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Il luogo: tra storia e leggenda
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è un posto in Puglia, dove il sole, al mattino, bacia le finestre e i balconi a strapiombo sul mare, e dove l’aria ormai ha solo il sapore del mare. Questo posto èPolignano a Mare: un’incantevole cittadina arrampicata sulle rocce dell’Adriatico nel tratto di costa a sud di Bari. Polignano a Mare risalirebbe al Neolitico, sebbene la tradizione voglia che sia sorta sulle pietre dell’antica cittàgreca di Neapolis, fondata nel VI secolo dal tiranno Dionigi II di Siracusa, prendendo il nome di Polisnea o Polineanum. La stessa origine del nome è ancora una leggenda: c’è chi lo vorrebbe di derivazione divina, da Polymnia, una delle mitologiche nove Muse, figlie di Zeus e Mnemosine; Pompeo Sarnelli, invece, dichiara che il nome fu attribuito a Cajo Mario, che decise di chiamare il suo castello “Polymniano”, cioè della dea Polymnia, il cui significato sarebbe “città di molta memoria”. Fondamentale la presenza romana, testimoniata dal ponte della Via Traiana (che congiungeva Roma a Brindisi) ubicato proprio sopra la Lama Monachile, segno tangibile che Polignano era certamente un florido centro di affari. Dopo la caduta dell’impero romano, la cittadina passò sotto la dominazione dei bizantini e, ovviamente, subì le invasioni prima dei barbari poi dei saraceni. Nel 1494 Polignano, una volta conquistata da Carlo VIII, passò sotto la dominazione del Regno di Napoli, fino alla fine del XVII secolo quando fu
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invasa e conquistata dagli spagnoli che vi restarono fino all’inizio del XVIII secolo. Nell’agosto del 1862, grazie a un regio decreto a firma di Vittorio Emanuele II, il consiglio municipale aggiunse al nome Polignano la specificazione “a Mare”.
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Una passeggiata nel centro storico: alla scoperta delle bellezze
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are una passeggiata tra le strette vie del Borgo Antico di Polignano a Mare, protetto dalla sua cinta muraria, è come respirare la sua storia e le sue tradizioni. Un percorso fatto di odori, di sapori e di memoria. Per prima cosa si deve oltrepassare l’Arco Marchesale (noto anche come Porta Grande), l’antica porta della città, proseguire dritto per alcune decine di metri per giungere in piazza Vittorio Emanuele II, la “piazza dell’orologio” dominata dalla sua vecchia meridiana sulla Casa Parrocchiale risalente al 1596, che un tempo ospitava la sede dell’universit. Qui troneggia anche l’ex Cattedrale fatta costruire intorno alla fine del Duecento in onore di Santa Maria Assunta, che conserva le reliquie di San Vito, il Patrono della città, affiancata inoltre da un imponente campanile a forma quadrangolare. Dalla piazza si dipanano come raggi, piccole strade e vicoli, spesso all’ombra, lastricate con pietre ormai lisciate dai secoli, lungo le quali la fanno da padrone minuscole e affascinanti casette, rigorosamente tinteggiate di un bianco abbagliante. Case semplici dalla semplice architettura, tipicamente mediterranea, spesso fornite da scale esterne o archi, adornati da coloratissimi fiori di stagione, che spesso custodiscono le icone di Santi. Come non restare affascinati dalla “scala del poeta”? Ogni gradino un verso o un aforisma. L’autore è Guido Lupori, meglio conosciuto come Guido “il Flaneur”, artista nato a Bari
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ormai naturalizzato polignanese, che ha artisticamente “imbrattato” non solo scale ma muri, sedie o cassette di legno, sintesi di quel vagabondare visionario tanto caro a Baudelaire, alla ricerca del bello. Questo dedalo affascinante di viuzze ci porta inevitabilmente a una terrazza panoramica. Da mozzare il fiato: da un’altezza di oltre 20 metri, di giorno si resta incantati davanti all’azzurra distesa a perdita d’occhio, di notte dalle suggestive lampare che brillano nel buio come lucine di un gigantesco presepe: magia pura. Sempre dalla stessa balconata è possibile ammirare un altro dei tesori che conserva Polignano: le numerose grotte, la regina delle quali è senza dubbio Grotta Palazzese. Da non perdere, a pochi chilometri in direzione Nord, l’Abbazia dei monaci Benedettini di San Vito, costruita tra il ‘500 e il ‘700, anch’essa affacciata sul mare, lì dove è possibile
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ammirare l’incantevole Vecchio porto naturale con la Punta del “Bastione Santo Stefano”. Questo luogo accoglie a braccia aperte, 365 giorni l’anno, non solo chi ci vive stabilmente, ma anche e soprattutto i numerosi turisti provenienti da ogni angolo del globo terrestre. Quelle stesse braccia aperte che furono il gesto, famosissimo e ormai patrimonio della memoria mondiale, di uno dei figli più illustri di Polignano a Mare: Domenico Modugno. Una statua, posta nella piazza a lui dedicata, lo immortala cos, nell’atto di cantare all’infinito la canzone per cui è conosciuto ovunque, quella “Nel blu dipinto di blu” che gli valse anche il nome di “Mr. Volare”. A braccia aperte come a invitare chiunque a ritornare, così come lo stesso Modugno cantava in un’altra canzone: «Se Dio vorrà, ritornerò laggiù, nel mio paese dove si sente il mare, laggiù c’è la tua casa, nascosta tra gli ulivi…»
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Ogni famiglia ha la sua storia
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uesta è una storia di ritorni: alla propria terra e alle proprie radici, alle tradizioni e alla propria famiglia. Ogni famiglia ha la sua storia e quella di Michele Dragone ha inizio con i due nonni materni: Damiano Guarini e Maria Scala Sgobba. Damiano Guarini era nato alla fine del ‘800 in una famiglia numerosa (dodici figli) dedita alla dura vita in masseria. Ne possedevano una in contrada Popoleto ad Alberobello: qui gli uomini allevavano carni e si dedicavano alla loro mediazione mentre le donne erano dedite ai campi, alla preparazione del formaggio e degli insaccati. Le donne, inoltre, si dedicavano alla panificazione, che solitamente avveniva due o tre volte la settimana, utilizzando rigorosamente le farine coltivate in proprio. A venir fuori dal forno a legna, però, non erano solo enormi forme di pane (in genere di tre o quattro chili perché dovevano durare più giorni), ma anche focacce, taralli e biscotti, come le indimenticabili trecce, cotte a forno spento, con cui i piccoli di casa facevano colazione al mattino. Nonno Damiano, classe 1892, era un mediatore e grande esperto di carni. Come tutta la famiglia del resto, tanto che lo zio Pasquale, vincitore di parecchi premi fu addirittura nominato Cavaliere del Lavoro. Tradizione, quella delle carni, che si è perpetrata attraverso alcuni zii e cugini di Michele, che tuttora gestiscono macellerie e fornelli pronti.
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Nonna Maria
Era innamorato della musica lirica nonno Damiano, tanto che fu soprannominato “Il Traviata” per via della sua smisurata passione per la celebre opera di Verdi e la sua protagonista, la sfortunata Violetta Valèry. Nonostante fosse analfabeta – la scuola era allora un lusso che pochi potevano permettersi –, conosceva talmente bene ogni singola aria della Traviata che riusciva a scovare i più piccoli difetti durante le esecuzioni. Si racconta, infatti, che a una festa patronale di Alberobello, dedicata agli SS. Medici Cosma e Damiano, durante un’esecuzione non proprio perfetta dell’opera abbia fatto l’ira di Dio!
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Ma il vero fulcro della numerosa famiglia Guarini era però nonna Maria. Nata nel 1902 era una donna forte e volitiva: alta non più di un metro e mezzo, fisico mingherlino dai capelli scuri e perfettamente tirati dietro la nuca, con i suoi occhi piccoli e neri, riusciva a mettere a bada tutti gli omaccioni che incontrava sulla sua strada. Non aveva paura di nessuno di quei “trainieri” – uomini che conducevano il traino adibito al trasporto di merci varie, come il grano, la paglia o l’uva, e persone – che passando nel tratto di strada che andava da Putignano a Martina Franca si fermavano per sostare nella masseria dei Guarini. Qui nonna Maria preparava loro da mangiare, facendogli trovare un piatto unico (che la famiglia di Michele possiede ancora) posato sul muretto. L’avventore così si rifocillava e poi si rimetteva in viaggio: si pagava una volta la settimana. Nonna Maria e nonno Vito
La minuscola nonna tra le quattro mura era altrettanto tremenda, incuteva timore e metteva in riga gli uomini di casa: dal marito, (con cui però visse tutta la vita: pensate che nel 1967 festeggiarono il meraviglioso traguardo delle nozze d’oro!) al suocero che invece era alto due metri e cinque e che visse fino a 103 anni. Tutte le estati poi, a nonna Maria toccava un altro compito impegnativo, che però lei svolgeva egregiamente: tenere a bada oltre venti, tra nipoti di ogni grado, piccoli scalmanati che trascorrevano in masseria le vacanze di scuola. Teneva legata al collo una chiave enorme che apriva uno stanzone pieno di roba. Nessuno dei curiosi nipoti ha mai saputo cosa contenesse quel misterioso deposito: sì perché lei si alzava prima di tutti alle cinque di mattina, vi entrava, rigorosamente da sola, e prelevava tutti i prodotti che le servivano per cucinare quel giorno. Quando i nipoti si alzavano, lei era già in cucina a preparare; quindi, dopo che avevano terminato la colazione, impartiva loro ordini precisi: chi aveva il compito di mungere il latte, chi invece doveva infornare le focacce e chi si doveva occupare del pane. Come dimenticare quando l’adorabile nonnina la domenica, dopo aver preparato le sue squisite polpette, avvolgeva la pentola prima in un canovaccio, poi in un sacco, quindi lo appendeva alla trave del soffitto per non farle rubare da nessuno?
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Santina
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eredità culinaria e tutti i suoi antichi segreti di nonna Maria passarono a sua figlia Santina, nata nel 1937, e che come lei era forte e caparbia. Si sposò nel 1956 con Vito Dragone. Rimasto orfano molto giovane proveniva veniva da una famiglia della zona porto di Monopoli, aveva cominciato presto a lavorare in un forno e insieme a sua sorella si era lanciato nel settore culinario. Insieme ebbero tre figli: due femmine Laura, Carmela e Michele, appunto, nato nel 1967. Vito cambiò poi lavoro ma Santina è rimasta sempre dietro i fornelli: ha svolto la sua professione di cuoca fino al 1999, quando purtroppo è morta a sessantaquattro anni. Inizialmente lei faceva la pasta fatta in casa su ordinazione: orecchiette, cavatelli, strozzapreti per molte famiglie del luogo. Instancabile (Michele ricorda che i polsi di sua madre erano il doppio dei suoi…) ancora oggi c’è gente che lo ferma per strada e gli rivela quanto erano squisite le orecchiette di sua madre! Sì, perché le orecchiette di Santina erano davvero speciali: pasta ruvida e talmente grandi che potevano contenere una
Michele in braccio a sua madre
piccola polpetta di carne! La passione per la pasta fresca della famiglia Dragone è dunque un’eredità lasciata da mamma Santina, trasmessa in egual misura ai tre figli. Una donna allegra Santina, che aveva l’abitudine di cantare mentre era dietro i fornelli; in base alla canzone che canticchiava, si poteva intuire di che umore fosse e se ce l’aveva particolarmente con qualcuno dei suoi colleghi! Santina è stata una madre e una nonna speciale. Vivido è il ricordo di Vito e Antonio (nipoti e figli di Michele) quando, di solito accadeva il lunedì, erano lasciati a casa sua: lei
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allacciava a ciascuno un grembiule e li metteva a preparare le ciambelle in cucina. I due ragazzini, ciascuno con la propria ciambella, se ne tornavano a casa sempre felici. Pur essendo legata alle tradizioni e alle radici della cucina mediterranea, Santina era una donna molto curiosa e cercava sempre di esplorare nuove cucine. Infatti, tutte le volte che suo figlio Michele rientrava a casa dal suo lavoro di chef, lei gli chiedeva ricette nuove che prontamente rielaborava dietro i fornelli della sua cucina, sperimentando nuovi sapori e tenendosi quindi sempre molto aggiornata.
