PROFESSIONE
by GOLF&TURISMO
GOLF CLUB CLUB PROGETTI
Il green, protagonista numero uno ECOLOGIA
Colli Euganei CLUBHOUSE
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore
Franciacorta RISTORAZIONE
Milano
MANUTENZIONE
Nuove norme per i tappeti erbosi
INTERVISTE
Andrea Cappuccini Paolo D’Alessio G. Luigi Orecchioni Carlo Scatena Ivano Serrantoni Robert T. Jones II
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SOMMARIO INVERNO 2016
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GOLF CLUB
Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno IV - numero 12 - Novembre 2016 - 8,00 euro Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419218), Roberta Vitale (02 42419315) Comitato tecnico: Stefano Boni (Dottore Agronomo e Superintendent Diplomato), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (World of Leading Golf), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico) Hanno collaborato a questo numero: Stefano Boni, Salvatore Brancati, Paolo Croce, Marco Croze, Marco Dal Fior, Alessandro De Luca, Donato Di Ponziano, Roberto Lanza, Paolo Montanari, Filippo Motta, Fabrizio Pagliettini, Franco Piras, Luca Porcu, Graziano Semiani, Roberto Roversi, Alfredo Tosca, Andrea Vercelli, Marta Visentin, Roberto Zoldan
EDITORIALE - Mezzo pieno o mezzo vuoto?
Fulvio Golob
NOTIZIE
FORE! - In cerca del successo: un approccio difficile Donato Di Ponziano
AITG - Meeting d’autunno RICORDO - Una vita per il golf
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Paolo Croce
SERIOUS GOLFERS - Amore totale
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Filippo Motta
PERSONAGGI - Il mio amico Peter Pan
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Marco Croze
PERSONAGGI - La Grande Bellezza - Robert Trent Jones II Fulvio Golob
INTERVISTA - Paolo D’alessio – ICS LAZIO - Arrivano i giovani
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Roberto Roversi
ICS - Dodici con lode
Roberto Zoldan
Sito web: www.professionegolfclub.it Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento) Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it
MANUTENZIONE - Siamo un’unica, grande squadra Alessandro De Luca
GOLF & DIRITTO - Presente e futuro delle norme antiriciclaggio Alfredo Tosca
MONTICELLO - Via al nuovo impianto INTERVISTA - Gianluigi Orecchioni - Bogogno: rotta vincente Andrea Ronchi
INCHIESTA - Questione di Turf
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Paolo Croce
INTERVISTA - L’erba della Federazione
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Roberto Lanza
PROGETTAZIONE - Dritti al bersaglio
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Franco Piras
ECOLOGIA - Turismo e natura
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Marta Visentin e Stefano Boni
CONVERSIONI - Terzo e ultimo atto
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Fulvio Golob
FOOD & BEVERAGE - Tavola da favola
Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it
GOLF E FRANCHISING - Un modello in evoluzione
Stampa: Tiber Spa - Via della Volta, 179 - 25124 Brescia © 2015 Go.Tu. Surl
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A cura della redazione
Amministratore Delegato: Alessandro Zonca
Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.
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A cura della redazione
Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it
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A cura della redazione
Creative Director: Patrizia Chiesa
Vice Presidente: Silvio Conconi
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Fabrizio Pagliettini
PERSONAGGI - Ivano Serrantoni - GC Le Fonti
Presidente: Alessandro Zonca
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A cura della redazione
Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it
Editore: Go.Tu. Surl
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Roberto Roversi Maurizio Trezzi
RICORRENZE - Un decennio da ricordare
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Roberto Roversi
CLUBHOUSE - Franciacorta: fra swing e bollicine A cura della redazione
CASTELFALFI - Nuovo modello di sviluppo sostenibile
Andrea Ronchi
STORIE ITALIANE - Le Madonie: la grande incompiuta Salvatore Brancati
BACKTEE - Mettiamoci d’accordo: inizio o centro green? Marco Dal Fior
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EDITORIALE
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Fulvio Golob
Mezzo pieno o mezzo vuoto?
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l 2016 sta passando agli archivi come un anno con forti tinte contrastanti. La scorsa estate si è rivelata una delle migliori in assoluto per i golf italiani con spiccate propensioni turistiche. Il numero dei green fee, con forte maggioranza di giocatori stranieri, è aumentato in alcuni casi addirittura di valori fra il 20/30 per cento. I motivi di questa crescita decisa e quasi inaspettata sono da ricercare in primo luogo nelle difficoltà in cui si trovano molte nazioni nostre concorrenti dirette, come quelle del bacino africano del Mediterraneo e la Turchia. In parallelo, la promozione dei nostri campi all’estero poco alla volta sta ottenendo qualche risultato. Mentre il turismo internazionale cresce per il sesto anno consecutivo (gli “arrivi” nel mondo sono quasi 1 miliardo e 200 milioni), nel nostro paese fin dal primo trimestre i dati complessivi parlavano di un robusto 6,1% di crescita per quanto riguarda le presenze. Il settore golf ha beneficiato di questo progressivo ritorno di passione per l’Italia, di nuovo fra le prime cinque mete turistiche (dopo Francia, Usa, Spagna e Cina), con introiti da 37 miliardi di euro l’anno (+4,5% del 2015 sul 2014). In questo caso, parlando di denaro, il nostro posto è però “solo” il settimo, perché chi viene da noi spende meno, ad esempio, che in Francia e Spagna. In aggiunta, forse qualcosa è arrivato anche per l’“effetto Ryder Cup”, che ha iniziato a far sapere in giro per il mondo che in Italia esistono campi di golf. In attesa che questa cassa di amplificazione cresca, anche se non senza difficoltà di percorso per il recupero di fondi destinati
all’organizzazione di tutte le manifestazioni collegate all’evento 2022, apprezziamo alcuni segnali importanti nei confronti del nostro paese. Lo è stato ad esempio il banner, che pubblichiamo qui sotto, inserito nella pagina ufficiale Internet del punteggio per la Ryder 2016, vinta dagli Stati Uniti. Diceva testualmente: “Provate la più sorprendente destinazione golfistica” e poi veniva sostituito da una grande scritta “ITALY”. Una bella pubblicità, non c’è che dire, rimasta in linea per le prime due giornate della sfida.
ro dallo scorso settembre di essere presidente, e quella dei Tecnici di Golf (AITG) per l’istituzione del premio “Una vita per il golf”. Come abbiamo fatto quest’anno in quella che si è rivelata un’anticipazione (targa a Gaudenzio Bonomini, direttore storico del Molinetto), lo assegneremo insieme, giornalisti e tecnici, e lo consegneremo ogni anno accanto a quello che è ormai diventato uno dei più importanti riconoscimenti del nostro settore, e cioè la “Pallina d’oro”. Appuntamento già fissato durante le giornate del prossimo Open d’Italia, in ottobre. Dove? Speriamo di saperlo presto.
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dopo il bicchiere mezzo pieno, ci sarebbe da parlare di quello mezzo vuoto. Molti circoli “tradizionali” fanno fatica a far quadrare i conti e non sembra che sia in arrivo a breve un’inversione di tendenza sul numero dei giocatori nostrani, che resta purtroppo piatto sulle cifre degli ultimi anni. Ma visto che stiamo avvicinandoci alle feste di fine anno, lasciateci per una volta essere solo ottimisti. Per partito preso. Pensando alle cose belle, siamo felici di annunciare l’accordo fra l’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti, di cui mi ono-
roprio mentre stiamo andando in stampa, la sera del 16 novembre, durante l’annuale appuntamento dei World of Leading Golf (WLG), vengono assegnati i premi ai migliori circoli dell’associazione per il 2016. Il prestigioso evento si svolge al Golf Son Gual di Majorca (Spagna) e 23 sono i club selezionati per ottenere il riconoscimento in varie categorie. WLG è un’organizzazione che rappresenta numerosi fra i più bei circoli e resort in 17 differenti nazioni, fra cui sette italiani: Castelconturbia, Gardagolf, La Montecchia, Royal La Bagnaia, Royal Park I Roveri, San Domenico e Verdura. In particolare, Gardagolf e Royal Park sono in lizza per ottenere il premio nella categoria “miglior offerta enogastronomica”. Per sottolineare il livello dei circoli che fanno parte del WLG basterà citare il National (sede della Ryder Cup 2018), Stoke Park, Costa Navarino, Trump Turnberry e Aberdeen, Yas Links, A-Rosa Berlin, Las Brisas, Finca Cortesin.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Elezioni Federgolf Franco Chimenti, il Pentapresident Franco Chimenti è stato eletto per la quinta volta Presidente della Federazione Italiana Golf. Nell’Assemblea Nazionale per il rinnovo della cariche elettive, presieduta da Riccardo Pisa, consigliere onorario FIG, e tenutasi a Milano presso l’Hotel Michelangelo, Chimenti, candidato unico, ha ottenuto il 97,31% dei voti (2.533 voti su 2.603). Alta la parte-
➤ Nozze golfistiche W gli sposi Il 17 luglio a Cussagno sono convolati a nozze Corrado Graglia, direttore del Golf Cherasco, e Laura Regie Gianas, segretario del Royal Park I Roveri. Congratulazioni e tanti auguri agli sposi!
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cipazione all’Assemblea con 299 aventi diritto al voto o per delega. «Anche se si trattava di un risultato scontato - ha detto Franco Chimenti - non mi aspettavo un esito così eclatante. Ringrazio vivamente i componenti dell’Assemblea che hanno creduto in me, dimostrandomi fiducia e stima, che io ricambio. È un ulteriore stimolo per il lungo cammino
verso la Ryder Cup 2022». Fanno parte del nuovo Consiglio: Maria Amelia Lolli Ghetti (1.351 voti); Alberto Treves De Bonfili (1.274); Stefano Mazzi (1.197); Antonio Bozzi (1.197); Giovanni Collini (1.162); Andrea Pischiutta (1.113); Celso Lombardini (1.099); Marco De Rossi (31) in rappresentanza degli atleti dilettanti; Marco Durante (272), in rappresentanza degli atleti professionisti; Antonello Bovari (247), in rappresentanza dei tecnici. Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti: Andrea Valmarana (2.301). Gli altri due componenti del Collegio verranno nominati direttamente dalla Giunta del Coni. Nel corso dell’Assemblea, sono stati premiati i giocatori azzurri che si sono particolarmente distinti con le loro imprese nel 2016: Francesco Molinari, vincitore del 73° Open d’Italia; Renato Paratore, per i brillanti risultati ottenuti nella sua seconda stagione sull’European Tour; Luca Cianchetti, vincitore del Campionato Europeo individuale maschile; la squadra azzurra Girls vincitrice del Campionato Europeo di categoria: Angelica Moresco, Alessia Nobilio, Clara Manzalini, Emilie Alba Paltrinieri, Alessandra Fanali e Caterina Don.
➤ Frassanelle Mr. Referee in Italia Dal 18 al 20 agosto si è svolta la seconda edizione del Venice Open by U.S. Kids. L’edizione di quest’anno è stata ancor più valorizzata dalla presenza di un arbitro d’eccezione, Charlie Lanzetta. Per chi non lo conosce, Charlie ha arbitrato ben sei edizioni di Ryder Cup, 76 major, numerose gare del PGA Tour e del Senior Tour americano. Membro della PGA of America, è docente della PGA of America Business School, componente della USGA/PGA Rules of Golf Teaching Faculty, Golf Manager oltre che proprietario e presidente di un circolo. Al termine del torneo, approfittando della sua presenza in Italia, il gruppo Play54 e la U.S. Kids of Italy hanno deciso di organizzare un “Incontro con Charlie Lanzetta”. Così il 22 agosto, nella splendida cornice del Golf Frassanelle, arbitri federali, presidenti di circolo, direttori, segretari e superintendent si sono ritrovati insieme per condividere con Mr. Lanzetta le numerose esperienze di chi il golf lo ha vissuto da protagonista per molti anni e soprattutto da diversi punti di vista.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Associazione Italiana Giornalisti Golfisti Pallina d’oro a Rogato e Zonchello
Alessandro Rogato e Barbara Zonchello hanno ricevuto la Pallina d’Oro, il riconoscimento che ogni anno gli oltre 150 iscritti all’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti attribuiscono a chi più si è distinto nel panorama del golf italiano per meriti agonistici, tecnici o manageriali. Il premio, giunto alla sua dodicesima edizione, dallo scorso anno è dedicato a Marco Mascardi, grande penna del giornalismo italiano e tra i fondatori dell’Aigg. Alessandro Rogato e Barbara Zonchello, rispettivamente presidente e direttore del Comitato Organizzatore dell’Italian Pro Tour, circuito di gare per professionisti tra le quali spicca l’Open d’Italia, sono stati scelti dall’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti per l’impegno e la passione messi in campo nell’organizzazione del circuito. I due sono riusciti a elevare il livello organizzativo dell’Open d’Italia alla pari delle più importanti gare dell’European Tour e tutto con un budget rimasto pressoché inalterato. Il loro rapporto costruito negli anni con i giocatori ha permesso di elevare il livello del field senza ricorrere agli onerosi ingaggi spesso bramati dai manager. E non si sono fermati lì. Sono riusciti a convincere i giocatori a essere disponibili con i numerosi e divertenti contest ideati per il pubblico. Il pubblico stesso è sempre stato al centro dei progetti del duo. In particolare i bambini che oggi godono di spazi, eventi e assistenza in grado di far vivere loro un Open indimenticabile ma anche ai genitori di godere dell’evento fino in fondo. Ora li attende una sfida ancora più grande: riuscire a cucinare un Open da sette milioni di dollari di montepremi… con lo stesso budget di spesa! In bocca al lupo per gli impegni sempre più importanti nella loro agende.
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➤ Gaudenzio Bonomini - Molinetto Premio alla carriera La pensione è ancora lontana, per la sua inarrestabile voglia di lavorare, ma i meriti per quanto fatto sinora per il golf italiano sono già stati riconosciuti. Gaudenzio Bonomini, direttore del Molinetto Country Club, è stato premiato da Marco Dal Fior, presidente AIGG, e da Fabrizio Pagliettini, presidente dell’Associazione Italiana Tecnici di Golf, nel corso del 73° Open d’Italia. La premiazione nella tenda ospitalità MercedesBenz è avvenuta venerdì 16 settembre in occasione della consegna della Pallina d’Oro da parte dell’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti. Nell’occasione Pagliettini e il presidente Franco Chimenti hanno sottolineato l’importanza di una categoria, quella dei tecnici del golf, che lavora con passione, impegno e dedizione spesso andando ben oltre il dovuto. «I giocatori arrivano in campo e trovano sempre tutto pronto e perfetto, ma perché questo avvenga spesso ci sono persone che operano sino a tardi o dalle prime ore del mattino». Bonomini rappresenta appieno la categoria. Sempre presente al circolo presta la propria esperienza alla gestione della segreteria e a tutti gli aspetti del campo. I componenti del circolo gli sono affezionati e grati per il suo operato e la presenza del presidente Marisa Crescenzio, che lo ha accompagnato mantenendo il segreto per fargli una sorpresa, ne è la riprova, così come i molti post apparsi su Facebook. «È stato un premio del tutto inaspettato e ne sono molto fiero» ha raccontato commosso. Qui sotto Bonomini con la presidente del Molinetto, Marisa Crescenzio, e quello dell’AITG, Fabrizio Pagliettini.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Nuove app Pianificare le vacanze golfistiche Con l’App gratuita ‘Expert Golf - guida ai campi da golf e logbook’ potete trovare non solo ogni campo da golf del mondo ma anche migliaia di recensioni che gli utenti lasciano liberamente. In questo modo troverete sempre il campo giusto ovunque siate e avrete accesso a tutte le informazioni utili per prenotare e prepararvi per un giro. L’App vanta anche numerose funzioni aggiuntive: ricerca specifica dei campi intorno alla destinazione scelta, campi ordinati per distanza o valutazione, e tanto altro. E dato che i consigli degli amici sono molto più apprezzati di quelli di altre persone, le recensioni possono essere selezionate: potete vederle tutte oppure scegliere solo quelle dei vostri amici di Facebook. Le informazioni che otterrete su un campo da golf saranno quindi particolarmente affidabili. Per essere certi di non dimenticare i bei momenti di gioco, l’App offre anche un logbook personale, una sorta di diario in cui inserire a piacimento i giri giocati e salvare altre informazioni, come lo score, i compagni di gioco, foto, ecc. In sintesi, potete godervi il vostro golf ancora di più, sul campo come fuori. ‘Expert Golf – guida ai campi da golf e logbook’ è disponibile gratuitamente sull’App Store. www.expertgolf.com
✉ L’Italia e il turismo golfistico È disponibile da tempo la brochure 2016 di Italy Golf&More, progetto di eccellenza finanziato dal MIBACT che ha l’obiettivo di promuovere l’Italia, in modo forte e unitario, quale destinazione turisticogolfistica. Le Regioni ad oggi partner sono Friuli Venezia Giulia (capofila del progetto), Emilia Romagna, Veneto, Sicilia, Puglia, Liguria, Lombardia, Lazio, Piemonte, Marche e Umbria. Fa parte del progetto anche la Federazione Italiana Golf, che sostiene l’attività di promozione turistica in Italia. La brochure realizzata in tre lingue (italiano, inglese e tedesco), verrà distribuita ai prossimi principali eventi, fiere e open, fra cui l’IGTM 2016 che si terrà a Palma de Mallorca dal 14 al 17 novembre. www.italygolfandmore.com
➤ Pietrasanta (Lucca) In campo pratica, un’estate illuminata Come avevamo già annunciato sullo scorso numero di Professione Golf Club, è stato inaugurato il campo pratica di Pietrasanta (Lucca) il nuovo sistema di
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illuminazione che permette di sfruttare anche di notte la zona del driving range e del putting green. L’impianto, dotato di faretti in grado ad illuminare
sia la pista che la pallina in aria, riesce a rendere visibili i colpi fino ad una distanza di 150 metri. “Si tratta di un investimento – spiega il presidente Andrea Andreozzi – in grado di permettere al golf club di rimanere aperto e attivo anche la notte. Un modo per far sfruttare la nostra struttura anche al tramonto e nelle ore più fresche della serata, un servizio in più per i residenti e per i tanti turisti che si riversano in Versilia”. Il campo nel periodo estivo è stato illuminato dal
giovedì alla domenica ed era possibile accedere al club fino alle 23 e giocare fino a chiusura. Assieme al campo pratica sono stati ovviamente attivi tutti gli altri servizi del club, dalla clubhouse al punto ristoro alle docce. “In sostanza l’illuminazione – spiega Andreozzi – ha reso praticabile anche di notte il campo pratica, che comprende 12 postazioni su tappeto in sintetico. Allo stesso tempo i fari sono atti posizionati per illuminare anche l’area putting green e quella approcci per i tiri corti”.
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NEWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ Luigi Pellizzari Un amico ci ha lasciato Il golf italiano, e non solo quello lombardo, hanno perso uno straordinario appassionato e una persona davvero speciale: Luigi Pellizzari. Da anni era il responsabile delle squadre giovanili del Comitato Lombardo, per il quale aveva ottenuto tanti successi, ma soprattutto aveva dedicato infinito tempo e dedizione girando per i circoli italiani con i suoi ragazzi e ragazze. Lo ha ricordato il grande amico Vittorio “Lollo” Bersotti, direttore del Golf degli Ulivi, a Sanremo, e in precedenza responsabile del Valtellina, vicino a Sondrio: «L’intero movimento golfistico italiano, forse non lo sa, ma piange Luigi Pelizzari, per tutti Gino, uno dei personaggi più importanti di questi anni, per la crescita del golf. Non tanto e non solo perché era uno di noi, ma soprattutto per l’esempio di lealtà e dignità che è riuscito a trasmettere a tutti i suoi giovani nel golf giocato e non. Senza mai voler apparire, ma sempre lasciando la vetrina ai suoi ragazzi. Grazie Gino per essere stato un signore in stile e umiltà e uomo esemplare… ora insegna anche agli angeli il golf…»
➤ Caddie da polso 39.000 campi per voi Nel panorama delle applicazioni per dispositivi mobili conosciute come rangefinder, in grado di offrire strumenti avanzati di caddie, ha ritagliato un proprio spazio Hole19, App con parecchie funzionalità e senza costi nella versione lite. Nata nel 2011, è disponibile per iPhone (iWatch) e per Android (weareable). L’app presenta la classica modalità flyover della buca e un discreto dettaglio del green, con la possibilità di ottenere la distanza sul percorso e sui vari ostacoli semplicemente trascinando il cursore presente nell’interfaccia utente pulita ed essenziale. Sincronizzando i campi preferiti (oltre 39.000 da tutto il mondo) il consumo del traffico dati è praticamente nullo. Registrare il proprio score o segnare i colpi giocati in modalità live è semplice e grazie alle statistiche di gioco si può tener traccia dei progressi fatti. Esiste inoltre la possibilità di attivare una serie di funzionalità quali note personali, video tutorial e statistiche avanzate passando alla modalità Premium (ad oggi disponibile solo per iPhone in abbonamento annuale). www.hole19golf.com
➤ Scuole È nata l’Italian Golf Academy
Nata nel 1994 grazie all’unione di quattro cugini (Nicola, Luigi, Carlo e Roberto) la Golf School Zappa è diventata la Italian Golf Academy. Il nuovo team di 15 persone (13 maestri più preparatore atletico e mental coach), che opera in 11 strutture di gioco italiane, è stato presentato agli inizi di novembre in un’affollata conferenza stampa presso il Golf Club Milano, dove ha avuto inizio la carriera di insegnamento di tutta la famiglia Zappa, certamente fra le più famose nel nostro settore.
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➤ Toscana Clubhouse a Castelfalfi Non solo casali, hotel e piscine, a Castelfalfi si respira il profumo del golf che cresce e si prepara a espandersi in vista di un 2017 all’insegna della positività. Partiranno infatti entro la fine dell’anno i lavori a due fienili che diventeranno la clubhouse del circolo, la casa dei golfisti che si recheranno a giocare nella frazione di Montaione. Al suo interno, oltre ai consueti locali e spogliatoi, sono previste anche camere e un ristorante. Una crescita continua quindi per Castelfalfi che, mentre si prepara a marzo 2017 al taglio del nastro del nuovo hotel cinque stelle extralusso, mette le ali anche in un’altra risorsa mirata e ben studiata come il golf, ospitando di fatto il campo più grande della Toscana, con le sue 27 buche.
➤ Nuovi campi Al via Bibbona Dopo oltre un decennio la realizzazione del campo da golf a Bibbona (Livorno) si appresta a diventare realtà. Ancora un paio di passaggi burocratici poi, nel 2017, verrà aperto il cantiere che in tre anni dovrebbe dare vita a quello che è rimasto per molto tempo solo un progetto sulla carta. Il terreno su cui verrà realizzato il campo da golf, di proprietà della società, misura 110 ettari. All’interno del campo da golf sorgerà anche un albergo a cinque stelle da circa 250 posti letto, per un investimento totale di 40 milioni di euro.
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Donato Di Ponziano
In cerca del successo: un approccio difficile A livello agonistico mondiale, la concorrenza diventa più agguerrita anno dopo anno. Prima di puntare a diventare un giocatore di Tour, sarebbe fondamentale un serio esame delle proprie possibilità
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iorni fa, ricevetti una chiamata al cellulare: una persona che ancora non conoscevo, aveva pensato di contattarmi per spiegarmi che faceva parte di una commissione federale per la promozione della Ryder Cup del 2022; il suo scopo era quello di avere alcune informazioni. Mi rallegrai con il mio interlocutore e chiesi se lui conoscesse il torneo al di là di quanto si potesse ricavare da internet o dalla televisione. La risposta fu subito : “Sì, certamente”. Il colloquio proseguì abbastanza spedito, ma dopo ancora un paio di passaggi, mi resi conto che, seppur condita di tanti spunti, la vera conoscenza della materia del mio interlocutore si fermava ad un livello che difficilmente avrebbe portato a rappresentare un elemento veramente utile allo scopo della sua nuova funzione. Feci comunque del mio meglio per aiutarlo, ma nel mentre pensai quanto il golf riuscisse a rappresentare un elemento di esaltazione per chiunque al suo interno ne svolgesse un ruolo; a chiunque venisse concesso, per un qualunque motivo, di indossare il cappello della responsabilità, anche quella più piccola. Fantastico, ce n’è da divertirsi proprio per tutti. Le cose cambiano però, o dovrebbero cambiare, se la responsabilità riguarda il futuro nel momento in cui si è un giovane professionista di golf in cerca di successo. Rimane fisso il discorso del divertimento, ma l’approccio deve necessariamente essere diverso. Partiamo dal mondo dei professionisti che desiderano insegnare. La concorrenza, insieme all’esistenza di un mercato che per tanti motivi diventa sempre meno gestibile, rende difficilissima la possibilità di affermarsi per chi desidera intraprendere la carriera. Nella professione non esiste un ordine di merito, un ranking precostituito che può definire chi è il migliore insegnante, ma ritengo che un metodo valido, anzi forse l’unico, sia quello di valutare la sua capacità di formare buoni giocatori. Serve metodo e abilità nel saper trasmettere le informazioni, anzi più che un metodo per insegnare, serve avere più metodi. Fanno sbalordire oggi, nell’era della tecnologia e della ricerca scientifica, nell’era di internet e della comunicazione, coloro che ancora insegnano adottando preferenze di carat-
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tere tecnico uguali per tutti, vecchi giovani, forti e deboli, alti e bassi, uomini e donne. Anche in questo caso, parlando di insegnamento nel golf, nessuno può sentirsi mai arrivato. Nessuno è depositario della formula magica. Diciamo che più o meno ogni 10 anni, con l’avvento di un nuovo campione, si presenta nel panorama dell’insegnamento un nuovo “guru”, il quale però passa di moda non appena il suo player esce di scena ed il coach di una nuova star esce alla ribalta. È stato così per Jack Grout con Jack Nicklaus, è stato così per John Jacobs negli anni 70/80 con i campioni del tour europeo come Woosnam e Olazabal, stessa sorte per Harvey Penick con Tom Kite e Ben Crenshaw, poi è arrivato David Leadbetter con Nick Faldo ed infine Butch Harmon e Sean Foley, entrambi mentori di Tiger Woods e molti altre star. È un mondo che si rinnova con l’avvento di un nuovo campione, è un fenomeno che si ripete nel tempo con scadenza quasi matematica e che deve far capire che anche nel mondo dell’insegnamento non si sbaglia mai se i piedi rimangono per terra. Se possibile, nel mondo del gioco dei professionisti, le cose sono ancora più difficili. Non c’è dubbio sul fatto che costruire una performance di livello e cioè essere in grado di mandare la palla in buca nel minor numero di colpi possibili sia un’impresa impegnativa; la concorrenza sui vari tour, anche quelli minori, è sempre più alta e raggiungere quel successo, che può permettere ad un giocatore professionista di guadagnarsi da vivere giocando, risulta ogni giorno più difficile. La possibilità di gareggiare, di confrontarsi e fare esperienza di gioco, costituisce l’elemento indispensabile nella vita di un giocatore professionista. Le cose sono cambiate da quando nel 1971 Ken Schofield, John Jacobs e Neil Coles fondarono l’European Tour inserendo nel calendario 20 tornei. Oggi in Europa esistono sette circuiti internazionali maschili riconosciuti, tutti collegati tra loro, con oltre 180 gare. Ma l’aumento delle possibilità di competere al massimo livello non ha il significato di una carriera facile da costruire. Lo scorso anno, su circa 1.000 iscritti alle qualifiche per entrare
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9 a giocare sul tour europeo, prove che si svolgono sulla distanza di ben 252 buche, soltanto 25 partecipanti più i pari merito sono riusciti a conquistare il diritto di mettere la palla sul tee in una gara ai massimi livelli. Ed esserci sul tour non ha purtroppo il significato automatico di riuscire a rimanerci. Avere il diritto a giocare l’anno successivo e guadagnare per spesarsi, significa portare a casa almeno 200.000 euro. La concorrenza è aumentata in maniera esponenziale; la crescita e la diffusione del gioco, la possibilità di vivere facendo uno sport, ma mettiamoci pure la difficoltà dovuta alla crisi economica di trovare una collocazione professionale in altri campi lavorativi, agevola la scelta di passare professionisti di molti giovani dilettanti. È un fenomeno non solo italiano: dopo un periodo di gioco da dilettante che si considera buono, si pensa che sia arrivato il tempo di lanciarsi nel mondo del gioco da professionisti. Ma è proprio sulla comprensione del livello giusto per poter competere in quel mondo che vale la pena soffermarsi. Per carità, nessuno vuole soffocare i sogni, ma la rappresentazione della realtà per quella che veramente è, ha il significato di far comprendere meglio quante e quali possibilità vi siano per raggiungere gli obbiettivi. La spinta, pur giustificata ed ormai consolidata in ogni paese, di istituire ed affermare l’importanza di un ranking a livello nazionale anche nel mondo dei dilettanti, porta poi in molti casi a credere che essere tra i migliori in classifica significhi aver automatica-
mente raggiunto il livello giusto per fare il salto nell’affollata cerchia di chi gioca per professione; è una valutazione che invece necessità di una più obiettiva e profonda analisi. Dopo aver superato il test su 252 buche nel quale lo standard richiesto è quello di giocare sotto il par, si entra nel grande circo delle gare giocate su campi lunghi e difficili dove, solo per riuscire a passare il taglio in 65ma posizione, non ti puoi permettere, salvo casi eccezionali, di finire anche di un solo colpo sopra il par. Questa è la realtà che deve essere rappresentata a chi sceglie la difficile strada del golf giocato come mestiere, quel golf che insegna che nessuno, a nessun livello, può avere la sicurezza di sentirsi certo del risultato e già arrivato. Non succede a gente del calibro di Rory McIlroy, di Jordan Spieth, di Adam Scott, di Jason Day, oggi il più forte giocatore al mondo, oppure ai nostri campioni di casa Francesco ed Edoardo Molinari, Renato Paratore e Matteo Manassero. Si può pensare che possa accadere a chi è riuscito a scalare un semplice ranking di casa senza aver avuto l’accortezza di valutare il proprio standard di gioco e paragonarlo con quello di chi vuole battere? È un approccio difficile, dove è necessario comprendere a fondo le proporzioni per capire il livello in cui si vuole competere. Ci vuole “feeling” e mai come in questo caso, il paragone con il colpo risulta essere più calzante. www.donatodiponziano.net
Donato Di Ponziano in compagnia di Ian Woosnam, grande giocatore gallese e capitano di Ryder Cup nel 2006.
