanno ottenuto questo premio. Impegnati per l’ambiente e unisciti a loro: sarà il primo passo per arrivare all’ambita Certificazione G.E.O.!
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TURISMO GOLFISTICO
Analisi e prospettive
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LA NOSTRA GRANDE OCCASIONE Per la coincidenza di tre fattori molto importanti (Ryder Cup 2022, finanziamenti del Dipartimento del Turismo, crisi di altre destinazioni attorno al Mediterraneo) l’Italia sta imponendosi sul mercato mondiale come destinazione tutta da scoprire di Maurizio de Vito Piscicelli
I
taly Launches Major Golf Tourism Drive, l’Italia lancia un grande progetto unitario nel turismo: questo è stato il titolo scelto dall’agenzia di pubbliche relazioni britannica Azalea per annunciare a tutti gli addetti ai lavori ed ai golfisti internazionali che nello scenario internazionale del turismo golfistico adesso c’è un nuovo grande “competitor”. Grazie alla coincidenza di tre fattori estremamente importanti, l’Italia del turismo golfistico sta imponendosi forse per la prima volta fra le più importanti destinazioni turistiche mondiali: l’effetto Ryder Cup 2022 ha sicuramente contribuito a portare la nostra nazione al centro dello scena golfistica mondiale, ma a questo fattore sicuramente fondamentale si sono aggiunti gli importanti finanziamenti del Dipartimento del Turismo recentemente ottenuti dal progetto Italy Golf & More e la crisi delle destinazioni del nord Africa e dei resort turchi, ritenuti ormai troppo pericolosi a causa dei molteplici attacchi terroristici degli ultimi mesi. Se a tutto questo aggiungiamo la maggiore apertura verso gli stranieri da parte dei nostri Circoli, anche di quelli non a vocazione prettamente turistica, dovuta purtroppo alla carenza di giocatori italiani, è facile capire il motivo per cui il turismo golfistico italiano sta vivendo un momento davvero magico con numeri in grandissima crescita. Quasi tutti i Resort ed i Circoli italiani impegnati negli ultimi anni nella promozione verso i golfisti stranieri stanno facendo registrare incrementi davvero importanti: i resort siciliani di
Verdura e Donnafugata hanno annunciato numeri record per i primi mesi dell’anno, i Circoli dell’Emilia Romagna unitisi già da quasi 20 anni in un unico Consorzio hanno fatturato alla fine del mese di maggio gli stessi volumi dell’intero 2015 ma stanno andando molto bene anche i circoli dell’area del lago di Garda, quelli del Lago Maggiore, i campi piemontesi, quelli della Puglia e gli attivissimi campi da golf del Trentino Alto Adige, grande punto di riferimento per i golfisti austriaci e tedeschi. L’aumento degli incassi provenienti dai giocatori stranieri sta decisamente aiutando i nostri Circoli a superare il momento complicato dovuto alla stagnazione dei giocatori italiani ed alla diminuzione delle entrate provenienti dalle gare e dai green fee italiani e questo segnale positivo dovrebbe essere cavalcato da tutti con ancora maggiore decisione e determinazione, in quanto potrebbe regalarci soddisfazioni economiche ben superiori a quelle attuali. In un mercato del turismo golfistico di 25 milioni di viaggi di golf valutato intorno ai 40 miliardi di dollari, l’Italia può offrire ben 144 campi da golf con almeno 18 buche situati prevalentemente nel Nord Italia, un’offerta davvero importante se abbinata alle grandi attrazioni turistiche extra golfistiche che tutto il mondo ci riconosce. Occorre però non dare assolutamente per scontato che i golfisti internazionali conoscano i nostri campi da golf e continuare a “comunicare” in maniera massiccia ed unitaria che questa importante offerta golfistica esiste ed è disponibile a prezzi estremamente vantaggiosi per i golfisti internazionali. Se i giocatori delle nazioni limitrofe quali Germania, Austria e Svizzera conoscono piuttosto bene i nostri percorsi avendoli raggiunti in mac-
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TURISMO GOLFISTICO Analisi e prospettive
Nelle foto di queste pagine, alcuni momenti della partecipazione di Italy Golf & More alle fiere del nostro settore durante i grandi appuntamenti agonistici che si sono svolti quest’anno in Irlanda e Gran Bretagna. china in tante occasioni, la stessa cosa non può dirsi per i golfisti britannici, scandinavi o del resto dell’Europa che ancora considerano la nostra offerta golfistica piuttosto misteriosa, poco fruibile e non alla portata delle loro tasche. In una ricerca di mercato pubblicata un paio di anni fa da Sports Marketing Surveys era apparso evidente che i tantissimi giocatori del Nord Europa avrebbero avuto grande desiderio di una vacanza golfistica nella nostra nazione se soltanto avessero ricevuto qualche informazione in più sull’offerta disponibile, ma soprattutto sui costi reali dei nostri pacchetti golfistici! Il green fee medio dei percorsi italiani, valutabile fra i 50 ed i 70 euro, in considerazione dell’ottima qualità dei nostri campi da golf rappresenta un eccellente “value for money” per i golfisti internazionali, ma bisogna essere in grado di comunicare in maniera chiara, capillare, professionale e dettagliata queste proposte turistiche indicando chiaramente dove sia possibile prenotare ed a quali condizioni. È quello che sta facendo già da parecchi anni, ma ultimamente in maniera decisamente più incisiva e con un budget davvero importante, il progetto italiano Italy Golf & More che raggruppa in un unico “contenitore” l’offerta golfistica di nove Regioni italiane, con il decisivo supporto della Federazione Italiana Golf che rappresenta le altre Regioni, oltre ad aver apportato al progetto lo straordinario valore aggiunto della Ryder Cup 2022. Dopo aver promosso per molti anni l’offerta golfistica italiana unicamente alle Fiere del settore nei mercati di prossimità, il
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progetto Italy Golf & More è finalmente riuscito ad ottenere dal Dipartimento del Turismo, all’interno dei Progetti di Eccellenza nazionali, un budget importante (più di un milione di euro) con il quale è stato possibile mettere in campo una promozione decisamente più ambiziosa, i cui risultati si stanno già vedendo in maniera tangibile. Archiviata la partecipazione, nei mesi invernali, a tre Fiere del settore (Stoccarda, Zurigo e Düsseldorf) Italy Golf & More ha attaccato con decisione gli interessantissimi mercati britannico ed irlandese, che insieme contano quasi quattro milioni di giocatori ed altrettanti potenziali turisti da far venire in Italia quanto prima. Come prima operazione è stato raggiunto un importante accordo con l’agenzia di pubbliche relazioni Azalea, la più qualificata nel settore del turismo golfistico, che sta supportando ed accompagnando ormai da qualche mese le azioni promozionali in terra britannica con comunicati stampa mirati destinati sia ai maggiori Tour Operator locali che alla stampa specializzata. In secondo luogo Italy Golf & More ha deciso di essere presente ai due Open di golf più importanti in quelle nazioni, il Dubai Duty Free Irish Open, che ha richiamato 90.000 spettatori nei quattro giorni di gara, ed il BMW Pga Championship di Wentworth al quale hanno assistito circa 110.000 persone. La presenza dello stand italiano è stata accompagnata da inviti specifici ai principali Tour Operator ed ai giornalisti del settore, che sono stati accolti nella grande tenda di Italy Golf & More
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A sinistra, due immagini della tenda e dell’accoglienza durante il Dubai Duty Free Irish Open svoltosi al K Club e qui sopra gli spazi espositivi e lo staff ripresi nel corso del BMW PGA Championship a Wentworth per un cocktail di presentazione a base di prosciutto, formaggio e strepitosi vini italiani. Nei giorni del torneo il pubblico presente è stato attirato all’interno dello stand dalle eccellenze culinarie della nostra nazione, rendendo così possibile presentare in maniera completa ed unitaria la grande offerta golfistica italiana. In occasione del torneo di Wentworth il Presidente della Federazione Italiana Golf, Franco Chimenti, il segretario generale Stefano Manca, il direttore del Comitato Ryder Cup 2022 Gian Paolo Montali e i responsabili dell’Open d’Italia e dell’Italian Pro Tour Alessandro Rogato e Barbara Zonchello hanno visitato lo stand di Italy Golf & More, salutando gli operatori presenti ed accogliendo le numerosissime presenze di giocatori stranieri. Il progetto Italy Golf & More continuerà le sue operazioni promozionali per tutti i prossimi due anni partecipando all’Open di Francia nel mese di luglio, con un corner informativo all’Open d’Italia in settembre ma anche con azioni diversificate dirette sia ai consumatori finali (pubblicità sulle riviste internazionali, web marketing, social network) che ai Tour Operator (workshop, fam trip e presentazioni dirette), con un nuovo sito internet ed un nuovo catalogo in quattro lingue, che verrà stampato entro la fine dell’estate. Le risorse a disposizione di Italy Golf & More si esauriranno però verso la metà del 2017 ed è già tempo di chiedersi: cosa succederà dopo quella data? Chi si occuperà della promozione internazionale dell’offerta golfistica italiana? Come sarà possi-
bile fare in modo che la splendida esperienza di Italy Golf & More non si esaurisca il prossimo anno? Come accade in tutte le nazioni “golfistiche” internazionali dovrà essere il nostro Ente del Turismo Nazionale, l’Enit, a prendersi carico di questa promozione ed anche in questo caso sembrano esserci tutte le condizioni favorevoli perché questo avvenga: da poco più di un anno infatti alla guida dell’Enit c’è un’amica del golf, Evelina Christillin, che il Presidente Chimenti ha di recente fortemente voluto all’interno del Comitato Organizzatore della Ryder Cup 2022. Evelina Christillin ha già avuto il grande merito di rivoluzionare il nostro Ente del Turismo Nazionale trasformandolo da pachidermico ed ingessato Ente pubblico in un Ente economico molto più snello ed operativo e, grazie al supporto del Ministro Dario Franceschini, ha ottenuto per la promozione nazionale italiana all’estero un contributo di 10 milioni di euro superiore agli anni passati. Oltre a ciò nelle modifiche della Costituzione inserite nel referendum del prossimo mese di ottobre ci sarà anche il tanto atteso trasferimento delle competenze del turismo dalle Regioni al governo centrale e se questo finalmente dovesse avvenire sarà possibile pianificare operazioni di promozione delle varie eccellenze italiane a livello nazionale e non più a livello regionale, come sta avvenendo in maniera tragicamente dispersiva ed inutile negli ultimi 15 anni. Contestualmente a queste operazioni “politiche” sarà assoluta-
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TURISMO GOLFISTICO Analisi e prospettive
Qui sopra, il presidente della Federgolf, Franco Chimenti, nel corso di un’intervista a Wentworth e qui sotto la distribuzione dei 144 circoli di golf italiani che dispongono almeno di un campo a 18 buche mente decisivo che le Regioni italiane decidano di fare un passo indietro ed affidare agli operatori specializzati e cioè ai Consorzi Regionali, ai Comitati e Delegati Regionali ed ai campi da golf la responsabilità di gestire le varie promozioni in corso, prendendosi carico della quasi totalità dei costi promozionali. Troppo spesso le Regioni italiane, anche quelle che si sono meritevolmente unite nel progetto Italy Golf & More, tendono a gestire in prima persona le operazioni promozionali inviando ignari funzionari, completamente a digiuno di golf, a dialogare con operatori del settore ed appassionati golfisti. Questo fa sì che i golfisti non trovino risposte alle loro domande specifiche (dove giocherò? a che prezzo? a chi devo rivolgermi per prenotare?) e che gli effetti specifici di tali promozioni vengano di fatto quasi completamente vanificati. Dovrà essere compito dei Comitati e dei Delegati Regionali della Federazione Italiana Golf prendere contatto prima possibile con le proprie Amministrazioni turistiche locali e convincerle a puntare sul turismo golfistico regionale, delegandone però le varie declinazioni promozionali a chi sta sul campo, a chi vende e soprattutto a chi possiede il linguaggio golfistico necessario a dare ai golfisti internazionali le risposte di cui hanno bisogno. L’Italia del turismo golfistico si è messa in moto, i risultati stanno arrivando, la Ryder Cup del 2022 è più vicina di quanto pensiamo e bisogna continuare a lavorare tutti insieme con grande decisione e determinatezza. Ora o mai più!
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Grazie a tutti i circoli del nostro calendario gare 2016 Asiago Le fonti Biella Marco Simone Castelgandolfo Padova Castelfalfi Petersberg Cast. Tolcinasco Rapallo Cavaglià Verona Chervò S.Vigilio Villa d’Este Firenze Ugolino Folgaria
Questi i golf club italiani che, dal 2008 al 2015, ci hanno aiutato a donare in beneficenza più di 110mila euro:
Acaya, Antognolla, Argentario, Arzaga, Asolo, Bagnaia, Bergamo L’Albenza, Bogliaco, Bogogno, Bologna, Ca' Amata, Ca' della Nave, Cansiglio, Carimate, Castelconturbia, Castelfalfi, Castelgandolfo, Castellarquato, Castelvolturno, Cherasco, Chervò San Vigilio, Cervia, Città di Asti, Donnafugata, Ducato La Rocca, Fioranello, Franciacorta, Golf dei Laghi, Jesolo, La Margherita, Le Pavoniere, Lignano, Marco Simone, Margara, Milano, Modena, Molinetto, Montecchia, Nazionale, Olgiata, Padova, Parco di Roma, Pelagone, Perugia, Pinetina, Poggio dei Medici, Pra delle Torri, Punta Ala, Rapallo, Rivieraresort, Royal Park, Salsomaggiore, San Domenico, Saturnia, Serravalle, Torino, Varese, Venezia, Verdura, Villa Carolina, Villa d'Este, Villa Paradiso
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SERIOUS GOLFERS
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Filippo Motta
Jordan il Lento Mentre il flagello dei tempi troppo lunghi di gioco è sotto gli occhi di tutti, i campioni mondiali non dovrebbero dare il buon esempio?
