Matera. Il manuale del turista

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Giovanni Ricciardi, nato a Matera nel 1971, ha scelto di vivere e di lavorare nella sua terra. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, si iscrive presso la facoltà di ingegneria elettronica del Politecnico di Bari. La passione per l’archeologia, la storia, la storia dell’arte, la geologia, la botanica e l’escursionismo, lo portano ad abbandonare la facoltà universitaria per dedicarsi allo studio dei Sassi di Matera e dell’habitat rupestre nei suoi molteplici aspetti. Si occupa a tempo pieno di turismo da oltre vent’anni ed è stato tra i primi a credere nello sviluppo turistico della città. Svolge l’attività di direttore tecnico d’agenzia di viaggio, la professione di guida turistica in Basilicata e Puglia, di guida ambientale escursionistica e di guida del Parco delle chiese rupestri del Materano. Pratica l’escursionismo in tutte le aree protette della regione ed è autore di numerosi libri e di articoli su riviste specializzate di turismo. Spesso alterna l’opera di formatore nel settore turistico all’attività di location manager e assistente, per riprese televisive e cinematografiche, documentari, servizi fotografici e radiofonici. È anche appassionato di numismatica e istruttore di atletica leggera: pratica il podismo a livello amatoriale e agonistico.

Tutto ciò di cui ha bisogno l’abitante temporaneo a Matera: per una esperienza completa, una comoda permanenza e una scoperta continua di tutto quanto non è scontato in questa meravigliosa città. Ecco «Matera, il Manuale del turista», con tante notizie e informazioni in più disponibili online e sempre in aggiornamento. Buon viaggio!

giovanni ricciardi

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VIAGGIARE DA E PER MATERA, pag. 8 COME MUOVERSI A MATERA, pag. 14

SOMMARIO

PRIMA DI PARTIRE, pag. 4

LUOGHI E SITI DA NON PERDERE, pag. 18 UN PO’ DI STORIA, pag. 26 PERCORSI #1 IL PIANO E IL SASSO BARISANO, pag. 60 PERCORSI #2 IL PIANO, LA CIVITA E IL SASSO CAVEOSO, pag. 86 PERCORSI #3 A PIEDI NEL PARCO, pag. 122 PICCOLA GUIDA PER L’ABITANTE TEMPORANEO, pag. 156 MATERA E IL CINEMA, pag. 176 GLI EVENTI, pag. 178 TRADIZIONE E FEDE, pag. 186

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LUOGHI E SITI DA NON PERDERE 18


La Civita di Matera, con la splendida cattedrale, le torri del Castelvecchio e i palazzi delle maggiori famiglie nobili della città, i rioni Sassi, con i loro vicoli stretti e con le abitazioni scavate nella roccia. E ancora il Piano, con le sue piazze circondate di grandi conventi e monasteri, i più grandi della regione, i suoi musei, le sue chiese romaniche e barocche, e ancora il Parco della Murgia, con le sue gravine ricche di siti archeologici, con i suoi casali e le chiese rupestri, immerse in una natura ancora incontaminata e a tratti impenetrabile, offrono al visitatore un panorama alquanto suggestivo, variegato e unico nel suo genere.