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Meeting d’autunno Appuntamento importante nella splendida location dell’Excelsior Palace di Rapallo. Molti spunti d’interesse e una dedica speciale a Gianfranco Costa di Fabrizio Pagliettini
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ari amici, il mese di novembre riporta immediatamente il nostro pensiero all’ appuntamento ormai consolidato con il Meeting AITG; quest’anno sarà certamente un incontro speciale perché per una volta tutti gli argomenti trattati e tutte le nostre quotidiane problematiche che ci piace condividere in questa due giorni, saranno soltanto una doverosa e impegnativa cornice ad un Meeting dedicato alla memoria di due persone che nei loro percorsi di vita professionale e umana, hanno lasciato un segno importante e indelebile. Penso a Gianfranco Costa, che per tutti noi è e sarà per sempre “il Presidente”; una voce cara, professionale attenta e assolutamente basilare nella costruzione e nella crescita del nostro spirito associativo. Se oggi, come accade in altri sport, si potesse ritirare una maglietta, non assegnarla più a nessuno, probabilmente sarebbe il caso di pensare di farlo con quella di Gianfranco per tutto quello che ha significato per la nostra Squadra. Ognuno di noi ha dentro sé il proprio personale ricordo, ci sarà tempo e spazio nel meeting e nella newsletter per poter dar voce a chi lo vorrà; certamente, nel corso della due giorni, l’impegno del Direttivo sarà quello di onorare il suo ricordo nel modo più giusto ed elegante, con delicata ironia, senza troppo rumore, così come sarebbe piaciuto a lui. Penso inoltre a Domenico Actis, che ha rappresentato per tutti un esempio concreto di come sia possibile coniugare i rapporti di lavoro anche più delicati con l’etica e il rispetto della persona prima del proprio interesse. Dopo la sua scomparsa ho ricevuto innumerevoli telefonate di soci e di suoi colleghi sponsor, tutti uniti nel ricordarlo con affetto e stima e desiderosi di conoscere quale
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spazio gli fosse riservato nel Meeting; abbiamo pensato di titolargli la gara di martedì, per poterlo ricordare nel mondo verde dove si è distinto professionalmente e dove potremo unire la presenza degli sponsor e degli associati grazie al potere aggregante del nostro meraviglioso sport. Il primo giorno del Meeting sarà particolarmente intenso, come oramai nostra consuetudine. La prima parte della mattinata sarà dedicata alla Scuola Nazionale; verranno consegnati i certificati dei neo diplomati Superintendent e, novità assoluta, sarà premiato l’allievo più meritevole alla memoria di Gianfranco Costa che molto ha dato alla Scuola per tantissimi anni. Nel corso del prossimo meeting di marzo toccherà ai nuovi Segretari e anche in quel caso verrà consegnato il Premio. Daremo quindi ufficialità al premio “Una vita per il Golf” in collaborazione con l’Associazione Giornalisti Golfisti, che quest’anno è stato consegnato in occasione dell’Open d’Italia all’amico Gaudenzio Bonomini e che dall’anno prossimo sarà assegnato sempre in occasione della più importante competizione italiana nel corso della premiazione prestigiosa della Pallina d’Oro. Inizieremo quindi a seguire i vari relatori che si alterneranno nel corso della giornata e che mi auguro incontrino il Vostro interesse suscitando domande e approfondimenti che sono necessari per rendere ogni argomento più vicino al nostro quotidiano e alle singole realtà. Con grande piacere avremo fra noi Gianluca Crespi che, con Sergio Bertaina e Roberto Recchione, e con Tiziana Panizzolo e Davide Santagostino, farà una riflessione sui
Club dei Giovani Nazionali e su quanto sia importante per il golf Italiano che questo settore venga seguito al meglio. Analizzeremo alcuni esempi di realtà diverse ma ben funzionanti e apriremo la discussione con l’Assemblea confrontandoci con le esperienze di altri Circoli. Sono particolarmente onorato di poter contare in questo contesto sulla testimonianza di Marina Soldati, mamma di Teodoro, che ha accettato con entusiasmo di partecipare per riportare tutti i nostri ragionamenti e le nostre riflessioni tecnico-pratiche all’essenza di saper comunicare la bellezza di praticare uno sport sano e formativo come il nostro. In parallelo, l’importanza di saper essere genitori e al tempo stesso partner della crescita umana e sportiva di un ragazzo e, di conseguenza, di un Club dei Giovani organizzato e produttivo. Concetto semplice da dirsi e da leggersi ma molto meno facile da applicare… A Richard Cau e al consigliere federale Toni Bozzi il compito di approfondire alcuni aspetti della Normativa EGA Handicap System particolarmente cari alle Segreterie; seguirà un dibattito per dar modo a tutti gli associati di affrontare tematiche di cui si necessitano chiarimenti. Importante e prestigiosa la presenza dei due ospiti internazionali John Mascaro e Alexandra Almeida; con il primo, l’area verde potrà realizzare un viaggio tra la storia della carotatrice, l’importanza di questo trattamento, il riconoscimento tramite una presentazione interattiva dei principali problemi del tappeto erboso e le relative risoluzioni. Con la Dottoressa Almeida si parlerà delle Olimpiadi di Rio viste da una analisi più prettamente legata al percorso e al mondo verde e (in uno spazio condiviso con i Club Manager) di una panoramica sulla situazione del golf in Portogallo (campi golf, giocatori, impatto sull’economia, aspetti gestionali, approccio ambientale, pan). Ascanio Pacelli, Alessandro Bellicini e Marco Bucarelli ci permetteranno di entrare nell’importantissimo settore della comunicazione così basilare per essere efficaci nel nostro Circolo e soprattutto al di fuori; oggi più che
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11 mai è necessario favorire un incremento del numero dei golfisti e questi tre “professionisti” del ruolo saranno certamente una fonte di riflessione e crescita collettiva. L’Avvocato Ernesto Russo sta già pensando a quali argomenti proporre per rendere come sempre altamente vissuto il suo momento; la sua capacità espositiva e la conoscenza specifica dei nostri problemi renderà il suo compito piuttosto facile… e la nostra attenzione obbligatoria. Particolare attenzione anche questa volta è stata data agli spazi dei nostri sponsor; non dimentichiamo la loro importanza. Non sono solo la nostra risorsa principale che ci consente di poter esistere e cercare di fare al meglio il nostro servizio, ma sono anche le aziende primarie del mondo golfistico e riuscire a realizzare le giuste sinergie e instaurare con loro un rapporto di reciproca stima e conoscenza è un bene assoluto per noi e per i nostri Circoli, oltre che un dovere associativo. I tempi saranno come al solito stringatissimi e dovremo necessariamente rapportarci con possibili ritardi e inevitabili contrattempi. Mi appello alla vostra disponibilità e collaborazione e in cuor mio sono certo di poterci contare ad occhi chiusi, come peraltro spero che apprezzerete la location molto prestigiosa che ci consente di essere in un sito ben raggiungibile da molte regioni; il pranzo (in particolare) e la cena ovviamente seguono dei canoni standard diversi dalla clubhouse di un Circolo; abbiamo peraltro cercato di avvicinarci al massimo alle esigenze ben conosciute di tutti noi e, grazie anche alla presenza dell’amico Filippo Cirri e della sua musica, speriamo che anche il momento ludico sia di vostro pieno gradimento. Concludo con un cenno al premio Club Manager e Course Manager dell’Anno; seguendo le indicazioni di molti di voi e cercando la massima trasparenza, abbiamo ideato un nuovo sistema di votazione diretta da parte degli Associati al momento dell’iscrizione. I vincitori saranno proclamati nel corso della cena mentre precedentemente anticiperemo senza dare la graduatoria, i primi tre classificati per ogni singola classifica. Mi aspetto una vostra intensa e partecipata presenza; i motivi, anche e soprattutto quelli legati al ricordo di persone importanti per tutti noi, non ci mancano di certo. Un caro saluto.
h. 08:00 - 09:00 Registrazione Segreteria Meeting. A cura di Rita Genovese. h. 09:00 - 10:00 Introduzione Meeting e saluto del Presidente. A cura di Fabrizio Pagliettini, Antonello Bovari, Presidente PGAI, Antonio Bozzi, Vice Presidente Fig, Attilio Riola, Presidente Circolo Golf e Tennis Rapallo. h. 10:00 - 10:30 Consegna dei diplomi Superintendent 1a Edizione Premio Gianfranco Costa. Verranno consegnati i Diplomi di fine Corso ai Neo diplomati della scuola Nazionale Golf, e sarà premiato l’Allievo Superintendent più meritevole, alla memoria di Gianfranco Costa. Nel prossimo Meeting verrà inoltre consegnato il medesimo premio al miglior Allievo Segretario 2016. h. 10:30 - 10:45 Presentazione del premio “Una vita per il Golf” Assegnato in collaborazione tra AITG e AIGG, in occasione del prossimo Open d’Italia, insieme alla Pallina d’Oro. h. 10:45 - 11:15 Coffee break e visita Sponsor h. 11:15 - 12:30 Club dei Giovani risorsa per il Circolo ed il golf Italiano. Intervento a cura dei Professionisti: Gianluca Crespi, Direttore tecnico Fig - Sergio Bertaina, Responsabile Club dei giovani Circolo Golf Torino - Roberto Recchione, Responsabile Club dei giovani Golf Ambrosiano. Parteciperà con la sua personale testimonianza la Signora Marina Vertova, mamma di Teodoro Soldati. h. 12:30 - 13:00 Approfondimenti EGA Intervento a cura di Richard Cau e Antonio Bozzi. h. 11:15 - 12:00 Spazio agli Sponsor - Bruni - Rain Bird - Herbatech - ICL - 10 min. h. 12:00 13:00 La storia della carotatrice. A cura di John Mascaro - Turf-Tec International. Imparare i principi agronomici attraverso la storia di una delle pratiche più utili che influenzano direttamente la salute dei tappeti erbosi. h. 13:00 Pausa pranzo h. 14:00 - 15:00 L’importanza della comunicazione efficace nei nostri Circoli Sportivi. A cura di Ascanio Pacelli, Alessandro Bellicini, Maurizio e Marco Bucarelli h. 14:00 15:00 Spazio agli Sponsor - Two World - John Mascaro Foto Quiz. A cura di John Mascaro - Turf-Tec International. Una presentazione interattiva con domande su cosa ha causato un particolare problema al tappeto erboso e risposte che spiegano le conseguenze e le successive risoluzioni. h. 15:00 - 16:00 Il Rischio Legionella nelle strutture sportive A cura del Dott. Mattia Villa – Barchemicals. h. 15:00 - 16:00 Il Golf alle Olimpiadi di Rio. A cura di Alexandra Almeida. Costruzione, management e certificazioni GEO. h. 16:00 16:30 Coffee break e visita Sponsor h. 16:30 - 17:30 La situazione del golf in Portogallo. A cura di Alexandra Almeida. Campi da golf, giocatori, impatto sull’economia, aspetti gestionali, approccio ambientale, Pan, ecc. h. 17:30 - 18:15 Filo diretto con l’Avvocato. A cura dell’Avvocato Ernesto Russo. h. 18:15 - 19:30 Presentazione candidati CLUB e COURSE MANAGER 2015 e Spazio agli Sponsor. I 3 finalisti per ogni categoria si presenteranno alternandosi agli interventi degli Sponsor Toro Pratoverde - John Deere - Geogreen. h. 20:30 Cena sociale
h. 09:30 Registrazione al Golf Club Rapallo Consegna gadget John Deere h. 10:00 Gara di Golf “Ricordando Nico” Louisiana a coppie Partenza Shot Gun h. 15:00 Premiazione e Cocktail
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Certificati medici e defibrillatori nei circoli golf
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seguito del c.d. “Decreto Balduzzi” (D.M. 24/04/2013), le società sportive si sono trovate a fronteggiare un nuovo assetto normativo per quanto riguarda la tutela della salute dei praticanti. Le novità principali sono consistite nell’obbligo di dotarsi di defibrillatori semiautomatici e, inizialmente, nell’obbligo di certificazione medica anche per attività amatoriale a carattere ludico-motorio (e dunque non sportivo). Detto nuovo obbligo di certificazione è stato, però, abrogato subito dopo la sua entrata in vigore (soli 15 giorni di vigenza dal 5 al 20 agosto 2013). Il c.d. “Decreto del Fare” (D.L. 69/2013 conv. in L. 98/2013) ha infatti disposto la soppressione dell’obbligo di certificazione per l’attività ludico-motoria ed amatoriale previsto dal Decreto Balduzzi. La norma ha previsto, altresì, che “rimane l’obbligo di certificazione presso il medico o pediatra di base per l’attività sportiva non agonistica” e che “sono i medici o pediatri di base annualmente a stabilire, dopo anamnesi e visita,
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se questi ultimi necessitano di ulteriori accertamenti come l’ECG”. Preannunciata da due circolari del Ministero della Salute del 16/06/2015 e del 28/10/2015, è infine giunta una importante circolare del CONI del 10/06/2016 a mezzo della quale l’Ente ha ottemperato alla richiesta ministeriale di definire i confini dell’attività sportiva non agonistica all’interno dell’ordinamento sportivo ai fini degli obblighi sulla tutela sanitaria delle attività sportive. Si conferma, innanzitutto, che nulla cambia per le attività a carattere agonistico (ai sensi del D.M. 18/02/1982). Queste rimangono soggette alla certificazione sanitaria che preveda l’idoneità specifica alla pratica di una determinata disciplina sportiva. In riferimento, invece, alla pratica non agonistica, il CONI ha effettuato una distinzione tra 3 tipologie di tesseramento: a) Tesserati che svolgono attività sportive regolamentate; b) Tesserati che svolgono attività sportive che non comportano impegno fisico; c) Tesserati che non svolgono alcuna attività sportiva (non praticanti). La categoria di nostro interesse è quella sub b) in quanto il golf è stato inserito in un elenco di discipline sportive per cui – a parere del CONI - non sussiste obbligo di certificazione per tutti i tesserati in Italia con la qualifica di non agonisti in quanto l’attività sarebbe caratterizzata dall’assenza o dal ridotto impegno cardiovascolare. La Federazione Italiana Golf ha, pertanto, modificato il proprio Regolamento Sanitario prevedendo che tutti i tesserati considerati non agonisti non sono tenuti all’obbligo di certificazione sanitaria. L’art. 9 del Regolamento Sanitario FIG, sulla scia della circolare CONI, aggiunge però che “si raccomanda, in ogni caso, un controllo me-
dico prima dell’avvio all’attività sportiva”. Il primo dubbio che ci si pone, sotto il profilo strettamente giuridico, è se una circolare amministrativa possa “derogare” ad un obbligo previsto da una legge dello Stato in materia di certificazione sanitaria (obbligo per tutte le attività sportive non agonistiche) e che, pertanto, in caso di incidente derivante da tale attività, il circolo organizzatore possa effettivamente dichiararsi esente da responsabilità non avendo richiesto il certificato sulla base della circolare CONI e del Regolamento FIG. In tutti quei casi in cui si possa dimostrare che il possesso preventivo del certificato avrebbe evitato l’evento, o comunque ridotto le conseguenze del danno ingiusto (ad es. per la circostanza che l’evento sia stato causato dall’esistenza di patologie pregresse aggravate dallo sforzo fisico), la circostanza che sia stato richiesto o meno il certificato medico, appare decisiva al fine di valutare la sussistenza e l’entità della responsabilità del soggetto gestore. Ove poi il Giudice dovesse considerare il golf un’attività “pericolosa” ai sensi dell’art. 2050 cod. civ., spetterebbe senz’altro all’organizzatore dell’attività il dover provare di aver posto in essere tutte le cautele necessarie al fine di evitare eventi lesivi. Di questo appaiono ben consapevoli sia il CONI che la FIG laddove ribadiscono (v. anche circolare FIG 12/2016) che è raccomandato un controllo medico “prima dell’avvio dell’attività sportiva”. Tale corretta raccomandazione, per i motivi sopra rappresentati in termini di responsabilità, può però rischiare di ritorcersi contro il soggetto organizzatore dell’attività che non abbia dato seguito al “suggerimento” o che, eventualmente, non lo abbia fatto in maniera ritenuta idonea dal Giudicante (ad
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13 es. chi ritenesse sufficiente un certificato assai risalente nel tempo) stante anche il tenore letterale della norma di legge. Di questo i Circoli dovranno tenere conto per decidere se eventualmente modificare il comportamento adottato sin qui. Questione non dissimile è quella relativa ai defibrillatori nei golf club. L’art. 7 comma 11 D.L. n. 158/2012 convertito con L. n. 189/2012 prevede l’adozione di “linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l’impiego da parte di società sportive professionistiche e dilettantistiche di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita”. In attuazione di detta norma è stato emanato il già citato D.M. 24/04/2014 che detta linee guida sulla dotazione e l’utilizzo di defibrillatori (art. 5). Va posto l’accento sul richiamo alle linee guida. Queste costituiscono delle raccomandazioni di comportamento, come criteri di valutazione della condotta colposa. Va detto, infatti, che il decreto non prevede sanzioni. Ciò non significa che il rispetto delle raccomandazioni sia di per sé ragione sufficiente
per l’esonero da responsabilità, ben potendo ritenersi che il comportamento tenuto non sia esaustivo o sufficiente per esentare da responsabilità potendo piuttosto riscontrarsi la sopravvivenza di profili di ulteriore negligenza. Né, d’altra parte, il discostarsi dalle linee guida è automaticamente prova della condotta colposa e quindi circostanza sufficiente per pervenire all’affermazione di responsabilità. Si consideri l’ipotesi di evento che, quanto al suo accadimento, prescinde dall’osservanza delle linee guida dettate. Le linee guida hanno un valore di direttiva per l’adempimento diligente ed orientativo del giudizio. L’ingresso delle linee guida determina un ridimensionamento dei margini di discrezionalità nell’accertamento dell’imperizia. Nel decreto, come noto, il golf è stato considerato ab origine disciplina a ridotto impegno cardiocircolatorio e, come tale, esonerata dall’obbligo di dotarsi di defibrillatori semiautomatici ed operatori qualificati (che comunque non avrebbero un obbligo legale di intervento previsto solo per personale sanitario).
Pur ribadendo quanto sopra in termini di accertamento di responsabilità, si evidenzia che i circoli golf che ospitano al proprio interno campi da tennis, palestre e/o piscine non possono comunque godere dell’esenzione disposta solo per il golf (e poche altre discipline ritenute assimilabili come sforzo cardiovascolare). In conclusione si evidenzia che le sopra richiamate linee guida prevedono, altresì, che “fermo restando l’obbligo della dotazione di DAE da parte di società sportive professionistiche e dilettantistiche, si evidenzia l’opportunità di dotare, sulla base dell’afflusso di utenti e di dati epidemiologici, di un defibrillatore anche i luoghi quali centri sportivi, stadi palestre ed ogni situazione nella quale vengono svolte attività in grado di interessare l’attività cardiovascolare”. I temi in questione non possono, dunque, essere affrontati solo in termini di obbligatorietà a norma di legge bensì ragionando in termini di adozione di tutte le misure preventive ed organizzative idonee a far sì che l’attività si svolga in assoluta sicurezza senza rischi per la salute dei praticanti.
Gestione integrata del verde
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eogreen è una società, con sede in Canale d’Alba (Cuneo), che produce e commercializza prodotti per la nutrizione vegetale (nella foto lo stabilimento piemontese). Il gruppo italiano di cui fa parte opera nel settore della nutrizione vegetale professionale dal 1985, sia in Italia che all’estero in più di 40 paesi nel mondo. Grazie alla ricerca vengono ottenuti prodotti innovativi dalle eccellenti qualità tecniche e proposte soluzioni efficaci per il settore.
ambientali. La gestione «integrata» tra le varie tecniche disponibili e l’introduzione di mezzi tecnici innovativi, che Geogreen propone, può fare la differenza. L’azienda incentiva incontri e riunioni tecniche volte a dare ai professionisti del tappeto erboso un ampio aggiornamen-
to su tematiche di attualità nel settore dei prati ad uso ornamentale e sportivo, partendo dalle più recenti acquisizioni del mondo scientifico. È un momento di condivisione con i professionisti, per confrontarsi sui problemi legati alle gestione delle aree verdi.
La fertilizzazione oggi assume un’importanza fondamentale nella strategia di impiego limitato di prodotti chimici e di sensibile riduzione di agrofarmaci, in quanto un manto erboso sano e ben nutrito, oltre a svilupparsi in modo adeguato, risulta più robusto, meno sensibile agli attacchi dei patogeni ed alle avversità
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Erba naturale e sintetica collaborano fra loro Passiamo in rassegna i prodotti concepiti per il prato ibrido e quelli destinati ai tee e ai battitori dei campi pratica
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l prato ibrido PowerGrass® è un sistema costruttivo rinforzato super resistente che mette insieme l’erba naturale e l’erba sintetica. Soddisfa, così, la richiesta dei più esigenti circoli golfistici: avere tee e campi pratica capaci di sostenere sempre maggiori volumi di traffico, duraturi nel tempo, di facile installazione e manutenzione e con un prezzo di realizzazione e manutenzione competitivo. Questo rivoluzionario sistema costruttivo ottimizza la sua performance funzionale attraverso l’impiego di alcuni prodotti Herbatech. 1. Deve essere installato su terricci sabbiosi USGA composti almeno per il 15% in volume dalla zeolite attivata Zeotech 300® di Herbatech. Zeotech 300® è capace di regolare al meglio gli scambi termici ed idrici dei tappeti erbosi ibridi nei periodi più caldi dell’anno. 2. PowerGrass® usa come top soil per l’intaso tra le fibre plastiche, l’ottimo terriccio Zeodresser, usato da anni con successo nei tee tradizionali in erba naturale per le riparazioni dei divot. 3. Infine PowerGrass® consiglia, per la semina ex-novo dei tee in microterme il miscuglio conciato Birdie di Herbatech a base di Poa pratensis e Lolium perenne rizomatoso e, nelle riparazioni, i blend di loietti super resistenti Superball e Triseed Un prato PowerGrass® + Herbatech permette il drive perfetto da ogni tee e rende
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felice chi vuole esercitarsi a lungo e con piacere sul campo pratica. Consente ai giocatori più abili, di evitare l’uso del tappetino sintetico per fare esercizio. Il PowerGrass® + Herbatech è l’erba naturale rinforzata per giocare meglio, in sicurezza e... tanto!
Il prato ibrido sui tee e sui battitori dei campi pratica Le partenze ed i battitori dei campi pratica sono le aree di maggior usura del campo da golf perché soggette a forti stress da calpestio e da strappo da parte dei giocatori. Lo stress da punto di vista meccanico è dovuto a) all’eccessivo calpestio, b) all’azione rotativa della scarpa del giocatore e c) l’asporto della zolla d’erba con il ferro da golf. Tali stress sono ancora più vistosi nei tee di piccole dimensioni e in quelli che si trovano all’ombra. PowerGrass® aiuta a risolvere questi problemi. Offre numerosi vantaggi soprattutto nel resistere allo stress e favorire il recupero dell’erba in tempi record. Fornisce una enorme resistenza al calpestio ed allo strappo durante l’azione rotativa del giocatore, agevolando un rapido recupero della zolla asportata. Le fibre sintetiche forti e resilienti proteggono le corone delle piantine e trattengono lo strato di sabbia offrendo un habitat ideale per un rapido insediamento dell’erba. In meno di 3-4 settimane l’erba è in grado di coprire tutta la superficie da gioco. La rete tridimensionale presente nello speciale supporto (brevettato), dispone di oltre 160.000 fori per la circolazione dell’aria, dell’acqua e per la penetrazione delle radici ma, allo stesso tempo, la forma e la dimensione dei fori è tale da non
consentire la penetrazione della sabbia nel backing impedendo così l’ostruzione e l’indurimento del supporto. Offre quindi uno scambio gassoso garantito e la possibilità di ancoraggio alle radici che penetrano la rete, quindi maggiore resistenza allo strappo. Questo è estremamente importante nelle zone ombreggiate laddove le radici tendono e rimanere in superficie. Nel supporto dell’erba sintetica è presente anche un geotessile con fibre casuali che offre un effetto isolante nel substrato sottostante e favorisce maggiormente lo sviluppo delle radici durante l’inverno mentre in estate consente un sensibile risparmio idrico in quanto riduce l’evaporazione dal substrato. Il supporto ha un aspetto flessibile e morbido ad ogni intersezione dei fori e con l’integrazione di un elemento elastico si mantiene morbida la superficie per ridurre la costipazione provocata dai giocatori e dal transito delle macchine e ridurre così gli interventi di frequenti bucature per dissodare in terreno. Infine, il supporto artificiale (rete e geotessile) è imputrescibile ed indemagliabile per garantire una lunga durata, oltre 20 anni e consentire numerose bucature in profondità senza rovinare la sua struttura.
I substrati ideali per i prati ibridi nei campi da golf Zeotech 300® è una cabasite italiana ad elevato contenuto zeolitico dichiarata accettabile dalla USGA per la costruzione dei green golfistici. Miscelata a sabbia vulcanica, torba, concime starter ed ottimo compost verde costituisce l’ingrediente principale del terriccio Zeodresser. Zeotech 300® e Zeodresser possiedono
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15 una ottima idroritenzione e termo assorbenza. In tal modo nei prati ibridi migliorano sensibilmente la resistenza della pianta al secco ed al caldo nei periodi estivi. In pratica il terreno si scalda meno in estate. Aumenta , inoltre, la porosità e l’ossigenazione del suolo. L’erba cresce tutto l’anno in modo sano e vigoroso. Zeotech 300® e Zeodresser riducono drasticamente la lisciviazione del potassio e dell’azoto ammoniacale lungo il profilo del terreno. Ciò si traduce in una maggiore fertilità potenziale del suolo senza alcun inquinamento della falda freatica. Aumenta l’efficienza della fertilizzazione e diminuisce la quantità di concime da spargere. Viene inoltre facilitata la solubilizzazione dei fosfati rendendo il fosforo più assimilabile alle piante. Ne deriva una forte stimolazione allo sviluppo radicale. Zeotech 300® e Zeodresser non presentano nella propria composizione chimica né sodio né altri cationi nocivi. A differenza di altri silicati, la zeolite possiede una struttura cristallina indeformabile. Zeotech 300® e Zeodresser sono totalmente drenanti in tutte le condizioni di impiego.
I miscugli per aree fortemente calpestate I tee e i battitori dei campi pratica realizzati con il sistema ibrido PowerGrass® quando seminati o riseminati con i miscugli di microterme Birdie, Superball e Triseed della linea Karydion di Herbatech, producono un tappeto fitto, vigoroso e resistente agli strappi. Grazie alla loro capacità autopropagativa (possiedono specie e cultivar molto vigorose con crescita rizomatosa e stolonifera) recuperano in fretta le lesioni al cotico causate dal ferro o dal legno. Sono sementi per prati veloci ad insediarsi che competono molto bene con le infestanti e la gramigna. La loro resistenza al taglio basso (sino a 15 mm), anche con macchine elicoidali, permette loro di formare meno feltro e di richiedere minori arieggiamenti (verticut) di superficie e di profondità.
Difesa biologica con i requisiti del PAN
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on la pratica della coltivazione intensiva, la quale aumenta la pressione dei patogeni , le malattie sono diventate argomento di fondamentale importanza tra i professionisti del tappeto erboso. Inoltre, la sempre maggiore sensibilità ai temi della riduzione dell’ impatto ambientale e dell’utilizzo di prodotti biologici, porta all’aumento della richiesta di fitosanitari che possano rientrare in questa ottica. ICL segue da sempre questa filosofia e studia e propone soluzioni che siano il più possibile rispettose dell’ambiente; per questo propone Bioten, la risposta naturale contro i parassiti fungini del suolo e completamente in linea con i requisiti del Piano di Azione Nazionale.
La soluzione Bioten è la nuova soluzione ICL per il controllo dei funghi patogeni del terreno e dei substrati , che attaccano l’apparato radicale e il colletto dei tappeti erbosi sportivi, ad uso ricreativo e le piante ornamentali. Agisce in via preventiva e una volta applicato al terreno/substrato, sviluppa e colonizza rapidamente le radici e la rizosfera creando una vera e propria barriera fisica che ostacola l’accesso dei patogeni agli organi bersaglio. In particolare l’azione antagonista si svolge sottraendo lo spazio vitale e gli elementi nutritivi con il risultato di inibirne la crescita e la diffusione. Bioten è una formulazione in polvere bagnabile di due ceppi naturali selezionati di conidiospore: Trichoderma asperellum (former harzianum - ICC 080 ) g. 2. Trichoderma gamsii (former viride – ICC 012) g. 2. T. asperellum e T. gamsii sono funghi saprofiti antagonisti, naturalmente presenti nei suoli. Sono in grado di “competere” con lo sviluppo di diversi patogeni fungini terricoli, ma non competono tra loro e differiscono per alcuni importanti comportamenti biologici: Temperatura (-15 + 35 °C) , tolleranza al pH (2-10), competizione con differenti famiglie di funghi (Rhizoc-
tonia, Sclerotinia, Sclerotium, Pythium, Phytophtora). Ciascun ceppo esplica la propria azione antagonista verso il sistema patogeno-ospite in modo indipendente l’uno dall’altro; in questo modo si riduce il rischio di scarsa attività che può essere a volte determinato da particolari ambienti e situazioni.
Come agisce Bioten è in grado di esercitare il biocontrollo preventivo, contro una vasta gamma di patogeni terricoli come Pythium spp, Phytophthora spp, Rhizoctonia solani, Sclerotinia spp, Sclerotium rolfsii, Verticillium dahliae, Armillaria mellea, Thielaviopsis basicola. Bioten si utilizza sul tappeto erboso , ma ne è possibile l’uso anche su piante ornamentali e fiori. Agisce principalmente nella rizosfera, colonizzando i siti d’infezione e sottraendo alimenti agli agenti patogeni. Parassitizza direttamente i patogeni del genere Sclerotia e altri organismi riproduttivi ibernanti simili. Il prodotto può essere applicato nelle diverse fasi fenologiche e momenti colturali purché sempre in via preventiva e con temperature del terreno superiori a 10°C. Si ritiene che possa determinare fenomeni di Resistenza Indotta sulle piante ospiti.
Certificazione ufficiale EU: Bioten soddisfa le direttive sull’uso degli agrofarmaci in agricoltura biologica (CEE) 2092/91 (CE) n 834/2007. Stati Uniti: Bioten è incluso nel la lista OMRI dei prodotti autorizzati in agricoltura biologica. Dosi: 2,5 kg / ha è la condizione indispensabile per garantire la migliore efficacia. Con 200 l/ha si ha un volume di bagnatura sufficiente. Bioten può essere usato da solo come prodotto standard oppure nei programmi di gestione integrata delle malattie. È un Prodotto Fitosanitario: Reg Ministero Salute 14263 del 11/10/2011. Concentrazione totale minima garantita UFC 3 x 107 per grammo.
