Giovanni Ricciardi, nato a Matera nel 1971, ha scelto di vivere e di lavorare nella sua terra. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, si iscrive presso la facoltà di ingegneria elettronica del Politecnico di Bari. La passione per l’archeologia, la storia, la storia dell’arte, la geologia, la botanica e l’escursionismo, lo portano ad abbandonare la facoltà universitaria per dedicarsi allo studio dei Sassi di Matera e dell’habitat rupestre nei suoi molteplici aspetti. Si occupa a tempo pieno di turismo da oltre vent’anni ed è stato tra i primi a credere nello sviluppo turistico della città. Svolge l’attività di direttore tecnico d’agenzia di viaggio, la professione di guida turistica in Basilicata e Puglia, di guida ambientale escursionistica e di guida del Parco delle chiese rupestri del Materano. Pratica l’escursionismo in tutte le aree protette della regione ed è autore di numerosi libri e di articoli su riviste specializzate di turismo. Spesso alterna l’opera di formatore nel settore turistico all’attività di location manager e assistente, per riprese televisive e cinematografiche, documentari, servizi fotografici e radiofonici. È anche appassionato di numismatica e istruttore di atletica leggera: pratica il podismo a livello amatoriale e agonistico.
Tutto ciò di cui ha bisogno l’abitante temporaneo a Matera: per una esperienza completa, una comoda permanenza e una scoperta continua di tutto quanto non è scontato in questa meravigliosa città. Ecco «Matera, il Manuale del turista», con tante notizie e informazioni in più disponibili online e sempre in aggiornamento. Buon viaggio!
giovanni ricciardi
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PRIMA DI PARTIRE 4
Matera è una città moderna e attrattiva che ha ottenuto negli ultimi anni un eccezionale successo di pubblico. In poco più di venti anni la città ha cambiato il suo volto, riuscendo a capovolgere i luoghi comuni che sopravvivono in molte città dell’Italia meridionale, ed è diventata una meta turistica di primo piano, tra le più ambite del Sud Italia, la locomotiva del sistema turistico regionale. Il restauro conservativo dei rioni Sassi, operato sotto la direzione di un ufficio comunale specifico, la chiusura al traffico del Piano, con le sue piazze piene di negozi, che non chiudono più a ora di pranzo come avveniva una volta, la capacità di organizzare convegni e congressi, eventi sportivi, festival della letteratura, della musica, del teatro, del cinema, di ospitare programmi televisivi e radiofonici, di attrarre produzioni cinematografiche, e una ricettività turistica in grado di soddisfare le esigenze di tutte le categorie di viaggiatori, hanno contribuito notevolmente ad accrescere il numero dei visitatori italiani e stranieri. Matera è una città bellissima che fa parlare di sé tutti i giorni, in maniera costante, e sui principali organi di informazione nazionali e internazionali. Il successo di Matera, Capitale europea della cultura nel 2019, è anche e soprattutto l’orgoglio dei suoi abitanti, consapevoli di essere fabbri del proprio destino.
PERCHÉ MATERA
Matera è una città da visitare in tutte le stagioni dell’anno. Il clima è mediterraneo e si caratterizza per estati calde e inverni miti. Le temperature sia in inverno che in estate sono molto influenzate dal vento caldo-umido di scirocco che soffia da sud-est e dal vento freddo di tramontana che spira da nord. Si passa in breve tempo dal caldo al freddo, ma né il caldo né il freddo sono mai eccessivi. Le sere d’estate possono essere fresche all’improvviso e, viceversa, in pieno inverno le giornate possono essere calde. Quando soffia lo scirocco l’aria è tanto umida che i panettieri utilizzano meno acqua del solito per impastare il pane. In estate si raggiungono temperature che superano i trenta gradi, mentre d’inverno scendono fino ad avvicinarsi allo zero. Quando fa molto caldo le correnti ascensionali della gravina portano in città un leggero e piacevole venticello. Nevica quasi ogni anno, anche se spesso la neve dura solo il tempo necessario per fare qualche fotografia. Matera è a circa quattrocento metri sul livello del mare e la neve si scioglie presto, tranne quando le nevicate arrivano dai Balcani con il vento di grecale che soffia da nord-est. Allora la neve cade copiosa e crea grossi disagi ai pedoni e alla circolazione dei veicoli. La città non è attrezzata per fronteggiare l’emergenza neve e ghiaccio. Spesso ci si sveglia con un velo di nebbia che si dirada verso le dieci del mattino.