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Michele
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a passione per la conoscenza e per la sperimentazione di Santina vengono inevitabilmente trasmesse al suo unico figlio maschio. Michele frequenta la scuola alberghiera di Castellana Grotte, dal 1982 al 1985, anno in cui ha conferito il diploma. Di quegli anni Michele ricorderà con piacere e devozione gli insegnamenti di un insegnante in particolare, Angelo Consoli, instancabile custode della cucina tradizionale cui nel 2013 sarà intitolato lo stesso istituto scolastico. Insegnamento questo, ereditato anche dai validissimi chef, di vecchio stampo, con cui Michele ha la fortuna di lavorare in un hotel sempre di Castellana Grotte, che ormai non esiste più, il “Matarrese”. Nel 1984 Michele riceve, proprio dalle mani del suo adorato insegnante Consoli il premio “Giovani stelle in cucina”: il piatto vincente è ina spigola sfilettata al vapore con squame di zucchina e patate duchessa. Dopo le prime esperienze, Michele, assieme a un gruppo di amici che come lui si erano diplomati alla scuola alberghiera, decide di partire e fare esperienze nuove in giro all’estero e in Italia: Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto, poi Germania, Francia e Belgio. La loro è quasi una missione: cercare di far cambiare l’idea che si aveva fino allora della cucina italiana e pugliese in particolar modo. Volevano scardinare quell’immagine stereotipata della cucina “made in Italy” basta solo su lasagne e spaghetti.
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A Michele però non piace restare troppo a lungo nello stesso luogo. Da sua madre ha ereditato la curiosità, vuole conoscere e capire. Curiosità che non l’ha abbandonato nemmeno oggi, che di esperienza ne ha già accumulata eccome, perché è sempre in giro per l’Italia a “assaggiare” la cucina dei suoi colleghi. Una curiosità: se non avesse fatto lo chef a Michele sarebbe piaciuto entrare nel campo della moda e della pelletteria. La svolta, però, avviene negli anni che frequentava la scuola media, quando il pomeriggio, andava qualche ora a preparare i panzerotti in un locale. Qui impara cosa significa la vita del commercio. Nel 1988 Michele, mentre stava sostituendo un amico per un lavoro a Polignano a Mare, conosce Cosima che diventerà sua moglie nel 1991. E qui, la decisione di ritornare alla propria terra d’origine e piantare definitivamente le radici. Cosima è nata nel 1968 a Polignano – dove il nonno noleggiava le carrozze – da genitori baresi che possedevano una masseria con animali all’ingresso di Bari, in una zona dell’ex quartiere Japigia sul lungo mare. In qualche modo la tradizione culinaria fa parte anche della famiglia di Alessandra, poiché sua madre era anch’essa una grande cuoca, abile nella preparazione della pasta fresca e soprattutto di riso, patate e cozze, il piatto tipico della tradizione pugliese. Michele e Cosima hanno due figli: Vito nato nel 1992 e Antonio, nato nel 1996. Quest’ultimo è il vero erede di nonna Santina: pacioso eppure molto determinato. I due ragazzi crescono circondati dagli odori di cucina e dalle pentole, sebbene la madre abbia cercato in tutte le maniere di tenerli fuori da quest’ambiente. Ma non è bastato, anzi, ha finito per creare l’effetto contrario: Vito, infatti, già intorno ai dieci anni, quando era in quinta elementare, spesso si affacciava in cucina a “spiare” quel mondo che gli doveva apparire meraviglioso. Alla fine uno, Antonio, è diventato Chef, l’altro Vito, è
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diventato un amante della panificazione e della pizza (anche lui è sempre in giro per corsi di aggiornamento), ed ha ricevuto alcuni riconoscimenti importanti in ambito nazionale. La speranza di Michele, che è più tradizionalista rispetto ai figli, più aperti alle contaminazioni, è quella che i suoi ragazzi vadano avanti con calma, di non lasciarsi prendere la mano dalle mode ma seguire la tradizione culinaria della nostra terra. Cosima ha seguito con pazienza la passione, prima di suo marito e poi dei suoi due figli. Nonostante fosse lontana da questo mondo, si è lasciata sedurre e insieme a suo marito aprì e gestirono, sempre a Polignano a Mare, prima un piccolo locale chiamato “La Piazzetta”, poi, insieme con alcuni amici il “Donna Gina”. Quindi finalmente, “Casa Mia”.
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“Casa Mia”: la chiave del successo è una famiglia allargata
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asa Mia” nasce dallo sdoppiamento dello storico punto di ristoro ubicato nella piazza principale di Polignano e come allargamento del Bistrot “Pic-Nic”, il locale aperto da Vito e Antonio Dragone. Con un pensiero fisso: proporre esclusivamente cucina tradizionale, utilizzare materie prime di alta qualità e a km 0 (con grande rispetto per la loro stagionalità e la freschezza), accompagnare sempre i piatti da vini pregiati (sono presenti, infatti, trenta cantine differenti con sessanta etichette provenienti per la gran parte dalla Puglia), perché, come recita uno dei tanti motti che appaiono all’interno del locale,
“Una cena SENZA vino è come un GIORNO SENZA SOLE”. Infine una particolare attenzione alle intolleranze alimentari e ai piatti creati appositamente per vegetariani e vegani, realizzati con prodotti di agricoltura biologica e agricoltura biodinamica (un metodo di coltivazione basato sulla visione elaborata dal filosofo ed esoterista Rudolf Steiner che considerava come unico sistema la terra e la vita che si sviluppa su di essa). Su insistenza dei figli Antonio e Vito il sogno si è trasformato in realtà, nonostante i forti dubbi di mamma Cosima
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che temeva una sorta di fallimento a causa dei troppi impegni che già gravavano su ciascun membro della famiglia. Ma inseguire un sogno significa anche fare delle scelte: così ognuno ha abbandonato i vari impegni collaterali per dedicarsi esclusivamente al progetto “Casa Mia”. Partiti con molta tranquillità e con la voglia di fare solo le cose con calma e bene, la famiglia Dragone si è posta continui traguardi piccoli ma costanti. S’ingegna quotidianamente nel realizzare cose sempre nuove: dai corsi di cucina per i più piccoli a iniziative nell’ambito del sociale. E, soprattutto punta molto sui giovani e sulla loro crescita: con loro lavorano ragazzi da oltre quindici anni. «Questo locale è la nostra casa e ne abbiamo estrema cura». È sicuramente racchiusa in questa frase di Michele Dragone
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la chiave del successo del locale “Casa Mia” di Polignano. Un successo ottenuto e mantenuto attraverso grandi sacrifici, rinunciando spesso al poco tempo libero a disposizione. Qui il tempo è per la famiglia e la famiglia è il lavoro. Una famiglia molto unita, Michele e le sue due sorelle; sua moglie e i suoi sette fratelli, tra cui alcuni che sono coltivatori diretti e sono stati coinvolti anch’essi nel progetto dei Dragone di coltivare prodotti di alta qualità da usare per i loro piatti. Insomma una famiglia a tutto tondo: dal produttore al lavorante! Un grande insegnamento che Michele trasferisce costantemente ai suoi figli: acquistare tutti i giorni frutta, verdure e pesce fresco rappresentano la sicurezza di proporre prodotti di alta qualità. Infatti,
“la F RUT TA ti fa BENE”. Non è un caso dunque che il locale sia stato chiamato “Casa Mia”: ciascun membro della famiglia, anche di quella
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allargata, ha il suo ruolo e occupa il suo preciso spazio. Cosima si occupa della cura del bistrot, Michele (che al contrario del nonno materno è un grande esperto di pesce) è chef ai tavoli, Antonio è sous-chef (il secondo comandante della brigata di cucina, insomma) mentre Vito si occupa della pizzeria. All’interno dello staff regna sempre una grande fiducia e un forte senso di appartenenza. Accade spesso che escano a cena tutti insieme. Michele a questo proposito ha le idee chiare: non esistono solisti in cucina, ci deve essere una squadra; dal garzone al lavapiatti fino allo chef, ci deve essere un’orchestra che deve funzionare bene: un ottimo chef deve assolutamente avere un gruppo di collaboratori alla sua altezza. Come a dire che se una squadra di calcio ha come allenatore un fuoriclasse ma la squadra è fatta di giocatori mediocri sarà difficile vincere il campionato! L’obiettivo che i membri della famiglia Dragone si è posto, è proprio quello di creare la migliore delle squadre: “Casa Mia” non è solo un posto di lavoro, ma un luogo di appartenenza che bisogna mostrare con orgoglio. Perché
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“LA CUCINA PICCOLA FA la CASA GRANDE”. E a proposito di chef, a “Casa Mia” si sono avvicendati chef di grande prestigio che con la loro esperienza hanno fatto tanto per il locale e a loro va il più grande riconoscimento di tutta la famiglia Dragone.
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La varietà della cucina
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n altro dei segreti del successo di “Casa Mia” è quello di cambiare il menù secondo la stagionalità e sempre con prodotti rigorosamente locali. Perché chi “MANGIA locale PENSA GLOBALE”. I piatti proposti la rispettano molto, infatti, si cambia menù ogni 15/20 giorni: ed ecco che in estate la fanno da padrona gli spaghetti fatti in casa ai frutti di mare, o menta e peperoncino; piatti freschi o ravioli fatti in casa con provolone e capocollo, oppure con cacio-ricotta e basilico; la tiella riso patate e cozze, che, come spesso Michele spiega ai suoi clienti, è un piatto sì pugliese ma che è stato “rubato” ai saraceni, cambiando il grano, che in origine era il materiale principale, con il riso, arriva-
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to dalle nostre parti dopo la seconda guerra mondiale assieme agli americani. Ebbene a “Casa Mia” spesso questa pietanza è proposta esattamente com’è nata, cioè con il grano. Qui si propone molto pesce azzurro, sgombri, cefali o baccalà o le anguille natalizie; le verdure la fanno da padrona nei menù di ogni stagione. Nel periodo giusto è proposta anche la carne tipica della Puglia come l’agnello o la costata. Non può mancare l’olio extravergine, qui ne hanno di tre/quattro qualità diverse: ogni piatto ha bisogno del suo tipo di olio. Michele ha poi un credo cui difficilmente vuole rinunciare e riguarda la maniera con cui ci si deve proporre in cucina: guai a stravolgere i piatti tradizionali! Lui – al contrario dei suoi due figli – non è amante degli accostamenti azzardati e delle contaminazioni. «I piatti devono esprimere e rispettare la propria tradizionalità; ad esempio le orecchiette alle cime di rape devono contenere assolutamente le alici, ma anche la farina di ceci, così come il piatto di fagioli e cime di rape non deve contenere carne, ma lo sponsale e pomodoro fresco». Secondo Michele quello che manca nei giovani che si approcciano alla cucina, è la curiosità. «E la cucina è curiosi-
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tà. Oggi i ragazzi delle scuole alberghiere sono in grado di decorare egregiamente un piatto – anche se magari poi non sono in grado di disossare ad arte un pollo o un coniglio – ma conoscono poco della materia prima. Esistono verdure, come ad esempio i sivoni nostrani, che sono superiori alle verdure coltivate ma meno utilizzati. I giovani chef rischiano di fermarsi solo a curare l’estetica dei piatti, e questo potrebbe portare, nel tempo, la nostra cucina a essere dimenticata. E gli accostamenti che si fanno oggi portano inevitabilmente a quest’oblio. Un vero peccato. Io invece sono per il recupero della cucina tradizionale: rivedere sulle nostre tavole un piatto di fave e cicorie speziate al punto giusto con la cipolla rossa, condito con pomodoro rosso appeso e fritto, ad esempio, e non un piatto di fave e cicorie rimontato su una fetta di pane!».
