Numero 5 _ Primavera 2019
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Il Poli sotto la lente d'ingrandimento - Ricerca a alto impatto sociale - Qui costruiamo il mondo del futuro, parte 2 - Un ingegnere in sala operatoria - Il primo italiano nell’Olimpo dei data scientist - Made in Italy che fa impazzire il Giappone - Il cielo (non) è il limite - Come ci cureremo nel futuro? - I Navigli del domani - Aeroporto Marco Polo: destinazione 2027 - Viaggio verso Mercurio - Milano: come sarà nel 2020? - La Gazza del Poli - Il Mondo Nuovo: un paese senza barriere - La ciclopista più bella del mondo - Storia di un fuorisede, di una volta
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Buona lettura. Bentornati sulle pagine di MAP, la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. In questo quinto numero, il Politecnico si racconta e apre le porte dei suoi laboratori, con tante storie di ricerca e ricercatori che ogni giorno approfondiscono grandi temi di avanguardia: sono gli scienziati ERC, i protagonisti della ricerca di frontiera europea. Sotto la lente d’ingrandimento anche diversi contesti in cui gli Alumni, attraverso il loro lavoro, prodotti, visioni e prospettive, continuano a portare nel mondo il meglio del Made in Italy: dal sistema solare (vi portiamo addirittura su Mercurio, a bordo della sonda spaziale BepiColombo), alle profondità dell’universo dei Big Data, passando per Francia, Austria, Giappone, senza dimenticare le eccellenze che si esprimono nel nostro Paese, sono storie che una volta di più dimostrano l’impegno e le competenze tipiche del mondo Politecnico del “saper fare”. Lo stesso “saper fare” che troviamo nei progetti per la città di Milano. Vi rimando per esempio a
Questo nostro appuntamento semestrale è ancora una volta l’occasione per invitarvi a sostenere la realizzazione, la stampa e la distribuzione di MAP. 37.521 di voi riceveranno questo numero a casa e oltre 100.000 lo leggeranno in digitale. Già 1500 Alumni sostengono l’edizione 2019 della rivista: per continuare a scriverla, abbiamo bisogno di voi.
Federico Colombo Direttore responsabile MAP Direttore esecutivo AlumniPolimi Association
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La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Numero 4 _ Autunno 2018
Numero 3 _ Primavera 2018
Numero 1 - Primavera 2017
Cari Alumni, vi racconto il Poli di domani: lettera aperta del rettore Ferruccio Resta • La community Alumni raccontata da Enrico Zio • Atlante geografico degli Alumni • Il Poli che verrà, raccontato dal prorettore delegato Emilio Faroldi • Vita da studente di fine ‘800 • Come si aggiusta il Duomo di Milano • L’ingegnere del superponte • Una designer per astronauti • La chitarra di Lou Reed, firmata Polimi • Architettura italiana in Australia • VenTo: la pista ciclabile che parte dal Poli • Fubles, gli ingegneri del calcetto • Il parco termale più grande d’Europa • Gli ingegneri del tram storico di Milano • Polisocial Award: un premio all’impegno sociale • Nuovo Cinema Anteo • Caro Poli ti scrivo
Ferruccio Resta e il Politecnico di domani • Dossier: i numeri del Poli • La nuova piazza Leonardo • Renzo Piano: 100 alberi tra le aule • Gian Paolo Dallara e DynamiΣ: la squadra corse del Poli • PoliSocial: il 5x1000 del Politecnico di Milano • Gioco di squadra: tutto lo sport del Politecnico • Guido Canali, l’architettura tra luce e materia • Paola Antonelli, dal Poli al MoMA di New York • Zehus Bike+ e Volata Cycles, le bici del futuro • Paolo Favole e la passerella sopra Galleria Vittorio Emanuele • Marco Mascetti: ripensare la Nutella • I mondi migliori di Amalia Ercoli Finzi e Andrea Accomazzo • Nel cielo con Skyward e Airbus
N°1 - PRIMAVERA 2017
Magazine Alumni Polimi
Magazine Alumni Polimi
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Numero 5 _ Primavera 2019
Magazine Alumni Polimi
N°0 - AUTUNNO 2016
pagina 70, in cui vi raccontiamo due parole sui cantieri del nuovo Campus; se vi capitasse di passare da piazza Leonardo nel corso dei prossimi mesi, vi invito a venire di persona vedere come l’Ateneo stia lavorando non solo per migliorare i propri spazi, ma per contribuire a creare a Milano luoghi di qualità per tutti i cittadini.
Quando ero studente al Poli • Dottori di ricerca alle frontiere della conoscenza • Dove si costruisce il futuro del mondo • Poli da Olimpo • Mi ricordo la Casa dello Studente • La Nuova Biblioteca Storica • Il telescopio che guarda indietro nel tempo • Speciale Forbes: Lorenzo Ferrario, Gio Pastori • Big (Designer) Data • L’architetto, e il suo bracciale, salvavita • L’ingegnere che pulisce gli oceani • Il nuovo Cantiere Bonardi di
Il Poli sotto la lente d'ingrandimento - Ricerca a alto impatto sociale - Qui costruiamo il mondo del futuro, parte 2 - Un ingegnere in sala operatoria - Il primo italiano nell’Olimpo dei data scientist - Made in Italy che fa impazzire il Giappone - Il cielo (non) è il limite - Come ci cureremo nel futuro? - I Navigli del domani - Aeroporto Marco Polo: destinazione 2027 - Viaggio verso Mercurio - Milano: come sarà nel 2020? - La Gazza del Poli - Il Mondo Nuovo: un paese senza barriere - La ciclopista più bella del mondo - Storia di un fuorisede, di una volta
Renzo Piano • L’uomo che sente tutto dell’America • La Gazzetta del Politecnico • Alumni da Podio: Fabio Novembre, Stefano Boeri • Tutte le Ferrari dell’ing. Fioravanti • I ragazzi del Circles • PoliHub, l’incubatore di talenti • 1968-2018 in Piazza Leonardo • Lettere alla redazione
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1 MAP Magazine Alumni Polimi
N°2 - AUTUNNO 2017
N°3 - PRIMAVERA 2018
N°4 - AUTUNNO 2018
N°5 - PRIMAVERA 2019
PROSSIMO NUMERO N°6 - AUTUNNO 2019
Unisciti ai 1500 Alumni che rendono possibile la redazione, la stampa e la distribuzione di MAP. Modalità di pagamento:
· On line: sul portale www.alumni.polimi.it · Bollettino postale: AlumniPolimi Association – c/c postale: n.46077202 70€ Piazza Leonardo da Vinci 32, 20133 Milano Standard · Bonifico bancario: Banca popolare di Sondrio Agenzia 21 – Milano IBAN: IT90S0569601620000010002X32 BIC/SWIFT: POSOIT2108Y · Presso il nostro ufficio: Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32. Edificio 2, piano 1° Da lunedì a venerdì dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 16:00
Contributi annuali possibili
120€ Senior
250€ 500€ Silver
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MAP
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6 Alumni, il biglietto da visita del Politecnico di Milano
Direttore Responsabile Federico Colombo Direttore Esecutivo AlumniPolimi Association Dirigente Area Sviluppo e Rapporti con le Imprese, Politecnico di Milano Direttore della comunicazione Chiara Pesenti Dirigente Area Comunicazione e Relazioni Esterne, Politecnico di Milano Membri del Comitato Editoriale Margherita Cagnotto Responsabile Merchandising di Ateneo Politecnico di Milano Alessio Candido Communication and graphic designer AlumniPolimi Association - Politecnico di Milano Ivan Ciceri Fundraising Manager Politecnico di Milano Luca Lorenzo Pagani Communication Manager AlumniPolimi Association - Politecnico di Milano Francesca Saracino Head of CareerService Politecnico di Milano Diego Scaglione Head of Corporate Relations and Continuing Education - Politecnico di Milano Irene Zreick Coordinamento editoriale MAP AlumniPolimi Association - Politecnico di Milano
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Il Poli sotto la lente d'ingrandimento: obiettivi, risultati e punti di forza
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Tante domande (sociali), una risposta: il Poli
Super Classifica Poli
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Nell’olimpo dei Data Scientist
Speciale ERC: qui costruiamo il mondo del futuro
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MAP è realizzato in collaborazione con Better Days srl (www.betterdays.it) Progetto grafico: Stefano Bottura Caporedattore Betterdays: Valerio Millefoglie Redazione: Elisabetta Limone, Carmela Menzella, Giulio Pons, Giuseppe Tumino, Vito Selis Impaginazione: Giulia Cortinovis, Beatrice Mammi
Se in sala operatoria ci trovi un ingegnere
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Crediti Foto pag. 4: 46137 on Visualhunt.com / CC BY-NC-SA Icone pag. 38 di Nook Fulloption da the Nounproject Pattern grafico pag. 96 da all-free-download.com
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Stampa La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio S.r.l. Editore e Proprietario AlumniPolimi Association Politecnico di Milano
Made in Italy, in Giappone
Presidente Prof. Enrico Zio Delegato del rettore per gli Alumni Delegato del rettore per il Fundraising individuale
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Piazza Leonardo da Vinci, 32 - 20133 Milano T. +39.02 2399 3941 - F. +39.02 2399 9207 alumni@polimi.it - www.alumni.polimi.it PIVA 11797980155 - CF 80108350150 Pubblicazione semestrale Numero 5 – primavera 2019 Registrazione presso il Tribunale di Milano n°89 del 21 febbraio 2017
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Il cielo (non) è il limite
San Raffaele: l'ospedale che ti segue, a casa
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I Navigli del domani
58 Sonda BepiColombo, in viaggio per Mercurio. Storia di una costellazione Politecnica
Aeroporto Marco Polo: destinazione 2027
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La Gazza del Poli
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Costruiamo insieme un pezzo di Milano: come sarà nel 2020?
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La ciclopista più bella d’Europa
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Il mondo nuovo: un paese senza barriere
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Storia di un fuorisede, di una volta
TÜV Italia: industria e formazione, 4.0 5
ALUMNI
IL BIGLIETTO DA VISITA DEL POLITECNICO DI MILANO
ENRICO ZIO - 52 anni Professore ordinario di Impianti Nucleari Presidente Associazione AlumniPolimi Delegato del Rettore per gli Alumni e per il Fundraising Individuale Alumnus Polimi Ingegneria Nucleare e PhD
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«A voi Alumni che siete il vero biglietto da visita del nostro Ateneo in tutto il mondo è dedicata questa rivista, un invito a tornare al vostro Politecnico con i ricordi ma, anche, con lo sguardo puntato al futuro, per costruirlo insieme» di Enrico Zio
Rigore scientifico, elevate competenze, vocazione all’innovazione, dialogo con il mondo dell’industria, serietà professionale ed etica del lavoro: queste sono le principali caratteristiche del Politecnico e dei suoi Alumni, caratteristiche che ci contraddistinguono e che hanno dato e continuano a dare valore al nostro Ateneo, in continua crescita nelle classifiche di confronto internazionale. Su queste forti caratteristiche di base, si poggia anche l’impegno sociale del Politecnico di Milano, un impegno che si concretizza nell’affiancare altri attori, istituzionali e non, per rispondere alle sfide di oggi e domani contribuendo alla formazione di giovani e meno giovani, sempre aggiornata e coerente con le richieste del mercato, e allo sviluppo della ricerca di base fino al trasferimento dei suoi risultati alla società culturale, sociale ed industriale, con riconoscimenti di prestigio internazionale. Con la consapevolezza di essere motore trai-
nante dello sviluppo tecnologico della nostra società e il senso civico del dovervi contribuire in maniera socialmente sostenibile ed equa, il Politecnico investe nella qualità degli ambienti di studio e lavoro per i suoi 45.000 studenti: esempio recente e degno di nota è la riqualificazione dei Campus, dopo quella di Piazza Leonardo da Vinci, per continuare l’apertura delle porte dell’Ateneo ai cittadini e ai visitatori, integrando contemporaneità e tradizione con il recupero degli edifici storici. Continua dunque il percorso del Politecnico come un’università non semplicemente pubblica ma, bensì, aperta, efficiente nella sua gestione, capace di creare valore culturale e scientifico, e proiettata in un’instancabile sforzo di innovazione. Il raccolto di tutto questo fermento intellettuale trova riscontro anche nelle classifiche mondiali delle università. La più importante a livello internazionale, il “ranking QS”, vede il Politecnico di Milano al 6° posto nell’a-
rea del Design, 11° in Architettura e 16° in Ingegneria (per riferimento, nel 2012, il Politecnico figurava in 48ª posizione). Nel Politecnico di oggi, ricoprono un ruolo sempre più importante e attivo gli Alumni, una community di 150 mila professionisti, veri e propri ambasciatori dell’Ateneo, portatori delle caratteristiche politecniche nel mondo culturale, sociale e tecnologico. Negli ultimi anni, il Politecnico ha avuto l’opportunità di beneficiare di un coinvolgimento sempre più attivo dei suoi Alumni, nelle sue iniziative di formazione e ricerca. Dietro molte di queste iniziative, alcune delle quali vengono raccontate nella nostra rivista, ci sono gli Alumni con la loro competenza, esperienza, professionalità. A voi Alumni che siete il vero biglietto da visita del Politecnico in tutto il mondo è dedicata questa rivista, un invito a tornare al vostro Politecnico con i ricordi ma, anche, con lo sguardo puntato al futuro, per costruirlo insieme.
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IL POLI SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO: OBIETTIVI, RISULTATI E PUNTI DI FORZA di Ferruccio Resta
Il 2019 chiude il primo triennio del mio mandato rettorale. È per me un importante momento di valutazione e di progettazione, con un focus sugli obiettivi che, insieme alla mia squadra, ci siamo prefissati all’inizio del 2017. È anche il terzo appuntamento su MAP, con la community degli Alumni, e un’occasione per riprendere il discorso con voi, condividendo obiettivi e risultati di questi ultimi tre anni Sappiamo tutti che il contesto lavorativo, industriale e culturale è in forte evoluzione. Sappiamo anche che non è un tema che riguarda solo la tecnologia, pur tenendo conto della rapidità con la quale essa interagisce con le professioni e le cambia profondamente: digitale, 3D, automazione, biometrica e soprattutto il mondo dei dati creano continuamente nuovi scenari per il mondo professionale, aprendo a nuove opportunità, nuove figure ma anche nuovi rischi.
DIDATTICA INNOVATIVA Questo contesto ci chiede innanzitutto di cambiare il modo di stare in aula. L’abbiamo fatto e lo stiamo facendo attraverso un’attenta trasformazione della nostra offerta formativa: nei metodi, che si avvantaggiano delle tecnologie digitali (un esempio tra tanti è quello dei Massive Open Online Courses, corsi online aperti su larga scala pensati per le esigenze di una formazione a distanza) e nel rapporto tra studenti e docenti, sempre meno frontale e più orientato allo sviluppo delle capacità critiche e di
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analisi; ma anche nella direzione di nuovi contenuti per i nostri insegnamenti. Quest’anno inauguriamo 4 nuovi corsi di laurea magistrale, tra i quali cito quello in Cyber Risk Strategy and Governance, in collaborazione con l’Università Bocconi. Siamo molto orgogliosi di questa collaborazione che, oltre a porre le basi per la formazione di futuri professionisti, rappresenta un progetto istituzionale con un messaggio importante: due grandi atenei, che hanno fatto la storia dell’università milanese, vogliono procedere fianco a fianco di fronte alle sfide della contemporaneità. Ci sono state alcune criticità da risolvere, per esempio quelle legate al fatto che Bocconi è un’università privata, a differenza del Politecnico, e che quindi ha rette diverse. Volevamo però dare a tutti gli studenti pari opportunità di accesso e pari condizioni, perciò il Politecnico ha stretto accordi con alcune aziende partner che finanzieranno le borse di studio per i nostri studenti. Un altro esempio è il nuovo corso in Mobility Engineering, che integra le
competenze legate all’ingegneria dei trasporti e delle infrastrutture con un nuovo approccio alla mobilità, aggiornato e in linea con le complessità del presente, per esempio tenendo conto della mole di dati generati e generabili in questo comparto industriale. Abbiamo sviluppato il progetto didattico in collaborazione con i maggiori player dell’industria italiana, 13 aziende che hanno investito tempo, fondi e persone nell’elaborazione di questo programma: ciascuna partecipa con un contributo economico che garantisce borse di studio, con progetti dedicati sui quali i ragazzi potranno lavorare direttamente con le imprese e con la costituzione di un advisory board per la valutazione e l’aggiornamento del corso di laurea.
RICERCA, UN PASSO AVANTI NELLE GRANDI TRASFORMAZIONI La forza del Poli è una ricerca di frontiera tra le migliori al mondo. Nella ricerca di base, che spesso non ha dirette e immediate applicazioni industriali, ma che è il motore dell’innovazione
FERRUCCIO RESTA - 50 anni Rettore e Professore ordinario di Meccanica Applicata alle Macchine Alumnus Polimi Ingegneria Meccanica
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(sopra) Il cantiere del nuovo Campus Architettura, in via Bonardi. Scoprilo a pagina 70 (a fianco) Settembre 2018, nasce l’alleanza tra Politecnico di Milano e Bocconi. I due Rettori firmano l’accordo alla presenza del Sindaco di Milano Beppe Sala
di pensiero, lavoriamo molto bene e la prova è anche nella quantità di finanziamenti europei che riusciamo ad attrarre. In meno di 3 anni, per esempio, i “grant” (finanziamenti alla ricerca) nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 hanno superato i 115 milioni di euro. Come vedrete più avanti in questo numero, complessivamente ospitiamo 26 progetti ERC, tra i più prestigiosi in Europa.
«Con 200.000 studenti circa Milano è a tutti gli effetti una città universitaria» 10
Qui al Poli lavora uno dei gruppi di ricerca nazionali più importanti nel campo della cyber security. Siamo poi attivi su progetti di avanguardia nella mobilità: auto autonome, autostrade elettriche, treni ad alta velocità, metropolitane, infrastrutture smart, con progetti di ricerca che vedono la partecipazione di soggetti industriali e istituzionali. Siamo protagonisti della trasformazione 5G a Milano, che impatterà sui servizi al cittadino in modo pervasivo e positivo, dall’intrattenimento, alla sicurezza, alla velocità di intervento di un’ambulanza. Abbiamo un ruolo centrale nelle trasformazioni urbane di Milano, dove, nelle periferie, apriamo dei veri e propri laboratori a cielo aperto, per portare fuori dalle mura accademiche momenti di didattica e di ricerca e, allo
stesso tempo, condividere con i cittadini la consapevolezza di cosa si possa fare per valorizzare gli spazi trascurati. Altro cavallo di battaglia del Politecnico è la ricerca nel campo di salute e sanità, sui quali abbiamo gruppi di lavoro che sono leader a livello internazionale: cosa voglia dire, oggi, fare un ospedale è una domanda che coinvolge logistica, modelli organizzativi e gestionali, come anche saper navigare la potenzialità dei dati verso la medicina di precisione e il mondo dei devices a supporto delle terapie. E ancora, servirebbe un intero numero di MAP solo per citare i contributi attuali del Politecnico all’industria spaziale e aerospaziale, al territorio e alla tutela dell’ambiente, alla gestione delle infrastrutture. Sono solo alcuni dei campi nei quali il Poli oggi può esprimere una forte competenza e che coinvolgono architettura, design, ingegneria e le competenze trasversali che sono tipiche della ricerca politecnica.
