L’ACQUA CHE TOCCHI DEI FIUMI È L’ULTIMA DI QUELLE CHE ANDÒ E LA PRIMA DI QUELLA CHE VIENE. COSÌ IL TEMPO PRESENTE. LEONARDO DA VINCI
L’arte è primordiale muta-mento della mente creativa; naturale stravolgimento delle stagioni umane, caos e cosmo del pensiero configurabile dalla notte dei tempi al nostro incomprensibile e distorto equilibrio quotidiano; causa ed effetto di un pianeta abitato da una società ammalata e allontanata dalla cura. Può una mostra diventare luogo di confronto salvifico? Per ciò è necessario recuperare le cifre sociali e politiche dell’arte; la militanza intellettuale degli artisti, non più narcisi e servi della “multiforme corrente principale” o della sua propaganda.
Giuseppe Valentino Direttore Museo Civico di Taverna
È per quanto premesso che ho ritenuto da subito importante il progetto “Mutamenti”, nell’ambito di una condivisa e libera collaborazione con gli artisti Carlo Fusca e Massimo Cova, quest’ultimo nella sua doppia veste di artista e curatore della mostra, a riprova di un impegno concreto e incisivo nel dibattito culturale contemporaneo, le cui tematiche di angosciosa rilevanza planetaria affrontano l’attualità dei mutamenti climatici, ma anche la stretta comparazione con la cruda realtà degli stravolgimenti sociali e comportamentali, sempre più indotti dalle strategie social di un nuovo (dis)ordine mondiale. Il dinamismo della “natura naturante” non è più perfezione; la staticità della “natura naturata” è risultato compiuto, tuttavia reso sempre più imperfetto dalle manipolazioni umane che deformano incessantemente le materie originarie, in un inquietante parallelismo che, negli ultimi due anni di indotta pandemia, ha indubbiamente interessato la coscienza collettiva e il vivere quotidiano di ciascuno di noi, allontanato dalla naturalità ma sopratutto dal conforto della “cura”.
PRESENTAZIONE 10
Gian Lorenzo Anania, Universal Fabrica del Mondo - overo cosmografia. Venezia 1576. Foto Paulus Swaen Gallery.
Non è quindi casuale la scelta di esporre i progetti e gli studi delle opere realizzate dagli artisti presenti in mostra al Museo Civico di Taverna, anche negli spazi del Centro Visite “Antonio Garcea”, simbolica porta del Parco Nazionale della Sila, in un riuscito connubio di fruizione e meditazione; due inusitati contesti, ove le tracce del possibile equilibrio tra natura e cultura sono ancora predominanti, tanto da poter accogliere e divulgare i messaggi di questi nuovi “monaci in armi” che ricordano alla memoria storica del luogo, l’antico scriptorium dell’abbazia basiliana di Santa Maria di Pesaca, gli opifici conventuali o le missioni dei cavalieri gerosolimitani di Malta.
Il teologo e cosmografo Gian Lorenzo Anania (Taverna 1545-1609) nella sua Universal Fabrica del Mondo - overo cosmografia, pubblicata a Venezia in una nuova edizione del 1576, descrive il mondo conosciuto con testi e carte ne’ quali distintamente si misura il Cielo, e la Terra, e si descrivono particolarmente le Provincie, Città, Castella, Monti, Mari, Laghi, Fiumi, e Fonti. E si tratta delle Leggi, e Costumi di molti Popoli: degli Alberi, e dell’Eerbe, e d’altre cose pretiose, e Medicinali, e degli Inventori di tutte le cose. Di nuovo ornata con le figure delle quattro parti del Mondo in Rame. Si tratta di un’opera stupefacente scritta da un autore pressochè misconosciuto che ebbe tra i suoi numerosi lettori Torquato Tasso che verosimilmente la consultò per il suo poema Le sette giornate del mondo creato; in questo nostro contesto è la prova eccellente di una condizione virtuosa, oggi riproponibile quale preziosissima traccia di un tempo e di una umanità in perfetta sintonia con i mutamenti e gli strumenti utili alla conoscenza del creato.