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NOTIZIARIO
Associazione Italiana Tecnici di Golf
La tecnologia al servizio del verde
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ohn Deere offre una gamma completa di soluzioni per la cura del verde e la manutenzione dei campi da golf, che implementano il meglio delle tecnologie sviluppate dal marchio statunitense per questo impegnativo settore, che richiede qualità e risultati senza compromessi. Fra queste spicca innanzitutto la gamma di macchine per la manutenzione dei campi da golf basate su tecnologia ibrida. Questa soluzione, oggi largamente affermata e preferita dai manutentori per i suoi molteplici vantaggi, si basa sull’impiego di avanzate tecnologie come la trasmissione idrostatica per l’avanzamento della macchina e l’utilizzo di
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motori elettrici per l’azionamento dei cilindri di taglio: una scelta compiuta da John Deere in largo anticipo sui tempi, e che ha consentito al marchio del cervo di costruire e consolidare nel tempo una gamma di prodotti ampia e ben diversificata – attualmente composta da tre macchine da green e due da fairway. Un successo, questo, basato su una serie di importanti plus tecnologici e operativi. I motori elettrici delle unità di taglio, infatti, vengono alimentati tramite alternatori azionati dal motore termico della macchina; ciò ha consentito, da un lato, di risolvere il tradizionale problema dei trafilamenti di olio dai circuiti idraulici in
prossimità degli organi di taglio, dall’altro di eliminare completamente la presenza di accumulatori elettrici, consentendo quindi di ottenere una velocità e una qualità di taglio costanti e inalterate lungo l’intero arco di lavoro. E senza dimenticare, naturalmente, l’importante abbattimento di rumorosità e consumo di carburante garantito da tale soluzione. La traslazione delle macchine è invece assicurata dalle trasmissioni idrostatiche eHydroTM e da motori ruote adeguatamente dimensionati per garantire una trazione ottimale anche nelle condizioni più impegnative; questa soluzione, accoppiata con i motori termici sovralimentati John
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Deere, garantisce un avanzamento regolare anche su terreni ondulati, e tutta la riserva di potenza necessaria per un taglio ottimale e prestazioni in salita eccellenti in un’ampia varietà di condizioni. Alle ibride John Deere ha proprio recentemente affiancato la nuova gamma di trattori utility compatti John Deere Serie 2R. I nuovi 2026R e 2036R sono stati riprogettati dalla A alla Z, implementando una serie di innovazioni e la possibilità di scegliere fra due motorizzazioni rispettivamente da 26 e 36 CV. Il 2026R è il più piccolo dei due modelli, con un design compatto per lavorare negli spazi più ristretti. Il 2036R ha invece un’impronta a terra più ampia, un passo più lungo e un peso superiore, per una maggiore stabilità. Entrambi i modelli sono stati progettati dedicando un’attenzione particolare al comfort e alla riduzione dell’affaticamento dell’operatore, e sono dotati di controlli ergonomici, sterzo inclinabile e cruise control. Il 2036R, in particolare monta un sedile con sospensioni pneumatiche premium. Entrambi i trattori sono disponibili in versione cabinata o aperta, per una grande visibilità a 360 gradi. La produttività è assicurata da una serie di funzionalità estremamente facili da utilizzare. Il 2036R è dotato dell’esclusivo sistema di sollevamento CommandCut, che offre una regola-
zione molto veloce e precisa dell’altezza di taglio semplicemente agendo su una manopola e una leva di controllo. Il sistema offre una precisione di taglio ottimale con meno fatica anche nelle più lunghe giornate di lavoro. Entrambi i modelli sono equipaggiati di comandi a pedale Twin Touch che semplificano la selezione delle marce e i cambi di direzione. L’acceleratore eThrottle aumenta o diminuisce automaticamente il regime motore in base alle esigenze di lavoro, mentre il cruise control consente di mantenere una velocità di avanzamento omogenea. Per una versatilità ancora
maggiore, i trattori compatti della Serie 2R sono dotati di PTO completamente indipendenti per collegare simultaneamente attrezzi anteriori, centrali e posteriori in combinazioni diverse. Semplicissimi da collegare e rimuovere, gli apparati di taglio centrali AutoConnect consentono di aumentare la produttività, mentre i nuovi caricatori frontali QuikAttach 120R e 220R sono progettati appositamente per i trattori Serie 2R. Ulteriori vantaggi provengono dalle nuove opzioni di sollevamento anteriore, progettate e prodotte interamente da John Deere ed estremamente robuste e compatte.
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Segretario di club, fondatore dell’AISG (poi diventata AITG), consigliere federale, direttore alla Scuola Nazionale ed esperto numero uno delle Regole: questo lo straordinario percorso del grande timoniere ligure
UNA VITA PER IL GOLF
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Gianfranco Costa
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di Paolo Croce
zione a.d. della Immobiliare Garlenda, Società proprietaria del campo da golf. Quel conflitto di interessi “ad personam” fece opo una lunga malattia si è spento Gianfranco storia, anche perché altri illustri consiglieri, loro sì, gravati vox Costa, stella del firmamento golfistico nazionale populi, da conflitti pesanti come macigni, rimasero imperturbae non. Da anni non stava bene e da anni viveva, bili al loro posto. Questo grave torto subito da Costa fu percepicon non poche sofferenze, nella sua amata Gar- to da quasi tutti gli addetti ai lavori come una restaurazione del lenda, circondato dall’affetto della sua famiglia. “potere” all’idea che un tecnico del mondo del golf potesse un Per chi mastica golf da almeno un decennio non giorno entrare nella esclusiva “stanza dei bottoni”. Ci fu molto può non sapere e ricordare quanto importante sia stata la figura movimento all’epoca, molte riunioni ed assemblee di categoria, di Franco per tutto il golf italiano. Da Segretario di Club, quel- molto malcontento, ma anche tanta moderazione e tante prolo di Garlenda naturalmente, ha spiccato il volo nel panorama poste propositive. E fu proprio Gianfranco a porre un freno algolfistico dapprima come Giudice Arbitro di riconosciuta fama la nascente spontanea ribellione degli associati di base che veinternazionale, poi come Direttore della Sezione Segretari della devano il loro Presidente ingiustamente estromesso dalla guida Scuola Nazionale di Golf ed infine addirittura come Consiglie- del mondo del golf di allora. Si adoperò con l’intelligenza, la dire Federale all’alba del terzo millennio. Per un pischello partito plomazia e l’ironia da sempre fondamenta della sua personalità, giovanissimo e dai gradini più bassi (aiuto segretario di Rodol- per impedire una rovinosa spaccatura all’interno del movimenfo Russo a Rapallo negli anni ’50) una carrieto golfistico nazionale. Tanto si diede da fare che addiritra straordinaria e probabilmente irripetibile. tura riprese la collaborazione con la FIG Professionista irreprensibile, dotato della e la Direzione della Scuola e quei pochi giusta diplomazia, della necessaria autorevomesi di trincea furono successivamente lezza e di una innata ironia, fin dagli albori intesi, in primis da Lui, e subito dopo andella sua ascesa, aveva fatto della conoscenche dagli altri, un semplice incidente di za delle Regole del Golf un punto fermo delpercorso. la sua attività. Quante volte è successo che Abbiamo parlato della Scuola Nazionale per porre fine ad una disputa su una regola di Golf... come si sa le buone proposte resi è pronunciata la fatidica frase:” Telefoniaalizzate, al contrario di quelle cattive, hanmo a Costa...?” E Franco davvero aveva una no sempre tanti padri, ma non vi è alcun risposta per tutti, quella giusta naturalmendubbio alcuno che, senza Gianfranco Cote, accompagnata da una adeguata cornice sta da un lato e Roberto Rivetti dall’altro, di spiegazioni ed esempi. Negli anni Ottannon vi sarebbe mai stata la Sezione Segreta, senza internet e telefonini a cambiarci la tari e la Sezione Tappeti Erbosi della Scuovita, ebbe anche il soprannome di Treccala. Solo grazie infatti alla loro tenace forza ni del golf, ad indicarne l’infallibile ed encidi volontà, alla loro consapevolezza di esclopedica cultura golfistica che dispensava sere nel giusto e alla forza di lottare condemocraticamente a giocatori e colleghi. E tro il parere di molti, passò il concetto che con i colleghi appunto aveva un rapporto non solo i professionisti di golf, ma anche invidiabile, pronto all’aiuto e alla collabogli altri tecnici legati a questo sport e quindi segretari e greenkeeper, avessero diritto razione in qualsiasi circostanza, senza per Nella foto in alto, da sinistra, ad una formazione professionale, ad un agquesto farti sentire in debito e colpevole Gianfranco Costa, la moglie giornamento tecnico, ad una qualificazione di scarsa conoscenza del mestiere. Proprio Bruna, i nipoti Carlotta della loro attività. Furono anni difficili, con con alcuni di essi, quelli di maggiore espee Andrea, il presidente pochi mezzi e nessuna struttura, ma anche rienza, fondò nel 1972 l’associazione di cadel GC Garlenda, Michele anni di grande progettualità, volontà, inventegoria (allora A.I.S.G. ed oggi A.I.T.G) volta Scofferi, Cristina Costa. tiva ed un pochino di incoscienza. Si iniziò a radunare i Segretari di Golf per condividere obiettivi e conoscenze. Di questa associazione fu per diversi nel 1986 dai sotterranei dell’Acquasanta, per poi muoversi nel decenni Presidente, organizzatore dei relativi meeting, nonché 1987 proprio a Garlenda ed infine nel 1989 al Centro Tecnico animatore di assemblee e serate. L’apice della sua carriera Fran- Federale di Nepi – Sutri. Centinaia i giovani formati dalle Sezioco lo conobbe ad inizio del 2002, quando, candidatosi alle ele- ni ad indubbio vantaggio della qualità professionale dei tecnici, zioni per il Consiglio della Federazione Italiana Golf, ottenne ma anche di tutto il movimento golfistico nazionale. Da ricorun buon numero di voti ed entrò a pieno titolo in CF. Diritto che dare poi il suo prodigarsi per la formazione di discepoli capaci però non gli fu quasi subito riconosciuto; due mesi dopo con e attenti con i quali suddividere compiti ed onori. Roberto Borun imbarazzante parere CONI “Ope Veritatis” vennero attribui- ro e Massimiliano Schneck hanno mantenuto le speranze in loti a Costa i requisiti di ineleggibilità dell’art. 66 dello Statuto Fe- ro riposte e per tanti anni hanno validamente sostenuto l’opederale. Sua sola”colpa” quella di risultare al momento della ele- rato di Gianfranco.
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Gianfranco Costa La direzione della Sezione non ha però mai impedito a Franco di continuare ad occuparsi delle attività del suo amatissimo circolo, nè di arbitrare tutte le manifestazioni più prestigiose in Italia e all’estero e nemmeno di prestare il proprio operato di consulente ad ampio raggio per tutto ciò che è in qualche modo connesso al gioco del golf. Ad esempio le pubblicazioni sulle Regole del Golf, ad esempio una pubblicazione di ricordi e anneddoti sui golfisti e le loro manie. Tra le molte attività di successo avviate, quella di organizzatore, in compagnia della figlia Cristina, di circuiti di gare a livello internazionale. A questo proposito come non ricordare il prestigioso Trofeo Lancia ed anche la fruttuosa collaborazione con altro grande del golf italiano quale Mario Pinzi? Un’umanità di ricordi e di pensieri condivisi mi unisce a Gianfranco Costa, alla sua famiglia, a Garlenda e a quel pezzo di terra Ingauna di Liguria, disputata da Barbari e Saraceni e alla fine annessa al Marchesato Del Carretto di Balestrino. La piana della Val Lerrone e quella più grande del fiume Centa, con le colline disposte intorno, era il focolare al quale Franco amava sempre tornare dopo le lunghe trasferte romane o in giro per l’Italia. Questo suo attaccamento alla terra di adozione (lui Rapallino si trasferì nell’altra Riviera nel 1964), pari forse solo alla sua fede calcistica genoana e alle partite di scopone, gli impedì nel tempo di rispondere affermativamente alle sirene foreste che lo invitavano ad un suo trasferimento in un altro club. Spesso la risposta ironica era sempre la stessa: “Ma da voi c’è il mare? No? Allora non se ne fa niente...”. Una volta, essendo casualmente il mare compreso nell’offerta di trasferimento, la risposta ebbe una variante: “Ma la Gallinara si vede? No? Peccato. Mi spiace”. Una vita professionale per una certa parte affrontata insieme ed un numero incredibile di storie, anneddoti, racconti, che hanno arricchito il nostro rapporto e la nostra amicizia. Lo conobbi nel precedente millennio proprio a Garlenda e proprio nel 1965, anno di inaugurazione del campo e della clubhouse. Mio padre Romolo era allora il maestro “estivo” del circolo e passai un paio di settimane in vacanza proprio ad Albenga, all’Hotel (allora Pensione) Giardino, di fronte alla Stazione. Di quel primo incontro con Gianfranco ho ancora il suo regalo, un portalampada in le-
gno di ulivo, che uso da sempre sul comodino da notte. Non ho invece ricordi diretti del primo Open d’Alassio, quello del 1967, ma la storia racconta che l’organizzazione, capeggiata da Franco, riuscì nientemeno che a far intervenire il grande Gary Player (membro del triumvirato di allora con Jack Nicklaus e Arnold Palmer) per un incredibile giro esibizione con Aldo Casera e il dilettante Gigino Corti. Altra perla di Costa, l’organizzazione nel 1971 e sempre a Garlenda, dopo undici anni di stop, dell’Open d’Italia con vittoria di Ramon Sota, zio di un campionissimo in divenire, celebre qualche anno dopo: Severiano Ballesteros. Nello stesso anno, finalmente anche io da giocatore, di Franco ne sperimentai, fortunatamente senza penalità, le capacità di Giudice Arbitro in occasione di un Campionato Italiano Ragazzi, disputato sempre a Garlenda. Ed ancora nel decennio successivo, intorno al 1980, iniziando la mia attività lavorativa nel golf con il segretariato delle Fronde, cominciai ad apprezzarne le valenze professionali oltre che le straordinarie qualità umane. Diventarne amico e condividerne consulenze e collaborazioni fu tutt’uno. Persino troppo facile ascoltare il suo sapere e approfittare dei suoi consigli e dei suoi suggerimenti per fare bella figura. Gli anni di Sutri sono stati per entrambi una esperienza faticosa, con qualche disagio e poche certezze, ma anche un periodo di grandi aspettative, speranze, progetti, e purtroppo di sogni che non si sono potuti concretizzare. Impagabile però la soddisfazione legata alla preparazione degli allievi e alla considerazione che il golf straniero ha sempre avuto nei confronti della nostra struttura e dei giovani che ne uscivano diplomati. Come sempre tutto ha una fine e non vi sono stati rimpianti da parte di entrambi, bensì la consapevolezza di voler continuare ad intraprendere nuove strade e ad abbracciare nuove sfide. Franco a questo era sempre pronto e la costruzione del percorso di Albisola nel 2005, ultimo impianto golfistico in terra di Liguria in ordine di tempo, ne fu la riprova. A Bruna, a Cristina ed ai suoi ragazzi, pur nel momento del dolore, potrà far piacere pensare che lassù, essendo Paradiso per definizione, di certo si gioca a golf e a scopone e che San Pietro... - lo sanno tutti - è genoano. Ci sarà anche Claudio, dopo venticinque anni, a braccia aperte ad aspettarlo.
Uno scorcio del bel percorso e della clubhouse di Garlenda (Savona), circolo di cui a lungo Gianfranco Costa è stato Segretario e a cui ha dedicato tanta della sua grande passione per il golf.
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SERIOUS GOLFERS
Filippo Motta
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Amore totale Dopo quelle di Sabini e Merlotti, la scomparsa di Gianfranco Costa si porta via un’altra parte fondamentale della nostra storia
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ochi giorni prima della ricorrenza dei “morti”, ci ha lasciato una delle figure più importanti della storia del golf italiano, Gianfranco Costa. È stato il capo indiscusso i segretari di golf del nostro Paese per una vita. Ed è stato il più autorevole referente italiano in ambito regole e affini nei rapporti con gli organismi di St Andrews sino all’inizio degli anni 2000. In quel periodo venne anche eletto al Consiglio Federale (sedevamo uno di fronte all’altro) da cui venne estromesso, dopo pochi mesi, applicando una norma di incompatibilità sicuramente esistente, ma che si poteva forse gestire meglio. Fui poi personalmente responsabile, e per questo venni duramente accusato e ostracizzato dalla lobby dei segretari, del suo minor coinvolgimento assoluto in ambito Regole affiancandogli altri esperti del settore. Ancora oggi sono convinto di avere fatto il bene dei nostri Arbitri e Gianfranco stesso, negli ultimi contatti, peraltro più che affettuosi avuti qualche anno fa, me lo riconosceva. In ogni caso, e fuori di discussione, Gianfranco amava il golf in modo totale. Come lo amavano altre due persone che ci hanno lasciato negli ultimi anni, Giuseppe Sabini e Giorgio Merlotti. Questa triade, col “Conte Flappa” al comando e il sottoscritto come quarto, giovane aiuto, ha gestito quasi venti anni di Golf italiano in ambito nazionale e internazionale organizzando la totalità dei Campionati disputati sul nostro territorio. Ancora oggi sento vecchi golfisti ricordare quei tempi con un certo fastidio, anche se tanti dimostrano affetto, a cau-
sa dell’assoluta severità con cui tutto veniva gestito. Il Golf, dopotutto, è uno sport di Regole e noi le facevamo rispettare con polso fermo. Anche le norme di abbigliamento, tanto care a Peppe Sabini e che oggi farebbero un po’ sorridere, forse andrebbero ancora considerate con più attenzione. Sia chiaro... non voglio tornare a un momento storico in cui le sneakers non erano ammesse nelle clubhouse, ma – specie in certe competizioni – un poco più di attenzione anche a questi dettagli andrebbe mantenuto. Gianfranco, Giorgio e Peppe erano quindi, prima di tutto, innamorati di Golf. Ecco, forse oggi siamo in pochi a provare questi sentimenti. Il Golf è quello sport dove si dovrebbe giocare Medal perché solo così si impara veramente ad essere un giocatore; si dovrebbe giocare anche quando piove perché è giusto partecipare anche se gli eventi atmosferici sono contrari; si dovrebbe sempre consegnare il proprio score perché tra un 90 e un NR, in realtà, non c’è molta differenza; e si dovrebbe avere un handicap reale che rappresenta il nostro livello e non un qualcosa di artefatto che impedisce a chi è 18,4 di salire anche se gioca in modo vergognoso. Tutto questo, lo capisco benissimo e sono anche il peggior testimone di quanto sopra (odio le Medal e se piove evito di giocare), è forse ormai impossibile in un mondo che ogni sabato e domenica ci scaraventa in campo col fine, unico, di dare ossigeno alle casse dei Circoli. Ma se i tre grandi vecchi del Golf italiano, cui sono dedicate queste righe, fossero ancora qui ci ricorderebbero che
non giochiamo a Golf, semplicemente tiriamo dei colpi a delle palline con dei bastoni appositi. Peppe, Giorgio e Gianfranco... mi mancate e, francamente, credo manchiate tanto anche al nostro sport. Un abbraccio grande.
Gianfranco Costa con Mario Giuliacci, noto esperto di meteorologia.
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PERSONAGGI Sergio Marchioro
IL MIO AMICO PETER PAN di Marco Croze
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o che queste poche righe rischiano di farmi perdere un’amicizia, ma è proprio per questa amicizia che ho deciso di correre il rischio. Bisogna risalire alla nascita del Golf di Padova, circa cinquant’anni fa. Naturalmente come in tutte le nuove iniziative mio padre era della partita, ma il vero artefice dell’opera fu il commendator Iginio Kofler, industriale padovano nel settore cosmetici, ma soprattutto ex ufficiale degli Alpini, il quale mano a mano che l’opera richiedeva nuovi investimenti copriva ogni necessità con capitali propri, finendo così col possedere una larga maggioranza della Società. Primo Segretario del club fu un ligure, un certo Zumpano, che però partì presto per altri lidi. E qui ci fu il colpo di genio del Presidente Kofler: decise di promuovere alla carica di Segretario un ragazzotto del posto che in quel momento svolgeva le funzioni di Caddie Master. Così ebbe inizio la carriera di Sergio Marchioro, che è stato a mio avviso, e non solo mio, uno dei migliori Direttori di circolo italiani. Sergio si rivelò presto essere una persona fuori dal normale. Abitava vicino al golf in via “No iera”, la strada che “non c’era”, quasi un moderno Peter Pan con la sua “Isola che non c’è”. D’altronde, che Sergio sappia volare io l’ho sempre sospettato. Vorrei parlare delle doti di Sergio, ma non so veramente da dove cominciare. È chiaro comunque che la sua dote più importante sia la modestia. La sua capacità di essere sempre presente quando c’era bisogno di lui era pari alla sua capacità di sparire quando qualcuno accennava a fargli una lode, non parliamo poi se c’era il rischio che questo
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potesse avvenire in pubblico. Definirlo un grande lavoratore è senz’altro riduttivo! Quando ho parlato di Franco del Cansiglio dicendo che la Camusso sarebbe inorridita davanti ai suoi orari di lavoro, beh credo che davanti agli orari di Sergio si sarebbe addirittura suicidata! Basti pensare che tutto il parco macchine per la manutenzione del Golf di Padova era dotato di fari, perchè per Sergio era normale, magari dopo aver avuto in campo 160 giocatori per una gara importante, saltare su una macchina e andare a quella buca a ritoccare l’avant green o chissà cos’altro che lui solo aveva notato. Ma non dovevate illudervi di avere a che fare con un bonaccione: all’occorrenza sapeva essere severo e deciso con chiunque. Forse per questo le cose al Golf di Padova andavano avanti con pochissimi problemi. Era poi un sicuro punto di riferimento per molti suoi colleghi, sempre prodigo di consigli e capace di risolvere in pochi minuti problemi che ad altri apparivano quasi insolubili. Comunque la sua grande vera passione era il campo che è sempre riuscito, e non solo nelle grandi occasioni, a presentare in condizioni ottime e vi assicuro che non era cosa facile, dato che il terreno era tutt’altro che buono. Ho avuto il piacere e l’onore di averlo al mio fianco quando ho progettato e poi costruito le terze 9 buche del campo di Valsanzibio e vi posso assicurare che è stata una delle esperienze più felici di tutta la mia carriera. Per darvi un’idea di quale fosse la mia considerazione per Sergio, voglio ricordare quando si presentò l’occasione di disputare a Venezia il Senior Open, che fra parentesi si svolse sul nostro percorso con grande successo, per 4 anni consecutivi. Io accettai con immenso piacere, ma mi sin-
cerai prima che Sergio garantisse di essere presente per darci una mano. In quei giorni Sergio fu sempre presente e il bello era che, per non gravare sulle spese dell’organizzazione, partiva ogni mattina da casa a Padova alle 3 del mattino, per tornarci alla sera. La sua discrezione era proverbiale: in oltre quarant’anni di amicizia, mi riuscì una sola volta di farlo sedere al mio tavolo all’ottimo ristorante del club e credo che quel giorno ci fu più di qualche svenimento. Una cosa vorrei dire su Sergio, rivolgendomi ai molti giovani Segretari e Direttori di club odierni, che mi sentirei di definire “peripatetici”: nessuna offerta al mondo avrebbe mai potuto indurlo a lasciare il “suo Club” (e non escluderei che ne abbia ricevute di estremamente allettanti). Per lui il “suo Club” era tutto. E se non ci credete chiedetelo a Flavia, sua moglie!
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Intervista con uno dei piÚ noti e celebrati architetti di golf del mondo, a cui si devono tre percorsi di grande livello nel nostro paese: Antognolla (Perugia), La Bagnaia (Siena) e il recentissimo Terre dei Consoli, nell’area della Capitale
LA GRANDE BELLEZZA
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PERSONAGGI
Robert Trent Jones II
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A sinistra, un paio di buche di Terre dei Consoli e in basso, Robert Trent Jones II in compagnia di Edoardo Caltagirone, presidente del circolo romano. Qui sopra, la clubhouse di La Bagnaia, altro campo di RTJ2. di Fulvio Golob
schioppo da un altro bellissimo campo, il Golf Nazionale, di proprietà della Federgolf Italiana.
uasi un’ora è durata la conference call con Robert Trent Jones II. Una bella chiacchierata sul golf e, ovviamente, sul disegno e la realizzazione dei campi, settore che vede il celebre architetto americano fra i numeri uno mondiali in assoluto. A questo proposito dobbiamo ringraziare Marzia Caltagirone, sorella di Edoardo, presidente di Terre dei Consoli, che ci ha organizzato l’incontro telefonico con RTJ2. Figlio del suo omonimo, supercelebrato padre e fratello di Rees, altro apprezzato disegnatore di percorsi, “Bobby” Jones è nato a Montclair, nel New Jersey, il 24 giugno 1934. Dopo aver studiato all’università di Yale, entrò nella società del padre (Robert Trent Jones Incorporated) come vicepresidente, aiutandolo in un’attività quanto mai fiorente, se è vero che negli anni ’50 le entrate medie erano attorno ai 600mila dollari dell’epoca: nel golf mondiale, un risultato inferiore solo agli introiti di Ben Hogan. Nel 1962 RTJ2 assunse il controllo dei lavori sulla costa ovest degli Stati Uniti, mentre aveva già iniziato a disegnare campi per proprio conto. E negli anni ’70 fondò la sua compagnia, con sede a Palo Alto, in California, dove si trova tuttora, a pochi chilometri dalla residenza abituale di Woodside. Presidente della American Society of Golf Course Architects, Trent Jones II ha realizzato tre percorsi nel nostro paese. Il primo è stato l’Antognolla, in provincia di Perugia, il secondo La Bagnaia, non distante da Siena, e l’ultimo il già citato Terre dei Consoli, campo romano come bacino d’utenza anche se sotto la giurisdizione di Viterbo. Inaugurato di recente e ai primi di ottobre “battezzato” con una prova del Challenge Tour, lo splendido percorso di Monterosi si trova veramente a un tiro di
Mister Jones, lei ha disegnato più di 270 percorsi in oltre 40 paesi differenti. Quali sono quelli che preferisce? Il campo preferito è sempre l’ultimo su cui sto lavorando e in questo caso si tratta di un percorso irlandese, che sta riuscendo davvero bene. E con quello raggiungerò quota 280 campi che portano la mia firma o che ho rinnovato.
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In quanti lavorano nella sua società Robert Trent Jones II Golf Course Architects? Oltre a me, in tutto siamo in una decina, distribuiti nell’ufficio principale di Palo Alto, in Europa e Asia, che sono le nostre due zone principali di attività al di là degli Stati Uniti. Fra i moltissimi campi da lei disegnati figura anche quello di Chambers Bay, che lo scorso anno ha ospitato lo U.S. Open, tra non poche polemiche. Qual è il suo giudizio? Credo che Chambers Bay sia uno dei migliori percorsi da campionato che io abbia mai portato a termine. Lo ritengo un capolavoro, è spettacolare e unico. I problemi che ci sono stati hanno soprattutto riguardato la preparazione del tappeto erboso, che non riguarda noi o la nostra società. Chambers Bay è un grande risultato, un campo ad alto livello che ci è costato un lungo e intenso periodo di lavoro. Suo padre ha disegnato più di 300 golf, quattro dei quali in Italia e cioè Castelconturbia, Castelgandolfo, Pevero e Royal Park I Roveri. Li ha mai visti? Per l’esattezza, mio padre è arrivato a quota 325 fra campi
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26 nuovi o rimodellati, distribuiti in America, Europa e Asia. Io ho partecipato con lui alla progettazione del Pevero e ho visitato le sue buche al Royal Park I Roveri. Non sono invece mai stato negli altri due e dico sinceramente che mi piacerebbe venire in Italia per giocarli almeno una volta. Adoro il vostro paese, è in assoluto uno dei più belli del mondo e ho girato molto nell’area di Roma e in Toscana. Il territorio è splendido, come del resto la vostra cucina. E cosa ha imparato da suo padre? L’ho seguito passo dopo passo sui campi di tutto il mondo. Spesso gli facevo da caddie e così ho potuto poco alla volta conoscere tutti i tipi di terreno, la varietà delle ondulazioni e le caratteristiche meteo delle vare aree, che influenzano in modo determinante il nostro lavoro. Un padre famoso e giramondo che, secondo le stime, ha volato quasi 15 milioni di chilometri nei suoi viaggi di lavoro. E lei, ha mai tenuto un calcolo delle distanze percorse nei suoi giri intorno al mondo? Francamente no, anche se credo di essere nel giusto se dico di aver viaggiato una media di 100 giorni l’anno da quando ho iniziato a lavorare. E fanno più di 6.000 giornate passate fra un aeroporto e l’altro. A questo proposito le racconterò un aneddoto divertente. Insieme a mio padre avevamo perso un aereo per New York in una città degli Stati Uniti di cui non ricordo più il nome. Lui chiese all’ufficio informazioni qual era il primo aereo in partenza. “Il prossimo per New York è in programma fra quattro ore”, gli risposero. E lui, di rimando: “No, intendo proprio il primo a decollare. Credo che ci andrà bene lo stesso, perché in questo momento abbiamo lavoro da fare quasi dovunque, negli Stati Uniti”. Per lei, tre progetti realizzati in Italia. Ce ne può parlare? Ricordo l’Antognolla come un percorso movimentato, con alcuni saliscendi accentuati. A differenza della Florida, ad esempio, possiamo parlare di golf “tridimensionale”, davvero bello. Splendido il castello che domina l’intera vallata. Spero riescano presto a restaurarlo, perché darebbe un enorme valore a tutto il lavoro che abbiamo fatto. E Bagnaia? Quando ti alzi, dal Borgo vedi Siena e il panorama è impagabile… La zona è meno ripida rispetto all’Antognolla e le buche si srotolano in modo più gentile lungo i pendii: l’ambiente ideale per tracciare il disegno di un campo non banale. In questa area e a Firenze c’è l’incontro con lo straordinario Rinascimento italiano delle arti e della cultura, mentre dove lavoro, a Palo Alto, possiamo parlare di Rinascimento tecnologico. Ho conosciuto per caso la signora Marisa Monti Riffeser, proprietaria dell’intera tenuta. Ero a Bagnaia per un matrimonio, in quel bellissimo hotel, e me l’ha presentata un cameriere, perché sapeva che aveva intenzione di costruire un campo da golf. Il figlio, Andrea, è un ottimo e appassionato giocatore.
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Veniamo a Terre dei Consoli… È il nostro campo italiano più recente, terminato lo scorso anno. Il contatto con la proprietà, la famiglia Caltagirone, è avvenuto nel 2010, tramite Luca Valerio. L’area che potevamo avere a disposizione è davvero interessante, con pendenze morbide e grandi panorami sulla valle del Tevere. Un campo lungo, molto lungo, e ideale per gare ad altissimo livello, come ci hanno chiesto i committenti. Ma accanto alle 18 buche per le gare, ne abbiamo realizzate altre nove meno impegnative per tutti quelli che cominciano a giocare. La costruzione della clubhouse, non prevista vicino all’attuale tee della 1, cambierà qualcosa in campo? Sì, verrà modificata l’attuale sequenza delle buche. Il progetto inoltre propone partenze molto differenziate, per cui il percorso si rivela piuttosto flessibile e in grado di adattarsi a livelli di gioco davvero differenti. Quasi senza alberi in campo, Terre dei Consoli, per ampiezza, strategia di gioco e varietà delle situazioni, è un vero championship course. Chi lo ha tagliato? I lavori sono sempre stati seguiti da noi. Abbiamo trovato una società proprio a Monterosi, il comune in cui risiede il resort, per realizzare tutti i movimenti terra. Non conoscevano il golf, ma con la nostra presenza costante credo siamo riusciti a ottenere un ottimo lavoro finale. Ci sono voluti quasi tre anni per concludere tutti gli interventi, ma alla fine ero molto soddisfatto del risultato. La Ryder Cup 2022 si terrà a Roma. Cosa ne pensa? Credo si tratti di una grande occasione per l’Italia, una importantissima opportunità per far conoscere all’estero il vostro turismo legato al golf. In un paese che, come ho già detto, è fra i più belli del mondo, si trovano parecchi percorsi interessanti. Credo però che la maggior parte dovrebbe essere rinnovata e aggiornata, quasi sempre aumentando non la lunghezza ma la larghezza delle buche, spostando e modificando alcuni ostacoli. Nei suoi progetti, che posto occupa il contenimento nell’utilizzo delle risorse idriche? Molto importante. L’acqua sta diventando una risorsa sempre più rilevante, per questo stiamo disegnando da anni percorsi che sfruttino al meglio le risorse esistenti, utilizzando impianti di irrigazione moderni e dotati di sensori che aiutino a non sprecare una sola goccia. Fondamentali la scelta di nuove essenze e la modifica del suolo per migliorare i drenaggi, aumentando la salute del tappeto erboso. Il suo giudizio su Bermuda e macroterme? Sono ideali per contenere l’utilizzo di acqua, ma non sempre perfette a certe latitudini, quando il clima si fa più freddo. È comunque una buona opzione se stiamo parlando di zona mediterranea.