INTERNAZIONALIZZAZIONE Stiamo lavorando anche alla costruzione di rapporti internazionali che rafforzino la rete europea e accrescano la nostra competitività nei confron-
ti dell’area statunitense e del Far East. Per esempio, facciamo parte di IDEA League e Alliance4Tech, due grandi alleanze con le migliori università tecniche europee per collaborare su temi di didattica, network e scambio culturale. Sul lato ricerca e innovazione cito invece l’alleanza con la Tsinghua University a Xian, dove, tra le altre cose, entro l’anno apriremo un importante innovation hub. Nel suo complesso, il Politecnico continua a salire nelle classifiche internazionali delle migliori università, un trend che si conferma costante anche quest’anno; guadagniamo ancora posizioni nel QS University Ranking, una delle classifiche più autorevoli. Questo punto è importante perché una migliore reputazione internazionale significa la capacità di attrarre i migliori studenti e ricercatori da tutto il mondo.
POLITECNICO E TERRITORIO Un ulteriore elemento di attrattività internazionale è il lavoro che stiamo facendo per riqualificare i campus e i quartieri che li ospitano. Abbiamo attivato i cantieri di via Bonardi (ne parliamo a pagina 70), del campus Leonardo e del nuovo laboratorio di chimica; entro l’anno vogliamo avviare i lavori della
Collina, uno spazio verde in Bovisa che ospiterà luoghi di studio e relax con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita sul campus La Masa. Sempre in Bovisa, questa volta nel campus Durando, abbiamo acquisito nuovi spazi dove inseriremo il competence center MADE e laboratori all’avanguardia, portando valore a un quartiere con diverse criticità. Con Comune di Milano le collaborazioni sono tante e importanti. Abbiamo una comunicazione aperta e continua sulle trasformazioni urbane, dove si stanno ottenendo dei risultati non scontati. Oggi vogliamo aprirci sempre di più ai cittadini e spiegare quello che facciamo, al fine di mostrare il valore, per Milano, di accogliere 45.000 studenti. Vogliamo essere un’università aperta e produrre cultura e momenti di aggregazione per tutti, non solo per chi studia o lavora qui. Far crescere un’università internazionale in una città significa anche far diventare questa città più attrattiva e aprire le porte a giovani che non sono solo studenti, ma anche protagonisti della vita e dell’economia della città. Alcuni poi si fermeranno qui a lavorare, altri andranno in giro per il mondo portandosi nel cuore il quartiere in cui hanno studiato e vissuto, diventando
«Politecnico e Bocconi: due grandi atenei che hanno fatto la storia dell’università milanese procedono fianco a fianco di fronte alle sfide della contemporaneità» 11
Il rettore nella nuova Sala Donatori. Il Politecnico ha un focus importante sul fundraising per finanziare ricerca, borse di studio e nuovi spazi dell’Ateneo. Gli Alumni hanno partecipato in modo rilevante in questi 2 anni, con un contributo che toccava i 3 milioni di euro alla fine del 2018. L’obiettivo è arrivare a 5 milioni entro il 2019.
«Guidare il cambiamento e l’innovazione, creando valore nel tempo. Il nostro desiderio è che Alumni, industrie e istituzioni continuino a condividere con noi questo impegno, al fianco di un’università di alto livello» 12
ambasciatori del Poli e di Milano. Milano questo lo sa bene: le politiche proposte dalla giunta attuale, ma non solo, esprimono la consapevolezza che con 200.000 studenti circa siamo a tutti gli effetti una città universitaria in un contesto internazionale, e che i giovani rappresentano per Milano un asset importante, portatore di cultura e futuro.
SEMPRE PIÙ VICINI AL MONDO INDUSTRIALE La vicinanza al contesto industriale è una tradizione che accompagna il Poli sin dalla fondazione, oltre 150 anni fa. Oggi, i nostri accordi strategici con le aziende si stanno estendendo e si delinea una rete importante di relazioni per la quale ci stiamo attrezzando con un ufficio di relazioni con le imprese: un unico contact point per l’industria che ormai non chiede più solamente di sviluppare un progetto di ricerca, ma anche un supporto sulla formazione permanente, così come progetti di innovazione con fondi di venture capital, call for ideas, supporto alle startup (117 le startup innovative incubate a PoliHub) e ai brevetti, senza contare l’importante contributo a percorsi di reclutamento che incrociano le esigenze delle aziende con le aspirazioni dei nostri ragazzi, garantendo occupazione stabile ed energie nuove al mercato del lavoro. Un elemento importante di questo dialogo è il rapporto con gli Alumni, rappresentanti di un mondo industriale e culturale ad alto tasso di innovazione. Oggi gli Alumni sono attivi in diversi advisory board, che regolarmente incontro, e focus group, che accompagnano
le scelte dell’Ateneo. Due volte all’anno, inoltre, incontro personalmente un gruppo di 100 Alumni in posizioni apicali nelle loro realtà aziendali per condividere la nostra vision, raccogliere i loro spunti e tracciare nuove linee per le azioni strategiche. Gli Alumni affiancano ormai gli organi di valutazione del Politecnico (tra i quali cito Polimi 2040, una commissione di docenti impegnata a raccogliere spunti e criticità per immaginare l’Ateneo del futuro e le innovazioni necessarie in un’ottica di investimenti a lunga scadenza). Tutto questo significa saper fare un investimento sul futuro, in un rapporto di fiducia reciproca che vede nel Politecnico di Milano un partner sempre più vicino e aperto all’ascolto del tessuto industriale.
UN RUOLO SOCIALE PER L’UNIVERSITÀ Tutti questi primati ci mettono di fronte ad una responsabilità. Le competenze e le conoscenze che trasferiamo nell’offerta didattica, che condividiamo con l’industria e con le istituzioni formano una nuova classe di ricercatori, di imprenditori e di decisori che, a loro volta, guideranno il cambiamento e l’innovazione domani, in un ecosistema virtuoso che crea valore e lo sostiene nel tempo. È un compito che da sempre accogliamo volentieri sentendo la responsabilità dei nostri ragazzi e cercando di trasmetterla anche a loro. Il nostro desiderio è che Alumni, industrie e istituzioni continuino a condividere con noi questo impegno, al fianco di un’università di alto livello.
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SUPERCLASSIFICA POLI: SEI MESI DOPO, ANCORA PIÙ IN ALTO Il nostro Ateneo nell’ultima edizione ha guadagnato 14 posizioni rispetto all’anno precedente e oltre 130 negli ultimi 10 anni. L’indicatore in cui si posiziona meglio è l’employer reputation, che lo indica come il 55° miglior Ateneo al mondo dove reclutare laureati, una conferma della qualità dell’insegnamento e dei percorsi formativi innovativi
QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2019 1°
IN ITALIA
QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS, istituita nel 2004, è la più rinomata classifica delle università internazionali e prende in considerazione oltre 4700 istituzioni. Le università vengono valutate in base a 6 indicatori:
156°
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NEL MONDO
1) Academic Reputation: sondaggio internazionale in cui gli accademici indicano le Università migliori nel proprio ambito di specializzazione. 2) Employer Reputation: sondaggio internazionale in cui 40.000 datori di lavoro/recruiter indicano quali sono le Università dalle quali preferiscono assumere talenti. 3) Citazioni scientifiche per ricercatore
4) Rapporto Studenti/Docenti: proporzione tra numero di docenti e numero di studenti. 5) International Faculty: presenza di docenti internazionali nel corpo docente. 6) International Students: presenza di studenti internazionali.
QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS BY SUBJECT 11°
16°
1°
6°
6°
6°
3°
1°
MONDO
1° EUROPA
ITALIA
ART & DESIGN
La classifica “by Subject” deriva dalla World University Rankings e permette un confronto tra le università in base al proprio ambito disciplinare di riferimento. La classifica By Subject è più rilevante per il Politecnico, essendo un’università tecnica e non generalista. Per questa classifica sono state prese in considerazione 48 materie, 1130 Università e 151 paesi.
ARCHITECTURE ENGINEERING & TECHNOLOGY
QS GRADUATE EMPLOYABILITY RANKINGS 2019 1°
36°
IN ITALIA
NEL MONDO
È la classifica QS più recente, quella che valuta la spendibilità del titolo dei nostri laureati. In questa edizione sono stati analizzate 600 istituzioni di cui 15 in Italia. Le università vengono valutate in base ai seguenti indicatori: 1) Employer Reputation: sondaggio internazionale in cui 40.000 datori di lavoro/recruiter indicano quali sono le Università dalle quali preferiscono assumere talenti. 2) Alumni Outcomes: QS fa una indagine autonoma per individuare gli alumni eccellenti, che influiscono sulla trasformazione e il cambiamento a livello globale. 3) Partnerships with Employers per
Faculty: numero di aziende con cui l’università collabora per fare ricerca o ospitare tirocinanti. 4) Employer - Student Connections: numero di aziende che sono attivamente presenti in ateneo per fare employer branding, fiere del lavoro, ecc. 5) Graduate Employment Rate: dato occupazionale a 12 mesi dalla laurea.
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TANTE DOMANDE (SOCIALI), UNA RISPOSTA: IL POLI. LA RICERCA FINANZIATA CON IL 5X1000 OFESS O PR RCA RI E TO R IC
195
E
RI
180+
AS
34
12
SEGNISTI
70+ DI RICERCA
DO T
PROPOSTE DI RICERCA
PROGETTI FINANZIATI
DIPARTIMENTI
R A N DI TO
30+ 5 ANNI
2,5M IMPORTO EROGATO DA POLIMI
Che sia la più grande favela del Brasile o del Sudamerica, dove il sovrappopolamento si scontra con la mancanza di servizi basici, o la periferia di Milano, dove c’è necessità di ricucire un patrimonio frammentario ma prezioso di idee e di proposte, esistono domande sociali a cui il Politecnico risponde. L’Università come risolutore di problematiche che toccano i vari ambiti del vivere e le varie fasce d’età di popolazione, il Poli come punto di riferimento delle necessità del contemporaneo: dalla rigenerazione urbana all’educazione e prevenzione, dall’innovazione dei servizi allo sviluppo dell’imprenditorialità. A tutte le domande di quest’epoca, il Politecnico risponde con una serie di progetti e di iniziative. Grazie anche alle donazioni del 5x1000.
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“Il Politecnico opera per rafforzare costantemente il rapporto che da sempre lo lega al tessuto sociale in cui è inserito. È un impegno che si concretizza nella capacità di combinare eccellenza tecnologica e innovazione con una rinnovata attenzione alla ricerca responsabile: sviluppare l’imprenditoria a matrice sociale, specialmente in aree critiche o in via di sviluppo, affiancare e sostenere progetti per la valorizzazione delle periferie, costruire modelli in grado di integrare progresso e prosperità con l’inclusione sociale sono per il Politecnico di Milano obiettivi sempre più strategici. Il Polisocial Award - finanziato dal 2012 con i fondi del 5 per mille IRPEF sostiene queste visione e, prima tra le iniziative accademiche di questo tipo in Italia, posiziona il Politecnico tra gli atenei all’avanguardia a livello internazionale, anche in questo campo. Un grazie di cuore anche alla nostra comunità di Alumni che ci aiuta a renderlo possibile.” PROF.SSA EMANUELA COLOMBO - 48 ANNI Delegata del Rettore per Cooperazione e Sviluppo Professore Ordinario di Fisica Tecnica Industriale Alumna Ing. Nucleare e PhD Ing. Energetica
scopri di più
Dove va il tuo
Negli scorsi numeri di MAP abbiamo raccontato alcuni dei progetti finanziati con le donazioni del 5x1000. Nella pagina seguente, facciamo una breve panoramica e vediamo a che punto sono oggi.
5x1000
codice fiscale del Politecnico
80057930150 17
BETONMATH Favorire una comprensione critica dei concetti probabilistici soggiacenti ai giochi d’azzardo con una strategia formativa basata sulla trasmissione di
strumenti matematici di base. Il percorso è stato rivolto in modo particolare agli studenti delle scuole superiori. http://betonmath.polimi.it/
• Educazione e prevenzione • Matematica
ENERGY4GROWING Sviluppo di una microrete utile all’elettrificazione rurale in Paesi in via di sviluppo e implementazione del prototipo nella scuola di Ngarenanyuki, Tanzania. Il sistema si è rivelato efficace: il ricor-
so alla rete elettrica pubblica si limita ai momenti in cui il fabbisogno eccede la capacità di approvvigionamento da fonti rinnovabili locali.
• Energia • Sviluppo locale
SPACE SHEPHERD Impiego sperimentale delle immagini satellitari per il monitoraggio dei flussi migratori nel Mediterraneo, come potenziale supporto alle operazioni di soccorso. Il Dipartimento Scienze e
Tecnologie Aerospaziali ha stipulato un accordo di collaborazione con BV Tech S.p.A., società capogruppo nel mercato del management consulting e delle ICT.
• Migrazioni • Soccorso in mare • Sistemi spaziali
POLIMI PARA ROCINHA Un approccio sistemico per migliorare economia e condizioni di vita di Rocinha, la principale favela del Brasile e Sudamerica, agendo sulla dimensione ener-
getico-ambientale quale “catalizzatore” del cambiamento. La collaborazione ha prodotto buoni risultati nonostante gli ostacoli dovuti alle tensioni sociali.
• Rigenerazione urbana • Servizi per la comunità
TAMBALI FII Contribuire alla crescita della filiera nautica e ittica senegalese, settore ancora sottovalutato, ma con incoraggianti prospettive di sviluppo. Il mercato della
pesca rappresenta un’importante fonte di sostentamento e strategia per contenere gli effetti dell’emigrazione. Il lavoro ha avviato tutte le azioni previste.
• Sviluppo di imprenditorialità • Attivazione di comunità
TID MEKII I test per la diagnosi della malaria disponibili in un dispensario africano non consentono uno screening efficace della popolazione. Il progetto prevede la messa a punto di un test diagnostico “lab-on-chip” basato sullo sfruttamento delle proprietà magnetiche dei
Dove va il tuo
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cristalli di emozoina, prodotti da tutti i ceppi di malaria. Il prototipo è stato testato a febbraio 2019, all'Ospedale Sacco di Milano, che è partner del progetto. I risultati sono positivi e lasciano prevedere un reale impatto su politiche di contenimento e cura.
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• Metodi diagnostici • Nanotecnologie
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I PROGETTI DEL 2017 SCaR - Scuola Attiva Risorse Ricucire il patrimonio disperso delle periferie La scuola come luogo di esplorazione del territorio circostante in due aree della periferia sud di Milano, caratterizzate da frammentazione sociale e urbana. Il proposito è educare i giovani cittadini al patrimonio culturale, trasformandoli da fruitori dei beni culturali a protagonisti della loro conoscenza e promozione. «In collaborazione con i docenti di sette istituti scolastici milanesi stiamo realizzando una serie di attività con i loro studenti», spiega Nicoletta Di Blas, Responsabile Scientifico di SCaR. Attività che si basano su competenze tecnolo-
giche ma anche manuali e intellettuali: dalla fotomodellazione ai rilievi con il drone, dai plastici fino alla raccolta di testimonianze degli abitanti dei quartieri, che diventano poi racconti in formato audio o video inseriti in un atlante digitale della memoria. Una didattica inclusiva mirata a valorizzare quei talenti che non sempre sono premiati dalla scuola e con un’attenzione verso gli alunni che presentano problematiche di apprendimento o che di solito non partecipano alle attività scolastiche.
M.O.S.T. of Pioltello Sperimentare politiche innovative di integrazione dei minori immigrati tra casa e scuola, gioco e lavoro Pioltello è il secondo comune con la più alta percentuale di stranieri in Lombardia e il primo in Italia tra i comuni della stessa classe demografica. Costituisce uno dei contesti paradigmatici in cui sono presenti i problemi tipici delle periferie: dal degrado fisico alla marginalità sociale che ne consegue. Migration Over the Satellite Town of Pioltello si propone lo sviluppo di un modello di integrazione proprio per i giovani immigrati, orientato alla rigenerazione urbana e basato sull’attiva-
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• Scuola • Inclusione sociale • Cultura diffusa
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• Periferie • Inclusione sociale • Rigenerazione urbana
zione di processi innovativi di recupero e rifunzionalizzazione del patrimonio abitativo dismesso o sottoutilizzato. Le attività promuovono l’accompagnamento educativo attraverso il gioco e la progettazione di spazi urbani ad esso destinati, la formazione professionale e l’inserimento lavorativo dei giovani immigrati, l’attivazione di microeconomie basate sul recupero del patrimonio abitativo, l’innesco di processi manutentivi diffusi.
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• Infanzia • Supporto alle disabilità intellettive • Dispositivi smart
LUDOMI Ludoteca “smart” multisensoriale per i bambini con disabilità della periferia milanese Il sistema pubblico italiano affronta le esigenze di bambini con “disabilità intellettiva” in due forme principali: in ambito scolastico, attraverso l’affiancamento dell’insegnante di sostegno, ed extra-scolastico, con l’utilizzo di servizi forniti da centri di assistenza specializzati. La crescente riduzione delle ore di affiancamento e la carenza di centri di assistenza nelle zone periferiche, rendono più marcato il gap centro-periferia dei servizi educativo-assistenziali e questi bambini spesso devono essere accompagnati alle sedi del centro, cau-
• Risparmio energetico • Coesione sociale
Possono strategie di risparmio ed efficientamento energetico diventare strumento di coesione sociale? Il punto di
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sando disagio e costo sociale. LUDOMI nasce per colmare questo divario e mitigarne le conseguenze offrendo una soluzione logistica e al contempo di grande innovazione tecnologica. Una ludoteca Smart Multisensoriale a Cornaredo, in provincia di Milano, dove i bambini possono vivere situazioni immersive, personalizzate e coinvolgenti attraverso l’uso di giochi dotati di sensori che gli permettono di interagire in maniera intelligente con persone e ambienti.
EnerPOP Strategie di risparmio e efficientamento energetico come strumento di coesione sociale partenza di EnerPOP è proprio questo. Il caso studio è un edificio di 153 alloggi abitati da 501 persone, perlopiù an-
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ziani italiani e famiglie immigrate nel quartiere periferico di Rogoredo, a Milano. Nonostante la recente riqualificazione, esigenze e abitudini differenti si scontrano sulla gestione dei servizi condivisi e sui consumi dei nuclei familiari. Così, gli obiettivi tecnici si rivelano essere importanti anche per risolvere dinamiche conflittuali, soprattutto se affrontate con un approccio multidisciplinare capace di coniugare ingegneria, architettura e design lungo un percorso teso a migliorare le condizioni abitative di fasce deboli. EnerPOP utilizza vari strumenti per raggiungere gli inquilini secondo i canali a ciascuno più consoni, dalle istruzioni semplificate al video tutorial, dal cartaceo al digitale; unendo in questo modo le persone e dando un obiettivo condiviso dal nucleo familiare al condominio, dal quartiere alla città.
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SIVEQ Sistema integrato di valorizzazione delle eccedenze alimentari nel quartiere Ogni anno 5.1 Milioni di tonnellate di cibo vengono distrutte, e nonostante ciò, 1,6 milioni di famiglie soffrono di carenze alimentari. Più del 40% di questo spreco di cibo avviene nel processo di distribuzione e di consumo. Quotidianamente infatti un gran numero di prodotti alimentari rimane invenduto nei negozi, soprattutto nella grande distribuzione. Il progetto SIVEQ, Sistema Integrato di Valorizzazione delle Eccedenze alimentari nel Quartiere, intende definire e sperimentare nel Municipio 9 di Milano, che comprende situazioni
di povertà, un’applicazione per l’individuazione automatica dei prodotti alimentari prossimi alla scadenza e svi-
TEEN Potenziare il pensiero logico matematico per educare all’autonomia e alla cittadinanza giovani immigrati che vivono in comunità
• Lotta agli sprechi • Aiuto sociale
luppare una piattaforma integrata per la loro pubblicizzazione, gestione e ridistribuzione.