IL CLIMA
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Il Sasso Caveoso dopo la nevicata del dicembre 2007
Le precipitazioni atmosferiche sono moderate e si concentrano in inverno, in primavera e al cambio delle stagioni. D’estate sono rare le grandinate con tuoni e fulmini come le forti raffiche di vento. Un vecchio proverbio materano dice che se lampeggia spiove, se tuona piove, e nel dialetto locale suona così: “c’allomb scomb, c’ndren chiav”. Per gli anziani pastori e contadini, che hanno vissuto una vita all’aria aperta, sempre a contatto con la natura, le nuvole che coprono il cielo arrivando da est, portate dal vento di levante, sono sempre cariche di pioggia abbondante e di neve. Se consideriamo l’ordine pubblico e la sicurezza, l’efficienza del servizio sanitario, la pulizia delle strade, la presenza di parchi giochi per i bambini, la qualità dell’aria, le opportunità di lavoro per le giovani generazioni, il grado d’istruzione della comunità, la soddisfazione e l’orgoglio personale, quindi l’appartenenza alla propria città dei suoi abitanti, Matera è tra le città italiane in cui si vive meglio. Per una questione culturale i cittadini sono propensi alla legalità, quindi il turista può godere d’una vacanza in tutta tranquillità perchè Matera è la città più sicura d’Italia. I negozi sono aperti tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.30, spesso fanno orario continuato anche quando sono dislocati in periferia. Tutte le sere e in special modo nei weekend e nelle sere d’estate le piazze del centro storico e i rioni Sassi sono affollati di cittadini e di turisti che possono assistere a spettacoli di vario genere grazie all’attività incessante di numerose associazioni culturali. Feste, spettacoli e appuntamenti animano la città tutto l’anno.
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LUOGHI E SITI DA NON PERDERE 18
La Civita di Matera, con la splendida cattedrale, le torri del Castelvecchio e i palazzi delle maggiori famiglie nobili della città, i rioni Sassi, con i loro vicoli stretti e con le abitazioni scavate nella roccia. E ancora il Piano, con le sue piazze circondate di grandi conventi e monasteri, i più grandi della regione, i suoi musei, le sue chiese romaniche e barocche, e ancora il Parco della Murgia, con le sue gravine ricche di siti archeologici, con i suoi casali e le chiese rupestri, immerse in una natura ancora incontaminata e a tratti impenetrabile, offrono al visitatore un panorama alquanto suggestivo, variegato e unico nel suo genere.
INFO
Palombaro lungo/Ipogei di Piazza Vittorio Veneto - Il Palombaro lungo è la più grande cisterna pubblica della città, dalla capienza di oltre cinque milioni di litri d’acqua. Ha una lunghezza di circa quaranta metri, una profondità di circa quindici metri ed è interamente scavata nella roccia e rivestita di coccio pesto. Santa Maria de Idris e San Giovanni in Monterrone - Lo sperone di roccia del Monterrone, nel bel mezzo del Sasso Caveoso, nasconde al suo interno due chiese rupestri medievali ricche di storia, impreziosite di splendidi affreschi bizantini. Nel battistero di San Giovanni si apprezzano l’altare latino scolpito nella roccia e il fonte battesimale medievale, nella chiesa della Madonna de Idris, l’affresco di Sant’Eustachio, protettore della città, nella scena della conversione. Santa Lucia alle Malve - La chiesa rupestre, di fondazione privata, era dapprima intitolata a Sant’Agata, poi, affidata alle benedettine, cambiò nome. I suoi splendidi affreschi sono considerati tra le più alte espressioni artistiche bizantine della regione. San Nicola dei Greci/Madonna delle Virtù - Il complesso rupestre si compone di due chiese rupestri e numerosi ambienti scavati nella roccia comunicanti tra loro e distribuiti su tre livelli. Dal 1987 gli ambienti sono utilizzati nei mesi estivi quale sede prestigiosa per “Le grandi Mostre nei Sassi” interamente dedicate alla scultura moderna e contemporanea. Tutto cominciò nel 1978 quando Pietro Consagra realizzò per i Sassi di Matera undici “Ferri Bifrontali” posizionati negli angoli
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Convicinio di Sant'Antonio, affresco di Sant'Antonio Abate
