Dalla terra di Pomarico alla Rivoluzione

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In una recente commemorazione di Francesco Lomonaco a Pavia il nostro paese è stato oggetto di gratificazioni e apprezzamenti per le personalità espresse. Ripercorrendo l’apposita monografia del Fiorentino, mi sono ancora più convinto che tali elogi non erano immeritati. Se penso poi a quello sparuto gruppo di pomaricani (115) che cercò di arginare l’avanzata dell’agguerrito esercito del porporato (15.000), apportando danni notevoli, la mia convinzione diventa addirittura granitica. dalla postfazione di P. Varuolo

... Il 24 giugno 1799 la Restaurazione aveva spazzato via a colpi di baionette e lacci al collo decine di persone, gente umile e intellettuali, appartenenti alle classi meno abbienti e professionisti di fama. Furono decine i lucani assassinati da Ferdinando IV. Un’ondata di vendetta che non risparmiava. E dalla Basilicata sparirono le vite attive di tanti. Fra questi, Niccola Fiorentino. Portato sul patibolo il 12 dicembre 1799, nonostante fosse stato servitore statale per lunghi anni, scrupoloso dipendente della monarchia borbone. Prima di divenire convinto rivoluzionario ...

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9 788896 171561

€5

NUNZIO FESTA

Nunzio Festa, editor, direttore editoriale di Altrimedia Edizioni, direttore della collana di “saggistica italiana e narrativa di frontiera” per le edizioni internazionali Errant Editions, è cronista, giornalista culturale, critico e consulente editoriale. Poeta e narratore, le sue ultime pubblicazioni sono: Quello che non vedo (poemetto, Altrimedia Edizioni), Matera. Vite scavate nella roccia (racconto lungo, Historica Edizioni), Farina di sole (romanzo breve, Senzapatria editore).


Le condizioni esterne: tra storia e luoghi Ferdinando IV, figlio di Carlo di Borbone, salì al trono nel 1734, succedendo al padre, a sostanziare la linea del passaggio di sangue che sempre ha caratterizzato e caratterizza le imposizioni dittatoriali e le gestioni monarchiche dei regni e delle entità simili di gestione dello Stato o delle Terre. La diversità storica, per così dire, la differenza sostanziale tra il tempo di Carlo e quello di re Ferdinando, però, è davvero significativa. Almeno in quanto ad approccio, vorremmo precisare. Perché l’avvento di Ferdinando IV cambiò in un certo senso il clima complessivo, dando agio ai pensatori dell’età ferdinandea di guardare al Ferdinando quale “despota illuminato”, aperto alle istanze di modernizzazione. Nel 1789, a fare invece giustizia di quel presente, il vento porta le idee davvero libertarie e ‘illuminate’ che cadono dalla Francia della Rivoluzione. Dove mezzi termini, invece, non ce ne sono stati. E i presupposti del cambiamento assoluto sono stati 9


dettati alla Storia. In un fiume di ribellioni, sangue, voglia di liberazione. Eppure è la forza militare, come altre volte è accaduto, a inviare scombussolamenti reali ai territori e ai popoli. Il 12 aprile 1796, infatti, la Francia del generale Bonaparte entra a Napoli e il re si mette in fuga a braccetto della regina, scortato da un manipolo di fidi. Tre anni dopo nascerà la Repubblica Napoletana, in attesa d’una Costituzione che invece fu anticipata soprattutto dall’opera massacrante dello spietato cardinale Fabrizio Dionigi Ruffo e dello spregiato e cruento ammiraglio britannico Orazio Nelson che permettevano la restaurazione e annunciavano il massacro in forza dei rivoluzionari. Ruffo era seguito da contadini e braccianti assoldati con la falsa promessa d’ottenere terre da coltivare al momento del ritorno del Borbone. Un bluff a noi chiaro, ma che sappiamo essere alla base d’ogni vittoria dei potenti e delle loro schiere, in ogni spazio geografico e temporale. Pomarico, in questo frangente temporale, viveva fra le braccia larghe di Montescaglioso, tutta presa dalle sue difficoltà economiche e dallo stato storico di soggezione alla vicina e assillante Abbazia Benedettina. Qui, in questa povertà, in tale contesto umano e territoriale, nacque il nostro Fiorentino. Una delle vittime dei mutamenti storici. Ma protagonista degli eventi, nel bene e nel male, con tutte 10


le sue contraddizioni e con il valore della scienza tenuto sempre in primissimo piano del vivere e del lavoro continuo. Nelle carte Pomarico appare bollente per i moti napoletani. Eppure qualcosa non torna, ma forse è meglio sia così. Le certezze risiedono, invece, nel fatto che Pomarico è sempre stata sotto lo scacco delle vicende proprio della Contea di Montescaglioso e dell’Abbazia dei Benedettini di san Michele Arcangelo sempre di Montescaglioso. Nel 1714 all’Abbazia toccò la parte pomaricana dell’antica Castro Cicurio. In tanti hanno posseduto, fino al Settecento e oltre, Pomarico: dai De Balzo ai Donnaperna. Questi ultimi, in effetti, per lasciare un segno tangibile, nella seconda metà del 1700 edificarono l’imponente Palazzo Marchesale, costruzione infatti ancora ricordata con la definizione descrittiva di “Palazzo Donnaperna”, stanze dentro le quali, per dire, praticavano a iosa lo Jus primae noctis. Monumento coevo, questo, della chiesa madre dedicata all’arcangelo Michele, dotata d’imponente campanile, facciata barocca e interno a croce latina (che custodisce anche opere d’arte, nelle sue navate, di grande valore storico-artistico). Un periodo di povertà atroce per la popolazione e di benessere per i pochi signorotti. Quando, appunto, convivevano nello stesso paese lussi sfrenati, conditi persino da usanze perverse tipo, come 11


abbiamo già ricordato, la ripetizione ossessiva dello Jus primae noctis da parte dei feudatari dotati di fregio aristocratico (niente di meno che prendere la verginità della popolana di turno prima persino del suo sposo). Non a caso, si potrebbe chiosare, i contadini e i pastori pomaricani ebbero un gran danno dalla carestia del 1764, e non a caso in quegli anni la credenza popolare inventa il miracolo della donazione da parte di Michele di Bari – che in realtà era san Michele Arcangelo, d’un anello d’oro in cambio d’una partita di grano regalato a Pomarico. Il 24 giugno 1799 la Restaurazione aveva spazzato via a colpi di baionette e lacci al collo decine di persone, gente umile e intellettuali, appartenenti alle classi meno abbienti e professionisti di fama. A Matera furono uccisi i preti Oronzo Albanese e Michelangelo Atella, Rocco Napoli e Giosuè Ricciardi. A Potenza Mario Pagano, nato a Brienza. Di Montalbano fu trucidato Felice Mastrangelo (eroe ad Altamura), mentre il cugino di Fiorentino, Francesco Lomonaco, morirà suicida dopo il periodo di fallite rivolte, nella lombarda Pavia. Al patibolo finirono, tra gli altri, Cristoforo Grossi da Lagonegro e Nicola Carlomagno di Lauria. Furono decine i lucani assassinati da Ferdinando IV. Un’ondata di vendetta che non risparmiava, stroncando incondizionatamente. E dalla Basilica12


ta sparirono le vite attive di tanti. Fra questi, Niccola Fiorentino. Portato sul patibolo il 12 dicembre 1799, dopo circa due mesi di carcere, nonostante fosse stato servitore statale per lunghi anni, scrupoloso dipendente della monarchia borbone. Prima di divenire convinto rivoluzionario.

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Il portale di accesso alla casa natale di Niccola Fiorentino


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