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Non è poi così lontana e irripetibile quella comunione d’intenti quando dai contatti autentici tra le persone scaturiscono idee e seguono progetti scritti con la potente semplicità dell’esperienza, cifra stilistica di una moderna cartografia; diviene così agevole ripercorrere le antiche rotte, foriere di scambi culturali e nuove aperture; questa mostra ci indica il metodo e ci consegna le mappe da seguire con dedizione e fiducia nel futuro. Alla Regione Calabria, al Comune di Taverna, alla Facoltà di Belle Arti dell’Università di Barcellona, all’Istituto Cartografico e Geologico della Catalogna, all’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Dipartimento PAU; a tutti gli artisti partecipanti: Karmen Corak, Massimo Cova, Silvia Ferri, Antonio Fiengo, Carlo Fusca, Francesca Macina, Giuseppe Marinelli, Carme Porta; agli studiosi che hanno contribuito con i loro testi in catalogo: Maristella Trombetta, Joan Palau, Saverio Simi de Burgis vanno i miei personali ringraziamenti per aver onorato l’alto valore scientifico di questo progetto.
Mariagiulia Landro, Cartamagica alta, 2022. 12
Guardandomi qualcuno proverà a misurare il mio corpo splendente ma io, Munguba frondosa sono ancora più vasta: i miei grandi fiori bianchi, gialli, o rosati non si misurano con lo sguardo. Ombre e luci mi dilatano, mi diluiscono nel grande fiume, nel terreno paludoso io fecondo embrioni di luce e irripetibili colori. Semente e frutto, corpi in trasmutazione ferruginoso vermiglio; nelle mie viscere concentro le energie e attiro l’appetito, il desiderio vorace di cutias, di pappagalli e di scimmie nel caldo alito delle acque tropicali sui miei rami, a migliaia penne e piume, arcobaleni d’uccelli, cantano i loro sogni di seduzione. Marcia Theophilo
Aldo Turchiaro, Il fiume (particolare), 2008. Museo Civico di Taverna. 13
LA MOSTRA MUTAMENTI. CHE PRESENTIAMO IN ANTEPRIMA AL MUSEO CIVICO DI TAVERNA, È IL PRIMO RISULTATO VISIBLE DI UN’ESPERIENZA DI RICERCA ARTISTICO-SCIENTIFICA NATA ALL’UNIVERSITÀ DI BARCELLONA, NEI LABORATORI DELLA FACOLTÀ DI BELLE ARTI IN COLLABORAZIONE CON L’ISTITUTO CARTOGRAFICO E GEOLOGICO DI CATALOGNA (ICGC) SUL TEMA DI PREPONDERANTE ATTUALITÀ DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI.
Massimo Cova Docente di Pittura e Arte Contemporanea Università di Barcellona
A Taverna presentiamo una selezione di opere d’arte di questo progetto, non il corpus di ricerche scientifiche che costituirà, invece, parte integrante della grande mostra programmata a Barcellona per il prossimo gennaio. Le opere qui esibite non pretendono di far sapere che esiste il cambiamento climatico nè tantomeno di spiegarlo – prerogativa questa dei mezzi di comunicazione e delle discipline scientifiche che già se ne occupano ampiamente anche se mai abbastanza – ma di farci riflettere sui temi trattati attraverso l’esperienza estetica che provoca la loro contemplazione, di farci pensare a certi aspetti del mondo in cui viviamo attraverso le emozioni che suscitano. Ogni artista, con le sue opere, sviluppa il tema partendo dalla propria esperienza, dalla propria sensibilità verso questioni che poi si proiettano come considerazioni universali.