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PERSONAGGI
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Il suo responsabile della sezione disegno, Bruce Charlton, ha scritto che il ciclo delle principali componenti di un campo può durare 20/25 anni. Secondo lei, ogni quanto tempo è necessario rinnovare seriamente le buche di un percorso? Il tempo più importante da considerare è quello del rifacimento dell’impianto di irrigazione, che oggi ha appunto una durata di quel genere. Quando arriva il momento di realizzarne uno nuovo, può essere l’occasione giusta per intervenire anche sul campo. Sul percorso di Hazeltine, disegnato da mio padre, che di recente ha ospitato la Ryder Cup, mentre si interveniva sull’impianto di irrigazione sono stati spostati i bunker e modificate varie situazioni di gioco. Per concludere, qual è la sua filosofia di lavoro? Visto che sono nato in mezzo alle buche, prima di tutto mi considero un golfista. Come nel calcio c’è un portiere che deve difendere la porta, io devo fare lo stesso con la terra che mi viene messa a disposizione. La terra è tutto, devi ascoltare il terreno. Io credo di essere un po’ un artista, sicuramente sono un sognatore e adoro la bellezza. Sì, in un campo da golf possiamo cercare e scoprire la Grande Bellezza.
In alto, Robert Trent Jones II con il binocolo, mentre osserva una buca di Terre dei Consoli in lavorazione. Qui sopra una panoramica sull’Antognolla, il primo percorso realizzato in Italia dal grande architetto americano.
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GOLF CLUB
CERTIFICAZIONE G.E.O.
ACAYA AMBROSIANO ARGENTARIO ARONA ASIAGO
Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Acqua e Biodiversità 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Certificazione Nazionale 2001 Attestato di Merito 2004 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2016 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2010 Certificazione Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attesto di Merito 2007
ASOLO BAGNAIA BARLASSINA BIELLA BROLO BASSANO CAMPO CARLO MAGNO CANSIGLIO CARIMATE CASENTINO CASTELCONTURBIA CASTELLARO CAVAGLIA’ CERVIA CESENATICO CILIEGI COLLI BERICI COLLINE DEL GAVI CONERO CUS FERRARA DES ILES BORROMEES FILANDA FIORDALISI FIRENZE UGOLINO FLORINAS FRANCIACORTA FRASSANELLE FRONDE
GEO CERTIFIED 2014
GOLF NAZIONALE HERMITAGE IS ARENAS
GEO CERTIFIED 2014
IS MOLAS LE FONTI LES ILES MARGARA MENAGGIO & CADENABBIA MIGLIANICO MILANO MIRABELLA MONTECCHIA
GEO CERTIFIED 2013 & 2016
NAZIONALE OLGIATA PADOVA PARCO DI FIRENZE PARCO DI ROMA PARMA PINETINA
GEO CERTIFIED 2010 & 2013
PONTE DI LEGNO PUNTA ALA PUSTERTAL QUARRATA RAPALLO ROVEDINE ROYAL PARK I ROVERI SAN MICHELE SANT’ANNA SANREMO SATURNIA SERRA TORINO
GEO CERTIFIED 2014
UDINE
GEO CERTIFIED 2011 & 2015
VARESE
GEO CERTIFIED 2015
VERDURA VERONA VILLA D’ESTE
GEO CERTIFIED 2015
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IMPEGNATI NEL VERDE
Riconoscimento Cat. Energia 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Attestato di Merito 2004 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Attestato di Merito 2008 Attestato di Merito 2008 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Attestato di Merito 2004 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2013 e Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2016 Riconoscimento Cat. Energia 2014 Riconoscimento Cat. Acqua 2016 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2015 Riconoscimento Cat. Energia 2012 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2013 Attestato di Merito 2007 Attestato di Merito 2004 Certificato Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2016 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Attestato di Merito 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2013 Riconoscimento Cat. Patrimonio storico, artistico e culturale 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2010 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2007 Riconoscimento Cat. Acqua 2012 Riconoscimento Cat. Acqua 2014 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Riconoscimento Cat. Recupero ambientale 2015 Riconoscimento Cat. Acqua 2013 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Riconoscimento Cat. Energia 2011-2015 Certificato Nazionale 2004 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Energia 2016 Riconoscimento Cat. Acqua 2011 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2010 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2015 Riconoscimento Cat. Patrimonio storico, artistico e culturale 2016 Riconoscimento Cat. Paesaggio 2014 Riconoscimento Cat. Energia 2011 Attestato di Merito 2005 Certificazione Nazionale 2007 Certificato Nazionale 2005 Riconoscimento Cat. Energia 2015 Attestato di Merito 2004 e 2007 Certificazione Nazionale 2008 Riconoscimento Cat. Biodiversità 2014 Certificato Nazionale 2001 Riconoscimento Cat. Acqua 2010
MARCHI
BIOAGRICERT
CTG 2003 -Emas - Certiquality BIOAGRICERT ISO 14001
BIOAGRICERT CSQA
RINA
CTG 2003
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Impegnati nel Verde premia i Circoli di golf che hanno adottato tecnologie, metodologie e gestioni che hanno consentito dei miglioramenti ambientali nei seguenti campi: PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E CULTURALE - ACQUA - BIODIVERSITÀ - PAESAGGIO - ENERGIA
Ad oggi sono oltre 70 i Circoli che hanno ottenuto questo premio. Impegnati per l’ambiente e unisciti a loro: sarà il primo passo per arrivare all’ambita Certificazione G.E.O.!
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LA BANCA DELLO SPORT Incontro con il Commissario dell’Istituto per il Credito Sportivo, che in quasi 60 anni di attività ha finanziato gran parte delle strutture italiane. E che da parecchio tempo ha un rapporto molto stretto anche con il golf
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L’
Istituto per il Credito Sportivo, Ente di diritto pubblico con gestione autonoma, fu istituito nel 1957. L’unica banca pubblica del nostro Paese nasce per offrire credito agevolato negli interessi per la realizzazione degli impianti sportivi. Il compito della “banca dello sport”, che in quasi sessant’anni ha finanziato oltre il 75% delle strutture sportive su tutto il territorio nazionale, è quello di favorire la prestazione sportiva di alto livello non solo attraverso il finanziamento di grandi impianti, ma anche e soprattutto attraverso il finanziamento all’impiantistica di base volta ai fini educativi, formativi e sociali. Problematiche legate alla designazione della nuova Governance e a una necessaria riforma statutaria hanno portato questo Istituto ad essere sottoposto a procedura di amministrazione straordinaria. In questi anni alla guida della banca c’è il dottor Paolo D’Alessio, in qualità di Commissario Straordinario. Napoletano d’origine, D’Alessio ha fatto di responsabilità e impegno le linee guida dell’azienda. Dopo una complessa riforma statutaria, il Commissario D’Alessio ha guidato la banca attraverso nuovi e importanti progetti con l’obiettivo di incrementarne la crescita, ampliando a ogni livello il suo raggio di azione e intervento nel contesto impiantistico italiano. Sono state così adottate particolari politiche agevolative riservate a diverse tipologie di progetti con specifiche finalità sociali, educative o di tutela ambientale. Grazie a lui, il Credito Sportivo sta cogliendo le diverse opportunità offerte dal mercato, trasformando il suo modello operativo originario, semplice e standardizzato, in un modello più evoluto, con due fondamentali strumenti agevolativi: i contributi negli interessi e il Fondo di Garanzia, da utilizzare in modo flessibile e personalizzato secondo le esigenze dei clienti e il merito sociale dell’operazione.
Dottor D’Alessio, quali sono i principali sport che si rivolgono a Ics per i finanziamenti? L’impegno a sostenere lo sport, mettendo a disposizione il know-how e le competenze acquisite in tanti anni di attività, è il principale obiettivo della banca. Operiamo col mondo dei Comuni, con tutte le Federazioni Sportive Nazionali, con i Circoli sportivi, con le società e le associazioni sportive dilettantistiche, con i club calcistici, con gli Enti di Promozione Sportiva e Culturale, nonché con ogni altro soggetto pubblico o privato che persegua anche indirettamente finalità sportive. Dalla sua nascita ad oggi la banca ha finanziato la maggior parte degli impianti sportivi del Paese, confermando la sua determinante funzione per la crescita dell’intero sport italiano. La nostra è un’offerta di credito che si rivolge a tutto tondo, valutando pro-
Nella pagina accanto, Paolo D’Alessio, Commissario dell’Istituto per il Credito Sportivo (secondo da sinistra) in compagnia di Roberta Giammorcaro, Augusta Iannilli, Carlo Manca e Franco Chimenti, presidente della Federgolf.
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getti e esigenze di qualsiasi disciplina sportiva. In primo luogo il calcio e il golf, che oggi rappresentano le due principali discipline target dell’Istituto, e poi il nuoto, il tennis, l’equitazione, la pallavolo, ecc., finanziando soggetti sia pubblici che privati che perseguano concrete finalità di sviluppo infrastrutturale. Molte quindi le tipologie e la varietà di impianti finanziati fino ad oggi, dai campi di calcio a quelli per il golf, dai palazzetti dello sport alle piscine, passando per le piste di atletica, le palestre scolastiche, i campi polivalenti o i campi di rugby. I più importanti interventi in essere nella varie attività sportive, golf escluso? Stiamo operando davvero in tutte le direzioni. Ultimamente abbiamo messo in campo, insieme alla Presidenza del Consiglio e all’ANCI, diversi progetti operativi nell’ottica di favorire e incentivare le strutture di rilevanza sociale, andando incontro alle esigenze del mondo dell’associazionismo e della scuola che hanno difficoltà ad accedere al credito. Grazie al progetto “Mille cantieri per lo sport”, stiamo finanziando a tasso zero, o a condizioni molto agevolate, fino a 700 palestre scolastiche e 1.000 impianti di base. Proprio in questi giorni stiamo lavorando ad un altro importante progetto, in collaborazione con l’ANCI, denominato “Sport missione Comune”, che prevede per i Comuni finanziamenti a tasso zero al fine di realizzare investimenti nel settore dell’impiantistica sportiva, includendo anche le piste ciclabili, sempre più gradite dalle comunità locali. Per quel che riguarda il calcio, sono diversi i progetti di investimento che prevedono la realizzazione di nuovi stadi: moderni e polifunzionali. In primis il Frosinone, il cui stadio dovrebbe essere pronto già nel 2017, poi ci sono il Cagliari, la Spal, il Crotone e il Pescara. In particolare, con la società abruzzese, abbiamo intrapreso un percorso di riqualificazione dello stadio e di altri impianti sportivi pubblici della città attraverso lo strumento del fondo immobiliare chiuso. Questa innovativa formula di finanziamento degli impianti sportivi, resa possibile da un protocollo d’intesa sottoscritto dal Credito Sportivo con l’INVIMIT e la Lega “B”, potrebbe rivelarsi la strada giusta per realizzare finalmente nel nostro Paese la necessaria nuova generazione di stadi moderni. Stiamo inoltre sostenendo anche la realizzazione di un significativo restyling dello stadio San Paolo di Napoli. Infine, abbiamo stipulato un accordo con la FIGC per favorire, con finanziamenti a tasso zero o molto agevolati, il miglioramento della classificazione UEFA dei nostri stadi. Quali sono i più importanti interventi in essere nella varie attività sportive, golf escluso? Con l’obiettivo di promuovere e sviluppare questa disciplina su tutto il territorio nazionale, numerosi sono i progetti e le iniziative messe in atto dalla nostra banca, mirati a soddisfare le necessità di chi vuole investire nel golf. Nel 2022 l’Italia sarà il palcoscenico della Ryder Cup, un’assegnazione senza precedenti per il nostro Paese e, in particolare,
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Paolo D’Alessio – ICS per Roma che dovrà cogliere questa occasione senza nessun indugio. Per sostenere il prevedibile sviluppo del settore del golf, abbiamo costituito, con risorse interne qualificate e specializzate, un apposito team, denominato “Race to Ryder Cup”, per fornire consulenza e assistenza a 360 gradi per rispondere e per seguire con efficacia tutte le esigenze di investimento dei circoli di golf del nostro Paese. Accanto alla struttura specializzata, abbiamo previsto anche tassi dedicati e molto agevolati per incentivare gli investimenti nel settore golfistico. Con la FIG abbiamo una partnership solida e duratura e molti sono gli interventi realizzati nel golf. Il Golf Nazionale, l’antico club Ugolino, il Terre dei Consoli, golf a vocazione turistica, e il Marco Simone che, come è noto, ospiterà la prossima Ryder Cup in Italia, sono solo alcuni dei circoli golfistici che abbiamo orgogliosamente finanziato. Ci parla dei principali prodotti destinati allo sport? L’offerta studiata per i nostri clienti è un’offerta taylor made poiché basata su una diversificazione delle esigenze di finanziamento che provengono dai soggetti richiedenti. Secondo questo criterio esistono due tipologie di mutui: il mutuo ordinario e il “credito light”. Per quel che riguarda il primo, è un finanziamento a medio lungo termine senza limite di importo, concesso per tutti i progetti e le iniziative tese alla realizzazione, alla ristrutturazione o all’acquisto di impianti sportivi su tutto il territorio nazionale. Per i finanziamenti più snelli e per importi contenuti (non superiori a euro 50.000), proponiamo il cosiddetto “credito light”, soluzione specifica per l’acquisto di attrezzature o per la realizzazione di lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria di impianti sportivi. E quali sono quelli specifici per il golf? Al golf dedichiamo il mutuo ordinario per tutte le esigenze di investimento infrastrutturale, costruendo un prodotto su misura per ammortamento, durata e condizioni, in relazione alle esigenze specifiche che vengono manifestate da ogni circolo sportivo. In questo periodo, come già detto, stiamo offrendo condizioni di tasso molto favorevoli con la finalità di incentivare gli investimenti. Il “credito light” per il golf può essere invece utilizzato per acquisti, per esempio, di golf cart o di altre attrezzature, nonché per esigenze di piccole ristrutturazioni. Oltre alle suddette tipologie di finanziamenti esistenti per tutte le discipline, la nostra gamma di prodotti finanziari per il golf è stata arricchita da prodotti specifici particolarmente vantaggiosi in termini di tassi. Il “mutuo impegnati nel verde” è un prodotto rivolto a finanziare iniziative per migliorare la ecosostenibilità degli impianti di golf. Il “mutuo macroterma” è destinato esclusivamente a finanziare la sostituzione del tappeto erboso per campi da golf con specie che riducono il consumo di acqua. Nella sezione apposita dedicata al golf, presente sul sito www. creditosportivo.it, è possibile trovare tutte le informazioni specifiche sui nostri prodotti.
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Paolo D’Alessio, a destra, in compagnia di Costantino Rocca nell’area ospitalità ICS all’Open d’Italia I tempi medi per ottenere i finanziamenti? Il processo che conduce all’erogazione del credito ha chiaramente dei tempi tecnici e passa attraverso diverse fasi di lavorazione. La nostra struttura dedicata “Race to Ryder Cup” accompagna il cliente golf con la massima cura e professionalità, dall’idea di progetto di investimento sino all’erogazione del mutuo, con l’obiettivo prioritario della piena soddisfazione e della minimizzazione dei tempi di lavorazione. Se anche il cliente collabora nella predisposizione di tutta la documentazione necessaria sono sufficienti anche 30-40 giorni per passare dalla domanda di credito sino alla stipula col notaio. I premi ICS per i circoli virtuosi, Impegnati nel verde e Geo? Investire nell’ecosostenibilità, attivando politiche più “green” volte a una riduzione e ottimizzazione del consumo di risorse naturali, è per noi di fondamentale importanza. A testimonianza dell’attenzione che il Credito Sportivo riserva a questa tematica c’è il progetto “Impegnati nel Verde”, iniziativa di successo che sosteniamo come sponsor. Impegnati nel verde è il riconoscimento ambientale della Federazione Italiana Golf nato per promuovere lo sviluppo ecosostenibile del golf, sensibilizzando circoli e giocatori sulle tematiche ambientali. L’obiettivo è far conoscere e accompagnare i circuiti golfistici verso la Certificazione Ambientale Internazionale GEO (Golf Environment Organization), un programma riconosciuto dal CIO e dalle maggiori associazioni che operano nel golf. Quest’anno, in occasione del 73mo Open d’Italia, abbiamo avuto il piacere di premiare 10 nuovi circoli, che si aggiungono ai 60 già certificati. Circoli virtuosi di cui siamo fieri, che utilizzano tecnologie, metodologie, progettazioni e gestioni in grado di sviluppare un netto miglioramento della sostenibilità ambientale del percorso e un approccio responsabile nell’utilizzo delle risorse naturali.
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Grazie a tutti i circoli del nostro calendario gare 2016 Asiago Folgaria Biella Le fonti Carimate Marco Simone Castelgandolfo Padova Castelfalfi Petersberg Cast. Tolcinasco Rapallo Cavaglià Verona Chervò S.Vigilio Firenze Ugolino
Questi i golf club italiani che, dal 2008 al 2015, ci hanno aiutato a donare in beneficenza più di 110mila euro:
Acaya, Antognolla, Argentario, Arzaga, Asolo, Bagnaia, Bergamo L’Albenza, Bogliaco, Bogogno, Bologna, Ca' Amata, Ca' della Nave, Cansiglio, Carimate, Castelconturbia, Castelfalfi, Castelgandolfo, Castellarquato, Castelvolturno, Cherasco, Chervò San Vigilio, Cervia, Città di Asti, Donnafugata, Ducato La Rocca, Fioranello, Franciacorta, Golf dei Laghi, Jesolo, La Margherita, Le Pavoniere, Lignano, Marco Simone, Margara, Milano, Modena, Molinetto, Montecchia, Nazionale, Olgiata, Padova, Parco di Roma, Pelagone, Perugia, Pinetina, Poggio dei Medici, Pra delle Torri, Punta Ala, Rapallo, Rivieraresort, Royal Park, Salsomaggiore, San Domenico, Saturnia, Serravalle, Torino, Varese, Venezia, Verdura, Villa Carolina, Villa d'Este, Villa Paradiso
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Una buca dello Sheraton Parco de’ Medici e, sotto, una dell’Olgiata. Accanto, Carlo Scatena (a destra) con Edoardo Caltagirone, presidente di Terre dei Consoli, durante la premiazione della recente prova del Challenge
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Intervista con il presidente del Comitato Regionale, dopo una stagione splendida in campo agonistico. Meno roseo il panorama sul fronte della salute dei circoli, ma l’ottimismo, aspettando la Ryder Cup 2022, non manca…
ARRIVANO I GIOVANI di Roberto Roversi
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ei prossimi anni il Lazio sembra predestinato a diventare il centro del golf italiano. L’arrivo a Roma nel 2022 della Ryder Cup e delle prossime edizioni dell’Open d’Italia (anche se non c’è ancora questa certezza) pongono la regione del Centro Italia sotto i riflettori del mondo golfistico nazionale e non. A “comandare” il golf laziale c’è Carlo Scatena, presidente in scadenza del Comitato Regionale FIG, ma praticamente sicuro della rielezione sulla scorta dei risultati ottenuti sotto con la sua gestione sia a livello di promozione che di attività agonistica. Restando a quest’ultima va registrato che i golfisti laziali quest’anno hanno fatto incetta di titoli e vittorie nazionali in quasi tutte le categorie. Nel Campionato Pallavicino Under 18 a Squadre si sono imposti i ragazzi dell’Olgiata e le ragazze di Castelgandolfo, nel Campionato Nazionale Ragazzi ha vinto la formazione del Marco Simone, mentre in quello Under 14 il successo lo ha conquistato la squadra dell’Acquasanta Roma. A livello individuale, inoltre, c’è stata la vittoria di Niccolò Agugiaro del Golf Nazionale nel Campionato Nazionale Pulcini. Insomma una sorta di dominio che fa ben sperare per il futuro. La ragione di così tanti successi conquistati dai giovani di una sola regione la chiediamo proprio al presidente Scatena. “Sono risultati che arrivano da lontano, da un lavoro iniziato nel 2009 con l’attivazione di numerose iniziative indirizzate verso i giovani come la creazione dell’Academy istituita al Golf Club Parco di Roma. Abbiamo dedicato molte attenzioni e tanta cura ai ragazzi e nel giro di 6/7 anni sono arrivati questi brillanti risultati grazie anche alla collaborazione e al lavoro
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Intervista a Carlo Scatena dei maestri. Faccio presente che circa il 60% del bilancio del comitato regionale viene riservato all’attività dei ragazzi. In più ci danno un aiuto alcuni sponsor che ringraziamo per la loro disponibilità. Nel 2016 il Lazio ha vinto praticamente tutto a livello giovanile. E non dimentichiamo che tra i professionisti che stanno giocando nei vari tour europei ci sono giocatori come Renato Paratore, Andrea Pavan ed Enrico Di Nitto, giusto per fare qualche nome, tutti usciti dai circoli di golf laziali.” A fronte di questi ottimi risultati sportivi qual è, invece, lo stato di salute dei circoli di golf del Lazio in questo momento? “È più o meno lo stesso del golf italiano. C’è una situazione economica di sofferenza generale e questa si riflette su tutte le attività, golf compreso. Inutile nascondere che i circoli stiano vivendo un momento difficile, ma certi indicatori sembrano indurre a un certo ottimismo per il futuro. Posso dire che nel Lazio il trend negativo sembra essersi fermato dopo due anni molto pesanti. Abbiamo perso due campi, l’Arco di Costantino e Rieti, altri club
sono in difficoltà con bilanci chiusi in rosso e non sempre c’è una proprietà disposta a pareggiare i conti di tasca propria. Insomma non è un bel momento, ma confido in una ripresa.” Come si esce da questa situazione? “Non c’è molto da inventare. La ricetta è una sola: creare nuovi giocatori. Un circolo di medie dimensioni non dovrebbe avere meno di 400 soci per arrivare al pareggio di bilancio, ma purtroppo questo obiettivo è ancora piuttosto lontano. Inoltre bisogna fare molta attenzione a quei costi che non possono essere ulteriormente comprimibili nella gestione di un circolo come quelli del personale e della manutenzione. In questo senso una buona idea potrebbe essere quella della creazione di consorzi che raggruppino più circoli per la realizzazione di collaborazioni e sinergie che possano ridurre i costi e attivare un diverso rapporto con le istituzioni. Nel Lazio quattro anni fa abbiamo dato vita al Roma Golf District proprio con questi obiettivi. Tra gli scopi di questa nuova realtà c’è quello di proporsi come punto di
Qui sopra, una panoramica attorno al castello di Marco Simone, campo romano scelto per ospitare la Ryder Cup 2012. Nella pagina accanto, uno scorcio del campo di Castelgandolfo e della sua bella clubhouse.
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37 riferimento del golf locale nei confronti della Regione con l’intento di utilizzare strumenti, sia finanziari che legislativi, che possono essere di aiuto ai circoli e alle loro iniziative, soprattutto quelle legate alla promozione e al turismo. È una strada da percorrere assolutamente.” In generale si è sempre pensato al golf del Lazio come al golf di Roma, dove è presente la maggior parte dei percorsi della regione. Ci sono segnali di espansione anche in altre provincie? “Indubbiamente Roma dispone di tanti campi, molti dei quali di altissimo livello che hanno ospitato in passato eventi internazionali e che si accingono a farlo anche in futuro. È altrettanto vero, però, che nel resto della regione ci siano poche realtà golfistiche. Una di queste è lo storico percorso di Fiuggi nato nel 1928 e che ha sfornato molte generazioni di golfisti. Per cercare di sviluppare maggiormente la diffusione del golf anche in altre provincie abbiamo dato vita a diverse iniziative. Ad esempio è nata una partnership con l’Università di Cassino grazie alla quale è stata istituita una convenzione per la creazione di un corso di golf all’interno della Facoltà di Scienze Motorie. Sempre in ambito universitario non dimentichiamo il campo pratica presente a Tor Vergata, oltre ai recenti accordi stipulati con la Luiss. Un interessante esperimento è anche quello avviato dal Golf Club Archi di Claudio dove gli under 18 possono iscriversi gratuitamente. Questa iniziativa ha già portato oltre 150 nuovi ragazzi. Ci stiamo muovendo in più direzioni per espandere la pratica del golf oltre i confini di Roma e la recente apertura delle nove buche dell’Acquapendente Golf Village, a due passi dal Lago di Bolsena, ne sono un altro esempio.” Quanto potrà influire nello sviluppo del golf nella regione e nell’intero paese un grande evento di rilievo mondiale come la Ryder Cup? “Io sono dell’idea che la Ryder Cup possa dare un grosso contributo allo sdoganamento del golf in Italia. La sola presenza di questo evento, però, da sola non basta. Bisognerà lavorare per creare le condizioni affinché la ricaduta della Ryder Cup sul golf italiano sia le più positiva possibile. Ho grande fiducia nel nuovo consiglio federale e sono convinto che saprà fare le scelte giuste, nonostante i problemi che inevitabilmente sorgeranno. Per quanto riguarda Roma penso che una manifestazione del genere farà conoscere in tutto il mondo i meravigliosi campi da golf che abbiamo in questa città.” In questo contesto quale potrà essere il ruolo dei circoli della regione e della Federazione? “Credo debba essere un ruolo con più compiti. Oltre alla necessità di creare nuovi golfisti, un obiettivo che richiede uno sforzo comune indirizzato verso la promozione del nostro sport, c’è bisogno anche di investire sulle potenzialità turistiche del nostro paese legate al golf. E qui si apre un discorso che deve necessariamente coinvolgere le istituzioni. Per rendere l’Italia un paese ad attrazione golfistica dobbiamo riusci-
re a usare strumenti finanziari e legislativi in grado di portare investimenti sul golf. Penso alla promozione turistica, alle Fiere, alle collaborazioni con tour operator specializzati. Roma poi ha il grande vantaggio di essere un brand turistico senza eguali al mondo. Dobbiamo far sapere all’estero che in questa città e in Italia ci sono campi da golf stupendi. Adesso molti non lo sanno.” Lei si ricandida alla guida del Comitato Regionale del Lazio anche per il prossimo mandato. Cosa intende fare in questo quadriennio? “Sono dell’avviso che i prossimi quattro anni siano molto importanti per tutto il golf italiano per le ragioni che abbiamo prima affrontato. Per quanto riguarda la mia regione voglio proseguire nel segno di quanto abbiamo fatto fino a ora sviluppando ancora di più l’azione di diffusione. Mi piacerebbe, ad esempio, riuscire a utilizzare alcune aree delle periferie romane o dei parchi pubblici per crearvi dei campi pratica, anche per rafforzare il ruolo sociale dello sport, soprattutto nei confronti dei giovani. Diceva Don Giussani che “i giovani sono il sole o la tempesta della vita” e noi dobbiamo insegnare loro ad avere coraggio nel futuro. È necessario percorrere ogni strada che avvicini il maggior numero di persone a questa disciplina sportiva. Solo così possiamo crescere come movimento e come realtà. Un altro dei miei intendimenti sarebbe quello di proporre un cambiamento nella gestione del tesseramento libero attraverso un’idea di cui si è già discusso in passato. Potremmo far convergere tutti i tesserati iscritti con questa modalità presso il Golf Club Nazionale, di proprietà della FIG. In questo modo si potrebbe fare cassa e si farebbe trasparenza nell’attuale mercato del tesseramento libero. Cercherò di raggiungere questo obiettivo, che sarebbe d’aiuto al golf italiano in generale e ai circoli tradizionali in particolare.”
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Il club emiliano è un esempio di associazionismo sportivo che prevede collaborazione tra territorio, operatori e municipalità. In 17 anni i soci sono diventati oltre 800. Ne parla il suo presidente dalla fondazione, che vede al di là dell’agonismo altre opportunità per il futuro del nostro sport
CIRCOLO ‘APERTO’
SUCCESSO GARANTITO
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Ivano Serrantoni - GC Le Fonti di Roberto Zoldan
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n convincente esempio di sinergie culturali, economiche, territoriali. Ovvero quando il golf promuove, in un progetto destinato al successo, larghe intese tra amministratori pubblici, gente perbene che vuole fare sport, albergatori di una comunità con vocazione turistica. Golf Club Le Fonti, nato nel 1999 a Castel San Pietro, a ventidue chilometri da Bologna, lungo la via Emilia. Attorno belle colline premiate dalla natura con una nota fonte termale, territorio ancora ricco di spazi e di verde, vecchi poderi e trattorie di campagna dal menù saporito accanto a raffinati alberghi per fascia alta, come il suggestivo Palazzo di Varignana resort & SPA. Di questa bella avventura ci parla Ivano Serrantoni, 60 anni, architetto, golfista già hcp 2,3, progettista e presidente del circolo dalla sua nascita. Presidente, ci racconti la storia del circolo: origini, soci fondatori, capitali. Alla fondazione contribuì il comune di Castel San Pietro Terme e una Società di imprenditori locali (SEFI s.p.a.), sulla base di un progetto comprendente il campo da golf, la clubhouse e tutta la zona turistico-alberghiera circostante. Il progetto da me redatto in qualità di dirigente comunale portò alla fine alla donazione di tutto l’impianto alla municipalità. Un’idea vincente e generosa. Quando in un sogno ci sono lealtà, interessi chiari e spirito di collaborazione si realizzano sempre grandi cose. Fu un’operazione unica nel suo genere in Italia: faceva coincidere gli interessi pubblici e quelli privati dell’intera comunità, dotandola di una struttura destinata al successo, sia sotto il profilo sportivo che per la promozione del territorio. Quali i vantaggi e gli obiettivi? Promuovere lo sport del golf tra il maggior numero possibile di persone, con un rapporto costi-benefici per l’utenza assolutamente concorrenziale, oltre a operare come punto di eccellenza della promozione turistica. Qui si viene per rigenerare il corpo e lo spirito, giocare sulle nostre 18 buche, ‘’passare le acque’’ alle terme e godere della rinomata eno-gastronomia vicina alla dotta e grassa Bologna, come si sa ricca anche di offerte culturali. L’Associazione sportiva costituitasi nel febbraio 1999 con 22 soci fondatori adottò una filosofia gestionale aperta al territorio con eventi nazionali e internazionali, diffusione capillare del golf (nei primi sei mesi di vita, nel 1999, si associarono 250 giocatori in massima parte neofiti). Sempre in ottimo rapporto con gli sponsor/partner che vedono questo sport come veicolo di valorizzazione delle proprie attività, anche a livello locale. Il club organizza anche eventi non golfistici che stimolano interessi paralleli alla pratica sportiva e che consentono una fruizione degli impianti a 360 gradi. Insomma, al GC Le Fonti si respira un clima di dinamicità, ottima ospitalità e, soprattutto, si incontra il piacere di vivere, il motto che ci guida.
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Ospitalità agonistica, tornei e attività sportive del GC Le Fonti. Il mix di motivazioni di cui ho parlato sopra ha consentito l’organizzazione, in dieci anni, di due eventi del Ladies European Tour (LET), tre gare dell’Alps Tour e, nel 2016, del Campionato nazionale Open, il Race to the italian Open dell’US Kids e il Trofeo nazionale giovanile maschile Pallavicino. Un’attività intensa che, se assistita da un’adeguata visibilità mediatica, ritengo ci consentirà di allargare gli orizzonti del golf a un numero sempre maggiore di praticanti, in coerenza con gli obiettivi federali per la Ryder Cup 2022. Ci parli delle innovazioni nelle strutture e nella cura del manto erboso. Per accrescere la giocabilità del percorso e la qualità delle prestazioni abbinata a risparmi economici significativi, i fairway sono stati completamente ricostruiti in macroterme (bermuda Patriot) nel 2013 e 2014, con eccellenti risultati al fine di giocarci per tutto l’anno, ottenendo anche risparmi nei consumi idrici di oltre il 50%. Un vanto per il nostro circolo: in occasione dell’Open d’Italia abbiamo avuto il riconoscimento ambientale e siamo stati inseriti tra gli Impegnati nel verde. I soci e il territorio. Castel San Pietro Terme, la calda schiettezza e la semplicità dello stile di vita emiliano nelle relazioni sociali e umane. Degli attuali 800 soci, la maggior parte è nata golfisticamente sul nostro campo ed è residente nel raggio di 30/35 chilometri. Poche le conflittualità, frequenti come si sa in tutte le aggregazioni umane e sportive: qui si preferisce risolverle a tavola,
A sinistra la clubhouse del circolo di Castel San Pietro Terme e qui sopra Ivano Serrantoni con il presidente FIG, Franco Chimenti.
