Kilian Jornet / Correre o morire

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Kilian

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Jornet

CORRERE O MORIRE

Chi è KILIAN? Classe 1987, 24 anni, atleta fuoriclasse dell’endurance, oltre ogni limite. Uno che corre 169 km

e 9600 m di dislivello in 20 ore e 36 minuti (UTMB 2011). Nessuno ha vinto e vince come lui. Eroe e ragazzo semplice. Una persona straordinaria.

e non il contrario. La manifestazione corporea è solo il mezzo con il quale ha trovato la sua via e ora si trova nel bel mezzo del suo viaggio a una velocità inerziale, decisamente veloce. Le emozioni, i ricordi e le descrizioni delle sue corse sono figlie dell’età e cambiano nel corso del libro esattamente come in quelle della vita». «Ho respirato aria fresca ed energia contagiosa tra le pagine del libro di Kilian. Correre o morire è ovviamente una perfetta metafora della vita. Alla parola “correre” vorrei che fossimo in grado di sostituire la parola “sognare”, combattere, agire. È forse proprio questo che abbiamo disimparato a fare».

Ricordiamo tra le tante altre vittorie CORSA World Champion di skyrunning | 2007, 2008, 2009, 2010 Ultra-Trail du Mont-Blanc | 2008, 2009, 2011 Grand Raid Réunion | 2010 WS100 | 2011 Zegama | 2007, 2008, 2010, 2011, 2012 Giir di mont | 2008, 2009, 2010, 2011 Sierre Zinal | 2009, 2010 Dolomites Skyrace | 2008 Trofeo Kima | 2010

CORRERE O MORIRE

«Kilian è uno che corre sognando

Kilian Jornet

«In montagna sei l’unico responsabile delle tue azioni, sia che siano buone, sia che non lo siano. Una realtà di fatto che insegna a essere umile, positivo, a lottare, a cadere e rimettersi in piedi, fino a trovare la propria strada». Kilian

STEPHAN REPKE

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SCIALPINISMO Overall World Champion | 2011 e World Cup | 2011, 2012 Individual World Champion | 2010, 2011 e World Cup | 2009, 2010, 2011 Vertical Race World Champion | 2010, 2011 Pierra Menta | 2008, 2010, 2011 Mezzalama | 2011 Patrouille des Glaciers | 2012 Tour du Rutor | 2012

[dalla prefazione di Simone Moro, alpinista]

Attualmente è impegnato nell’ambizioso progetto Summit of my Life: otto tappe ai limiti del possibile sulle vette più affascinanti del Pianeta.

ISBN 978-88-7480-185-5 LI

Copertina di ELIANA BARBERA

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Foto di JORDI SARAGOSSA

KILIAN Jornet Burgada nasce nel 1987 da genitori che hanno le montagne nel sangue. Passa i primi anni presso il Rifugio di Cap del Rec nei Pirenei catalani: «Lassù lo sport era l’unico divertimento che avessimo a disposizione». A 5 anni ha già salito le due cime più alte delle montagne di casa: Aneto e Posets. A 10 ha compiuto la traversata dei Pirenei e archiviato varie vette sopra i 4000 m. In seguito si appassiona alla competizione: scialpinismo d’inverno e corsa in montagna d’estate. Ha polverizzato tutti i record che ha tentato e il suo palmarès in entrambi gli sport è da extraterrestre.

i LICHENI

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www.kilianjornet.cat www.summitsofmylife.com

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CORRERE O MORIRE

Chi è KILIAN? Classe 1987, 24 anni, atleta fuoriclasse dell’endurance, oltre ogni limite. Uno che corre 169 km

e 9600 m di dislivello in 20 ore e 36 minuti (UTMB 2011). Nessuno ha vinto e vince come lui. Eroe e ragazzo semplice. Una persona straordinaria.

e non il contrario. La manifestazione corporea è solo il mezzo con il quale ha trovato la sua via e ora si trova nel bel mezzo del suo viaggio a una velocità inerziale, decisamente veloce. Le emozioni, i ricordi e le descrizioni delle sue corse sono figlie dell’età e cambiano nel corso del libro esattamente come in quelle della vita». «Ho respirato aria fresca ed energia contagiosa tra le pagine del libro di Kilian. Correre o morire è ovviamente una perfetta metafora della vita. Alla parola “correre” vorrei che fossimo in grado di sostituire la parola “sognare”, combattere, agire. È forse proprio questo che abbiamo disimparato a fare».