• Giovani delle comunità • Cittadinanza • Empowerment
TEEN - Teenagers Experience the Empowerment by Numbers è un progetto indirizzato ad adolescenti e giovani immigrati ospitati nelle comunità di accoglienza di quattro quartieri di Milano: Giambellino, Barona, Corvetto e Gratosoglio. L’obiettivo è rafforzare talenti ed energie non ancora messe alla prova e insegnare ai ragazzi la gestione di problemi comuni della vita quotidiana attraverso gli strumenti della logica e della matematica. Un’educazione all’autonomia e alla cittadinanza: dal saper gestire un piccolo budget o un conto in banca al poter valorizzare l’uso di una scheda telefonica. Non problemi matematici astratti ma situazioni che mettono in relazione i ragazzi e le comunità che li ospitano con il mondo esterno.
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WRP West Road Projects La Strada dell’Ovest
• Spazi pubblici • Ciclabilità • Inclusione sociale
Un dispositivo di attivazione di reti e spazi pubblici attraverso la periferia diffusa Le aste storiche radiali, elementi portanti della forma urbana milanese, sono oggi quasi esclusivamente intese come assi ad alto scorrimento, generatrici di alienazione spaziale e impoverimento ambientale. Una serie cioè di nuclei abitativi isolati di edilizia pubblica che comportano, in zona 7 di Milano, un arcipelago di luoghi sottovalutati e l’abbandono di luoghi collettivi. A questo si aggiunge l’incompatibilità della via Novara con le istanze di mobilità sostenibile, contrastante con la sua condizione di collegamento con la polarità dei parchi di Trenno, delle Cave e “Boscoincittà”. La ricerca si confronta con le potenzialità e le criticità della zona, con l’obiettivo di avviare un processo di progettazione partecipata che consideri la strada come dispositivo per riattivare spazi pubblici marginali e promuovere una rete per la ciclabilità.
DAL 5X1000 ALLA RICERCA AD ALTO IMPATTO SOCIALE
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Polisocial è il programma promosso dal Politecnico di Milano che affianca l’impegno sociale e la cooperazione allo sviluppo ai due tradizionali cardini dell’attività accademica: la didattica e la ricerca. È uno strumento per mettere l’università a contatto con le dinamiche dei cambiamenti della società, estendendo la missione dell’Ateneo verso temi e bisogni sociali che nascono dal territorio, a livello sia locale che globale. I progetti di ricerca che vi raccontiamo in queste pagine sono scelti attraverso il Polisocial Award, una competizione finalizzata a selezionare e implementare iniziative di ricerca scientifica ad alto impatto sociale. L’Award è finanziato con i fondi del 5 per mille, raccolti dal Politecnico di Milano, prima università pubblica nella classifica degli atenei beneficiari di questo sostegno. Merito di ciò va in particolare alla sua estesa rete di Alumni, che con continuità negli anni sostiene questa e altre iniziative dell’Ateneo.
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I PROGETTI DEL 2018 BOA_MA_NHÃ, MAPUTO! Il team si propone di studiare un’area metropolitana del Mozambico frammentata dal punto di vista amministrativo e di cui mancano dati statistici e cartografici. Si vuole così contribuire allo sviluppo integrato della regione e a diffondere la cultura di un’efficace
pianificazione territoriale. Punto focale della ricerca è la creazione di un modello sul nexus acqua-energia-cibo a supporto della pianificazione regionale strategica, con particolare riferimento al settore agricolo.
• Sviluppo territoriale integrato
EMotion 117 km di una strada a carreggiata unica che attraversa l’asse Asmara-Massawa, in Eritrea, costeggiando infrastrutture storiche. Un patrimonio culturale che collega siti di importanza architettonica
e archeologica che rischia di sparire. Il progetto vuole valorizzare questo percorso per attivare sviluppo commerciale, culturale e turistico.
• Mobilità smart • Tutela ambientale • Patrimonio culturale
BECOMe Tra i principali bisogni della popolazione somala figura la risoluzione dell’emergenza abitativa determinata dall’intensa crescita della popolazione, degli alti livelli di povertà e dai danni agli edifici lasciati dalla guerra civile. Sul progetto
intende realizzare un modello di sviluppo integrato per Mogadiscio, basato su un ecosistema di business che promuova insediamenti sostenibili con alloggi, spazi imprenditoriali, servizi sociali e produzione di energia rinnovabile.
• Insediamenti sostenibili • Imprenditoria locale • Servizi sociali
produzione di nuovi dati, a partire dalle informazioni offerte dall’utilizzo della telefonia mobile, il progetto esplora soluzioni bottom-up e place-based replicabili e alternative a modelli formali.
• Accesso alla mobilità • Mobilità informale • Big Data
SAFARI NJEMA Circa l’80% della mobilità nelle grandi città africane si basa su sistemi di mobilità informale: quasi la totalità delle famiglie non ha l’auto, i sistemi di trasporto pubblico scarseggiano e sono poco accessibili. Tramite l’analisi e la
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SPECIALE ERC PARTE 2°
QUI COSTRUIAMO IL MOND
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Nello scorso numero vi abbiamo abbiamo presentato i 19 campioni della ricerca di frontiera politecnica: gli scienziati che hanno vinto un fondo di ricerca ERC, uno dei più prestigiosi in Europa. In questa nuova puntata di MAP - Speciale ERC li abbiamo incontrati per raccontarvi da vicino i loro progetti
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Se ti sei perso la scorsa puntata scoprila su www.alumni.polimi.it
COSA SONO GLI ERC?
Uno dei fondi di finanziamento alla ricerca più importanti e prestigiosi è l'ERC, European Research Council, concesso dall’Unione Europea solo ai migliori scienziati con criteri che selezionano credibilità internazionale e originalità dei progetti presentati. Il vincitore di un "grant" (cioè un finanziamento di ricerca) ERC può scegliere di portare avanti il progetto affiliandosi a qualsiasi ente di ricerca o ateneo. Per un ateneo, accogliere ricercatori ERC significa avere la possibilità di assumere nuovi dottorandi e post doc, creare una base di giovani che lavorino costantemente su ricerche di altissimo livello e avere risorse da investire in infrastrutture e laboratori all’avanguardia, iniettando nuova linfa nel sistema universitario. Questo si riflette sull'intero sistema, con ricadute positive anche sulla didattica.
GLI SCIENZIATI ERC AL POLITECNICO DI MILANO LA CALL ERC PER IL PERIODO 2014-2020 HA ASSEGNATO IL GRANT A 19 RICERCATORI CHE ATTUALMENTE LAVORANO AL POLI, PER UN TOTALE DI 26 PROGETTI Nelle prossime pagine ve ne raccontiamo alcuni.
L'UNIVERSITÀ È ANCHE UN LUOGO DOVE SI AFFRONTANO DOMANDE, TEMI E PROBLEMI POSTI DALLA CONTEMPORANEITÀ Dentro le aule e i laboratori del Politecnico è al lavoro un esercito di docenti e ricercatori tra i più esperti al mondo sulle domande più urgenti alle quali la scienza è oggi chiamata a rispondere: dalle sfide ambientali alle nuove frontiere del data science, dai materiali del futuro alla cura dei tumori.
DARE ENERGIA ABITARE NUTRIRE SPOSTARSI CURARSI COSTRUIRE COMUNICARE MATERIALI RINNOVABILI STAMINALI SALUTE CHIMICA DATA SCIENCE COMPUTING BENI CULTURALI MODELLING SPAZIO INDUSTRIA LASER ENERGIA FISICA 25
SPECIALE ERC PARTE 2° DIGITAL IMAGING E 3D PER GUARDARE INDIETRO NEL TEMPO L.I.F.E. | LIVING IN A FRINGE ENVIRONMENT | INVESTIGATING OCCUPATION AND EXPLOITATION OF DESERT FRONTIER AREAS IN THE LATE ROMAN EMPIRE #3DModeling #BigData #ComputerScience #Archeologia #BeniCulturali #Territorio
2016 - 2021
CORINNA ROSSI Professore associato di Egittologia Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito
www.life.polimi.it
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2.000.000 €
12 persone
Oggi gli archeologi non hanno solo il fedora e il pennellino da scavo. Hanno anche computer, raggi x, strumenti di rilevamento e 3D modelling. E contribuiscono allo sviluppo e miglioramento di questi strumenti, fondamentali per il monitoraggio delle città e del territorio. È il caso di Corinna Rossi e del suo team, che ha ottenuto l’ERC per il suo progetto di archeologia con l’obiettivo di avviare gli studi sul sito di Umm al-Da-
badib, nel Kharga: una delle più grandi oasi del deserto occidentale egiziano, in pieno deserto, a 750 km a sud del Cairo, 300 a ovest di Luxor e a 50 km dal primo centro abitato, in ambiente remoto e duro, mai studiato prima d’ora a causa delle difficoltà logistiche del territorio. In epoca tardoromana Umm al-Dabadib rappresentava un’importante punto di riferimento lungo le vie carovaniere: lo studio permetterà quindi la ricostruzione della strategia romana per il controllo delle vie del deserto che qui si incontravano, offrendo un importante contributo al dibattito sulla difesa dei confini dell’Impero. Insieme al 3D Survey Group del Politecnico di Milano e ai Musei delle Scienze Agrarie dell'Università di Napoli Federico II, Rossi sta sviluppando un sistema innovativo per documentare lo scavo archeologico, i resti architettonici associati e i reperti archeologici rinvenuti, basato su rilievo e modellazione tridimensionale. L'applicazione di queste tecniche viene attualmente testata con l'attivo coinvolgimento del Museo Egizio di Torino e verrà poi applicata successivamente a Umm al-Dababid, in ambiente decisamente più complesso dal punto di vista logistico. La tecnica su cui si basa il sistema viene definita "close range photogrammetry" e permette di lavorare con strumenti semplici come macchine fotografiche e laptop, facilmente trasportabili e utilizzabili in ambienti remoti e complessi dal punto di vista ambientale e logistico. La natura peculiare del progetto richiede competenze multidisciplinari e coinvolge, oltre agli archeologi, anche architetti, ingegneri, idrologi, geologi, topografi, esperti 3D e informatici.
FILI DI CARBONIO: IL MATERIALE PIÙ RESISTENTE AL MONDO, PER APPLICAZIONI ENERGETICHE DI NUOVA GENERAZIONE ESPLORE | EXTENDING THE SCIENCE PERSPECTIVES OF LINEAR WIRES OF CARBON ATOMS FROM FUNDAMENTAL RESEARCH TO EMERGING MATERIALS #Materiali #NanoTecnologie #Energia
2017 - 2022
2.000.000 €
Casari e il suo team, nei laboratori del Politecnico “tessono” fili: o meglio, fabbricano fili di carbonio monodimensionali del diametro di un atomo. Questo nanomateriale è ottenuto grazie a una organizzazione lineare dei legami atomici nel carbonio e è ancora in larga parte inesplorato. Secondo i calcoli teorici, avrebbe proprietà sorprendenti: può comportarsi da metallo o semiconduttore, avrebbe eccezio-
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nali proprietà di robustezza meccanica, di conducibilità elettrica e termica, le proprietà elettroniche e ottiche potrebbero essere modificate controllando la lunghezza del filo e la sua terminazione. Le possibilità di applicazione in campo energetico sono diverse: dalla progettazione di nuove celle solari, ai sistemi per la generazione di idrogeno per dissociazione dell’acqua, alle celle a combustibile. I fili di carbo-
nio vengono studiati per migliorare le prestazioni di queste tecnologie, ridurne i costi e rendere i processi produttivi compatibili con l’ambiente. L’obiettivo di EspLore è quello di fabbricare e studiare i fili di carbonio e estendere la conoscenza delle loro proprietà dalla scienza di base alle applicazioni per contribuire allo sviluppo di tecnologie innovative.
CARLO CASARI
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Professore associato di Fisica della Materia Dipartimento di Energia Alumnus Ingegneria Elettronica e PhD Ingegneria dei Materiali
www.esplore.polimi.it
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SPECIALE ERC PARTE 2° IL GOOGLE DEL DNA: DAI BIG DATA ALLE TERAPIE MEDICHE PERSONALIZZATE GECO | DATA-DRIVEN GENOMIC COMPUTING
#DNA #BioIngegneria #ComputerScience #BigData #Medicina #LifeScience
2016 - 2021 STEFANO CERI
2.500.000 €
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Professore ordinario di Database System Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria Alumnus Ing. Elettronica Si prevede che entro il 2025 il volume dei dati genomici prodotti da biologi e clinici sarà maggiore di quello prodotto da qualunque altra disciplina scientifica o da YouTube e dai social media. Gran parte di questi “big data” conterranno informazioni estratte dal DNA dei pazienti e consentiranno di affrontare casi clinici con un approccio nuovo. Analizzando e interpretando i dati, sarà possibile costruire modelli pre-
dittivi per la medicina personalizzata, la cosiddetta “medicina di precisione”: ad esempio, si potranno fornire informazioni attendibili sulla possibilità che un paziente sviluppi un tumore, tenendo sotto sorveglianza attiva i pazienti più a rischio, oppure, una volta diagnosticato un tumore, sarà possibile scegliere una terapia mirata. Uno dei principali problemi da affrontare è la complessità e eterogeneità dei dati genomici. Attualmente, esistono molte banche dati internazionali che differiscono nella loro organizzazione e molti linguaggi e strumenti per interrogarle; dati descritti in modo eterogeneo e raccolti con metodi e linguaggi differenti sono difficilmente confrontabili tra loro. Stefano Ceri e il suo team lavorano alla creazione di un linguaggio universale per interrogare dati genomici in modo semplice e efficiente.
http://www.bioinformatics.deib.polimi.it/geco/
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15 persone Inoltre, il team lavora sull'integrazione dei dati raccolti da vari consorzi internazionali. L’obiettivo del progetto è costruire una specie di "Google della genomica": nella prima metà del progetto è già stato realizzato un sistema molto efficiente, in grado di integrare segnali genomici differenti, affiancato da una banca dati integrata che contiene i dati di otto differenti consorzi e istituzioni. Il prossimo passo è mettere questo strumento al centro di una rete di ospedali per portare l’innovazione tecnologica al paziente, unendo piccole casistiche cliniche ai dati raccolti da consorzi internazionali. La sfida è riuscire ad interpretare i dati usando algoritmi predittivi, dando loro un “senso biologico-clinico”, comprensibile ai medici e utilizzabile per monitorare l’insorgenza di tumori o per scegliere la terapia più adatta a ciascun paziente.
MOLECOLE "SUONANTI" E "SUPEROCCHI" PER I CHIRURGHI VIBRA | VERY FAST IMAGING BY BROADBAND COHERENT RAMAN
#Laser #Medicina #Microscopia
2015 - 2020
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Come le corde di una chitarra, anche le molecole, se pizzicate, vibrano. È un fenomeno che si chiama “effetto Raman”: ogni tipo di molecola possiede una specifica e unica impronta vibrazionale che produce quando sollecitata da un determinato stimolo. Proprio grazie a questa “firma molecolare” inconfondibile, Polli e il suo team stanno sviluppando uno strumento di diagnosi che potrebbe presto venire usato nelle sale operatorie di tutto il mondo e grazie al quale i chirurghi potranno valutare in tempo reale posizione e tipologia di un tumore, così da decidere come operarlo. Oggi questa valutazione viene effettuata dall’occhio del patologo e come tale è fallibile. VIBRA è una sorta di microscopio che “pizzica” le molecole con un impulso laser facendole vibrare a una determinata frequenza. Le cellule malate sono formate da molecole che producono una frequenza diversa da quelle delle cellule sane. Ogni tipo di molecola produce una vibrazione unica e specifica di quel tipo di patologia. Le lenti di VIBRA registrano la vibrazione restituendo un’immagine visibile e interpretabile dal chirurgo: l’obiettivo è quello di realizzare nei prossimi anni un sistema in grado di valutare posizione e tipologia del tumore in modo molto più preciso e immediato, senza usare marcatori o agenti di contrasto che potrebbero danneggiare il materiale o contaminarlo. Il prototipo oggi è in funzione per i test preliminari su campioni biologici e sta aprendo la strada all’istopatologia virtuale. Il team di Polli lavora in stretto contatto con biologi e medici per realizzare uno strumento efficace e facile da usare per chi lo andrà ad utiliz-
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zare in futuro. Lo stesso principio che permette di riconoscere l’impronta vibrazionale di un tessuto tumorale può essere usato per identificare le caratteristiche chimiche di qualsiasi tipo di molecola. Non solo tumori, quindi: ad esempio permetterebbe di identificare le proteine coinvolte nella comparsa di malattie quali l’Alzheimer o il Parkinson. I risultati ottenuti da Polli e il suo team in questo campo hanno portato a un secondo progetto, CHIMERA: A novel instrument to identify chiral molecules for pharmaceutics and bio-chemistry, con l’obiettivo di sviluppare e brevettare in due anni uno strumento in grado di misurare in modo più veloce e economico alcune caratteristiche chimiche delle malattie degenerative e dei farmaci, rendendoli più efficaci e sicuri per il paziente. Da CHIMERA è nata una start-up, spinoff del Politecnico di Milano, che produce spettrometri per la misura dei colori della luce.
DARIO POLLI
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Professore associato di Fisica Sperimentale Dipartimento di Fisica Alumnus Ing. Elettronica e PhD Ingegneria Fisica
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SPECIALE ERC PARTE 2° MATEMATICA DEL CUORE: UN MODELLO PER DESCRIVERE TUTTE LE SUE FUNZIONI iHEART | AN INTEGRATED HEART MODEL FOR THE SIMULATION OF THE CARDIAC FUNCTION
#Computing #Medicina #3DModeling
2017 - 2022 ALFIO QUARTERONI Professore ordinario di Analisi Numerica Dipartimento di Matematica
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Tradurre in equazioni i processi che concorrono al funzionamento del cuore: processi elettrici, meccanici, fluidodinamici e elettrochimici, a partire dal livello cellulare fino a quelli che guidano l’organo completo in movimento, passando per la descrizione di ogni singola parte che lo compone. È la risposta di iHeart di fronte all’incidenza delle malattie cardiovascolari, che, solo in Europa, causano quasi due milioni di morti e un costo sociale di circa 200 miliardi all’anno. Oggi non possediamo ancora la potenza di calcolo che serve per sviluppare, risolvere e far interagire i vari livelli di un modello matematico così complesso. Per dare l’idea del lavoro mastodontico che comporta: simulare un solo battito cardiaco richiede una settimana di tempo di calco-
lo sul più grande super-computer europeo (in grado di svolgere miliardi di operazioni al secondo). In un orizzonte temporale di 5 anni (che terminerà nel 2022) Quarteroni e il suo team intendono ultimare il modello con l’obiettivo di creare uno strumento digitale, una sorta di copia virtuale del cuore umano, utilizzabile da medici e chirurghi su casi clinici reali. L’uso di questo strumento contribuirà a sua volta alla raccolta di dati statistici che arricchiranno il modello e serviranno a creare algoritmi sempre più potenti, fino a rendere possibile la personalizzazione del modello: in futuro sarà possibile studiare scenari di evoluzione di particolari condizioni cliniche, aiutando così i cardiologi nella scelta della migliore terapia su misura.