INTRODUZIONE 14
Opere che evitano ovvietà descrittive o documentarie e fanno meditare su aspetti delle nostre realtà sociali e ambientali con visioni poetiche, a volte ironiche, spesso critiche, ma sempre profonde e significative. La varietà delle tecniche presentate spazia dalla pittura alla scultura, dal disegno alla fotografia, fino a sofisticate installazioni multidisciplinari in un percorso di lettura non lineare, ma di un certo carattere rizomatico, dove le opere si relazionano tra di loro in una specie di complessa rete cognitiva che sviluppa e amplifica il senso di ognuna di esse. Troviamo così le fotografie di Karmen Corak che evocano oscure atmosfere di irreversibilità attraverso colori delicati e improbabili di una natura che si trasforma e pone in questione le nostre certezze; i bassorilievi di Silvia Ferri, una analogia alla superfície sommersa del pianeta, dove si ravvisa l’archeologia di uno sconcertante futuro; gli inquietanti paesaggi di Carlo Fusca, nei quali la pittura si fa interprete di una profetica metamorfosi apocalittica in cui la natura sovrana conquista il predominio sulla familiarità di un paesaggio ormai troppo socializzato; le delicate epidermidi di Giuseppe Marinelli, simboli dei mutamenti e delle incertezze che li accompagnano, ma che portano implicita la speranza della rinascita;
il suggestivo campo di cardi di Francesca Macina, attraverso il quale si confronta, ci confronta, con l’effimera costruzione culturale di un rapporto con una natura che, comunque, segue il suo corso; le pitture di Carme Porta, che nascondono, nella delicatezza delle trasparenze e nella luminosità e purezza dei colori, le tracce drammatiche di una storia in divenire che abbiamo inesorabilmente accelerato; le sculture policrome di Antonio Fiengo, installazioni e bassorilievi che puntano dritti alle coscienze di un mondo occidentale responsabile della scalata verso il precipizio del non ritorno; e infine i miei paesaggi ispirati alle terre del Mezzano, luoghi desolati delle campagne ferraresi condannati alla scomparsa dall’ineludibile ritorno delle acque. Paesaggi umani, naturalistici o tecnologici fusi, confusi, in una distopia radicata nei nostri modelli di vita e di pensiero che ci proietta verso nuove e tardive consapevolezze, ma che non scalfiscono i cicli della supremazia poderosa della Natura.
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Nata in Slovenia, vive e lavora tra Roma e Venezia. Ha studiato Arti Grafiche in Croazia e Conservazione e restauro di opere d’arte su carta in Italia, Giappone e Austria. Ha seguito seminari di fotografia con Rinko Kawauchi e Hans-Christian Schink. Ha partecipato a mostre collettive e personali in Croazia, Francia, Germania Giappone, Italia, Russia, Slovenia, Spagna, Ungheria e USA ricevendo i premi internazionali in Fine Art Photography a Parigi, Malaga e Berlino. Le sue opere sono nelle collezioni pubbliche in Italia e in Giappone. A Venezia, emblema dei cambiamenti climatici è l’acqua: sublime e terribile, con l’ineluttabile presenza, irreversibilmente trasforma l’ambiente. Si tratta di un requiem che ci rifiutiamo di ascoltare. La transizione lenta, ma continua, richiama la nostra attenzione solo ciclicamente con eventi estremi. Una caducità che prelude la disgregazione di un mondo e lo ingloba e assorbe in un insieme (F1, F2, F3). L’immagine funebre rappresentata nel trittico (F4), con i fiori di plastica scoloriti in un cimitero che sembrano veri, la verza che pare di plastica e le mele cotogne, un antico frutto lasciato a marcire, altera la nostra percezione delle cose.
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Nato a Ferrara nel 1960, risiede in Catalogna dal 1990. PhD, laureato in Belle Arti (UB) e in Architettura (IUAV). Artista e docente dell’Università di Barcellona e dell’Universitat Oberta de Catalunya. Ha realizzato mostre internazionali di pittura, disegno e fotografia, ed è autore di numerose pubblicazioni e di ponenze in congressi internazionali. I territori ferraresi del Mezzano, con la densità abitativa più bassa d’Italia, sono distese agricole desolate strappate al mare dai sedimenti fluviali e da grandi opere di bonifica. Scrittori come Celati, Soldati o Bassani, e più recentemente Wu Ming 1 e i nuovi autori del collettivo Moira dal Sito, ci insegnano a interpretarli nella loro specificità. L’attuale cambiamento climatico condanna queste terre all’inesorabile ritorno delle acque.