Ricordiamo tra le tante altre vittorie CORSA World Champion di skyrunning | 2007, 2008, 2009, 2010 Ultra-Trail du Mont-Blanc | 2008, 2009, 2011 Grand Raid Réunion | 2010 WS100 | 2011 Zegama | 2007, 2008, 2010, 2011, 2012 Giir di mont | 2008, 2009, 2010, 2011 Sierre Zinal | 2009, 2010 Dolomites Skyrace | 2008 Trofeo Kima | 2010

CORRERE O MORIRE

«Kilian è uno che corre sognando

Kilian Jornet

«In montagna sei l’unico responsabile delle tue azioni, sia che siano buone, sia che non lo siano. Una realtà di fatto che insegna a essere umile, positivo, a lottare, a cadere e rimettersi in piedi, fino a trovare la propria strada». Kilian

STEPHAN REPKE

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SCIALPINISMO Overall World Champion | 2011 e World Cup | 2011, 2012 Individual World Champion | 2010, 2011 e World Cup | 2009, 2010, 2011 Vertical Race World Champion | 2010, 2011 Pierra Menta | 2008, 2010, 2011 Mezzalama | 2011 Patrouille des Glaciers | 2012 Tour du Rutor | 2012

[dalla prefazione di Simone Moro, alpinista]

Attualmente è impegnato nell’ambizioso progetto Summit of my Life: otto tappe ai limiti del possibile sulle vette più affascinanti del Pianeta.

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Foto di JORDI SARAGOSSA

KILIAN Jornet Burgada nasce nel 1987 da genitori che hanno le montagne nel sangue. Passa i primi anni presso il Rifugio di Cap del Rec nei Pirenei catalani: «Lassù lo sport era l’unico divertimento che avessimo a disposizione». A 5 anni ha già salito le due cime più alte delle montagne di casa: Aneto e Posets. A 10 ha compiuto la traversata dei Pirenei e archiviato varie vette sopra i 4000 m. In seguito si appassiona alla competizione: scialpinismo d’inverno e corsa in montagna d’estate. Ha polverizzato tutti i record che ha tentato e il suo palmarès in entrambi gli sport è da extraterrestre.

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Kilian Jornet

CORRERE O MORIRE Prefazione di Simone Moro

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iLicheni 2.0 DIRETTORE EDITORIALE

Valter Giuliano

COLLANA A CURA DI

Giulio Caresio

COMITATO EDITORIALE

Valter Giuliano Gianluigi Montresor Giorgio Vivalda PROGETTO GRAFICO

Eliana Barbera

IMPAGINAZIONE

Valdimara Mo

COORDINAMENTO TECNICO

Dario Romano

TITOLO ORIGINALE

Córrer o morir

TRADUZIONE DAL CATALANO

Francesco Ferrucci

La traduzione di questo lavoro è stata supportata da un contributo dell’Institut Ramon Llull

Questo libro è stato stampato su carta FSC Forest Stewardship Council COPYRIGHT© Kilian Jornet, 2011 Edizione originale © Ara Llibres S.C.C.L. Pubblicato in accordo con The Ella Sher Literary Agency COPYRIGHT© 2012 Vivalda Editori Srl, Torino Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-7480-185-5 Codice interno LI20001 www.vivaldaeditori.it

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A NĂşria, che mi indica il cammino e lo illumina quando si fa buio