IL LASER CHE METTE IL TURBO ALLE PARTICELLE ENSURE | EXPLORING THE NEW SCIENCE AND ENGINEERING UNVEILED BY ULTRAINTENSE ULTRASHORT RADIATION INTERACTION WITH MATTER #Laser #Particelle #Materiali #NanoTecnologie #Energia #Plasmi
2015 - 2020
1.887.500 €
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MATTEO PASSONI
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Professore ordinario di Fisica della Materia Vicepreside della Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione Coordinatore del Corso di studi in Ingegneria Nucleare Dipartimento di Energia I fasci di particelle ad alta energia vengono utilizzati per la ricerca fondamentale ma hanno anche diversi campi di applicazione: ad esempio vengono usati nelle terapie per la cura dei tumori, in alcune tecniche di medicina diagnostica o nella produzione di semiconduttori. Si ottengono all’interno di acceleratori come i linac, i ciclotroni o i sincrotroni, che sollecitano le particelle cariche (elettroni, protoni o altri tipi di ioni) con un campo elettrico all’interno di grandi camere a vuoto spinto. Questi metodi consentono la produzione di particelle con energie molto elevate: ad esempio, nel caso dei protoni, un sincrotrone come quello di cui parliamo a pagina 34, che ha una circonferenza di circa 80 m, può generare particelle con energia fino a qualche centinaio di MeV, mentre l’LHC, con una circonferenza di 27 km, può accelerare particelle alle massime energie ottenute in laboratorio, fino a 10 TeV. Tuttavia queste tecniche di accelerazione presentano alcuni importanti limiti, legati ai costi e alle dimensioni che queste strutture richiedono. Passoni e il team di ENSURE stanno studiando un nuovo me-
todo di accelerazione di protoni e ioni, con lo scopo di arrivare alla realizzazione un prototipo di acceleratore compatto. Sfrutta l’interazione tra un impulso laser di elevatissima potenza e brevissima durata (fino a 1020 W/cm2 in poche decine di femtosecondi) e un particolare tipo di nanoschiuma, ideata e sviluppata dal team, con la proprietà di avere una densità intermedia tra quella di un solido e quella di un gas. Quando viene colpita dal laser, la nanoschiuma si porta allo stato di plasma ed è capace di ottimizzare l’assorbimento dell’impulso e trasmetterlo nel modo più efficiente ad un materiale target. Questo processo determina una efficace separazione degli elettroni dal materiale del target, in modo da generare i più elevati campi elettrici mai ottenuti in un laboratorio (nell’ordine dei TV/m), in grado di imprimere alle particelle enormi accelerazioni in distanze molto brevi (pochi micron). Le particelle così ottenute hanno alcune importanti caratteristiche diverse da quelle accelerate con metodi tradizionali. Ad esempio, è diverso lo spettro energetico che si ottiene con questo tipo di accele-
Alumnus Ing. Nucleare e PhD ratore e le massime energie raggiungibili sono al momento nell’ordine della decina di MeV. È inoltre complicato ottenere fasci di particelle: ad oggi, il meccanismo studiato in ENSURE produce singoli “pacchetti” di protoni e un fascio potrà essere ottenuto sviluppando opportune tecniche di movimentazione del target e sfruttando sistemi laser ad alto tasso di ripetizione degli impulsi. Tuttavia, l’efficienza del processo di accelerazione e la compattezza dello strumento progettato rendono questo sistema molto promettente: un acceleratore “tascabile” come quello ipotizzato da ENSURE potrebbe stare comodamente in una stanza di poche decine di m2. Possibili applicazioni a breve termine (nell’arco di 5 anni) riguardano, ad esempio, il campo della diagnostica non distruttiva dei materiali, di interesse in molti settori, dall’alta tecnologia fino a quello dei beni culturali. Il team si sta preparando a una prova sperimentale delle tecnologie sviluppate, che verranno testate nel 2019.
www.ensure.polimi.it
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SPECIALE ERC PARTE 2° SATELLITI CHE ORBITANO AUTONOMAMENTE SFRUTTANDO LE “FORZE NATURALI” SPAZIALI COMPASS | CONTROL FOR ORBIT MANOEUVRING THROUGH PERTURBATIONS FOR APPLICATION TO SPACE SYSTEMS #Computing #Aerospace #OrbitalDynamics #Space #SpaceCraft #SpaceDebris #Asteroids #SpaceMissions
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CAMILLA COLOMBO
1.500.000 €
12 persone
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Professore associato di Meccanica del Volo Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali Alumna Ing. Aerospaziale Camilla Colombo e il suo team lavorano a nuovi modelli matematici che descrivano le perturbazioni naturali dello spazio. Le perturbazioni sono le forze naturali che agiscono sui satelliti oltre alla forza gravitazionale del pianeta centrale intorno al quale orbitano, ad esempio la pressione di radiazione solare, la forza gravitazionale degli altri pianeti e la resistenza aerodinamica. L’obiettivo è quello di programmare i satelliti e i veicoli spaziali in modo che siano in grado di sfruttarle autonomamente per i trasferimenti orbitali e interplanetari. Questa capacità dei sistemi spaziali di adattare il proprio moto e sfruttare le perturbazioni avviene come una specie di “surfing spaziale”. I satelliti (o i futuri detriti spaziali) intelligenti saranno in grado di manovrare con i loro motori e, attraverso le perturbazioni spaziali, lasciarsi trascinare (come delle correnti nello spazio) per controllare autonomamente la propria rotta. I satelliti trasmettono segnali radio, televisivi e telefonici, ci guidano quando accendiamo il GPS, sono indispensabili per studiare i cambiamenti meteorologici e per tenere sotto controllo l’e-
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cosistema Terra. Tuttavia mandare un satellite in orbita e mantenerlo costa tantissimo. Il modello matematico sviluppato contribuirà a ridurre drasticamente i costi e i rischi per la sicurezza delle missioni intorno alla Terra. Inoltre il team lavora anche sulle missione interplanetarie, studiando la protezione planetaria, cioè il rischio di lanciatori e satelliti di impattare con altri corpi celesti a causa di guasti e produrre detriti. Altro obiettivo sono le missioni di piccoli satelliti agli asteroidi vicino alla terra per il loro studio, sfruttamento e deflessione. Nel campo delle missioni verso asteroidi, COMPASS potrà elaborare nuove tecniche per modificare la rotta delle sonde e sarà in grado di disegnare orbite stabili per l’esplorazione. Il metodo studiato servirà
anche alla riduzione del numero altissimo di detriti spaziali in orbita intorno alla terra, cioè di tutti quei satelliti che, a fine vita, diventano inoperativi e quindi creano rischio di frammentazioni in orbita con la creazione di tantissimi piccoli frammenti. Infatti, il “surfing” orbitale può essere usato per calcolare manovre di fine vita al fine di far rientrare i satelliti o spostarli in un’orbita cimitero. Il progetto si appoggia a un comitato scientifico composto da ESA (European Space Agency), NASA, ASI (Italian Space Agency), CNES (Centre National d’Études Spatiales) e JAXA (Japan Aeropace Exploration Agency) che supportano nelle applicazioni pratiche dei metodi sviluppati in COMPASS.
www.compass.polimi.it
CONTINUA SUL NUMERO 6 DI MAP, OTTOBRE 2019
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SE IN SALA OPERATORIA CI TROVI UN INGEGNERE Uno dei 5 centri al mondo che usano gli adroni nelle terapie oncologiche è firmato Politecnico. È anche l’unico ad aver sviluppato una tecnologia che permette di intervenire con una precisione mai raggiunta prima. Oggi questa realtà di eccellenza a livello internazionale è un modello made in Italy esportato in tutto il mondo. Un esempio di come ingegneria, medicina, fisica, tecnologia si mettono insieme per fare cose straordinarie di Irene Zreick La tecnologia ha un ruolo sempre più importante in diversi aspetti della medicina. Dalla cura di particolari patologie alla medicina predittiva e personalizzata, la pratica medica del futuro non potrà più fare a meno di algoritmi, robot e acceleratori di particelle. Il Politecnico è chiamato a rispondere anche a questa domanda, sviluppando nuove tecnologie, investendo nella ricerca e formando le persone che contribuiranno a creare nuove professioni. Un modello esemplare è quello dellapartecipazione ventennale del Politecnico alla fondazione e allo sviluppo di CNAO, il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica a Pavia, in collaborazione con alcune eccellenze italiane fra cui Istituto dei Tumori, IEO, Besta, Policlinici di Milano e Pavia, e Università di Milano e Pavia. L’adroterapia è una terapia
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per il trattamento dei tumori che utilizza fasci di adroni (protoni e ionicarbonio) direzionati sui tessuti malati. Il principio è lo stesso della radioterapia, ma, diversamente dai raggi X, i fasci di adroni hanno una precisione sub-millimetrica e non danneggiano i tessuti sani, perché rilasciano l’energia in modo controllato solo sulle cellule malate.
TECNOLOGIA ABILITANTE L’idea di usare fasci di adroni in oncologia nasce all’inizio degli anni ’90. Un passo avanti che ha permesso di iniziare a sviluppare questa terapia è stato lo sviluppo delle tecniche diagnostiche per immagini come la TAC, la PET e la risonanza magnetica. Ancora oggi, solo 5 strutture al mondo usano l’adroterapia con ioni carbonio; tra
queste, CNAO è l'unico centro in Italia, e il primo al mondo, a aver sviluppato, in collaborazione con il Politecnico di Milano, un sistema di localizzazione del tumore grazie al motion capture. La tecnica del «tumor targeting» consente la localizzazione in tempo reale del target dell’irradiazione attraverso modelli paziente specifici di correlazione tra il movimento del tumore e quello di marker di superficie identificabili mediante tecniche di motion capture in 3D. L’informazione sulla posizione istantanea del tumore viene inviata ad un robot che muove il lettino per il corretto posizionamento del paziente e ai magneti di scansione del fascio, consentendo di “inseguire” la lesione e concentrare su di essa la dose di radiazione pianificata. È una tecnica sviluppata da una li-
Sala di trattamento di CNAO dove sono visibili le telecamere digitali per rilevare in tempo reale la posizione del paziente con tecniche di motion capture
nea di ricerca del nostro Ateneo, che già nella metà degli anni ottanta aveva condotto allo sviluppo di sistemi innovativi per l’analisi del movimento basati su tecniche di computer vision, originariamente concepiti per la ricerca in riabilitazione neuromotoria. Un sistema di motion analysis progettato dal Poli, per fare un esempio, è installato sulla Stazione Spaziale Internazionale per ricerche sul comportamento degli astronauti. Proprio in questo alveo si sono attivate le prime collaborazioni di ricerca con l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) per migliorare la radioterapia tradizionale a raggi X e poi con CNAO, dove l’uso dei fasci di adroni richiede una assoluta precisione.
«Le cose importanti non si fanno da soli» ANTONIO PEDOTTI - 74 anni Professore Emerito di Tecnologie Biomediche Delegato del Rettore nel Consiglio di Indirizzo Alumnus Polimi Ingegneria Elettronica, è stato Direttore del Dipartimento di Bioingegneria e figura chiave della collaborazione con CNAO
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OLTRE 2100 PAZIENTI Grazie a questa tecnologia per la prima volta al mondo è stato messo in funzione un robot dotato di telecamere che monitora in tempo reale la corretta posizione degli occhi dei pazienti con melanoma oculare, per la quale la proton-terapia è il trattamento di elezione. Nel 2014 sono iniziati i trattamenti in ambito di sistema sanitario nazionale. A oggi stati trattati oltre 2100 pazienti affetti da varie tipologie di tumori fra i più complessi e difficili. I risultati ottenuti, nonostante il limitato periodo di osservazione, sono estremamente positivi sia in termini di efficacia (superiore all’80%) che di ridotta tossicità (inferiore al 6%). Oggi questo modello è un esempio di ricerca che fa scuola in tutto il mondo: è già in costruzione a Vienna un nuovo centro di adroterapia progettato con la collaborazione di CNAO e del Politecnico.
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NUOVE PROFESSIONI E UN TERRENO FERTILE PER I GIOVANI Ma questa esperienza non è un successo solo dal punto di vista clinico. “Dal punto di vista della tecnologia e della ricerca, spiega il prof. Pedotti, ci situa in un contesto internazionale di eccellenza. Si tratta di competenze, know-how e tecnologia made in Italy. È un grande esempio di come il ministero della Salute, le università, le istituzioni del territorio si siano allineati per un unico scopo, di come sia possibile fare sistema in Italia e di come la tecnologia diventi la condizione abilitante per l’apertura di nuove, inimmaginabili strade”. Il risultato è un terreno fertile in grado di produrre ed esportare competenze e tecnologia uniche e che permette lo sviluppo e la crescita di nuove professionalità. “CNAO è una realtà di eccellenza, politecnica, che permet-
te a tanti giovani di mettersi in gioco in una grande sfida con alto valore sociale come quella della lotta ai tumori. Dare ai giovani spazi in Italia all’interno dei quali esercitare le proprie competenze e crescere come eccellenti professionisti è una nostra responsabilità.”
L’ACCORDO: VERSO IL 2023 A partire dai risultati ottenuti, Politecnico e CNAO hanno firmato un accordo per consolidare e potenziare la collaborazione, che ad oggi ha riguardato soprattutto il DEIB (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria) e il Dipartimento di Energia, allargando le tematiche di reciproco interesse e coinvolgrendo altri Dipartimenti. Nei prossimi 5 anni si lavorerà insieme su diversi fronti. Sarà aperta una nuova sala sperimentale con un fascio di particelle dedicato esclusivamente al-
la ricerca; si svilupperanno di tecniche di inseguimento del tumore in 4D per individuare e colpire le lesioni tumorali che si muovono con il respiro del paziente, come accade nei tumori del pancreas e del fegato; si approfondiranno metodi di radiomica, per ricavare dalle immagini della risonanza magnetica previsioni e indicazioni ancora più precise; si punterà al miglioramento dell’efficacia dei trattamenti con tecniche di nano-microdosimetria, verificando anche che siano irraggiate solo le cellule tumorali utilizzando un fascio misto di ioni carbonio e elio; una nuova frontiera sperimentale è anche aperta dallo studio della Boron Neutron Capture Therapy, una tecnica selettiva che si basa sulla reazione di cattura neutronica del boro, che viene maggiormente assorbito dalle cellule tumorali rispetto a quelle sane.
«L’obiettivo è creare un terreno fertile in grado di produrre ed esportare competenze e tecnologia uniche e che permetta lo sviluppo e la crescita di nuove professionalità. Dare ai giovani spazi in Italia all’interno dei quali esercitare le proprie competenze, assumersi delle responsabilità e crescere come eccellenti professionisti è una nostra responsabilità» Il sincrotrone realizzato da CNAO, con una circonferenza di 80 metri, accelera gli ioni carbonio fino ad una energia di 4800 MeV per distruggere anche i tumori radioresistenti
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NELL’OLIMPO DEI DATA SCIENTIST L’Alumnus Alberto Danese è il primo italiano a essere premiato da Kaggle, piattaforma di Google: è fra i 113 migliori data scientist del mondo. Ci spiega come un universo di dati può cambiare il nostro universo di Giulio Pons 38
ALBERTO DANESE - 35 anni Senior Data Scientist, Cerved Group Alumnus Polimi Ingegneria
In un hangar buio anche di giorno, illuminato solo da schermi di migliaia di cellulari, si nasconde il mercato dei like. Si chiamano click farm e si stanno sviluppando nel sud est asiatico, vere e proprie fabbriche di consenso digitale. «Dietro questi device, supportati da migliaia di schede SIM, ci sono persone che cliccano incessantemente su banner alfine di generare traffico falsato», spiega Alberto Danese, senior Data Scientist in Cerved Group, che con la medaglia d’oro della competizione di Google è entrato nella Top Tier dei 113 migliori data scientist a livello mondiale. Kaggle mette in contatto aziende che cercano soluzioni tramite il machine learning e offrono così una serie di dati interni a data scientist che competono per realizzare modelli misurabili. Scopo della gara a cui ha partecipato Danese, era quello di sviluppare un algoritmo capace di interpretare e identificare i click fraudolenti. «Ci sono
sviluppatori di app che comprano pacchetti di finti download per far salire il proprio prodotto nei ranking e raggiungere così clienti reali». Il machine learning, dunque l’apprendimento auotomatico, si applica in diversi campi. Nel caso dell’analisi di click fraudolenti si parla di dati tabulari. C’è poi l’analisi di immagini bidimensionali, tridimensionali e filmati. «Storicamente le macchine sono state brave a riprodurre un numero ridotto di task, ad esempio nel fare calcoli sono ormai da decenni più veloci dell’uomo», ma grazie agli algoritmi sviluppati nel deep learning e nel machine learning sta aumentando la parte di problemi che possono risolvere. Ci muoviamo insomma verso una direzione in cui ci sarà un supporto sempre maggiore da parte della macchine, anche su attività ora impensabili. Adesso sono in grado di riconoscere un oggetto
«Vedo una centralità del dato: dal campo medico a quello sociale, dal business alla mobilità, ci supporteranno in ogni ambito»
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«Gli algoritmi aiuteranno l’uomo in campi ora impensabili. Ad esempio nell’identificare in una TAC la presenza di un tumore, in modo più veloce dell’occhio umano» 40
all’interno di un’immagine e di distinguere ad esempio se in una data figura ci sia un cane o un gatto. Ma c’è ad esempio una fondazione americana che ha messo in palio 1 milione di dollari per creare un modello predittivo in grado di analizzare le radiografie e identificare automaticamente la presenza di tumori ai polmoni, in modo più veloce dell’occhio umano. Aiuteranno quindi le persone a fare valutazioni basate su dati oggettivi». Gli algoritmi però potrebbero aiutare anche a vivere in un mondo migliore dal punto di vista sociale. «Nel campo dell’NLP, cioè del Natural Language Processing, c’è stata una competizione per sviluppare un algoritmo capace di identificare e bloccare in modo automatico, all’interno di un forum, frasi di natura razzista, sessista e omofoba». I numeri quindi potrebbero farci usare meglio le lettere. «Esistono poi algoritmi per predire la possibilità che un certo tipo di cliente, entro dodici mesi, rimanga con la stessa compagnia telefonica o l’abbandoni a favori di un’altra. In questo caso le variabili possono essere legate a caratteristiche del cliente o del suo profilo di utilizzo dei servizi». Tutto è calcolabile, anche
dall’alto. «Le immagini aeree possono mappare la presenza di iceberg al Polo Nord o la diffusione di determinate tipologie di animali su un territorio. L’analisi di immagini satellitari può essere utile nel deep learning nei casi in cui, per fare un altro esempio, un supermercato voglia sapere quanti clienti ha un suo competitor: le auto presenti nel parcheggio del supermercato concorrente possono rivelare quindi l’affluenza». E sempre rimanendo in tema di auto, Danese aggiunge: «Quando parliamo di automobili a guida autono-
A sinistra, Alberto Danese con altri Kaggle Grandmaster da Germania, Russia, India, USA
ma, in effetti parliamo di sensori capaci di individuare oggetti in prossimità la cui registrazione alimenta algoritmi che permettono di prendere decisioni. Nel momento in cui la tecnologia supporta determinata attività, si va anche verso la misurazione della performance. Vedo una centralità del dato, raccolto per alimentare algoritmi nuovi e per misurare le performance degli stessi algoritmi». Viene da chiedersi se anche l’uomo non si sentirà controllato e in dovere di rispondere a standard non-umani.
