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Il futuro delle relazioni
from Relazioni: #1
by ale-rel
a cura di Aprilanti
all’inizio del 2020 un gruppo di professionisti delle relazioni pubbliche si è autoconvocato per riflettere sulle sfide e le emergenze che interrogano il mondo della comunicazione: nascevano gli Aprilanti, e dal magma di idee e sollecitazioni messe in circolazione in quel contesto ha preso forma anche Relazioni:.
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In questo spazio, una sorta di rubrica “autogestita”, gli Aprilanti raccontano le loro attività. A cominciare dai webinar organizzati durante i primi mesi di vita del gruppo, quando il lockdown imponeva forme di interazione a distanza. Dopo l’incontro fondativo, a metà aprile si è tenuto il primo webinar dedicato alla riflessione sul futuro della professione. Si partiva da una necessità che era anche un’indicazione di metodo: estrarre dalla propria esperienza riflessioni, spunti, concetti da mettere in comune con tutti i professionisti delle relazioni pubbliche, e non solo con loro.
Uno degli obiettivi principali degli Aprilanti, infatti, era ed è quello di costruire ponti tra mondi diversi; di conseguenza, oltre ai comunicatori, i webinar hanno coinvolto docenti universitari, dirigenti d’azienda, imprenditori, intellettuali. Di seguito riportiamo brevissime sintesi degli interventi del primo webinar, che si è svolto, dopo i rinvii dovuti al lockdown, l’1 di aprile, tanto che per chi vi ha partecipato è diventata la riunione “Pesce d’aprile”. Sul canale YouTube Aprilanti Video si trova la versione integrale di tutti i webinar.
Adriana Mavellia. Per impostare la riflessione sul futuro della professione occorre interrogarsi sulle ragioni che hanno reso difficile comprendere la complessità della globalizzazione, accolta senza un’adeguata analisi critica proprio da chi fa dell’esercizio del senso critico il perno della propria professione. Le classi dirigenti, infatti, i professionisti, le élite intellettuali hanno fatto mancare la propria capacità di analisi dei fenomeni sociali ed economici che hanno portato il mondo nelle condizioni attuali.
Toni Muzi Falconi. I relatori pubblici non sono riusciti a far emergere una cultura delle relazioni, e talvolta sono stati i primi a non credere nella sistematizzazione della loro disciplina. Una delle cui premesse è la distinzione tra due figure che, seppure a volte congiunte, svolgono ruoli diversi: il relatore pubblico, che aiuta l’organizzazione a raggiungere gli obiettivi ascoltando e conoscendo la genesi dell’organizzazione stessa e del territorio in cui agisce; e il comunicatore, che si occupa di diffondere il messaggio e di portarlo piú efficacemente possibile all’audience definita. Obiettivo prioritario per relatori e comunicatori negli anni a venire sarà costruire il capitale relazionale sociale del territorio italiano, che per troppo tempo è stato trascurato.
Omer Pignatti. La professione del relatore pubblico è stata investita negli ultimi anni dallo smarrimento di competenze specifiche e da una regressione del pensiero critico. Le tendenze omologanti della globalizzazione hanno cancellato soprattutto le competenze legate alla progettualità e alla creatività, e spesso reciso i legami con il territorio. Digitalizzazione e disintermediazione hanno creato una frattura generazionale: mentre i comunicatori esperti non hanno colto la portata della trasformazione, i piú giovani l’hanno cavalcata senza sviluppare un’autentica capacità critica. Per ricomporre la frattura occorre agire sui luoghi della formazione, stimolarli a superare le formule manua-
listiche, potenziare studi formativi che alzino la qualità culturale complessiva. La comunicazione deve recuperare valori e concetti ambiziosi, come la riflessione sul tempo, sull’estetica, sull’utopia, e passare dall’io al noi costruendo comunità di relazione.
Giovanna Cosenza. La formazione universitaria e l’insegnamento delle relazioni pubbliche sono stati ispirati da docenti che avevano un’idea “verticale”, alta e profonda della disciplina; erano capaci di promuovere una visione ampia, e di favorire lo studio e l’analisi dei sistemi (come per esempio Umberto Eco all’Università di Bologna). I corsi di laurea delle origini in Italia erano pochi, e consentivano una formazione intensiva. Con la riforma universitaria si sono moltiplicati e frammentati, mettendo in crisi la visione verticale e l’integrazione dei saperi che dovrebbe costituire il fondamento culturale della professione.
João Duarte. Il ruolo del comunicatore si è trasformato passando dalla funzione di consigliere dell’imprenditore a una dimensione puramente tecnico-manageriale. Il dna delle imprese si è modificato: allentato progressivamente il legame col territorio, venuta meno la figura dell’imprenditore “di visione” che cercava consulenti che lo aiutassero a vedere l’orizzonte, lo sviluppo delle imprese su scala globale ha finito col privilegiare il tecnicismo. Il relatore pubblico ha assunto quindi un profilo esecutivo, tecnico-manageriale, che aderiva ai cambiamenti della cultura aziendale.
Francesca Folda. In tutto il mondo aumenta la disuguaglianza. Le economie in formazione degli stati emergenti ereditano il difetto delle economie tradizionali: provocano divario sociale. Allo stesso tempo, però, contengono un elemento di novità: riescono a pensare in termini di sostenibilità ambientale. Questa modalità di pensiero andrebbe cooptata e integrata in un “global mindset”, una mentalità globale che possa rendere l’interazione planetaria, fino a oggi verticale, un fenomeno orizzontale.
Rosanna D’Antona. Le relazioni pubbliche sono già diventate parte di una conversazione piú estesa che apre la professione al confronto con realtà precedentemente impermeabili. La trasformazione di quello che era spesso un monologo in una forma di dialogo, o di discorso a piú voci di tutte le parti in causa (la politica, l’impresa, il sociale) è un fenomeno auspicabile che va incoraggiato, e che potrà essere favorito positivamente dalle nuove tecnologie.
Massimo Tafi. La crisi globale prodotta dal Covid-19, che ha amplificato quella già in corso della globalizzazione, non produrrà grandi cambiamenti (è raro che trasformazioni significative derivino dai drammi collettivi), ma potrà indicare la necessità di percorrere strade nuove. Spostamenti magari non eclatanti ma capaci di incidere in profondità: forme di associazionismo piú forti, per esempio, potrebbero sostenere la professione e aiutarla a superare divisioni controproducenti.
Francesco Rotolo. Lo storico Yuval Noah Harari ci ha messo in guardia sul “mondo che verrà”: anche se “la tempesta passerà” le decisioni prese durante questi mesi lasceranno segni duraturi. Per le nazioni e le loro popolazioni la partita si giocherà tra “people empowerment” e controllo totalitaristico. Quando le persone sono costrette a scegliere tra libertà e sicurezza, tra privacy e salute, le democrazie sono già a uno stadio critico e occorre aumentare ancora di piú il livello di consapevolezza delle persone. Le relazioni pubbliche possono dare un grande contributo in questa direzione.
Per mettersi in contatto con gli Aprilanti ed essere informati sulle loro attività, si può scrivere all’indirizzo hello@aprilanti.org ◊