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Presentazione collana iLicheni 2.0 Voce a chi vive in pienezza, gioia e fatica, aprendo nuove vie, ampliando prospettive, portando alla luce visioni inedite con energia, entusiasmo e ironia. Una collana all’insegna dell’innovazione. Quella che nasce dall’immaginazione e dalla volontà. Che non avviene fuori, ma dentro di noi. Per capire che superare i propri limiti significa prima di tutto cambiare punto di vista, esplorare, mettersi in gioco. Dar voce a quell’onesta pulsione verso qualcosa di meglio e di grande che sgorga dal profondo del nostro cuore e deve risalire la china fino alla superficie. Una nuova collana di slanci freschi e sinceri per andare oltre. Libri di e per chi ama, abita e percorre la montagna, ma non solo. Perché non temiamo le contaminazioni e amiamo gli spazi di frontiera, tra sperimentazioni e nuove discipline, sportive e non. Fin dove l’esperienza outdoor ci porterà e laddove nasca un sano spirito di ricerca ci spingeremo sempre volentieri. Saremo “i Licheni 2.0”, un figlio un po’ ribelle che sa rispettare, imparare e costruire su ciò che l’ha preceduto. Perché anche dove la polemica vorrebbe farci scorgere una rottura si può vedere un segno di continuità. Il figlio conserva sempre sottopelle il patrimonio genetico dei genitori. Ecco allora, da un lato, un legame forte con “i Licheni”, la collana storica della Vivalda Editori che ha saputo far crescere negli anni la letteratura di montagna, e

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Correre o Morire

continua a far sognare i lettori tramite la voce di tanti protagonisti e tramite i loro racconti, le loro storie e i loro romanzi. Ma anche, dall’altro, la spinta ad andare oltre, a trasgredire, a rinnovare la ricerca per scoprire gli apripista emergenti e dar vita a una versione “2.0”. È il software che si rinnova. L’hardware continua a corrispondere al libro — anche quando quest’ultimo sia “elettronico” —, mentre quel misterioso dialogo interno tra noi e la pagina scritta che costituisce l’anima della lettura si rinnova attraverso nuove storie, linguaggi e contenuti. Quel soft-ware che pare, nella sua stessa radice anglofona, un inno alla leggerezza che vorremmo respiraste tra le righe di questa collana, e che alla fine costituisce la parte impalpabile ma fondante delle nostre tante esperienze di lettura, digitali e non. IL CURATORE Giulio Caresio

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Prefazione Kilian è uno che corre sognando e non il contrario. La manifestazione corporea è solo il mezzo con il quale ha trovato la sua via e ora si trova nel bel mezzo del suo viaggio a una velocità inerziale, decisamente veloce. Le emozioni, i ricordi e le descrizioni delle sue corse sono figlie dell’età e cambiano nel corso del libro esattamente come in quelle della vita. È ancora giovane Kilian, forte, competitivo, a volte imbattibile, altre più umano. Ha cominciato nel più bello ed educativo dei modi il suo sogno. Con i genitori, in montagna, condividendo con gli affetti più cari gli elementi semplici e ormai rari che solo il contatto diretto con la natura ti offre. La libertà non è solo il poter dire e fare quello che apparentemente noi vogliamo e decidiamo. Scegliere di vivere lavorando in maniera totale su un proprio sogno, anche quelli sconvenienti, inutili o “impossibili” è in realtà la maniera più semplice di sentirsi liberi e percepirne il valore. Leggendo questo libro non ho potuto evitare di ritrovare anche un po’ me stesso, la scintilla che qualche decennio fa mi ha fatto sognare e credere che sarei potuto diventare uomo, adulto, scalando montagne e dedicando a questo progetto di vita tutte le mie energie e idee. Kilian, a modo suo e alla sua incredibile velocità, sta facendo lo stesso e tutta la sequenza di gare, di vittorie e di esperienze anche difficili lo stanno rendendo consapevole che questo modo di vivere è, in fondo, un modo di crescere, maturare, di conoscere virtù e vizi propri e del mondo. Nulla è dunque inutile a questo mondo e tutto è anzi indi-