più suggestivi della città e redasse insieme ad altri artisti del tempo un documento chiamato il “Manifesto di Matera”, scritto a difesa del paesaggio e di tutti i centri storici italiani. Da quell’esperienza fortunata prese corpo l’idea di organizzare in città un appuntamento annuale con la scultura che si concretizzò dopo i restauri delle chiese e del complesso rupestre. Convicinio di Sant’Antonio - È un insieme di quattro chiese rupestri medievali che si affacciano su una corte comune. Si apprezzano il portale romanico che introduce al complesso rupestre e le meravigliose cupole scavate sulle volte delle chiese con al centro in rilievo le croci gigliate dei cavalieri. La Vaglia - Ubicata lungo la via Appia è la più grande delle chiese rupestri della città, citata tra i più importanti Santuari mariani della regione. La facciata romanica mostra lesene, arcatelle ogivali e quattro portali. L’interno è scavato nella roccia con tre navate scandite da possenti pilastri. Splendidi affreschi medievali e stemmi di nobili ricoprono le pareti. Santa Barbara - È considerata la massima espressione dell’architettura rupestre bizantina. Un pròtiro scavato nella roccia introduce nella chiesa a una sola navata con iconostasi e presbiterio. Sulla pareti laterali sono ricavate colonne con capitelli, sul soffitto piatto due grandi cupole profonde sono poste in asse tra loro. Sant’Angelo e Santa Maria - Questa chiesa rupestre è la più antica della città. Documentata nell’anno 774 mostra, all’interno di una caverna naturale, meravigliosi affreschi longobardi, splen-
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dide triarchie e scene tratte dal libro della Genesi. Per la scena di Eva che offre il frutto proibito ad Adamo è nota col titolo di “Cripta del Peccato originale”. La Cattedrale - La cattedrale di Matera, con il suo campanile domina dall’alto la Civita. Sobria ed elegante nelle forme, ispirata nell’aspetto alle grandi cattedrali normanne, come quella di Taranto, si erge maestosa sulle rovine del monastero benedettino di Sant’Eustachio. L’esterno mostra in facciata uno splendido rosone a sedici raggi e un portale di tradizione normanna, mentre sulla piazza si aprono la porta del patriarca Abramo, il padre della fede, e la porta dei Leoni. L’interno è il risultato dell’evoluzione di stili e di opere d’arte che nei secoli l’hanno trasformata in una cattedrale barocca. Si apprezzano in particolare i capitelli romanici, l’affresco del Giudizio Universale e della Madonna della Bruna, le cappelle rinascimentali del Santissimo Sacramento, dell’Annunziata e del Presepe. La Cattedrale di Matera
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PERCORSI#1 IL PIANO E IL SASSO BARISANO 60
Partendo dal santuario di San Francesco da Paola, in via XX settembre, realizzato in uno stile tardo barocco, si accede in piazza Vittorio Veneto, per ammirare i conventi di Santa Lucia alla fontana, dell’Annunziata e di San Domenico, la chiesetta dei Cavalieri di Malta e visitare negli ambienti ipogei della piazza il Palombaro lungo, la chiesa rupestre del Santo Spirito, il fondaco di mezzo e una torre aragonese, che difendeva le mura di cinta della città. Di qui si scende nel Sasso Barisano per visitare alcune chiese rupestri medievali, la parrocchia di San Pietro Barisano, il Convento degli agostiniani e la Casa Cava, un teatro esclusivo, ricavato all’interno di una enorme cava di pietra. Si ritorna in Piano per ammirare la chiesetta di San Biagio, e visitare la chiesa romanica di San Giovanni Battista nell’omonima piazza. San Francesco da Paola - I lavori per la costruzione della chiesa, finanziati dalla confraternita di San Francesco da Paola a partire dal 1772, durarono oltre vent’anni. La chiesa fu consacrata nel 1795 in uno stile tardo barocco che ricorda nelle linee la chiesa del Purgatorio e di Santa Lucia alla Fontana. L’interno della chiesa è a una navata con cappelle laterali poco profonde. Nella prima cappella a destra troviamo la statua lignea dell’Addolorata, mentre nella seconda cappella il pittore materano Nunzio Nicola Bonamassa firma e data nel 1776 la tela dell’Immacolata. Nella prima cappella a sinistra c’è la statua di San Michele, invece nella seconda cappella è collocata la tela di Santa Teresa d’Avila datata nel 1813 e firmata da Saverio Calò e l’urna del Santo martire Restituto. Sulla parete destra del transetto sono dipinti l’Annunciazione e la Natività di autore ignoto. Di Francesco Saverio D’Antona è la volta dell’abside decorata nel 1894. Nella cappella attigua alla chiesa vi è la statua in terracotta di San Francesco da Paola realizzata dal materano Pasquale Calabrese nel 1886. Dello stesso artista è il pulpito confessionale in noce del 1896. In sacrestia si conservano una tela del Crocifisso attribuita a Nunzio Nicola Bonamassa e una tela del Corpo di San Francesco da Paola bruciato dagli Ugonotti firmato da Vito Antonio Conversi e datato 1758.