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e, come molti, avete guardato il Masters 2016... non avete sognato. Jordan Spieth è un giocatore tremendamente lento. Il fatto in sé non è una novità: il texano era già stato monitorato ed era stato a rischio penalità ad Abu Dhabi a inizio stagione. Ma ad Augusta e nelle gare successive ritengo abbia raggiunto vette inaccettabili. Per cui, qualche considerazione al riguardo ritenga debba essere fatta. Le nuove regole dello European Tour, per contrastare il fenomeno del gioco lento, sono state annunciate da John Paramor a inizio anno. Fondamentalmente ogni giocatore ha 40 secondi per effettuare il proprio colpo più 10 secondi nel caso sia il primo a giocare. Al di fuori di questi tempi, gli arbitri hanno facoltà di monitorare giocatore e team e assegnare una “monitoring penalty” se il tempo per effettuare
un colpo raddoppia. Accidenti, 80 secondi non sono pochi: Jordan ad Abu Dhabi deve averli indubbiamente passati perché Paramor ha usato la nuova arma verso di lui. E il giovane americano non ha preso benissimo il richiamo se, come è successo, si è dimostrato decisamente seccato del fatto. Ma se sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ora siamo tutti d’accordo che giocare un Masters, specie nelle condizioni di vento e green dell’ultima edizione, debba essere cosa particolarmente impegnativa e stressante. Ma non ricordo un colpo, un drive, un putt in cui Jordan, dopo essersi consultato col suo caddie ed essersi addressato, non si sia tolto dalla palla per ulteriori valutazioni, per asciugare il grip o altro. E questo anche più di una volta per colpo. Probabilmente era particolarmente nervoso per la possibilità di vestire la Giacca Verde per
Qui sopra, giocatori in attesa durante una gara amatoriale. Nella foto a destra, Jordan Spieth e il giudice John Paramor durante il torneo di Abu Dhabi
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la seconda volta di fila, ma credo questo atteggiamento sia anche una forma di insicurezza abbastanza evidente, poi estrinsecata nel disastro della buca 12, che gli ha impedito di scrivere un pezzetto di storia e ha tranquillizzato noi comuni golfisti: anche i grandi flappano! In ogni caso, se non ho visto male mentre dormivo pesantemente sul divano, il biondino è arrivato alla 18 con quasi 30 minuti di ritardo rispetto al match che lo precedeva. Vittoria dunque a Danny Willett, altro non proprio fenomeno di simpatia, che però ha guadagnato punti grazie al tweet velenoso di suo fratello, sempre riferito alla lentezza di gioco di Spieth: “Spieth is lining up his putt. If I’m quick I can get a beer, go to the toilet, and paint the spare room b4 he hits it.#TheMasters #bbcgolf” (Spieth si sta allineando per il putt. Se sono rapido posso prendere una birra, andare alla toilette e dipingere la camera degli ospiti prima che colpisca (la palla)”. Due valutazioni a seguire il tutto. I grandi campioni, da quando esiste lo sport, sono esempio per gli appassionati. Ancora di più da quando la televisione copre qualsiasi aspetto di ogni sport. Credo non sarebbe male se i giocatori del Tour si rendessero conto che in un momento in cui, in ogni parte del pianeta, si cercano soluzioni al flagello del gioco lento, il loro atteggiamento al riguardo potrebbe aiutare a fare la differenza. E, di pari passo, gli arbitri dei vari circuiti, PGA in primis, non possono fare regole che poi non fanno rispettare. O che, peggio ancora, applicano ad personam. Perché allora, quando la Signora Peppoloni contesterà la penalità inflittale durante la Coppa Asdrubale nella quale ha concluso le sue 18 buche in sei ore nette,
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33 sarà difficile per qualsiasi giudice di gara trovare risposta alla frase “lo fa anche Jordan Spieth”! Quindi, chi si occupa di gestire una gara, di “alto livello” o amatoriale, dovrebbe sempre ricordare ai giocatori che il loro posto, sul percorso, è immediatamente alle spalle del team che precede. Sarebbe davvero importante che questo concetto, utilissimo nella sua semplicità, venisse fatto capire con fermezza per aiutare a risolvere uno dei problemi, probabilmente il maggiore, che impediscono un considerevole aumento dei praticanti: il tempo per effettuare un giro di golf è eccessivo. Ma per fare ciò, specie in casa nostra, forse andrebbero rimossi dagli score dei circoli che li utilizzano i tempi buca per buca; questo perché tale indicazione rappresenta il tempo massimo, spesso comunque esageratamente dilatato, ed è quindi l’abituale giustificazione del giocatore lento: “È vero, chi mi precede è due buche più avanti. Ma io sono nei tempi stabiliti!”. Game, set, match... come si direbbe nel tennis. Ha vinto lui!
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COMPACT È BELLO
Nella foto grande, Rory McIlroy sul campo pratica di Gleaneagles, sede della Ryder Cup 2014. A destra Keith Pelley, CEO dell’European Tour, e Franco Chimenti, presidente della Federgolf
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PROGETTI
Verso la Ryder Cup
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di Paolo Croce
Sull’esempio della Francia, ecco un’idea interessante per sfruttare al meglio i sei anni che ci separano dal grande evento romano del 2022: realizzare 50 nuove strutture speciali
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ello scorso numero di Professione Golf Club lanciammo l’idea di realizzare, da oggi alla Ryder Cup del 2022, 50 Compact Golf sul modello di quanto i francesi hanno attuato per la disputa dello loro Ryder del 2018. Per personalizzare il progetto italiano, ma renderlo al tempo stesso un modello internazionale lo abbiamo “farcito” con il protocollo BioGolf, un marchio di qualità e sostenibilità ambientale che, come ormai sappiamo, è supportato dall’Istituto per il Credito Sportivo, dalla FIG, da Golf Environment Organisation, che si occupa di certificazioni in ambito internazionale, e da tre importanti organizzazioni ambientaliste italiane quali Legambiente, FederParchi e Fondazione UniVerde. In tale frangente invitammo la FederGolf a recitare un ruolo di primo piano in tale progetto e a rendersi promotrice dello stesso. Scrivemmo che la Ryder Cup 2022 doveva essere intesa come uno straordinario e forse mai più ripetibile veicolo di promozione del gioco del golf sia per il mercato interno (crescita di impianti e di giocatori) e sia per l’ambito internazionale, con il definitivo riconoscimento dell’Italia quale destinazione turistica golfistica di primissimo piano per la qualità e l’ospitalità degli impianti, la varietà dell’offerta, le condizioni climatiche e la bellezza della nostra arte, dei nostri paesaggi e della nostra cultura. Scrivemmo anche che l’opportunità offerta dalla Ryder Cup 2022 era di inestimabile valore e che non era consentito perdere un treno come questo, unico e mai più di passaggio. Ebbene sembra proprio che questi nostri auspici stiano per essere raccolti e rilanciati dalla Federazione Golf. Sono infatti noti gli apprezzamenti del Presidente Franco Chimenti, del Vice Presidente Antonio Bozzi e di altri Consiglieri, tra cui Giovanni Collini in primis, espressi a proposito del progetto pilota promosso dalla Fig di cui al compact golf a Livorno, da loro stessi visitato e sul quale il Consiglio Federale po-
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PROGETTI
Verso la Ryder Cup trà valutare il piano più generale di replica delle altre strutture in Italia. Non potremmo che esprimere grande soddisfazione nel caso in cui il prossimo Consiglio Federale procedesse in tal senso per non perdere di vista i tempi strettissimi che abbiamo a disposizione e il grande lavoro che occorre organizzare per rendere operativo il progetto. Come scritto poc’anzi la proposta italiana dei 50 Ryder Compact BioGolf si basa sul modello francese delle “petites structures golfiques”. Il piano italiano propone un modello che possa coniugare le aspettative di un “nuovo” utente dei campi da golf (impianti a basso costo di accesso, ma comunque confortevoli, aperti a tutti e facilmente raggiungibili), con la tradizionale cura degli aspetti ambientali dei quali la FIG da molti anni si è fatta portavoce attraverso molteplici iniziative nel settore della sostenibilità ambientale (Impegnati nel Verde, GEO, BioGolf). L’ultima di queste iniziative, il BioGolf appunto, progetto che vede impegnati in un unico tavolo di lavoro la FIG, l’Istituto per il Credito Sportivo, Legambiente, FederParchi, Fondazione Univerde e Golf Environment Organisation, può rappresentare la chiave di volta per articolare un programma di sviluppo del gioco del golf in Italia da oggi al 2022. Sulla base delle premesse precedenti la formulazione del Progetto Ryder Compact BioGolf può sintetizzarsi in una serie di punti che riportiamo.
IL PROGETTO RYDER COMPACT BIOGOLF STRUTTURE
1 Realizzazione di almeno 50 strutture golfistiche a basso o nullo impatto ambientale (o anche decisamente migliorativo nel caso di aree fortemente degradate) nell’arco di tempo che va dal 2017 al 2022 (6 anni). Le strutture dovranno essere per quanto possibile standardizzate, almeno per quanto concerne: club house, tettoie campo pratica, cen-
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tro manutentivo, impianto irriguo, macchinari di manutenzione, materiali di costruzione campo (con particolare riferimento a sementi e/o piante), materiali di manutenzione campo (concimi, sabbie, prodotti vari, ecc), materiali arredo campo, equipaggiamento campo pratica. Questa uniformità strutturale andrà a beneficio del contenimento dei costi di costruzione. Naturalmente la o le aziende aggiudicatrici degli appalti dovranno garantire il prezzo di bando per tutta la durata dell’iniziativa (sei anni come scritto). Tutte le strutture di cui sopra saranno progettate e realizzate secondo il protocollo BioGolf, che vede tra i firmatari: FIG, ICS, Legambiente, FederParchi, Fondazione Univerde, Golf Environment Organisation. Le strutture dovranno preferenzialmente essere ubicate in ambito urbano e/o semi urbano con particolare attenzione alla presenza di bacini di utenza, alla facilità di accesso, alla fruibilità giornaliera e settimanale. Le strutture potranno avere un dimensionamento variabile, ma indicativamente in grado di ospitare: campo pratica omologabile, 6 buche omologabili, club house, centro manutentivo. Le strutture potranno essere dotate di multifunzionalità associando attività sportive da definire (tennis, calcetto, piscina, palestra fitness, ecc) o anche semplici attività legate al relax, divertimento, tempo libero.
SOGGETTI COINVOLTI NEL PROGETTO 1 Enti locali, in particolare Comuni, con il compito di reperire aree urbane e/o semiurbane da cedere in concessione amministrativa a soggetti privati per un periodo di tempo superiore alla durata dell’eventuale finanziamento ICS ricevuto. 1 Soggetti privati investitori, che si assumono l’obbligo di finanziarie e/o gestire l’impianto per un periodo di tempo determinato, ma superiore alla durata dell’eventuale finanziamento ICS ricevuto.
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37 1 Istituto per il Credito Sportivo, con il compito di creare un finanziamento (ad hoc) a credito agevolato per detti impianti (con possibilità di fornire al tempo stesso assistenza per la redazione del business plan dell’iniziativa). Tra gli ulteriori vantaggi la possibilità di accedere al fondo di garanzia per l’impiantistica sportiva per la copertura (fino ad un massimo dell’80%) delle garanzie necessarie per l’accesso al credito. 1 Federazione Italiana Golf, quale Ente patrocinante il progetto e, nel caso, direttamente coinvolto assieme alle pubbliche amministrazioni per la realizzazione delle singole strutture. 1 Organizzazioni progetto BioGolf, responsabili delle verifiche attuative del protocollo (Legambiente, FederParchi, Fondazione Univerde, Golf Environment Organisation), nonché consulenti del gruppo di lavoro Ryder Compact BioGolf.
AZIENDE PARTNER DEL PROGETTO RYDER COMPACT BIOGOLF Per lo sviluppo dell’intero progetto può essere più funzionale la presenza di un General Contractor che abbia in carico la realizzazione di tutti gli impianti previsti. Il General Contractor e le eventuali sue aziende subappaltatrici dovranno realiz-
Nelle foto, un paio di campi pratica. Qui sotto le regioni della Francia e il numero delle “petites structures golfiques” previste dal progetto in ogni area
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PROGETTI
Verso la Ryder Cup zare tutte le opere sulla base del protocollo Biogolf. Qui di seguito un elenco delle eventuali possibili aziende subappaltatrici: 1 Aziende per costruzione club house e centro manutentivo, tettoie campo pratica. 1 Aziende per costruzione impianto di irrigazione 1 Aziende per forniture macchinari manutenzione 1 Aziende per forniture materiali di costruzione campo (sementi, materiale vegetativo, essenze arboree, essenze arbustive) 1 Aziende per forniture materiali di manutenzione campo (concimi, prodotti vari, ecc) 1 Aziende per forniture arredo campo 1 Aziende per forniture equipaggiamenti campo pratica 1 Aziende specializzate per il lancio pubblicitario della struttura realizzata 1 Azienda specializzate per la ricerca di soggetti adeguatamente formati per la gestione della struttura
GRUPPO DI LAVORO RYDER COMPACT BIOGOLF 1 Caratteristiche: numero ristretto di componenti di elevata e incontestabile capacità professionale sotto la direzione del General Contractor. Il gruppo dovrà essere attivo da luglio 2016 a dicembre 2016, per il lancio del progetto e da gennaio 2017 a dicembre 2022 per la sua realizzazione. 1 Compiti: Promozione del progetto, reperimento aree attraverso contatti con Comuni e ANCI, redazione Master Plan standard, redazione progetto esecutivo di ogni singolo impianto, assistenza tecnica al soggetto privato gestore, garanzia della sostenibilità economica ed ambientale di ogni singolo progetto, coordinamento dei partner commerciali. 1 Provenienza risorse per le attività di cui sopra: Federazione Italiana Golf, Istituto per il Credito Sportivo, Aziende partner. Come detto lo spunto del progetto proviene dal piano Francese
dei “petites structures golfiques”. Oltralpe il successo è stato evidente, ad oggi, a circa un anno e mezzo dalla chiusura del progetto, sono già stati realizzati 130 “petites structures” con la previsione di acquisire diverse centinaia di migliaia di nuovi golfisti. L’adattamento italiano presenta due fondamentali originalità: la sostenibilità ambientale ed economica (richieste dal protocollo BioGolf) e il format (campo pratica e 6 buche). Quest’ultimo ci sembra la risposta migliore al secondo fattore limitante lo sviluppo del del golf e cioè il tempo. La disponibilità di tempo necessaria per dedicarsi a questo sport (giocare nove buche spesso richiede una mezza giornata includendo anche i trasferimenti) è superiore ad ogni altro (sui campi pratica si pratica appunto, ma non si gioca...) e questo è stato da più parti indicato quale limite alla diffusione su scala nazionale del nostro nobile gioco. Non occorre essere storici del golf per ricordare che già nel 1951 William Langford, allora Presidente della Associazione Americana degli Architetti di golf, ricordava gli enormi vantaggi legati alla realizzazione di percorsi a 6 e a 12 buche che presentavano, rispetto ai fratelli maggiori a 9 e a 18 buche, minori costi di costruzione e manutenzione nonché maggiore facilità di accesso. A chi poi obiettava che così si sarebbe andati contro la tradizione centenaria del giro a 18 buche Langford replicava che il primo Open Championship della storia del golf, disputato a Prestwick nel 1860, si giocò su un percorso a 12 buche e che la gara comprendeva tre giri per un totale di 36 buche (e non 2 giri da 18 come molti di noi hanno sempre erroneamente pensato). Oggi poi anche grandi progettisti quali Gary Player e Jack Nicklaus vedono un futuro a 12 buche per i campi da golf e si sta formando un movimento di opinione a livello internazionale volto a ridurre di un terzo la distanza di gioco. Che sia davvero questo un futuro possibile per il golf italiano? Forse saremo visionari, ma dopo la Ryder Cup assegnata all’Italia, male non fa a vivere di sogni.