«Già ora - risponde Danese - nel momento in cui un social mi consiglia persone per me interessanti, sta potenzialmente pilotando le mie conoscenze future. Un rischio dell’intelligenza artificiale applicato all’interazione sociale, è la profezia che si auto-avvera: se un soggetto ha una data propensione, i sistemi lo dirigono su cose e persone sempre più simili e la casualità diminuisce. Ma non penso arriveremo davvero mai a visioni fantascientifiche dell’uomo pilotato dalle macchine». Dopo la vittoria di Kaggle, l'ingegner
Danese ha festeggiato con qualcosa di molto poco tecnologico, «Mi sono concesso una vacanza alle Seychelles». E per gli studenti di oggi ha un consiglio, «Direi loro di seguire il percorso di studi e di capire al contempo come si sta evolvendo il mondo fuori. Dunque un percorso accademico per apprendere le competenze, ma anche un occhio all’esterno. D’altronde - conclude - il Politecnico dà una forma mentis necessaria per acquisire competenze sempre nuove. Qui si impara ad imparare da ogni cosa».
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MADE IN ITALY, IN GIAPPONE di Valerio Millefoglie
«Il bello è oggettivo. Il bello è proporzione» 42
Alessandro Dambrosio vive tra diversi fusi orari: Giappone, Germania, Italia. Da ottobre 2018 è infatti responsabile dello stile di tre studi di Advanced Design Mitsubishi dislocati tra Okasaki, Tokyo e Francoforte. Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Maserati, Volkswagen, Audi sono i brand per cui ha già lavorato; realizzando, fra gli altri, pezzi unici come Lamborghini Egoista, per celebrare il 50° anniversario di Lamborghini, o la visionaria Audi Lunar, un veicolo pensato per essere spedito nello spazio. Ci siamo fatti raccontare come immagina il futuro dell’automotive.
Tsunehiro Kunimoto, Corporate Vice President della Design Division di Mitsubishi Motors, al momento del suo insediamento in Mitsubishi, ha dichiarato: "Non vedo l'ora che ispiri i nostri team a dare forma alla prossima generazione del design Mitsubishi e che contribuisca a ricostruire e migliorare il marchio Mitsubishi Motors mentre puntiamo alla crescita globale”. Come si ispira un team e come si crea una nuova generazione di designer? Un team si ispira con progetti concreti, con passione, con programmazione, con trasparenza, con pro-
Nelle foto in queste pagine: Mitsubishi “Engelberg Tourer” Concept, presentata al Salone di Ginevra 201v9. AUDI Lunar “Quattro”, una Sonda Robot che verrà inviata sulla luna da Audi, sviluppata in collaborazione con Google e già utilizzata nell’ultimo film “Alien”.
L’Alumnus Alessandro Dambrosio è il nuovo Executive Design Director Misubishi Motor Corporation. Un talento italiano, e Politecnico, apprezzato in tutto il mondo ci parla del futuro dell’automotive
fessionalità e precisione, con fiducia nel delegare, con compartecipazione e condivisone delle idee. Che il lavorare in gruppo è indispensabile. Che i risultati si ottengono tutti insieme e con le competenze e il talento di tutti. Una nuova generazione di designer deve prendere coscienza che l’estetica deve andare di pari passo anche con l’etica del progetto. L’auto è un prodotto estremante complesso. Forse dal punto di vista del disegno industriale il più complesso che esista. Dico sempre ai giovani aspiranti di essere umili e di diffidare da chi dice “l’ho fatta io”. E di rendersi conto
ALESSANDRO DAMBROSIO - 45 anni Executive Design Director of Advanced Design di Mitsubishi Motors Alumnus Polimi Architettura
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«Una nuova generazione di designer deve prendere coscienza che l’estetica deve andare di pari passo anche con l’etica del progetto»
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che il talento non basta. C’è sempre e solo da imparare da chi ha più anni di esperienza. Inoltre, allargando il discorso a livello aziendale, oggigiorno “da soli” non si va (quasi) da nessuna parte. Se si deve ad esempio sviluppare una nuova piattaforma, visti i costi sempre più elevati; si cerca di lavorare attraverso sinergie o alleanze tra grandi gruppi. Questo non solo per motivi economici ma anche di know how. A maggior ragione se parliamo di piattaforme elettriche, dove la presenza di pacchi batterie, ne modificano il design e le proporzioni. L’auto elettrica pensa sarà la soluzione definitiva? Direi che al momento è una delle soluzioni sulle quali la gran parte dei costruttori sta lavorando. Certo, ci sarà da ovviare a problemi ecosostenibili anche in questo contesto, ad esempio la dismissione batterie o l’impiego di energia elettrica in fase di carica. In condizioni di utilizzo, ad oggi, certo è che l’auto elettrica garantisce emissioni zero.
Un tempo l’innovazione era la stampa 3D, oggi è prassi. Quale sarà il prossimo 3D? In parte il prossimo passo lo stiamo già vivendo da anni con la realtà virtuale. Prima era solo immaginazione o una suggestione, spesso difficilmente realizzabile. Oggi è realtà a tutti gli effetti. Durante il processo, sia nello studio degli esterni quanto degli interni, ci avvaliamo della realtà virtuale e di occhiali 3D per valutarne tanto il design nel suo insieme, comparando anche tutti i modelli concorrenti e non, quanto nella componente ergonomica. Parlando dei consumatori: se l’auto cambierà, come cambierà la società? Credo che il prodotto stia sempre più diventando un servizio. Con, purtroppo, magari sempre meno trasporto emotivo e più funzionale. In Europa soprattutto, le limitazioni sulle emissioni di CO2 e la chiusura dei centri di molte città, o l’aumento della tassazione legato al consumo del propul-
sore, stanno già portando lentamente verso questo scenario. Ci muoveremo probabilmente anche attraverso l’uso di “autonomous drive”, ma credo che prima di arrivare al pieno uso di tale funzione, passeranno davvero anni. Penso poi che sarà anche la società a cambiare il prodotto: bisogno di connettività a tutti i livelli, miglior sfruttamento dei tempi di trasporto, maggiore qualità della vita a bordo. Anni fa durante un focus group con degli adolescenti sono rimasto allibito: hanno una concezione dell’auto totalmente diversa da quella che avevo io. Difficile trovare oggi un ragazzino con il sogno dell’automobile. Ciò che conta è la connettività, sedersi e arrivare da A a B. Credo, e spero, che la componente emotiva resti. In fin dei conti l’automobile è uno degli oggetti più iconici fin dagli inizi del secolo scorso. Nelle scatole in soffitta troviamo foto di nonni, zii, parenti al fianco di un’automobile. Raramente, con tutto il rispetto, al fianco di una lavatrice.
Il designer crea le tendenze. Deve quindi avere una sensibilità capace di proiettarlo verso il futuro. In questo senso, qual è l’insegnamento ricevuto al Politecnico? La cultura del progetto. Credo che oggi manchi davvero questo tipo di approccio. Culturale appunto. A 360 gradi. Cito Ernesto Nathan Rogers “dal cucchiaio alla città”. Il design viene visto, giudicato e, talvolta, professato, in maniera del tutto superficiale. Progettare e realizzare un oggetto “bello”, producibile in serie, che porti benefici tanto all’azienda in termini di business case quanto al cliente in termini emotivi e funzionali, non è affatto semplice. Il bello è oggettivo. Il bello è proporzione. Cosa le piacerebbe lasciare ai posteri? Un lavoro etico. Professionale. Ben fatto e ben pensato. In definitiva, qualcosa di bello. Come diceva Sottsass: “se qualcosa ci salverà sarà la bellezza”.
«Il futuro lo stiamo già vivendo da anni. Per valutare il design di un prodotto ci avvaliamo della realtà virtuali e degli occhiali 3D»
In queste pagine: Lamborghini Egoista, show car disegnata e realizzata nel 2013 per celebrare il 50° anniversario della Lamborghini. Ispirata al mondo aeronautico e chiamata Egoista perché ha posto per un unico passeggero. Bozzetto della Maserati Grancabrio, presentata nel 2008 ed entrata in produzione l’anno successivo.
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GRAZIA VITTADINI - 49 anni Chief Technology Officer Airbus Alumna Polimi Ingegneria Aeronautica
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IL CIELO (NON) È IL LIMITE L’Alumna Grazia Vittadini è la prima donna a capo della ricerca e sviluppo di Airbus. La più grande ambizione? I voli a emissioni zero: per andare in alto, a basso impatto ambientale di Valerio Millefoglie e Irene Zreick
«Come Chief Technology Officer di Airbus sono responsabile per l’aviazione civile e militare, per lo spazio, dai satelliti agli esperimenti in orbita, per la connettività terra-aria, per la comunicazione cosiddetta “radar”, per i droni, gli elicotteri…», e l’elenco continua in tante declinazioni della parola “volare”. L’Alumna Grazia Vittadini, entrata in carica nel 2018, è la prima donna a ricoprire il ruolo di Chief Technology Officer in Airbus, il secondo colosso nel mondo dell’industria aeronautica e aerospaziale. Nel suo caso, il modo di dire “Sky’s the limit”, il cielo è il limite, non è del tutto vero. «L’aviazione e lo spazio sono sempre stati un terreno sul quale forzare i limiti del possibile, o, almeno, di quello che sembra possibile», afferma Vittadini, alla quale chiediamo: come voleremo nel futuro? «Partiamo da come volavamo nel passato - dice - Cinquant’anni fa un manipolo di pionieri era convinto di poter volare sull’o-
ceano con soli due motori. L’idea allora fu ritenuta bizzarra, da alcuni irrealizzabile. La storia e la tecnologia, invece, diedero ragione ai pionieri: quell’aereo era l’A300, e rappresenta la nascita di Airbus. Oggi il mio ruolo potrebbe essere anche raccontato così, sono responsabile per la visione, per il futuro. Il mio compito è quello di monitorare tutte le tecnologie emergenti al mondo e intuire quali sono quelle che potrebbero essere applicate all’aviazione. Anche grazie alla collaborazione di istituzioni, startup, università, altre imprese. Un’azienda che vuole fare innovazione a questi livelli non lavora da sola, fa parte di un sistema».
EMISSIONI ZERO «La richiesta in termini di trasporto aereo cresce a un ritmo pari al doppio della crescita economica globale. Sappiamo che ogni quindici anni il
numero di passeggeri a livello mondiale raddoppia. Ne consegue che fra una quindicina d’anni avremo cinquantamila aeroplani in volo ogni anno. La crescita naturalmente è un’ottima notizia. La domanda che dobbiamo porci, e che è il filo conduttore che accompagna lo sviluppo di tutte le nostre tecnologie, è la seguente: come ci assicuriamo che questa crescita sia sostenibile?». L’obiettivo a lunga scadenza è il volo a emissioni zero: «non esiste ancora una singola tecnologia che permetterà di volare a emissioni zero nel breve termine. Abbiamo però un set di tecnologie che, combinate, permetteranno una rivoluzione dal punto di vista dei consumi e delle emissioni, penso ad esempio alla propulsione elettrica ibrida. L’industria aeronautica è responsabile del 2% delle emissioni industriali mondiali. A livello di emissioni di anidride carbonica puntiamo per il 2050 a una riduzione del 75% ri-
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spetto ai livelli del 2020». Non è però l’unica meta. «Più traffico aereo significa anche più aeroporti, che stanno diventando sempre più parte integrante del tessuto urbano: questo si traduce in inquinamento acustico. Vogliamo ridurre il carico di rumore del 75%». E la rete, ormai parte integrante della vita, detta il passo di prossime innovazioni. «Connettività, digitale, A.I. sono punti cardine della roadmap per la mobilità del futuro, a partire dal monitoraggio dei dati per la manutenzione in tempo reale per finire al volo autonomo. Inoltre, le prospettive di vendita implicheranno il passaggio da un’industria manifatturiera alla produzione di massa. Anche questa è rivoluzione”. La crescita della mobilità aerea rivoluzionerà a sua volta il paesaggio, le abitudini delle persone e le città. Vien da chiedersi in che modo le nuove tecnologie influiranno sulla vita delle persone. «Le tecnologie del futuro sono già qui. I cosiddetti taxi volanti sono già una realtà. Quello che non esiste ancora è l’unmanned traffic management, cioè regole del traffico aereo in grado
di sostenere un traffico di 50 mila aeromobili in volo contemporaneamente, o quasi, autonomi e non. E bisogna rassicurare le persone facendo loro capire che non ci sono rischi».
TELE DI RAGNO, TELETRASPORTO E ALTRI SUPERPOTERI «Gli obiettivi di sostenibilità ci chiedono di trovare alternative ai derivati del carbonio e del cromo per la costruzione dei velivoli - spiega Vittadini – materiali più leggeri, per la riduzione dei consumi, e con una carbon print più bassa. C’è un progetto al quale guardiamo con grande interesse: la tela del ragno, da cui si ricava uno dei materiali più leggeri e resistenti al mondo. Problema: i ragni sono cannibali, non possono essere allevati. Cloniamo il loro DNA, che ci permette di estrarre artificialmente le fibre di tela che viene studiata per rimpiazzare le fibre di carbonio. Ma è solo uno dei tanti progetti in corso di sperimentazione». Un altro trend è quello del velivolo autonomo. Un giorno non lontano po-
tremmo volare senza pilota da Milano a New York, ma anche prendere un taxi aereo autonomo per andare al lavoro. Le tecnologie ci sono già, o siamo molto vicini. Ma il cambiamento tecnologico precede il cambiamento culturale. Chiediamo a Grazia Vittadini come si immagina l’introduzione di queste nuove tecnologie nella vita delle persone. «Erich Schultz di Google ha affermato che, quando i passeggeri salgono per la prima volta su un veicolo a guida autonoma, sono terrorizzati; ma bastano venti minuti affinché si ambientino. Dopo poco, li vedi con lo sguardo sullo smartphone. Il tempo che separa il terrore per la novità dalla noia è di venti minuti. E la storia è piena di questi esempi: due secoli fa c’era chi sosteneva che i treni dovessero correre riparati da tunnel perché il cervello umano non poteva reggere la vista di un oggetto in moto perpetuo, in Inghilterra all’uscita delle prime macchine c’era chi proponeva di farle precedere sempre da un uomo a piedi con una bandiera sventolante. Anche le menti più geniali vengono sorpassate dal progresso tecno-
«L’obiettivo è creare un terreno fertile in grado di produrre ed esportare competenze e tecnologia uniche e che permetta lo sviluppo e la crescita di nuove professionalità. Dare ai giovani spazi in Italia all’interno dei quali esercitare le proprie competenze, assumersi Airbus ha annunciato il suo progettodelle responsabilità e crescere “Blueprint for the Sky” in settembre 2018, delineando una roadmap per l’integrazione come eccellenti professionisti di velivoli autonomi nei sistemi di gestione del traffico aereo è una nostra responsabilità»
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logico. Ci abitueremo, una volta che le certificazioni di sicurezza ci avranno dimostrato che i rischi non sono maggiori di quelli che accettiamo oggi». Nella roadmap di Airbus c’è anche il teletrasporto. Forse non abbiamo capito bene. «Non escludiamo nulla in un futuro lontano, ma in realtà per ora parliamo di “telepresenza”. Si tratta di una tecnologia che arriva dall’industria del gaming, una realtà virtuale immersiva completa. Una delle applicazioni potrebbe essere il mondo del lavoro, le riunioni potranno svolgersi in maniera virtuale, ma con un livello di interazione ben più avanzato degli attuali sistemi di videoconferenza. Il passo successivo, che stiamo monitorando e che potrebbe avere uno sviluppo nella nostra industria, è quello di avatar robot manovrati a distanza da essere umani. Vedremo con gli occhi dei robot, ma riusciremo ad avere anche esperienze tattili. Il controllo e l’esperienza saranno un giorno indistinguibili da quelli “reali”. Immaginiamo così che invece di inviare squadre di operatori tec-
nici specializzati in giro per il mondo, i tecnici si collegheranno in remoto. In ambito spaziale pensiamo alle missioni interplanetarie: l’idea di spedire su Marte una crew umana per venti anni, in un viaggio senza ritorno, è eticamente discutibile. Diventa accettabile se al posto degli uomini vengono inviati dei robot». Tornando con i piedi per terra, pensando a chi ora è studente, ecco il consiglio che darebbe Vittadini. «Io non sono stata un bell’esempio di studente dal punto di vista canonico. Non sono mai stata la migliore della mia classe, in parallelo avevo i miei studi al conservatorio, la danza classica, le motociclette. Mi sono laureata fuori corso. Non voglio dirvi di fare come me, ma ricordatevi che ci sono altre cose oltre allo studio. Esporsi a stimoli diversi, dall’arte alla musica, può aiutare: ce lo dimostra l’ideale di ingegneria di Leonardo da Vinci, che dà il nome al campus cuore del nostro Poli».