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Risiede in Toscana a Castiglioncello. Diploma in Pittura Accademia di Belle Arti Firenze col Maestro Farulli. Collabora negli anni ‘80 nel settore della grafica pubblicitaria e in parallelo mantiene la passione per il disegno e la pittura con mostre collettive e personali. Dal 1986 è docente all’Accademia di Belle Arti di Firenze e in seguito in quella di Venezia dove tuttora tiene un corso di Anatomia Artistica. ... forse un giorno non troppo lontano, continuando ad andare “oltre”, ci troveremo in un Atlantide popolata da un ecosistema imprevedibile di pesci bottiglia, meduse in PVC e coralli vitrei.
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Nell’antico Ospedale Degli Incurabili di Napoli, il 15 febbraio del 1960, nasce Antonio Fiengo. Il padre Ciro è un Pittore dilettante e la madre Anna frequenta il Liceo Artistico di via Costantinopoli. La sua permanenza napoletana sarà però di breve durata perché la famiglia, per motivi di lavoro, nello stesso anno si trasferisce a Grosseto, nel cuore della Maremma toscana. Nel 1973, con parte della famiglia si stabilisce a Cecina, in provincia di Livorno. Dal 1974 al 1978 vive da studente a Lucca dove frequenta il Liceo Artistico. Dal 1978 al 1983 è all’Accademia di Belle Arti di Carrara, allievo del Maestro Floriano Bodini. Dal 1985 al 1988 è docente di Educazione Artistica nelle Scuole Medie della provincia di Pisa. Nel 1988 torna nella sua Grosseto come docente di Scultura presso il Liceo Artistico. Ricopre tale incarico per un solo anno perché, l’anno successivo, è di nuovo allAccademia di Carrara, questa volta come Assistente alla Cattedra di Anatomia Artistica. Nel 1991, con lo stesso incarico, si trasferisce all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove resterà fino al 1998. Dal 1999, salito al ruolo di docente di Anatomia Artistica, si trasferisce in un’altra storica Accademia, ospitata ora in quel prestigioso edificio che fu... l’antico Ospedale degli Incurabili di Venezia. Dal 1980 in poi, espone in numerose mostre in Italia e all’estero. Nel 2005, la città di Gilching in Germania gli conferisce l’incarico per la realizzazione di un monumento (alto tre metri) dedicato al Gemellaggio come strumento di Pace. MAMMA AFRICA - Il lavoro intende denunciare lo sfruttamento selvaggio delle risorse della terra, in questo caso le risorse dell’Africa e nella fattispecie, le terre rare che servono per i componenti degli strumenti elettronici, telefoni cellulari,computer e altro. Sfruttamento che, oltre a creare inquinamento, genera un inaccettabile sfruttamento delle risorse umane, ridotte in stato di schiavitù e contribuisce ad alimentare le guerriglie di bande prezzolate dalle multinazionali. Il supporto è una tavola di legno recuperata da un relitto di imbarcazione, come fosse una delle tante naufragate nel “mare nostrum”, usate da quei popoli che cercano di sfuggire a una vita di guerre e di miseria, nell’illusione di trovare una vita migliore al di la del mare. I prodotti di tale sfruttamento ritornano poi alla terra d’origine, sotto forma di rifiuti, completando così un ciclo perverso. Materiali usati: legno, telefoni cellulari, ceramica, cartine di cioccolatini, vernice oro. ANTROPOCENE - Il lavoro intende rappresentare una sintesi estrema della vita della terra, dal Big Bang al Big Black... Materiali usati: gesso patinato e legno.