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La pizzeria
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n discorso a parte merita la pizzeria. La famiglia Dragone, grazie alla passione di Vito nata fin da quando era piccolo nella pizzeria “Plaza DaVi”, è stata la prima a portare a Polignano a Mare una ventata di novità anche nel settore delle pizze. L’utilizzo del lievito madre vivo e una lievitazione, quella lunga, che va dalle 48 alle 72 ore; l’impasto, ottenuto con farine biologiche di alto livello, con germe di grano, macinate a pietra e provenienti rigorosamente dalle nostre terre (grano arso, saraceno o senatore cappelli); oppure impasti particolari con farine alternative come quella di multicereali, di kamut, ma anche anche quelle di legumi come fave e ceci; l’utilizzo della mozzarella senza correttore di acidità e infine la pizza tipica napoletana, quella col bordo, anche ripieno. Una scommessa abbastanza ardua che però la famiglia Dragone – visto l’enorme successo dell’attività – ha per il momento vinto e che spera di tramandare ai successori.
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I clienti
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a clientela di “Casa Mia” è di vario genere, e comprendono i tantissimi turisti che provengono dall’est Europa (russi, rumeni, sloveni e polacchi), ma anche dall’America. Veramente curiosi della cucina pugliese, possiedono però una concezione piuttosto stereotipata ed evidentemente diversa da quella reale; così accade che quando si siedono ai tavoli del locale si trovano spiazzati, perché si aspettano che la cucina pugliese, come quella “italiana nel mondo” sia fatta solo di spaghetti, lasagne, tagliatelle, carbonara o amatriciana. Quegli stessi turisti che sono abituati a una cucina molto più densa e acidula, restano ad esempio affascinati dal sugo della casa fatto con i pomodori freschi.
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“Casa Mia” orgogliosamente li porta dunque alla scoperta della cucina tipica di Puglia, non avendo inventato nulla di nuovo se non rispolverare tutto quello che hanno lasciato in ereditàgli avi. La clientela di “Casa Mia” non è solo composta di turisti; molto sono quelli autoctoni che, ritornano soprattutto di domenica. La domenica a pranzo è sacra, un appuntamento fisso – a cominciare dal tavolo che molti pretendono sia sempre lo stesso – durante il quale i clienti, di cui i Dragone conoscono le più recondite abitudini culinarie, vengono premurosamente coccolati. Già, perché
“Stomaco PIENO, cuore CONTENTO”! 33
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Entriamo in cucina...
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Attenzione alle materie prime, professionalità, senso estetico, umiltà, passione e costanza... Sono questi gli ingredienti vincenti di “Casa Mia”!
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Cucinare con l’acqua di mare? Si può!
Una delle tante tecniche utilizzate nella cucina del “Casa Mia” è la cottura con acqua di mare. I cibi risultano migliori sia nel gusto che nella consistenza grazie all’azione dei sali dissolti in essa, che agevolano la cottura degli alimenti in generale, permettendo loro di mantenere inalterate le caratteristiche preziose di gusto e tenerezza. Raccomandiamo di usarla per lavare il pesce in modo tale da preservare la compattezza delle carni e il sapore. Può essere utilizzata, inoltre, per cucinare risotti, zuppe, guazzetti, brodi, salse, intingoli, salamoie e marinature, ma solo in piatti a base di pesce, molluschi e verdure.
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Marinatura e salamoia
La salamoia è una mistura a base di acqua e sale nella quale lasciare i cibi da griglia per almeno 24 ore allo scopo di renderli più succoso. È possibile mettere nella salamoia qualsiasi prodotto, dal pesce alle carni. Per una buona salamoia la norma sarebbe 12 ore per il pesce e 24 per le carni. La marinatura è una mistura a base di spezie, salse e birra che serve a macerare la materia prima. La marinatura è una procedura invasiva che serve per far penetrare all’interno dei cibi spezie e aromi. Può essere sia lunga che corta a secondo dei gusti.
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SALMONE MARINATO AL PEPE SICHUAN
Ingredienti PER 4 PERSONE • 1 salmone già pulito (3kg circa) • 2 arance • Pepe in grani q.b. • 75 g di sale marino grosso • 40 g di zucchero di canna • Anice stellato q.b
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PROCEDIMENTO Per la Marinatura: mescolare sale e zucchero e infine aggiungere le spezie. Lavare il salmone con acqua marina, asciugarlo con cura e immergerlo nella mainatura; aggiungere pepe in grani e fette di arancia. Lasciare marinare 4 giorni in frigo.
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FLAN DI CARCIOFI E GAMBERI
Ingredienti PER 12 FLAN • 900 grammi di carciofi • 300 grammi di gamberi freschi • 500 ml di latte • 70 g di farina • 6 uova • 120 g di burro chiarificato
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PROCEDIMENTO Pulire accuratamente il carciofo, sgusciare i gamberi e farli rosolare in una padella con burro chiarificato. In un altro recipiente aggiungere latte e farina e mescolare con energia, infine mischiare i due composti e far cucinare per 10 minuti. Dopo aver raffreddato il risulto finale, incorporare le uova già montate a neve. A questo punto sarà necessario imburrare e infarinare dei pirottini in alluminio, e riempirli per ¾. Cucinare in forno pre riscaldato 50 minuti a 130°.
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POLPO AL PRIMITIVO DI MANDURIA CON PUREA DI FAVE
Ingredienti PER 4 PERSONE • fave secche 500 g • patate 1 • carote 2 • sedano q.b. • polpo fresco 1 kg • primitivo di Manduria 500 ml
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PROCEDIMENTO Mettere a bagno le fave per almeno 12 ore, poi risciacquare e mettere in una pignata di creta con patate e carote e lasciare cucinare a fuoco lento per 2 ore. Soffriggere un trito di sedano, cipolla e carote, e aggiungere il polpo fresco; lasciar cucinare per 40 minuti, avendo particolare attenzione di sfumare di tanto in tanto con il vino primitivo. A cotture ultimate con l’aiuto di un mixer a immersione passare le fave e emulsionare con olio extravergine. Posizionare la purea di fave su un piatto e immergerci dentro il polpo.
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FAVE E CICORIE A MODO NOSTRO!
Ingredienti PER 4 PERSONE • fave secche 500 g • 1 patate • sedano q.b. • cicoriella selvatica 500 g • tagliolini all’uovo 300 g • 1 peperone crusco
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PROCEDIMENTO Mettere a bagno le fave per almeno 12 ore, poi risciacquare e mettere in una pignata di creta con patate e carote e lasciare cucinare a fuoco lento per 2 ore. Pulire accuratamente la cicoriella selvatica e lavare abbondantemente in acqua corrente. In un recipiente mettere a bollire acqua marina e cucinare le cicorielle per 5 minuti. In un altro recipiente far friggere i tagliolini all’uovo. Posizionare in un piatto le fave già passate ed emulsionate, adagiare le cicorielle e guarnire con tagliolini fritti e peperone crusco.
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MERLUZZO MANTECATO ”ALLA CASA MIA”
Ingredienti PER 4 PERSONE • merluzzo 2 kg • latte 500 g • peperoncino q.b. • menta q.b. • pane di Altamura (1 forma)
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PROCEDIMENTO Mettere in un recipiente latte, peperoncino e menta, adagiare il merluzzo e far cucinare a fuoco lento per 20 minuti. Ultimata la cottura, passare al mixer aggiungendo olio extravergine a filo fino a ottenere un composto denso. Chiudere il composto in due fette di pane con l’ausilio di un coppa pasta. Infine friggere e servire con un mirepoix di verdure croccanti.
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TATAKI DI TONNO SEMI CRUDO ALL’ORIENTALE
Ingredienti PER 4 PERSONE • tonno pinna gialla 600 g • semi di chia 100 g • avocado • scalogno • peperoncino q.b.
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PROCEDIMENTO Impanare il tonno con i semi di Chia, poi scottare in padella antiaderente per 2 minuti per lato. Per la salsa guacamole, lavare l’avocado, denocciolarle e sbucciarlo. In un recipiente tritarlo con l’ausilio di un mixer, aggiungendo lo scalogno e il peperoncin. Far montare il composto per un paio di minuti aggiungendo olio extravergine a filo. Tagliare il tonno gia cotto a cubetti spessi 1 cm e guarnire con la salsa guacamole.
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ZUPPETTA CALDA DI PORRI E PATATE, E GAMBERO ROSSO
Ingredienti PER 4 PERSONE • 2 porri • 4 patate • 4 gamberi rossi • taralli pugliesi 100 g • cavolo romano 200 g
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PROCEDIMENTO Preparare la zuppa, aggiungendo in un recipiente le patate e i porri giĂ lavati e puliti; far cucinare per 30 minuti e infine emulsionare il tutto con olio extravergine. Far bollire per qualche minuto i gamberi rossi in acqua marina, poi sgusciare lasciando la parte inferiore del gambero. In un piatto posizionare la zuppa poi guarnire con code di gambero, punte di cavolo romano e una sbriciolata di tarallo pugliese.
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RAPE E FAGIOLI CON PESCE AZZURRO
Ingredienti PER 4 PERSONE • fagioli secchi 500 g • rape 1 kg • pesce azzurro 1 kg • sale q.b. • pepe q.b. • olio extravergine q.b.
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PROCEDIMENTO Selezionare il “pesce azzurro”, preferendo questa qualità di pesce principalmente per le sue caratteristiche, essendo ricco di Omega 3 e di grassi insaturi, che fanno bene allo sviluppo; le loro carni, infatti, sono grasse e piene di olii, facilmente digeribili. Dopo aver eviscerato e lavato il pesce lo facciamo bollire a bassa temperatura per circa 20 minuti. Nel frattempo in una pignata di Creta, mettere i fagioli con pomodorini, sedano, carote e pepe in grani e far cucinare per 2 ore a fuoco lento. In una pentola far bollire le rape già pulite in acqua di mare. Posizionare in una fondina i fagioli, guarnire il tutto con una sbriciolata di pesce azzurro e crostini di pan fritto al rosmarino.
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MOSCARDINI MARINATI AGLI AGRUMI
Ingredienti PER 4 PERSONE • moscardini 1 kg • 2 arance • 2 pompelmi • 2 limoni • 1 cavolo nero • 1 sedano rapa • sale e pepe q.b.