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Ivano Serrantoni (al centro) insieme a un gruppo di giovani e giovanissimi al Golf Club Le Fonti, durante un importante appuntamento agonistico. A destra, un bello scorcio del circolo in provincia di Bologna. davanti a un bicchiere di Sangiovese. I player sono stati sensibilizzati sui corretti comportamenti indispensabili all’interno di un buon circolo, con motivazioni fondate sul concetto cardine per cui la libertà del singolo è ammessa finché non lede quella altrui: un elemento di convivenza condiviso da tutti. Vogliamo nuovi soci? Vogliamo portare l’attività golfistica in Italia più vicina a quella della media europea? Si sappia che il nostro circolo è stato il primo a ideare corsi collettivi al costo di 99 euro (li chiamiamo così, Corsi dei 99 euro, ora adottati anche dalla Federazione). Offriamo gratuitamente ferri e palline e, soprattutto, garantiamo la frequentazione gratuita del club per diversi mesi. In quindici anni di Corsi dei 99 euro abbiamo avviato al golf circa 4 mila neofiti. La maggioranza è rimasta, divisa su più percorsi nella regione. È nota la vostra iniziativa per attutire le inquietudini di chi soffre di neoplasie. Abbiamo promosso un Corso dei 99 euro gratuito a una decina di persone affette da patologie tumorali. L’idea è nata dalla potenzialità intrinseca del golf di spegnere i pensieri negativi. Concentrati sulla pallina, si pensa all’armonia del colpo e non alla disarmonia del corpo. I riscontri sono stati eccellenti. Il player sessantenne Sergio Trentini ha testimoniato: ‘’Ho trovato una nuova serena dimensione interiore che mi accompagna ogni giorno quando gioco a golf. In quelle ore non penso più alla mia malattia. Si può dire che il golf è uno sport di distrazione di massa con benefici incredibili sul piano fisico ed emozionale’’.
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Come avete tenuto testa alla crisi degli ultimi anni? Soprattutto favorendo il piacere della frequentazione. Anche al di là del gioco. È stata una scelta determinante per stimolare a nuove amicizie e alimentare la vita di circolo: un elemento fondamentale per poi consolidare la voglia di frequentarlo. Un circolo è vivo se lo si ama e lo si ama se vi si passano ore liete. Quindi, l’acquisizione di nuovi soci provenienti da iniziative anche extragolfistiche, il miglioramento del percorso, la realizzazione di nuovi servizi in un rapporto costi-benefici vantaggioso, sono stati le chiavi di volta per attenuare gli effetti della crisi. E ce l’abbiamo fatta. La politica federale, il golf in Italia e sul territorio: dica la sua. Guardiamo tutti alla Ryder Cup 2022, non perché l’evento possa essere di per sé la panacea per tutti i mali del golf italiano, ma perché l’evento è simbolo di un traguardo per tutti coloro che operano ai vari livelli. Per rendere il golf popolare e per crearne un’immagine tutta positiva. La parola golf evoca ancora pregiudizi di classe sociale o snobismo (esistono ancora) che devono essere annullati. Il discorso sarebbe lungo e, spesso, si è portati a scaricare le responsabilità dello scarso numero di golfisti in Italia su altri, in particolare sulla politica della Federazione. Credo invece che prima di domandarci che cosa devono fare gli altri per noi, dobbiamo sempre chiederci che cosa abbiamo fatto noi per il ‘’bene comune’’ del nostro sport.
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Ivano Serrantoni - GC Le Fonti Sento spesso dire che la Federazione dovrebbe aiutarci, dare contributi ai circoli, ecc. Ma quanti soldi si dovrebbero dare ai 300 circoli italiani affinché le cifre diventino significative? Diversi milioni di euro. A qual fine? Non credo sia sensato fare affermazioni di questo tipo. Credo invece che ogni soggetto abbia un proprio ambito operativo. I circoli devono contrarre le spese e aumentare le entrate con iniziative di reclutamento calibrate in rapporto al target sociale di riferimento. La Federazione e i Comitati regionali dovrebbero dialogare con i territori di appartenenza. Anche attraverso il CONI, a mio giudizio, la Fig dovrebbe occuparsi delle opportunità che nascono a livello politico istituzionale nazionale e regionale. In particolare il suo lavoro potrebbe essere di grande aiuto per modificare la percezione generalizzata del golf che si ha in Italia, per attivare nuove politiche sportive nella scuola, per i giovani e gli anziani, e in genere favorire l’accessibilità a questo grande e nobile gioco che, non scordiamoci, è il più praticato al mondo. Il golf interessa soltanto a una minoranza che, pur quasi tutta praticante, viene ignorata dalla comunicazione sportiva. Non si parla di golf in tv pubblica né sui giornali. All’Open d’Italia, visto in tv nel mondo da centinaia di milioni di appassionati, soltanto qualche quotidiano dedica al massimo venti righe. Potremmo coinvolgere i media sportivi con una specie di pubblicità progresso che metta in luce valori, costi e benefici per la qualità della vita garantiti da questo sport col motto “Gioca
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a golf, vivrai meglio”. E se inizi… sarà per sempre! Diffondiamo il golf come veicolo di promozione turistica. Sarebbe bene creare le condizioni affinché i principali distretti turistici (l’Italia ha un patrimonio unico al mondo) siano incentivati a dotarsi di nuovi campi in rete fra loro. Per farlo serve anche una politica di semplificazione urbanistica e amministrativa, capace di compendiare l’interesse pubblico e le necessità del privato, com’è avvenuto per il nostro impianto. Infine auspicherei una maggiore dialettica e un controllo costruttivo della Fig e dei Comitati regionali sui circoli, attraverso la creazione di un possibile Osservatorio nazionale. Potrebbe monitorare le politiche e le promozioni di successo che i vari circoli hanno messo in campo rivolgendosi ai loro specifici target e le mission associative che hanno avuto buon fine. Un organismo simile darebbe una mano a raggiungere gli agognati obiettivi nazionali ipotizzati dalla cassa di risonanza che offrirà la Ryder Cup, come i 300 mila possibili tesserati. L’Osservatorio potrebbe poi verificare la vitalità e l’efficacia dei campi pratica quali fucine di neofiti, e non come elementi promotori di conflitto fra circoli. Avere una limpida visione nazionale e regionale dello sviluppo golfistico darebbe forza alle potenzialità ancora inespresse. Davvero 300 mila tesserati in Italia all’arrivo della Ryder sono un traguardo troppo ambizioso? Non penso. Se ci diamo tutti da fare li metteremo insieme. Non si può aspettare ancora: io allo sviluppo del golf in Italia, terra di sole e di vacanze per milioni di golfisti nordeuropei, credo davvero.
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ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO Impegnati nel Verde e GEO
Dodici con lode
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Appuntamento durante l’Open d’Italia per la consegna dei riconoscimenti che la Federgolf e gli enti preposti assegnano ai circoli più virtuosi d’Italia. La cerimonia si è svolta al Golf Club Milano, nell’area di ICS
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ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO Impegnati nel Verde e GEO 1
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Nelle foto, ecco sei dei dodici circoli premiati da Paolo D’Alessio e Toni Bozzi nella cerimonia Federgolf e ICS all’Open d’Italia: 1) Montecchia (GEO), 2) Is Molas, 3) Asolo, 4) Sanremo 5) Florinas 6) Le Fonti. Gli altri club erano Brolo Bassano, Cavaglià, Firenze Ugolino, Menaggio & Cadenabbia, La Pinetina (GEO) e Pustertal.
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a Federazione Italiana Golf, insieme all’Istituto per il Credito Sportivo, ha rinnovato anche quest’anno il progetto “Impegnati nel Verde” con la consegna dell’importante riconoscimento ambientale. Con questi nuovi 10 circoli certificati, il numero di circoli virtuosi arriva a 70. Novità di quest’anno l’istituzione della categoria Cultural Heritage che vuole mettere in evidenza il ruolo importante che svolgono i percorsi di golf nel preservare e valorizzare un’importante parte del patrimonio storico e artistico italiano. Menzione particolare per il rinnovo della certificazione GEO per il Golf della Montecchia e per La Pinetina. I premi sono stati consegnati dal Vice Presidente Federale Antonio Bozzi, dal Segretario Generale, Stefano Manca, e dal Commissario del Credito Sportivo, Paolo D’Alessio. L’Istituto per il Credito Sportivo da diversi anni sostiene progetti di importante valorizzazione ambientale legati al golf, come anche l’iniziativa Biogolf sostenuta anche da Legambiente, Federparchi e Fondazione Univerde.
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L’elenco dei circoli premiati con la relativa categoria Is Molas (Biodiversità) Asolo (Paesaggio) Brolo Bassano (Paesaggio) Firenze Ugolino (Paesaggio) Menaggio (Cultural Heritage) Sanremo (Cultural Heritage) Cavaglià (Energia) Pustertal (Energia) Florinas (Acqua) Le Fonti (Acqua)
Rinnovo Certificazione Geo Golf della Montecchia La Pinetina
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SUPERINTENDENT E GREENKEEPER
Montecchia, un esempio da ricordare
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Siamo un’unica, grande squadra Il lavoro in campo è sempre sottoposto ai voleri del meteo. E mesi di impegno rischiano di saltare per motivi imprevedibili. Ma proprio in queste difficoltà l’aiuto di colleghi e amici può salvare la situazione di Alessandro De Luca
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uando il Golf della Montecchia ha ospitato quest’anno il “Montecchia Open by Lyonness”, gara del Challenge European Tour, i lavori di preparazione del campo, come sempre avviene in occasione di questi eventi, erano stati avviati da mesi. Grazie ad un’attenta programmazione erano state fissate in anticipo le date delle carotature e delle altre coltivazioni, erano stati redatti specifici piani di fertilizzazione e di topdressing come anche erano state stabilite altezze e frequenze di taglio delle diverse superfici. Questo tipo di gara rappresenta un’importante opportunità per far conoscere e mettere in mostra il tracciato e quindi era stata riservata un’attenzione particolare anche ai dettagli: potatura e pulizia di aiuole, siepi e alberi, sistemazione delle stradine e della segnaletica ed altri lavori di rifinitura generale. Alla vigilia della gara tutto era pronto con campo in eccellenti condizioni. Ma come spesso accade in queste occasioni, l’imprevisto era dietro l’angolo. In questo caso in realtà si è trattato di un imprevisto che da sempre fa parte di ogni evento che si svolge all’aperto: il maltempo. Le previsioni meteo già dalla settimana precedente non erano state incoraggianti ed il giorno della Pro Am avevamo avuto un assaggio: pioggia battente tutto il giorno. Il campo aveva però tenuto molto bene e con grande ottimismo, che non deve mancare mai a chi fa questo mestiere, eravamo pronti ad affrontare il primo giorno di gara. Alle 5 di mattina tutto
era predisposto per il set up del percorso: taglio e rullatura dei green, rastrellatura dei bunker, cambio buche. Neanche il tempo di uscire con le macchine ed ecco che un prepotente, intenso temporale preceduto da una lunga serie di tuoni e fulmini si è abbattuto su Montecchia. Uno scroscio, una massa d’acqua di circa 38 mm caduta in poco meno di un’ora e mezza. Con buona pace dei meteorologi, che non amano molto questa definizione, ma che rende però molto bene l’idea, una vera e propria “bomba d’acqua”. Tutta la zona allagata e fossi di scolo del Consorzio di Bonifica esterni al percorso di golf colmi, con drenaggi senza via di sfogo. Bilancio: un’ampia zona della buca 1 allagata e buona parte dei circa 60 bunker trasformati in piccoli laghi. Con il lavoro di settimane e settimane “bruciato” in una manciata di minuti… Ma “the show must to go on”. I Referee dell’European Tour però categorici: “fintanto che i bunker non saranno completamente liberati dall’acqua e la buca 1 non sarà sgrondata, la gara non potrà iniziare”. Pur disponendo di 11 uomini, le due pompe a disposizione non erano sufficienti a far fronte ad un evento così eccezionale e liberare in poco tempo il campo e soprattutto i bunker dall’acqua. Ed è stato proprio in quel momento che mi sono passate davanti delle immagini, delle situazioni già viste negli Stati Uniti, in circostanze più o meno simili: greenkeeper e superintendent dei campi limitrofi che contribuivano alla sistemazione del percorso che ospitava un grande evento. Erano tutti animati da grande spirito di gruppo, di appartenenza, nella convinzione che il successo della mani-
festazione di fronte ad una tale calamità è anche un successo della categoria, oltre che una vittoria per la comunità locale e per il golf. Telefono alla mano, ho quindi fatto appello ai greenkeeper dei campi più vicini: Luca Bressanin del Golf Terme di Galzignano, Luca Bernardi del Golf Frassanelle, Stefano Contarin del Golf Padova. Nel giro di 30 minuti sono arrivati tutti, in forze ed armati di stivali, pompe e grande voglia di fare. E si è materializzato un desiderio, o meglio uno degli obiettivi che mi ero prefissato il giorno che ebbi l’onore di entrare a far parte della Sezione Tappeti Erbosi della FIG: vedere persone accumunate dagli stessi interessi e dalle stesse passioni lavorare come una unica squadra, un solo gruppo che con spirito corporativo si adopera con professionalità per raggiungere gli stessi scopi. Nei giorni successivi, nonostante il maltempo che mai ci ha abbandonato, la gara è stata felicemente portata a termine. Oltre all’inglese Gary King, che si è aggiudicato il torneo, gli altri vincitori dell’evento sono stati sicuramente i ragazzi di Montecchia ed i colleghi dei campi vicini. Un paio di anni fa, in occasione dell’alluvione che aveva colpito il Piemonte, avevamo assistito a qualcosa di simile al Golf Colline del Gavi e questa è stata un’ulteriore dimostrazione che i superintendent ed i greenkeeper d’Italia sono già preparati: in vista della Ryder Cup 2022 ci aspetta una grande sfida, che solo facendo sistema tra tutti potrà essere superata con profitto. Niente più competizione tra Circoli quindi, esclusa ovviamente una sana rivalità sportiva!
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GOLF E DIRITTO L’angolo giuridico
PRESENTE E FUTURO DELLE NORME ANTIRICICLAGGIO Novità in vista per le Associazioni: riconoscimento immediato e oggettivo della personalità giuridica dell’ente, l’applicazione di regole societarie con obbligo di presentazione del bilancio e la responsabilità degli amministratori in relazione all’indebitamento della società di Alfredo Tosca*
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on “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”, di cui si fa preciso riferimento nella legge 06/06/2016 n. 106, viene previsto tra gli altri il futuro delle norme sulle associazioni ed il presente delle norme antiriciclaggio sempre riguardanti le associazioni. In base a tale legge verranno emanati alcuni decreti legislativi attraverso i quali, entro 12 mesi, si andrà a modificare il codice civile, sulla parte in cui prevede le regole generali per le associazioni (riconosciute e non), per le fondazioni e per i comitati. Qui di seguito, vi presentiamo un cenno sulle principali novità che riguarderanno in modo diretto il settore delle associazioni: 1) Il riconoscimento. Le associazioni vanno distinte fra riconosciute e non riconosciute; le prime godono di autonomia patrimoniale dell’ente e delle obbligazioni contratte risponde solo l’associazione con il suo patrimonio, mentre rimangono estranei i patrimoni dei singoli partecipanti. Per le seconde, invece, sussiste un regime di autonomia patrimoniale imperfetta, ove accan-
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to alla responsabilità patrimoniale dell’ente è prevista anche quella personale e solidale delle persone fisiche che hanno agito in nome e per conto dello stesso. Il riconoscimento della personalità giuridica cambierà e il sistema “concessorio” in futuro sarà sostituito dal sistema “normativo”, che dovrebbe rendere maggiormente legato a dati oggettivi (di statuto e patrimonio) il riconoscimento ed accorciare notevol-
mente i tempi dello stesso. Il tutto potrebbe inoltre essere demandato al notaio incaricato di redigere l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente. 2) La responsabilità degli amministratori resterà differenziata fra enti riconosciuti e non, e, nel caso in cui l’ente eserciti attività di impresa, sarà assimilata a quella degli amministratori delle società di persone e di capitali. Nel definire la stessa, tuttavia, si terrà conto oltre che dei principi di corretta gestione “anche” del rapporto fra il patrimonio netto ed il complessivo indebitamento concetto, peraltro, non legiferato per le normali società. Ciò vuol dire che gli amministratori che generino un indebitamento superiore rispetto a determinate percentuali del patrimonio dell’associazione potranno essere ritenuti responsabili del bilancio in passivo. 3) La presentazione del bilancio. È inoltre importante notare che la delega suddetta prevede forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente. Ciò avverrà, probabilmente, attraverso la presentazione dei bilanci presso il registro unico del terzo settore, nonché anche tramite la pubblica-
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a cura del Centro Studi Diritto Sport mail: info@csdirsport.com
zione nel sito internet istituzionale dell’ente. 4) Enti che esercitano attività d’impresa: per le associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente e prevalentemente attività di impresa si applicheranno le norme in tema di società previste dal codice civile, purché compatibili e coerenti con i regimi contabili e semplificati propri del terzo settore. 5) Assemblee. Verranno previste norme che assicurino il rispetto dei diritti di informazione degli associati per cui anche l’assemblea annuale sarà probabilmente assoggettata ad obblighi di pubblicazione. Anche le deleghe saranno probabilmente limitate in funzione di tutela della reale democraticità dell’ente. Nell’ambito delle future maggiori responsabilità prevedibili per gli organi amministrativi delle associazioni
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ci sono da evidenziare le norme sulla tracciabilità dei pagamenti. La normativa sulla tracciabilità dei pagamenti prevede che i pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche e i versamenti da questi effettuati devono essere eseguiti, qualora di importo superiore ai noti limiti di legge vigenti, tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati, ovvero secondo altra modalità idonea a consentire all’Amministrazione Finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, tenendo presente che “pagamenti e versamenti” riguardano tutto quanto faccia riferimeno alla attività istituzionale, comprese le quote associative. Le norme suddette vanno inoltre riferite sia alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche sia alla generalità delle associazioni senza scopo di lucro, sottolineando che la normativa sulla tracciabilità dei pagamenti è al momento uno dei pochi strumenti validi che il Fisco ha per poter con-
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trollare i movimenti finanziari di questi enti. I versamenti ovvero le erogazioni liberali a favore degli stessi, i contributi a qualsiasi titolo concessi, le quote associative, i proventi che non concorrano a formare il reddito imponibile, quindi, possono essere eseguiti, oltre che tramite i conti correnti, anche mediante carte di credito o bancomat secondo modalità idonee a consentire all’Amministrazione Finanziaria lo svolgimento o comunque dei controlli. Analoghe modalità devono essere utilizzate per l’effettuazione dei pagamenti a favore degli stessi enti. In caso di inosservanza delle suddette disposizioni concernenti la tracciabilità dei pagamenti, è prevista la decadenza delle agevolazioni di cui alla L. n-391/1991 e l’applicazione di sanzioni. *) avvocato ed ex presidente di Temi, Associazione Avvocati, Magistrati e Notai Golfisti
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IRRIGAZIONE
Monticello
Via al nuovo impianto Rifacimento totale della distribuzione idrica, con un progetto all’avanguardia affidato ad Acquafert Green
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l Golf Club Monticello è uno dei campi italiani più noti e dispone di 36 splendide buche. A quarant’anni dalla sua apertura, Acquafert Green è stata chiamata a migliorare e ammodernare l’impianto di irrigazione ormai superato. Le ultime estati al Golf Club Monticello sono state difficili: ogni settimana c’era un nuovo guasto all’impianto di irrigazione, a cui seguivano interventi tecnici, disagi per i soci e sofferenza al manto erboso. Dopo una lunga valutazione, il Consiglio ha affidato il rinnovo dell’impianto ad Acquafert Green, azienda specializzata nell’irrigazione di campi da gioco e giardini. Il progetto scelto è implementabile nel tempo e prevede una profonda revisione del sistema. I lavori si svolgeranno in tre anni, coinvolgendo circa 12 buche per fase. Gli interventi della prima fase sono par-
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titi ad ottobre e si concluderanno a primavera 2017. La priorità è stata il rinnovo della stazione di sollevamento dell’acqua del lago verso la stazione di pompaggio e il rifacimento integrale di quest’ultima, per scongiurare un blocco all’approvvigionamento idrico. Saranno inserite cinque elettropompe ad asse verticale, di cui una in scorta attiva, nuovi quadri elettrici e cinque inverter per garantire il risparmio energetico. Acquafert Green costruirà ex novo una stazione di filtrazione automatica che consentirà di erogare acqua pulita, priva di residui e impurità. In questo modo si allunga la vita dell’impianto e si evitano interventi di disostruzione degli irrigatori. Il nuovo progetto preserva la salute e l’uniformità del verde con irrigatori a comando singolo e portata differente, calcolata sui
reali bisogni di ciascuna porzione del terreno. Non si avranno più, dunque, aree sovrairrigate adiacenti ad altre siccitose. Gli addetti al campo governeranno il sistema da remoto con tablet e pc. Il software li aggiornerà puntualmente sui cicli irrigui e sui fabbisogni di ciascuna zona. Eliminate le ormai fragili condutture in ferro e pvc, interrate a metri dalla superficie, si è optato per la facilità d’accesso e la precisione con materiali ad elevata tenuta e resistenza all’usura. L’investimento iniziale sarà ripagato nel tempo da un sensibile risparmio idrico ed energetico, dalla riduzione degli interventi di manutenzione ordinaria e dalla fine della manutenzione straordinaria. Le fasi dell’intervento Acquafert Green a Monticello saranno visibili sul sito www. acquafertgreen.it.
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ROTTA VINCENTE
L’Italia non è pronta per la nascita di golf del tutto privati ma le giuste scelte, e investimenti mirati, possono far passare un circolo da situazioni fallimentari al ritrovato successo
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Gianluigi Orecchioni - Bogogno
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Nelle foto, lo splendido panorama che si gode dalle buche di Bogogno e Gianluigi Orecchioni, club manager del circolo piemontese, con trascorse esperienze a Villa d’Este.
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Gianluigi Orecchioni - Bogogno di Andrea Ronchi
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utti gli appassionati ricorderanno quando, qualche anno fa, si diffuse la notizia del fallimento del Circolo Golf Bogogno. Uno dei club più prestigiosi e con due splendidi percorsi ha seriamente rischiato di chiudere i battenti definitivamente ed è stato salvato da una nuova proprietà che ha segnato una nuova rotta. Inizialmente si era pensato a un circolo privato salvo poi indirizzarsi per un più saggio “semi private golf course” dopo essersi resi conto che non si sarebbe potuto proseguire solo con i soci. Come mai? «La scelta è stata dettata per poter dare a coloro che hanno creduto nella ripartenza, e che vivono all’interno del circolo, un alto livello qualitativo dei servizi. Abbiamo circa 400 soci e per mantenere l’eccellenza è necessario avere un monte ricavi elevato, facendo entrare denaro da fonti esterne». Chi ci risponde è Gianluigi Orecchioni, General Manager del Bogogno Golf Resort. Com’è ripartito il progetto? «La nuova società ha deciso di dedicare molta attenzione alla manutenzione del campo. Sono stati acquistati macchinari ad altissimo livello tecnologico. Siamo i primi in Italia ad adottare il programma My Turf di Toro, che dice tutto di ciascuna macchina. Da quanto gira per il campo a quanto impiega per gli spostamenti individuando anche le differenze dei diversi punti trattati. È stato rifatto l’impianto d’irrigazione e anche tutte le stradine del Conte che, anche con pioggia, permettono a soci e turisti di giocare».
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Abbiamo provato il campo recentemente e possiamo confermare che si tratta di uno dei manti erbosi più belli d’Italia. Però non vi siete fermati agli investimenti sul campo. «Certamente no. Abbiamo completato la struttura ricettiva rendendola operativa a partire dall’ aprile 2014. L’albergo è diventato il core business principale. Stiamo vendendo bene. Il 2016 ha avuto il 69% di occupazione e abbiamo già prenotazioni per quasi 4.400 stanze per il 2017. Ora ampliamo la SPA e il fitness facendo un ulteriore salto di qualità e sperando di allungare anche la stagione». I soci come hanno accolto tutte queste novità, con le relative presenze? «I soci possono godere di due percorsi bellissimi, Bonora e Del Conte. Quando c’è attività tutti ne beneficiano. Gli esterni sono ben accetti e il rapporto va benissimo. Il campo è al centro di tutto, coperto da manutenzione 7 giorni su 7. Di fatto non è mai lasciato solo». Quali strategie avete seguito? «Sono stati investiti parecchi soldi in attività di marketing. Partecipo personalmente a tutte le fiere da gennaio ad aprile. Siamo vicini a Malpensa ma i collegamenti aerei da soli non bastano. Siamo nel consorzio del Lago Maggiore con numerose iniziative alle quali ne affianchiamo altre individuali, come la co-sponsorizzazione di gare all’estero, per farci conoscere». Zoomiamo indietro e guardiamo la situazione italiana:
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53 lei è stato prima a Villa d’Este e ora a Bogogno. Ritiene non sia possibile creare un circolo privato in Italia? «Penso proprio di no. In Italia non abbiamo la mentalità giusta e la clientela stessa non cerca questo tipo di prodotto. Esistono circoli così negli Stati Uniti e qualcosa nel Regno Unito, ma niente di più. Da noi lo sta facendo Ferragamo in Toscana, ma con grande difficoltà». Per contro, i tempi potrebbero essere maturi per il pay and play? «Secondo me siamo già partiti in questa direzione con le varie tessere e abbonamenti. Probabilmente non è la migliore strada ma si va verso questa direzione. Il golfista non è più disposto a pagare cifre esorbitanti per giocare a golf. Il golf è un’azienda e deve seguire le leggi del mercato che ti dice se hai fatto bene o no. Bisogna perseguire il modello americano dove gli investimenti sono mirati al campo e alla manutenzione. Clubhouse ridotte, anche un po’ spartane, con una piccola area per mangiare. Tanti club devono ridimensionarsi per ripartire da lì con il piede giusto. Sale fumatori, carte, lettura, piscina costano molto in tasse e manutenzione». Quindi circoli più aperti e con costi minori, a fianco di club prestigiosi con strutture ideali per accogliere i turisti. Quali sono i numeri e la tipologia di visitatori? «Siamo arrivati a più di 20mila green fee ponendoci tra i primi circoli in Italia. Noi vendiamo pacchetti con la possibilità di giocare anche a Castelconturbia. Mediamente i turisti si fermano dai quattro ai sette giorni e sono gruppi di amici formati
da coppie che giocano a golf. Noi organizziamo tutto, dall’accoglienza ai transfer, ma anche serate enogastronomiche, wine testing sia all’interno che all’esterno del club, alla Cascina Canova, e cene a tema». Il prossimo anno Bogogno completerà l’ampliamento della sua bella struttura ricettiva, passando da 32 a 56 stanze e diventando uno dei più importanti resort italiani. Sebbene si tratti di un esempio difficilmente replicabile nei circoli italiani, un messaggio può accomunare tutti: mettere al centro del progetto, qualsiasi esso sia, la manutenzione del campo. Meglio un percorso perfetto con una clubhouse vecchiotta che una struttura perfetta circondata da fairway bruciati.
A sinistra la grande clubhouse di Bogogno e qui sopra una bella buca del circolo, che ne conta 36 distribuite fra i percorsi Bonora e Del Conte. Sullo sfondo, il Monte Rosa. In alto Gianluigi Orecchioni, direttore del club.
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QUESTIONE DI TURF
Prospettive per il 2017: accanto ad altri sport, a cominciare dal calcio, il golf dovrà affrontare la scelta fra la ricerca di una moratoria sui divieti e l’uso illegale di prodotti fitosanitari. Oppure esiste una terza via?
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di Paolo Croce
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e recenti normative europee in materia di prodotti fitosanitari, così come sono state recepite dal PAN (Piano di Azione Nazionale) ed in subordine dal PAR (Piano di Azione Regionale) per la Regione Lombardia, dovranno giocoforza severamente influire sulle tecniche manutentive adottate sui tappeti erbosi ad uso sportivo. Tra tutti gli sport che fanno dell’erba il loro proscenio agonistico e tra i principali possiamo citare il calcio, l’ippica, il golf, il baseball, il rugby e l’atletica, proprio il primo, lo sport nazionale per eccellenza, dovrebbe in teoria subire contraccolpi devastanti e di forte rilevanza mediatica. Non si scopre infatti certo adesso che una buona maggioranza di campi di Serie A e B, sottoposti in genere a intenso logorio d’uso e altrettanto forte pressione del mondo che gli gira intorno (tecnici, giocatori, pubblico, telespettatori, giornalisti, ecc), fanno un impiego estremamente massiccio di prodotti fitosanitari, per lo più usati in forma preventiva. In pratica somministrati a prescindere dalla presenza o meno di patogeni. Tra questi prodotti, di grande uso sono i fungicidi, in misura assai minore gli insetticidi e in misura occasionale i diserbanti. La ragione principale del massiccio utilizzo di prodotti fungicidi nei campi di calcio professionistico risiede nella combinazione di una serie di fattori (intensità del logorio, qualità dei substrati e delle tecnologie costruttive, condizioni climatiche all’interno degli stadi, know how dei manutentori e consulenti) che rendono il tappeto erboso perennemente in stato di stress, costantemente influenzato nei processi metabolici e quasi sempre fortemente sollecitato da utenti e media in termini di aspettative qualitative. Tali stress sono poi la principale via di accesso a buona parte delle malattie fungine che,
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di una pianta indebolita e a ridotta attività metabolica, fanno facile terreno di conquista. Con queste premesse dovremo aspettarci nei prossimi mesi ed anni una totale rivoluzione delle tecniche costruttive e manutentive dei tappeti erbosi di tali impianti, al fine di introdurre soluzioni concrete e non estemporanee volte a salvaguardare la salute dell’erba e di conseguenza dei suoi utenti, nonché la qualità di gioco. Se ciò non dovesse accadere due sole le possibili spiegazioni: una moratoria sul divieto nell’uso dei prodotti fitosanitari per gli impianti calcistici che ne permetta l’uso, magari con una limitazione negli impieghi e con un maggiore rispetto delle dosi, oppure la classica soluzione all’italiana ovvero il si fa, ma non si dice, in pratica un uso illegale di tali prodotti. L’ introduzione calcistica era doverosa per inquadrare al meglio il problema che ci troviamo di fronte anche noi “golfisti”; perché se è vero che il golf rispetto a tutti gli altri sport che fanno uso di tappeto erboso è certamente quello più ambientalmente virtuoso, più tecnologicamente preparato e, in un certo senso, più pronto alle innovazioni e ai cambiamenti di metodologie, dall’altro occorre ricordare che, sul piano della qualità assoluta, le aspettative sono assai superiori rispetto al calcio e agli altri sport e che senza l’ausilio dei prodotti fitosanitari potrebbe non essere scontato il mantenimento dell’attuale livello qualitativo dei nostri turf. La domanda a questo punto è d’obbligo: dovrà anche il golf affrontare la scelta tra la ricerca di una moratoria sui divieti e l’uso illegale dei prodotti, oppure può esserci una terza via che possa rispondere alle normative di legge senza per questo rinunciare più di tanto alle aspettative qualitative degli utenti? Analizziamo più nel dettaglio questi aspetti e cerchiamo di capire insieme quali prospettive, a partire dal 2017, potremo trovarci di fronte.