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Correre o Morire

spensabile. Correre sognando, proprio come fa Kilian, può servire a qualcuno per ritrovare la voglia di mettersi in cammino, di cercare dentro di sé la scintilla, la stessa che in molti di noi ha rappresentato energia per una svolta e volontà di scegliere e non di essere scelti. Non riesco insomma a vedere la sequenza di corse e di vittorie dell’atleta spagnolo solo come una lista di performance, un curriculum agonistico composto solo da numeri e risultati. Quelle cose sono senza anima e senza odore. La storia ci ha insegnato e dimostrato che c’è e ci sarà sempre qualcuno che farà meglio, correrà, scalerà, salterà e agirà meglio di noi e dell’attuale record, anche di quelli strepitosi di Kilian. Ma è l’intensità delle nostre emozioni, l’entusiasmo del nostro viaggio di vita e delle nostre scelte, quelle che fanno il nostro passaporto, che rappresentano la nostra non replicabile vita. Correre come scalare permette di guardare e di guardarsi, ascoltare e ascoltarsi. La percezione di se stessi è il più semplice e devastante modo per sentirsi vivi, dannatamente protagonisti dei propri sogni, anche di quelli reputati inutili come sudare e fare fatica per non ottenere apparentemente quasi nulla in cambio. Ho respirato aria fresca ed energia contagiosa tra le pagine del libro di Kilian. Correre o morire è ovviamente una perfetta metafora della vita. Alla parola “correre” vorrei che fossimo in grado di sostituire la parola “sognare”, combattere, agire. È forse proprio questo che abbiamo disimparato a fare. Non abbiamo più sufficiente fame e ci viene sempre più difficile alzarci all’alba, affrontare le intemperie, accettare nuovi sacrifici, pagare il prezzo del voler emergere e voler essere realmente liberi e protagonisti del nostro quotidiano. Kilian diventa dunque la proiezione di noi, seppur con la sua stratosferica capacità atletica, se lo vediamo come la materializzazione di un sogno e non solo di tabelle di allenamento. In fondo non c’è età per sognare e smettere di farlo, dunque sta

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PREFAZIONE

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ancora a noi decidere se leggere queste pagine come un distaccato passatempo o provare ad aprire le nostre finestre e lasciare entrare aria fresca, motivante. Sta insomma a noi decidere se trovare ancora una volta la scusa per limitarci a un applauso o scommettere finalmente su qualcuno dei nostri sogni che deve iniziare a muoversi perchĂŠ possa un giorno anche correre... Simone Moro

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CAPITOLO 1

Cosa vuoi fare da grande? «Un contatore di laghi. Io, da grande, voglio essere contatore di laghi!». La maestra distolse lo sguardo dalla lavagna, su cui stava scrivendo una lista dei lavori che noi bambini della classe avremmo voluto fare da grandi, e guardò il mio banco. «Sì, contatore di laghi. Ma non voglio limitarmi a contare quanti ce ne sono. Io girerò sulle montagne e, quando troverò un lago, guarderò quanto è profondo lanciandovi in mezzo un sasso legato a una corda, guarderò quanti passi è lungo e quanti è largo. Guarderò da dove vengono i fiumi che vi si riversano, e in che direzione vanno quelli che nascono da lui. Guarderò se vi sono pesci, o rane, o girini. E se l’acqua è pulita oppure no». Rosa mi guardò ancora più sorpresa, perché non è il lavoro più sognato dai bambini di cinque anni, ma io ne ero convinto. Era il mio destino. Per questo motivo e poiché durante tutte le ascensioni e le escursioni che ho fatto sin da quando mi ricordo tornavo sempre a casa con un sasso, come minimo, della vetta o del punto più alto dove eravamo arrivati — un’abitudine che conservo ancora oggi, infatti colleziono pietre di ogni tipo e colore: vulcaniche del Kilimangiaro e della Garrotxa, graniti dei Pirenei e delle Alpi, pietre ocra del Marocco e della Cappadocia, blu dell’Erciyes Daği, lastre del Cerro Plata… —, credo che fossi predestinato a diventare geografo o qualcosa di simile. Predestinato