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PROCEDIMENTO Preparare una marinatura con zeste di agrumi e il loro succo. Lasciare marinare i moscardini per 12 ore. In un recipiente preparare un trito di cipollotto e sedano rapa dove cucinareo a fuoco lento i molluschi per 30 minuti. Preparare una riduzione di cavolo nero con l’ausilio di un mix a immersione. Disporre la vellutata in una fondina, aggiungere i moscardini e decorare con zeste di agrumi e mentuccia.
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Sottaceti e sottoli: la tradizione contadina delle conserve alimentari
Le conserve alimentari, un tempo, erano l’unico modo per avere a disposizione alcuni cibi tutto l’anno, anche fuori stagione. Sottaceti e sottoli, in salamoia e sotto sale, erano tutti metodi di conservazione che mantenevano, per un tempo piÚ o meno lungo, le principali caratteristiche organolettiche dei vegetali. La conserva sotto aceto avviene marinando il cibo in una soluzione acida, come appunto l’aceto. I cibi in questo modo, oltre a mantenersi commestibili per molto tempo, acquisiscono anche il tipico sapore salato e aspro. La tecnica di conservazione dei sottoli ha lo scopo di isolare gli alimenti dal contatto con l’aria. I cibi sottoli sono spesso prima salati, cotti o anche acidificati con aceto di vino bianco.
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La passata di pomodoro
A “Casa Mia” la passata di pomodoro è rigorosamente quella fatta in casa. Molto importante è la scelta dei pomodori in base alla stagionalità, tra questi ad esempio troviamo il San Marzano, il più indicato per la cottura delle carni o il pomodoro ramato, preferibile per il pesce. La passata di “Casa Mia” viene preparata con la ricetta tradizionale condita con cipolla, basilico fresco e sale. Per preparare una buona passata di pomodoro è fondamentale utilizzare un passaverdure rigorosamente manuale, per evitare di riscaldarla eccessivamente. Dopo aver eliminato le bucce e i semi, la passata va riposta barattoli di vetro sterilizzati in acqua e fatti bollire per almeno 35 minuti.
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La passione per la pasta
La passione per la pasta nasce è una passione tutta di famiglia, tramandata dalle nonne e dalle zie. Con il passare degli anni ci sono state numerose novità come l’utilizzo di farine alternative e nuovi ingredienti come il caco, lo zenzero o la frutta fresca. Ecco la ricetta di una pasta fresca all’uovo. Ingredienti • per 6 persone • 8 uova fresche • 800 g di farina tipo “00” • sale q.b. Procedimento Disporre la farina con il sale, a fontana su un tagliere di legno e rompere al centro le uova. Quindi iniziare a incorporare le uova con la farina agitando per alcuni minuti; la lavorazione deve essere eseguita con forza, al fine di ottenere un composto perfettamente amalgamato, di media consistenza. Prima di utilizzare la pasta far riposare per 15 minuti al riparo dall’aria, avvolgerla in una pellicola trasparente al fine di far perdere elasticità e farla ammorbidire un po’.
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Risotto che passione!
Scegliere tra i vari tipi di riso il migliore è una delle sfide più difficili per uno chef. Dopo vari confronti e anni di esperimenti “Casa Mia” ha selezionato per la sua cucina solo 2 tipi di riso. Riso Aquerello È considerato tra i migliori al mondo per la sua perfezione organolettica, qualità e ottima tenuta di cottura. Queste caratteristiche fanno sì che il riso Acquerello sia sinonimo di eccellenza italiana. Tutte le fasi della lavorazione e dell’invecchiamento di questo riso vengono svolte nel rispetto dell’habitat circostante, una filosofia che si sposa con l’dea di cucina di “Casa Mia”. Riso Paraboiled L’antico metodo del paraboiled, già utilizzato dagli antichi indiani, consente grazie al trattamento a vapore, di avere dei chicchi che non scuociono e che restano ben separati. Il Riso Paraboiled è capace di conservare tutte le proprietà nutrizionali dei chicchi, in particolare le vitamine, sia nella parte piu esterna del chicco che nella gemma.
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RISOTTO CON VERZA GORGONZOLA E NOCI
Ingredienti PER 4 PERSONE • riso acquerello 500 g • 1 verza • gorgonzola 250 g • vino bianco 1 dl • 1 cipollotto • brodo vegetale 1 l • noci 50 g
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PROCEDIMENTO Soffriggere un cipollotto tagliato finemente, aggiungere il riso e far tostare fino a che non produce un odore quasi vanigliato. A questo punto sfumare con il vino bianco e, una volta assorbito del tutto, iniziare una lenta cottura nel brodo. A mezza cottura aggiungere la verza tritata e il gorgonzola, mantecare con una spolverata di parmigiano e burro chiarificato. Guarnire con noci e verza alla julienne.
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TAGLIOLINI NERI CREMA DI ZUCCA E VIOLETTE
Ingredienti PER 4 PERSONE • tagliolini al nero di seppia 500 g • zucca fresca 500 g • violette 200 g
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PROCEDIMENTO Lavare e tagliare la zucca a fettine sottili e far cucinare a vapore per 40 minuti a bassa temperatura. Una volta cotte, con l’ausilio di un mixer a immersione, passare le fettine fine a ottenere un crema piÚ o meno densa; infine, aggiungere sale e pepe. Cucinare la pasta e amalgamarla delicatamente con crema di zucca e violette sgusciate ed eviscerate. Posizionare su una fondina il risultato finale e guarnire con mentuccia fresca.
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TUBETTINI AL POLPO E RICOTTA FORTE
Ingredienti PER 4 PERSONE • tubettini secchi 500 g • polpo 1 kg • 1 carote • 1 sedano • 1 cipolla dorata • pomodoro “ramato” 1 kg • olio extravergine q.b. • sale q.b. • pepe q.b.
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PROCEDIMENTO Per iniziare, preparare un trito sottile di carota, cipolla e sedano; far rosolare a fuoco vivace il polpo, sfumando di tanto in tanto con qualche goccia di vino bianco. Dopo qualche minuto aggiungere i pomodori “ramati” e far cucinare per circa 1 ora e mezza. A cottura ultimata, aggiungere i tubettini antecedentemente cotti e amalgamare con un velo di olio extravergine. Impiattare in una fondina e guarnire con un ottima “ricotta forte” di pecora.
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MARITATI CON BACCALÀ PUREA DI CECI E CIPOLLA CARAMELLATA
Ingredienti PER 4 PERSONE • maritati 500 g • baccalà 300 g • ceci secchi 500 g • 2 cipolle rossa di Tropea • olio extravergine q.b. • sale q.b. • pepe q.b.
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PROCEDIMENTO Lasciare a bagno i ceci per 12 ore. Prima di iniziare la cottura lavare, strofinarli con del sale grosso per evitare che venga via la pelle; disporre in una “pignata” di creta con sedano, carote, cipolla rossa e qualche pomodorino e far cucinare per 2 ore. Nel frattempo, in un altro tegame, mettere 200 ml di aceto, sale, pepe in grani e succo di limone e far macerare per circa 15 minuti. In un’altra padella sciogliere dello zucchero di canna e aggiungere le cipolle già macerate. Infine, ultimare la cottura sfumando con la marinatura. A questo punto per preparare il fondo per i maritati, soffriggere la cipolla caramellata con il baccalà, sfumare con del vino bianco e aggiungere la purea di ceci emulsionata con l’ausilio di un mixer a immersione. Amalgamare i “maritati” precedentemente cotti in acqua con un velo di olio extravergine. Disporre in una fondina e guarnire con qualche petalo di cipolla caramellata.
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SCIALATIELLO RADICCHIO E FONDUTA DI CACIOCAVALLO
Ingredienti PER 4 PERSONE • scialatiello 500g • caciocavallo “podolico” 250g • radicchio 2 pezzi • burro q.b. • sale q.b. • pepe q.b. • latte 350 ml
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PROCEDIMENTO Per preparare la fonduta, tagliare a cubetti il caciocavallo e riporlo in una pentola con il latte; far cucinare a bagnomaria per circa 15 minuti con uno scalogno, mescolando di continuo. Filtrare la fonduta in un setaccio a maglie strette e far intiepidire. In un pentola far rosolare il radicchio con una noce di burro chiarificata. Contemporaneamente cuocere gli “scialatielli�. A cottura ultimata scolare la pasta e aggiungerla al radicchio amalgamando con la fonduta di caciocavallo, guarnire con qualche foglia di menta fresca e servire.
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RAVIOLONE ALLA CERNIA CON FONDUTA DI GORGONZOLA E ZAFFERANO
Ingredienti PER 4 PERSONE • ravioloni alla cernia 500 g • gorgonzola 300 g • zafferano in polvere 30 g
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PROCEDIMENTO In una pentola aggiungere il gorgonzola a cubetti con un cucchiaio di latte e una noce di burro chiarificato e far cucinare a fiamma dolce per 15 minuti, poi setacciare in un colino a maglie strette e far intiepidire per alcuni minuti a temperatura ambiente. Cuocere la pasta fresca e, in una padella, soffriggere uno scalogno rosso, aggiungendo la fonduta e lo zafferano. Impiattare in una fondina guarnendo con una foglia di basilico fresco. Se non è possibile fare la pasta in casa, è consigliabile recarsi dal pastificio di fiducia per avere un prodotto fresco e di nicchia, per evitare prodotti industriali e di scarsa qualitĂ
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Il pesce
Per poter lavorare al meglio il pesce fresco sono richiesti anni di esperienza e estrema conoscenza del prodotto. Ogni mattina noi di “Casa Mia” ci rechiamo al porto o al mercato del pesce e selezioniamo il nostro prodotto con estrema passione, in modo tale da proporre un menù giornaliero in base al pescato del giorno. CONSIGLI PER LA SPESA Preferiamo il pesce azzurro, ritenuto spesso facente parte della “cucina povera” per il suo basso costo, nonostante la qualità nutrizionale delle sue carni, generalmente molto digeribili con prevalenza di grassi insaturi, in particolare del tipo OMEGA 3.
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SGOMBRO ALLA SENAPE INGLESE
Ingredienti PER 4 PERSONE • sgombro 1 kg • 1 cipolla • senape inglese 20 g • 1 spicchio di aglio • acetosa • dragoncello • vino bianco • olio extravergine • sale q.b. • pepe q.b.
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PROCEDIMENTO Lavare e asciugare gli sgombri dopo averli puliti e privati della testa. Accendere il forno a 200° e preparare 4 pezzi di carta Fata, tali da poter contenere due sgombri assieme. Preparare un trito di aglio, cipolla, dragoncello e acetosa e aggiungerli al pesce; in una ciotola stemperare la senape con il vino, mescolando fino a ottenere una salsa semi densa. Spalmare la senape sul pesce, chiudere il cartoccio e far cucinare 20 minuti a 180°.
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PESCATRICE “A MODO NOSTRO”
Ingredienti PER 4 PERSONE • pescatrice 1 kg • 4 patate • pomodorini al filo 100 g • capperi 10 g • olive 20 g • erba cipollina • 1 spicchio di aglio • rosmarino • erba cipollina
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PROCEDIMENTO Pulire ed eviscerare il pesce, dopo aver eliminato la testa. Far rosolare in padella uno spicco di aglio con un abbondante velo di olio extravergine, aggiungere le patate a fette sottili con capperi, olive, pomodorini e il pesce, far cucinare a fuoco lento per 20 minuti. Nel frattempo in una ciotola mescolare il mascarpone con l’erba cipollina e, con l’ausilio di un mixer a immersione, creare una salsa liscia e senza grumi. Impiattare, disponendo prima le patate, e successivamente il pesce. Accompagnare con la salsa al mascarpone.