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Nuove norme per la manutenzione MORATORIA SUI DIVIETI È certamente la soluzione più indolore, che lascia le cose come stanno e che potrebbe anche non essere impossibile da raggiungere qualora il mondo del calcio decidesse di percorrere questa strada. Si potrebbe infatti fare pressioni sulle Autorità competenti perché non vi siano sperequazioni a livello di sport, in modo che ciò che fosse eventualmente concesso al calcio possa per estensione naturale venire permesso anche agli altri sport, magari introducendo ulteriori limitazioni di impieghi e controllo delle dosi rispetto allo sport nazionale. Però lo dichiaro apertamente: è una prospettiva che non mi piace. Quando nel 1994 la sostenibilità ambientale era una parola astratta non contemplata dai dizionari, ed il glifosate era considerato: “... pericoloso quanto uno shampoo antiforfora...” (testuale, da un intervento di una azienda alla Scuola Nazionale di Golf) entrai a far parte dell’Ecology Unit dell’E.G.A. (European Golf Association) e da allora le problematiche legate all’ambiente e la ricerca delle loro soluzioni non mi hanno più abbandonato. Proprio noi “golfisti”, che abbiamo lanciato il gruppo
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di lavoro Golf e Ambiente (1996), Impegnati nel Verde (2000), Golf Environment Organisation (2005), BioGolf (2014) e Compact Biogolf (2016), non possiamo scendere al livello calcistico, popolato di tecnologie spesso obsolete e di tecnici sovente di dubbia preparazione, con il dichiarato obiettivo di puntare sul seguito e l’appeal che il calcio possiede a livello nazionale, per ammorbidire le normative ambientali che l’Europa ci impone. Naturalmente, poiché il mio parere personale conta meno di zero ed il seguito di stima da parte del mondo del golf nei miei confronti non è molto superiore, ci sta che questa possa essere una possibile strada da intraprendere e perseguire anche se gli esiti positivi sono ovviamente tutti aleatori e assai incerti.
USO ILLEGALE DEI PRODOTTI Per il calcio sarebbe la classica soluzione all’italiana in cui tutti, istituzioni, società sportive, tecnici, utenti e magari anche pubblico sugli spalti ed in televisione, vestirebbero la tunica dell’ipocrisia. Gli aspetti formali sarebbero risolti: i prodotti sono vietati e non si possono distribuire sul tappeto erboso. Quelli pratici anche:
In queste pagine, due immagini “siciliane”: a sinistra l’irrigazione di un green su uno dei percorsi di Verdura (Agrigento) e qui sopra la bella natura che avvolge le buche di Donnafugata (Ragusa).
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58 i prodotti si continuano a distribuire in quanto si chiude un occhio o magari tutt’e due. Potremmo mai fermare in Italia il gioco del calcio o quantomeno praticarlo in condizioni di scarsa qualità complessiva? La domanda è ovviamente retorica e la risposta negativa già allegata... Nel golf le cose potrebbero andare nello stesso modo anche se in effetti occorre porre dei distinguo. Intanto il nostro sport ha una rilevanza in termini di praticanti, simpatizzanti e tifosi infinitesimale rispetto al calcio, per non parlare poi del fatturato complessivo e del relativo indotto finanziario. Seconda differenza è che ormai da anni l’uso dei prodotti da oggi vietati è sempre andato via via scemando per una combinazione di fattori tra i quali: una maggiore consapevolezza dell’importanza di raggiungere una migliore sostenibilità ambientale da parte di buona parte del nostro golf; il costo crescente di tali prodotti che, in periodo di crisi del movimento, ne limita l’impiego alle situazioni di estrema necessità; un migliore know how dei tecnici che consente una crescita più sana del tappeto erboso; una maggiore flessibilità da parte degli utenti per ciò che riguarda le aspettative qualitative; un grado di usura diverso del tappeto erboso rispetto ai campi di calcio. Sintesi complessiva di questi distinguo è la considerazione che, messe a confronto le tecniche manutentive dei due sport, i prodotti fitosanitari hanno una rilevanza assai maggiore nei procedimenti manutentivi dei campi di calcio rispetto a quanto accade invece nella manutenzione dei campi di golf. Tutto ciò premesso però occorre riconoscere che anche nel
nostro sport alcune componenti del mondo golfistico nazionale (leggi i tecnici meno preparati, i dirigenti con meno scrupoli, gli utenti meno riflessivi, le aziende meno coscienziose, ecc. ecc.) possono fungere da pesante zavorra per imboccare la strada più virtuosa, e rendere l’osservanza delle normative europee e delle leggi nazionali un mero aspetto formale e non sostanziale. Del resto questo è quello che sta cominciando ad accadere e l’impiego dei fitofarmaci illegali da parte di alcuni, già adesso potrebbe innescare una concorrenza sleale, sotto il profilo della qualità del tappeto erboso, fra i campi che ne fanno uso e quelli più attenti alla sostenibilità ambientale che hanno deciso di rispettare le leggi dello stato italiano. Sorvoliamo poi, per il momento, sugli aspetti legati alle responsabilità che un eventuale uso illegale di questi prodotti potrebbe comportare. Responsabilità che ricadrebbero sui singoli: dirigenti di club, manutentori, consulenti, responsabili delle aziende venditrici, ma che potrebbero esporre i circoli di golf a spiacevoli situazioni di ricattabilità e/o di omertà.
LA TERZA VIA Ormai da diversi anni, da quando si è intravista la possibilità di condurre una manutenzione biologica del tappeto erboso (Conferenza della European Turfgrass Society a Montecarlo nel 2013) sono personalmente convinto che questa sia l’unica strada che dobbiamo avere l’intelligenza, la determinazione e l’ardimento di imboccare.
Qui sopra la 18 di Villa d’Este, famoso circolo di Montorfano (Como), che quest’anno ha compiuto 90 anni. A destra uno scorcio de La Filanda, ad Albisola (Savona), e sotto Monticello, a Cassina Rizzardi (Como).
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Sostanzialmente si tratta di avere il coraggio di eliminare le molecole chimiche di sintesi (salvo quelle previste dal disciplinare bio del MiPaf) e di condurre le operazioni manutentive attraverso un protocollo che preveda l’uso esclusivo di fertilizzanti naturali organici, di prodotti biologici per il controllo delle malattie fungine, di prodotti disabituanti e/o biologici per il controllo degli insetti, di conversioni del tappeto da micro a macroterma (naturalmente ove possibile e cioè dove l’ombra non sia un fattore limitante), di utilizzo di prodotti alternativi (es. acido pelargonico in luogo del glifosate) e/o di tecniche alternative (es. Piro e/o Termo diserbo ancora in luogo del glifosate). Inoltre l’introduzione massiccia delle operazioni di aerificazione eventualmente condotte con macchinari alternativi (es. pneumoforatrici). Ricordiamo poi che comunque i prodotti bio devono essere autorizzati per l’impiego su tappeto erboso, se vengono, come devono, essere considerati biocidi. Altrimenti si fa un uso improprio dei prodotti e sarebbe comunque illegale, anche se i prodotti sono meno tossici. Un assurdo, ma al momento è così. La terza via è possibile, la strada è tracciata, ma difenderne l’accesso ed il percorso non è cosa facile. La zavorra di cui si diceva sopra conserva ancora un forte potere e lo userà (lo sta già usando) per osteggiare questa scelta. Ci si potrà chiedere perché, ed è una domanda che mi sono posto più volte. Ho cercato di darmi delle risposte del tipo: si teme un peggioramento dei livelli qualitativi del tappeto, si paventa una minore fruibilità dei percorsi legata alle operazioni meccaniche alternative che occorrerebbe incentivare, o semplicemente si ha paura del cambiamento e di intraprendere una strada che non sappiamo bene dove ci possa portare. Certamente di questi timori si deve tenere conto e penso che incontri, riunioni, seminari, non solo con tecnici e addetti ai lavori, ma soprattutto con gli utenti, possa contribuire di molto a ridurre le perplessità e a tranquillizzare gli indecisi. Ma c’è un aspetto che è forse il più preoccupante, quello legato alle resistenze interne, quelle cioè dei tecnici (Direttori/Se-
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gretari e Superintendent/Greenkeeper) che per motivi diversi sono ancora fortemente restii alla rinuncia totale ai prodotti fitosanitari. Essenzialmente le motivazioni sono comprensibili: per i Direttori la obiettiva difficoltà nel gestire il malcontento degli utenti su una presunta riduzione qualitativa del tappeto e per i Superintendent la necessità di rimboccarsi le maniche per affrontare maggiori carichi di lavoro, aggiornarsi sulle nuove tecniche e, in contemporanea, applicare fedelmente le corrette strategie di intervento assimilate alla S.N.G. A sparigliare le carte dando un forte contributo a confondere le idee vi è poi il mondo dell’industria e, purtroppo, quello dei consulenti. Si sta registrando infatti da un lato, accanto alla promozione e all’introduzione sul mercato di prodotti e tecniche innovative che ci instradano verso la giusta direzione, un fiorire di presunti protocolli biologici privi di qualsiasi attendibilità scientifica, cioè di sperimentazioni di centri di ricerca internazionalmente riconosciuti che ne attestino la validità. Dall’altro assistiamo alla “conversione” di consulenti i quali, dopo decenni di prodotti chimici distribuiti a tonnellate e a “tabula rasa” su loro indicazione, colpiti come San Paolo sulla via di Damasco, hanno scoperto, buoni ultimi, l’ecologia e la sostenibilità ambientale, proponendo tecniche e prodotti allegati anch’essi privi di qualsiasi credibilità scientifica. Una faccia tosta incredibile, ma che in un mondo come il nostro golf trova sempre sponde, appoggi e connivenze. Ce la faremo mai a superare queste resistenze?
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L’ERBA DELLA FEDERAZIONE
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Andrea Cappuccini - Nazionale
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A colloquio con il superintendent che da 22 anni si prende cura del club di Sutri, di proprietà della FIG. Sul percorso utilizzata una bermuda di nuova generazione, ritenuta ideale per i climi dei paesi mediterranei
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di Roberto Lanza
na corretta costruzione e manutenzione di un campo da golf consentono di ottenere un notevole risparmio di denaro, un migliore impatto ambientale ed un deciso miglioramento della qualità del gioco. Partendo da questo presupposto nel 1988 la Federazione Italiana Golf (per prima in Europa) istituì la Sezione Tappeti Erbosi. L’idea si deve all’allora Presidente Giuseppe Silva e ai suoi consiglieri Roberto Rivetti ed Alberto Mascherpa, che con l’aiuto di Paolo Croce si diedero come obiettivo di partenza la formazione di tecnici qualificati in grado di occuparsi dei tappeti erbosi dei percorsi di golf italiani. Tra i primi sette diplomati al corso tenuto da Tom Dewar (primo Superintendent del centro tecnico federale) c’era il laziale Andrea Cappuccini, che da 22 anni si occupa del Golf Nazionale uno dei più belli ed impegnativi percorsi della penisola e sede della scuola nazionale. Ma la strada che ha portato Andrea verso Sutri e il golf è stata del tutto casuale e si deve al consiglio di un suo professore delle scuole superiori: «Dopo il diploma di perito agrario conseguito presso l’Istituto Tecnico “F.lli Agosti” del mio paese – spiega Cappuccini, che è nato nel gennaio del 1966 a Bagnoregio di Viterbo e risiede con la famiglia a Capranica -, mi stavo guardando intorno alla ricerca di un posto di lavoro, quando il professor Cirica mi ha proposto il corso della Federgolf per Superintendent. Non avendo in quel periodo nulla di programmato, mi sono iscritto e ho iniziato la frequentazione presso il golf dove adesso lavoro. Gli insegnanti che tenevano il corso, Paolo Croce e Francesco Modestini, mi hanno fatto appassionare a questa professione e così, con il loro aiuto, ho iniziato a lavorare, inizialmente presso il Golf Nettuno e poi al club della federazione». Disegnato da George e Jim Fazio e David Mezzacane, il Golf Nazionale si trova a 300 metri sul livello del mare inserito nel suggestivo paesaggio naturale dell’alto Lazio, e sposa i principi dell’ecosostenibilità con il tappeto verde costituito da una bermuda grass di nuova generazione, che ben si adatta al clima del bacino del mediterraneo ed è in grado di superare inverni molto rigidi.
Può fare una descrizione dal punto di vista delle erbe e delle essenze del vostro campo, con caratteristiche e peculiarità del percorso? «La superficie sulla quale è stato realizzato il percorso è di 73 ettari – prosegue Andrea -, quindi, le varie buche sono delimitate da ampie zone di rough, con querce secolari che rendono il campo molto tecnico e avvincente. I fairway delle 18 buche, da un punto di vista agronomico, si sono evoluti nel tempo: da un tappeto erboso in miscuglio seminato in fase di costruzione, sono stati convertiti nel 1996 in Agrostis Stolonifera c.v. Penncross, per poi essere riconvertiti nel 2012 in Bermuda grass c.v. Patriot, che rende la superficie compatta e uniforme. Anche il tappeto dei tee è stato convertito in Bermuda, ma a differenza dei fairway, in Tifway 419. Con la Bermuda i tee recuperano molto più rapidamente dai divot. Anche i green hanno subito alcune trasformazioni: siamo passati da Agrostis Stolonifera c.v. Penncross ad Agrostis Stolonifera c.v. Penn A-4. La Penn A-4 è una cultivar con molti più culmi per unità di superficie e tale caratteristica rende i green più scorrevoli e ostacola l’infestazione da Poa annua. I rough e i semi rough sono rimasti in miscuglio come seminati in costruzione». Quali sono i principali interventi necessari durante l’anno per mantenere il campo ad uno standard sempre elevato? «Riuscire a mantenere il percorso in ottime condizioni tutto l’anno è quello che si prefigge ogni Superintendent, ma ciò è ostacolato dall’andamento climatico delle varie stagioni. Tutte le coltivazioni del tappeto erboso, come carotature, verticutting e top dressing, sono operazioni atte a prevenire le problematiche create dalle varie avversità climatiche: siccità e alte temperature durante l’estate e abbondanti precipitazioni durante l’inverno. Le varie operazioni di coltivazione, un accurato e attento controllo delle superfici di gioco, unite a una buona qualità di taglio, permettono di avere un tappeto erboso resistente alle varie malattie».
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Andrea Cappuccini - Nazionale Il campo necessita di molti interventi a livello di trattamenti con fertilizzanti o fitofarmaci e quanto è importante seguire la linea di un golf ecosostenibile puntando alla riduzione degli sprechi? «I vari regolamenti P.A.N. (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ndr) in procinto di entrare in vigore, limitano moltissimo l’utilizzo di fitofarmaci sul tappeto erboso, stimolando sempre più la ricerca di prodotti biologici per combattere le varie malattie fungine. È pur vero però che, sul nostro campo da golf, dei circa 73 ettari, la superficie che necessita trattamenti fitosanitari è di circa 15 (green, tee, fairway, ndr) di cui solo due ettari ricevono trattamenti come una coltura intensiva (green, ndr). La gran parte del nostro campo è rappresentato da rough e alcune zone sono aree incolte con flora e fauna autoctona. Con ciò vorrei spiegare come un campo da golf sia già ecosostenibile, anche senza le limitazioni all’utilizzo di fitofarmaci. L’ecosostenibilità è la sfida del futuro, ma non ci coglie impreparati. La Scuola Nazionale di Golf nei suoi 25 anni di attività ha preparato professionisti del settore, che hanno fatto diminuire sostanzialmente l’utilizzo di prodotti chimici. La professionalità degli addetti ha cancellato dai campi i trattamenti a calendario, inserendo processi più curativi che preventivi e l’utilizzo delle varie pratiche culturali hanno reso i tappeti più resistenti alle varie malattie fungine». In questo senso si parla tanto di Bermuda grass. Può essere davvero una soluzione per i campi della penisola? «L’utilizzo della Bermuda sui percorsi da golf porta vantaggi sia economici che ambientali. Come sappiamo necessita di poca irrigazione, annulla i trattamenti fisiosanitari, utilizza concimi agricoli
a basso costo. L’unica spesa che aumenta è quella delle sementi per la trasemina autunnale, che volendo, potrebbe però essere evitata, in quanto il periodo di vera dormienza invernale va dalla fine di ottobre all’inizio di aprile. Il prossimo passo sarà quello di utilizzare la Bermuda anche sui green e già sono state individuate cultivar resistenti a tagli bassi, con foglie fini». L’acqua e la gestione del patrimonio idrico sono un problema per voi? «Fortunatamente è un problema che non ci ha mai toccato. Abbiamo una buona falda acquifera a circa 80 metri di profondità. Mettendo la Bermuda ridotto il consumo di acqua si è ridotto del 35% e le pompe riescono tranquillamente a mantenere il lago a livello». Vi avvalete di pc e software per l’organizzazione e la gestione del campo? «Abbiamo un software che gestisce l’impianto di irrigazione e un programma che archivia tutte le operazioni di manutenzione con materiale e le attrezzature impiegate. Ciò ci consente di sapere tutte le ore di lavoro utilizzate per ogni superficie e quale operazione ha inciso di più durante l’anno». Fate tutto voi o ci sono attività che appaltate ad esterni? «Io sono l’unico addetto al campo dipendente del circolo. Tutta la manodopera e tutta l’attrezzatura sono fornite da una ditta appaltatrice. Solo il materiale e l’energia elettrica per l’impianto di irrigazione sono a carico del club. Il contratto prevede un numero di ore annue, che io gestisco secondo le necessità della manutenzione. Questo permette di avere maggior personale
Nelle pagine di questo servizio, alcuni scorci delle buche e della clubhouse del Golf Nazionale. A destra, Andrea Cappuccini al lavoro sul percorso di Sutri (Viterbo).
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63 durante i periodi primaverili ed estivi e meno durante l’inverno, con il vantaggio di non dover gestire ferie, permessi, periodi di malattia e quant’altro connesso all’organizzazione del personale operaio. Anche il parco macchine è concordato tra me e la ditta. È da circa 30 anni che utilizziamo questo sistema e ci siamo sempre trovati bene». Come si gestisce il budget di una struttura in tempi di crisi come quelli attuali? «Negli ultimi anni la crisi ha portato una diminuzione sia di budget per i vari materiali che per le ore di manodopera. Abbiamo cercato di meccanizzare di più le varie operazioni di manutenzione e dare delle priorità alle varie superfici del percorso quali green, fairway, tee, ecc, cercando di utilizzare materiali meno costosi. La Bermuda anche in questo ci ha dato una mano». Rapporto con i soci e la dirigenza? «Nei primi anni, riuscire a gestire la ditta appaltatrice, la Fig proprietaria del campo e i soci del circolo è stato molto difficile, anche perché le esigenze delle tre parti erano diverse. Il lavoro sul campo era la cosa più semplice. Poi, con l’esperienza acquisita negli anni, sono riuscito a trovare sempre un punto di accordo tra le parti, operando con reciproca fiducia. Adesso devo confrontarmi solo con la dirigenza del circolo, con la quale ho un ottimo rapporto, sia col presidente che con il direttore, ma soprattutto con il consigliere addetto al campo, l’ingegner Mittiga, il quale comprende le varie esigenze pratiche del mio lavoro. Anche con la Fig ed in particolare con gli agronomi della Sezione Tappeti Erbosi abbiamo instaurato un buon rapporto di collaborazione, il tutto a vantaggio del campo». Difficoltà che si incontrano nella sua attività, pregi e difetti? «Il pregio è di vivere all’aria aperta e di dover conoscere molte discipline come l’idraulica, meccanica, chimica, agronomia ed elettronica. Il difetto, se così si può dire, è riuscire a conciliare i vari lavori del campo con le esigenze del circolo». È un lavoro che consiglierebbe ad un giovane? «Collaboro con la Scuola Nazionale di Golf, per la quale seguo la formazione in campo dei nuovi studenti e curo un corso di meccanica. Ho quindi il piacere di entrare in contatto con i giovani allievi, ai quali dico sempre che il lavoro del Superintendent si può fare solo se si è molto motivati. Lo consiglierei ai giovani perché nonostante le difficoltà con cui ci si deve confrontare, è un lavoro ricco di soddisfazioni». Un aneddoto particolarmente originale capitato in questi anni di attività? «Una volta un socio mi lasciò un messaggio sulla scrivania dove mi chiedeva di tagliare tutto il quadrifoglio presente sui rough. Io risposi che avevo cercato con attenzione il quadrifoglio... ma sfortunatamente, avevo trovato solo tanto trifoglio e di quadrifoglio neanche l’ombra!».
Il Golf Nazionale ha ospitato diverse manifestazioni importanti, su tutte l’edizione del 1991 della World Cup. Qual è il suo ricordo? «In quell’anno non ero ancora Superintendent del circolo, ma Paolo Croce, al tempo direttore della scuola federale, chiamò il primo gruppo di diplomati al corso, ad aiutare per una settimana il greenkeeper nella preparazione del campo. Per sette giorni seguimmo tutte le operazioni e ci rendemmo conto che i lavori necessari per portare un percorso ad ospitare una manifestazione di quell’importanza non iniziano una settimana prima, ma con circa un anno di anticipo. Si comincia con trasemine di quasi tutto il campo, un’attenzione particolare alle altezze e alla qualità del taglio ed infine le ultime concimazioni 20 giorni prima, molto oculate, per rendere le superfici dei green verdi ma non lenti». Quando l’Italia si è candidata per ospitare la Ryder Cup ha sperato che in caso di vittoria si potesse giocare al Golf Nazionale? «Sì, l’ho sperato, ma con molta preoccupazione. Non è cosa di tutti i giorni ospitare la Ryder Cup: sarebbe stata una grande opportunità, ma anche un grande impegno e responsabilità». Quanto sarà importante per il golf italiano la Ryder Cup a Roma? «Fa bene il presidente della Federazione, Franco Chimenti, ad essere orgoglioso per aver portato in Italia la competizione più importante del golf mondiale. Per molti anni, il montepremi del nostro Open passerà da 1,5 milioni di euro a 7 milioni. Un incentivo che farà arrivare le grandi star del golf internazionale, importante sia per avvicinare il pubblico che per far conoscere il golf e le eccellenze italiane nel mondo».
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Ecco come uno dei migliori architetti golf italiani ci spiega in che modo affrontare la zona piĂš intrigante e fondamentale di un percorso durante la preparazione del disegno di un campo
DRITTI AL BERSAGLIO
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Piccolo, famoso e terribile: è il “Postage Stamp” (francobollo), green della buca 8 sul campo scozzese di Royal Troon
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di Franco Piras* l golf è un gioco di destrezza, si effettua un tiro o colpo, e come tutti gli sport di questo genere il tiro è rivolto ad un bersaglio, mentre la destrezza si misura nella precisione con la quale si effettua il tiro. Il campo da golf è un insieme di bersagli, non solo il piano di gioco del green ma l’intero “green complex” costituisce il punto focale di una buca ed anche l’elemento di maggiore espressione di creatività artistica e visione progettuale dell’architetto. Nella fase di pianificazione l’architetto cerca di comporre il puzzle composto dalle 18 buche cercando di interpretare il paesaggio, sfruttare al meglio la morfologia e gestire le criticità e opportunità offerte dalla natura. Al di là della localizzazione dei green complex che rientra in questa fase preliminare, è nella progettazione esecutiva che ha la possibilità concretizzare la concezione tecnica ed estetica del percorso. I green non sono sempre stati quelli che siamo abituati a vedere oggi. All’inizio il gioco consisteva nel colpire un palo, la buca comparve dopo la metà del ’700 ed il fatto che a quel tempo le regole imponevano che la palla dovesse essere “teed for the next shot” a meno di un bastone di distanza della buca, lascia ben intendere che la funzione e condizione dei green fosse ben diversa. Solo dopo la metà dell’Ottocento Old Tom Morris codificò a St Andrews aree di partenza di-
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stinte dai green e gli stessi cominciarono ad assumere una funzione diversa e a ricevere ben altre cure. La manutenzione principale consisteva in top dressing e rullature al fine di renderli scorrevoli ed uniformi e la qualità del tappeto erboso era ben lontana dai peggiori green che si possano incontrare oggi. Nelle zone con problemi climatici dove l’erba faceva difficoltà a crescere, i green erano realizzati in sabbia intrisa di olio motore esausto ed erano di fatto delle piazzole totalmente piatte con forme pressoché geometriche. A Pinehurst l’erba sui green comparve negli anni Trenta, ben dopo la sua costruzione, unitamente all’avvento degli impianti di irrigazione. Tra i primi ad installarlo fu Mac Donald ai primi del 900 nel suo capolavoro, il National Golf Link, dove il mulino a vento che troneggia e caratterizza il campo aveva infatti la funzione di stazione di pompaggio. La cosa rese possibile una gestione qualitativa del fine turf sui green. I green hanno segnato la storia del gioco, quelli degli antichi links, nati naturalmente e in condizioni diverse, hanno ispirato situazioni che vengono ancora oggi interpretate e riproposte: Alps, Redan, Biarritz, Bowl, Eden, Hogsback, Plateau, Postage Stamp sono per gli architetti dei modelli codificati. L’evoluzione di tecniche costruttive e pratiche agronomiche hanno consentito di dare spazio alla creatività nella visione del green complex e costruirli sempre più appariscenti, interessanti e performanti.
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Protagonista in campo: il green
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In queste pagine tre celeberrimi green americani. Sulla costa ovest, quello sulla 7 di Pebble Beach (California). A est, in alto la 16 dell’Augusta National (Georgia) e, sotto, il green a isola della 17, al TPC Sawgrass (Florida).
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Protagonista in campo: il green I green si possono distinguere per dimensione, pendenze e velocità, forma, contorni ed ostacoli. Questi elementi vengono miscelati dall’architetto in base alla funzionalità del green all’insieme della buca, alla visione delle problematiche di gioco che vuol creare. La dimensione dei green può essere la più disparata, dal green della 8 del Royal Troon che non raggiunge 300 mq definito da William Park “…the size of a Postage Stamp”, fino agli enormi green di St Andrews, di oltre 3.000 mq, che necessitano irrigatori anche nel mezzo per poter essere bagnati. Non esiste una regola per la dimensione dei green, né personalmente condivido la teoria che un colpo corto richiede un green piccolo e un colpo lungo uno di dimensioni maggiori. Cosa diversa dalla dimensione sono l’orientamento e la profondità del green, le cui relazioni con la lunghezza del colpo che deve ricevere il green sono rilevante. A mio avviso la domanda da porsi nel progettare un green è chi ci dovrà giocare, quanti giri dovrà sopportare e quante posizioni di bandiera sono necessarie in quel green. Se un green dovrà subire l’usura di decine di migliaia di giri all’anno è evidente che se ha ridotte dimensioni le sue condizioni agronomiche saranno sempre precarie, a causa del calpestio non distribuito su una superficie adeguata.
L’area per una posizione bandiera ha un raggio di circa tre metri, pari a 25 mq. ciascuna. La possibilità di avere molteplici posizioni bandiera contribuisce non solo a diminuire l’usura del tappeto, ma a determinare la strategia di gioco della buca, e ciò non solo nel colpo al green ma anche nel posizionamento del tee shot che determina la linea di attacco all’asta. Personalmente privilegio green che consentano una buona varietà di posizioni bandiera e richiedano la maggior varietà di colpi sulla base della posizione dell’asta, preoccupandomi relativamente poco del rapporto lunghezza del colpo/dimensione del green. Considero la dimensione minima accettabile in almeno 400 mq. ma penso siano adeguati almeno 500 mq per green non eccessivamente mossi e almeno 600 mq. per quelli con pendenze più lavorate. Le pendenze determinano sia la dimensione utile, poiché la stessa è al netto delle zone con pendenza elevata dove non è possibile posizionare l’asta, sia la giocabilità che ha una stretta correlazione con la velocità del green. Un tempo i green erano realizzati su terra con caratteristiche di infiltrazione dell’acqua ben inferiori a quelli moderni e necessitavano pendenze maggiori per consentire un adeguato deflusso delle acque verso le zone esterne. Questo era con-
Il green della 10 dell’Aisla Course, percorso da campionato di Turnberry, di recente interessato da importanti lavori di rinnovamento. A destra, sempre in Scozia, il green doppio della 4 e della 14 sull’Old Course di St Andrews.
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sentito dalla maggiore altezza di taglio e minore scorrevolezza dell’erba che riduceva la velocità della palla. Le altezze di taglio e le pratiche manutentive attuali li renderebbero ingiocabili. La pendenza accettabile è oggi considerata tra 1 e 2 % nelle aree giocabili e, ove ci siano salti di quota con pendenze superiori al 5% ,è necessario uno spazio adeguato per consentire alla palla di rallentare ed evitare che un gioco di destrezza quale è il putting si trasformi in un gioco di fortuna. Purtroppo la tendenza in molti circoli, non senza una certa dose di masochismo, fa sì che cerchino di imitare le condizioni delle gare professionistiche. I soci richiedono green sempre più veloci malgrado non abbiamo la stessa abilità dei professionisti, con conseguente minor divertimento, maggior stress del tappeto e dei greenkeeper. Nella gestione dovrebbe essere sempre al primo posto la salvaguardia del tappeto dal punto di vista agronomico, perchéi green nelle gare del Tour sono sottoposti a stress, anche se ciò avviene per una settimana all’anno. La velocità alla quale si dovrebbe tenere un green è in relazione alle condizioni meteo, al substrato costruttivo, alle pratiche agronomiche in corso, alle pendenze ed alla forma. Ricordiamoci che la maggior parte dei giri infrasettimanali sono effettuati dai “retired”, ovvero gli over 60 e che quelli del weekend da persone che stanno in ufficio tutta la settimana. A meno che i green non siano particolarmente piatti, una velocità tra otto e nove piedi è più che adeguata per consentire un buon test di golf in giornate normali. Una velocità tra nove e dieci piedi è corretta per una buona gara amateur, mentre oltre i dieci comincia ed essere un severo test nelle gare amatoriali e sopra gli undici gli amateur passano la giornata a seguire la palle da una parte all’altra del green, senza capacità di controllo.