INFO

Palombaro lungo/Ipogei di Piazza Vittorio Veneto - Il Palombaro lungo è la più grande cisterna pubblica della città, dalla capienza di oltre cinque milioni di litri d’acqua. Ha una lunghezza di circa quaranta metri, una profondità di circa quindici metri ed è interamente scavata nella roccia e rivestita di coccio pesto. Santa Maria de Idris e San Giovanni in Monterrone - Lo sperone di roccia del Monterrone, nel bel mezzo del Sasso Caveoso, nasconde al suo interno due chiese rupestri medievali ricche di storia, impreziosite di splendidi affreschi bizantini. Nel battistero di San Giovanni si apprezzano l’altare latino scolpito nella roccia e il fonte battesimale medievale, nella chiesa della Madonna de Idris, l’affresco di Sant’Eustachio, protettore della città, nella scena della conversione. Santa Lucia alle Malve - La chiesa rupestre, di fondazione privata, era dapprima intitolata a Sant’Agata, poi, affidata alle benedettine, cambiò nome. I suoi splendidi affreschi sono considerati tra le più alte espressioni artistiche bizantine della regione. San Nicola dei Greci/Madonna delle Virtù - Il complesso rupestre si compone di due chiese rupestri e numerosi ambienti scavati nella roccia comunicanti tra loro e distribuiti su tre livelli. Dal 1987 gli ambienti sono utilizzati nei mesi estivi quale sede prestigiosa per “Le grandi Mostre nei Sassi” interamente dedicate alla scultura moderna e contemporanea. Tutto cominciò nel 1978 quando Pietro Consagra realizzò per i Sassi di Matera undici “Ferri Bifrontali” posizionati negli angoli

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Convicinio di Sant'Antonio, affresco di Sant'Antonio Abate

più suggestivi della città e redasse insieme ad altri artisti del tempo un documento chiamato il “Manifesto di Matera”, scritto a difesa del paesaggio e di tutti i centri storici italiani. Da quell’esperienza fortunata prese corpo l’idea di organizzare in città un appuntamento annuale con la scultura che si concretizzò dopo i restauri delle chiese e del complesso rupestre. Convicinio di Sant’Antonio - È un insieme di quattro chiese rupestri medievali che si affacciano su una corte comune. Si apprezzano il portale romanico che introduce al complesso rupestre e le meravigliose cupole scavate sulle volte delle chiese con al centro in rilievo le croci gigliate dei cavalieri. La Vaglia - Ubicata lungo la via Appia è la più grande delle chiese rupestri della città, citata tra i più importanti Santuari mariani della regione. La facciata romanica mostra lesene, arcatelle ogivali e quattro portali. L’interno è scavato nella roccia con tre navate scandite da possenti pilastri. Splendidi affreschi medievali e stemmi di nobili ricoprono le pareti. Santa Barbara - È considerata la massima espressione dell’architettura rupestre bizantina. Un pròtiro scavato nella roccia introduce nella chiesa a una sola navata con iconostasi e presbiterio. Sulla pareti laterali sono ricavate colonne con capitelli, sul soffitto piatto due grandi cupole profonde sono poste in asse tra loro. Sant’Angelo e Santa Maria - Questa chiesa rupestre è la più antica della città. Documentata nell’anno 774 mostra, all’interno di una caverna naturale, meravigliosi affreschi longobardi, splen-

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UN PO' DI STORIA 26


pata dal Castelvecchio e dalla Cattedrale, sul pianoro che si affaccia sul Sasso Barisano e sul Sasso Caveoso, ovvero nell’area della Banca d’Italia e da Piazza San Francesco d’Assisi e dalla collina del Castello Tramontano. Potrebbero aver avuto un’origine neolitica il fossato del Castello e il fossato che girava attorno a Piazza San Francesco, che nel Medioevo era oltrepassato da due ponti levatoi. Il fossato fu ricoperto da una strada che si disse dapprima via Fossi, l’attuale via del Corso. Neolitico medio e superiore - Questo periodo si caratterizza per la produzione della ceramica dello stile di Serra d’Alto, il cui nome deriva da una collina del Materano dove si rinvennero ceramiche decorate con diverse figure geometriche e le più antiche ceramiche dipinte, diffuse nell’Italia meridionale, in Sicilia e a Malta. Un’accetta neolitica in quarzite fu raccolta sulla collina del Lapillo dove sorge il Castello Tramontano. Eneolitico - Come in tutta l’Italia Meridionale, non esiste una distinzione netta tra il Neolitico e l’Eneolitico e tra Eneolitico e la prima Età del bronzo per l’insistere delle frequentazioni umane sulle stesse località. Le documentazioni sono di tipo funerario (grotte naturali e artificiali, casse litiche di tradizione neolitica) e provengono da Grotta della Monaca, Grotta dei Pipistrelli, Grotta Funeraria, Murgia Timone, Cappuccini e Serra Monsignore. Le grotte di Murgia Timone

