INCUBI

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associazione culturale

Introduzione di Gipi


“INCUBI” edizione italiana è copyright © 2009 Associazione Culturale DOUbLe SHOt

ISBN: 978-88-96064-16-0 Associazione Culturale DOUbLe SHOt e il logo DOUbLe SHOt sono copyright © 2009 Associazione Culturale DOUbLe SHOt Il logo DOUbLe SHOt è opera di Fabio Lai Copyright © 2009 Michele Penco Finito di stampare nell’ottobre 2009 presso GENESI GRUPPO EDITORIALE S.r.l. - Città di Castello (PG) Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta o trasmessa (se non a scopo di recensione) in qualsiasi forma o mezzo senza il preventivo consenso scritto da parte dell’editore


Prefazione C’è un barile in un fosso. E c’è uno steccato fatto di tavole mezze rotte. E c’è un prato leggermente scosceso e una città sul fondo e questa città manda un campanile scuro in controluce a un chiarore lunare nascosto dalle nubi. Ma le nubi non velano tutto il cielo. Ci sono stelle che spuntano. E anche la luce della luna, si fa strada e riflette sul mare. Si avvicina, scivola su un canale, torna fino al barile, ne illumina il dorso metallico. Sul prato c’è un uomo in piedi. Piccolo, nell’inquadratura. Perduto nel paesaggio. Minoritario. Conosco l’amore di Michele Penco per il disegno di realtà dai giorni in cui, appena conosciuti (lui era un ragazzino) prendemmo ad andare a disegnare in giro. La prima volta che vidi un suo disegno dal vero (era la prima volta che ci provava ed erano delle colline lucchesi) pensai di ammazzarlo. Lo pensai davvero: assassinarlo e fare una buca con una pala e metterlo nella buca. Chi lo avrebbe trovato? Lo pensai davvero. L’invidia, per un disegnatore, è una bestia terribile. Non lo feci. Diventammo amici. Questo succedeva dieci anni fa. Forse di più. Ora mi trovo a scrivere la prefazione al suo libro e, se devo essere sincero, questa è la quinta che scrivo. Non sono un critico. Come faccio? E poi sono suo amico, pure. Però ci sono i disegni. Ancora quei disegni per i quali, sono sicuro, qualsiasi disegnatore moderno vorrebbe scavare una buca e infilarlo dentro. Perché Michele richiama tutti all’ordine. Per lui non ci sono scorciatoie stilistiche, né pop, né avanguardie. Michele disegna. Disegna come Doré realizzava le sue incisioni. E quel disegnare ammutolisce tutti. Quanta fiducia nella rappresentazione. Quanto lo invidio. In questo libro ha fatto una cosa impossibile. Ha mostrato gli orrori che Lovecraft aveva solo suggerito, senza definirli mai. Lui li ha mostrati: e non nascondendoli in giochi di ombre. No. In modo palese, frontale, illuminato. Una cosa impossibile. Ora, io ho una fiducia smodata nella pratica e nessuna fiducia nel pensiero. Così sono convinto che la forza del disegno di Michele stia nell’assurda e maniacale e autistica pratica di lavorare a china e pennello, con tratti impossibili e sottilissimi. Sono sicuro che da questa pratica nasca la magia di queste pagine. Non da una riflessione dell’autore, ma dalla fiducia assoluta (e inconsapevole, credo) che l’autore ha nel disegno. Ho sempre pensato che non si possa seguire la passione ma che questa se è, ci domina e ci guida, almeno fino a che ha voglia di farlo. Fino a quando non decide di lasciarci e andare sulle spalle di un altro. Sono convinto che per Michele sia così. Michele è dominato dal disegno. Posseduto. Come una figura dei racconti di Lovecraft. Come Erich Zann, posseduto dalla musica. Come Lovecraft stesso, posseduto dalla scrittura. Io lo conosco bene e so quanto questa possessione gli dia gioia e tormento. So quanto questi disegni meritino ammirazione e rispetto. Per il lavoro che richiedono, per la caparbietà necessaria e per l’assoluta sincerità del suo autore. Rispetto. E una pala. E una buca. Prima o poi.

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Introduzione dell’autore Il libro che state per leggere é composto da quattro storie diverse, due delle quali sono liberamente ispirate al mondo dello scrittore americano degli inizi del ‘900 H.P. Lovecraft. Scoprii questo autore da adolescente e mi innamorai delle sue storie fantastiche che spesso, oltre a essere piuttosto terrificanti, contengono una vena di poesia e di autentico mistero; la mia speranza é di essere riuscito, nell’insieme, a trasmettere le sensazioni, spesso molto eteree, che provavo leggendo i suoi libri. Questo volume, dunque, é anche un omaggio a lui. Le altre due storie, “l’autoritratto” e “l’essere del sogno”, sono di mia invenzione e in esse ho cercato di rendere reali alcune idee che si aggiravano nella mia mente da tempo e che, alla fine, ho deciso di concretizzare. Un ringraziamento particolare va a Gianni, meglio conosciuto come Gipi, che nel corso degli anni mi ha insegnato moltissime cose sul disegno e ha tenuto viva la mia speranza di riuscire a campare con questo mestiere; per me la sua concezione di fare fumetto é sempre stata una inesauribile fonte di ispirazione, nonostante in apparenza questo lavoro sia diverso dalle sue tematiche. Un elemento fondamentale della mia formazione artistica é stato il disegno dal vero, che mi ha fatto scoprire uno strano mondo fatto di sola osservazione, e che ritengo uno dei metodi migliori per imparare ed evolversi nel disegno in genere. Ringrazio anche gli amici della DOUbLe SHOt per avermi dato l’opportunità di pubblicare questo mio primo libro al quale, credo, rimarrò affezionato nel tempo. Non mi resta che augurarvi una buona lettura nella speranza, naturalmente, che queste storie vi inquietino molto...

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L’autoritratto

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finito.

ecco!

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mio dio!

noooo!

aaah!

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cara, vieni a vedere questo. è nuovo.

ma è orribile!

qui dice che è un autoritratto...

un ennesimo pittore che ha scelto il compiacimento della mente a un sano realismo.

io questa pittura proprio non la capisco...

già...

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La città sull’oceano

ispirato a un racconto di H.P. Lovecraft

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la corriera percorse la strada che si snoda sinuosa lungo il litorale, tra basse colline e strapiombi verticali contro i quali si infrangono, da sempre, le onde dell’oceano immenso. in questi luoghi regna una natura selvaggia e l’odore dell’acqua salmastra e delle piante marine pervade ogni cosa. unico suono oltre il vento e lo sciabordio delle onde è il grido dei gabbiani che planano bianchi, quasi luminosi, nel cielo del tardo pomeriggio. è in questo scenario che si trova la città dove ho trascorso le ore più orribili della mia vita. la corriera, di cui ero l’unico passeggero, vi si era fermata per un guasto al motore e l’autista mi disse che sareMmo potuti ripartire solo la mattina seguente. poiché non c’era altra soluzione, prenotai una stanza nell’unico albergo funzionante della città.

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prima di cenare decisi di fare due passi in centro; ma non trovai né il centro, né gli abitanti. tutto era silenzioso.

quella desolazione, legata alla luce del sole morente, mi provocò un attacco di malinconia abissale, così me ne tornai velocemente all’albergo.

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