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Nato a Bari nel 1952, la sua attività artistica si sviluppa a diretto contatto con le opere dei grandi maestri della pittura del ‘500 e del ‘600. Dopo gli studi artistici completa la sua formazione nell’ambito del restauro operando per circa un decennio sulle tele di Scuola Veneziana, da Gerolamo da Santacroce allievo di Giovanni Bellini al Veronese, e di Scuola Napoletana, da Luca Giordano a Francesco Solimena, da Corrado Giaquinto a Francesco De Mura e Giovanni Fracanzano, fino ai grandi cicli di affreschi bizantini e alle decorazioni delle volte di dimore storiche di pregio. È fra gli esponenti di spicco della “Nuova Maniera Italiana” e le sue opere figurano in collezioni pubbliche e private come la prestigiosa collezione dello Stato Maggiore dell’Esercito a Roma, in gallerie e musei in Italia e all’estero. Numerose le mostre e le rassegne di rilievo nazionale e internazionale fra le quali quella del 1983 presso il Museo di S. Scolastica a Bari, “Dall’Archetipo al Continuo” patrocinata dal Ministero dei Beni culturali, quella del 1985 presso il Centro L. Di Sarro, “Un’immagine dannata” a cura di E. Crispolti, quella del 1987 nella Casina Pompeiana di Napoli, “Rizoma, radici nel contemporaneo” a cura di Luigi Paolo Finizio e quella del 1990 presso il Vittoriano, “Difesa ad Arte” a cura di G. Gatt organizzata in occasione della Festa della Reppubblica. Ha, inoltre, esposto nel 1995 a Venezia in ”La Nuova Europa “ a cura di Carmelo Strano per il centenario della Biennale di Venezia, e, nel 1998, ad Art&Maggio a cura di Marilena Bonomo, la prima grande fiera internazionale di arte contemporanea tenutasi a Bari. Nel 2002 presenta a Colonia, presso l’Istituto di Cultura Italiana, “Paesaggi Italiani”, a cura di Valerio Dehò, mostra che aveva debuttato presso la galleria Il Milione di Milano l’anno prima. Nel 2007 espone nel Palazzo Ducale di Pesaro in una personale dal titolo ”I labirinti della pittura” a cura di Walter Stafoggia , Stefano Trojani e Luciana Cataldo e ancora nel 2011 Sgarbi lo vuole nella sua “54esima Biennale di Venezia - Puglia“ padiglione allestito a Bari presso il Museo di Santa Scolastica. Nel 2009 l’Istituto di cultura Portoghese espone i suoi “Codici Minati” e nel 2015 la Commerz Bank di Dusselrdorf espone il suo “Un cuore per l’Unicef“. Nel 2016 espone a Bari le sue “Memorie sintetiche” presso l’Istituto Bancario Intesa S. Paolo - Fideuram, main sponsor dell’evento. Nel 2018 realizza per la Lorusso Arte di Andria “Il tempo interiore“. Numerose le pubblicazioni sulle sue mostre nelle edizioni: Laterza, Mazzotta, Rizzoli, Mondadori, Skira. Nel 1985 ha fondato a Roma la rivista d’Arte Contemporanea ALTRIMMAGINE ed è stato promotore di numerosi progetti culturali nell’ambito dell’Arte Contemporanea: CONTEMPORANEA Documenta delle Arti - Bari 1995, Arte&Maggio - Bari 1998/1999, La Fabbrica dell’Arte, Bari/Venezia. È stato docente di Tecniche e Tecnologie della Pittura nell’Accademia di Belle Arti di Bari e attualmente è docente di Tecniche della Pittura e Cromatologia nell’Accademia di Belle arti di Venezia. Condensando le esperienze acquisite, ha pubblicato, per le edizioni de L’Arco e la Corte, il libro “Trattando di Pittura” punto di riferimento per la didattica dei laboratori di Pittura delle Accademie in Italia. Le perturbanti visioni paesaggistiche che Carlo Fusca offre al nostro sguardo sono la cifra preziosa delle insondabili pieghe dell’animo umano. Un rimando ad atmosfere sublimi che descrivono con pathos poetico il sentire inquieto del nostro tempo. È l’effimero che diventa eterno, è l’evocazione di un sogno che si fa memoria e che riporta il nostro sguardo sulla realtà rinvigorito nel desiderio di ritrovare nuove meraviglie.