«Sostenibilità significa anche trovare alternative ai derivati del carbonio: come la tela del ragno da cui si ricava uno dei materiali già leggeri e resistenti al mondo»
Vahana, il dimostratore autonomo eVTOL di Airbus, che ha effettuato il suo primo volo il 31 gennaio 2018
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di Elisabetta Limone 50
SAN RAFFAELE: L’OSPEDALE CHE TI SEGUE, A CASA È stata posata la prima pietra del nuovo polo chirurgico e delle emergenze dell’ospedale San Raffaele di Milano. Una torre ecosostenibile a forma di iceberg: sette piani hi-tech che delineeranno una nova geografia della cura. Ne abbiamo parlato con Elena Bottinelli «L’ospedale del futuro sarà la sintesi di più ospedali», afferma Elena Bottinelli, amministratore delegato dell’ospedale San Raffaele e dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. Entrambe le strutture si stanno rinnovando, la prima sarà pronta nel 2020 con il nuovo polo chirurgico e delle urgenze, chiamato “iceberg” e la seconda tra il 2021 e il 2022. Dal suo ufficio, con vista su una gru, che sta lavorando al nuovo polo, Bottinelli mostra una slide sull’ospedale del futuro. Si legge: “Coniugare l’innovazione tecnologica con la centralità del paziente. Presa in carico del paziente nell’intero percorso diagnostico terapeutico”. Approfondisce i concetti spiegando: «L’ospedale non sarà più solo il luogo della cura perché sempre di più si occuperà del paziente anche fuori dalle sue mura, attraverso il monito-
«L’ospedale del futuro sarà la sintesi di più ospedali. E si prenderà cura del paziente a 360°» 51
«Ho studiato per gestire problemi complessi. Un grande clinico si concentra sul paziente. Da ingegnere devo costruirgli intorno una macchina-edificio in grado di sostenerlo» ELENA BOTTINELLI - 53 anni Amministratore delegato IRCCS Ospedale San Raffaele e IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi Alumna Polimi Ingegneria Elettronica
raggio a casa, sul territorio, una volta conclusa la fase acuta. Ovunque la persona si trovi, sarà comunque monitorata dai nostri specialisti, che gestiranno i suoi dati seguendo il protocollo di prevenzione e controllo anche nel lungo periodo, attraverso dispositivi di telemedicina wearable». Braccialetti, orologi, fasce e maglie con sensori attivi 24 ore su 24, in grado di memorizzare e inviare all’ospedale i parametri vitali, dal battito cardiaco alla frequenza respiratoria, sino alla saturazione dell’ossigeno. «Talvolta accade che al momento della dimissione i pazienti non si sentano sicuri. Creare quindi un rapporto di continuità e di fiducia attraverso la telemedicina è importante perché agevola il percorso di guarigione evitando che il paziente ricorra all’ospedale quando non è necessario». La cartella clinica che si sposta con il paziente oggi è in grado di tracciare i suoi spostamenti all’interno dell’ospedale. «Ciò avviene già all’ospedale Galeazzi, dove nei vari ambienti sono posizionati dei gate che comunicano con la cartella clinica del paziente, in questo modo è possibile sapere quando è arrivato in ospedale, in che punto esatto si trova in un dato momento, quando fa l’ingresso in reparto, quando è in sala operatoria, quando è fuori dalla sala operatoria, se è stato risvegliato o se sta tornando in camera. Ciò va a incidere su uno dei temi fon-
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damentali: l’ottimizzazione dei tempi e delle risorse, favorendo la comunicazione rapida tra reparti e blocchi operatori. Il passo successivo è stato estendere questa velocità di comunicazione anche ai familiari, quando ad esempio sono in attesa di sapere se l’intervento del loro congiunto è terminato: se non sanno quanto tempo manca alla fine dell’intervento si rivolgono continuamente al personale infermieristico, interrompendo la loro attività. Le informazioni arrivano attraverso un’App direttamente sul telefono del familiare. Poter avere aggiornamenti in tempo reale circa la durata di un intervento, è importante per la serenità dei familiari. Un’altra slide della presentazione di
Elena Bottinelli titola: “Ospedale robotizzato”. «I robot agiranno laddove possono semplificare e migliorare i processi, affiancando la competenza umana. Il grosso delle movimentazioni verrà fatto con questi strumenti, che si potranno utilizzare ad esempio in magazzino e in farmacia, per lo stoccaggio delle merci e per il ciclo della sterilizzazione. I pasti potranno essere portati ai vari piani grazie a carrelli robotizzati, e poi distribuiti dal personale». Il fattore Politecnico è insito in questa trasformazione: «Ho studiato per gestire problemi complessi e trovare le soluzioni migliori, in questo caso da mettere a disposizione dei clinici e dei pazienti. Un grande clinico si concentra
sulla cura e sul rapporto con il paziente, noi abbiamo il compito di mettergli a disposizione una macchina che funziona. E per un ingegnere, votato alla sanità, ciò significa realizzare un sistema che sia in grado di sostenere il lavoro di tutto il personale». Tornando al nuovo polo del San Raffaele, Elena Bottinelli aggiunge: «Vi era l’esigenza di creare una sola area dedicata unicamente alle urgenze e alla chirurgia, che devono essere strettamente collegate». L’edificazione del nuovo polo è già partita: “il piano meno due è quello dedicato alla logistica e alla sterilizzazione centralizzata per tutto l’ospedale, men-
tre Il piano meno uno sarà dedicato all’ attività chirurgica e di Emergenza, il piano zero sarà occupato dal pronto soccorso. Al primo piano la terapia intensiva centralizzata e la terapia intensiva di neurochirurgia. Dal secondo al settimo, i piani di degenza”. E a questo punto, viene da porre un’ultima domanda: in futuro si soffrirà meno? «O si soffrirà in modo diverso», conclude Bottinelli.
«Se un domani si soffrirà meno? Forse si soffrirà in modo diverso» In queste pagine: immagini della posa della prima pietra del nuovo polo chirurgico e delle emergenze dell’ospedale San Raffaele di Milano, i render e le bozze del progetto di Mario Cucinella
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Ricoperti nel 1929 per dare spazio a strade e auto, oggi i Navigli sono pronti a riemergere. Un progetto Politecnico in cui il tracciato di fine ‘800 dona alla città un nuovo flusso lento, per unire periferie e centro
I NAVIGLI DEL DOMANI di Valerio Millefoglie
«Siamo all’origine della storia», dice l’architetto e coordinatore del Comitato Scientifico per la riapertura dei Navigli Antonello Boatti. Indica un albero che ha le sue radici nella Conca dell’Incoronata, zona Garibaldi a Milano, e aggiunge: «Questo è l’ultimo tratto riconoscibile del Naviglio della Martesana, risale alla fine del 1400. Qui scorreva l’acqua, si vedono ancora le sponde fatte all’epoca con il ceppo che si trova sull’Adda. Ed è proprio qui, dove ci sono ancora i portoni originali, che riprenderà a correre il Naviglio». Vedendo un vigile in bicicletta che si immette nel piccolo tunnel sotto il ponte delle Gabelle, Boatti continua a lavorare di un’immaginazione razionale, di cose non lontane a essere realizzate e spiega: «Dove passa ora quel vigile ci saranno un passaggio pedonale e una pista ciclabile sopraelevata, che grazie a palafitte a scomparsa sull’acqua, rientrerà nei margini per fare spazio alle imbarcazioni». Il progetto prevede la realizzazione
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di dieci conche, di queste ne faranno parte cinque storiche che verranno restaurate o ricostruire, più altre cinque costruite ex novo. Nel saggio "I nuovi Navigli milanesi - Storia per il futuro", Boatti scrive che il progetto porterà “una nuova forma di vivibilità urbana in parti di città costruite nel tempo più come assi viari che come veri quartieri, ad esempio via Melchiorre Gioia. E porterà con sé anche la valorizzazione del nucleo di antica formazione, come la Cerchia interna, rilanciando luoghi storici, monumentali e del paesaggio urbano. E infine decreterà il ritorno alla Darsena come collegamento e apertura della città allo scenario metropolitano”. «A chi mi chiede se è un progetto nostalgico rispondo che è un progetto da contemporanei. Questo perché è realizzato da uomini contemporanei, con materiali contemporanei. Naturalmente se ci sono cartoline d’epoca come la conca di San Marco il nostro intento è di valorizzarle, ma l’idea è di guarda-
«Non è un progetto nostalgico. È un progetto da contemporanei e sogno che un giorno i cittadini potranno dire fieri: io c’ero quando è stata fatta quest’opera!»
Nelle immagini in queste pagine: il render della conca di San Marco con la riapertura dei Navigli, a seguire la conca di San Marco oggi e il render di uno dei laghetti
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re a un’urbanistica capace di ricucire la trama centro-periferia. Inoltre mi piace pensare che sarà un segno indentitario per i nuovi milanesi, di tutte le etnie. Immagino una Milano multietnica che si possa riconoscere in quest’opera, e che un giorno potrà dire “Io c’ero quando è stato fatto tutto questo”». Il primo tratto interessato alla riapertura sarà quello di via Melchiorre Gioia, «una passeggiata sull’acqua dove pensiamo di ricavare spazi per negozi e servizi. Sarà un luogo che prenderà vitalità. Penso a un sistema di attività miste come librerie, gallerie d’arte ma anche negozi normali con la tendenza a rimanere aperti di sera, cercando di governare la movida». L’avvio dei lavori è previsto per il 2020 e, per la realizzazione totale di tutte e dieci le conche, il comitato ipotizza poi dagli otto ai dieci anni. «Questa è un’opera che taglia tutta la città, che la ripensa. Otto chilometri che la trasformano. Guardiamo all’episodio della Darsena e a quanto l’acqua serva da catalizzatore. L’architetto Marco Comolli nel suo libro "La cancellazione dei Navigli", dice che quando una persona passa lungo un corso d’acqua pensa a tre cose: per primo cammina e pensa a non inciampare. Poi pensa a dove si sta recando, a un appuntamento con un amico, al lavoro. Terzo, una parte del cervello lo spinge a chiedersi dove sia diretto
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«Per un anno ci siamo riuniti alla Nave. Si può dire che questo sia un progetto Politecnico»
ANTONELLO BOATTI - 71 anni Professore Associato di Urbanistica, Politecnico di Milano Coordinatore Comitato Scientifico per la riapertura dei Navigli Alumnus Polimi Architettura
il corso d’acqua». E in effetti nel libro Comolli scrive: “Una via cittadina ha una sua doppia dimensione e funzione: non può essere solo un luogo di razionali spostamenti, ma va considerata anche come luogo irrazionale di sentimenti e umano vagabondare. I Navigli, in questo senso, non erano certo da meno: via di comunicazione e trasporto, erano al tempo stesso una via adatta a passeggiate persone e a fantasticherie. In epoche precedenti questa doppia dimensione era sempre raggiunta con naturalezza, oggi non sembra esserlo più”. L’idea di Boatti è proprio quella di riportare questo doppio senso di marcia. «Milano è una città dinamica, metropolitana, ma vogliamo che sia capace anche di darsi un movimento lento». Non si è insomma
solo pedoni ma anche camminatori, esploratori di sé: «Immagino una città in cui corro ma se voglio posso anche fermarmi. Ho un’ora in più, invece di prendere la metropolitana prendo la barca e mi godo il tragitto in una dimensione più umana. Una città capace di essere lenta e veloce allo stesso tempo. Le città che funzionano sono così. Per anni ho portato gli studenti a Lisbona, a Barcellona, dicendo “Guardate cosa hanno fatto qui”. Ecco, vorrei che in futuro si dicesse “Guarda cosa hanno fatto a Milano, hanno riaperto i Navigli, passaparola”».
le, Antonello Boatti conclude: «Sarà un cambiamento epocale: Milano vista dall’acqua. Acqua che tornerà a bagnare anche il sud agricolo della città». Ci stanno bene le parole di Raffaele Calzini, scrittore e critico d’arte dei primi del ‘900, che descriveva come durante la navigazione sui Navigli: “nascevano amicizie, si abbozzavano mercati, matrimoni, partite di caccia, di pesca, sfide alla morra e a tarocchi. La navigazione si svolgeva la più tranquilla che si possa immaginare, liscia, radendo le rive: pareva di navigare in mezzo ai prati”.
La genesi del progetto ha luogo al Politecnico di Milano, «Penso di lavorarci ormai da venti anni e tutto è cominciato grazie a un gruppo di studenti che mi propose di fare una tesi sulla riapertura dei Navigli.». Molto tempo dopo il comune affida lo studio di fattibilità a Boatti e a un gruppo di professionisti e di docenti del Politecnico. «Abbiamo lavorato a titolo gratuito. Per un anno ci siamo dati appuntamento ogni quindici giorni, tutti i mercoledì, alla Nave del Politecnico. Si può dire che è a tutti gli effetti un progetto trans-disciplinare e un progetto Politecnico. Gli economisti ascoltavano gli idraulici, gli architetti ascoltavano gli ingegneri, cosa rara e improbabile, e gli ingegneri ascoltavano gli architetti, altra cosa rara e improbabile». Affacciandosi dal ponte delle Gabel-
L’avvio dei lavori è previsto per il 2020 e, per la realizzazione totale di tutte e dieci le conche, il comitato ipotizza una durata tra gli otto e i dieci anni 57
AEROPORTO M DESTINAZIONE 2027 Leonardo Cavalli e Giulio De Carli, due alumni che si sono conosciuti al Poli, sono i fondatori di One Works: il primo studio di architettura in Italia per fatturato. Il nuovo aeroporto di Venezia è firmato da loro. A MAP hanno raccontato orizzonti futuri 58
MARCO POLO: di Giuseppe Tumino Foto di Alessandra Chemollo
Un aereo sorvola Venezia. La voce del capitano annuncia la discesa. Dall’alto i passeggeri cercano con lo sguardo l’aeroporto Marco Polo e trovano un arsenale, un cantiere navale da cui si spicca il volo o si atterra. «È molto facile vedere aeroporti che somigliano a degli aerei. Normalmente stanno male sul territorio», dice l’alumnus Giulio De Carli, che insieme a Leonardo Cavalli ha firmato il progetto dell’aeroporto, definito secondo il Corriere della sera “uno dei più belli e tecnologici del mondo”. De Carli lo spiega così: «Direi che il tratto più armonico del nostro
progetto è il fatto che ricordi un’architettura tipica lagunare, è un terminal aeroportuale che assomiglia a un edificio». De Carli e Cavalli si sono conosciuti al Poli nel 1983, al corso di composizione architettonica del Prof. Pierluigi Nicolin, e continuano ancora oggi a condividere scrivanie e progetti: sono infatti in fondatori di One Works, il primo studio di architettura in Italia per fatturato. E anche i numeri del Marco Polo sono alti: una volta completato l’aeroporto accoglierà più di 15 milioni di passeggeri l’anno, su una superficie complessiva di oltre 180.000 mq, un la-
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voro iniziato nel 2013, che ha visto concludersi la prima fase nel 2017 e verrà completato nel 2027, con l’estensione del terminal esistente che ne farà triplicare la superficie. «Quando si pianificano e si disegnano aeroporti, lo si fa per un passeggero che arriverà», racconta De Carli, «Un passeggero che fra l’altro giungerà da altri aeroporti del mondo che sono stati a loro volta pianificati tempo addietro. Questo spazio risponde alle esigenze del passeggero di oggi ma anche di quello del domani». Il passeggero di oggi all’aeroporto Marco Polo può
Vedute del nuovo Aeroporto Marco Polo di Venezia
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camminare per gli 11.000 mq della galleria coperta, un vero e proprio spazio urbano che introduce al terminal, circondato da un ambiente che rispetta la tradizione: una struttura a più livelli, dalla copertura e facciata in vetro con vista su un parco e sullo skyline della città, il cielo che si rispecchia in una fontana d’acqua, e poi attività commerciali per tutti, bar, farmacie, negozi. Un luogo dove non ci si reca solo per partire o per tornare, spiegano i due progettisti. Un’infrastruttura specializzata che si presenta come spazio pubblico e urbano. E proprio questa galleria, in futuro, diverrà punto centrale dove si
incontreranno altri trasporti, una people mover che la collegherà alla nuova stazione del treno. Chi sarà quindi il passeggero del domani? «Sarà sicuramente diverso da quello che vediamo oggi», risponde De Carli. «Disporremo di meno impicci legati alla sicurezza e alla gestione dei bagagli, grazie a nuove tecnologie. Tutto avverrà sempre più attraverso l’uso di dispositivi mobili, non ci sarà bisogno di accodarsi e avremo più punti raccolta dei bagagli, che il passeggero gestirà in autonomia, senza l’ausilio del personale». E ciò porta a un altro punto, «il passeggero avrà più tempo per fare altro. E non è
GIULIO DE CARLI - 57 anni Founder & Managing Partner One Works Alumnus Polimi Architettura
LEONARDO CAVALLI - 57 anni Founder & Managing Partner One Works Alumnus Polimi Architettura
detto che siano cose che facciamo oggi come camminare per i duty-free o per i negozi, perché si sta sempre più sviluppando una forma di commercio basata sui dispositivi mobili. Magari ci saranno luoghi dove ritirare pacchi o altro tipo di corrispondenza e questo darà ancora più tempo per sostare in aeroporto, andando a cambiare la formula degli spazi: meno metri quadri per il commercio tradizionale ma un’offerta anche più intensa di servizi al passeggero e promozione commerciale fatta attraverso i display». Leonardo Cavalli prende la parola: «Non credo che oggi si abbia una visio-
ne chiara di quel che sarà. Sarà probabilmente diverso. In tante aree ci sono una serie di sperimentazioni che non è detto approdino da qualche parte. Ciò che notiamo negli aeroporti, nelle stazioni ma anche negli altri luoghi di assembramento è una forma di ibridazione delle funzioni. È pensabile che in questi luoghi possa sempre di più svilupparsi il lavoro da remoto; dunque sfruttando proprio la disponibilità di tempo e associando a questi grandi spazi il tema del co-working. Cosa che peraltro avviene già all’aeroporto di Amsterdam, dove pensano di ampliare il tema della piazza urbana, e che pren-
«L’aeroporto Marco Polo risponde alle esigenze del passeggero di oggi ma anche di quello del domani»
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«A Singapore ho chiesto a un responsabile del settore ricerca smart cities: tutto ciò che mi stai mostrando che città genererà? Mi ha risposto: forse una città uguale a quella di oggi» 62
de piede anche in altri contesti: palazzi, uffici in cui accanto agli spazi canonici se ne sviluppano altri, con diverse funzioni». De Carli dice: «Confermo, ci sarà una forma di ibridazione, il commercio sarà più ancillare e troverà la sua vera forza tornando a essere una contorno fondamentale della vita delle persone. Quando si parla ad esempio di smart cities non si parla di qualcosa che avverrà con una forma tanto diversa da quella che viviamo tutti i giorni». Cavalli aggiunge: «In fondo è ciò che hanno sempre fatto le città storiche, dove la combinazione delle funzioni, e anche la loro relativa indipendenza dalla forma, hanno permesso che potessero resistere nel tempo». Insomma, luoghi matrioska, mattoni come puzzle, meccanismi a incastro, capaci di cambiare forma a seconda dei tempi e dei mutamenti della vita delle persone. «I tempi della tecnologia,
difatti legati anche ai comportamenti della vita, e il tempo della costruzione sono così diversi che è difficile che ci sia relazione diretta fra le cose. È però necessario che, in una qualche forma, uno sappia contenere l’altro. Nell’imperfezione sta forse la soluzione per tenere insieme le cose». A parlare è Cavalli, che cita un incontro in qualche modo rivelatore: «A Singapore ho chiesto a un responsabile del settore ricerca smart cities: ma tutto ciò che mi stai mostrando che città genererà? Mi ha risposto: forse una città uguale a quella di oggi. L’ho trovata una risposta interessante perché separa il tema della forma dal tema della tecnologia. Una città uguale ma diversa poi nell’uso. Siamo sicuri che gli spazi di lavoro necessitino di torri di cinquanta piani come ora? Persino qualche immobiliarista non ne è più così sicuro». Viene dunque da chiedersi come si lavorerà nel futuro. De Carli e Cavalli pro-
vano a spiegarlo con la cartina tornasole del presente: «Da sempre si dice che la videoconferenza ridurrà gli spostamenti. In realtà tanto cresce l’utilizzo del video, tanto gli spostamenti. Noi lavoriamo moltissimo usando Skype for business, ma tutto questo genera nuove opportunità di contatto che poi diventano viaggi, e che prima avvenivano in forma più sporadica. La filiera del nostro mestiere era limitata e circoscritta a un territorio più piccolo. Noi oggi generiamo più biglietti aerei nonostante i mezzi di comunicazione siano più potenti». Per raccontare il futuro, tornano al passato. «Senza nulla togliere al momento dell’illuminazione e della concezione della matita che traccia l’idea sul foglio, il tempo ci ha dato ragione del pensiero fatto anni fa; ovvero creare, rispetto alla tradizionale bottega di architetto, uno studio basato sull’integrazione multidisciplinare, dalla pianificazione, all’architettura,
all’ingegneria». Si sofferma un attimo a pensare, poi dice: «Mi ha sempre colpito la distanza d’impegno che c’è fra progettare un automobile e un edificio, perché una casa, un palazzo o una torre sono fatti in modo più rudimentale. Ecco, oggi servono competenze più sofisticate e progettare un edificio assomiglia sempre di più a fare un automobile». E progettare, forse, assomiglierà sempre più alla condivisione. Come quando durante gli anni di studi al Politecnico, Cavalli vide nel progetto di De Carli un’idea più forte della sua e propose di lavorarci insieme. «Il progetto è anche un’attività collettiva» racconta Cavalli, «non è l’espressione di una sola persona, e questo per diverse ragioni: perché ha a che fare con una moltitudine di gente, ha sempre necessità d’interferire con la realtà. Ecco, la mia prima lezione di realtà è stata dire: dai, facciamolo insieme».