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delle case e sotto i cornicioni dei tetti delle case della città. Della famiglia dei bucerotiformi è l’upupa dal becco lungo e dal tipico piumaggio sul capo, uccello che nidifica nei muretti a secco della murgia e sugli alberi. Tra gli uccelli più appariscenti c’è sicuramente la ghiandaia marina dal ventre turchese e con un piumaggio castano sul dorso e verde smeraldo alle estremità. Il più piccolo tra i rapaci è il falco grillaio che nidifica sotto le tegole dei tetti delle case dei Sassi e frequenta la pseudosteppa della Murgia e gli incolti del parco per nutrirsi d’insetti e in particolar modo di grilli, e per questo motivo è diventato il simbolo del Parco della Murgia Materana. Altri falchi che frequentano la Murgia e le colline argillose circostanti sono la poiana, simile a una piccola aquila ma con larga coda arrotondata, il biancone, il nibbio reale, il nibbio bruno, il lanario e il gheppio. Tra i rapaci di grandi dimensioni merita una citazione particolare il capovaccaio, detto anche avvoltoio degli egizi, che con un’apertura alare di centosessantacinque centimetri è il più piccolo avvoltoio europeo. Predilige ambienti aperti, si nutre di carogne e come la Il falco grillaio (Falco Naumanni)

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PERCORSI#1 IL PIANO E IL SASSO BARISANO 60


MADONNA DELLE VIRTÙ E S. NICOLA DEI GRECI

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MATER DOMINI

DUE PEZZONI PALOMBARO LUNGO, IPOGEI E CHIESA DEL SANTO SPIRITO FONTANA FERDINANDEA

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PALAZZO DELL’ANNUNZIATA E BIBLIOTECA PROVINCIALE

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Il Palombaro lungo

funzionamento della fontana pubblica, documentati sin dal Cinquecento. I palombari s’occupavano anche della manutenzione periodica dei palombari, dei pozzi, delle cisterne e delle condutture dell’acquedotto. La parte più antica del palombaro è in corrispondenza della fuoriuscita dell’acqua sorgiva dal pavimento. In origine doveva esserci un pozzo d’acqua sorgiva scavato nella roccia, poi con il tempo, man mano che cresceva la richiesta d’acqua della popolazione, si decise di scavare e d’annettere a esso quattro grotte preesistenti e una cisterna o forse una neviera. L’ultimo ampliamento è documentato nel 1893. I lavori furono seguiti da un architetto di Napoli. Nella piazza vi sono altri due palombari. Uno a forma di parallelepipedo con base rettangolare si rinvenne durante i lavori della piazza dinanzi al caf-

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Il Palazzo dell'Annunziata, ex convento, sede della Biblioteca Provinciale

1933 e diventata la quarta in Italia per numero di volumi e importanza del patrimonio librario. La biblioteca è intitolata al poeta e scrittore materano Tommaso Stigliani, cortigiano a Napoli nel salotto del Principe di Conca, e apprezzato da Torquato Tasso, con cui strinse una profonda amicizia. Raccoglie attualmente un patrimonio librario, consultabile on line, che ammonta a oltre 250.000 volumi, di cui oltre 30.000 volumi nel Fondo Antico. Una sala, intitolata al filosofo materano Eustachio Paolo Lamanna, magnifico Rettore dell’Università di Firenze dal 1953, medaglia d’oro al merito della scuola, della cultura e dell’arte, conserva la sua biblioteca personale. Fontana Ferdinandea - Sin dal 1351 esisteva nella piazza una fontana d’acqua pubblica sormontata da una croce che raccoglieva le acque della collina del Castello. Sostituita nel 1577 con un’altra simile con in alto una croce, la stessa fu restaurata e ampliata a spese dei cittadini nel 1832, al tempo di Re Ferdinando II, come ricorda l’iscrizione in latino posta sul fronte della fontana.