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Pugliese, di origini lucane, nel 2014 si diploma in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Procede nel suo percorso artistico impiegando vari linguaggi: scultura, installazione, video e performance. Ha svolto i suoi studi personali, riflettendo e ricostruendo il linguaggio di una natura aspra e primordiale. Tra le mostre e i progetti più importanti, partecipa al progetto Monet, Culture in Motion in Adriatic network of Museum in Montenegro, promosso dal museo Pino Pascali, Trame rurali, recupero e progettazione di beni rurali, collaborando con Emilio Fantin e promosso dalla Regione Puglia, Daunia Land Art, sui Tratturi della Transumanza a cura di Giacomo Zaza e in collaborazione con Làzaro Saavedra. Pubblica la sua monografia con testo critico di Gaetano Centrone, in seguito cura il progetto di scultura ambientale Humus- scolpire con gli umori della terra nel 2018, nello stesso anno insegna in Accademia per il corso di Disegno per la scultura. Insegna Discipline plastiche e scultoree nel 2019 presso il Liceo Artistico di Jesi (AN) e nel 2022 presso il Liceo Artistico di Bari. Attualmente vive e lavora a Bari stringendo contatti con artisti del territorio. Francesca Macina, impiega principalmente il linguaggio della scultura, intesa come visione nel territorio di forme archetipe che richiamano le specificità di alcuni elementi naturali. I suoi studi personali riflettono e ricostruiscono il linguaggio di una natura aspra e primordiale, di scenari rimasti privi dell’uomo. I singoli elementi scultorei trattati sono metafore cosmiche che toccano temi di un dramma comune come l’estinzione, i resti e le tracce lasciate da una precedente vita.
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Nato a Castellana Grotte (BA) nel 1990, vive e lavora tra la Puglia e il Trentino. Ha completato gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Bari e dal 2013 espone le proprie opere in mostre collettive sul territorio nazionale e all’estero. La sua prima mostra personale, intitolata “La pelle nomade della pittura”, è avvenuta nel 2018 presso la galleria “Nuova Vernice Arte” a Bari. Tra le ultime mostre vi è il progetto “Take Care” nel 2021, presso la Fondazione 107 di Torino e il Progetto “Artefici del nostro tempo” nel 2022, in occasione della 59esima Biennale di Venezia presso il padiglione 29 di Forte Marghera a Mestre. Il serpente, che rigenerando sé stesso lascia i frammenti della sua vecchia pelle, rappresenta il cambiamento. Come la materia, che va incontro a processi di continua trasformazione, l’intero sistema vitale che muove l’universo subisce variazioni che a volte portano instabilità al nostro equilibrio. Per le antiche civiltà che hanno popolato il nostro pianeta il serpente era riconosciuto come essere divino e oggi la sua epidermide porta un messaggio di speranza.
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Laurea in Belle Arti e ora docente di Pittura presso l’Università di Barcellona. I suoi interessi artistici ruotano attorno al binomio arte-natura e al rapporto antropomorfico generato dall’intervento umano nel paesaggio. Recentemente, il suo lavoro è stato esposto in mostre d’arte quali: 2019-20 - “Telos”. Rifugio 1. Moll de Costa del Port de Tarragona. 2021 - “El Viaje” La correspondencia y el territorio. Mostra Internacionale, Fondazione Vértices. Centro d’arte Cabo Mayor. Santander. Mostra itinerante a Ciudad del Rio Grande. Argentina. 2021 - “Peace Again”. The 7th Geoje international Art Festival. Haegeumgang Theme Museumn in Geoje, Republic of Korea. 2022 - “Plurivers”. Museu Arxiu de Llavaneres. Barcelona. Negli ultimi decenni la terra ha subito dei cambiamenti che ne hanno profondamente influenzato il profilo e anche l’ecosistema che le dà vita. Spostamenti I, II, III è un’opera che parla delle trasformazioni che la terra ha subito a causa di inondazioni, innalzamento del livello del mare, disgelo e smottamenti accompagnati da emissioni di anidride carbonica e metano, gas che aumentano notevolmente l’effetto serra.
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