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a scoprire le viscere della Terra cercando pietre su tutte le vette e in tutte le grotte, a conoscere i suoi paesaggi e a svelare come era stata capace di innalzare costruzioni complesse come le catene montuose, con le loro montagne, le valli, i laghi… E come tutto ciò, in un modo o nell’altro, funzionasse alla perfezione, come un orologio svizzero, senza che niente né nessuno, nemmeno gli uomini più potenti, potesse fermare il suo ritmo vitale. Credo che quella volta sia stata una delle poche in cui ho detto «io voglio essere». Sono sempre stato piuttosto una persona di quelle che dicono «cercherò di…». Una persona timida che ha sempre pensato si debba dare tempo al tempo, lasciare che le cose seguano il loro corso. E il tempo, con il mio destino, ha fatto ciò che doveva. La mia infanzia è stata quella di un bambino normale. Il tempo in cui non ero a scuola lo trascorrevo a giocare intorno alla casa dei miei genitori, solo, con mia sorella o con i compagni di scuola che venivano a passare qualche pomeriggio da noi. Giocavamo a nascondino, ad acchiapparello (giocare a prendersi, NdR) costruivamo capanne e fortezze, e trasformavamo l’ambiente circostante in luoghi fantastici fatti di immagini di fumetti o di film. Non sono mai stato una persona di quelle che si chiudono in casa, e ho avuto la fortuna che i miei genitori vivessero in un rifugio di montagna — di cui mio padre era il guardiano — situato a 2000 metri di altitudine, sul versante nord della Cerdagna, tra le vette al confine con la Francia e Andorra. Il mio spazio di gioco non è mai stata una strada o un cortile, ma i boschi del Cap de Rec, le piste di sci di fondo e le cime della Tossa Plana, la Muga, il Port de Perafita… È stato lassù che ho cominciato a scoprire l’affascinante mondo della natura. Tornando da scuola, avevamo appena il tempo di

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CAPITOLO 1

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lasciare gli zaini in soggiorno ed eravamo subito fuori, d’estate ad arrampicarci sulle rocce o a penzolare dal ramo di un albero, oppure d’inverno a saltare su campi pieni di neve con gli sci di fondo ai piedi. Ogni sera, prima di andare a dormire e già in pigiama, uscivo con mia sorella e mia madre a fare una passeggiata nel bosco al buio, senza la lampada frontale. Evitavamo i sentieri e, in questo modo, pian piano, quando i nostri occhi si adattavano all’oscurità e le nostre orecchie al silenzio, eravamo in grado di ascoltare il respiro del bosco e di “vedere” il terreno tramite i piedi. Sopravvalutiamo il senso della vista e, quando non l’abbiamo a disposizione, ci sentiamo abbandonati e indifesi di fronte ai pericoli del mondo. Tuttavia, che pericolo può esserci di notte in un bosco pirenaico? Di fatto, gli unici predatori naturali, lupi e orsi, scarseggiano da anni. Per quanto riguarda gli altri animali, quale pericolo ci può essere nell’incrociare una volpe o una lepre per un animale dieci o quindici volte più grande di loro? E gli alberi? Con le orecchie impari ad ascoltare il modo in cui il vento muove le loro foglie e così puoi vederli. E il terreno? I piedi avvertono se ci sono rami, erba, fango o acqua. Se sale o scende, o se all’improvviso c’è un salto. E così passarono velocemente gli anni, tra i giochi intorno al rifugio e le escursioni nei fine settimana e durante le vacanze. Ogni volta che avevamo qualche giorno libero, ne approfittavamo per andare a esplorare una nuova montagna. Appena imparato a camminare, iniziammo a salire su quelle più vicine a noi, sulle cime intorno al rifugio. E, progressivamente, passammo a cercare nuove avventure più lontane. A tre anni ero già stato sulla Tossa Plana, sul Perafita e sulla Muga. In seguito fu la volta della vetta dell’Aneto, a sei anni il primo Quattromila, e a dieci, la traversata dei Pirenei in quaran-