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RICCIOLA A BASSA TEMPERATURA CON VERDURE THAI
Ingredienti PER 4 PERSONE • ricciola 1 kg • 2 lime • timo • 1 peperone • 3 funghi champignon • 1 broccolo • zucchero • salsa di soia • tabasco
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PROCEDIMENTO La tecnica della bassa temperatura sous-vide consiste nel cucinare gli alimenti a temperature piÚ basse ma per tempi molto piÚ lunghi, mantenendo il cibo sottovuoto. Questa tecnica permette di cucinare molto uniformemente il cibo e di preservare al meglio la struttura delle cellule. Preparare i filetti di pesci e metterli sotto vuoto con lime e timo. A questo punto iniziare la cottura per circa 15 minuti a una temperatura massima di 61°. Nel frattempo, lavare le verdure e tagliarle a rondelle, lessarle per 1 minuto in acqua marina; successivamente scolare e raffreddare. Riscaldare un padella antiaderente dove aggiungere le verdure con salsa di soia, succo di limone, tabasco e zucchero e ultimare la cottura. Infine scottare il filetto di ricciola per pochi secondi in padella per donargli una nota croccante, impiattare disponendo le verdure thai alla base del piatto su cui adagiare il pesce.
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GAMBERONI UBRIACHI ALLA GRAPPA
Ingredienti PER 4 PERSONE • 16 gamberoni • 1 spicchio d’aglio • 10 pomodorini al filo • grappa 20 ml • foglie di alloro • peperoncino fresco
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PROCEDIMENTO Svenare i gamberi e privarli della testa, sgusciare facendo attenzione a non eliminare la coda, preparare un trito di peperoncino e aglio e far soffriggere in padella con olio extravergine. A questo punto aggiungere i gamberoni con pomodorini al filo e foglie di alloro e sfumare con l’emulsione ottenuta facendo bollire nella grappa la testa dei crostacei. Emulsionare il tutto con un velo di EVO, filtrare il composto. Dopo pochi minuti i gamberoni risulteranno morbidi e succosi con un’esplosione di sapore.
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SEPPIE RIPIENE CON CREMA DI PISELLI E IL SUO NERO
Ingredienti PER 4 PERSONE • seppie fresche 2 kg • piselli fini freschi 400g • carote • sedano • pomodorini • ricotta di bufala 200 g • 2 uova
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PROCEDIMENTO Pulire delicatamente le seppie facendo attenzione a non rompere la sacca contenente il suo inchiostro che servirà per ultimare il piatto. In una ciotola unire la ricotta con le uova montate a neve e la noce moscata; mescolare fino a ottenere un composto semi denso. A questo punto riempiere le seppie. Cucinare a bagnomaria per 20 minuti. In una pentola far cuocere i piselli con carote, sedano e pomodorini. A cottura ultimata eliminare le verdure ed emulsionare con l’ausilio di un mixer a immersione, filtrare fino a ottenere una salsa di un colore molto luminoso. In una fondina disporre la salsa di pisello sul quale appoggeremo le seppie, guarnire con qualche spennellata di “nero di seppia”.
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La carne
La selezione di carne di “Casa Mia” è la seguente: Costolette agnello locale: per agnello si intende un esemplare non superiore ai 12 mesi, ricco di proteine ad alto valore biologico e di vitamine del gruppo B. Apprezzato da molti ma con un gusto leggermente più intenso rispetto ad altri ovini o suini. Filetto di pezzata rossa: taglio molto pregiato, tra i più costosi per la sua carne tenera, magra e priva di grasso, è una selezione dalla parte bassa della schiena dell’animale (la lombata), subito sopra le cosce. Ideale per tagliate, arrosti, borguignonne e medaglioni. Lo scamone: è un taglio di carne bovina, rappresenta il pezzo di congiunzione tra la lombata e la coscia. È un grosso taglio di prima categoria formato da grandi masse muscolari che si trova proprio sulla groppa, al termine della lombata. Essendo un pezzo particolarmente tenero si presta soprattutto per brasati, stracotti, stufati, e roast-beef. Lombata marchigiana IGP: si fa riferimento alla razza bovina marchigiana. Per i prodotti jubatti a marchio IGP di indicazione geografica protetta, si fa riferimento al consorzio di tutela. La lombata può essere suddivisa in due tagli: lombata e costata. La lombata vera si trova nella parte posteriore del taglio. Ha come base ossea le sei vertebre lombari e al suo interno è posizionato il filetto.
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COSTOLETTE DI AGNELLO AL FORNO CON PATATE VELLUTATA DI PISELLI E LAMPASCIONI AL VINCOTTO
Ingredienti PER 4 PERSONE • costolette di agnello 12 pezzi • 5 patate • 1 carota • piselli 400 g • 1 spicchio di aglio • sale q.b. • pepe q.b. • 8 lampascioni • vincotto 200 ml
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PROCEDIMENTO Marinare le costolette di agnello nella mistura per 1 notte (circa 12 ore) cosÏ da ottenere una carne morbida e saporita. In una pentola cucinare i piselli con carote, prezzemolo e aglio; una volta cotte far stemperare a temperatura ambiente. Tagliare finemente le patate e posarle in una teglia da forno, dove aggiungere la carne con pomodorini e qualche spezia a piacere. Cucinare l’agnello per 30 minuti a temperatura bassa, nel frattempo in una padella cucinare i lampascioni con una riduzione di vincotto. Con l’aiuto di un mixer a immersione frullare i piselli e passarli in un colino a maglie strette. Disporre in una fondina la velutata di pisello, poi la carne con le patate e infine guarnire con i lampascioni.
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FILETTO DI PEZZATA ROSSA AGLI ASPARAGI
Ingredienti PER 4 PERSONE • 4 filetti di pezzata rossa da 150 g • asparagi verdi 400 g • 1 cipolla rossa di Acquaviva • olio EVO • burro chiarificato 50 g • sale q.b. • pepe q.b.
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PROCEDIMENTO Pulire e lavare gli asparagi, farli cucinare in acqua di mare, facendo attenzione a non immergere le punte. Tagliare le punte e tenerle da parte, al caldo. Tritare la cipolla, facendola rosolare con il burro. Aggiungere la carne, in modo da dare una cottura veloce da entrambi i lati in modo da ottenere una carne croccante, ma dal cuore morbido. Con i gambi degli asparagi preparare una salsa, passandola al passaverdure e un passino per eliminare i filamenti. Aggiungerla nella pentola dove sono i filetti e ultimare la cottura. Guarnire con le punte di asparagi freschi.
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BRASATO DI SCAMONE AL MARSALA
Ingredienti PER 4 PERSONE • Scamone 1 kg • 2 cipolle • 2 carote • 10 bacche di ginepro • sale q.b. • pepe q.b. • burro 100 g • olio EVO q.b.
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PROCEDIMENTO In un tegame mettere a freddo sedano, carote, cipolle, bacche di ginepro, alloro, olio e burro. Lasciare rosolare bene poi aggiungere sale olio e pepe e pomodorini a pezzetti. Mescolare di tanto in tanto e cucinare a fiamma bassa per circa 3 ore, quindi spruzzare col marsala e completare la cottura.
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LOMBATA MARCHIGIANA IGP IN CROSTA DI SALE
Ingredienti PER 4 PERSONE • lombata 600 g • sale grosso 2 kg • rosmarino • timo • salvia • alloro
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PROCEDIMENTO Disidratare le spezie nel forno a 80° per circa 3 ore; una voltaessicate tritare in un mixer con un peperoncino. Dopo aver marinato la carne in una mistura alla birra per almeno 3 ore, asciugare bene, impanare nelle spezie e creare una crosta di sale. Cucinare a fuoco vivace fino ad assorbire quasi del tutto il sale, eliminare quello in eccesso e gustare subito.
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Pane, pizza e farina...
In “Casa Mia” tutto ciò che viene trattato con la farina passa dalle mani sapienti del Pizza Chef Vito Dragone, responsabile di tutto il settore panificazione: dalla pizza, ai panini e i mignon che si trovano in vetrina ogni giorno nel Bistrot Pic Nic, fino al cestino di pane con taralli e grissini presenti sui tavoli in trattoria. «La mia passione» racconta Vito «nasce sin da piccolo quando osservavo con curiosità i pizzaioli e i rosticcieri de “La Piazzetta”, l’attività di mio padre. Ricordo che nei giorni invernali e poco affollati, i suoi collaboratori, che avevano capito la mia voglia di mettere le mani in pasta, mi lasciavano libero di realizzare con l’impasto i miei primi prodotti che poi portavano nella zona vendita dicendomi che dopo cinque minuti avevano venduto tutto. Sapevo che mi prendevano in giro, ma lo facevano solo per rendermi felice ed io ero molto contento ugualmente». «È qui» continua Vito «che ho fatto il mio “esordio” in pizzeria. Durante le vacanze estive, ai tempi delle scuole medie, sono riuscito a ritagliarmi il mio posto: mi occupavo solo della produzione di panzerotti. Con il tempo sono passato ad affiancare il pizzaiolo come aiutante, abbiamo lavorato diverse stagioni insieme. Erano estati davvero impegnative perché Polignano stava vivendo un’esplosione turistica senza precenti. Io mi occupavo della linea e di farcire le pizze dopo la cottura. Tuttavia, nonostante la mia giovane età, questo non mi bastava: volevo prendere il suo posto e fare le pizze».