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so, la cui opera lignea cinquecentesca è stata trasferita presso la Chiesa di Sant’Agostino. Il dossale in pietra mostra le statue della Madonna delle Grazie, di San Michele e il bassorilievo della Trinità posto sulla cimasa. A sinistra dell’ingresso fu individuata un fossa cilindrica utilizzata per la fusione della campana in bronzo firmata da un maestro napoletano nel 1749. Dalla navata sinistra si accede nel sacrario della chiesa, un tempo accessibile solo al sacerdote. Sulle pareti si apprezzano gli affreschi cinquecenteschi di San Donato e della Madonna in trono col Bambino. Dal sacrario si scende nelle catacombe scavate nel Settecento per la sepoltura di confratelli e sacerdoti. I cadaveri venivano alloggiati entro sedili di pietra fino alla decomposizione e poi trasferiti in ossari ipogei. Sant’Agostino - La chiesa e il convento degli agostiniani furono costruiti nel 1591 nella grancìa o podere di San Pietro Barisano, inglobando nella struttura la chiesa rupestre di San Giuliano detta anche di Santa Maria delle Grazie, documentata a partire dalla fine del secolo XV. Distrutta da un violento terremoto, la chiesa di Sant’Agostino fu ricostruita in uno stile tardo barocco e riconsacrata nel 1750 col titolo di Madonna delle Grazie, anche se si continuò a chiamarla Sant’Agostino. Dopo la soppressione del convento del Il sagrato e la facciata barocca della chiesa di Sant'Agostino

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PERCORSI#2 IL PIANO, LA CIVITA E IL SASSO CAVEOSO 86


VIA MADONN VIRTÙ

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CHIESA DI S. PIETRO CAVEOSO

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CHIESA DI S. LUCIA ALLE MALVE

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PIAZZA S. PIETRO CAVEOSO

CONVICINIO DI S. ANTONIO

CASA GROTTA MADONNA DE IDRIS E S. GIOVANNI IN MONTERRONE

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CHIESA DI S. MARIA DE ARMENIIS

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PALAZZO DEL SEDILE, CONSERVATORIO E AUDITORIUM

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PALAZZO LANFRANCHI E MUSEO NAZIONALE D’ARTE MEDIEVALE E MODERNA

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PIAZZA DEL SEDILE

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OSPEDALE MADONNA DELLE GRAZIE


esposto nelle sale del Museo di Palazzo Lanfranchi. Dietro l’altare maggiore si cela la sacrestia arricchita con dipinti del 1786. Si contemplano il Crocifisso tra Maria, San Giovanni Evangelista e la Maddalena, il Cristo flagellato e il Cristo incoronato di spine. Santa Maria de Armeniis - Alle spalle del vecchio Seminario, sorgeva il cenobio benedettino di Santa Maria de Armeniis, che la leggenda fa risalire all’anno 1093. In quell’anno Odone, ovvero Papa Urbano II, sceso in Terra d’Otranto per confermare i possedimenti di Ruggiero, figlio minore di Roberto il Guiscardo, dimorando a Matera fino alla Pasqua del 1093, concedeva grandi indulgenze ai fedeli che si recavano in visita alla chiesa di Santa Maria de Armeniis. Si racconta che il Papa avrebbe concesso grandi indulgenze a chiunque si recasse in visita al Monastero benedettino di Santa Maria de Armeniis, nel Sasso Caveoso, il quarto giorno dopo la Pasqua di Resurrezione come egli stesso avrebbe fatto, e poichè si ignorava l’ora esatta di questo gesto le donne della città presero in uso di visitare la chiesa per nove volte nell’arco della stessa giornata baciando la pietra sulla quale il Santo Padre avrebbe smontato e montato da cavallo. Il nome del monastero ricorda una comunità di Armeni giunta nel nostro territorio tra il X e l’XI secolo, e già testimoniata a Bari e Taranto, al seguito dell’Imperatore bizantino Niceforo Foca. La chiesa è citata nel testamento del Conestabile Angelo de La facciata in stile romanico della chiesa di Santa Maria de Armeniis