Nella foto qui sotto, uno degli impianti di golf “compact” realizzati recentemente in Francia
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Maria Amelia Lolli Ghetti
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Intervista allâ&#x20AC;&#x2122;erede di Glauco Lolli Ghetti, al timone del grande resort di Fubine (Alessandria) nella stagione del rilancio. Le innovazioni, gli investimenti e il clima sociale coinvolgente ripropongono ai soci la bellezza dei due rinnovati percorsi, fra le magie dellâ&#x20AC;&#x2122;antica tenuta sabauda e il fascino del Monferrato
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opo il rilancio, gli investimenti e le innovazioni ora ‘’la nave va’’. Il Golf Club Margara, come la ‘’Margara’’, uno dei più bei navigli della flotta di Glauco Lolli Ghetti, fondatore del resort, ha il vento in poppa. Un modello di quel mercantile che testimoniava l’amore del tycoon genovese per questo angolo nobile del Monferrato è nella club house a ricordare tempi prosperi e a prometterne altrettanti. Diamo la parola al presidente del circolo di Fubine (Alessandria). Donna di carattere, Maria Amelia Lolli Ghetti è salita sul palcoscenico golfistico italiano. Ultima di quattro figli, nata e cresciuta a Genova sino all’età di 18 anni, nel 1978 si trasferì a New York per laurearsi in Studi Internazionali. Entrò poi a far parte della società di famiglia affiancando il padre, grande armatore genovese. Nel 2013 Maria Amelia ha rilevato la società proprietaria dei terreni del Golf Club Margara e ne è diventata presidente. Ha ereditato la passione per il golf dal ‘’dottor Glauco’’ che nei primi anni ’70 attorno all’azienda agricola realizzò un complesso golfistico per il divertimento di campioni e dilettanti, con due percorsi da campionato. Margara Golf Club, grande circolo, 36 buche, sorto sulle distese di un splendida ottocentesca tenuta di caccia. Ci racconti la sua storia. Era la tenuta agricola della nostra famiglia. Attorno al corpo abitativo e alle ex stalle c’era una vegetazione rigogliosa, campi che si perdevano all’orizzonte, distese di granoturco e vigneti, nei boschi fauna stanziale e selvaggina di ogni tipo. In posizione privilegiata, a ridosso delle cento colline del Monferrato. E a sol-
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tanto un’ora d’auto da tre grandi città: Genova, Milano, Torino, i capoluoghi del triangolo che dette il via a fine Ottocento alla prima industrializzazione del Paese. La grande ‘’isola’’ agricola del Monferrato è ancora oggi ricca di scorci suggestivi, tanto che il territorio è stato iscritto dall’Unesco nella lista dei siti che sono Patrimonio dell’umanità. Era una delle dimore di caccia di Vittorio Emanuele II che qui incontrava la Béla Rusin, ovvero Rosa Vercellana, dapprima amante e in seguito moglie morganatica. Prende il nome da margaro che in dialetto piemontese significa allevatore di bestiame. Rievochi vicende e tappe significative della crescita. All’inizio degli anni ’70 mio padre Glauco Lolli Ghetti (1921-2006), armatore genovese appassionato di golf (aveva preso l’hcp a Rapallo dov’era socio), mise a punto due buche e un campo pratica attorno a casa. Tre anni dopo le buche divennero nove, progettate da autentici appassionati attratti da un suggestivo contesto naturale con il coinvolgimento dei primi player, amici e personaggi dei dintorni. Nacque così il nucleo di quello che sarebbe diventato il club di oggi. Di quegli anni ho ricordi infantili piacevoli: i tramonti rossi d’inverno, il tempo segnato dal susseguirsi delle stagioni, puledri, vitellini, pulcini, il fattore e una natura bellissima. Le grandi tavolate di Pasqua, ciliegi e peschi in fiore, il profumo di rose nelle sere di maggio. Una dimensione estetica coinvolgente per chi è nato in riva al mare, i monti alle spalle e di fronte l’azzurro immenso. In tempi brevi (mio padre era un razionale decisionista) nacquero le 18 buche del percorso Rosso che ora porta il suo nome. Il complesso storico-agricolo, il fascino del Monferrato fanno da cornice ai due percorsi, il Rosso e il Giallo. Li descriva parlando anche, se vuole, del suo amore per questo sport. Tutte belle buche, giocabili con impegno, non facili ma non penalizzanti, che invitano a sfidare se stessi e il campo. In un contesto di verde rigoglioso, il percorso Rosso si snoda in una serie di dogleg su un terreno mosso ma non faticoso, con fairway larghi e green ben difesi. Altro fiore all’occhiello del nostro circolo è il campo pratica, nel quale è possibile provare senza problemi anche un nuovo potente driver. È ampio e profondo, con piazzole sia di erba che di sintetico. Ampio anche il putting green accanto alla club house e, poco oltre, un bel green doppio per gli approcci. Qui lo spazio è sempre generoso, come questa antica terra piemontese. Le colline del Monferrato sono ideali per il golf, hanno pendii lievi e non costringono a salire di livello su un percorso sempre ondulato, tanto da non risultare noioso. Nel 1996 Glauco realizza le prime nove del percorso Giallo, battezzato poi ‘’La Guazzetta’’, terminato nel 2006 con 18 buche completamente diverse dalla precedenti ma altrettanto affascinanti. Fu un regalo ai soci che la domenica possono dedicarsi alle partite informali con gli amici mentre sul Glauco Lolli Ghetti si gioca la gara settimanale. Mio padre accarezzò anche il progetto di un terzo percorso: un executive per favorire i principianti. È rimasto nei sogni a causa della sua scomparsa, avvenuta nel 2006. Mentre il campo subiva questi miglioramenti, i soci, dalle poche decine iniziali, cre-
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PERSONAGGI
Maria Amelia Lolli Ghetti scevano continuamente arrivando a superare i 500. Con l’arrivo della crisi, come in tutti i circoli, alcuni non rinnovarono l’iscrizione. Come avete reagito all’impasse che dal 2007 ha toccato tutti i circoli? Da qualche anno mi sto impegnando nel rilancio, con sostegno e investimenti importanti. I risultati si stanno vedendo e non solo grazie alle strutture: i soci aumentano e prevedo che il loro numero possa superare i livelli precedenti. Non mi attribuisco grande merito per questo risultato: Margara è talmente bella e piacevole, per il gioco e la frequentazione, che attrae chiunque abbia un minimo interesse per il golf. Grazie alle cure del nostro green keeper Maurizio Novella, dei suoi collaboratori e al microclima del territorio, il tappeto erboso dei fairway qui è sempre splendido (potete conoscerne i particolari nel riquadro in queste pagine, ndr). Voce molto importante di bilancio è quella relativa alla manutenzione, anche se negli ultimi anni si è provveduto a fare una politica di rinnovamento del parco macchine: i costi sono sempre elevati sia per il numero di mezzi in campo sia per il prezzo dei ricambi. Il budget per il 2016 per questa voce si aggira attorno ai 230 mila euro, esclusa naturalmente la voce relativa al costo del personale (11 addetti). Non è una grande cifra, ma con i tempi che corrono ha una sua rilevanza. Ospitalità: foresteria e operazioni immobiliari. Gli appartamenti e le strutture del Circolo. Vuole parlarne? Come hanno osservato molti soci, una delle caratteristiche del nostro club è la buona accoglienza. Fin dall’inizio il gruppo dei fondatori, spesso anche personaggi importanti, creò un ambiente dove ci si trovava subito a proprio agio. Ho investito nel rinnova-
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mento della foresteria con appartamenti bene attrezzati, che hanno il comfort del silenzio, privilegio ambito da chi viene dal caos cittadino, e balconi che si affacciano sul percorso. Siamo in grado di accogliere convenientemente ogni ospite. Attorno al campo sono nate negli anni, nel rispetto dell’ambiente, alcune strutture immobiliari, ancora in parte disponibili sia per l’acquisto che per la locazione. Tra i servizi, eccellenti sono la piscina e un campo da tennis in tartan, recentemente rinnovato. E il Monferrato è anche ricco di meraviglie artistiche e storiche, come testimoniano i numerosi castelli medievali della zona. Torniamo alle strutture. Il bar è accogliente e ben fornito, il ristorante ampio e luminoso con una terrazza che si affaccia verso ovest sulla lunga distesa del verde, la club house ha un impianto di climatizzazione per i mesi più caldi. Gli spogliatoi, riorganizzati con un layout favorevole, hanno ora docce e armadietti capienti sia per i soci che per gli ospiti. Abbiamo curato anche l’accoglienza dei bambini, con una sala giochi e la possibilità di un servizio di nursery che lasci giocare in campo tranquilli i genitori. La Segreteria è multilingue, sa accogliere i golfisti stranieri che qui vengono a caccia di birdie, buona cucina e antichi vini. A Margara si viene per ore liete e non solo in campo. La vita di circolo prevede gare di backgammon, concorsi fotografici, gare in costume, football golf o footgolf ed eventi culturali con personaggi noti. Abbiamo da poco organizzato una gara di ‘’golfisti con… cane al seguito’’ che ha avuto successo (gli italiani, anche chi non li ha, finalmente amano gli animali di casa). Insomma, facciamo di tutto perché ogni socio od ospite si possa divertire.
Nelle foto Maria Amelia Lolli Ghetti, presidente di Margara, e una bella immagine del circolo piemontese
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Nella foto qui sopra, la club house di Margara fotografata dal percorso Rosso. Nell’altra immagine, uno scorcio della grande terrazza che si allunga dalla segreteria e dal ristorante verso il campo. Tipologia di soci, frequentazione. Strategia di marketing e promozioni: vuole dire qualcosa? I soci effettivi sono 250, gli appartenenti alle altre categorie sono 200. Le principali voci di bilancio sono quella delle quote sociali che si aggira intorno ai 700 mila euro, quella dei green fees e delle iscrizioni alle gare che assommano a circa 550 mila euro. I green fees, inclusi quelli delle gare, sono circa 15 mila l’anno e i dipendenti, esclusi gli addetti al campo, sono cinque. I soci favoriscono l’ambiente amicale, sportivo, divertente. Ci si dimentica sempre in campo della propria condizione professionale o sociale. Non ci sono differenze o limiti d’età: qui arrivano bambini anche di cinque anni, genitori appassionati, dirigenti e professionisti, signori pensionati. È questo il mix della popolazione di Margara. Accomunati dalla passione per il golf, i veri soci giocano con tutti e vanno a tavola con tutti, salva la buona educazione sportiva e personale, come nei migliori circoli dello Yorkshire. E tutti possono giocare, grazie alla disponibilità dei due percorsi. Per i piccoli abbiamo spazi per il gioco e un servizio di baby sitter. Per i super-senior che giocano lungo la settimana abbiamo previsto quote adatte alle loro abitudini. Attività agonistica e giovanile. Un grande circolo dà spazio anche all’agonismo: abbiamo ospitato edizioni del Challenge Tour, del Campionato Omnium, del Campionato Italiano Pgai e numerose competizioni di importanza nazionale. A livello dilettantistico i Campionati Assoluti a squadre, il Campionato Trofeo Pallavicino e il Trofeo Glauco Lolli Ghetti, gara di 54/72 buche di spessore nazionale. Quanto all’attività giovanile, ho sempre ritenuto che sia da incentivare. Ingaggiammo Stefano Soffietti, uno dei più apprezzati allenatori italiani, che ci condusse a belle vittorie di categoria. Dopo Soffietti l’incarico è stato dato a Pedro Massiglia e Andrea Cerri, più adatti a gestire un gruppo di ragazzi non ancora pronti al gioco di alto livello. Vorremmo ora gettare le basi per un futuro ricco di campioncini.
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Figure storiche del circolo e soci indimenticabili. Margara esiste da più di 40 anni, ha sempre attratto molte persone, tutte speciali, qualcuna importante anche a livello internazionale. Ricordo con piacere gli inviti che facemmo a molti Vip del mondo imprenditoriale, politico, sindacale, sportivo e persino a un premio Nobel. Ricordo anche i calciatori della Sampdoria, squadra della quale mio padre fu presidente per anni. Venivano in ritiro, si fermavano a pernottare prima delle partite importanti. Numerosi i calciatori che andavano sul fairway: Dossena, Del Piero, Vialli e l’ucraino Andrij Sevcenko, ora allenatore nel suo Paese, che ricordiamo tutti con simpatia perché impugnò qui i primi ferri. Una volta ospitammo il principe Ranieri di Monaco: era il 1991 e dopo il soggiorno ci gratificò con un’affabile lettera di ringraziamento. Ricordo con affetto i primi soci per come si impegnarono a favore del resort. Ne cito qualcuno ma la riconoscenza andrebbe anche a molti altri: Ottavio Riccadonna (titolare della casa vinicola), Piero Visconti (imprenditore), Eleuterio Brusatore (imprenditore), Franco Pettazzi (imprenditore), Carlo Crivelli (imprenditore), Giuseppe Monti (architetto), Enzo Freri (giornalista milanese), Giancarlo Cerutti (imprenditore e sponsor qui di numerosi Open internazionali), Roberto Cecchi (imprenditore) e i pro Agostino Reale e Giuseppe Sità. Non voglio dimenticare Giulio Griffi, prima Segretario e poi Direttore, che con grande passione ha contribuito a far crescere il club, passando ora con successo il testimone al figlio Gian Marco. Un commento sulle strategie della Federazione. Il golf in Italia: come lo vedrebbe? Molti in Italia considerano ancora il golf uno sport d’élite. Qualcuno lo definì addirittura uno ‘’sport da Gastone’’, evocando il personaggio snob della celebre canzone di Petrolini. Nel mondo il golf è lo sport più praticato con circa 70 milioni di appassionati, in Nordeuropa giocano a golf anche i metal-
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PERSONAGGI
Maria Amelia Lolli Ghetti meccanici. La consuetudine sul fairway tiene efficienti fisico e mente. Negli Usa il player gode di una riduzione sulla polizza di assicurazione sulla vita. Il braccio educa la mente e la mente educa il braccio, la disciplina golfistica, sempre alla ricerca di armonie, corrobora il carattere, favorisce la concentrazione, impone un rigoroso rispetto delle regole e del compagno di gioco. Ricordo film che hanno messo a fuoco la magia del golf, come “Il più bel gioco della mia vita” del 2005 e “La leggenda di Bagger Vance” del 2000. Forse la diffusione nelle scuole di messaggi intensi come quelli comunicati nelle due pellicole farebbe comprendere quanto sia utile e straordinario per i giovani giocare a golf. Naturalmente, sarebbe bene anche incentivare la costruzione di campi pratica e di percorsi con strutture minimali, adatti a sportivi con redditi limitati. Soltanto dai grandi numeri di praticanti, del resto, escono i grandi campioni… La Ryder Cup sul Marco Simone di Roma nel 2022 riuscirà a far conoscere il golf a tanti italiani? Forse sì, e credo molto anche nelle Olimpiadi romane, se si faranno. Quali sentimenti la tengono legata a questo grande circolo? Riconoscenza per mio padre Glauco, i legami con i soci e con coloro, molti amici anche soltanto visitatori, che condividono con noi il piacere di questo incantevole club. E che si impegnano con me per farlo sempre più bello. Grazie per l’intervista e adesso andiamo sul tee-shot della 1. Quale percorso preferisce? Sul Glauco Lolli Ghetti io giocherei hcp 23, donna Maria Amelia, e siccome ‘’il golf è un gioco che spinge a rivendicare i privilegi dell’età provando a far durare i benefici della giovinezza’’, come disse un grande player Usa, mi cimenterei lì. Io e lei, in ogni buca, andremmo certamente in green in due. Purtroppo anche nei par 3. Ma per fortuna anche nei par 5.