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Prima dell’estate del 2008 Vito si trasferisce all’estero per gestire una pizzeria: «Era la mia occasione, la prima stagione come pizzaiolo in assoluto. Non ero ancora maggiorenne e avevo un aiutante di trentasei anni con alle spalle già diverse esperienze. Quando lo raccontavo ai miei amici e ai parenti non mi credeva nessuno. Non potete capire il mio entusiasmo e l’adrenalina durante le ore di servizio! Con il passare delle stagioni non ero più contento del prodotto che producevo tramandato dai pizzaioli che mi avevano preceduto così ho iniziato un nuovo percorso professionale. Mi sono iscritto alla Scuola italiana pizzaioli dove mi sono specializzato in pizzeria e panificazione. Per me è molto importante non smettere di imparare. Per questo motivo continuo a frequentare corsi di aggiornamento, confrontandomi anche con importanti maestri. Credo che affrontare l’arte bianca con umiltà, studio, dedizione e condivisione sia l’unico modo per migliorarsi veramente». Tutto questa ha permesso a Vito di sperimentare nuove tecniche e offrire nuovi prodotti ai suoi clienti. «Sono stato uno dei primi a utilizzare farine per impasti alternativi. Tuttore ne adopero ben quindici tipi diversi. Uso solo quelle che mi piacciono, scegliendole tra le migliori a prescindere che provengano da molini industriali o di piccole realtà artigia-
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nali. Non ne faccio una questione di macinazione a pietra o laminatura a cilindri, ma solo la qualità. Alla fine di questo processo di evoluzione, che ha portato risultati molto positivi, soprattutto per quanto riguarda la pizza, è giunto il momento per il salto di qualità con l’idea di un nuovo locale». Ad aprile 2014 è nata “Casa Mia”, Trattoria e Pizzeria, con il motto di Vito: “La pizza deve avere il bordo”. Una scelta molto difficile e azzardata quella di ispirarsi allo stile napoletano in un paese dove la clientela preferisce solitamente la pizza “alla barese”, bassa e croccante. «Dopo più di tre anni posso dire di aver vinto questa sfida: sono riuscito a
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far capire ai miei compaesani la differenza tra pizza e piadina, e ho acquisito clienti anche da fuori paese, fuori provincia e addirittura fuori dalla Puglia». Gli apprezzamenti per la pizza di “Casa Mia” giungono da ogni parte così come i successi. Nel 2015, in una gara, l’azienda si è classificata come seconda pizzeria in Puglia. «Da poco abbiamo intrapreso il progetto Gourmet per la pizza, che ci spinge a un continuo lavoro per migliorare gli abbinamenti degli ingredienti utilizzando esclusivamente con prodotti di stagione. Desideriamo sempre regalare un gustoso piacere ai nostri ospiti tenendo i piedi ben piantati nella tradizione che ci offre continui spunti per nuove idee e per il nostro percorso tra identificazione territoriale e innovazione». La pizza di “Casa Mia” ha caratteristiche ben precise: morbidezza, digeribilità, fragranza e la capacità di sciogliersi in bocca. Tutto questo grazie a una lunga lievitazione. «Il mio lavoro» conclude Vito «è adrenalina pura come quando, ad esempio, si deve correre in pizzeria anche durante le ore di chiusura perché c’è la necessità di dover spostare l’impasto in un’altra zona. Questo impegno lo condivido con tutta la mia brigata di pizzaioli, un team affiatato e appasionato che ha come me un amore incrollabile per questo mestiere». Un amore che Vito trasmette anche agli altri: «Ogni tanto organizzo dei laboratori di formazione per i ragazzi che vogliono intraprendere questa strada. Questi corsi sono rivolti anche ai miei ragazzi che ogni giorno mi affiancano sopportandomi e supportandomi, alle casalinghe curiose dell’utilizzo delle diverse farine, e addirittura ai bambini».
“PER ME LA PIZZA È UNA COSA SERIA… UN MIRACOLO GAST RONOMICO!”
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Gli ingredienti principali
Prima di passare alla fase della lavorazione è essenziale avere qualche informazione sugli ingredienti essenziali da utilizzare per la riuscita di un prodotto lievitato. In questo lavoro, la fase più delicata è quella dell’impasto. Non è possibile avere una ricetta standard, in grado di ripetersi per sempre nello stesso modo. L’impasto è composto da pochi e semplicissimi ingredienti: • farina • acqua • sale • zuccheri • grassi • lieviti • ambiente. Quest’ultimo è l’ingrediente più variabile. L’ambiente inteso come condizioni climatiche generali influisce quotidianamente sul lavoro. La capacità di comprendere questo aspetto è fondamentale per modulare anche di poco la ricetta dell’impasto. La Farina La farina è l’ingrediente principale di qualunque impasto. Si caratterizza per il suo contenuto di proteine e in particolare di gliadina e glutenina che, a contatto con l’acqua e con l’aria inglobata durante la fase dell’impasto, si trasforma in glutine.
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Per i prodotti di “Casa Mia”, soprattutto per la pizza, vengono adoperate farine vive, ricche di germe, con le giuste proteine e il corretto rapporto glutinico. Il grano si suddivide in: grano duro utilizzato da cui si ricavano farine di semola rimacinata utilizzate per pasta e pani caserecci; grano tenero per farine a bassa resa molto raffinate. La maggior parte dei prodotti commercializzati e che vengono mangiati quotidianamente sono a base di farina di frumento. Il chicco di grano è composto da 3 parti: - la crusca (l’involucro esterno), ricca di vitamine e fibre; - l’endosperma (la parte più grande del chicco) ricco di amido e proteine fondamentali per la trasformazione del glutine; - il germe (il cuore del chicco) ricco di vitamine, grassi e minerali. La farina insomma è il risultato della macinazione del chicco del grano che verrà setacciata in base al tipo di farina che si vuole ottenere. Le farine vengono classificate: - Farina tipo “00” con grado di abburattamento del 50% - Farina tipo “0” con grado di abburattamento del 72% - Farina tipo “1” con grado di abburattamento del 80% - Farina tipo “2” con grado di abburattamento del 85% - Farina integrale che subisce solo il processo di molitura. La quantità di proteine contenute in una farina determinano la sua forza espressa con “W”. Un alto W di una farina indica che la farina contiene molto glutine e che ha la capacità di assorbire molta acqua. Questo permette di creare un impasto resistente che lieviterà lentamente. Per un impasto friabile, per dolci e biscotti, c’è bisogno di una farina con W basso (circa 170). Per un impasto pizza, infine, la farina deve avere un W che varia dai 280 ai 350. Per quanto riguarda, invece, le farine ricavate dagli altri cereali (chiamate farine alternative) bisogna tener presente
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che la maggior parte delle volte i cereali vanno miscelati, in base al prodotto che si vuole ottenere, con farina di grano tenero per evitare di ottenere impasti molto compatti e pesanti. L’acqua È un elemento molto importante per l’impasto in quanto partecipa alla formazione di glutine attivando le proteine contenute nella farina. È anche l’unico ingrediente che ci permette di modificare, in base alla sua temperatura, anche quella finale dell’impasto. Il sale È l’ingrediente che serve per dare sapore e colore all’impasto. È necessario, tuttavia, dosarlo per bene, in quanto svolge un’azione di controllo sulla fermentazione dell’impasto stesso. Quindi una dose troppo eccessiva potrebbe bloccare o
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ostacolare il processo di formazione di glutine e lievitazione. È importante ricordare che il sale va inserito, durante la fase d’impasto, lontano dal lievito. Gli zuccheri Svolgono un ruolo importante nel processo di fermentazione essendo la “pappa” del lievito. Anch’esso va dosato sempre con molta attenzione perché potrebbe accelerare la fermentazione/crescita. Gli zuccheri inoltre contribuiscono alla colorazione della crosta e alla croccantezza favorendone la conservazione. In alcuni prodotti è possibile utilizzare miele o malto. I lieviti Il lievito è l’ingrediente essenziale degli impasti perché, nutrendosi degli zuccheri presenti nella farina, innesca un processo chiamato fermentazione, dove gli enzimi prodotti
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dai lieviti trasformano gli zuccheri in anidride carbonica e alcool, facendo lievitare l’impasto. Grassi Sono ingredienti importanti per la struttura del glutine, in quanto aumentano l’estensibilità e l’elasticità aiutando l’impasto a essere più morbido e gustoso. Per la panificazione in generale si possono utilizzare grassi come strutto e burro ma per la pizza è consigliabile adoperare solo un ottimo olio extra vergine di oliva per rendere la pizza più soffice e conservabile da utilizzare a crudo dopo la cottura della pizza. È importante, inoltre, scegliere prodotti di qualità non solo per l’impasto ma anche per la farcitura attraverso il rapporto di retto con fornitori di fiducia, evitando i prodotti offerti dalla grande distribuzione.
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Brevi note per le ricette
PROCESSI Lievitazione: si intende l’aumento di volume dell’impasto provocato dall’azione del lievito. Maturazione: è tutto il tempo di riposo che si dà a un impasto prima di utilizzarlo. In questo processo vengono scomposte tutte le strutture più complesse (grassi, proteine, amidi) in elementi più semplici. Per permettere questo processo bisogna utilizzare una farina forte (W) e rallentare quello di lievitazione tenendo l’impasto a basse temperature controllate (2/6°C). Questo processo aiuta a produrre aromi e colori. Questi due processi permettono di ottenere un ottimo prodotto profumato, leggero e digeribile. METODI IMPASTI Metodo diretto: consiste nell’impastare tutti gli ingredienti in un’unica fase. Metodo semidiretto: consiste nell’impastare in un’unica fase ma utilizzando un impasto di riporto; ossia un pezzo di impasto avanzato da quello precedente e maturato per un certo periodo di fermentazione. Metodo indiretto: prevede due fasi; nella prima si prepara un preimpasto (biga o poolish); nella seconda fase si aggiun-
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gono ai preimpasti, precedentemente fermentati, tutti gli altri ingredienti per l’impasto finale. PREIMPASTI La biga: è un preimpasto asciutto che ha molte ore di fermentazione (16/48) ottenuto da farina, acqua e lievito. Si utilizza una farina molto forte con W superiore a 300. La poolish: è un preimpasto semiliquido ottenuto sempre da lievito, acqua e farina almeno in uguali quantità. LE PIEGHE DI RINFORZO Con questa operazione si rafforza il glutine contenuto nell’impasto, si libera l’aria accumulata nella prima lievitazione per dare spazio a quella successiva. In pratica fare delle pieghe vuol dire appiattire delicatamente l’impasto in modo da formare un rettangolo, poi piegare uno sull’altro i due lati, destro e sinistro, per un terzo del rettangolo complessivo, girare di 90° e ripetere l’operazione, ricoprire e lasciare riposare. OSSIGENAZIONE Far incorporare dell’ossigeno nell’impasto significa creare più ossidazioni che andranno a coinvolgere le varie catene di molecole irrobustendole e cambiando la loro capacità di tenuta. Questo processo manterrà meglio la lievitazione di un impasto delicato, tipo quello tipico della pizza napoletana, molto idratato e fatto con farine non eccessivamente forti.
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GRISSINI Ingredienti
Ingredienti aggiuntivi
• 1 Kg farina W240 • 550 g acqua • 30 g lievito • 20 g sale • 10 g malto • 70 g olio EVO
• 500 g noci • 30 g rosmarino • 30 g salvia • 200 g cipolle • 200 g carote • 100 g formaggio Parmigiano (con un pizzico di pepe) • 150 g passata di pomodoro • 20 g timo • 150 g erba cipollina e prezzemolo (75+75) • 200 g semi di sesamo • 100 g semi di sesamo + 100 g Parmigiano L’ingrediente aggiuntivo va inserito sempre a fine dell’impasto, poi impastare ancora per qualche minuto
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PROCEDIMENTO Impastare tutti gli ingredienti partendo dalla farina, lievito, malto e 80% di acqua; poi olio EVO e infine il sale inserendo il resto dell’acqua. Se si utilizza un’impastatrice il tempo d’impasto deve essere di 7 minuti in 1° velocità. Temperatura finale d’impasto 24/25°C. Formare dei filoni e metterli su delle tavole unte di olio, ungere di olio EVO anche i filoni. Lasciare lievitare 90 minuti per un grissino stirato e 30 minuti per grissini arrotolati. Tagliare il filone dal peso desiderato poi stiriamo o arrotoliamo fino a ottenere i grissini e mettere a riposo sulle teglie. Infornare subito quelli stirati, lasciare lievitare per circa 60 minuti quelli arrotolati. Temperatura del forno 200° C per 15 minuti circa.