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PERCORSI#3 A PIEDI NEL PARCO 122


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BARI

1

SANTERAMO

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GIOIA DEL COLLE

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Murgecchia

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MATERA

10 JAZZO GATTINI

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MASSERIA RADOGNA

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11

6

Murgia Timone

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Murgia di Alvino 16

Acito San Campo Ofra

POTENZA

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GRAVINA IN PUGLIA

Tempa Rossa Piano di Trasano Conca d'Aglio

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Bosco del Comune 19

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Lamaquacchiola

Borgo La Martella

GRASSANO

MATERA CENTRO

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Cozzica

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MASSERIA PASSARELLI

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Diga di San Giuliano

PARCO DEI MONACI

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CASINO VENUSIO

Selva Venusio 23

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MONTESCAGLIOSO

Vallone della Loe 24

Murgia


La chiesa della Madonna di Monte Verde

ro naturale sotto la roccia in cui si osservano i resti di due altari e frammenti di affreschi; si riconosce una Madonna con Bambino sul primo altare e una Crocifissione sul secondo. Nel giardino antistante si osservano diversi alberi da frutta che dovevano costituire il parco della chiesa. Attorno a esso si distribuiscono alcuni ripari naturali utilizzati per impiantare pecchiare, apiari rupestri che dovevano costituire la principale attività economica del podere, e grotte artefatte di cui una con facciata in muratura utilizzata come cereria, per produrre la cera e riciclare pezzi consumati di candele. Alla confluenza dello Iesce con il torrente Gravina di Matera vi è un gorgo naturale d’acqua perenne detto Iurio, un’inesauribile riserva d’acqua per gli abitanti dei Sassi fino agli anni '60. Lungo gli argini del torrente si osservano numerose piante igrofile e lungo le pareti della gravina diverse tane di faine e di tassi. Guadando il torrente è possibile raggiungere i rioni Sassi attraverso la mulattiera di Scalaferrata, ricostruita nel 1632 dalle benedettine del convento di Santa Lucia alla Civita in sostituzione di una vecchia mulattiera che fu inglobata nel muro di cinta del convento durante lavori di ampliamento a seguito dell’acquisto di alcune case. Al termine della strada in salita si raggiunge

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La grotta naturale di forma irregolare è divisa all’interno da un muretto basso che racchiude anche l’ingresso e delimita lo spazio utilizzato per il culto dal resto della grotta utilizzata per il ricovero degli animali. In un’abside ricavata nella roccia accanto all’altare s’ammira l’affresco duecentesco di San Michele Arcangelo il cui volto è andato perduto. Si leggono appena alcune lettere dell’iscrizione votiva che avrebbe potuto avere accanto l’immagine del committente. Le pareti della grotta mostrano numerose croci graffite e in basso a sinistra si rileva la presenza di una tomba con arcosolio. Nei pressi della chiesa si incontra una piccola grotta utilizzata per la sepoltura con numerose tombe e croci incise sulle pareti. San Nicola dell’Ofra - Lo iazzo di San Nicola dell’Ofra è un grande ovile scavato a ridosso della gravina, nella contrada dell’Overa (Ofra), la cui parola deriva dal greco φαραγξ che vuol dire voragine, baratro, strapiombo e dal verbo latino “vorare” che vuol dire divorare, inghiottire. La struttura rupestre si sviluppa lungo il fianco sinistro della Gravina ed è scavata su quattro livelli discendenti comunicanti tra loro per mezzo di cunicoli stretti e ripide scalinate. Al secondo livello, partendo dal piano prospiciente la gravina, in uno degli ambienti rupestri utilizzato come chiesa, dentro una nicchia absidale, s’ammira l’affresco della Madonna col Bambino tra San Nicola e un Santo vescovo. Sulla cornice si legge il nome del committente Cosimo Caione e la data 1839. Lo iazzo di San Nicola dell'Ofra