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PERCORSI ROSSO E GIALLO: A MARGARA I MANTI ERBOSI SI TRATTANO COSÌ I tappeti erbosi dei due percorsi si differenziano per morfologia e tipologia. Il Rosso si adagia su un terreno naturale (dieci ettari di fairway) e la superficie totale dei green è di poco superiore all’ettaro. Nel corso degli anni ne sono stati rifatti tre, oltre al putting green, utilizzando il Texas method, mentre i green vecchi hanno sotto un terreno naturale senza drenaggio, arricchito da apporti di sabbia fatti negli anni con top dressing. Il tappeto è composto da Poa annua e Agrostis stolonifera, i fairway hanno un mix di Lolium perennis, Agrostis stolonifera e Poa annua, stessa composizione che troviamo sui 4.500 metri quadrati di tee, alcuni interessati da ristrutturazione e riseminati o rizollati con Agrostis stolonifera L93. Quasi tutti i rough sono di Lolium perennis e Festuca arundinacea. Il percorso Giallo si differenzia per i 12 mila mq di green per i quali si è utilizzato il Texas method, drenaggio con tubi e ghiaia e un mix con un rapporto di 80/20 di sabbia e torba seminati con Agrostis stolonifera L93, stessa varietà utilizzata anche sui 16 ettari di fairway e sui 6 mila mq di tee. I rough del Giallo sono stati seminati con Poa pratensis e Lolium perennis per le parti irrigate e Lolium perennis e Festuca arundinacea nelle restanti superfici. Per gli addetti ai lavori, ecco i particolari sul trattamento e sul parco macchine. Nel periodo vegetativo i green vengono tagliati a un’altezza che può variare dai 3 ai 3,5 mm cinque o sei volte la settimana. Prima delle gare si esegue un doppio taglio incrociato e ‘’rullatura’’ giornaliera con delle ‘’triple’’ John Deere 2500 alle quali si possono applicare anche i rulli. I green vengono fertilizzati con liquidi a base di azoto, ferro e potassio ogni quindici giorni, pratica che permette di controllare meglio la Poa annua specialmente nel periodo di massima infiorescenza e di non avere picchi di crescita. Nell’arco della stagione il greenkeeper sparge concimi solidi ricchi di azoto, usati come starter in primavera/autunno e con una lenta cessione di potassio prima dell’estate/inverno al fine di irrobustire il manto erboso e prepararlo agli sbalzi termici. Una volta al mese si interviene con verticutting e top dressing di sabbia silicea. Durante la stagione vengono eseguite due o tre chiodature con chiodi da 8 mm e ripetuti slicing con lame da 3 cm, operazioni sempre seguite da top dressing. Il 75% del parco macchine è costituito in gran parte da John Deere, con l’aggiunta di alcune Toro o altre case tutte di buon livello. La John Deere è preferita poiché il rivenditore Actis per il golf è da sempre un punto di riferimento molto vicino, fattore importante per l’assistenza offerta in ogni momento della stagione e la buona rete di distribuzione dei ricambi. La spesa annuale per la manutenzione del manto erboso è legata alle stagioni: carburanti ed energia elettrica sono voci importanti e il consumo varia a seconda dell’andamento climatico (importante è la spesa per l’irrigazione) e degli aumenti di mercato (nell’ultimo anno hanno segnato un 25% in più).
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GOLF IMPRESA
Lo sviluppo del golf italiano
Tutti insieme per crescere Sono una quarantina i circoli italiani uniti in un consorzio, che hanno deciso di percorrere un cammino comune mettendo in campo gli stessi obiettivi e cercando importanti sinergie a cura della redazione
A
metà giugno, presso il noto Circolo milanese de “Le Rovedine” si è svolto un importante incontro tra il presidente della Federgolf, Franco Chimenti, e l’Associazione “Golf Impresa”, presieduta da Giuliano Bagnoli. Noto anche come EGCOA Italy, l’associazione raccoglie al momento una quarantina di circoli italiani, consorziati per cercare soluzioni comuni nella complessa attività di gestione di un golf club Il meeting – inedito per la verità - ha visto la partecipazione di quasi tutti gli associati e ha avuto come tema “Ryder Cup e
sviluppo del golf italiano”. La presenza del Presidente Federale, che per la prima volta ha partecipato a un incontro di Golf Impresa, è stato anche un segno di riconoscimento e valorizzazione di questa associazione di categoria, impegnata in varie attività che cercano di contribuire allo sviluppo del golf italiano. Dopo il racconto della storica assegnazione della Ryder Cup 2022 al Marco Simone, Chimenti ha assegnato un riconoscimento ai circoli del Consorzio in termini di gestione e di promozione del golf. A seguire si è svolto un interessante dibattito tra i Presidenti intervenuti, sull’opportunità di intensificare ogni azione volta all’aumento dei giocatori, migliorando anche la collaborazione tra Federazione e Golf Impresa.
Nella foto, il presidente della Federgolf, Franco Chimenti, fra il presidente de Le Rovedine, Paolo Piras (a sinistra), e quello di Golfimpresa, Giuliano Bagnoli, durante l’incontro di giugno presso il circolo milanese di Opera
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47 LA STORIA DELL’ASSOCIAZIONE ll 22 maggio 2003 l’architetto di campi da golf Giorgio Ferraris convoca circa 30 persone legate al mondo del golf presso il neonato Golf Club San Vito, in quel di Gaggiano (Milano) di proprietà di Alessandro Calvi. A un unico tavolo lungo e stretto sono seduti giornalisti, fornitori, proprietari di campi da golf. Ferraris spiega ai presenti che lo scopo della riunione è di porre le basi per un’eventuale associazione che riunisca i proprietari di circoli italiani, facendo propria l’idea dell’amico Bill Amick (anche lui architetto di golf) e a seguito dell’esempio dato dal consorzio internazionale NGCOA. Il 5 luglio 2003 la riunione si ripete presso il Golf Club San Valentino, a Castellarano (Reggio Emilia), dove fa gli onori di casa Riccardo Giannini. I presenti non sono numerosi come nella prima occasione, ma il confronto tra i partecipanti non manca. Su iniziativa di Luciano Roccia (Girasoli) e Alberto Schellino (Cavaglià) parte la verifica di quanti siano i campi gestiti da imprenditori/proprietari. Il terzo incontro avviene in settembre presso il Golf Club I Girasoli (Torino) e i 35 presenti scoprono che sul territorio nazionale sono 75 i percorsi di golf gestiti a fini di lucro ed è perciò possibile pensare di costituire l’associazione proprietari di campi da golf con un discreto “potenziale”. Le successive riunioni avvengono a Cavaglià (Biella) e all’Ambrosiano (Milano). Nasce così Golfimpresa e nel dicembre, ad Asti, si celebra la costituzione ufficiale del consorzio da parte dei 10 membri fondatori: Cavaglià, Golfindoor, Druento, I Girasoli, San Vito, San Valentino, Panorama Golf, Frassanelle, Il Golfino e Grugliasco attraverso le rispettive società proprietarie. Nel primo consiglio direttivo (8 gennaio 2004 a Bergamo) viene eletto presidente Ivan Rota e nel 2005 il Consorzio entra a far parte di EGCOA (European Golf Course Owner Association) come quinta nazione dopo le quattro fondatrici (Olanda, Germania, Danimarca, Francia).
Dopo cinque anni di attività con il nome di Golfimpresa il Consorzio Italiano Proprietari di Campi da Golf nel novembre 2008 cambia rotta e decide di apportare opportune modifiche allo statuto, per far aderire al consorzio anche società senza fine di lucro. Il Consorzio inoltre cambia logo, diventando IGCOA, filiale Italiana dell’associazione europea. Nella carica di presidente si avvicendano poi Alberto Schellino e Alberto Sciatti, cui nel 2015, in occasione del consiglio direttivo al Golf Club Le Robinie, succede Giuliano Bagnoli (Parco di Firenze), attualmente alla guida di Golf Impresa.
GLI OBIETTIVI 1 Affiancare la gestione imprenditoriale dei circoli di golf 1 Sviluppare un’attività consortile a favore di maggiori ricavi e di risparmi gestionali 1 Crescere numericamente per aver maggior peso da spendere per soddisfare le istanze dei consorziati 1 Promuovere l’attività consortile e dei circoli attraverso partecipazioni a fiere e organizzazioni di vario genere 1 Creare un network di tesserati che portino valore aggiuntivo (green fee) alle strutture consorziate.
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40 strutture consorziate 11 regioni rappresentate 651 buche di golf 87 buche di pitch & putt ed executive 2.000 ettari di superficie dedicata al golf 18.800 abbonati (18,5% dei giocatori tesserati alla FIG ) 20.000 i giocatori cresciuti nei circoli CIPCG (19,7% degli attuali giocatori FIG ) 400.000 green fee (circa) annui 320 addetti 27 milioni di euro di giro d’affari annuo 290 milioni di euro di valore patrimoniale
L’ELENCO DEI CIRCOLI 4 A.S. Golf Le Primule 4 Acqui Terme Golf ASD 4 Antico Borgo di Camuzzago Golf Club Srl 4 ASD Golf Club Bellosguardo Vinci 4 ASD Golf Club Quarrata 4 ASD I Ciliegi Golf Club 4 ASD Les Iles Golf 4 Centanni Golf Club 4 Circolo Golf e Tennis Rapallo 4 Circolo Golf Grugliasco 4 Circolo Sportivo Sant’Anna Golf Club 4 Cosmopolitan Golf & Country Club 4 Cus Ferrara Golf ASD 4 Golf Brianza Country Club 4 Golf Club Casentino 4 Golf Club Castell’Arquato 4 Golf Club Crema 4 Golf Club Il Colombaro 4 Golf Club La Romanina 4 Golf Club Le Rovedine 4 Golf Club Matilde di Canossa 4 Golf Club Molino del Pero SSD 4 Golf Club Monferrato 4 Golf Club Parco di Firenze ASD 4 Golf Club Poggio dei Medici 4 Golf Club Punta Ala 4 Golf Club Vicenza 4 Golf e Sporting Club Verbania 4 Golf La Colombera srl ssd 4 Golf La Serra ASD 4 Golf Pragelato 4 Gressoney Monterosa SSD 4 Le Pavoniere Golf & Country Club 4 Le Robinie Golf Club & Resort SRL SSD 4 Moncalieri Golf Club SSD rl 4 Panorama Golf ASD 4 Parco di Roma Golf & Country Club SSD rl 4 Salice Terme Golf Club SSD Srl 4 SSD Golf Club Cavaglià 4 Tirrenia Golf Club
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L’
estate normalmente è il periodo dell’anno che si associa alle vacanze, al relax, allo star bene. Le belle giornate di sole favoriscono anche il buon umore, ci mettono allegria e anche il nostro benessere sembra trarne vantaggio. Insomma per noi l’estate è davvero una bella stagione, forse la migliore dell’anno. Per i golfisti, poi, i mesi estivi sono una vera manna. Le giornate più lunghe permettono di andare a giocare a qualsiasi ora del giorno, non c’è bisogno di portarsi appresso ombrelli e tute da pioggia, si gioca in piena libertà con bermuda e maglietta. Per i campi da golf, invece, l’estate non è proprio la stagione ideale. Anzi è forse il periodo dell’anno che crea maggiori problemi. Proprio l’anno scorso, quando ci fu un’estate caldissima e prolungata, gran parte dei percorsi italiani furono soggetti a danni notevoli. Cosa succede nei campi da golf quando arriva il caldo ce lo spiega nei particolari il dottor Massimo Mocioni, agronomo con un dottorato di ricerca in patologia vegetale presso l’Università di Torino e che da una ventina d’anni fa parte della Sezione Tappeti Erbosi della Federgolf. “Le specie microterme, molto utilizzate nelle zone con climi freschi, iniziano a non sopportare le alte temperature con evidenti ingiallimenti che in molti punti possono portare alla morte del tappeto erboso. La Poa annua, che è un’infestante tipica di tutti i tappeti erbosi, è una specie che completa il suo ciclo vitale proprio in estate e tende a lasciare ampie zone di terreno nudo. Oltre a questo problema a completare il quadro ci sono anche i rischi di attacco da parte di alcuni patogeni fungini, particolarmente attivi nel periodo estivo e molto pericolosi.” Con queste condizioni quali aree del percorso sono più a rischio? I fairway o i green? “Vista la maggiore intensità di manutenzione (altezze di taglio basse) e di gioco, nonchè la maggiore presenza di Poa annua, la parte del campo più soggetta a rischi è quella dei green, ma in molti percorsi, dove magari l’impianto d’irrigazione è obsoleto o assicura una cattiva copertura, si possono avere problemi anche sui fairway”. Fino a che temperature si ha una condizione di manutenzione più o meno normale? “I greenkeeper e i superintendent vorrebbero avere tutto l’anno le condizioni meteorologiche di aprile-maggio o settembre-ottobre! In quei periodi la crescita del tappeto è buona e i rischi di stress o patogeni fungini sono scarsi e molto limitati come superficie. I problemi iniziano ad aumentare quando il caldo si fa sentire, con temperature vicine ai 30°C. Se poi anche di notte perdura un clima afoso il rischio è ancora maggiore”. Quanto deve durare il periodo di alte temperature per essere considerato pericoloso per il tappeto erboso? “È molto variabile a seconda delle specie presenti. In un green
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SOTTO QUESTO SOLE
… è bello giocare a golf, ma con il solleone non sempre i mesi più caldi risparmiano fairway e green. Le microterme mal sopportano le alte temperature con evidenti ingiallimenti o addirittura con la morte della superficie verde, mentre le macroterme resistono molto meglio alla calura
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Ultimo putt di Tiger Woods a Hoylake nel 2006 per vincere l’Open Championhip. Con pochissima pioggia durante le settimane precedenti, nei giorni della gara il campo era decisamente più giallo che verde con molta Poa annua bastano poche ore di caldo torrido per rischiare il collasso del tappeto, anche a causa di un apparato radicale molto superficiale. Manti in microterme con altezze di taglio maggiori hanno una superiore resistenza, ma sempre quantificabile in pochi giorni se non si riesce a intervenire tempestivamente”. Quali sono i problemi che insorgono con il caldo? “Si ha dapprima un forte rallentamento della crescita con ingiallimenti diffusi e poco regolari che possono portare anche alla morte della pianta. Succede anche che nel tentativo di salvare il tappeto erboso utilizzando irrigazioni più abbondanti e frequenti si crei involontariamente un ambiente favorevole agli attacchi di patogeni fungini, come Pythium, che diventano molto pericolosi in presenza di alte temperature e di condizioni di elevata umidità. Gli attacchi di questo patogeno in estate sono molto violenti e rapidi, senza possibilità di recupero se non con una nuova semina in settembre”. Esistono degli interventi per attenuare i problemi provocati dalle temperature estive? “Occorre gestire al meglio l’impianto d’irrigazione, evitando sia gli eccessi che le carenze. Troppo apporto idrico favorirebbe l’insorgere delle malattie fungine, mentre un’irrigazione insufficiente provocherebbe anche la morte del tappeto erboso. Una pratica ormai diventata molto frequente e di uso comune è quella di adottare un brevissimo ciclo irriguo (pochi minuti a settore) a ridosso delle ore più calde della giornata. Questo intervento è chiamato syringing e permette di ridurre i danni.