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tadue giorni... In quelle escursioni non seguivamo mai i passi dei nostri genitori. Erano loro a portarci sulla cima e a guidarci, però eravamo noi a dover scoprire il cammino, a cercare i segnali e a dover capire perché il sentiero passava da una parte invece che da un’altra. Non eravamo semplici osservatori di ciò che accadeva intorno a noi, e la montagna diventava più di un semplice luogo di svago. Era un terreno di vita, che dovevamo conoscere per poterci muovere al suo interno in sicurezza, per poter interpretare e prevedere i suoi pericoli. Insomma, dovevamo adattarci al terreno su cui eravamo nati. E in questo modo, facendoci sentire parte di essa, i nostri genitori ci insegnarono ad amare la montagna. Perché, in fondo, la montagna è come una persona: per amarla, bisogna prima conoscerla, e quando la conosci puoi sapere se è arrabbiata o se è contenta, come trattarla, come giocare con lei, come prendertene cura quando le fanno del male, quando è meglio non disturbarla... Ma la differenza rispetto a qualsiasi persona è che la montagna, la natura, la Terra, sono immensamente più grandi di te. Non devi mai dimenticare che tu sei solo un piccolo punto nello spazio, nell’infinito, e che è lei a poter decidere in qualsiasi momento se vuole cancellare o meno quel punto. Quando avevo otto anni feci un’escursione che ricordo ancora, e che mi viene in mente spesso mentre corro. Arrivammo a La Coruña. Il treno si fermò e noi scendemmo. Il tempo era fresco e, sebbene non piovesse, sembrava che da un momento all’altro sarebbero cominciate a cadere le prime gocce. Tirammo fuori le biciclette e iniziammo a pedalare. Io guidavo la mountain bike di mia madre. Era abbastanza nuova e, nonostante i miei piedi arrivassero a malapena ai pedali, le decorazioni multicolore dei raggi delle ruote facevano sì che non me ne separassi nemmeno un momento. Mia sorella aveva

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Il Breithorn (4164 m) fu il mio primo Quattromila. Lo feci a sette anni, con mia sorella Naila, che ne aveva sei.

Una delle prime corse della mia vita, la Marxa Pirineu: 12 km di sci di fondo che feci in compagnia di mia madre. Avevo tre anni.

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STEPHAN REPKE BRYON POWELL

L’improvvisazione è la chiave di molti successi. Durante la Traversata dei Pirenei dovemmo cercare dei percorsi alternativi per aggirare il maltempo in quota e proseguire in sicurezza. Controllare tutto il materiale, avere tutto pronto. Eccomi la sera prima della Western States 100, mentre preparo le bevande che alla fine non mi sono bevuto.

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MÓNICA DALMASSO

MÓNICA DALMASSO

Tav. III

Durante le soste si deve perdere il minor tempo possibile ed essere efficienti al massimo. A Klingsbury South, durante il Tahoe Rim Trail (California, USA), Sònia mi cura le vesciche mentre mangio un piatto di pasta, mi pulisco i piedi per continuare e mi spiegano il percorso che seguiremo da lì in poi. A volte ti viene sonno mentre corri e cerchi di continuare. Eccomi mentre faccio un riposino di un’ora durante il TRT.

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MĂ“NICA DALMASSO

Correre in compagnia è un aiuto importantissimo durante le lunghe traversate come il Tahoe Rim Trail (TRT).

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Ringraziamenti

A Jordi Canals, a Joan Solà, alla mia famiglia e ai miei amici per aver creduto in me sin dal primo momento e avermi aiutato a realizzare i miei sogni. Alla casa editrice Ara Llibres, per avermi dato quest’opportunità unica e avermi aiutato in tutto ciò di cui ho avuto bisogno.