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Il “cucù”, il tipico fischietto in terracotta, in una versione rivisitata

to detti “cuccù” che vendevano il Lunedì dell’Angelo nella zona detta dei Cappuccini (dove si festeggiava la Pasquetta). La prima vera fabbrica di laterizi e di ceramiche risale al 1921. Il primo imprenditore del settore fu Gioacchino Cappelluti Altomare, giunto in città nel 1915 come titolare dell’impresa impegnata nella costruzione della linea ferroviaria Matera-Altamura delle Ferrovie Appulo Lucane. Con la fabbrica nacquero anche le prime case in mattoni costruite lungo via Cappelluti e via Passarelli. La fortuna di quelle ceramiche si deve alla creatività del disegnatore Guido Spera, giunto a Matera da Tito, un paese vicino Potenza, che a Napoli aveva frequentato l’Accademia delle Belle Arti. I suoi disegni erano ispirati a scene campestri che esaltavano le attività agropastorali e a motivi tratti dalla ceramica magno greca. In seguito furono assunti in azienda un decoratore di Faenza e un’intera famiglia di tornitori di Grottaglie che contribuirono a creare una eccellente scuola di ceramica con disegnatori e decoratori locali, in grado di realizzare oggetti in maiolica che riprendevano le tradizionali decorazioni della ceramica di Faenza e di Delfi. La vecchia fabbrica di laterizi, che aveva da tempo abbandonato la produzione di ceramica, dopo essere stata venduta nel 1958 alla ditta Manicone & Fragasso chiuse i battenti sul

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tramandato con cura la tecnica di lavorazione fino ai nostri giorni. È grazie alle famiglie Epifania, Pentasuglia, Nicoletti, D’Antona, Conversi, Amoroso, Ruggieri, D’Addiego se la tecnica di lavorazione della cartapesta negli ultimi tre secoli non è andata perduta per sempre. Il maestro Andrea Sansone, con i ragazzi della sua bottega che egli stesso ha definito “le facce da carro”, ha saputo rinnovare negli ultimi anni il Carro della Bruna nelle forme e nei colori. Mario D’Addiego crea presepi in cartapesta ambientati nei caratteristici rioni Sassi. Aldo Urgo nella bottega di Porta Pepice realizza soggetti religiosi con la tecnica della cartapesta a strati, ricoperta di gesso e di colla, con una mano di tempera bianca, e dipinta con colori acrilici e con vernici. Gli “angioletti” in cartapesta, pronti per il Carro trionfale della Bruna

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con altri tipi di filati, si creano cappelli, sciarpe, maglie, pizzi ricamati, scialli, tende e indumenti per bambini lavorati con i ferri, con l’uncinetto e con la macchina per maglierie e si tengono corsi per imparare le tecniche di base. Un laboratorio artistico di filati, maglie e ricami è situato proprio nel sasso Barisano, grazie al ritorno negli antichi rioni di Angela Ramundo. Nei numerosi laboratori sartoriali si confezionano camicie, indumenti su misura e abiti per gli sposi. Nel rione San Giacomo, Paola Buttiglione confeziona splendide camice fatte interamente a mano. Pane - Il pane di Matera I.G.P., ottenuto con semola rimacinata di grano duro di varietà pregiate: cappelli, duro lucano, capeiti e appulo, lievito madre di frutta fresca, acqua e sale, è sempre stato per tradizione e per qualità un prodotto eccellente. Il documento più antico che attesta la notorietà e la bontà del pane di Matera risale al mese di marzo del 1291.