«Negli aeroporti, nelle stazioni, ma anche negli altri luoghi di assembramento, avremo una forma di ibridazione delle funzioni»
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SONDA BEPICOLOMBO, IN VIAGGIO PER MERCURIO. STORIA DI UNA COSTELLAZIONE POLITECNICA di Valerio Millefoglie
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Lanciata lo scorso ottobre, la sonda è diretta al pianeta più vicino al Sole. L’Alumnus Gianluca Aranci ci racconta questa sfida tecnologica, partita dal Poli con una startup sorta negli anni ’50…
GIANLUCA ARANCI - 55 anni Head of Computer Products, Thales Alenia Space Italia Alumnus Polimi Ingegneria
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Nel momento in cui scriviamo questo articolo la sonda BepiColombo si trova a 42,4 milioni di km dalla Terra e a 135,5 milioni di km dal Sole. In questa posizione, un comando inviato da Terra impiega 141 secondi a raggiungerla (quando arriverà a destinazione, questo tempo sarà molto più lungo). La sonda viaggia tranquillamente in configurazione da crociera. La strumentazione scientifica è spenta, la propulsione elettrica è attiva. Della sua lunghissima navigazione ha percorso una piccolissima parte: sorvolerà ancora la Terra, sorvolerà Venere e, si prevede, il 5 dicembre del 2025 farà il suo arrivo ed ingresso in orbita attorno a Mercurio. A fine missione, nel 2028, avrà studiato a fondo diversi aspetti di Mercurio. L’alumnus Gianluca Aranci, Head of Computer Products di Thales Alenia Space in Italia, azienda che ha concepito, progettato e realizzato i tre computer di bordo che guidano e gestiscono la sonda, spiega: «La missione sarà dedicata all'esplorazione completa del pianeta e del relativo ambiente. Sarà volta a comprendere come si sviluppa un corpo celeste nella parte più calda della nebulosa solare; si studierà inoltre la magnetosfera e verranno fatte le relative comparazioni con quella terrestre». La sfida tecnologica è stata quella di realizzare un modulo spaziale ricco di apparati scientifici e dotato di scudi per resistere ai 430 gradi centigradi. «L’estrema vicinanza al Sole - continua Aranci - comporta la presenza di un campo gravitazionale di elevata intensità che permetterà di eseguire delle misure determinanti per la conferma della Teoria della Relatività Generale di Einstein. A questa misura contribuirà lo strumento ISA (alla cui realizzazione ha partecipato Thales Alenia Space, JV Thales 67% e Leonardo 33%), permettendo di discriminare, dalla misura delle accelerazioni, i contributi non gravitazionali». Aranci e il suo team hanno iniziato a lavorarci nel 2008. «L’On Board Computer che abbiamo realizzato gestisce i dati della piattaforma, deve identificare in modo estremamente veloce gli eventuali guasti o errori che possono avvenire sul satellite, e a seconda della gerarchia del livello del problema deve intervenire in modo altrettanto veloce per risolverlo. Da terra è impossibile farlo, si pensi solo che quando la sonda orbiterà vicino a Mercurio le comunicazioni richiederanno 7 minuti per ricevere il segnale sulla terra e 7 minuti per inviare il comando.
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Inoltre ci sono lunghi periodi in cui non riusciamo a vedere il satellite, quindi il computer deve agire per conto nostro: dal riavviare il software a sostituire elettronicamente certe parti. Diciamo che è stata l'avventura più interessante della mia mezza età».
«La missione studierà come si sviluppa un corpo celeste nella parte più calda della nebulosa solare»
Fasi di integrazione della sonda MPO (Mercury Planetary Orbit) durante le verifiche di allineamento, nella Camera Pulita dello stabilimento Thales Alenia Space Italia di Torino Copyright: spacecraft: ESA/ATG medialab; Mercury: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington
EMILIO GATTI E LA SUA STARTUP D’EPOCA In tutto questo lavoro, oltre all’alumnus Aranci, c’è anche un’altra e profonda origine Politecnica. Un’origine che prende il nome di Emilio Gatti, storico professore del Politecnico e pioniere della strumentazione elettronica per la fisica atomica e nucleare. «Aveva una mentalità attenta al dettaglio, al trovare le radici delle cose e sapeva trasmetterla agli studenti. Ringrazio il mio passato politecnico per avermelo fatto incontrare, ebbi infatti l’onore di frequentare il suo corso di Elettronica Applicata nel 1986». La storia ci dice che molti anni prima, nel 1958, in via Bassini, proprio al di là della strada del Politecnico, Gatti co-fondò la LABEN, una piccola azienda per produrre sofisticata strumentazione elettronica a supporto delle ricerche nucleari. Oggi la definiremmo una startup. Fu uno dei primi tentativi di fondare un’azienda che provvedesse all’aspetto industriale delle necessità dei laboratori in cui, ai tempi, si studiava l’energia nucleare». Negli anni la LABEN cambia nome, proprietà, entra nel business spaziale e nel 2013 si trasferisce proprio dove incontriamo Aranci: a Gorgonzola, pro-
vincia di Milano, incorporata in Thales Alenia Space. «Ancora oggi questo è un luogo creativo per decine di ingegneri del Poli: elettronici, nucleari, spaziali e meccanici. Possiamo dire che è fatta da menti politecniche».
«Nel 1958 il professor Gatti co-fondò la LABEN, specializzata in ricerche nucleari e poi in ambito spaziale. Oggi la definiremmo una startup» 67
«L’Europa con BepiColombo dimostrerà di saper fare cose molto difficili. E l’uomo, se si applica, è fatto per imprese difficili e belle»
C’È VITA NELLO SPAZIO. LA NOSTRA Nei corridoi della sede di Thales Alenia Space c’è un poster che raffigura quattro ragazzi di spalle: sono nell’ombra della sera, ritratti mentre saltano, sospesi a mezz’aria con lo sguardo diretto al cielo dove brilla una cometa. Il testo recita: Space for life. Crediamo nello spazio come nuovo orizzonte dell’umanità per costruire una vita sulla Terra migliore e sostenibile. «Cerchiamo di andare al di là del semplice lavoro quotidiano, dando a ciò che facciamo un senso più ampio; è bello pensare di
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contribuire a un mondo migliore. Nello spazio si possono fare tante cose che non si possono fare a Terra. L’assenza di peso è uno strumento non invasivo che permette di studiare alcuni aspetti delle funzioni cellulari ed è una condizione essenziale per capire meglio i processi biologici e fisiologici, con applicazioni importanti nello sviluppo di nuovi medicinali e per l’ingegneria dei tessuti biologici». Con una licenza poetica e di fantasia, ma anche con un pizzico di razionalità dovuta a chi conosce i progressi scientifici, Aranci ipotizza che ci sarà vita su
Marte. E non sarà una vita aliena, sarà la vita nostra, dell’uomo che riuscirà a insediarsi. «Penso spesso alle parole di Kennedy, quando spiegò il motivo del viaggio sulla luna dell’uomo. Disse “Facciamo queste cose non perché sono facili ma perché sono difficili”. Questo pensiero dovrebbe infonderci coraggio e forza, perché ci fa comprendere che l’uomo, applicandosi in modo rigoroso, può compiere imprese difficile e belle. Andare su Mercurio non è facile», avverte Aranci, «per ora solo gli Stati Uniti ci sono arrivati con il Mariner 10 negli anni ’70 e con Messenger nella prima decade degli anni 2000. L’Europa con BepiColombo dimostrerà di saper fare cose molto difficili, raggiungendo Mercurio tra l’altro utilizzando anche un propulsore elettrico». E in questo racconto, in bilico fra spazi e tempi diversi, vogliamo citare un aneddoto raccontato proprio da Emilio Gatti in una vecchia intervista: “Le trasmissioni di elettricità e radio erano le mie materie preferite. Quando ero un bambino, mio padre, per farmi lavorare in sicurezza con l'elettricità, aveva installato un trasformatore sul soffitto della mia stanza per ridurre la tensione dai 125 V della rete a un livello più basso e innocuo”.
crediti: ESA - M. Pedoussaut. Nella pagina accanto dall'alto: ESA; ESA/CNES/ Arianespace/Optique vidéo du CSG – P.Baudon
IL BUON VIAGGIO DI BEPI Gianluca Aranci conclude il nostro incontro davanti a una vetrina dove è esposto il Computer di uno dei quattro satelliti Cluster, ritrovato in una palude della Guyana francese dopo il primo lancio del vettore Ariane 5 fallito nel 1996. Dai fallimenti nasce sempre altro. «La traiettoria percorsa da BepiColombo è di per se un’opera fantastica», dice, «solo menti brillanti hanno potuto concepire e determinare il modo per arrivare a mettere un satellite artificiale in orbita attorno a Mercurio. Se guardiamo il percorso che compirà BepiColombo in giro per la regione interna del sistema solare non si può non restare affascinati. Sfruttando le attrazioni gravitazionali della Terra, di Venere
e dello stesso Mercurio, combattendo l’enorme attrazione solare, pian piano la sonda arriverà “dolcemente” ad accarezzare il piccolo pianeta entrando nella sua orbita. Un viaggio di sette anni nell’oscurità e nel silenzio, con le stupende visioni del Sole e dei pianeti interni che ruotano attorno ad esso; un viaggio solitario, dato che le comunicazioni con le stazioni terrestri richiedono centinaia di secondi per trasferire un messaggio; un viaggio pericoloso dove in ogni momento imprevedibilmente qualcosa può andar male al punto che le nostre macchine devono essere capaci di risolvere autonomamente i problemi». Ma sono rischi che affrontiamo volentieri. Buon viaggio Bepi!
«Un viaggio solitario di sette anni, nell’oscurità e nel silenzio, fra le stupende visioni del Sole. Buon viaggio Bepi» 69
COSTRUIAMO INSIEME UN PEZZO DI MILANO: COME SARÀ NEL 2020? Proseguono i lavori nel cantiere di via Bonardi, a partire da un’idea firmata da Renzo Piano e voluta dal Politecnico per trasformare un pezzo importante di Città Studi. Le demolizioni sono finite, ora si costruisce. Facciamolo insieme
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UN NUOVO FUTURO PER MILANO
UN NUOVO CAMPUS PER MILANO
UN NUOVO SOSTEGNO PER MILANO
A partire da un’idea e con la partecipazione dell’Alumnus e architetto Renzo Piano, dopo la riqualificazione di piazza Leonardo, con i lavori nel Campus Bonardi, il Politecnico non intende solo riqualificare gli spazi accademici, ma proporre una nuova idea di città: più verde, più a misura d’uomo, aperta e internazionale, capace di dare spazio a energie creative e valorizzare il lavoro, lo studio come anche la vita dei cittadini. Il progetto, sull’onda della trasformazione urbana, economica e sociale che sta attraversando Milano, rispecchia la visione del Politecnico di un’università in relazione con il territorio, la simbiosi dell’ateneo milanese con il territorio in cui è immerso.
Il nuovo Campus ospiterà un polo di eccellenza internazionale per la ricerca e l’innovazione in architettura. Il vecchio Sottomarino lascerà il posto a un nuovo Laboratorio Modelli allo stato dell’arte di circa 750 mq., il Trifoglio e la Nave di Gio Ponti verranno ristrutturati e valorizzati. Sorgeranno 4 nuove aule studio, una nuova Aula Magna con 900 posti e quattro nuovi edifici integrati nell’ambiente grazie a tappeti d’erba e giardini aperti a tutti. Il cuore del nuovo Campus sarà infatti un giardino per tutti i cittadini, con 150 nuovi alberi che popoleranno un corridoio verde a collegare piazza Leonardo, il parco Romano e i giardini del Campus storico.
Il cantiere è aperto da agosto e i lavori di demolizione sono terminati a novembre 2018. Ora si costruisce e il nuovo campus sarà pronto nel 2020. Ogni giorno oltre 90 persone lavorano alla riqualificazione sotto la supervisione dell’arch. Ottavio Di Blasi, anche lui Alumnus del Politecnico. Per contribuire a migliorare la qualità di vita degli studenti e per consentire a tutti i cittadini di sentirsi parte di questo grande cambiamento è stata aperta una campagna di raccolta fondi del valore di 10.000.000 €.
SCOPRI COME SOSTENERE IL PROGETTO
www.sostienicampus.polimi.it -
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Alla conferenza stampa di inaugurazione del cantiere, 1/3/2019, hanno partecipato: P. Maran, assessore all’urbanistica, verde e agricoltura del Comune di Milano; F. Sala, Vice Presidente della Regione Lombardia, che finanzia il progetto con 5.000.000€; F. Resta, Rettore del Politecnico di Milano; il senatore R. Piano, Alumnus e Architetto; O. Di Blasi, architetto, coordinatore dei lavori sul Campus, studio ODB&Partners; S. Urbani, DG Fondazione Cariplo, che ha donato 500.000€ al progetto.
È aperta la campagna di raccolta fondi: hanno già contribuito, oltre a Regione Lombardia e Fondazione Cariplo, oltre 230 donatori che hanno donato oltre 500.000€. Tra di loro tanti Alumni che credono nel progetto, abbracciano i valori del Politecnico e hanno voglia di restituire qualcosa alla città e al loro Ateneo, diventando parte attiva della sua crescita.
Alberto Sangiovanni Vincentelli
Professore, Consulente e Imprenditore University of California at Berkeley Alumnus Ingegneria Elettronica 1971
«Dal 1975 mi sono trasferito a Berkeley, Stati Uniti, dopo laurea e 4 anni di insegnamento al Poli. In tutti questi anni, il Politecnico è rimasto un riferimento importante per me. Voglio dare indietro in parte quello che ho ricevuto dalla mia educazione al Politecnico»
Francesca Reich
Guglielmo Fiocchi
Alumna Ingegneria Gestionale 1994
Alumnus Ingegneria Aeronautica 1986
«Felice di contribuire per il nuovo campus urbano del Politecnico, uno spazio aperto fra gli alberi di un ateneo che mi ha dato tanto»
«Ho voluto dire grazie per i miei 30 anni di carriera, perché ho avuto capi bravissimi, voglia di imparare, ma tutto è partito dal Politecnico»
CEO di Consodata
CEO e Founder GF4BIZ
Per sviluppare questo ambizioso progetto abbiamo bisogno di ogni piccolo contributo! Fai parte anche tu del futuro del Politecnico e della sua città. Visita il sito www.sostienicampus.polimi.it
Borse da palestra e borse di studio: Polimi premia 32 studenti forti in campo e sui banchi
La Gazzetta del Poli
MAP PRIMAVERA 2019 LA GAZZETTA DEL POLI
Tutto il Poli
Storie da podio e da Poli C’è l’ingegneria delle carrozzine speciali, progettate dall’Alumnus Pietro Ravasi per la nazionale italiana di hockey paralimpico. C’è l’architettura dello stadio del futuro progettato dall’Alumnus Massimo Roj: un luogo in cui si tifa ma in cui, ad esempio, si guardano opere d’arte e la balconata vista campo è anche quella di un albergo. Ci sono il design del prototipo di moto che ha vinto i campionati studenteschi mondiali di Motorsport e l’onda colorata di maglie blu che ha portato più di mille runners nelle montagne di Lecco, per l’edizione invernale della Polimirun. C’è tutto questo nelle pagine sportive che seguono: storie da podio, e da Poli.
della vita
HOCKEY PARALIMPICO L’ITALIA VINCE LA COPPA DEL MONDO 2018
NUOVO STADIO DEL CAGLIARI
Una smart arena con più di 25.000 posti!
POLIMIRUN WINTER POWERED BY ADIDAS TERREX
MOTOSTUDENT 2018
Al Poli si arriva in alto
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CAMPIONI D’INGEGNERIA IN CAMPO La nazionale italiana di hockey paralimpico ha vinto la Coppa del Mondo 2018. L’Alumnus Pietro Ravasi, responsabile tecnico della squadra e progettista di speciali carrozzine elettriche per lo sport, ci racconta una storia da podio 74
MAP PRIMAVERA 2019 LA GAZZETTA DEL POLI
PIETRO RAVASI - 46 anni Responsabile tecnico degli Sharks e della Nazionale italiana di wheelchair hockey Alumnus Polimi Ingegneria Meccanica “Welcome, welcome, welcome everyone. Once again here, in Legnano Sabbia d’Oro for one last time. This is the big one, the final”. È il 30 settembre 2018 e la voce del cronista sportivo annuncia le due squadre che si disputeranno la finale del campionato mondiale di hockey su carrozzina elettrica: la Danimarca e l’Italia. Nel 2016 l’Italia aveva ottenuto l’argento agli europei, classificandosi al secondo posto e vincendo la prima medaglia della storia italiana della federazione. Nel 2018 invece la voce del cronista, all’ultimo rigore sbagliato della Danimarca, esclama: “Italy, world Championship!!!”. Fra le persone che scendono in campo ad abbracciare i giocatori c’è anche Pietro Ravasi, responsabile tecnico della nazionale, ideatore e sviluppatore di una carrozzina elettrica per giocatori con disabilità. «Il primo che ho abbracciato è stato Mattia Muratore, il capitano, dodici anni di avventure coronate con un obiet-
tivo che mai avrei pensato di raggiungere», ricorda oggi Ravasi, seduto sugli spalti della palestra di una scuola di Monza, dove la squadra degli Sharks di Monza si riunisce per gli allenamenti. Tutto nasce nel 2010. «Quell’anno Luigi Parravicini allora capitano degli Sharks, aveva bisogno di una carrozzina da gioco ma non riusciva a trovarla. All’epoca c’era l’abitudine di farsi modificare da amici le carrozzine da passeggio, in modo artigianale e amatoriale. Arrivavo da un’esperienza come ingegnere progettista e collaudatore di un’azienda che produceva go-kart e usai ciò che avevo imparato per mettermi al lavoro su una carrozzina su misura per Luigi. Da lì, realizzai altri due prototipi». Non si è limitato però solo a questo. «Con gli Sharks siamo stati la prima squadra in Italia ad avere degli stick uguali e perfetti». Gli stick sono gli ausili per quei giocatori che non avendo abbastanza
“Il capitano della squadra aveva bisogno di una carrozzina da gioco ma non riusciva a trovarla. Così gliene costruii una su misura” 75
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“Le prime parole del capitano della nazionale dopo la vittoria sono state: Non svegliateci” forza muscolare, non riescono a reggere bene la mazza. Quindi per colpire la pallina o parare utilizzano delle alette poste alla base della carrozzina. Un altro primato sono i rulli in miniatura che ha ideato per la Federazione Italiana alfine di controllare la velocità delle carrozzina, «Non devono superare i 12 km/h in campo nazionale ed i 15 km/h a livello internazionale», precisa «Dopo essere stati introdotti nel campionato italiano, dal 2014 sono utilizzati anche dalla Federazione Internazionale». Ravasi lavora come un meccanico di pezzi unici, modificando le carrozzine su misura dell’atleta e della sua speci-
fica disabilità. Indicando il numero 10, il capitano della squadra Mattia Muratore, affetto da osteogenesi imperfetta, dice: «La sua carrozzina ha un guscio protettivo aggiuntivo a fargli da scudo. Serve proprio per fornirgli ulteriore protezione». Le prime parole pronunciate dal capitano dopo la vittoria ai mondiali pare siano state «Non svegliateci». Durante una pausa degli allenamenti proprio Muratore afferma: «Noi e la carrozzina dobbiamo essere una cosa sola. Io ho sempre voluto fare sport, ma non era facile trovare un’attività adatta alla mia malattia, che viene definita la malattia dalle ossa di cristallo. Il minimo urto potrebbe avere conseguenze notevoli. Ciononostante, eccomi qui. Alle medie il professore di educazione fisica, al contrario di altri che mi tenevano in palestra a guardare gli altri, ha iniziato a farmi allenare con una mazza da hockey. Da lì, non ho più smesso». Ravasi indica poi una giocatrice in porta, si chiama Anna Maria Giannini, ha 28 anni ed è alla sua prima esperienza con lo sport. «Quando è arrivata non voleva giocare perché temeva per
il suo collo». Da piccola Anna ha subito un intervento alla schiena, le è stata inserita una barra di metallo per permetterle la posizione eretta. «Per questo le ho costruito uno schienale più alto, in modo che anche se prende una botta, la testa sia protetta e non accusi il colpo». Più tardi, a bordo campo, Anna confesserà: «Ero più forte da bambina perché ero più protetta. Ora tutto dipende da me». E forse è questo il senso del lavoro di Pietro Ravasi, che dice: “Amo permettere ai ragazzi di dimenticare la propria disabilità in modo da concentrarsi solo sulla competizione. L’ingegneria è ricerca. Ed è anche la ricerca dell’aiutare gli altri».