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Indice PRESENTAZIONE COLLANA iLICHENI 2.0 di Giulio Caresio

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PREFAZIONE

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di Simone Moro

MANIFESTO DELLO SKYRUNNER

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CAPITOLO 1

Cosa vuoi fare da grande?

15

CAPITOLO 2

L’adrenalina del pettorale

33

CAPITOLO 3

Non solo competizione

55

CAPITOLO 4

La Ciutat del Vent

81

CAPITOLO 5

Tra le acque

115

CAPITOLO 6

La vittoria dei sensi

137

CAPITOLO 7

Correre lontano

CAPITOLO 8

CAPITOLO 9

per trovare se stessi

149

Una vetta si conquista quando si torna giù

169

A cosa penso quando penso a correre

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RINGRAZIAMENTI

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Kilian

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CORRERE O MORIRE

Chi è KILIAN? Classe 1987, 24 anni, atleta fuoriclasse dell’endurance, oltre ogni limite. Uno che corre 169 km

e 9600 m di dislivello in 20 ore e 36 minuti (UTMB 2011). Nessuno ha vinto e vince come lui. Eroe e ragazzo semplice. Una persona straordinaria.

e non il contrario. La manifestazione corporea è solo il mezzo con il quale ha trovato la sua via e ora si trova nel bel mezzo del suo viaggio a una velocità inerziale, decisamente veloce. Le emozioni, i ricordi e le descrizioni delle sue corse sono figlie dell’età e cambiano nel corso del libro esattamente come in quelle della vita». «Ho respirato aria fresca ed energia contagiosa tra le pagine del libro di Kilian. Correre o morire è ovviamente una perfetta metafora della vita. Alla parola “correre” vorrei che fossimo in grado di sostituire la parola “sognare”, combattere, agire. È forse proprio questo che abbiamo disimparato a fare».

Ricordiamo tra le tante altre vittorie CORSA World Champion di skyrunning | 2007, 2008, 2009, 2010 Ultra-Trail du Mont-Blanc | 2008, 2009, 2011 Grand Raid Réunion | 2010 WS100 | 2011 Zegama | 2007, 2008, 2010, 2011, 2012 Giir di mont | 2008, 2009, 2010, 2011 Sierre Zinal | 2009, 2010 Dolomites Skyrace | 2008 Trofeo Kima | 2010

CORRERE O MORIRE

«Kilian è uno che corre sognando

Kilian Jornet

«In montagna sei l’unico responsabile delle tue azioni, sia che siano buone, sia che non lo siano. Una realtà di fatto che insegna a essere umile, positivo, a lottare, a cadere e rimettersi in piedi, fino a trovare la propria strada». Kilian

STEPHAN REPKE

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SCIALPINISMO Overall World Champion | 2011 e World Cup | 2011, 2012 Individual World Champion | 2010, 2011 e World Cup | 2009, 2010, 2011 Vertical Race World Champion | 2010, 2011 Pierra Menta | 2008, 2010, 2011 Mezzalama | 2011 Patrouille des Glaciers | 2012 Tour du Rutor | 2012

[dalla prefazione di Simone Moro, alpinista]

Attualmente è impegnato nell’ambizioso progetto Summit of my Life: otto tappe ai limiti del possibile sulle vette più affascinanti del Pianeta.

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Foto di JORDI SARAGOSSA

KILIAN Jornet Burgada nasce nel 1987 da genitori che hanno le montagne nel sangue. Passa i primi anni presso il Rifugio di Cap del Rec nei Pirenei catalani: «Lassù lo sport era l’unico divertimento che avessimo a disposizione». A 5 anni ha già salito le due cime più alte delle montagne di casa: Aneto e Posets. A 10 ha compiuto la traversata dei Pirenei e archiviato varie vette sopra i 4000 m. In seguito si appassiona alla competizione: scialpinismo d’inverno e corsa in montagna d’estate. Ha polverizzato tutti i record che ha tentato e il suo palmarès in entrambi gli sport è da extraterrestre.

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