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Fiap Alessandro Peron

Alessandro Peron

Fiap

Il tema ambiente è, senza alcun dubbio, chiave quando si tratta la questione sostenibilità. Ma, purtroppo si dimentica che nel contenitore sostenibilità occorre anche collocare altre due componenti fondamentali in un processo obiettivo di transizione ecologica, quella sociale e quella economica. Qualsiasi politica o azione rivolta alla transizione e alla cura dell’ambiente che non tiene conto di questi due ingredienti della ricetta “cambiamento” è destinata a non restituire i risultati attesi, nei tempi fi ssati. La sfi da della transizione ecologica è strategica e decisiva in un Paese nel quale il 90% delle merci viaggia su gomma, e non per scelta dell’impresa di autotrasporto ma per necessità, operatività ed effi cienza logistica chiesta dalla committenza che a sua volta risponde alle richieste del mercato. L’intermodalità, la digitalizzazione dei processi e l’utilizzo di veicoli di nuova generazione sono strumenti che contribuiranno a rendere tutto il sistema più sostenibile. Ma è un obiettivo che si può raggiungere ponendo il rispetto delle regole al primo posto e, sul piano economico, riconoscendo la giusta remunerazione per i servizi resi dalle imprese professionali. Come è possibile pensare di effi cientare il trasporto e la logistica in un ambiente nel quale il dumping tariffario e l’impiego di soluzioni defi nibili di “contenimento dei costi” al di fuori della legalità, e che generano anche un danno per l’erario, emergono sempre di più fi no a salire sul palcoscenico della cronaca? Dobbiamo fare molta attenzione a non dimenticare le vere componenti che potranno favorire davvero il processo di transizione.

Il trasporto è sempre stato tra i settori pionieri nell’innovazione e nell’uso delle tecnologie utili all’ottimizzazione dei servizi e del lavoro. Vi sono molteplici esempi di questa proiezione al nuovo, come gli strumenti di comunicazione e di controllo delle fl otte attraverso i quali ottimizzare la gestione delle fasi del trasporto in relazione alle muta-

te esigenze della committenza. Abbiamo, tuttavia, la sensazione che l’attenzione si sia concentrata troppo sul cosiddetto “tubo di scarico” dei veicoli, e sull’uso di combustibili o alimentazioni alternative. Gli obiettivi che ci vedono coinvolti per il 2030 non dovrebbero essere legati, per il trasporto, unicamente a questo unico aspetto. La sfida vera è quella di individuare misure e interventi che comporteranno la complessiva riduzione dell’impronta di carbonio delle imprese. Per acquisire maggiore coscienza su tale aspetto occorre, ad esempio, essere in grado di calcolare e stabilire quale sia la propria “impronta” sull’ambiente, individuando un punto di partenza dal quale muovere ogni azione tesa al miglioramento. Una sorta di “punto zero”. Occorre, poi, individuare quali siano le aree critiche per poter creare un vero e proprio piano di miglioramento, senza l’influenza di stereotipi che conducano in una sola direzione. Occorre rendere consapevole ogni imprenditore del contributo che potrà dare per l’ambiente ogni sua azione, non solo attraverso l’acquisto di un veicolo o nella organizzazione di un servizio di trasporto che preveda l’utilizzo dell’intermodalità. Anche perché se, ad esempio, nell’intermodalità l’uso della ferrovia è legato ad energia elettrica prodotta con il carbone, l’impatto sull’ambiente è tutt’altro che mitigato. E poi riconoscendo una remunerazione dei servizi resi, coerente rispetto ai costi veri, agli investimenti e alla gestione complessiva dell’impresa di trasporto, il turnover dei veicoli con modelli più efficienti sarebbe più agevole. Mentre ora si combatte una battaglia al ribasso e in un contesto nel quale il trasporto in quanto tale viene visto come se fosse un “componente esterno” e non “core” nei cicli del trasporto e della distribuzione delle merci. Tutti lo usano, pretendendo disponibilità e qualità, ma di remunerarlo in modo adeguato, non se ne parla.

Aiutare le imprese a sostituire (rottamandolo) il proprio parco veicolare è certamente uno strumento (ma non il solo). Un provvedimento distribuito su un arco temporale ampio permetterebbe l’adozione di strategie più appetibili e alla portata economica e organizzativa degli imprenditori. Quanto fatto, ad esempio, nel piano Industria 4.0 è un ottimo esempio di riferimento. Anche il Marebonus ed il Ferrobonus sono degli ottimi strumenti, ma dovrebbero essere focalizzati sulla merce, concedendo voucher direttamente ai trasportatori. E poi, non possiamo dimenticare che il sostegno alla digitalizzazione ha tutte le caratteristiche utili a creare effetti virtuosi. Ideare e mettere in pratica un vero e proprio progetto di logistica 4.0, attivando crediti d’imposta chiari e precisi che aiutino le imprese nei loro investimenti tecnologici, sarebbe l’ideale. Anche quando si tratta di ricambio del parco veicolare. Tra l’altro, sfruttando al meglio le connessioni ed i rapporti con associazione del settore di altri Paesi, abbiamo appreso e compreso, in via informale, che il Recovery and Resilience Facility di matrice Ue, non preclude percorsi orientati in tal senso, anche per quanto concerne il parco veicoli. Su questo stiamo già svolgendo opportuni approfondimenti.

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