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TARALLI SENZA GLUTINE Ingredienti • 150g farina di riso • 150g farina senza glutine • 1 cucchiaioa farina di carrube • 3 g di sale • olio EVO • 20 g lievito di birra fresco • 100 ml latte di soia • acqua QB «Un altro grande prodotto d’eccellenza pugliese è il TARALLO, nel mio paese chiamato “pccghatell”. Il tarallo è un prodotto buono a qualsiasi ora del giorno, che si può accostare sia al dolce che al salato. Addirittura da bambino li mangiavo con la frutta, soprattutto con la mela. Grande protagonista sulle nostre tavole nel cestino del pane. Con il tarallo ci possiamo divertire come con i grissini, speziandoli a nostro piacere. Io questa volta gli ho fatti senza glutine». VITO
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PROCEDIMENTO Nel recipiente dell’impastatrice o della planetaria iniziare con la miscelazione delle tre farine, infine aggiungere sale e olio. Successivamente aggiungere il lievito fresco sbriciolato e iniziare a impastare unendo il latte di soia a temperatura ambiente. Man mano che l’impasto procede aggiungere a filo nell’impastatrice l’acqua, fino a raggiungere la giusta consistenza. Dopo 5/6 minuti l’impasto inizierà a staccarsi dall’impastatrice, segno che è quasi pronto. Formare una palla, infarinarla, coprirla con un canovaccio umido e disporla su un piano infarinato, lontano da correnti d’aria. Lasciare riposare per 20 minuti. Staccare un pezzo grosso quanto una ciliegia e assottigliare la pasta come un serpentello e formare una ciambellina. Procedere così fino a ultimare l’impasto. Durante questo procedimento tenere coperto l’impasto con una pellicola per alimenti per evitare che si secchi.
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Sistemare le ciambelline su due teglie unte di olio, coprire con un canovaccio umido e lasciar lievitare per circa un’ora. Cercare di lavorare i taralli per tutto il tempo in un luogo senza correnti d’aria. Mettere sul fondo del forno un pentolino di acqua per creare umidità, accenderlo a 160° C a funzione ventilata. Raggiunta la temperatura, infornare e cuocere per 10 minuti. Sfornare e lasciare intepidire. Questi taralli sono più buoni appena fatti. Per conservarli al meglio, chiudeteli in una scatola di latta quando sono freddi, si manterranno per 2/3 giorni.
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FOCACCIA OLIO E MIELE Ingredienti per poolish • 800 g farina “00” (medio forza) • 100 g farina integrale • 100 g farina di farro integrale • 12,5 lievito fresco • 1100 g acqua calda 40° circa
Ingredienti per impasto seconda fase • 1 kg farina “00” • 200 g olio EVO • 100 g miele • 100 g acqua molto calda • 60 g sale «Questa è una grande alternativa alla focaccia barese. La definisco la “focaccia della merenda” perché si presenta molto soffice e ci ricorda i panini al latte della merenda pomeridiana. Inizialmente può essere farcita con la salamoia o con spezie come rosmarino, origano, timo; oppure tranquillamente dopo la cottura con dei salumi e formaggi o addirittura facendo una bella spalmata di Nutella». VITO
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PROCEDIMENTO preparazione poolish Versare tutte e tre le farine in una grande brocca o contenitore a forma cilindrica e mescolarle. Sciogliete il lievito nell’acqua calda e versatela lentamente mentre mescolate aiutandovi con un grande cucchiaio in legno. Mescolate fino ad ottenere un impasto liscio e senza grumi, lasciate il cucchiaio all’interno e coprite il recipiente con un canovaccio leggermente umido e lasciate riposare per 4 ore a temperatura ambiente di circa 25° C. preparazione impasto finale Trascorse le 4 ore versiamo il nostro poolish nell’impastatrice con l’aggiunta del miele e impastiamo per 3 minuti in prima velocità. Passiamo alla seconda velocità aggiungendo la farina, successivamente il sale con i 100 g di acqua bollente. Infine l’olio da inserire nell’impasto in 2 tempi. Chiudere l’impasto ad alta temperatura circa 39/40°C. Fare 4 pieghe e rimetterlo nel recipiente sempre coperto dal canovaccio a riposo per 12 ore in frigorifero. Trascorse le 12 ore spezzare l’impasto in forme ideali per le teglie da forno, rifare le pieghe e riposo per 1 ora. Stendere l’impasto con le mani e riposo 30 minuti. Fare pressione con le dita su tutta la focaccia e poi spennellare con la salamoia; riposo per ultimi 30 minuti. Infornare a 230° C per 15 minuti circa. Se si sceglie una farcitura salata si consiglia di spennellare la focaccia anche dopo cottura con la salamoia. salamoia In un gran bicchiere misceliamo con l’aiuto di un mixer elettrico 35 g di acqua calda, 35 g olio EVO, 15 g sale; poi subito in frigorifero fino all’utilizzo.
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GIRELLE CON SALSICCIA, FRIARIELLI E PROVOLA AFFUMICATA «Non poteva mancare qualcosa di mignon; con un piccolo rettangolo di impasto, possiamo racchiudere mille sapori e profumi. Per il ripieno sono tornato nella adorata Campania dove fanno da padrone i friarielli (tipici broccoli di rapa) accompagnati quasi sempre dalla salsiccia a cui ho aggiunto una profumatissima provola affumicata». VITO
Ingredienti per 15 girelle Impasto: • 230 g farina “0” medio forza • 150 g latte intero fresco • 4 g miele • 5 g lievito • 5 g sale • 7 g olio EVO Ripieno: • 200 g friarielli cotti • 150 g salsiccia • 60 g provola • 1 spicchio d’aglio • sale e olio EVO
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PROCEDIMENTO Sciogliere in una terrina il lievito con l’aiuto del latte tiepido, aggiungere farina e miele e mescolare. Successivamente aggiungere l’olio emulsionato con 1 cucchiaio di latte preso da totale della ricetta e mescolare, per ultimo inserire il sale. Togliere dal recipiente l’impasto e lavorarlo energicamente su un tavolo per 12/15 minuti fino a ottenere un risultato liscio e omogeneo. Formare una palla, coprire con pellicola e lasciare riposare in un luogo asciutto lontano da correnti di aria per 3 ore. Riprendere l’impasto, sgonfiarlo e fare una serie di pieghe, lasciare riposare per un’altra ora. Nel frattempo preparare il ripieno dove andare a soffriggere con aglio e olio la salsiccia tagliata a pezzi senza pelle; qui aggiungere i friarielli lavati e lessati precedentemente. Lasciare insaporire per qualche minuto con l’aggiunta di un po’ di sale. Spegnere il fuoco e lasciare raffreddare. Trascorso il tempo dopo le pieghe, riprendere l’impasto e stenderlo aiutandosi con un mattarello. Formare dei rettangoli con spessore 4 mm e grandezza di circa 38x28 cm. Cospargere il condimento sul rettangolo con l’aggiunta della provola affumicata a cubetti, poi arrotolare nel senso di lunghezza e tagliare a fette di circa 3 cm, riporre su una teglia coperta da carta da forno. Ricoprire con pellicola e lasciare riposare per altre 3 ore. Infornare e cuocere in un forno statico senza vapore e preriscaldato a 200° C per una mezzoretta. Sfornare e lasciare raffreddare prima di servirli.
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PANINI AI POMODORI SECCHI Ingredienti • 1 kg farina “0” medio forza • 100 g pomodori secchi sott’olio • 500 ml acqua • 25 g lievito di birra • 30 g olio EVO • 25 g sale «Continuiamo a divertirci per arricchire il nostro cestino del pane con qualche prodotto d’eccellenza della nostra terra: il pomodoro secco». VITO
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PROCEDIMENTO Per iniziare scolare i pomodori secchi dall’olio e tagliarli alla julienne. Disporre la farina su un tagliere e versare l’acqua a temperatura ambiente dopo aver sciolto il lievito, iniziare a impastare. A impasto quasi formato aggiungere l’olio e i pomodori secchi tagliati. Concludere l’impasto con l’aggiunta di sale e continuare a lavorare fino a ottenere una pasta morbida, elastica e omogenea. Lasciare riposare l’impasto coperto con un telo di plastica per circa 20 minuti. Dividerlo in palline da 50 g ciascuna e modellare dei panini, dando la forma dei pomodori maturi. Disporli distanziati tra loro in una teglia coperta da carta da forno e lasciarli lievitare infarinati per circa 1 ora fino al raddoppio del loro volume, coperti sempre con il telo in plastica. Cuocere in forno a 180° C per circa 20 minuti.
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PANE CAFONE
Ingredienti per una pagnotta di circa 1 kg • 180 g farina di frumento Manitoba (W molto alto) • 420 g farina “0” • 420 g acqua • 5 g lievito • 7 g malto d’orzo • 15 g sale
«Parliamo del pane d’eccellenza dal quale possiamo inventarci tanti prodotti. Oltre alle classiche fette per accompagnare i nostri pasti, possiamo tagliarlo in due e farcirlo a nostro gusto per un pranzo al volo o spuntino, possiamo tagliarlo a cubetti grossolani e friggerlo per completare i nostri grandi piatti pugliesi, tipo fave e cicorie e orecchiette alle cime di rape, oppure per accompagnare zuppe, possiamo abbrustolirlo per creare bruschette semplici con aglio, olio, sale e pomodorini e super bruschettoni… Io mi diverto molto creando dei crostini che vengono utilizzati nella nostra cucina per accompagnare primi e zuppe dello chef a base di pesce». VITO
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PROCEDIMENTO In una terrina sciogliere con l’acqua tiepida il lievito finché sia tutto liquido. Aggiungere il malto, la farina e mescolare; infine il sale. Passare su un tagliere e lavorare energicamente l’impasto per 12/15 minuti fino a ottenere un risultato liscio e omogeneo. Formare una palla, coprire con la pellicola e lasciar lievitare per 2 ore lontano da correnti d’aria. Dopodiché sgonfiare l’impasto e procedere con la prima serie di pieghe e far riposare per un’ora. Ripetere l’operazione delle pieghe e far riposare per un’altra ora. Prendere l’impasto dandogli una forma rotonda con le mani e riposo per mezz’ora, ripetere l’operazione dell’arrotondamento mettendo a riposare la pagnotta in un cestino coperto da un canovaccio infarinato con la chiusura verso l’alto, coprire con la pellicola e lasciarlo fino al raddoppio del volume per circa 2 ore. Trascorso il tempo di lievitazione capovolgere la pagnotta su una teglia coperta da carta da forno e infornare in un forno statico con vapore preriscaldato a 240°C per i primi 10 minuti, poi abbassare il forno a 200°C e continuare la cottura per altri 30 minuti, spegnere il forno e lasciarlo all’interno per altri 10 minuti con lo sportello semiaperto. Sfornare e lasciare raffreddare su una griglia prima di tagliarlo.
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PANE AL GRANO SARACENO Ingredienti per un filone di circa 1 kg • 200 g farina di grano saraceno • 315 g farina “0” • 300 g acqua • 5 g lievito • 6 g miele • 12 g sale • 15 g burro «Questa è una delle mie farine preferite di alta categoria. Mi piace tantissimo il gusto rustico che rilascia nel prodotto, preferisco utilizzarla più per il pane che per la pizza, ma se volete anche per fare ottimi dolci e biscotti». VITO
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PROCEDIMENTO In una terrina sciogliere con l’acqua tiepida il lievito finché sia tutto liquido. Aggiungere il miele, le farine e mescolare. Coprire e lasciar riposare per un’oretta. Aggiungere sale nell’impasto e mescolare ancora. Passare su un tagliere e lavorare energicamente l’impasto per 12/15 minuti fino a ottenere un risultato liscio e omogeneo. Aggiungere il burro e lavorare finché non viene assorbito; formare una palla, coprire con pellicola e lasciar lievitare per 3 ore lontano da correnti d’aria. Dopodiché sgonfiare l’impasto e procedere con la serie di pieghe e far riposare per un’ora. Prendere l’impasto, formare un filone e metterlo a riposo per 3 ore dentro un cestino coperto da un canovaccio infarinato, poi coprire con la pellicola. Trascorso il tempo capovolgere il filone su una teglia coperta da carta da forno e infornare in un forno statico con vapore preriscaldato a 200° C per 45 minuti circa. Sfornare e lasciar raffreddare su una griglia prima di tagliare.