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MADONNA DELLE VIRTÙ E S. NICOLA DEI GRECI
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Ipogei di Palazzo Malvinni Malvezzi/Matera Sum - Di fronte al santuario di San Francesco da Paola, al di sotto del palazzo Malvinni Malvezzi, un grandioso palazzo a due piani costruito intorno al 1857, si cela una vasta area fatta di grotte scavate della roccia. Da vico XX settembre, attraverso una ripida scalinata si accede ad alcune grotte utilizzate come cantina e a una serie di cunicoli e cave, destinati in parte a magazzino per lo stoccaggio e la conservazione di prodotti legati alla lavorazione della terra e della pastorizia, provenienti dall’esteso latifondo della nobile famiglia. Da questi ambienti, caratterizzati da grandi arcate costruite in muratura per sostenere il peso del palazzo, e che avrebbero dovuto avere un ingresso indipendente sul piano stradale, è stato possibile scavare numerose grotte artefatte, che ci mostrano una diversa architettura rupestre a seconda della destinazione d’uso che le stesse avevano prima che fossero completamente ricoperte di terra. Tra queste grotte, che un tempo si affacciavano sullo stesso vicinato, si riconoscono due stalle con mangiatoie per gli animali, di cui una dotata di cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, un mulino con una stalla per il mulo e una cantina. Un’altra grotta con neviera avrebbe dovuto avere un ingresso indipendente sulla strada. Ipogei - Motivo di grande attrazione, sotto la piazza principale della città, valido esempio di architettura moderna, è il fondaco di mezzo, un antico mercato medievale interrato insieme ad altri tre vicinati a pozzo tra il 1877 e il 1892 durante i lavori di ammodernamento della vecchia piazza Plebiscito. Nel 1991 durante i lavori per la realizzazione della nuova piazza vennero alla luce una torre aragonese e parte delle mura di cinta che difendevano la principale porta d’ingresso alla città, detta Porta della Bruna, la chiesa rupestre di Santo Spirito, grancia dei Cavalieri di Malta, e botteghe di ogni genere di mercanzie tutte scavate nella roccia. Il mercato si teneva ogni lunedì e si vendevano materie prime e prodotti artigianali, tra cui manufatti tessili di cotone, lino, seta e lana, e manufatti di metalli vili e preziosi. Accanto alle botteghe e alle abitazioni sono disposti attorno ai vicinati alcune cantine con grandi palmenti in pietra, grotte con pile scavate sul pavimento per la concia delle pelli, neviere per vendere la neve e conservare i prodotti, trappeti in grotta per fare l’olio, e poi cisterne, pozzi e palombari. Le neviere hanno la forma a campana con un imboc-
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Il Palombaro lungo
co superiore per la neve e una porta d’ingresso laterale, mentre le cantine sono scavate su due o tre livelli discendenti. I trappeti e le pile per la concia delle pelli spesso sono scavati sul pavimento delle stesse cantine. Dentro una grotta utilizzata come trappeto è scavato un pozzo d’acqua sorgiva ancora pieno d’acqua. Palombaro lungo - Il Palombaro lungo è la più grande cisterna pubblica della città. Scavata nella roccia, fu riportata alla luce nel 1991 durante i lavori per la realizzazione della piazza. Profonda circa quattordici metri e lunga cinquanta metri, poteva contenere oltre cinque milioni di litri d’acqua. Raccoglieva sia acqua sorgiva che acqua piovana e veniva utilizzato quale riserva per far fronte in estate alla richiesta d’acqua dei cittadini. L’adduzione d’acqua sorgiva avviene per le vie naturali. L’acqua che scende dalla collina di Lama Camarda, l’attuale Piazza Matteotti, viene intercettata in una grotta scavata nella