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Si tratta di azioni che risolvono il problema in maniera definitiva o sono solo di contenimento della situazione? “Non è sicuramente un intervento risolutore perché serve solo ad abbassare, con l’evaporazione dell’acqua, la temperatura del tappeto erboso per un breve periodo e a evitare ulteriori stress fisiologici. Se il caldo continua, però, i rischi per il tappeto erboso restano elevati”. Si possono fare delle azioni di prevenzione per fronteggiare questi problemi? “Possiamo agire anche sulla fertilizzazione, evitando una crescita elevata del tappeto riducendo gli apporti azotati prima del caldo e incrementando il potassio e altri microelementi che aumentano la resistenza della pianta. Per contenere gli attacchi di Pythium si può usare anche il fosfito di potassio, che stimola resistenze naturali del tappeto al patogeno. Questo prodotto in altri paesi è considerato un vero e proprio fungicida, mentre da noi è un ammendante. Sono inoltre allo studio molti prodotti, già proposti da diverse ditte del settore, ma non sempre supportati da una corretta sperimentazione scientifica”. Lei ha citato più volte il ruolo dell’irrigazione come strumento indispensabile per proteggere il tappeto erboso dalle alte temperature. Come deve essere utilizzata per ottenere il massimo risultato? “Come ho già detto l’irrigazione ha un ruolo fondamentale. I cicli irrigui sono lunghi (per un percorso siamo in genere attorno alle otto ore), per cui l’impianto si attiva la sera e completa il suo intervento nelle prime ore del mattino. Succede, perciò, che in alcuni punti la pianta resti bagnata per molte ore, creando
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un ambiente ideale per lo sviluppo delle malattie fungine. Proprio per evitare questa situazione le aree più “sensibili”, come ad esempio i green, dovrebbero essere irrigate alla fine del ciclo, per ridurre al minimo il periodo di bagnatura fogliare. Compatibilmente con le specie presenti e la tessitura del terreno, inoltre, l’irrigazione non dovrebbe essere giornaliera, per stimolare la pianta ad approfondire l’apparato radicale”. A volte, se con l’estate si accompagna una situazione di siccità, ci possono essere problemi di approvvigionamento idrico. Come si gestisce la carenza di acqua? “Gli impianti d’irrigazione più recenti consentono un risparmio idrico considerevole, in quanto hanno una distribuzione più uniforme e puntuale (può essere gestito il singolo irrigatore in maniera autonoma da tutti gli altri). È possibile, inoltre, irrigare esclusivamente le zone interessate dal gioco, risparmiando in questo modo anche l’acqua. La scelta di specie macroterme, infine, consente un’ulteriore riduzione di circa il 50% dei volumi idrici complessivi stagionali”. Come vengono predisposti i tagli dei fairway e dei green durante il periodo estivo? “Le altezze di taglio variano a seconda del periodo stagionale e della crescita del tappeto. In primavera e in autunno, quando la crescita è maggiore, l’altezza di taglio potrà essere più bassa con pochi rischi per il tappeto erboso che ha maggiori capacità di recupero. In estate, invece, l’altezza di taglio dovrà essere progressivamente alzata e la frequenza ridotta per limitare lo stress. Questo consente di non creare situazioni favorevoli all’ingresso di patogeni fungini e, allo stesso tempo, incrementa l’approfondimento radicale per quanto possibile in relazione alla stagione”.
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Quanto tempo è necessario per riportare il tappeto erboso alle condizioni pre-estive dopo un periodo di caldo prolungato? “Varia a seconda del danno che si è avuto. In alcuni casi è necessario riseminare il tappeto, per cui serviranno almeno 6-8 settimane per ripristinare condizioni di gioco accettabili. Danni più limitati possono essere recuperati sistemando zolle o anche solo stimolando il recupero del tappeto. Ovviamente in questi casi il recupero è più rapido”. L’uso delle macroterme, che anche in Italia sta diventando più frequente, rende meno pericolosi questi inconvenienti. Ci può spiegare in che modo avviene? “Le specie macroterme riducono molto i vari problemi di cui abbiamo parlato perché si adattano benissimo alle alte temperature estive. Anzi queste varietà hanno il loro picco massimo di crescita proprio con il caldo. Inoltre richiedono apporti idrici decisamente ridotti che possono essere addirittura il 50% in meno di quanto necessita un tappeto erboso in microterme. Al momento, poi, abbiamo riscontrato che le macroterme presentano problemi molto limitati per quanto riguarda i patogeni fungini e possono essere mantenute senza trattamenti fitosanitari e con un minore apporto di fertilizzanti. Se non esistono ampie zone di ombra le macroterme sono utilizzabili senza problemi anche nei percorsi della nostra Pianura Padana, in quanto la dormienza invernale è gestibile con una trasemina il cui costo è ampiamente compensato dai risparmi idrici e dalle minori spese per prodotti fitosanitari. In futuro vedremo sempre più percorsi realizzati con questa varietà e il loro impiego, che nel nostro Paese al momento è limitato a fairway e tee, verrà adottato anche sui green. È un progetto al quale stiamo già lavorando”.
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LA PARTE SOMMERSA
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di Franco Piras Golf Course Architect - Senior Member EIGCA
Più grande di quella che si vede, la parte del disegno di un campo che si trova sotto la superficie è importantissima e complicata. Vediamo insieme perché...
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a progettazione e realizzazione di un campo da golf è un’operazione multidisciplinare alla quale contribuisce un team di professionisti. La parte evidente dell’iceberg è rappresentata dalle caratteristiche tecniche ed estetiche legate al gioco e dallo standard manutentivo. Così come negli iceberg la parte sommersa è molto più grande di quella affiorante, ugualmente lo studio e la realizzazione di ciò che è nascosto sotto il tappeto erboso sono aspetti complicati ed estremamente importanti. I principali fattori da tenere in considerazione sono di due ordini, impiantistico e agronomico, che, interconnessi tra di loro, contribuiscono alle realizzazione di un impianto di qualità, e ciò indipendentemente delle caratteristiche tecniche del percorso. Gli aspetti agronomici partono dallo studio dalle analisi fisico-chimiche dei suoli, dalla matrice e tessitura del terreno, dalla presenza di elementi nutritivi, della sostanza organica, dal Ph e da molteplici altri fattori tra cui quello climatico; il tutto finalizzato a definire le cultivar più idonee al sito e a creare un ambiente ideale per le piante. La condizione agronomica del suolo riflette la qualità dell’erba nel percorso, lo standard manutentivo e l’ecosostenibilità ambientale. Al giorno d’oggi, doverosamente, l’attenzione agli aspetti ambientali si sta radicando sempre più nella cultura degli operatori: un campo ben realizzato e in equilibrio dal punto di vista agronomico consentirà nel tempo una gestione più economica e con risultati migliori Gli aspetti impiantistici sono i meno evidenti ma spesso i più complicati e onerosi da realizzare. Sono rappresentati dall’impianto di drenaggio per la raccolta e smaltimento delle acque meteoriche e dall’impianto di irrigazione. Entrambi riguardano la gestione dell’acqua ed entrambi sono ugualmente importanti. Si dice infatti che l’erba per vivere abbia bisogno di acqua ma che non viva sott’acqua. Un impianto drenante efficiente consente di evacuare velocemente l’acqua in eccesso conferendo giocabilità al percorso , evitando le zone di ristagno idrico che favoriscono la moria dell’erba e gli attacchi dei patogeni. L’impianto drenante viene dimensionato sulla base della morfologia del terreno, delle caratteristiche di permeabilità dei suoli e delle curve pluviometriche, ed è composto da un reticolo di tubi , forati e non, di diverse dimensioni che portano l’acqua dai punti di presa rappresentati dai pozzetti situati nelle aree di gioco, fino ai punti di consegna, ovvero bacini di raccolta, fossi , fiumi ecc. Questi tubi partono da dimensioni di 11 centimetri di diametro, sono micro fessurati, annegati nella ghiaia, e collegati ai pozzetti nei fairway e rappresentano la parte apicale della ragnatela. Aumentano di sezione man mano che aumenta l’acqua raccolta fino a raggiungere sezioni importanti in prossimità dei punti di consegna. Non sempre l’acqua riesce a raggiungere i punti di consegna per gravità e talvolta è infatti necessario dover creare aree di laminazione e installare pompe di rilancio.
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Nelle immagini qui sopra, due percorsi di golf durante l’orario dell’irrigazione. Nella foto a destra i lavori per la realizzazione dell’impianto che deve distribuire l’acqua sulle buche.
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55 Se l’impianto drenante consente al tappeto erboso di non vivere sott’acqua e garantisce al percorso un’elevata giocabilità, l’impianto irriguo è altrettanto importante e consente di sopperire alle condizioni meteorologiche avverse dando la possibilità all’erba di sopravvivere. La nascita del golf in Scozia non è un caso, sussistono infatti in modo naturale tutte le condizioni alle quali noi cerchiamo di avvicinarci con dispendio di denari ed energie, senza peraltro raggiungere gli stessi risultati. Temperature miti per lo sviluppo ideale delle microterme che non raggiungono valori tali favorire lo sviluppo di patogeni e proliferazione di infestanti, terreni sabbiosi ad alta permeabilità che non generano ristagni idrici o marcescenze dell’erba e piogge sottili e frequenti sono stati in sintesi i fattori determinanti. Fino a non molto fa in Scozia nella maggior parte dei percorsi non esistevano gli impianti di irrigazione, ma solo prese rapide per interventi di soccorso in prossimità dei green e non era infrequente vederli tendere al giallo nel corso delle stagioni più calde. Nel tempo sono cambiate non sono le aspettative dei giocatori, che perdendo il vero spirito del gioco ambiscono a giocare in campi sempre verdi e lussureggianti, ma anche le condizioni climatiche. A causa del progressivo surriscaldamento della terra, che ha intensificato il fenomeno di tropicalizzazione delle piogge (sempre più intense e alternate a lunghi periodi siccitosi) ha fatto sì che impianti efficienti di drenaggio e di irri-
gazione siano diventati una necessità quasi a tutte le latitudini. L’impianto d’irrigazione è composto da una molteplicità di elementi, ovvero una fonte di approvvigionamento idrico, una stazione di pompaggio, un reticolo di tubazioni, un adeguato numero di diffusori e di un sistema automatico di monitoraggio e controllo. Ognuno di questi elementi deve essere correttamente studiato e dimensionato di volta in volta sulla base delle condizioni morfologiche e climatiche. Le fonti di approvvigionamento sono rappresentate da corsi d’acqua, pozzi di emungimento , impianti di recupero di acque reflue e di drenaggio e dissalatori. Non sempre sono disponibili fonti di approvvigionamento in grado di fornire in maniera continuativa l’acqua necessaria in tutti i periodi dell’anno ed è pertanto necessario prevedere bacini di accumulo dimensionati sulla base del delta tra capacità di provvista e consumo. Questa è la funzione più importante dei laghi inseriti nei campi da golf. I giocatori vedono solo l’aspetto tecnico ed estetico nel corso del gioco e quasi mai immaginano che la posizione nell’ambito del campo e la dimensione degli ostacoli d’acqua sono in realtà fattori dettati principalmente da esigenze tecniche, che poi l’architetto interpreta con la sua creatività e sensibilità ai fini del gioco. La posizione ideale per la realizzazione dei bacini e delle conseguenti stazioni di pompaggio è baricentrica rispetto all’estensione del campo per ottimizzare il dimensionamento delle tubazioni principali e le perdite di carico dovute alla distanza tra il pompaggio e gli irrigatori.
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In alto, il disegno di un golf con la presenza lungo il tracciato degli sprinkler per la gestione dellâ&#x20AC;&#x2122;irrigazione, nei sistemi computerizzati piĂš moderni ormai gestibile in remoto con computer o tablet.
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Sotto il tappeto erboso
La stazione è il cuore pulsante dell’impianto irriguo e deve essere realizzata con la massima cura. È composta da un numero variabile di pompe che, comandate da sistemi ad inverter, modulano la portata sulla base dell’acqua richiesta mantenendo costante la pressione. Le pompe vengono dimensionate in funzione del numero totale di irrigatori e dalla contemporaneità che si vuole ottenere. Questi fattori determinano i tempi del ciclo irriguo. Le tubazioni sono realizzate in polietilene ad alta densità saldate testa a testa a caldo e sono composte da un anello principale con un diametro normalmente superiore ai 25 cm e da alcuni stacchi per ogni buca, che sezionati da valvole e con diametri inferiori costituiscono le linee secondarie sulle quali sono posizionati gli irrigatori. Lungo la linea principale corrono i cavi di alimentazione elettrica necessari per il controllo degli irrigatori azionati tramite un elettromagnete stimolato da un impulso elettrico. Il sistema di controllo riconosce il singolo irrigatore tramite un decoder che appunto decodifica l’impulso elettrico e stimola il solenoide consentendo l’apertura dell’irrigatore. Un buon impianto di irrigazione al giorno d’oggi dispone di oltre mille irrigatori con un gittata di circa venti metri e comandati singolarmente per consentire la massima flessibilità di utilizzo. Se la stazione di pompaggio è il cuore e le tubazioni le arterie nelle quale scorre l’acqua, il sistema di controllo è il cervel-
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lo dell’impianto. È costituito da un software molto efficiente e flessibile in grado di ottimizzare la portata delle pompe dando la possibilità ai superintendent di creare innumerevoli programmi irrigui sulla base delle loro esigenze. L’evoluzione dei sistemi di controllo ha consentito di migliorare la gestione irrigua dei percorsi ed è in tal senso che si continua a sviluppare la ricerca delle aziende produttrici. Dai banali sensori di pioggia che interrompono l’irrigazione qualora ci siano precipitazioni in corso, alla possibilità di controllare l’impianto tramite applicazioni sugli smartphone, collegamenti wi-fi con sensori posizionati nel terreno dialogano con il sistema centrale rilevando il tasso di umidità del prato e decidendo se e quanta acqua ha bisogno. La gestione dell’acqua, come, quando e quanto irrigare, sulla base delle condizioni meteorologiche e delle pratiche colturali in atto è fondamentale per una buona gestione agronomica. Per questo motivo un buon architetto deve avere competenza approfondita in materia di irrigazione, agronomia e drenaggi. La sua funzione non è solo quella di interpretare il territorio e creare buche tecnicamente valide ed esteticamente piacevoli, ma anche quella di coordinare il team di professionisti delegati. Non da ultimo e non meno importante, il suo compito è far capire ai committenti che spesso la parte sommersa dell’Iceberg è la più onerosa e importante nella costruzione del percorso e che come sempre chi più spende… meglio spende nel lungo periodo.