La forma è del green è condizionata principalmente dalla dimensione. Green molto piccoli consentono solo un semplice ovale, man mano che si amplia la dimensione si possono creare forme più elaborate, bandiere più interessanti, variare e posizionare meglio gli ostacoli, definire orientamenti e linee strategiche di gioco. I contorni del green sono altrettanto importanti non solo poiché includono gli ostacoli, siano essi alberi, bunker, laghi, corsi d’acqua, depressioni, mounds o qualsiasi altra situazione che contribuisce alla scelta della tattica da parte di chi affronta la buca, ma anche perché contribuiscono al “visual aspect” del green complex. Il colpo d’occhio di un giocatore focalizza prima l’insieme, poi il particolare e i dettagli del green sono meno visibili dal giocatore, rispetto all’inserimento nel contesto paesistico. Il giocatore nel prepararsi al colpo visualizza maggiormente gli ostacoli che circondano e caratterizzano il green, cerca di capire dove stanno i pericoli e qual è il rapporto “risk and reward” per ogni colpo, viene entusiasmato, intimorito o tentato dalla visione di insieme. È l’insieme estetico-funzionale del green complex che crea la memoria visiva e il ricordo della buca, soprattutto la prima volta che si affronta un percorso. La conoscenza dei dettagli del piano del green avviene con il tempo e assume rilievo nei colpi corti di recupero dove l’amateur ha maggior controllo. La strategia di dove piazzare la palla per avere un putt migliore sulla base della posizione della bandiera è cosa per pochi, e il vecchio detto “…chi troppo vuole nulla prende” fa sì che un buon consiglio per un amateur medio sia mirare in centro al green e stare lontano dai guai... Farà molti più par di quanti se ne aspetta. * Senior Member EIGCA European Institute of Golf Course Architect
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TURISMO E NATURA
Il gruppo dei quattro percorsi padovani (Frassanelle, Galzignano, Montecchia e Padova) rappresenta un ottimo esempio di come un circolo si possa integrare alla perfezione nel suo ambiente e garantire anche per questo un importante richiamo per la scelta di una vacanza golfistica
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Nella foto il campo e la grande clubhouse del Golf Club Padova
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72 di Marta Visentin e Stefano Boni
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l territorio padovano è un esempio di come le attività umane, sport inclusi, possano inserirsi nell’ambiente e attraverso la tutela del territorio, mostrare la funzionalità e sinergia che viene a crearsi tra le tante opportunità, che offre questo angolo di Veneto. La superficie agricola dal 1990 al 2010 è diminuita di oltre il 20%, una media di 38 ettari al giorno, ovvero una superficie pari a 53 campi di calcio, è per questo che l’Agenda 21 del Comune di Padova ha previsto un piano d’azione per lo sviluppo di un’agricoltura urbana e la creazione di un parco agro-paesaggistico che comprenda un ampio territorio fino alla foce del Bacchiglione. Già la presenza di un’area protetta, quale il Parco dei Colli Euganei, istituito nel 1989, con i suoi oltre 18.000 ettari di estensione, contribuisce alla tutela di questo territorio unico, per i tanti valori paesaggistici, naturalistici e storici, e dimostra l’interazione possibile con le tante attività umane presenti. Il Parco dei Colli Euganei, infatti, ha ottenuto la Carta Europea per il Turismo Sostenibile ovvero quello strumento metodologico che permette una migliore gestione delle aree protette per lo sviluppo del turismo sostenibile, dove il Golf bene si inserisce. Studi naturalistici legati al recupero ambientale di zone degradate come ex cave, discariche o ambiti antropizzati, dimostrano che il golf può essere un mezzo per la rinascita e valorizzazione di un territorio compromesso da attività distruttive e laddove i percorsi ricadono in territori protetti fungono da ulteriore diversificazione del mosaico ambientale e rappresentano delle piccole o grandi oasi protette per la Natura. Oggi, poi, grazie anche al nuovo marchio “Biogolf”, un progetto coordinato dall’Istituto per il Credito Sportivo, che ha messo intorno a un tavolo di lavoro comune la Federazione Italiana Golf, Federparchi, Fondazione Univerde, Golf Environment Organization, e Legambiente, per formulare una nuova alternativa nell’ambito del turismo golfistico ecocompatibile e sostenibile, la strada è quindi tracciata per uno sviluppo turistico, che usi il golf come vettore, per evitare il consumo di suolo e per rilanciare il nostro territorio in maniera ecocompatibile e sostenibile. Un parco come i Colli Euganei è d’esempio di quanto la conservazione della natura interagisca positivamente con le attività umane che caratterizzano il territorio, a cominciare dai tanti impianti termali che attraggono un turismo appassionato di acque vulcaniche, ai borghi restaurati e ricchi di storia rappresentati da Sindaci appassionati e partecipi, ai diversi circoli di golf che ricadono in tutto o in parte nel territorio del Parco e che con il loro impegno ambientale, testimoniato dai Riconoscimenti ottenuti in questi anni, per le azioni volte alla tutela del paesaggio, della biodiversità, al risparmio energetico, sono il valore aggiunto per il territorio, amato da moltissimi stranieri che vengono a visitare e fruire di questa parte d’Italia magnifica e funzionale. Frassanelle, La Montecchia, Padova e Terme di Galzignano: ognuno di questi circoli ha ottenuto “award” ambientali nell’ambito del Progetto “Impegnati nel verde”, che prevede
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l’assegnazione di riconoscimenti, ai circoli che hanno raggiunto significativi e sostenibili risultati nella gestione e manutenzione del tappeto erboso e delle strutture golfistiche. La Montecchia, oltre al riconoscimento nella categoria Acqua, è anche certificato GEO (Golf Environment Organisation), un logo riconosciuto a livello internazionale garanzia di qualità a 360 gradi, ambito e prestigioso titolo a oggi conferito a soli otto circoli di golf italiani; Frassanelle ha ottenuto il riconoscimento per la tutela del paesaggio; Terme di Galzignano è work in progress e Padova è stato premiato per il risparmio energetico. Un’ampia gamma di “green flag” a testimonianza di un impegno concreto per l’ambiente che è ormai riconosciuto dalle istituzioni, dalla comunità locale e non solo: lo testimonia il livello di partecipazione che ha accompagnato la realizzazione e la presentazione del libro ‘Frassanelle: storia, natura e golf’, patrocinato oltre che dalla FIG anche dai comuni di Padova e Rovolon, dall’Università di Bologna, da Federparchi e dal Parco Regionale dei Colli Euganei. Un volume, quello presentato in occasione del Frassanelle Open, che racconta questo circolo ormai giunto ai suoi 26 anni di esistenza in una maniera del tutto inedita: perché questo non è solo un percorso di elevato livello tecnico in grado di mettere alla prova il dilettante come il professionista di torneo, ma rappresenta un esempio di integrazione tra un meraviglioso parco romantico dell’800 ed il golf. Come lascia presagire il titolo, nel libro scritto da Egle Trevisan, Alessandro de Luca e Alberto Minelli, oltre al golf si parla di peculiarità floro-faunistiche uniche, di aspetti paesaggistici altrettanto unici e di storia: quella della famiglia Papafava e della tenuta risalente al XIIImo secolo in cui è inserito il circolo. Dopo avere sfogliato questo volume il golfista calcherà gli immacolati fairway in bermuda del Golf Club Frassanelle con una nuova consapevolezza del luogo in cui si trova: un motivo di più per farsi una bella vacanza in questo splendido territorio.
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In queste pagine, alcune foto che mescolano golf e cultura nella bella zona padovana dei Colli Euganei.
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CONVERSIONI
Castello Tolcinasco
Terzo e ultimo atto Dopo il Giallo e il Blu, nell’estate di quest’anno è stato rinnovato anche il percorso Rosso, ora con fairway e tee in Bermuda. Il circolo milanese è ora l’unico in Lombardia con 27 buche in macroterme di Fulvio Golob
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erza estate di fondamentali lavori in campo a Castello Tolcinasco, uno dei tre circoli italiani che possono vantare buche firmate dal grande e compianto Arnold Palmer. Il celebre circolo milanese ha convertito a Bermuda anche l’ultimo
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dei suoi tre percorsi da campionato, il Rosso, dopo che lo stesso intervento era stato effettuato nel 2014 sul Giallo e nel 2015 sul Blu. Risultato: a fine agosto, mentre gran parte dei campi italiani si ritrovava ad affrontare i pesanti segni lasciati dal caldo, Castello Tolcinasco ha presentato 27 buche in gran forma. Sulle stesse buche, per ben cin-
que anni consecutivi, si è svolto l’Open d’Italia (dal 2004 al 2008), ma oggi, con l’utilizzo della Bermuda, il livello di affidabilità e giocabilità durante tutto l’anno è sicuramente molto cresciuto. Così Castello Tolcinasco si propone ai golfisti di Milano e dintorni come sicuro riferimento sotto il profilo tecnico e della manutenzione, un vero benchmark per
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Nella pagina accanto, una buca del percorso Rosso fotografata al termine dei lavori per la conversione a macroterme. Qui sopra uno scorcio del percorso Giallo e una veduta aerea del circolo milanese.
tutti gli impianti che ruotano attorno alla metropoli lombarda. E se, come ampiamente dimostrato nelle indagini realizzate a qualsiasi latitudine, la bellezza e soprattutto la condizione media di un campo sono il requisito numero uno nella scelta di un circolo di appartenenza, l’impianto di Pieve Emanuele non ha ora proprio niente da invidiare a nessuno. La conversione di fairway e tee del Rosso è stata effettuata, come sugli altri due campi, utilizzando la Bermudagrass “Riviera”. Con questo intervento finale, Castello Tolcinasco diventa l’unico circolo della Lombardia a disporre di 27 buche con il tappeto erboso che sfrutta questa eccezionale essenza. L’importante inve-
stimento, che come dicevamo è partito durante l’estate 2014, ha già confermato in pieno le aspettative nelle due stagioni trascorse. Il manto erboso si è sempre dimostrato in ottima condizione, consentendo il gioco su un fairway eccellente anche nei momenti di sofferenza a causa del clima torrido e di temperature elevate. In parallelo, ci sono altri fondamentali vantaggi che il giocatore non percepisce, ma che vanno nella giusta direzione di un sempre maggiore rispetto dell’ambiente naturale. Il golf, nonostante la pervicace resistenza di alcuni disinformati o non aggiornati detrattori, è per definizione lo sport più “verde” in assoluto.
L’utilizzo della Bermuda consente però un’ulteriore riduzione nell’utilizzo dei fitofarmaci, peraltro in costante diminuzione negli ultimi anni e infinitesimale rispetto a un campo coltivato in agricoltura. Inoltre, taglia in maniera netta le necessità sul fronte dell’irrigazione, perché parliamo di quantità di acqua inferiori anche di due terzi rispetto alle necessità delle essenze tradizionali, con un risparmio idrico davvero rilevante. E il tutto si traduce anche in una consistente riduzione dei costi di manutenzione, per il minore utilizzo di elettricità (pompe dell’impianto di irrigazione), di acqua e di prodotti chimici. Campo e conti in ordine: davvero un bel risultato.
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TAVOLA DA FAVOLA
Iniziamo con questo numero una serie di articoli dedicati a un aspetto importantissimo dei circoli, quello della ristorazione. E non potevamo che partire con dei “numeri uno”, e cioè i quattro soci che, dal 2007, gestiscono con gran successo il servizio al prestigioso club di Monza
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FOOD & BEVERAGE Golf Club Milano
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di Roberto Roversi
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n circolo di golf è un microcosmo all’interno del quale si trovano diverse attività tra loro complementari che operano insieme con l’obiettivo di fornire il servizio migliore a soci e visitatori. Pur restando il campo l’elemento di maggiore attrazione e interesse, non c’è dubbio che negli ultimi anni siano diventate importanti anche altre realtà all’interno dei circoli. Una di queste è rappresentata dall’attività del Bar e del Ristorante, un servizio che sempre più qualifica il livello di un circolo di golf. Un esempio è sicuramente quello del Golf Club Milano che in questo ambito vanta una lunga e preziosa tradizione. A gestire il bar/ristorante del prestigioso circolo lombardo sono quattro soci che dal 2007 hanno preso in mano le redini di questa attività ottenendo un eccezionale successo di critica e pubblico: roba da cinque pallini e cinque stelle, se parlassimo di un film. E quasi incredibile è la loro capacità di mettere a tavola per cene di gala, con menù di grande livello e un servizio impeccabile, anche centinaia di persone al termine di un’affollata gara. I quattro responsabili sono Roberto Perego, che si occupa principalmente del bar, Sandro Cantini, che segue il ristorante, Francesco Tardio, responsabile della cucina, e Giorgio Maggioni, che spazia tra le due attività. “Io, però, lavoravo qui già dal 1982 – ci tiene a sottolineare Roberto Perego –. In pratica la mia formazione professionale si è sviluppata proprio all’interno del Golf Club Milano, permettendomi di conoscere molto da vicino tutti gli aspetti di questo specifico servizio nel quale esistono diverse differenze rispetto a un bar/ ristorante, diciamo così, normale.”
In cosa consistono queste differenze? “La più importante riguarda il tipo di clientela. Il ristorante di un circolo di golf ha una clientela quasi fissa, composta dai soci, mentre per uno esterno i clienti sono abbastanza variabili. Diventa importante, quindi, conoscere bene i clienti, i loro gusti, le loro abitudini, in modo da fornire un servizio che soddisfi le loro esigenze. Rispetto a un ristorante normale abbiamo anche la necessità di coprire un orario molto più ampio perché il flusso di clientela è attivo durante tutto il giorno. La cucina, però, lavora solo negli orari di pranzo e cena, mentre nel resto della giornata garantiamo un servizio di piatti freddi molto vari preparati al momento”
Sullo sfondo della buca 9, i quattro soci che gestiscono bar e ristorante al Golf Club Milano: da sinistra, Sandro Cantini, Francesco Tardio, Roberto Perego e Giorgio Maggioni (foto Cristiana Casotti)
Che clienti sono i golfisti? “Una categoria molto variegata. C’è da rilevare, inoltre, che negli ultimi decenni la situazione è molto cambiata seguendo l’evoluzione stessa del golf. Siamo passati da una clientela composta da persone provenienti da determinate classi sociali a una di estrazione più eterogenea, anche se questo circolo ha sempre voluto mantenere una sua linea molto legata alla tradizione. Da parte nostra abbiamo sempre cercato di mantenere una qualità del servizio molto alta proprio per caratterizzare meglio quello che facciamo.” Com’è il menù tipico di un golfista? “Direi piuttosto classico. Un piatto di spaghetti al pomodoro e
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78 una cotoletta alla milanese rappresentano la richiesta più gettonata. Noi, comunque, cerchiamo di adeguare il menù alla stagionalità proponendo prodotti freschi. Noto, inoltre, che oggi c’è molta attenzione alla qualità del cibo grazie a una più matura consapevolezza dell’alimentazione e delle sue valenze salutistiche. In questo senso, rispetto al passato, è cambiato molto l’approccio dei clienti e noi ci siamo adeguati alle nuove abitudini alimentari proponendo piatti in linea con questa tendenza.” La ristorazione attuale sta dando sempre più spazio alla ‘carta dei vini’. Anche voi seguite questa tendenza? “Quando abbiamo iniziato questa gestione siamo partiti con un vastissimo assortimento di vini, ma nel tempo, conoscendo i gusti e le preferenze dei nostri clienti, abbiamo ridotto l’elenco attestandoci attorno ai 70/80 prodotti restando sempre attenti, però, a proporre le novità o a soddisfare esigenze diverse. Non è facile mettere insieme un assortimento di vini corretto e proprio per questo ci siamo affidati a un sommelier che si occupa specificatamente di questo settore.” Il ristorante ha anche una clientela extra-golf? “Si, ma è molto ridotta in quanto, giustamente, la priorità viene sempre data ai soci del circolo. Abbiamo circa 60 posti nella zona ristorante e di un’altra ottantina nell’area bar dove vengono serviti i piatti freddi. Considerata questa disponibilità risulta difficile allargare la clientela a persone esterne. Non a caso nei giorni di massima frequentazione del circolo, come i weekend,
Qui sopra, una bella immagine della clubhouse del Golf Club Milano e, nelle altre foto, alcuni scorci della accogliente zona bar e relax, completamente rinnovata dopo l’incendio del 2008.
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il ristorante è aperto solo ai soci e a qualche loro ospite.” Un’attività specifica di un ristorante dei circoli di golf è l’allestimento di cocktail e buffet per le premiazioni delle gare. Come siete organizzati per questo? “Posso dire che siamo ben attrezzati per fornire un servizio di ottima qualità. Nei periodi estivi abbiamo anche l’opportunità di usufruire del bellissimo spazio sulla terrazza della clubhouse grazie al quale possiamo ospitare un maggior numero di persone. In ogni caso per questo tipo di circostanze proponiamo solamente menù di alto livello.” Qual è stata la richiesta più singolare che vi è capitata? “Difficile rispondere. Conosciamo bene la nostra clientela e sappiamo cosa vuole dal nostro servizio. Forse la cosa più strana che ci è capitata sono state le richieste che a volte ci arrivano dai clienti per acquistare alcuni nostri prodotti, in particolare birre e vini. A proposito di bevande mi piace sottolineare che il nostro ristorante ha un grandissimo assortimento di Gin. Adesso ne teniamo ben 35 tipi, credo sia un record. È una nostra specialità che i clienti dimostrano di apprezzare. Devo dire che in questo momento c’è molta richiesta di gin-tonic e la possibilità di avere una gamma di Gin così vasta ci permette di proporre tante variazioni di questo drink.” Gestire un’attività come la vostra all’interno di un circolo di golf comporta avere un rapporto di costante collaborazione con le altre realtà che operano all’interno della struttura, in particolare con la Segreteria. Com’è questo rapporto per voi? “Assolutamente ottimo. C’è un continuo scambio di informazioni e il modo di lavorare va più che bene. Di questo devo ringraziare il Presidente, Armando Borghi, il Direttore, Roberto Carità, e tutto lo staff del circolo. In fin dei conti abbiamo lo stesso obiettivo che è quello di fornire ai soci il miglior servizio possibile.” A settembre il Golf Club Milano ha ospitato una delle più belle edizioni dell’Open d’Italia con la presenza di tanti campioni e di tantissimo pubblico con la ciliegina sulla torta rappresentata dalla vittoria di Francesco Molinari. Che settimana è stata per il vostro ristorante? “Di sicuro sono stati giorni di grande lavoro e di grande impegno. Noi avevamo il compito di assicurare il servizio di ristorazione a tutti i giocatori del torneo, ai soci del circolo e agli ospiti dell’organizzazione. È stata un’esperienza estremamente positiva, piuttosto diversa da quelle che avevamo vissuto in precedenza. Per i giocatori avevamo predisposto un ricco servizio a buffet continuamente rifornito. Credo abbiano gradito ciò che gli abbiamo preparato visto che non ci sono state richieste particolari da parte loro.” Un’ultima cosa. Che menù consiglia a un ospite che viene a giocare al Golf Club Milano? “Come antipasto suggerirei un mix di salumi con un prosciutto crudo di 24 mesi accompagnato da un crostino di pane caldo
e mozzarella di bufala. Per il primo piatto consiglierei gli “spaghetti alla Francy” (è una specialità dello chef, che è anche uno dei soci). Sono spaghetti di Gragnano con pomodoro, olio e peperoncino. Poi, e qui non ci sono discussioni visto dove ci troviamo, seguirei con la cotoletta alla milanese. Per i vini raccomanderei un rosso come il Lagrein e un bianco come l’Erbaluce di Caluso.” E a questo punto, buon appetito!
La scheda del circolo
Golf Club Milano A.S.D. viale Mulini S. Giorgio, 7 20900 Parco Reale di Monza (Monza Brianza) Tel. 039 303081 - Tel. Ristorante: 039 2325124 info@golfclubmilano.com - www.golfclubmilano.com Fondazione: 1928 - Stagione: tutto l’anno (chiusura parziale in gennaio). Chiusura: lunedì non festivo; fine settimana e festivi riservati ai soci. Progetto: Blandford & Gannon Presidente: Armando Borghi Direttore: Roberto Carità Segretario: Domenico Di Bari In segreteria: Marika Tonni, Antonella Riboldi Maestri: Giancarlo Grappasonni, Leandro Vergari, Nicola Zappa, Luciano Grappasonni, Roberto Zappa, Alberto Giolla, Claudio Viganò Superintendent: Marco Nembrini. Ristorante e bar: Sandro Cantini, Giorgio Maggioni, Roberto Perego e Francesco Tardio.
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Un modello in evoluzione
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Ecco stru cam con del t
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GOLF E FRANCHISING
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di Maurizio Trezzi
Ecco come funzionano le quattro strutture che in Italia uniscono golf, camere e servizi di hotellerie e accordi con importanti catene per la gestione del turismo con la sacca al seguito
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centri delle città italiane e delle capitali europee ormai si assomigliano molto. Fatta la tara a monumenti, edifici storici, musei e teatri, le vie del commercio e dello shopping sono quasi tutte identiche. I marchi internazionali - H&M, Zara, Kiko, Make Up, Starbucks, Mc Donald’s e Hard Rock Cafe, tanto per citarne alcuni - hanno monopolizzato piazze e viali in tutta Europa. Certo le opportunità per i clienti e gli acquirenti crescono, ma questo fenomeno rischia di uniformare e appiattire il contesto cittadino. Una proliferazione che si fonda sul franchising, termine che indica, semplificando, un contratto fra due soggetti indipendenti nel quale una parte concede disponibilità di un insieme di diritti, proprietà industriale o intellettuale, marchi, know how, assistenza e consulenza tecnica, mentre la controparte viene inserita in un sistema costituito da una pluralità di affiliati, distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. Anche nel golf questa modalità di accordo commerciale sta prendendo piede, sia per proshop e golf academy sia, fenomeno più recente, nella gestione degli spazi ricettivi di resort e alberghi inseriti all’interno di strutture golfistiche. In Italia, secondo il rapporto Hotel Chains 2016, il mercato del franchising alberghiero è in forte crescita. Nel mondo dal 2013 ad oggi, le catene alberghiere che utilizzano questa formula hanno più che raddoppiato il numero di camere, oggi attestato a 148.000. In Italia gli hotel che appartengono a catene sono oltre 1300, concentrati fra quelli di fascia alta (4 stelle in su) e ubicati nelle grandi città. Il 49% delle camere a 5 stelle sono di una catena, dato che scende al 30% fra i 4 stelle. Oggi il 60% degli alberghi di catena fa capo a brand italiani, contro il 40% affiliato a marchi stranieri. Il modello di accordo è simile a quello che avviene nell’ambito commerciale. Attraverso contratti con grandi catene dell’hotellerie e marchi internazionali del leisure, il golf resort ha la possibilità di entrare a far parte di una rete, di beneficiare del valore e delle notorietà del marchio e di poter avvalersi di canali e strumenti di comunicazione evoluti. Questo proietta la struttura sulle piattaforme internazionali dei buyers e avvicina nuova clientela.
U Veduta aerea di Donnafugata, resort con due percorsi da 18 buche nei pressi di Ragusa, oggi sotto le insegne di Sheraton
na strada che in Toscana, dal 2017, porterà i due alberghi del Borgo la Bagnaia, a sud di Siena, ad entrare nella squadra dei “Curio by Hilton” - una selezione di hotel storici, con un carattere distintivo unici nel loro genere, che la nota catena statunitense ha inserito nel proprio portafoglio di offerta. Strutture dal DNA, dallo spirito e dai valori caratteristici dei luoghi dove sono ubicati. Peculiarità che La Bagnaia possiede certamente: “Il nostro modello di resort diffuso – dice Sandro Maistrello, Direttore Generale de La Bagnaia Golf Resort – immerso nelle bellezze delle crete senesi è quello che Hilton ha voluto inserire nel suo circuito di strutture ricettive. L’accordo di franchising riguarda esclusivamente la parte Resort e food della nostra realtà”. Quindi un intervento completamente svincolato dal campo da golf: “Esatto. L’accordo con Hilton, con cui i contatti erano già stati avviati nel 2015, sarà operativo dal marzo del 2017, quando riapriranno i due alberghi di Bagnaia con le loro 100 camere e i 5 ristoranti.
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Nelle foto, il percorso di golf di Borgo La Bagnaia, resort che riaprirà la sua struttura alberghiera in marzo in collaborazione con “Curio by Hilton”, Arzaga immersa nel verde e il Double Tree by Hilton di Acaya. Hilton gestirà anche Spa e bar della clubhouse. La formula del franchising prevede la presenza del management di Hilton a Bagnaia, l’organizzazione di tutto il personale, la gestione della promozione e della vendita dei pacchetti di soggiorno attraverso il loro circuito e la presa in carico di tutta la parte di incentive e meeting che ha sempre rappresentato una parte interessante dell’incoming per Bagnaia”. Quali i motivi che hanno spinto la proprietà a scegliere la nuova strategia per il Resort? “Dopo l’iniziale crescita, seguita all’apertura, in cui abbiamo potuto giovarci dell’effetto novità e del lancio, il numero delle presenze e dei pernottamenti è andato stabilizzandosi su quantità che non consentivano di soddisfare l’economicità della gestione. Per questo la proprietà ha deciso di cambiare rotta, di stringere un accordo con un partner che potesse consentirci l’ingresso in una dimensione più ampia e internazionale e di investire ancora sulla struttura, come richiesto da Hilton”.
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n Italia esiste anche un altro accordo di franchising della grande catena alberghiera americana con un resort golfistico. Stiamo parlando di Acaya, in provincia di Lecce, che però è collegato a Hilton nella sua area Double Tree. “L’accordo si configura in un progetto di internazionalizzazione del nostro golf resort - dice Giuliano Vestito, direttore del circolo pugliese - facendo leva su un marchio riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Hilton è una delle più grandi catene alberghiere del mondo. A gennaio 2009 la compagnia possedeva 3.000 hotel per una capacità totale di 545.000 stanze in 77 paesi. In Italia sono presenti a Firenze, Milano, Roma, Napoli, Olbia, Palermo, Bari, Venezia, Sorrento, Matera, Giardini-Naxos, Capri, Somma Lombardo e Lecce.” Quali sono i benefici che tale accordo ha portato? “Abbiamo avuto la possibilità, grazie agli strumenti di controllo e monitoraggio che Hilton mette a disposizione, di migliorare le nostre performance e di capire quali potevano essere le nostre eventuali mancanze dandoci la possibilità in tempi brevi di porre rimedio.” Come viene gestito il rapporto fra struttura alberghiera e golf club? “Il golf e l’hotel viaggiamo sullo stesso binario. Grazie all’Hotel si possono produrre green fee e viceversa grazie al Golf si possono
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produrre soggiorni alberghieri. Oggi la percentuale di ospiti del resort che sono anche golfisti è attorno al 45%.” Sono previsti ulteriori investimenti nella struttura alberghiera per la prossima stagione? “Ogni anno vengono stabilite strategie e budget da destinare all’albergo che affianca il golf. Uno degli elementi che contraddistingue il franchising è infatti legato alla struttura alberghiera che deve soddisfare i requisiti richiesti dalla catena a cui ci si affilia.”
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uello del franchising è il percorso intrapreso in Sicilia dal Donnafugata Resort, a due passi da Ragusa, entrato a far parte, da qualche mese, della famiglia Sheraton: “Partecipare al network Sheraton significa dover rispettare degli standard qualitativi che sono simili per tutte le strutture del gruppo – spiega Alberto Ricca, CEO di Donnafugata Resort - sia per quanto riguarda la dotazione e la qualità dei complementi, come possono essere gli asciugamani o i set da bagno, sia per quanto concerne le infrastrutture. L’obiettivo è quello di offrire una qualità di prodotto in linea con quella proposta da tutte le strutture Sheraton del mondo. Questo è quello che cerca il cliente che sceglie un cinque stelle Sheraton e che da oggi può trovare anche in Sicilia a Donnafugata”. Il 5 stelle lusso di Contrada Piombo, oltre ai due percorsi da 18 buche immersi nella macchia mediterranea a pochissimi chilometri dall’aeroporto di Comiso e dalle bellezze del barocco siciliano, offre 202 camere, tre ristoranti, due piscine, Spa e un centro congressi. Donnafugata ha siglato l’accordo con Sheraton dopo la conclusione dell’esperienza con gli spagnoli di NH. “Si tratta di due modalità differenti – prosegue Ricca – perché l’accordo con NH prevedeva un intervento e una gestione diretta di tutta l’operatività da parte spagnola, mentre il franchising con Sheraton ci impone il rispetto di standard qualitativi, procedure e regolamenti della catena e, in cambio, ci consente di essere commercializzati da una rete che già oggi, con il programma di fedeltà SPG di Starwood, ci proietta in un network di 20 milioni di iscritti, dei quali almeno 500mila golfisti. Riuscire a portare a Donnafugata anche solo l’1% di questi, sarebbe per noi già un risultato straordinario”.
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Le novità nel resort siciliano non riguardano solo la partnership con Sheraton ma anche le strutture golfistiche e non. “Abbiamo avviato lavori di riqualificazione del campo pratica e della zona di training. Ci sono due nuovi ristoranti che aumentano l’offerta per i nostri ospiti. Abbiamo spostato il parcheggio, ora meno visibile dalla reception, e ristrutturato la piscina della Spa. Siamo anche in attesa dell’autorizzazione per la costruzione di una nuova piscina più adatta alle famiglie, nella zona vicina alla buca numero 1 del percorso Parkland. Insomma, un grande impegno che, siamo certi, l’ingresso nella famiglia Sheraton potrà trasformare in un aumento delle presenze”.
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e operazioni con i network del leisure non sono però ad unico appannaggio dei gruppi stranieri. È il caso del Golf Club Arzaga che ha stretto un accordo con Blu Hotels, realtà italiana con base sul Lago di Garda, che raggruppa oltre 30 alberghi e villaggi di fascia medio alta, sparsi in tutta la penisola. In questo caso la partnership prevede la gestione, da parte d Blu Hotels, di Palazzo Arzaga, il 5 stelle di Calvagese della Riviera, fiore all’occhiello dell’ospitalità sulla sponda bresciana del Benaco. La scelta è stata dettata dalla consapevolezza di dover ricercare competenza e professionalità in un gruppo specializzato nell’ospitalità e nella hotellerie che potesse sfruttare le economie di scala, in termini di conduzione e marketing. Il personale di Blu Hotels si occupa direttamente della gestione dell’albergo, della ristorazione, compreso il bar della clubhouse e della Spa. Anche in questo caso il campo da golf e la sua manutenzione restano a capo della rodata squadra di greenkeeper della proprietà del Circolo. Gli indicatori, al terzo anni di collaborazione, sono tutti positivi. Le presenze nell’hotel sono in costante crescita anche rispetto agli ospiti non golfisti, ma in cerca di un prodotto a 5 stelle in un’oasi di tranquillità e charme, che oggi rappresentano quasi il 75% delle presenze. Altra voce rilevante che può essere incrementata da accordi di franchising è quella dei viaggi incentive e della convegnistica, utili per portare clienti e golfisti anche nei periodi di bassa stagione. “L’azione di marketing che può essere svolta dalla catena inter-
nazionale – commenta Maistrello de la Bagnaia - non è paragonabile a quella che la nostra rete di relazioni ci consente di svolgere. Il nostro mercato potenziale, come quello di tutta la Toscana, è il mondo e per questo, grazie ad Hilton e alla sua rete, possiamo entrare in contatto con più facilità con realtà del nord America, australiane e del Far East che vogliono l’Italia e cercano un luogo esclusivo e di prestigio per i loro meeting, vicino ai capolavori dell’arte e della cultura del nostro Paese e con servizi adeguati. Il franchising è soprattutto questo, opportunità di marketing e comunicazione che in una struttura stagionale come Bagnaia, possono massimizzare le presenze nei mesi di apertura del resort”. Gli accordi con Hilton e Sheraton dimostrano come ci sia fame di Italia e che i gruppi stranieri guardino con favore ad accordi con i nostri resort: “Prima di chiudere con Sheraton – spiega Alberto Ricca di Donnafugata – abbiamo ricevuto altre interessanti richieste da gruppi francesi e statunitensi europei. Questo testimonia come la destinazione Italia riscuota successi e sia appetita dalle grandi catene estere. C’è voglia di Italia e voglia di Sud. Purtroppo l’offerta turistica nazionale non è ancora adeguatamente supportata a livello centrale. Non c’è un’efficace comunicazione Paese ma penso che, anche attraverso accordi come quelli che abbiamo sottoscritto, sia possibile creare valore per le nostre imprese e i nostri territori”.