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roccia. L’acqua penetra nelle fessure naturali della roccia calcarenitica ed emerge di continuo nel palombaro dal pavimento. L’acqua piovana viene raccolta dal pianoro sovrastante attraverso canali che terminano nel palombaro con tegole di terracotta. Con un tubo di piombo invece si raccoglievano le acque in eccesso d’uno dei due palombari della piazza collegati al vecchio acquedotto e al funzionamento della fontana pubblica, documentati sin dal Cinquecento. I palombari s’occupavano anche della manutenzione periodica dei palombari, dei pozzi, delle cisterne e delle condutture dell’acquedotto. La parte più antica del palombaro è in corrispondenza della fuoriuscita dell’acqua sorgiva dal pavimento. In origine doveva esserci un pozzo d’acqua sorgiva scavato nella roccia, poi con il tempo, man mano che cresceva la richiesta d’acqua della popolazione, si decise di scavare e d’annettere a esso quattro grotte preesistenti e una cisterna o forse una neviera. L’ultimo ampliamento è documentato nel 1893. I lavori furono seguiti da un architetto di Napoli. Nella piazza vi sono altri due palombari. Uno a forma di parallelepipedo con base rettangolare si rinvenne durante i lavori della piazza dinanzi al caffè centrale. Raccoglieva l’acqua sorgiva di Lama Camarda convogliata in tubi di piombo lungo via de Blasiis. Il troppo pieno di questo palombaro veniva scaricato per mezzo di un tubo di piombo nel palombaro lungo. L’altro a forma di campana scavato dinanzi alla Fontana Ferdinandea veniva riempito dell’acqua sorgiva della collina del castello in inverno e d’estate con una pompa si trasferiva l’acqua alla fontana. Per la manutenzione dello stesso si ricavò nel mezzo una scala a chiocciola in muratura simile a quella che sale nelle torri del castello aragonese della città. Santo Spirito - La chiesa rupestre di Santo Spirito può essere datata al secolo XIII per la presenza di una volta a crociera con i costoloni tipica dello stile romanico. Dapprima fu grancia (fattoria di ordini religiosi) dei benedettini di Santa Maria di Picciano attestati sin dal 1219 e in seguito, tra il 1312 e il 1332, passò come grancia all’Ordine dei Cavalieri di Malta, la cui presenza sul colle di Picciano risulterebbe provata sin dal 1268. Nel corso del Duecento i Cavalieri di Malta coabitarono sul colle insieme con i Benedettini e i Cavalieri Templari. I Cavalieri di Malta nel 1312 entrarono in possesso anche dei beni dei Templari in seguito alla soppressione di quell’Ordine. Tra il Cinquecento e il Seicento durante i lavori di ampliamen-
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to e ristrutturazione della chiesa i Gerosolimitani la ribattezzarono Mater Domini, per la scoperta, secondo la leggenda, di un affresco della Madonna col Bambino. Sulla porta d’ingresso ai piedi di una nicchia con l’immagine della Madonna col Bambino si leggeva un’antica iscrizione che ricordava i numerosi miracoli e le grazie elargite dalla sacra immagine. A questo periodo si deve la costruzione di un avancorpo in pietra locale parzialmente alterato dall’interramento della chiesa e dell’intero vicinato intorno al 1880. Nel 1674 il commendatore Silvio Zurla aveva completato l’opera e costruito il campanile, ornato con una fascia di bugnato a punta di diamante, con un elegante loggiato in pietra e con la croce ottagona simbolo dei cavalieri. Il campanile cadde nel 1696 a seguito del terremoto e fu ricostruito entro il 1698. Ci rimangono all’esterno i tre gradini della porta principale, le aperture delle altre due porte laterali, i resti della facciata seicentesca, che avrebbe dovuto avere due torrette campanarie come l’attuale facciata del Santuario di Picciano, e i fori da cui era possibile, dall’interno della chiesa, suonare le campane. La chiesa disponeva di un altro accesso dal rione Lombardi del Sasso Barisano e di un locale utilizzato come abitazione sino agli anni