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Assotir Claudio Donati

Claudio Donati

Assotir

La transizione ecologica, diventata decisione politica europea attraverso il Recovery Fund, di cui il PNRR è lo strumento attuativo italiano, ha implicazioni estremamente vaste, al momento di diffi cile valutazione, se non per gli aspetti più evidenti.

È richiesto a ognuno di noi un cambio culturale, che ci richiama al nostro essere “abitanti di questo pianeta” prima che “homines oeconomici”, e su questa nuova gerarchia, che individua la priorità nel rispetto dell’ambiente che ci ospita, andrebbe organizzato il nuovo modello di sviluppo, economia compresa.

La vera sfi da è, se e come, questo input, di ordine fi losofi co, può essere applicato nel mondo reale.

L’autotrasporto, volente o nolente, sta dentro questo processo, nonostante venga citato solo incidentalmente nelle misure del PNRR.

Abbiamo davanti alcuni nodi, che appaiono ineludibili. Ne cito quattro:

Transizione energetica

L’evoluzione tecnologica è veloce, ma siamo ancora lontani dalla produzione di veicoli pesanti ad alimentazione ambientalmente neutrale, tali da poter essere accettati dal mercato. Non c’è dubbio, comunque, che quando tale circostanza si verifi cherà, un’accelerazione del processo di ricambio del parco veicolare necessiterà dell’azione di sostegno pubblico, come del resto sta già avvenendo per il mercato delle autovetture. Rimane, comunque, il fatto che nell’immediato occorre sostenere lo sforzo di rinnovamento delle imprese verso le soluzioni ambientalmente meno impattanti, a prescindere dai provvedimenti europei.

Risparmio energetico

Può essere ottenuto attraverso l’ottimizzazione dei carichi, che

si realizza non solo spostando la merce dalla strada alla ferrovia e al mare, ma anche attraverso il bilanciamento delle attività di trasporto tra “viaggi a carico e a vuoto”, specie nelle tratte nord-sud del Paese. Avvertiamo la carenza di una piattaforma informatica che, sotto l’egida pubblica, potrebbe essere realizzata a tale scopo.

Modalità di consumo

Il sistema “just in time” a cui si è aggiunto quello introdotto da “Amazon” (tutto a casa tua senza spese) produce, a parità di volume di merce trasportata, un incremento considerevole del movimento di veicoli per numero e chilometri. Se a ciò si aggiunge l’apporto delle merci trasportate in contro proprio, oltre due milioni di veicoli commerciali, caratterizzato da un costante eccesso di veicoli rispetto alla merce trasportata, si vede – in una logica di sistema - quanto sia grande il dispendio di energia, oltre all’inquinamento connesso a queste modalità organizzative. Si tratta di aspetti che, apparentemente laterali rispetto alle tematiche sull’impatto ambientale, in realtà, ne costituiscono i nodi cruciali.

Innovazione e nuove diseguaglianze

In questo passaggio epocale c’è il rischio di nuove contraddizioni connesse all’innovazione. Non solo come momento di nuovo conflitto tra chi sta dentro il processo e chi ne resta escluso, ma anche e, soprattutto, come momento in cui l’innovazione si somma a nuove forme di sfruttamento. Esempi già evidenti sono nella distribuzione urbana ma anche in molte filiere del trasporto, in cui si pretende dai vettori il massimo dell’innovazione quanto ai veicoli, e allo stesso tempo si impongono tariffe al massimo ribasso. C’è rischio che si affermi il corollario per cui, a un maggior tasso di innovazione si accompagni un minor tasso di imprenditorialità. Anche da questo punto di vista, il processo di transizione ecologica deve essere accompagnato da regole e controlli che garantiscano un perimetro di legalità, al cui interno, e non oltre, deve svolgersi la concorrenza tra le imprese di autotrasporto.

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