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Intervista con uno dei piĂš noti progettisti di golf italiani. Con lui abbiamo parlato di un argomento fra i piĂš importanti per il nostro sport, ovvero la delicata e complessa area attorno alla bandiera
I SEGRETI DEL GREEN
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di Roberto Roversi
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e ne sono di grandi e di piccoli, di piatti e di mossi, di veloci e di lenti, di stretti e di larghi, insomma ce ne sono di tutti i tipi. Parliamo dei green, di quella parte del campo dove tutti i golfisti vorrebbero rimanerci il meno possibile anche se, soprattutto all’occhio del neofita, quell’area di erba rasata e curata perfettamente sembra essere la più bella del campo. Il green è probabilmente la zona più importante di un percorso, se non altro perché è la più calpestata e anche la più studiata dai golfisti. È il posto dove il gioco compie una rapidissima metamorfosi lasciando da parte potenza e tecnica per richiedere precisione e sensibilità. Un bel cambiamento che a volte mette in crisi anche i campioni più celebrati. Quanti ne abbiamo visti giocare alla grande da tee a green per poi sprecare tutto con il putter in mano? Quanti trionfi o disfatte si sono consumati in quella piccola parte del campo? Nel golf non c’è nulla di più gratificante di vedere la pallina sparire dentro la buca dopo un putter dalla lunga distanza, ma allo stesso modo è difficile trovare un momento più frustrante di quello che segue un errore a mezzo metro dalla buca. Il green è il luogo dove emozioni e umori si esaltano, dove il confine tra la gioia e la delusione può essere solo di qualche centimetro. Ma come nasce questa parte del campo con il quale quasi tutti i golfisti del mondo hanno un rapporto di amore e odio? Lo abbiamo chiesto a David Mezzacane, tra gli architetti più conosciuti del golf italiano che ha al suo attivo il design di numerosi campi quali Marco Simone, Nazionale (entrambi in collaborazione con il designer americano Jim Fazio), Argentario, I Monasteri, Cosmopolitan, Acaja, Parco de’ Medici e Volturno. Come inizia la progettazione di un green? “Da sempre il mio disegno di un green non è niente di più che un semplice schizzo o uno schema con ben poche misure indicative, che poi in corso d’opera viene affinato, modificato, se non in alcuni casi cambiato. Il fatto è che, se è vero che il disegno del percorso è determinato dal terreno che lo accoglie, lo stesso discorso vale per le singole buche e quello del green dipende dal disegno della buca. A mano a mano che, grazie al modellamento la forma della buca va determinandosi, si delineano anche le esigenze alle quali il green deve rispondere. Fino al suo modellamento finale è per me indispensabile non avere esitazioni nell’intervenire sul green ovunque sembri necessario, alzando una sponda o abbassandone un’altra, allungandolo o accorciandolo ed è inevitabile che così facendo ci si discosti dallo schizzo iniziale. Questo, però, è un bene, perché in tal modo è il terreno, e non il disegno a tavolino, a determinare la forma del green. Ho sempre diffidato del disegno fin troppo accurato del green, accompagnato dalla prete-
Nella foto, il green della celebre buca 13 sul percorso dell’Augusta National, il par 5 “Azalea”.
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sa che il modellatore lo costruisca rispettandolo fedelmente, che rischia di eliminare quel continuo confronto fra progetto e natura che è alla base della buona progettazione golfistica e che fa sì che lo stesso disegno non possa essere riproposto ovunque.” Quali parametri si devono rispettare? “Ce ne sono diversi. Dalla giocabilità dei colpi al green a quella del green stesso, dal fatto che da ogni sua parte si debba poter giocare alla buca, sia pure soltanto sfruttando le pendenze, alla possibilità di poter posizionare la bandiera in più posizioni strategiche. Sono sempre stati gli unici obiettivi che mi sono prefisso. Non mi sono mai posto l’obiettivo di rispettare altri parametri prestabiliti. Certo prediligo quelli ben visibili in ogni loro parte per il colpo al green “in regulation”, ma se il progetto del percorso rende indispensabile la costruzione di un green più in alto rispetto alla landing area, come per esempio avviene alla buca 2 del Golf Nazionale, non bisogna farne una tragedia, purché ciò nel disegno generale rappresenti un’eccezione.” Quanto influiscono i fattori ambientali? “Nel mio modo di intendere la progettazione golfistica sono fondamentali. È la natura a determinare il progetto del campo, ed essendo i green parte essenziale del percorso, anch’es-
si non possono che essere determinati dal contesto ambientale. Se così non fosse un green ben riuscito, ad esempio, potrebbe essere replicato in qualsiasi altro percorso, ma grazie a Dio una buona progettazione non contempla questa possibilità. Così come non può esistere una buca uguale a un’altra perché è impossibile trovare un ambiente uguale a un altro. I fattori ambientali sono molteplici, dall’orografia del terreno alle sue pendenze, dalla presenza di alberature sino ai venti dominanti, e volendo perseguire l’essenziale obiettivo di costruire un percorso ben inserito nell’ambiente è indispensabile tenerne conto.” Un progettista come sceglie di realizzare un green facile o difficile? “Uno degli obiettivi principali che perseguo è quello di progettare e costruire green che rendano impegnativo il gioco ai più bassi di handicap, quelli per capirci che in un par 4 raggiungono il green in due colpi, e allo stesso tempo sia anche più agevole per i meno bravi, che arrivano in green con un colpo in più. Effettivamente, però, esistono green più o meno facili e, per quanto mi riguarda, a determinare questa scelta è la loro collocazione in punti nevralgici del percorso, come potrebbero essere le buche finali. La decisione, però, può anche essere determinata dalla semplice presa d’atto che il disegno della buca può consentire la creazione di un green particolarmen-
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GREEN - SUBSTRATI DI COSTRUZIONE - L’ U.S.G.A. SYSTEM di Paolo Croce e Alessandro De Luca Per avere green di elevata qualità sia dal punto di vista agronomico che di gioco, è fondamentale la presenza di un suolo ottimale, che favorisca la crescita e lo sviluppo dell’apparato radicale del tappeto erboso. Fino agli anni 40 la maggior parte dei green erano realizzati con substrati caratterizzati da un alto contenuto di argilla. Ciò era motivato principalmente da una migliore stabilità della superficie e da una migliore ritenzione idrica. Quest’ultima caratteristica, tipica dei suoli ad alto contenuto di argilla, permetteva un’attiva crescita del tappeto erboso nei periodi di siccità estiva, non essendo allora diffusi gli impianti di irrigazione. La predisposizione alla compattazione dell’argilla non costituiva un grande problema a causa della bassa intensità di traffico da parte di giocatori e dei mezzi per la manutenzione. Il tappeto erboso, tagliato ad altezze superiori rispetto alle attuali, fungeva inoltre da vera e propria barriera protettiva. A partire dai primi anni 50 si verificò un
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U.S.G.A. System Schema senza strato intermedio crescente interesse per il golf e per gli altri sport ricreazionali che richiedevano un tappeto erboso di elevata qualità. Questo si tradusse in un incremento del traffico e contemporaneamente in maggiori esigenze dal punto di vista della qualità del tappeto erboso. Contemporaneamente iniziarono a diffondersi i sistemi di irrigazione per impianti sportivi. L’incremento di traffico combinato con la presenza di argilla e con la pratica dell’irrigazione determinarono crescenti problemi di compattazione, che divennero il maggior fattore limitante nell’ottenimento di tappeti erbosi di qualità. Furono così avviati negli Stati Uniti studi finalizzati all’individuazione di substrati alternativi, che includessero anche la presenza di sabbia, materiale che notoriamente non si compatta. Obiettivo primario fu quello di combinare un adeguato drenaggio e buoni scambi gassosi con una sufficiente ritenzione di elementi nutritivi e acqua. Le ricerche, effettuate dai centri universitari allora più accreditati nello studio della fisica del terreno, furono
finanziate direttamente dalla U.S.G.A. (United States Golf Association). L’istituto che nel 1956 più si distinse fu la Texas A & M University, che mise a punto un metodo giunto a noi, dopo vari perfezionamenti avvenuti negli anni, con il nome di U.S.G.A. SYSTEM. Da allora sono state azzardate varianti e anche veri e propri metodi alternativi ma, dopo oltre 50 anni di applicazioni, allo stato attuale delle conoscenze tale sistema rimane il più efficace anche dal punto di vista ambientale. Rispetto agli altri sistemi in sabbia difatti consente di: 1. Evitare i ristagni idrici favorendo il rapido deflusso dell’acqua in eccesso 2. Favorire una buona ossigenazione dell’apparato radicale 3. Ottimizzare le risorse idriche 4. Ottimizzare l’assorbimento degli elementi nutritivi e ridurre i rischi di lisciviazione in falda 5. Recuperare le acque di irrigazione e meteoriche 6. Ridurre l’incidenza degli agenti patogeni e delle infestanti con conseguente riduzione di eventuali prodotti chimici preposti al loro controllo.
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te impegnativo. Un esempio è la buca 10 dei Monasteri dove il green in fase di realizzazione è stato molto allungato perché ciò avrebbe consentito di creare una posizione di bandiera di grande difficoltà, a ridosso del lago.” Esiste una correlazione tra il par di una buca e la progettazione di un green? “Il dover raggiungere il green di un par tre con un tee shot di 200 metri implica ovviamente la progettazione di un green sufficientemente ampio. Allo stesso tempo un par 5 raggiungibile con un terzo colpo corto necessita di un green di dimensioni più contenute. Un ruolo importante, inoltre, lo svolge la caratteristica del campo. Ho avuto l’opportunità di progettare percorsi di vario genere, da quelli turistici a quelli destinati ai soci del circolo, a percorsi in grado di ospitare un Open. Soprattutto in questi ultimi casi la straordinaria differenza di gioco che oggi si riscontra fra i normali giocatori e i professionisti, mescola un po’ le carte, perché per molti giocatori di torneo un par 5 non solo è facilmente raggiungibile in due colpi, ma in alcuni casi anche con un ferro corto. Allora, a mio giudizio, più che le dimensioni, a contare devono essere la forma del green, le sue pendenze e la possibilità di posizionare la bandiera in più punti.” Da un punto di vista costruttivo come deve essere realizzato un buon green? “Oggi esiste una consolidata metodologia costruttiva per quanto riguarda la realizzazione del sottofondo e dei drenaggi. Il Texas Method, infatti, viene universalmente applicato nella progettazione dei green. Le uniche differenze possono consistere
nell’utilizzare materiali di maggiore o minore qualità, ma il sistema non cambia, salvo casi del tutto eccezionali. Nei primi anni ’90 al Golf Club Cosmopolitan di Tirrenia abbiamo azzardato la costruzione dei green direttamente sulla sabbia naturale presente in superficie ed è andata bene. In generale, però, l’approccio progettuale non può che essere quello cui ho fatto riferimento. Ho quasi sempre avuto la fortuna di lavorare con lo stesso modellatore, italianissimo e molto bravo, ma soprattutto in grado di interpretare e mettere in pratica sul terreno le mie intenzioni. Così dallo schema iniziale nasce un primo abbozzo, che al sopralluogo successivo viene affinato e modificato, così come viene affinata la buca, fino al modellamento finale. Per me questo è l’unico sistema per costruire un green in perfetta sintonia con la buca e con le caratteristiche del terreno.” Qual è la corretta dimensione di un green? C’è una regola o dipende dalla creatività del progettista? “Per quanto mi riguarda i circa 600 metri quadrati di un green non sono altro che uno strumento per verificare se quello che stiamo costruendo è molto più grande o più piccolo. Se per creatività si intende la libertà di tentare la migliore connessione del green alla buca è senz’altro quest’ultima a dover prevalere. Cito l’esempio del green della buca 16 del Golf Club Argentario. Il modellatore, un americano e non il mio abituale, aveva realizzato un bunker sul lato sinistro, verso il lago, alterando completamente le intenzioni progettuali. Fra il demolirlo o lasciarlo, prevalse una terza via: sfruttare quell’errore per costruire un’appendice al green, molto più bassa ed a contatto con l’acqua. Forse è il green più bello di quel percorso.”
In queste pagine, due fra i green più famosi del mondo. Qui sopra, la buca 8 del Royal Troon, soprannominata “Postage stamp” (francobollo) per le ridotte dimensioni del green e, a destra, la 7 di Pebble Beach
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63 Come si decidono la forma e la posizione dei bunker vicino al green? “Nello schizzo iniziale con cui comincio la progettazione di un green sono ovviamente compresi i bunker, perché insieme formano un’unica entità. La loro forma, la loro profondità e posizione sono strettamente legati al disegno del green. Intendo dire che lo stesso identico green senza i suoi bunker avrebbe un significato del tutto diverso.” Come si sceglie il tipo di erba da usare? La velocità di un green dipende anche dal modo in cui è stato progettato e realizzato? “Credo molto nella interdisciplinarità e nella proficua collaborazione fra diverse professionalità. Una volta illustrate le intenzioni progettuali, occorre confrontarsi con agronomi esperti nel settore, certamente più qualificati nel prendere decisioni estremamente specialistiche. Lo stesso discorso vale ovviamente anche per gli avangreen, di estrema importanza per determinare le scelte di gioco, e per i materiali da impiegare nei sottofondi drenanti. La velocità dei green dipende in via diretta dal taglio dell’erba, e quindi dalle erbe prescelte, dal sottofondo drenante e ovviamente dalle pendenze, ma anche, e forse soprattutto, dalla manutenzione.” Lo stile dell’architetto di un campo di golf spesso lo si intravede nel design del percorso o per certe caratteristiche ricorrenti. C’è uno stile anche nel disegno dei green? “Da parte di ogni architetto di campi di golf c’è, o ci dovrebbe essere, un modo di interpretare il progetto che probabilmente si riesce a cogliere o almeno a intravedere. L’approccio progettuale, quindi, non può che essere lo stesso per ogni elemento che co-
stituisce il percorso, dai tee fino ai green. Per quanto mi riguarda amo i green bene in vista dal secondo colpo, tecnici, ma non banali, dove il putt possa essere facile o difficile, dove la bandiera possa essere collocata in posizioni diverse. Non sopporto, invece, innaturali e inutili forzature nelle sagome o nelle pendenze. Per me il green deve soprattutto essere sempre inserito in modo organico e naturale nel contesto della buca. Se poi tutto ciò venga visto dal giocatore come “stile” dell’architetto non lo so, e forse non è neppure importante.” Il green, come tutto il percorso del resto, deve conservare nel tempo le sue caratteristiche e per farlo serve una manutenzione adeguata. Come il progettista può intervenire per renderla più efficace? “Quello della manutenzione, intesa nel senso più ampio che comprende tee, fairway, rough, bunker e green, è un tema molto particolare e rappresenta per me una sorta di nervo scoperto. Lo dico a discapito del mio lavoro, che è quello di progettare campi di golf e di seguirne la costruzione. La bontà di un progetto, la bellezza di una buca, le diverse strategie di gioco che scaturiscono dal disegno sono, però, percepite a dir tanto da un dieci per cento dei giocatori dilettanti. Al contrario la qualità della manutenzione viene colta da tutti. Questo per me è disarmante perchè si può progettare il più bel campo al mondo, ci si può dedicare totalmente nel dirigere e seguire la sua costruzione tenendo conto anche della futura manutenzione, ma se poi, una volta usciti di scena il progettista e il costruttore, il campo non viene ben tenuto il giudizio sull’intero percorso sarà comunque negativo. E questo è quanto mai frustrante perché non possiamo fare granché se non segnalare i problemi.”