Sessanta. L’interno della chiesa è a tre navate absidate scandite da pilastri quadrangolari che reggono archi a tutto sesto e una volta a crociera con i costoloni. Sulla parete di destra, nei pressi dell’abside, un arcosolio decorato a rilievo con motivi floreali delineava la tomba di un personaggio di un certo riguardo. S’apprezzano l’affresco di una Santa martire con in mano una croce, del XIII secolo, il palinsesto con l’immagine di San Vito e il nome del santo inscritto nel clipeo, una delle primissime testimonianze pittoriche bizantine della città, databile ai primi anni del Milleduecento, il Pantocratore nell’abside della navata principale dello stesso periodo, un dipinto con figure umane legate alla presenza dei cavalieri e altri lacerti d’affresco sparsi sulle altre pareti. Mater Domini - La chiesa barocca della Mater Domini fu costruita intorno al 1670 dal Commendatore dei Cavalieri di Malta, in seguito all’abbandono della chiesa rupestre del Santo Spirito, scavata negli ambienti ipogei della piazza. Sulla facciata della chiesa è incorniciato il rilievo della Madonna col Bambino che mostra il giglio al visitatore, proveniente dalla facciata distrutta della chiesa del Santo Spirito.
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La chiesa di San Domenico, in Piazza Vittorio Veneto
Accanto alla facciata si erge la torretta campanaria della chiesa rupestre sottostante con un elegante loggiato cui si accede da una graziosa scaletta a vista. La torretta campanaria è decorata con una fascia di bugnato a punta di diamante e mostra gli stemmi dei Cavalieri di Malta e del Commendatore Zurla. La croce di Malta è campita sulla cuspide della facciata della chiesa e sulla vela in cima al campanile. L’interno è a una sola navata e si sviluppa nel campanile della chiesa. In fondo alla parete vi è un unico altare dedicato all’Annunziata, con statue in pietra policroma dell’Annunciazione del secolo XVI poste sull’altare e attribuite alla bottega dello scultore materano Altobello Persio. San Domenico - Il Convento dei Domenicani di Matera è attestato in un documento del 1419, una supplica inviata al Papa per regolarizzare la posizione del convento. In quel periodo la chiesa era già in essere, munita di campanile e fornita di campana, e la struttura conventuale accoglieva già un esiguo numero di predicatori, anche se il convento non era regolare perché non aveva mai ricevuto l’autorizzazione degli organi superiori. La licenza venne rilasciata dal Capitolo Generale dell’Ordine nel 1426. Il rosone romanico della facciata, simile a quello della cattedrale, e gli archetti rampanti sotto gli antichi spioventi della chiesa, potrebbero confermare una fondazione più antica. Il chiostro
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fu ricostruito nel 1609 nel corso dei lavori di ampliamento del convento mentre il portale d’ingresso fu rifatto nel 1661. I numerosi locali ipogei della chiesa e del convento mostrano ossari e grotte utilizzate dai Predicatori fino alla soppressione dell’Ordine avvenuta nel 1809. Dal 1927 la struttura conventuale ospita la sede della Prefettura. Il convento divenne fiorente nel corso del Settecento e la chiesa, restaurata nel 1744, fu impreziosita al suo interno con una pregevole e ricca decorazione a stucco di gusto rococò addossata alla precedente muratura romanica. Dello stesso gusto decorativo sono gli altari in pietra locale stuccati e dipinti nelle cappelle laterali e le cornici in stucco dei dipinti. Partendo dalla navata destra, si possono ammirare l’affresco settecentesco della Visitazione nella controfacciata d’ingresso e il dipinto della Sacra Famiglia di Domizio Persio, realizzato da una copia dell’omonimo dipinto di Raffaello intorno al 1592. Sul secondo altare è il dipinto del Cristo deposto di Giovanni Donato Oppido del 