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PAGNOTTA ALLE OLIVE
Ingredienti per circa una decina di panini da 100 g
• 100 g di olive nere o verdi al forno • 400 g di farina di grano duro • 100 g di farina “00” «Il pane con le olive è tipico della mia • 5 g zucchero • 10 g sale regione. Si pensi, infatti, alla puccia salentina. Naturalmente ho modificato • 20 g olio EVO un po’ la ricetta tradizionale. Questo • 25 g lievito di birra fresco pane rientra nello “Speciality of the week”, ossia il menù speciale della • acqua q.b. settimana di PIC NIC il nostro Bistrot. Secondo me il panino con le olive non può avere una consistenza morbida (come la puccia salentina) soprattutto se viene farcito con pregiati salumi o bei formaggi. Dovrebbe, quindi, essere un bel pane fragrante e croccante. È molto buono da gustare da solo per merenda o aperitivo rustico accompagnato da un fresco bicchiere di vino bianco secco.Possiamo anche lavorarlo per ottenere una forma da 1 kg per poi tagliarlo a fette arricchendo il nostro cestino di pane». VITO
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PROCEDIMENTO Denocciolare le olive e sminuzzarle. Miscelare le due farine in una terrina, aggiungere zucchero e lievito sciolto in poca acqua calda e impastare inizialmente con 180 ml di acqua a temperatura ambiente. Con l’impastatrice impastare questi ingredienti in 1° velocità per poi passare in 2, a mano è necessario lavorare l’impasto a lungo. Durante la lavorazione, in entrambi i casi, aggiungere a metà impasto l’olio EVO, nella parte finale altra acqua prima del sale e un po’ prima delle olive, quanto basta per ottenere una consistenza morbida ed elastica. Lasciare l’impasto su un piano infarinato e lontano da correnti d’aria. Coprirlo con una rete per torte, porre sopra un canovaccio umido e lasciare riposare per 20 minuti. Trascorso questo tempo, lavorare di nuovo la pasta, formando le pagnotte da 100 g. Sistemarle in una teglia unta di olio ben distanziate fra loro, infarinarle e metterle a lievitare in forno spento, ricordando sempre di mettere sulla base del forno una bacinella con acqua calda. Lasciare lievitare per 2 ore, fino a quando le pagnotte avranno raddoppiato quasi il loro volume. Portate la temperatura del forno a 170°C con funzione ventilato e cuocere per 30 minuti. Sfornate quando la superfice apparirà colorita. Lasciate raffreddare prima di servire, tagliare o farcire.
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PIZZA IN TEGLIA CON BACCALÀ, CREMA DI CECI E POMODORINI DEL PIENNOLO «Per non accontentarsi della “pizza veloce fatta in casa”, ma dobbiamo impegnarci e avere pazienza per le lunghe ore di lievitazione, per fare un prodotto differente che si avvicina a quello che troviamo in pizzeria. Parliamo della “pizza in teglia” che, grazie alle ore di riposo in frigorifero, risulta leggera e ben digeribile per l’idratazione dell’impasto». VITO
Ingredienti Impasto biga • 1 Kg farina tipo “0” • 450 g acqua • 10 g lievito di birra Impasto finale • 1,5 kg farina TIPO 1 • 1050 g di acqua • 5 g lievito di birra fresco • 60 g sale • 80g olio EVO Crema di ceci • 500 g di ceci già cotti • 50g acqua di cottura • 100g olio EVO Baccalà • Filetto di baccalà • Olio e sale
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PROCEDIMENTO Impastare la BIGA mescolando tutti e 3 gli ingredienti per pochi minuti (con un’impastatrice max 4/5 minuti) per ottenere un impasto molto grezzo e duro al tatto. Metterlo a riposo in un recipiente a forma cilindrica coperto con un canovaccio umido per 18 ore ad una temperatura tra 18/20° C. Trascorse le ore riprendere a impastare con la biga dove versare metà parte di acqua per scioglierla un po’ e inserire i 5 g di lievito di birra fresco. Aggiungere la farina seguita dalla restante parte dell’acqua poco alla volta, sale e infine olio EVO. Quando l’impasto risulterà liscio e omogeneo lasciarlo lievitare per 40 minuti. Formare delle pagnotte da 1 kg circa per una teglia da 60x120 cm e far riposare per 24 ore a temperatura controllata di 4° C. Tirare l’impasto fuori dal frigo e lasciarlo riposare per 2 ore a temperatura 28/32° C. Stendere l’impasto e cuocere a una temperatura di 280/300° C per 14/15 minuti. A cottura quasi ultimata distribuire i pomodori spezzettandoli con le mani e completare la cottura. A cottura ultimata spalmare la crema di ceci calda ottenuta frullando i ceci con un mixer; adagiare le fette di baccalà precedentemente carpacciate e condite con olio e sale. Condire con basilico o prezzemolo a piacere e gustare.
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LA PIZZA... RIGOROSAMENTE STESA A MANO!!! «Finalmente siamo arrivati al mio prodotto per eccellenza. Dopo quello che abbiamo già detto su questo prodotto, abbiamo tutte le nozioni necessarie per mettere le mani in pasta. Questa ricetta è molto semplice, per poterla replicare anche in casa e ottenere un grandissimo prodotto anche con una breve lievitazione». VITO
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Ingredienti per 5/6 panetti da 220/250 g • 1 kg farina tipo “0” • 650 g acqua molto fredda • 25 g sale marino fine • 3 g lievito liofilizzato
PROCEDIMENTO Miscelare in una bacinella solamente la farina per qualche minuto (ossigenazione). Versare il 70% dell’acqua e lievito, impastare energicamente, con pugni leggeri e incrociati, in modo da continuare l’ossigenazione, ammorbidire e lisciare la pasta che si forma poco alla volta. Bisogna cercare di incamerare più aria possibile in quanto favorisce la moltiplicazione dei lieviti e l’allungamento del glutine. Aggiungere poco per volta la parte restante dell’acqua e il sale. Quando la pasta ha assorbito tutta la farina, estrarla e continuare a impastare sul piano di lavoro leggermente infarinato in un movimento di estensione/compressione che gonfia e allunga la pasta. Cosi la maglia glutinica (la rete proteica formata dal glutine che dà morbidezza alla pasta) si struttura. È l’ossigeno incorporato nella pasta durante la lavorazione a favorirne la formazione.
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All’inizio della lavorazione l’impasto è fragile: la maglia glutinica non si è ancora formata. Progressivamente diventa più elastica e si allunga senza rompersi: la rete glutinica si è creata. Dopo circa 20 minuti di lavorazione l’impasto deve risultare liscio, soffice, elastico e deve presentare delle piccole bolle d’aria che devono solo crescere durante la lievitazione. Lasciarlo riposare per altri 20 minuti coperto con un telo in plastica. Poi spezzare la pasta in panetti da 220/250g. Metterli su una placca leggermente infarinata, spaziandoli bene. Porre la placca in frigo a una temperatura controllata di 4° C per 24/48 ore. Tirare fuori l’impasto 3 ore prima dell’utilizzo. Stenderlo su un piano di lavoro leggermente infarinato, con dei movimenti molto veloci prima con la punta delle dita, poi facendola girare intorno al palmo della mano, allargando il nostro disco dal centro verso l’esterno. Farcire a piacere. Infornare in un forno al massimo della temperatura. E poi… GUSTATE!
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Consigli • Come già detto la quantità di lievito varia in funzione della temperatura dell’ambiente e delle ore di lievitazione che si dà all’impasto. • Ricordare di inserire l’acqua molto fredda per raggiungere una temperatura finale dell’impasto perfetta per la partenza del lievito. • Se si utilizza l’impastatrice gli ingredienti non cambiano. Bisogna far prima ossigenare la farina con dei giri a vuoto per qualche minuto, poi partire con l’impasto: si inizia sempre dal 70% di acqua più il lievito in prima velocità, poi la parte restante dell’acqua con il sale in seconda velocità, negli ultimi secondi della lavorazione si può aggiungere un filo d’olio EVO per dare un po’ di friabilità alla pizza. Non superare i 20 minuti per il procedimento perché si rischia che la pasta si scaldi, e che si rompa la maglia glutinica. Terminato il lavoro nell’impastatrice non tirare fuori la pasta immediatamente, ma lasciarla riposare all’interno per 1/2 minuti: questo serve per far rilassare un pò la pasta evitando un ulteriore stress oltre a quello già subito nella fase d’impasto. Dopodiché portare l’impasto sul piano di lavoro, coprirlo con un telo in plastica e lasciarlo riposare per alcuni minuti prima di formare i panetti.
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Ingredienti
PETTOLE
«Tipiche della cucina pugliese, le pettole sono soffici nuvole di pasta fritta che si possono gustare in svariati modi, anche salate. Io le preferisco • 500 g Farina tipo “00” nella versione dolce, forse perché amo • 10 g di lievito di birra fresco i contrasti. Per renderle tali basterà • 12 g sale integrarle nel miele, nel vincotto o spolverizzarle con lo zucchero. • 350 g acqua tiepida Le pettole sono un piatto molto sempli• un pizzico piccolissimo ce da preparare nate dall’errore di una casalinga che voleva preparare il pane di zucchero ma lo lasciò lievitare troppo a lungo e non potendolo più utilizzare lo divise a pezzi e lo tuffò nell’olio caldo. L’importante è che siano fragranti fuori e morbide dentro. Il segreto sta tutto nell’impasto che dovrà essere molto morbido e ben lievitato. Per formare le pettole ci vuole una certa manualità perché si deve prelevare un pò di impasto con la mano sinistra, stringere il pugno e farne fuoriuscire una piccola parte, poi con la mano destra si deve staccare la pallina e buttarle nell’olio. Ricordate di bagnarvi un po’ le mani con dell’acqua per effettuare questo procedimento con più facilità oppure per chi non ha tanta padronanza potrà utilizzare due cucchiai». VITO
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PROCEDIMENTO Setacciare la farina in una ciotola, prendere una piccola parte di acqua e sciogliere il lievito e versarlo dentro. Iniziare a mescolare con le mani mentre si aggiunge un pizzico di zucchero e poco per volta l’acqua per non creare grumi. Una volta unita quasi tutta l’acqua aggiungere il sale e continuare a impastare con energia per incorporare più aria possibile. Bisognerà ottenere un impasto liscio, morbido e appiccicoso. Occorrono circa 15 minuti di lavorazione. Coprire la ciotola con la pellicola per alimenti e lasciare lievitare in un luogo asciutto fino a che l’impasto non è raddoppiato di volume. In una casseruola capiente versare abbondante olio di semi e portarlo a temperatura. Utilizzare il procedimento per formare le palline, farle cadere nell’olio e friggerle fino a che non sono dorate uniformemente. Scolarle e farle asciugare leggermente su carta assorbente. Subito dopo versarle in una coppa dove sarà stato creato un mix di zucchero bianco semolato e a velo, zucchero di canna e a paicere arricchirlo con cannella, anice stellato e chiodi di Garofano.
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