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LAVORARE IN LAGUNA
Una collocazione particolare quella del bel circolo friulano, che richiede cure speciali. Ne abbiamo parlato in dettaglio con il suo giovane greenkeeper
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di Roberto Lanza
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no dei più preparati e stimati greenkeeper della nuova generazione è il friulano Alessio Chiusso. Trentacinque anni a luglio, ma già alla sua ventesima stagione di lavoro nel mondo del golf, Alessio li ha passati tutti al Golf Club Grado, percorso nato nella seconda metà degli anni ’90 dalla matita dell’architetto veneziano Marco Croze. Dopo importanti migliorie apportate nel 2011, nel giugno del 2013 ha anche ospitato l’Open Friuli Venezia Giulia, gara del circuito professionistico Alps Tour. Gradese doc, Alessio ha ereditato la passione per la cura dei tappeti erbosi dal papà e prima ancora dal nonno che da sempre si sono occupati del campo in cui si giocano i match della locale squadra di calcio. Le innaffiature, i primi tagli quasi per gioco al cospetto del genitore nel campo della Gradese e poi nel 1996 l’ingresso nel vicino nuovo percorso da golf, dove sono appena iniziati i lavori, e che presto diventa la seconda casa del giovane Chiusso: «Ho visto crescere la struttura occupandomene sin dai primi tagli e poi ho seguito tutta l’evoluzione con le prime buche executive – racconta Alessio -, fino nel 1999 al completamento del percorso a 18 buche. In vent’anni sono sempre stato presente e anche nel 2003, durante il servizio civile, appena ero libero andavo al golf. Questo è un lavoro che ti coinvolge e ti appassiona e ogni giorno ti mette alla prova con nuovi imprevisti, alla fine diventi un “risolutore di problemi”». Nel frattempo Alessio frequenta l’Istituto tecnico agrario dove si diploma nel 1999. Nel 2004 supera l’esame di ammissione ai corsi della Federgolf e dopo la scomparsa di Stefano Fonzari dal 2011 diventa il greenkeeper titolare del club: «Ho frequentato la scuola nazionale per tre anni. Purtroppo mi manca l’ultimo, ma l’impegno sul lavoro finora non mi ha ancora consentito di completare il corso. Spero di farcela il prossimo anno». Pur vivendo molte ore della sua giornata all’interno del club, Alessio non ha però avuto molto tempo da dedicare al gioco: «Ho giocato un paio di anni senza però mai provare a prendere l’handicap, anche per mancanza di tempo per fare gare. L’esperienza però mi è servita per avere un punto di vista diverso e accorgermi di alcune situazioni che non avevo mai notato». Il Golf Club Grado, conosciuto anche per la sua stupenda “signature hole” con green a isola definita la “Sawgrass europea”, è un Championship par 72 di 6.081 metri, situato tra la laguna di Grado e l’Adriatico e immerso in un paesaggio naturale affascinante. Può fare una descrizione del vostro campo dal punto di vista delle erbe e delle essenze? «Sul nostro percorso – spiega Alessio -, nel tempo sono stati provati vari tipi di essenze, ma purtroppo l’influenza della salinità spesso ha compromesso il duro lavoro e vanificato i vari tentativi di semina. Ora che la situazione è stabile, sui fairway abbiamo un equilibrio tra Penncross, poa annua e un misto di loietti e poe pratensis. Questo equilibrio si modifica con il passare delle stagioni, in alcuni momenti la poa annua è più presente, in altri, tipo in estate, prevale in alcune zone la Bermuda. Stimoliamo al momen-
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66 to giusto le essenze in modo tale da avere un buon tappeto 365 giorni l’anno. Per quanto riguarda i green, sono in Pencross e poa annua, ma stiamo studiando l’opportunità di convertirli con nuove cultivar di Agrostis. Dopo 18 anni una rigenerazione sarebbe alquanto utile e lo stesso discorso vale per i tee». Un’ulteriore sfida, oltre a quelle che già si affrontano nella sua professione, è proprio rappresentato dalla gestione di un campo in una zona lagunare. Quali sono le principali problematiche affrontate e come si risolvono? «L’influenza del sale ha condizionato per anni la qualità del nostro percorso, fortunatamente, come detto, siamo riusciti a trovare un’equilibrio di essenze che si susseguono nelle varie stagioni. Per migliorare il tutto, negli anni abbiamo usato tantissima sabbia, continue bucature, carotature e top dressing che ci hanno permesso di creare un buon fondo drenante che impedisce parzialmente la risalita capillare del sale. A tutto ciò, sui fairways abbiamo incrementato il sistema drenante, creando drenaggi a spina di pesce ravvicinati che agevolano il deflusso dell’acqua in eccesso e favorendo il naturale dilavamento del sale in eccesso». L’acqua e la gestione delle risorse idriche sono un problema per voi? «Fortunatamente non sono mai rimasto senz’acqua, anche nelle stagioni più torride. Disponiamo di un lago abbastanza capiente che raccoglie l’acqua piovana a cui va aggiunto un pozzo artesiano che soddisfa 1/4 delle nostre esigenze. La qualità dell’acqua non è eccellente perché leggermente salata, ma fortunatamente non risulta tossica per i prati. In primavera abbiamo rinnovato la stazione di pompaggio, sostituendo tutte le componenti, quadri elettrici, Pompe, inverter... Ora siamo pronti per affrontare l’estate, sperando comunque che ogni tanto qualche goccia cada pure dal cielo». Quanto è importante seguire la linea di un golf ecosostenibile puntando alla valorizzazione delle risorse locali e alla riduzione degli sprechi? «In un momento di crisi come questo, bisogna limitare gli sprechi, acquistare l’indispensabile e ogni tanto tirare la cinghia. L’ecosostenibilità ci è già quasi autoimposta con il discorso del PAN, con la limitazione dei prodotti chimici. Io penso che il golf del futuro debba essere meno sofisticato, meno accanimento e più naturale possibile. Bisogna accettare il fatto che è meglio tenersi qualche erbaccia qua e là piuttosto che distribuire continuamente prodotti, bisogna far prevalere in alcune zone le essenze autoctone. Da noi per esempio abbiamo lasciato crescere in alcune aree la vegetazione spontanea, con il conseguente risparmio di ore lavorative e consumi».
In apertura, foto aerea del circolo di Grado, di cui vediamo alcune buche in queste pagine. A destra, nella foto al centro, Alessio Chiusso in campo.
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Si parla tanto di Bermuda grass, può essere davvero una soluzione per i campi della penisola, anche nel nord Italia? «La Bermuda è un’alternativa ma non la soluzione a tutti i problemi, secondo il mio parere anch’essa necessità di cure e manutenzioni. Al nord Italia è stata già sperimentata con discreto successo, è una possibilità da tenere in considerazione qualora si
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facciano nuovi impianti, ma per chi ha già un buon prodotto non ha la necessità di doverlo convertire». Quali sono i principali interventi necessari durante l’anno per mantenere il campo ad uno standard sempre elevato? «Bisogna valutare le proprie possibilità economiche in primis, spesso sento colleghi che non riescono ad effettuare le lavorazioni per mancanza di fondi. In base al budget a disposizione, si agisce. Noi ad esempio sabbiamo tutti i fairway una volta l’anno e nelle zone critiche effettuiamo carotature, chiodature, sciabolature e trasemine che poi ti ripagano durante l’anno. Anche la forza lavoro a disposizione è fondamentale, spesso si è sotto organico e si tralasciano alcuni particolari, ma nel contesto gestendo bene i tagli si riesce sempre a tenere tutto in ordine, anche con effetti chiaro/scuro che accentuano la bellezza dei percorsi». Come si differenzia a livello di richieste/critiche il socio dai tanti turisti stranieri che frequentano una struttura come il Golf Club Grado? «Il socio ormai è diventato un cliente abituale, frequenta il campo ogni giorno e si gode il campo nei momenti migliori ma anche in quelli peggiori, quando si effettuano lavorazioni ed altro, il socio non è mai contento, mentre per quanto riguarda i turisti, cerchiamo di non effettuare interventi particolari nei periodi di maggior afflusso e fargli trovare tutto in ordine». Rapporto con i soci e la dirigenza? «Il rapporto è buono con entrambe le parti, anche se spesso i soci mi fanno arrabbiare perché sono un po’ indisciplinati in campo, ma nel contesto ascolto le loro richieste e cerco di accontentarli, spero sia reciproco e che ogni tanto capiscano le difficoltà nel mantenere il campo in buone condizioni. La proprietà fa il possibile per accontentarmi anche se onestamente non mi accontento mai». Quali difficoltà incontra nella sua attività? «Viviamo alla giornata, nonostante l’organizzazione, c’è sempre qualche imprevisto che ti scombussola i piani, ma ne usciamo fuori sempre regolarmente. I pregi sono legati alla vita all’aria aperta, il contatto con la natura e con tutto ciò che la caratterizza. Il nostro campo è inserito in un contesto lagunare quindi abbiamo la vicinanza del il mare e alcune oasi naturali. Spesso alcuni animali vengono a svernare da noi, anche alcune specie rare e protette: l’altro giorno sul tee della 1 ho visto un ibis in mezzo alla miriade di oche ed anatre». Fate tutto voi o ci sono attività che appaltate ad esterni? «Gran parte dei lavori li facciamo noi, ci avvaliamo di alcune ditte nel caso si effettuino lavori straordinari come i drenaggi e i bunker, anche se quest’anno ci siamo arrangiati da soli» . Come si gestisce il budget di una struttura in tempi di crisi come quelli attuali? «È sempre più difficile far quadrare i conti, io cerco di spende-
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re il necessario, ma lasciandomi comunque qualche fondo per gli imprevisti. Bisogna cercare di acquistare l’indispensabile, onestamente cerco di non rimanere mai senza di quello che mi serve. Va calcolato tutto, ridurre gli sprechi ed acquistare i migliori prodotti possibili con il miglior prezzo sul mercato». Un aneddoto particolarmente originale capitato in questi anni di attività? «Potrei occuparvi l’intera rivista con tutto quello che ho visto in questi anni...». Il sogno nel cassetto di un greenkeeper? «Avere il campo in ordine e non troppi problemi, mi piacereb-
be lavorare per un Open, ma solo qualche giorno, per mettermi alla prova. Alla fine però preferisco gestire il mio campo come sto facendo adesso e lasciare agli altri quei tipi di sogni». Perché in Italia il golf non riesce a decollare e cosa si potrebbe fare per renderlo un sport popolare? «Il golf in Italia è ancora visto come uno sport d’élite e le persone comuni non riescono ad avvicinarsi, ma le stesse persone magari spendono il doppio andando in palestra e a sciare. Bisogna cercare di aprire il più possibile i circoli e coinvolgere di più i giovani, forse con il discorso della Ryder Cup a Roma ci si farà un po’ più di pubblicità creando nuovi appassionati ed interessati».
Nelle foto, altri scorci del percorso del Golf Club Grado, in provincia di Gorizia
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TA P P E T I E R B O S I
Castello Tolcinasco
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Non c’è due senza tre! Terza estate di lavori con la riconversione del percorso Rosso in macroterme. Le prime 18 buche hanno dato risultati eccellenti di Andrea Ronchi
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opo aver completato le prime 18 buche (percorsi Giallo e Blu), il noto campo a sud di Milano ha avviato la conversione in bermuda anche del Rosso, ultimo dei tre a mancare all’appello. Il percorso Giallo, convertito nel 2014, a giugno presentava ancora qualche retaggio di loietto, essenza erbosa utilizzata nei mesi invernali per “tingere” di verde i fairway, che sarebbero comunque perfetti. Abbiamo giocato il Blu, 9 buche riconvertite nella stagione 2015. Le abbiamo trova-
te in splendida forma con un manto erboso eccezionale. Nei mesi invernali non è stata effettuata alcuna trasemina per conservare la purezza dell’essenza e in estate il verde ha sostituito il color giallo invernale. Per la riconversione del percorso Rosso si è proceduto con le medesime tempistiche dei primi due. Nel mese di giugno si è provveduto al primo diserbo, seguito tre giorni dopo dal secondo. Terminati i lavori di scorticatura e livellamento di fairway e tee, a luglio si provvede a quelli di semina e sabbiatura dei fairway e dei tee stes-
si. Si procede quindi all’irrigazione diurna per due settimane, quindi alla fertilizzazione, accompagnata da cicli di irrigazione notturna. In meno di due mesi dall’inizio della riconversione si arriva già al primo taglio del fairway e, poco più di una settimana dopo, lo staff del circolo inizia a programmare tre tagli settimanali. L’apertura del percorso Rosso è stata perciò prevista all’inizio di settembre. Fatti i debiti conti, il campo torna quindi a essere giocabile circa due mesi e mezzo dopo l’inizio dell’intervento.
Nella foto, lo splendido risultato ottenuto sui percorsi Blu (buca 8) e Giallo (a sinistra, buca 3) di Tolcinasco
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ARRIVA IL TEMPORALE Con i recenti miglioramenti della rete che anticipa la presenza di eventi meteorologici intensi, sono cambiate molte cose. E a partire dalla stagione in corso, la sicurezza migliorerĂ ancora...