1614. Seguono i dipinti della Madonna del Rosario e dei Misteri di Vito Antonio Conversi del 1751, nella Cappella cinquecentesca della Madonna del Rosario con ingresso decorato da altorilievi e volta a cupola che termina con un lucernario. L’ultima cappella mostra il dipinto dell’Apparizione del Crocifisso a San Domenico attribuito a Giovanni Donato Oppido. Allo stesso artista è stata attribuita la tela Miracolo di Soriano posta sull’altare maggiore datata intorno al 1630. Nella navata sinistra si ammirano le statue in pietra policroma di San Pietro Martire e della Madonna col Bambino del 1518 realizzate da Stefano da Putignano. Sul primo altare è posizionata l’Annunciazione di Vito Antonio Conversi firmata e datata 1753, altre opere dello stesso artista sono l’Estasi di Santa Caterina dinanzi al Crocifisso del 1753 nella controfacciata d’ingresso e il San Vincenzo Ferreri sul terzo altare della navata sinistra. Del 1784 è il dipinto della Madonna col Bambino tra i Santi Vincenzo Ferreri e Giacinto di Antonio Sarnelli. Monumento ai caduti - Costruito dallo scultore siciliano Benedetto d’Amore in memoria dei caduti della Grande Guerra, quella del 1915-18, il monumento fu inaugurato alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele terzo nel 1926, che subito dopo si recò a inaugurare l’Ospedale di San Rocco completamente rinnovato e il Regio Museo “Domenico Ridola”.
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Il Palazzo dell'Annunziata, ex convento, sede della Biblioteca Provinciale
I nomi dei duecentosettantuno materani che persero la vita nel corso della prima guerra mondiale sono scritti sul marmo in colore nero. Su un basamento rettangolare a due ripiani impostato su tre gradini si ergono tre colonne che reggono sull’architrave tre medaglioni in bronzo simbolo delle armi di terra, di mare e di cielo. Ai lati delle colonne due statue bronzee in stile classico che rappresentano il sacrificio degli eroi. Palazzo dell’Annunziata - Sul lato occidentale della piazza si eleva un imponente edificio in stile rococò, costruito a partire dal 1735 dalle Conventuali dell’Ordine di San Domenico che vi si trasferirono nel 1748 anche se allora l’edificio si presentava ancora parzialmente incompleto. La chiesa all’interno del palazzo fu portata a termine soltanto nel 1844 e il Convento fu soppresso con le leggi eversive del 1866. In seguito nell’ex Convento trovarono sede l’Ufficio del Registro e del Bollo, il Tribunale, le Scuole, e la Società di Mutuo Soccorso che occupò la chiesa poi trasformata in Cinema. Il palazzo, restaurato nel 1997 ospita oggi la Biblioteca Provinciale istituita nel
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La Fontana Ferdinandea
1933 e diventata la quarta in Italia per numero di volumi e importanza del patrimonio librario. La biblioteca è intitolata al poeta e scrittore materano Tommaso Stigliani, cortigiano a Napoli nel salotto del Principe di Conca, e apprezzato da Torquato Tasso, con cui strinse una profonda amicizia. Raccoglie attualmente un patrimonio librario, consultabile on line, che ammonta a oltre 250.000 volumi, di cui oltre 30.000 volumi nel Fondo Antico. Una sala, intitolata al filosofo materano Eustachio Paolo Lamanna, magnifico Rettore dell’Università di Firenze dal 1953, medaglia d’oro al merito della scuola, della cultura e dell’arte, conserva la sua biblioteca personale. Fontana Ferdinandea - Sin dal 1351 esisteva nella piazza una fontana d’acqua pubblica sormontata da una croce che raccoglieva le acque della collina del Castello. Sostituita nel 1577 con un’altra simile con in alto una croce, la stessa fu restaurata e ampliata a spese dei cittadini nel 1832, al tempo di Re Ferdinando II, come ricorda l’iscrizione in latino posta sul fronte della fontana.
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