MATERA A TAVOLA

Un tipico forno a legna, con il pane dalla tipica forma “alta” e “a cornetto”

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Con la mollica si preparano anche le polpette di pane da cuocere nel sugo, come se fossero di carne. Inoltre il pane raffermo viene condito con il sugo di cicorie campestri, con le cicorie in brodo di carne, con il sugo di molluschi, una vera specialità, preparato con chiocciole diverse tra loro per specie e per dimensioni, dette volgarmente monachelle, pecorelle, cozze di terra e capitaglioni. Inoltre si prepara la fedda rossa, una bruschetta con aglio strofinato sul pane condita con pomodoro, olio e sale. Molto gustose sono il purè di fave e cicorie; le zuppe di grano e ceci, di grano e funghi cardoncelli; la crapiata, una zuppa di legumi con ceci, lenticchie, fagioli, fave, cicerchie, grano, patate e alloro, che per tradizione si prepara il primo agosto; la rafanata, preparata con il rafano, una radice dal sapore caratteristico che si grattugia sui piatti a base di ragù di carne. Gli antipasti sono ricchi di frittate di ortaggi, funghi cardoncelli trifolati, ortaggi grigliati o fritti, patate e cipolle cotte alla brace, conserve sott’olio, salumi, formaggi. Una particolare rivisitazione del tipico “fave e cicorie”.

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TRADIZIONE E FEDE 186


Matera conserva ancora intatte le sue antiche tradizioni religiose e popolari, anche se alcune sarebbero da rispolverare perché negli ultimi anni hanno perso un po’ di vigore. Persino la cucina tipica è strettamente legata a particolari ricorrenze religiose. La grande fede dei materani, è attestata storicamente dal numero straordinario di chiese in muratura e di chiese rupestri presenti in città e nell’agro, molte delle quali fondate da nobili cittadini per accrescere la fede e la devozione popolare. Molto sentiti da tutti i cittadini, oltre al Carnevale, ai riti della settimana Santa e al Natale, sono le numerose feste in onore della Madonna a cominciare dalla Festa della Bruna, protettrice della città, che le valsero il titolo di Matera Civitas Mariae. Mater Sacra - È una delle manifestazioni più interessanti che si svolgono in città per la settimana Santa. Luci, suoni, colori e disegni laser illuminano la Murgia e la Gravina in una visione scenica di grande fascino resa ancor più suggestiva da un voce narrante. Un evento religioso che offre la rappresentazione scenica e narrativa della morte, della deposizione e della resurrezione di Cristo. Lo spettacolo va in scena le sere della Settimana Santa. Per una buona visione dell’evento è necessario raggiungere piazza san Pietro Caveoso e rivolgere lo sguardo verso il prospiciente altopiano murgico.

I RITI DELLA SETTIMANA SANTA

Spettatori durante l'evento Mater Sacra, nello spazio antistante Madonna de Idris

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LA LEGGENDA DELLA BRUNA

Si racconta che un contadino di ritorno dal lavoro nei campi vide lungo la strada una donna con un bambino in braccio che chiedeva un passaggio. Poiché non era negli usi e nei costumi del tempo che un uomo potesse tornare in città su un carro con una donna sconosciuta, decise d'accompagnarla alle porte della città dopo averla nascosta sul carro sotto una coperta. Arrivato nella contrada di Piccianello, l’uomo si fermò per far scendere la donna e il suo bambino, ma gli apparve la Madonna che manifestò al contadino il desiderio di voler dimorare stabilmente in città e gli chiese di portare questo messaggio al Vescovo. Fu così che il clero si recò sul luogo dell’apparizione dove trovò la statua della Madonna, che trasportò con onore su un carro trionfale addobbato fino in cattedrale. La distruzione del carro ci viene da un’altra leggenda. I cittadini di Matera per evitare che l’immagine sacra della Madonna cadesse nelle mani dei saraceni che assediavano la città, la nascosero sul carro per portarla in Cattedrale. I saraceni intercettarono il carro e lo distrussero ma non trovarono la Madonna perché l’immagine sacra era già al sicuro nella sua Cattedrale.

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