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TECNOLOGIA
Monitorare i fulmini
di Alessandro De Luca
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a questa stagione la sicurezza nei campi da golf avrà un importante sostegno: la nuova rete nazionale di monitoraggio dei fulmini. In questo i golf hanno avuto degli alleati: da una parte la tecnologia per il controllo dei fulmini, che è cambiata radicalmente negli ultimi 10 anni e ha quindi richiesto un significativo aggiornamento, dall’altra il fatto che questi dati, e la loro elaborazione avanzata, sono strumenti fondamentali per i Servizi Meteorologici e le Protezioni Civili, per le Aziende di distribuzione dell’energia elettrica, per gli Aeroporti, per la navigazione aerea. In merito all’aspetto tecnologico, la novità più significativa consiste nella possibilità di visualizzare il fulmine sia quando cade a terra (Cloud-to-Ground o CG), ma anche quando si propaga all’interno della nube (In-Cloud o IC) e fra diverse nubi (Cloud-to-Cloud o CC). Questa differenza non è banale, poiché l’attività dei fulmini IC e CC precede sempre quella dei fulmini che raggiungono il suolo (CG), e fornisce quindi un preavviso che riduce i possibili rischi per il golfista. Sotto il profilo meteorologico, l’attività ceraunica (i fulmini) è oggetto di una significativa rivalutazione. Sentiamo tutti parlare del cambio climatico e dell’aumento degli eventi intensi, questi fenomeni particolarmente severi hanno normalmente una durata piuttosto breve ed interessano aree limitate, basti
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pensare ad un temporale estivo che investe pesantemente una piccola superficie o un solo Comune e non interessa quello limitrofo, oppure all’arcobaleno che segue il nubifragio pomeridiano. In questi connotati risiede la forza ed il potere anche distruttivo di questi eventi, poiché determinano l’impatto di quantità enormi di pioggia in un tempo così breve che né i terreni né i sistemi fognari riescono ad assorbirli. È quindi necessario adottare sistemi previsionali che siano molto precisi nel breve periodo, questa modalità di previsione viene chiamata nowcasting (previsione per adesso) per distinguerla dal tradizionale forecasting (previsione per il dopo). Per conseguire questo obiettivo vengono usati due strumenti fondamentali: i radar meteorologici ed il monitoraggio dei fulmini. Il monitoraggio radar di alta precisione consente di visualizzare in dettaglio le aree interessate dalle precipitazioni (aree colorate). I radar sono in grado di “fotografare” il temporale e di fornirne una rappresentazione esatta con dati di pioggia per ogni km2. Consentono cioè al previsore di avere un momento ”0” che non è una previsione, ma una misura anche molto accurata. Il temporale però ha un suo comportamento molto particolare, può durare poco tempo e, allo stesso modo, potrà muoversi in direzioni diverse; in quel momento solo l’integrazione con l’attività dei fulmini che si sviluppano all’interno del cumulonembo ci darà come esito la direzione che intende assumere la cella temporalesca, in quanto essi ne sono il segnale premonitore. Il software StreamerRT permette di visualizzare tutte le infor-
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Monitorare i fulmini
mazioni relative ai fulmini: localizzazione, tipologia e intensità delle scariche, tracking dei temporali e aree di allerta Oltre alle applicazioni di carattere squisitamente meteorologico, il monitoraggio dei fulmini è necessario per il settore assicurativo in generale, per i gestori delle reti di trasporto dell’energia, che possono subire danni e disservizi che incidono pesantemente sulle aziende ma anche sulla nostra quotidianità; anche l’attività aeroportuale a terra è soggetta a rischi importanti causati dai fulmini (refueling, baggage handling, ecc.) e così pure il volo aereo che in realtà non ha timore del fulmine come tale, ma può evitare rotte interessate da una turbolenza eccessiva. I dati raccolti sono quelli relativi all’ubicazione del fenomeno, al tempo di accadimento ed all’intensità, da questi si generano diverse fasce di servizi e di web app per diverse tipologie e livelli di utenze. Come sempre, la chiave delle novità sta nei servizi che il sistema riesce a fornire, ecco i principali: I DATI DEI FULMINI IN TEMPO REALE il tracking delle celle temporalesche le allerte di nowcasting la stima dell’intensità di precipitazione tramite il rilevamento dei fulmini l’archivio storico dei fulmini la gestione del sistema di allerta via e-mail l’area della cella temporalesca le coordinate del centroide della cella la frequenza dei fulmini e la sua variazione la direzione e velocità di spostamento. PER LE ESIGENZE DEL GOLF SONO STATE ELABORATE DELLE ALLERTE SPECIFICHE CHE SONO DI TRE LIVELLI: Livello 1 (verde), corrisponde a celle temporalesche con un numero maggiore di 3 fulmini/minuto Livello 2 (arancione), corrisponde a celle temporalesche con un numero maggiore di 15 fulmini/minuto Dangerous Thunderstorm Alert o DTA (viola), corrisponde a celle temporalesche con un numero maggiore di 25 fulmini/minuto
Radar, software e sensori
Il monitoraggio radar di alta precisione consente di visualizzare le aree interessate dalle precipitazioni (aree colorate).
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Il software StreamerRTÐ permette di visualizzare tutte le informazioni relative ai fulmini: localizzazione, tipologia e intensità delle scariche, tracking dei temporali e aree di allerta. Nella zona destra emissione di una DTA nella parte avanzante di un temporale tracciato dal sistema.
Sensore sul tetto della clubhouse del Golf Club della Montecchia (PD).
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Nelle foto, pubblico che lascia il percorso di gioco dopo l’avviso di pericolo per fulmini; un arbitro con la sirena segnala la sospensione del torneo; fairway allagati sotto il diluvio; un fulmine mentre si scarica al suolo Il sistema invia una notifica via e-mail ogniqualvolta un fulmine o un temporale di una certa intensità venga individuato entro una distanza prestabilita rispetto all’area dove si trova il campo da golf. Oltre alla ricezione delle e-mail, l’operatore è in grado di visualizzare tramite il software l’evoluzione della situazione in tempo reale e capire perciò se i temporali si stanno dirigendo sull’area dovesi trova il club. In questi casi è possibile avere un preavviso di allarme fino a un’ora, il che consente di mettere in atto tutte le attività preventive previste. La rete di monitoraggio dei fulmini è stata realizzata in collaborazione fra l’azienda italiana di meteorologia professionale Radarmeteo (www.radarmeteo.com), l’azienda statunitense Earth Networks (www.earthnetworks.com), leader nel campo del monitoraggio meteorologico, la Federazione Italiana Golf e alcuni importanti circoli di golf del nostro Paese (l’elenco comprende Montecchia, del Ducato, Udine, Antognolla, Garlenda, le Pavoniere e il Picciolo) presso cui si sono installati i sensori. Ora il servizio è pienamente operativo e i golf ospitanti hanno accesso al database e ai servizi, il personale dei circoli ha partecipato al training e viene assistito in loco o da remoto per tutte le possibili esigenze, nel contempo Radarmeteo sta inviando a tutti i circoli italiani un’informazione completa su questo nuovo servizio.
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Lâ&#x20AC;&#x2122;ELEGANZA DELLA STORIA
Ristrutturata di recente, la zona dei servizi del circolo bresciano fa parte della splendida struttura al centro del resort, un palazzo del XV secolo che spicca per raffinatezza e fascino
Nella foto, veduta aerea di Palazzo Arzaga. In primo piano, a sinistra della piscina, la grande area riservata alla clubhouse del circolo. Sullo sfondo, le acque del lago di Garda
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Nelle foto di queste pagine la ristrutturata zona di accoglienza nella clubhouse di Arzaga Golf, con la bellissima reception della segreteria, il bar e il ristorante, il luminoso pro shop firmato da Chervò
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CLUBHOUSE Arzaga
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ell’Italia settentrionale, è stato uno dei primi resort golfistici in assoluto. Il circolo di Arzaga, che propone un 18 buche firmato da Jack Nicklaus II e un nove di splendida fattura siglato dal grande Gary Player, rappresenta fin dalla sua nascita (1998) un importante riferimento per il turismo legato al nostro sport. E la sua splendida struttura alberghiera, Palazzo Arzaga, è un esempio di quello che l’Italia può offrire, combinando storia, bellezza e stile. Questa antica dimora del 15esimo secolo da tempo è stata ristrutturata trasformandosi in un irripetibile Golf & Spa Resort a 5 stelle. Immerso in una tenuta di 144 ettari di cui è proprietario il barone Lando Lanni Della Quara, offre numerosi servizi tra cui centro benessere, piscina, sauna ed è collegata con la bella e ampia clubhouse, che vi presentiamo in queste pagine e che è stata interamente ristrutturata durante lo scorso inverno. Arzaga si trova a Calvagese della Riviera, in provincia di Brescia e a breve distanza dal lago di Garda, in una zona che rappresenta probabilmente la più importante area italiana per il turismo golfistico con una decina di bellissimi campi, alcuni dei quali dotati anche di una struttura ricettiva. Palazzo Arzaga combina l’eleganza e il fascino della dimora d’epoca con spazi interni dal design classico, soffitti con travi in legno, affreschi originali e mobili antichi. Molto moderno invece l’attuale look dell’area servizi collegata alla pratica del golf. Situata allo stesso livello dell’ampio parcheggio, la clubhouse dell’Arzaga Golf ospita un’ampia zona di accoglienza, il luminoso e attraente pro shop sempre firmato da Chervò, la zona relax e quella destinata al bar e al ristorante, con ampie finestrature che si aprono sulle attraenti buche del Nicklaus.
La scheda del circolo Arzaga Golf Club Via Arzaga 1 25080 Calvagese della Riviera (Brescia) Tel. 030 6806266 - Fax 030 6806473 golf@arzagagolf.it - www.arzagagolf.it
Progetto per i due percorsi: Jack Nicklaus II - Gary Player Presidente: Alberto Treves de Bonfili Direttore: Nadia Piantoni Segretario sportivo: Francesca Melli In segreteria: Alessia Seminario, Chiara Giacomini Attività giovanile: Gherardo Cazzago Maestri: Francesco Parisella, Renato De Rosa (assistente) Superintendent: Maurizio Goffi Altitudine s.l.m.: 225 m Percorsi: 18 buche “Jack Nicklaus II”, 6.410 metri, par 72; 9 buche “Gary Player”, 3.027 metri, par 36 Servizi: driving range, putting green, area gioco corto, p&p 3 buche, bar, buvette, pro shop, piscina, Spa, tennis, palestra, ristorante e hotel.
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È nato il Performance Center a cura della redazione
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n intervento davvero di grande respiro quello realizzato negli scorsi mesi al Golf della Montecchia. Nello splendido circolo alle porte di Padova è stato infatti inaugurato mercoledì 11 maggio il Montecchia Performance Center, uno spazio indoor unico nel suo genere in Italia. Attrezzato per il golf e le attività ad esso propedeutiche, mette
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a disposizioni varie postazioni per il gioco al coperto, insieme a un ampio putting green sintetico. Nella grande sala accanto, una palestra perfettamente attrezzata con un angolo in cui sono allineate alcune macchine Technogym di ultima generazione per il fitness. I professionisti della MGA (Montecchia Golf Academy) hanno perciò oggi a disposizione un vasto spazio coperto per insegnare anche quando le condizioni meteo
non sono ottimali. Nel loro lavoro sono affiancati da fisioterapisti, allenatori ed esperti nelle diverse discipline. E i soci del club patavino hanno da oggi la possibilità di divertirsi con i tre golf simulator per allenamenti e sfide nei freddi mesi invernali. In programma nel Centro molteplici corsi di gruppo per tutte le età e personal training. Per maggiori informazioni: tel. 049 8055550 e 331 4059134, info@montecchiaperfomancecenter.it
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BACKTEE Marco Dal Fior
Quando la pigrizia corre su quattro ruote
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e c’è una cosa che affascina quasi tutti coloro che per la prima volta si affacciano su un campo da golf è la deliziosa armonia che sale dai fairways. Si tratti di un percorso celebrato, uno di quelli dove hanno giocato e giocano sovrani, maggiorenti, star del cinema e dello show biz, oppure di un più spartano percorso promozionale all’immediata periferia della grande città, la pace che si respira sui green è la più potente arma di seduzione di questo sport. Tanto che i rumori di fondo, anche quelli più giustificati, come le fragorose fusa dei tagliaerba, disturbano non poco chi si avventura tra le buche trascinando il carrello. Ecco: trascinando il carrello. Nessuno pretende la sacca a spalla, elemento distintivo dei giocatori più bravi e/o di quelli più giovani. Con la dovizia di materiale che ci portiamo dietro, ogni uscita potrebbe trasformarsi in una performance devastante per la nostra schiena, già provata (e parlo per dolorosa esperienza personale) dai movimenti inconsulti che ci ostiniamo a chiamare swing. Il carrello sembra un ragionevole compromesso. È comodo, discreto, silenzioso, a mio parere è ammesso pure quello elettrico, che consente la camminata altera del conquistatore di
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birdies senza affaticare più del lecito muscoli e articolazioni. Anche il car ha una sua ragion d’essere: su campi particolarmente accidentati o caratterizzati da chilometrici trasferimenti da una buca all’altra permette di conservare sufficiente energia per passare il tee delle donne anche alla partenza della buca 18. Poi, elemento da non sottovalutare, consente a chi, per ragioni fisiche o anagrafiche non potrebbe più permettersi tutto il percorso a passo da bersagliere, di non rinunciare al godimento di un giro di campo. Mi sfugge invece l’utilità del car su percorsi essenzialmente in piano, soprattutto quando comodamente seduti sulle ronzanti macchinette ci sono dei marcantoni dal fisico invidiabile e, a prima vista, assolutamente integro. Ho provato a indagare sulle motivazioni che trasformano un giocatore appiedato in un golfista motorizzato. Ho cominciato con l’escludere quelle legate allo status symbol. Viaggiare nel centro storico cittadino con una jeep da deserti australiani, in effetti, anche se a rigor di logica rasenta la demenza, risponde in modo perfetto ai dettami del bullismo a quattro ruote (motrici o meno, non ha importanza), forma di esibizionismo che ha contagiato i patiti del motore fin dai tempi delle
asmatiche auto dei bisnonni. Un tempo si chiamavano “fuoriserie”, avevano la tromba bitonale e una ripresa da capogiro. Adesso si chiamano “suv” e sembrano dei mini tir in grado però di viaggiare (autovelox permettendo) come folgori. Ma che dimostrazione di forza, censo e potere ci sarà mai nell’aggirarsi tra i fairways seduti sull’auto di Paperino, per di più elettrica e, di solito, esattamente uguale a tutte le altre che gironzolano attorno ai green di mezzo mondo? Altra spiegazione: la velocità. Con il car si dimezzano i tempi di trasferimento e aumenta il numero di buche che si riescono a coprire nel poco tempo rubato al lavoro e agli altri impegni. Ma il golf è o dovrebbe essere anche e soprattutto contemplazione, distensione, piacere fisico della camminata nel verde. Nessun escursionista rinuncerebbe mai alle sue ore di faticoso trekking per raggiungere il cucuzzolo panoramico in cambio di uno squallido biglietto di andata e ritorno sulla funivia. Il trasferimento dall’ultima zolla al luogo dove giace la pallina non è un tempo morto del golf, è il golf, esattamente come un lato di bolina è la vela e non un sistema particolarmente complicato per raggiungere la boa. Ho trovato una sola ragione alla proliferazione di car sui nostri percorsi: la pigrizia. Con la macchinetta si fa meno fatica e, in una società dove le scorciatoie sono diventate le vie consolari della civiltà, l’idea trova terreno fertile anche in persone insospettabili. Che travestono questo loro atteggiamento raccontando di impegni troppo pressanti, di poco tempo a disposizione, di ottimizzazione delle loro striminzite pause lavorative: “In un’ora e mezza di pausa mensa, con il car riesco a fare 9 buche, a piedi al massimo 4 o 5”. Quantità o qualità: riecco il trito dilemma. (mdalfior@alice.it)
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