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UN DECENNIO DA RICORDARE Festa per l’esposizione privata di memorabilia golfistici più importante d’Europa: una collezione di oltre 3.000 bastoni, 8.000 palline e altri oggetti storici. Con gli applausi di St Andrews
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Museo Bisagno – Verona
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di Roberto Roversi
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Nella pagina accanto e in alto, con Marco Bisagno, la statua in bronzo del campione sudafricano Bobby Locke, all’ingresso del Museo. Qui sopra da sinistra, Fulvio Golob, Marco Bisagno, Marco Dal Fior e l’autore di questo articolo, Roberto Roversi.
lla Genovesa di Verona, un quartiere appena fuori la città scaligera, c’è il museo privato di golf più grande d’Europa: quello allestito con cura certosina e tanta perseveranza dall’avvocato Marco Bisagno. Per riuscire a realizzare un’impresa del genere, però, non sempre basta la passione per uno sport pur coinvolgente come il golf. Serve dell’altro, un qualcosa che ti possa dare la forza e la costanza di dar vita a un progetto che non sia solo fine a stesso. Per Marco Bisagno e sua moglie Jole. la spinta è arrivata dalla volontà di ricordare il figlio Davide, scomparso tragicamente nel 1999 a soli 30 anni in un incidente stradale. Davide era un golfista innamorato di questo sport e proprio dal desiderio della famiglia di onorare questa sua passione, è nata l’idea che si è trasformata nella realizzazione del Museo Bisagno, una realtà che quest’anno ha celebrato il primo decennale di vita. Dalla sua apertura avvenuta nel 2006, Marco Bisagno si è dedicato amore e dedizione alla crescita della sua “creatura” grazie alla quale, probabilmente, è riuscito in qualche modo a sentire meno gravoso il peso del dolore per la perdita di un figlio in età ancora giovane. Oggi il Museo Bisagno raccoglie oltre 3 mila pezzi tra bastoni, ferri e cimeli vari, oltre a più di 8 mila palline provenienti da tutto il mondo. Nel corso del tempo Marco Bisagno, anno dopo anno, ha arricchito la collezione del museo che oggi è considerata la raccolta privata più importante del golf europeo e tra le più rilevanti al mondo. La conferma più significativa è arrivata direttamente dal Museo di St Andrews, la culla del golf, che alla raccolta dell’avvocato veronese ha assegnato un riconoscimento internazionale. Attraversare le sale del Museo Bisagno significa avventurarsi negli albori del golf moderno che nasce, come sport organizzato e regolamentato, sul finire del ‘800. Tra le “gemme” della collezione spicca un legno appartenuto niente meno che a Old Tom Morris, grande campione vincitore dell’Open Championship, cui si deve anche il disegno di alcuni dei campi storici del golf britannico. Tra bastoni e ferri ci sono circa 3mila pezzi tra i quali oggetti rari, come alcuni legni del 19° secolo con lo shaft in hickory e la testa senza i “grooves”, o strani, come un sand wedge con la suola a pettine per facilitare le uscite dai bunker. La grande ampiezza della collezione permette anche di rendersi conto dell’evoluzione tecnologica dell’attrezzatura golfistica. I primi legni, ad esempio, oltre non avere ancora le scanalature sulla faccia, erano ricavati dalla lavorazione di un pezzo unico di legno. Successivamente, invece, si arrivò alla costruzione della testa con più strati e con la faccia intercambiabile, un’innovazione che rese più economico il costo dell’attrezzo. Una parte di rilievo, sicuramente la più scenografica del museo, è rappresentata dalla raccolta di palline da golf, più di
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In queste due foto, una parte dei bastoni d’epoca esposti nel Museo Bisagno. A destra, dall’alto, i premi per Kurt Anrather, Donato Di Ponziano e Mario Rossini, ripreso in compagnia di Marco Bisagno e della moglie, signora Jole. A destra, foto di gruppo degli invitati alla festa organizzata per i dieci anni dell’esposizione golfistica veronese.
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8 mila, tutte inserite in tubi di plexiglass trasparente che scendono dal soffitto fino al pavimento creando un accattivante impatto visivo. Ce ne sono di tutti i tipi e di varie epoche, ma le più preziose, pezzi risalenti agli anni ’20 e ’30, si trovano in bella mostra in uno spazio più adeguato al loro valore storico. Il Museo Bisagno, però, non contiene solamente attrezzatura. C’è anche una vasta raccolta di cimeli, dalle sacche dei primi del ‘900 a diverse stampe antiche con soggetti golfistici, oltre a una interessante e pregiata biblioteca nella quale trovano posto alcuni volumi di grande pregio storico e collezionistico. L’anno scorso questa parte del museo si è arricchita con il contributo di Marco Mascardi, il giornalista italiano di golf forse più noto e conosciuto scomparso lo scorso anno, che ha nelle sue volontà testamentarie ha deciso di lasciare in eredità al Museo Bisagno la sua raccolta di libri e riviste della quale fanno parte numerose pubblicazioni inglesi e americane. A Marco Mascardi, tra l’altro, nel 2011 è stato assegnato il primo premio “Museo Privato Bisagno della Storia e dell’Antiquariato del Golf”. L’anno successivo questo riconoscimento è andato, invece, a Franco Chimenti, presidente della Federazione Italiana Golf. In occasione del decennale del museo, dopo alcuni anni in cui non era stato assegnato, a ricevere questo ambito premio è stato Kurt Anrather che con la sua iniziativa “In City Golf” ha dato un valido e originale impulso alla promozione del golf. “In City Golf”, infatti, è un evento creato da Anrather per portare questo sport dentro le città organizzando manifestazioni golfistiche cui prendono parte campioni
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dello sport e personaggi dello spettacolo. Dal 2010 “In City Golf” è stato a Cortina d’Ampezzo, a Firenze, a Verona, a Livigno, all’Expò di Milano, a Merano e in futuro sarà presente anche a Berlino. Il premio consiste in una riproduzione di una statua del grande golfista sudafricano Bobby Locke, vincitore di ben quattro Open Championship tra gli anni ’40 e ’50, realizzata dallo scultore vicentino Gilberto Perlotto, detto “Gibo”. La scultura si trova all’esterno del museo assieme a un’altra opera dell’artista di Trissino, denominata “Il Pensoso”. Una copia ridotta di questa scultura è stata consegnata a Donato Di Ponziano, Fulvio Golob, direttore di Golf & Turismo e Professione Golf Club, a Marco Dal Fior, già presidente dell’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti. Una versione in bronzo è stata consegnata a Mario Rossini, Vice Direttore Generale di Veronafiere, quale riconoscimento per l’attività nell’ambito del golf. Alla serata che ha celebrato i dieci anni di vita del museo era presente anche Donato Di Ponziano, sin dall’inizio vicino a questa realtà, il quale ha voluto dare il proprio contributo alla collezione dell’avvocato Bisagno donando una rara copia di un disco LP inciso da Arnold Palmer in cui si spiega la tecnica del golf e una pubblicazione sulle regole del gioco risalente all’inizio del secolo scorso. Sull’attività futura del museo è stata ipotizzata la possibilità di esporre al pubblico una parte della collezione in occasione di eventi di grande richiamo come potrebbe essere l’Open d’Italia. L’idea, proposta da Fulvio Golob, ha raccolto l’approvazione entusiasta dell’avvocato Marco Bisagno. Adesso non rimane che mettersi al lavoro per realizzarla.
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FRA SWING E BOLLICINE
A breve distanza dal lago d’Iseo e immerso fra i vigneti di una delle zone più note per la produzione di bottiglie d’autore, il circolo bresciano presenta in queste pagine la sua grande e accogliente struttura ricettiva
In alto, un paio di vedute aeree della clubhouse (a sinistra) e del percorso Brut - Satèn del Golf Club Franciacorta che, accanto alle 18 buche classiche disegnate da Pete Dye e da Marco Croze, da alcuni anni può
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ifondato” nel 1984 da Vittorio Moretti, ed inaugurato due anni dopo, l’attuale Franciacorta Golf Club raccoglie l’eredità, il prestigio e le tradizioni di quello – voluto nel 1927 dal Barone Edoardo Pizzini Piomarta – costretto ad interrompere la propria attività nel corso del secondo conflitto mondiale. L’idea di far rinascere un golf club in Franciacorta venne nel 1984 appunto a Vittorio Moretti, già allora affermato imprenditore nel campo dell’edilizia, produttore di vini prestigiosi e ben degni della loro fama e, soprattutto, grande appassionato della sua terra. Ad invogliarlo all’ambiziosa iniziativa fu Tino Bino, esperto animatore dell’attività turistica del comprensorio del Lago d’Iseo, che gli propose di acquistare e di riconvertire al nuovo uso una vecchia cava d’argilla dismessa da tempo. L’idea era stimolante. Se
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si sottraeva una zona pregiata - però al tempo abbandonata - alla coltivazione della vite, doveva essere per un progetto di grande pregio, che valorizzasse e salvaguardasse nello stesso tempo le qualità ambientali e naturalistiche dei luoghi. L’iniziativa fu immediatamente recepita con entusiasmo dagli Amministratori del Comune di Corte Franca, competenti per territorio, ma i trenta ettari di terreno già disponibili erano all’incirca la metà di quelli necessari per creare il nuovo impianto. La parte più impegnativa di tutto il progetto fu proprio quella di acquisire, spesso ad un fazzoletto di terra per volta, tutti i terreni confinanti! I tempi di tutta l’operazione si possono giustamente definire da record: tutti i terreni necessari furono acquisiti in soli quattro mesi. Nella primavera del 1985, grazie al fondamentale sostegno del Comune di Corte Franca, tutte le necessarie autorizzazioni erano già state concesse e, a soli otto mesi dalla presentazione del progetto, eb-
contare sul Rosè (nove buche che portano la firma di Fulvio Bani). Nelle immagini sotto, il salone principale della clubhouse, che ha spazi distribuiti su due piani, e la bella piscina all’aperto del club bresciano.
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Nelle foto: l’ingresso, la sala delle carte, il ristorante, il pro shop e due immagini dell’esterno. A destra, il tavolo dei premi e la zona dedicata alle cantine di Franciacorta, celebri produttrici di bollicine e sponsor del Circolo.
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La scheda del circolo
A.S.D. Franciacorta Golf Club via Provinciale, 34/B - 25040 Corte Franca (Brescia) Tel. 030 984167 - Fax 030 984393 segreteria@franciacortagolfclub.it www.franciacortagolfclub.it Fondazione: 1986 - Stagione: aperto tutto l’anno Chiusura: martedì non festivo (eccetto agosto) Progetto: Pete Dye, Marco Croze, Fulvio Bani Presidente: Carlo Borghi Vice presidente: Alberico Bellicini Consiglio Direttivo: Tiziano Bertazzoni, Alberico Bellicini, Carlo Borghi (Presidente), Gianpiero Capoferri, Pietro Cosciani Cunico, Giulio Lanfranchi, Alberto Loreti, Enrico Prata. Percorso: Brut+Saten: 18 buche, par 73, CR 72,6, Slope 134, Rosè: 9 buche, par 34, CR 68,2, Slope 133 Strutture e servizi: campo pratica, putting green, noleggio carrelli e golf cart, pro shop, bar, ristorante (tel 030 984673), due piscine, locale wellness, tennis. bero inizio i lavori di movimentazione della terra. Dopo nemmeno un anno dall’inizio dei lavori le prime 18 buche erano già una realtà. Artefici di questo straordinario risultato in termini di tempo furono il già citato architetto Marco Croze e Aldo Malchiodi, che seppero gestire e dirigere abilmente, e con ferrea organizzazione, il lavoro di un centinaio di persone e di una trentina di sofisticati mezzi meccanici. La prima clubhouse fu ospitata in una vecchia cascina riadattata, la “Castagnola”, quasi a voler ricordare la colombiera, un residuato bellico, adibita allo stesso uso dal Barone Pizzini Piomarta nel suo club. Il nuovo campo venne inaugurato ufficialmente nel luglio del 1986, con una gara vinta da Maria Antonietta Fanti del Golf Club Bogliaco. Nel frattempo proseguivano le opere di completamento della struttura, con la realizzazione delle nove buche executive e della nuova clubhouse, su progetto dell’architetto Paolo Dabbeni. Grande, luminosa, confortevole ed accogliente la clubhouse ospita al piano terra i locali tecnici – spogliatoi, zona wellness, pro shop e caddy master – ed al primo piano la segreteria e la sala consiglio nonché, in un ampio salone open space, il bar, il ristorante, il soggiorno, la sala da gioco e la sala televisione. La nuova clubhouse fu inaugurata nell’estate del 1987 unitamente ai campi da tennis ed alle piscine. Per far fronte alle numerose richieste di residenze, subito dopo venne dato l’avvio anche alla costruzione del complesso immobiliare che affianca il club. Da ricordare anche il grande impianto fotovoltaico nel parcheggio, in grado di produrre il 70% del fabbisogno energetico del club.
Lo staff di Franciacorta
Dipendenti: Direttore Diego Cancarini; Impiegati Anna Spatti, Carla Paoli e Daniele Leporati. Superintendent Maurizio Zani; addetti al campo Ermanno Benedini, Giacomino Bozza, Roberto Sartori, Adriano Spatti e Alberto Zani; caddie master Remo Daga e Lorenzo Menassi; spogliatoio Flavia Sina e Damiano Pasinelli. Collaboratori: marshall Oscar Del Pozzo, Alessandro Manessi e Vladimiro Pasini. Pro Shop: Michela Comelli. Professionisti: Massimo Confalonieri, Mario Ugo Pasini e Andrea Zani Ristorante: gestore Stefano Finazzi; resp. sala Simone; chef Luigi; Orsola, Paula, Rasika, Cristina, Giovanni, Sergio e Ivonne.
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C A S T E L FA L F I
Centrale a biomasse
NUOVO MODELLO DI SVILUPPO SOSTENIBILE L’energia da fonte rinnovabile generata dall’impianto di Renovo Bioenergy alimenterà la rete di teleriscaldamento e climatizzazione a servizio del Resort, esempio di sviluppo turistico di qualità che valorizza al meglio le risorse naturali e l’economia del territorio di Andrea Ronchi
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arà rinnovabile e rigorosamente a km zero l’energia termica che alimenterà l’impianto di teleriscaldamento e di climatizzazione del Toscana Resort Castelfalfi, la tenuta collocata nel paradiso naturalistico che si estende su 1.100 ettari nel territorio del comune di Montaione (Firenze). La scelta di efficientamento energetico nel segno dello sviluppo territoriale legato a un modello di economia circolare e alla promozione di turismo sostenibile è stata ufficializzata dai vertici di Toscana Resort Castelfalfi e di Renovo Bioenergy nel corso dell’incontro “Energia rinnovabile per lo sviluppo di un turismo sostenibile”, svoltosi a fine ottobre nel suggestivo scenario del borgo medievale restaurato. L’avvio della partnership energetica e il ruolo delle energie rinnovabili per la sostenibilità di iniziative di valorizzazione turistica del territorio sono stati al centro dell’incontro, cui hanno partecipato, fra gli altri, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, l’Assessore all’Ambiente della Regione Toscana, Federica Frantoni, il Sindaco di Montaione, Paolo Pomponi, il Direttore General dell’AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali), Marino Berton, e il Direttore Generale del
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Credito Cooperativo di Cambiano, Francesco Bosio. Facendo gli onori di casa, Stefan Neuhaus, CEO di Toscana Resort Castelfalfi, ha introdotto i lavori ripercorrendo la genesi e le caratteristiche distintive della Tenuta e inquadrando la scelta a favore delle energie rinnovabili nel contesto del più ampio piano di riqualificazione territoriale a scopo agricolo e turistico voluto dalla multinazionale tedesca TUI, leader mondiale nei servizi per il turismo. Renovo Bioenergy, società che promuove progetti con l’obiettivo di creare un modello che parta dalla valorizzazione delle risorse del territorio per lo sviluppo di filiere produttive locali sostenibili, ha costruito la centrale energetica a biomasse che sorge all’interno della Tenuta, per un investimento complessivo di circa 3 milioni di euro. Renovo Bioenergy avrà inoltre il compito di gestirla per i prossimi 20 anni, fornendo tutta l’energia termica necessaria alla climatizzazione estiva e invernale dei fabbricati della tenuta. L’impianto sarà alimentato con il cippato vergine ricavato dalla manutenzione delle aree boschive della stessa tenuta e sottoprodotti agricoli e forestali provenienti dal territorio - come gli scarti di potatura e di alberi da frutto. “Sono orgoglioso di mettere a disposizione di Toscana Resort Castelfalfi il know-how acquisito da Renovo nella
progettazione, realizzazione e gestione di centrali termoelettriche dimensionate per approvvigionarsi, in modo sostenibile, con le sole risorse ‘di scarto’ non sfruttate del territorio, generando valore, nuove opportunità di sviluppo e occupazione per le comunità locali” - ha dichiarato in proposito Stefano Arvati, Presidente di Renovo SpA. “E proprio il territorio sarà il primo ad avvantaggiarsene: la maggior parte delle biomasse da utilizzare nell’impianto verrà infatti recuperata dalla manutenzione delle aree boschive della tenuta, cosa che contribuirà alla prevenzione dal rischio di dis-
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sesto idrogeologico. Un bosco abbandonato a se stesso è un bosco improduttivo e in cui la vegetazione in accumulo può portare a seri rischi”. Sul ruolo della biomassa come fonte di energia rinnovabile si è espresso anche Marino Berton: “L’Italia è riuscita a raggiungere la quota del 17% di energia rinnovabile con ben 6 anni di anticipo rispetto agli obiettivi posti dall’Unione Europea entro il 2020, per questo traguardo ha contribuito in modo significativo l’energia termica prodotta da biomasse, che rappresenta secondo i dati ufficiali (rapporto statistico del GSE) 5,8 Mtep su un totale di 20,2 Mtep prodotte da tutte le rinnovabili italiane (elettriche, termiche e trasporti), quindi quasi un terzo di questo valore”, ha sottolineato il Direttore Generale AIEL. “Considerando gli obiettivi europei al 2030 in termini di energia rinnovabile che saliranno al 27%, anche in coerenza con gli impegni assunti a Parigi alla COP 21 per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, nei prossimi anni l’energia termica prodotta dalle biomasse legnose da rinnovabili avrà ancora un ruolo fondamentale, sopratutto se saprà crescere nel quadro della gestione forestale sostenibile e nel proseguire gli sforzi in atto di innovazione tecnologica degli impianti. Un’operazione come quella portata avanti da Renovo Bioenergy, quindi, ha un valore straordinario perché dimostra come la cura del territorio, in questo caso quello di Toscana Resort Castelfalfi, possa diventare diventare energia, sviluppo dell’occupazione e turismo sostenibile, permettendo la riduzione dell’utilizzo del petrolio che dovremmo acquistare dall’estero”. Il Sindaco di Montaione, Paolo Pomponi,
ha espresso soddisfazione per l’ulteriore avanzamento di un complesso turistico a lungo atteso e oggi più che mai strategico per il rilancio del territorio e dell’economia locale: “Sono sempre più convinto che la salvaguardia del nostro territorio passi dall’incentivazione dell’uso di fonti energetiche rinnovabili e pulite. Il rispetto dell’ambiente e la corretta gestione delle risorse sono un requisito chiave per fare di Montaione una meta ambita per i turisti di oggi, ma anche per quelli di domani. Non a caso Montaione rappresenta la prima municipalità europea ad aver conseguito le certificazioni ambientali ISO 14001, ISO 50001 e la prestigiosa European Energy Award Gold. Per questo, il progetto di Castelfalfi rappresenta l’esempio concreto di un modello di crescita moderno e all’avanguardia, ma che allo stesso tempo sia in grado di valorizzare le caratteristiche che storicamente sono riconosciute alla nostra regione”.
“Da quando TUI ha deciso di investire su Castelfalfi, nell’ormai lontano 2007, abbiamo lavorato a stretto contatto con Comune, Provincia e Regione per individuare un modello di sviluppo che avesse come obiettivo primario il rispetto e la tutela del patrimonio ambientale di questa splendida area”, ha concluso con il suo intervento Stefan Neuhaus. “La partnership con Renovo rappresenta per noi un passo molto importante verso un più ampio percorso di efficientamento energetico che comprende, fra l’altro, il progetto di approvvigionamento idrico e la recente creazione di un impianto di depurazione delle acque a beneficio di tutte le strutture di cui si compone il Resort. Il prossimo investimento sarà mirato all’approvvigionamento elettrico mediante la costruzione di un nuovo parco fotovoltaico nei pressi del complesso immobiliare La Collina”.
Nelle foto, il tradizionale taglio del nastro e la conferenza stampa dopo la cerimonia. In alto, l’area dell’impianto e la caldaia termica a biomasse.
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S TO R I E I TA L I A N E
Il caso Le Madonie
La grande incompiuta Il 18 buche di Cefalù non ha mai visto pienamente la luce e la struttura, ferma da anni, vive nell’attesa che si riesca a concretizzare l’ennesima ordinanza di vendita. Anche se il prezzo dell’asta appare troppo alto... di Salvatore Brancati
A
luglio si è tenuto a vuoto il quinto tentativo di vendita del complesso alberghiero e golfistico Le Madonie. Questa imponente ed articolata struttura, incastonata tra le colline vicino Cefalù, è ben nota a tutto il mondo golfistico italiano e siciliano per la sua affascinante bellezza e per l’infinito potenziale che potrebbe sviluppare. Oggi la struttura si presenta i condizioni generali eccezionali. Il lavoro dei sei operai nell’arco di questi anni è stato costante e diuturno, garantendo che nulla di possibile andasse perso o depauperato. Tutte le caditoie e grondaie sono pulite, i locali aera-
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ti, lo sfalcio del verde condotto regolarmente. Il campo presenta i fairway in condizioni accettabili, mentre gli unici nei di tutta la struttura sembrano essere le condizioni di green, tee box, bunker e qualche elemento dell’impianto d’irrigazione. Ben poca cosa rispetto il temuto. Entrati nei luoghi, sembra di viaggiare nel tempo, senza che però si sia posata la patina della trascuratezza. Il mondo golfistico palermitano morde il freno per giocare vicino casa e finire un pendolarismo verso il Verdura che dura da oltre quattro anni, mentre gli italiani e gli europei cercano un bel posto alternativo ai paesi arabi. È l’unico 18 buche vicino ad una città d’arte di quasi 700 mila abitanti ed attaccato ad una località turistica come Cefalù.
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Nella pagina accanto, lo splendido panorama sul Tirreno che si poteva godere dalle buche de Le Madonie. Qui sopra il putting green del circolo siciliano inaugurato nel 2004 e da anni dichiarato fallito. Sembra tutto meraviglioso. Intanto, però, sono passati a vuoto oltre quattro anni e cinque ordinanze di vendita. Siamo giunti all’ennesimo capitolo di una saga che in realtà non ha mai visto un reale decollo. Sin dalla sua inaugurazione nell’agosto 2004, Le Madonie G.C. ha sempre offerto promesse di grande sviluppo turistico e sportivo, ma in realtà nessuna di queste si è mai realizzata pienamente. In ogni aspetto della vicenda: turistico, ristorativo, golfistico e sociale, la compagine manageriale non ha mai condotto una sola operazione pienamente in porto. E sembra che anche stavolta gli Organi della Giustizia stiano facendo altrettanto. La quinta ordinanza di vendita ha proposto, infatti, valori che sembrano ampiamente fuori mercato, ancorché impeccabili dal punto di vista legale. Gli oltre 15 milioni richiesti per l’acquisto, sembra che non potranno essere ripagati con i prezzi e i volumi attualmente identificati per questo segmento turistico. Nonostante la “chiusura turistica” di tutto il Magreb (dal Marocco all’Egitto), sembra che Le Madonie non abbiano in realtà un appeal paragonabile agli altri Resort siciliani e a quelli stranieri. Essenzialmente sembra che la differenza di stile architettonico “non definito” potrebbe essere il punto dolente della struttura. A discapito, infatti, dell’assoluta ed incontestabile perfezione delle condizioni degli immobili ed accessori (dagli arredi, alle cucine, ecc..) la struttura nel suo complesso sembra possa non incontrare i gusti di una clientela talmente sofisticata da premiare oggi i costi da cinque stelle lusso di Verdura o di Donnafugata. E, di conseguenza, sembra lunghissimo il percorso per recuperare un tale oneroso investimento. Lo stesso campo da golf è stato disegnato seguendo il percorso delle colline, con un criterio “anni ’90”. Stupendo, panoramico, naturalistico… Ma è altrettanto vero che molti oggi prediligono campi dai fairway ampi e lunghi, tali da non costringere i gioca-
tori a ricercare le palline perse tra gli ulivi, nel tentativo di imitare i drive di Rory McIlroy. Sui piatti della bilancia della giustizia e dell’economia troviamo quindi da un lato la localizzazione, le condizioni generali e il monopolio golfistico della zona; dall’altro, la necessità di procedere per un riammodernamento profondo del disegno del campo e del design della struttura. Purtroppo, come dicevamo, il quinto tentativo d’asta è andato deserto. Le procedure prevedono che si possa provare un ennesimo esperimento di vendita entro i primi mesi del 2017, anche se pare che non possano comunque essere accettate offerte inferiori ai dieci milioni. Tale cifra sembra essere i limite massimo anche per un realistico punto di equilibrio economico per eventuali investitori. Come avvenuto per simili realtà siciliane, sembra, infatti, che i possibili acquirenti possano essere forti e seri compagini con capitali alle spalle. Questi, a loro volta, potrebbero cedere la gestione ai grandi marchi del turismo. Si pensi al felice caso di Donnafugata, passata dall’NH ad un gruppo d’investitori e da questi alla prestigiosa firma di Sheraton. Stessa sorte sembrerebbe essere un plausibile futuro, stante l’equilibrismo economico da trovare e perpetrare nel tempo. Ma dopo queste illazioni e voli pindarici, torniamo ad assistere all’ennesimo atto di questo show e ricordiamoci che almeno una cosa è certa: per chiunque vorrà visitare in un fine settimana Palermo e Cefalù, per chi farà un giro golfistico della Sicilia, per chi giocherà in inverno a 15 gradi mentre a casa sua al nord ce ne saranno 15 in meno, per le società che organizzeranno gare, clinic o allenamenti in posti caldi e sicuri e per tutti i golfisti siciliani, Le Madonie Golf saranno sempre un interessante punto fisso.
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BACKTEE Marco Dal Fior
Mettiamoci d’accordo: inizio o centro green?
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uando mio nonno sottolineava compiaciuto che “tutto il mondo è paese”, voleva farmi notare che a qualunque latitudine, sotto ogni cielo e al seguito di ogni bandiera l’uomo resta sostanzialmente uguale ai propri simili, con reazioni che conto in banca, posizione sociale e curriculum di studi difficilmente riescono a modificare. Come se nel nostro dna ci fosse scritta da tempo immemore una scala di valori che ci consente immediatamente di stabilire cosa è giusto e cosa no. Nel mondo globalizzato di oggi, “tutto il mondo è paese” ha significati più terra a terra. Vuol dire, ad esempio, che ovunque ti muovi nelle vie centrali della città trovi le stesse insegne e gli stessi negozi. La gente è vestita allo stesso modo, insegue gli stessi idoli. Di più: la palla di vetro che, capovolta, copre con una improbabile nevicata il ponte di Rialto piuttosto che Piazza San Pietro, se guardi bene scopri che la fanno in Oriente, perché là costa meno. La produzione (ossia le fabbriche e il lavoro) si sposta da un capo all’altro del mondo inseguendo la redditività. E perfino
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le lingue perdono colpi, lavorate ai fianchi dall’inglese che è diventata la moderna “koiné” che consente al villaggio globale di comunicare. In questa marmellata di popoli e di culture, logico che si cerchino minimi comun denominatori. Protocolli internazionali che ci salvino da disastrosi equivoci, come quello capitato a quell’équipe di scienziati continentali che mandò a schiantarsi una sonda costosissima perché la fece spostare di 100 metri invece delle 100 yard richieste dal manovratore inglese. Chi come me è nato e vissuto a lungo nel mondo delle lire, ci ha messo un po’ ad abituarsi all’euro. Ma ne ha benedetto l’invenzione ogni volta che, trovandosi all’estero, è stato esentato dai calcoli necessari per stabilire l’importo del tal prodotto o del conto del ristorante. Una bella comodità. È per questo che mi chiedo perché nel golf – che pure si richiama a origini comuni e condivise e pretende da tutti i suoi adepti comportamenti uguali, dalla Nuova Zelanda alla Scandinavia – sia così difficile applicare un linguaggio comune. Mi riferisco agli indicatori di di-
stanza. D’accordo che oggi, con gps, telemetria e quant’altro la loro utilità è senz’altro minore, ma mi chiedo perché sia così difficile accordarsi per una misurazione univoca della distanza dal green. Ognuno fa come gli pare: a inizio green, al centro, a 200 metri, a 135, a 75 e chi più ne ha più ne metta. Non solo: pochissimi Circoli sentono il bisogno di indicare sullo score i criteri adottati, preferendo lasciare all’intuito degli ospiti la soluzione del piccolo mistero. Non mi pare impossibile trovare una soluzione condivisa. Io nel mio piccolo proporrei la misurazione all’inizio del green. Quella al centro rende difficoltosa - se non inutile - la valutazione delle “pin positions”. Ma è solo un suggerimento. Sono prontissimo ad adattarmi alle distanze a centro green. Ma in tutti i Circoli, per favore. Così eviterò il siparietto che ogni volta, alla buca 1, mi tocca di vivere con i miei compagni di gioco: “Qualcuno ha chiesto se le distanze sono all’inizio o al centro del green?”. E, dopo accese discussioni, avere una scusa in più per sparare il ferro 5 fuori limite. (mdalfior@alice.it)
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I numeri del golf in Italia
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I circoli virtuosi 2015
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No ai campi “lenti” CLUBH OUSE
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PROGE TTI
La parte sommersa dell’iceberg I segreti dei green
Sotto il solleone
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Meeting a Tolcinasco
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INTERV ISTE
Maria Amelia Lolli Ghetti Alessio Chiusso
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Roberto Pappalardo
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Bisogna risparmiare tempo
BioGolf: ecco il progetto
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ato Un progetto mai decoll INCHIESTA na Speciale Emilia Romag
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INVERNO 2013
ESTATE 2013
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PRIMAVERA 2014
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INTERVISTE
COSTANTINO ROCCA
AUTUNNO 2014
ESTATE 2014
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Il golf in Italia
22/07/13 10.30
COVER PROFESSIONE
ECOLOGIA
È nato BioGolf INDAGINE Made in UK
Egle Ancillotto Irene Gemmo Giovanni Nava
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STATISTICHE
INTERVISTE
Federico Brambilla Mauro Guerrini Maurizio Zani
Poste Italiane Spa - Spedizione
I migliori d’Europa
Il recupero di aree depresse
Poste Italiane Spa - Spedizione
Dana Garmany Gianni De Polo
LEADING GOLF COURSES
GOLF & TERRITORIO
by GOLF&TURISMO
PERSONAGGI
Costantino Rocca
Poste Italiane Spa - Spedizione
Manutenzione da Open
PGAI
Giuseppe Nava e Achille Ripamonti
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GREENKEEPING
PERSONAGGI
Poste Italiane Spa - Spedizione
Difendere la professione
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Dieci idee per sviluppare il golf
n°46) art. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004
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Misurare i parametri dei green
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ECOCOMPATIBILITÀ
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Pramerica Course e Le Saie
Un futuro biologico
Caro maestro: manager o insegnante?
INTERVISTE
TECNOLOGIA
Alexander von Spoercken e Donato Di Ponziano NUOVI CAMPI
Sentenze positive per Carimate e Villa d’Este
Campi pratica: nuovi golfisti cercasi
PERSONAGGI
Triple da green
ACCERTAMENTI & TASSE
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CAMPI PRATICA
La fabbrica dei golfisti
50 anni di macroterme Bermuda a Tolcinasco
Incontro con Kyle Phillips
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L’Europa e i fitofarmaci
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GRANDI ARCHITETTI
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Il protocollo di BioGolf
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ECOLOGIA & AMBIEN
MANUTENZIONE
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Obiettivo macroterme
INCONTRI
Nasce il Biogolf
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a Il nostro posto in Europ MANUTENZIONE Gli inter venti invernali
INCHIESTA
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