“L’ingegneria è ricerca. Ed è anche la ricerca dell’aiutare gli altri” 77
IL NUOVO STADIO DEL CAGLIARI: GOAL DI ROJ!
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Una smart arena multifunzionale: 25.200 posti, estendibili a 30.000 se la città diventerà sede degli Europei 2028. L’Alumnus Massimo Roj, firma del progetto, ci racconta come tiferemo quel giorno Una coppia in vacanza scosta la tenda della camera d’albergo, in tempo per affacciarsi sul calcio d’inizio. Una famiglia esulta al tavolo di un ristorante per l’arrivo del dolce, ma anche perché a breve prenderà posto in tribuna. Un gruppo di ultras in attesa della partita passeggia in un museo d’arte. Sono situazioni che diventeranno realtà nel nuovo stadio del Cagliari, uno spazio dedicato non solo allo sport. Incontriamo l’architetto Massimo Roj, che con il pool di professionisti Sportium, di cui è presidente l'Alumnus Giovanni Giacobone, ha ideato il progetto vincente. Progetto che è stato scelto dalla comunità cagliaritana e dalla società sportiva che ha indetto una gara. Roj spiega la visione alla base di questo lavoro: «Abbiamo pensato a una struttura che funzionasse anche al di là delle partite che si disputano ogni due settimane. Un luogo quindi vivibile tutti i giorni». Uno stadio che è un museo, «E non un museo del calcio», specifica , «ma un museo della Sardegna, aperto a tutti, che possa ospitare opere di artisti sardi» Uno stadio che è anche un albergo, «Stiamo lavorando affinché ci siano dalle otto alle dodici camere, con il balcone vista partita». E poi ancora uno stadio che è anche un cocktail bar con piscina, ma anche ristorante e centro commerciale. «Immaginiamo che diventi un luogo per tutti». Architettura a misura d’uomo e rigenerazione urbana sono i personali mantra di Roj. «Il progetto infatti nasce dal dover rispondere alle caratteristiche del luogo e dei suoi abitanti: siamo a Cagliari, in una zona attualmente degradata. Il progetto mira a ricollegare ambiti di città distanti e a creare un sistema connettivo per il rilancio del quartiere e per riqualificare il lungomare». Ed è stato proprio il rispetto del contesto urbano a guidare il lavoro. «Dobbiamo pensare sempre di più alla riqualificazione del nostro territorio, senza andare a erodere altro terreno, bensì cercando di rivedere quello che abbiamo. Nello stesso ingombro dove ha attualmente sede lo stadio Sant’Elia, riusciremo a mettere in moto un importante complesso di funzioni. I mostri del passato possono diventare sogni».
E i sogni, sembra dire l’architettura dello stadio, non arrivano sempre da un altro pianeta. «Invece di figurarci un’astronave che atterra dallo spazio», racconta Roj, «abbiamo pensato a un edificio che in un certo senso sorgesse proprio dalla crosta terrestre e la rompesse per venirne fuori. Anche il materiale utilizzato proviene dal territorio, è pietra locale che abbiamo trattato ispirandoci e ricalcando il lavoro di artisti sardi. Nello specifico ci siamo riferiti alle opere di Pinuccio Sciola, famoso in tutto il mondo per le sue sculture sonore. Tutta la pavimentazione antistante l’ingresso frontale dello stadio sarà incisa proprio come lui stesso incideva
“Il mio mantra: architettura a misura d’uomo e rigenerazione urbana. I mostri del passato possono diventare sogni”
MASSIMO ROJ - 58 anni Amministratore delegato Progetto CMR Alumnus Polimi Architettura
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la pietra, lasciando segni, traiettorie». L’ambiente produce cambiamenti in chi li vive, e l’evoluzione secondo Roj è un tifoso più educato ma anche più esigente. «Elevando la qualità del posto, elevi anche la qualità di chi ne usufruisce. E gli stadi, lo vediamo ad esempio in altre nazioni come l’Inghilterra, si stanno già trasformando. I tifosi di conseguenza spero saranno più tranquilli. Se sei in un contesto basico, con le gradinate in cemento, assumi un certo comportamento. Se siedi su una poltrona di un certo tipo, assumi un comportamento più consono». Ma il di-
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scorso è molto più articolato, e tecnologico. L’esperienza dal punto di vista dello spettatore sarà completamente diversa. «Abbiamo pensato a una copertura costituita da particolari pannelli in grado di riflettere e amplificare il suono. I tifosi vivranno una maggiore interazione proprio con lo spettacolo. Attraverso un’app sarà possibile visualizzare sui propri smartphone diverse azioni di gioco, ad esempio i rallenty o altri contenuti della partita, in tempo praticamente reale». Tifosi con l’occhio del regista. «Un altro tema importante è quello della sicurezza, che sarà mag-
giore grazie anche al riconoscimento facciale all’ingresso dello stadio». Nel sito di Progetto CMR, Roj scrive che “il futuro si può costruire solo osservando il passato”. Dove sono dunque le sue radici? «Ho deciso di iscrivermi al Poli perché disegno da quando ne ho memoria. Al liceo mi dicevano “Prendi appunti”, e io disegnavo, solo in quel modo riuscivo a prendere appunti. L’insegnamento più forte del Poli è stato quello di condividere questa passione e lavorare in team, per sviluppare insieme un’ideale». Non rimane che attendere il calcio d’inizio.
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“Al liceo quando mi dicevano di prendere appunti disegnavo. Il Poli mi ha insegnato a condividere questa passione”
“Avremo tifosi più educati ma anche più esigenti. Elevando la qualità del posto, elevi anche la qualità di chi li vive” 81
POLIMIRUN WINTER
POWERED BY ADIDAS TERREX La marea blu che ha colorato l’autunno
La mattina dello scorso 11 novembre ben 1.300 runners con indosso una maglia blu hanno invaso la città di Lecco, e non solo la città. Studenti dell’ateneo lecchese, docenti, Alumni, simpatizzanti e amanti di questo sport hanno corso per 10 km: una corsa trail, fuori strada, con percorso circolare misto sterrato e stradale. Partenza e arrivo è stato il Campus di Lecco del Politecnico di Milano, nel mezzo boschi, montagne, sentieri e mulattiere, dal Santuario della Rovinata fino al Ponte della Tenaglia, per un dislivello di 410 mt e una pendenza massima del 36%.
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Francesco Calvetti, Delegato del Rettore per le Attività Sportive, ha sottolineato come la corsa non sia una semplice attività sportiva, ma un momento di aggregazione. «Abbiamo proposto qualcosa di diverso: un’altra città, con un passaggio all’interno delle aule e della residenza, per far comprendere il senso di appartenenza del Politecnico alla corsa». Dunque c’è un filo che lega la winter edition alla PolimiRun Spring, e che idealmente traccia un percorso unico e comune. «Lo sport è uno strumento importante per la crescita degli studenti - ha dichiarato ancora Cal-
19 maggio
2019 adidas Runners PolimiRun Spring Appuntamento con la nuova edizione della corsa di 10 km
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vetti - e cimentarsi con imprese anche piccole, di cui si temeva di non essere all’altezza e poi portarle a termine, è un importante valore per la formazione dei ragazzi». A vincere l’edizione invernale sono stati i fratelli Martin e Bernard Dematteis, che hanno tagliato insieme il traguardo. «Siamo nati in un borgo delle alpi cuneesi - hanno raccontato a fine gara - e fin da piccoli abbiamo iniziato a correre e a giocare nei prati vicino casa». E fra gli altri partecipanti c’è chi ha detto: «Per me la corsa in montagna significa tutto. Soltanto quando corro nei boschi, in montagna, in salita,
in discesa mi sento veramente vivo e veramente libero». L’obiettivo di questa corsa invernale è stato raccogliere fondi per borse di studio riservate a studenti meritevoli dell’Ateneo. Dal 2016, anno di nascita della PolimiRun, il Politecnico di Milano ha raccolto più di 200.000€. E per chi non vuole mai smettere di correre, tra un’edizione e l’altra della PolimiRun c’è il Running Politecnico, una serie di allenamenti organizzati con coach del Poli, riservati a studenti e dipendenti Polimi. Insomma, il Poli si conferma un posto dove si corre. Sempre.
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STUDENTI CHE TAGLIANO TRAGUARDI Polimi Motorcycle Factory Campione del mondo al Motostudent 2018! Lo scorso ottobre nel circuito Motorland Aragòn (Spagna), c’era un po’ di nebbia. Scighera, parola che in dialetto milanese significa appunto nebbia, è la moto interamente progettata e realizzata dal team Motorcycle Factory, composta da studenti del Poli. E a tagliare il traguardo del primo posto c’era proprio Scighera, che ha vinto così la quinta edizione della Motostudent; una competizione motociclistica a livello internazionale, con più di 15.000 studenti di oltre 50 università del mondo che vengono giudicati non solo sulla velocità del mezzo ma anche sul design e sul miglior progetto relativo alle caratteristiche innovative della moto. Mattia Sabella, direttore tecnico del team, racconta: «La nebbia di Bovisa ci ha accompagnati nel lavoro quotidiano di questi ultimi due anni, richiama quindi sia uno dei simboli della città che il Politecnico di Milano». Il team Polimi Motorcycle Factory nasce nel 2015 da cinque studenti di Ingegneria Meccanica, fra questi c’è Nicola Viscera che ricorda: «Alla fine del 2014 durante una lezione di Costruzioni di Macchine uno dei fondatori aveva provato il test d’ingresso al Dynamis (il team del Politecnico che partecipa alla Formula SAE) senza passarlo e allora abbiamo pensato: “perché non fondiamo un team nostro?”». Del giorno della vittoria Nicola ricorda: «Quando al penultimo giro siamo diventati primi, con molto di-
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stacco rispetto al secondo, ho iniziato a preoccuparmi, speravo solo che il pilota stesse attento e concludesse l’ultimo giro senza cadere. Poi ha tagliato il traguardo e c’è stata un’esplosione di gioia incredibile». E ora che sono arrivati primi, dove vogliono arrivare? «Un obiettivo è quello di espandere il team e partecipare anche alla categoria elettrica della competizione Motostudent», afferma Nicola Viscera, «Poi l’idea è di lasciare qualcosa al Politecnico e ai suoi studenti. Dunque già da prima della competizione abbiamo iniziato a valutare i possibili successori di noi più, diciamo, anziani. Così diamo alla nuova gestione sportiva due anni interi per portare avanti nel migliore dei modi il progetto». Mai nebbia fu più chiara.
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BORSE DI STUDIO, E DA PALESTRA I 32 campioni dello sport e sui banchi del Politecnico!
I 32 sportivi che hanno vinto quest’anno la borsa di studio. Gli sport rappresentati sono: anelli, atletica, calcio, canottaggio, ciclismo, corsa a ostacoli, eptathlon, football americano, ginnastica, hockey, karate, lancio del peso, marcia, nuoto sincronizzato, pallamano, pattinaggio, rugby, salto con l'asta, scacchi, vela, volley, wakeboard.
Il Politecnico si impegna a sostenere gli studenti migliori dell’Ateneo che praticano attività sportiva ad alti livelli. Dal 2014 ha istituito delle borse di studio dedicate ad atleti di alto livello che partecipano, individualmente o con una squadra, a Campionati Assoluti di specialità, manifestazioni internazionali di livello superiore, Campionati Federali di livello nazionale e regionale. Nell’anno accademico 2018/2019 sono state assegnate 32 borse di studio del valore di 2.500 euro ciascuna, finanziate in parte con donazioni individuali, in parte con fondi d’ateneo. Gli studenti vincitori sono scelti anche in base a meriti accademici. I 32 studenti sono stati premiati lo scorso gennaio dal Rettore Ferruccio Resta alla presenza dell’Assessore al turismo, sport e qualità della vita del comune di Milano.
"Vogliamo essere una scuola tecnica che forma i migliori tecnici del Paese, e contemporaneamente coltivare i valori della perseveranza e dell’impegno che questi studenti, coniugando lo studio e la disciplina sportiva, entrambi a alti livelli, rappresentano in modo emblematico. Il Politecnico insegna anche questo: non cercare sconti e alza sempre l’asticella" Ferruccio Resta, Rettore «Tra i valori che trasmette il Poli c’è anche lo sport, capace di insegnarti ad avere un metodo per allenarti. Anche nello studio» «La tenacia in ambito sportivo è la stessa che ho sempre ritrovato nello studio e che mi ha permesso di conciliare entrambe le cose» «È un’emozione essere qui. Sono contento che il Politecnico cerchi di sostenere chi fa sport ad alto livello con delle iniziative concrete. Ti fa sentire la vicinanza delle istituzione in ciò che facciamo».
GIANLUCA SORTENI - 26 anni
dal 2014
Neolaureato in Architettura Wide Receiwer nella squadra di football Seaman Milano
• 340.000 euro
PAOLA GOBBI - 24 anni Studentessa di Architettura Fino al 2017 difensore del Sassuolo Calcio Femminile, serie A SIMONE TANZILLI - 23 anni Specializzando in Ingegneria Gestionale Tre volte campione italiano Under 23 nei 200 metri
in borse di studio per meriti sportivi
• 149 sportivi premiati
nell'anno 2017/2018
• 65 podi conquistati
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IL MO UN PA BARR di Carmela Menzella
«L’ambiente deve rispondere alle esigenze di tutti. Non esiste una persona con disabilità, è il mondo intorno a esserlo»
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«La parola handicap arriva dal mondo dell’ippica. Identificava un cavallo più forte degli altri che veniva penalizzato aggiungendogli dei pesi aggiuntivi, in modo da uniformarsi alle abilità di tutti i concorrenti». Andrea Ferretti parte proprio dal mondo dello sport per parlare di libertà di movimento. Nel 2017 ha fondato l’associazione Peba, acronimo che sta a indicare i piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche. L’associazione si occupa proprio dell’abbattimento di queste, affiancando le amministrazioni pubbliche e i privati, e seguendo tutte le fasi della realizzazione: dalla prima mappatura del territorio alla raccolta fondi, dalla progettazione sino alla fase conclusiva dell’esecuzione. La sede dell’associazione si trova a Milano nell’ex area Expo, in Cascina Merlata, una cascina del ‘600 ristrutturata per ospitare real-
tà di diverso tipo ma tutte con un’attenzione rivolta al sociale. «Il mondo della disabilità non vive una situazione sana dal punto di vista dei servizi», spiega Ferretti, «purtroppo tutte le normative realizzate nel corso degli ultimi trent’anni non hanno portato a grandi risultati. La metropoli italiana che più di altre sta attuando un piano di eliminazione delle barriere è Milano. E la data di promulgazione delle leggi sul superamento delle barriere architettoniche risale al 1986». Prima dei luoghi, deve cambiare il punto di vista. «Il tema del design for all va spostato. Si parla tanto di accessibilità o di problemi legati alle persone con disabilità, ma è l’ambiente che deve rispondere alle esigenze di tutti. E per farlo, deve esserci un cambio di pensiero. Paradossalmente non esiste una persona con disabilità, è l’ambiente a esserlo».
ONDO NUOVO: AESE SENZA RIERE Immaginare un’Italia senza barriere architettoniche. Dove strade, parchi, uffici pubblici e case siano accessibili a tutti, anche alla popolazione che verrà. Ci sta pensando oggi l’associazione Peba, fondata dall’Alumnus Andrea Ferretti Il claim dell’associazione infatti recita: Il mio paese è handicappato. «Oggi chi progetta pezzi di città, quindi edifici, abitazioni, funzioni pubbliche come un museo, un ospedale, ma anche un bar o un negozio, e non preveda l’accessibilità e la piena fruibilità sta lavorando a un progetto handicappato». Secondo i dati Istat pubblicati nel 2017, in Italia ci sono circa 4.360.000 persone con disabilità, il 7,2% della popolazione italiana. «Ma non è un problema che riguarda solo oggi», precisa Andrea Ferretti. «Uno studio condotto nel
ANDREA FERRETTI - 47 anni Presidente Associazione PEBA Alumnus Polimi Architettura
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PEB
WWW.ASSOCIAZIONE PEBA .IT
2014 dal Fondo Monetario Internazionale ci dice chiaramente che la popolazione mondiale sta cambiando. Entro vent’anni gli over 65 supereranno per numero gli under 12. Ed è una cosa che sta accadendo sempre più velocemente. Sappiamo che statisticamente il 98% della popolazione over 65 porta con sé disabilità di natura motoria. Alla luce di questo, risulta chiaro quindi che oggi non dobbiamo affrontare solo il problema del 7,2% ma dell’Italia che verrà, quando avremo il 36% di popolazione anziana». Per raccontare meglio come il mercato stesso si sta adoperando a questo cambiamento, Ferretti mostra una pagina pubblicitaria della
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Jacuzzi. Il benessere non ha età, recita lo slogan della vasca Liberty: “con porta e sedile ad accesso facilitato”. La vasca “For All” è un esempio di ciò che stiamo portando avanti con Fabio Felisi, AD di Jacuzzi, che due anni fa mi disse. “Vogliamo che il nostro cliente, così come quando da giovane girava negli hotel di lusso e trovava la sua Jacuzzi, da anziano possa vivere ancora lo stesso piacere”. Noi collaboriamo con designer, architetti, progettisti per supportarli nell’ideare prodotti accessibili. E qui a Cascina Merlata stiamo lavorando per contribuire a far nascere per la prima volta in Italia un intero quartiere totalmente libero da barriere archi-
«Grazie all’accordo di collaborazione siglata con il Poli, non ci sentiamo più così soli»
tettoniche, con case dotate di servizi di domotica, progetti integrati nell’arredamento e anche nelle parti comuni». Continuando a mostrare pagine pubblicitarie e a raccontare visioni, Ferretti delinea una vita senza barriere. Cucine con pensili mobili che si muovono su parete per favorire chi è impossibilitato a mettersi in posizione eretta. Bastoni elettronici per non vedenti, dotati di recettori che attraverso sensori tattili disseminati lungo un percorso forniscono informazioni, «anche in assenza di segnale wi-fi». Sistemi a binario installati sul soffitto che trasportano un’imbracatura attraverso tutti gli ambienti di casa. «Immagina il continuo trasbordo dal letto alla carrozzina, dalla carrozzina al bagno, dalla vasca all’uscire e risederti sulla carrozzina», spiega Ferretti, «Con questi nuovi sistemi puoi muoverti più liberamente e immergerti nella vasca
rimanendo nell’imbracatura». In questo numero di MAP si parla di stadi e di aeroporti studiati anche per i tifosi e i passeggeri del domani. Come saranno questi luoghi dal punto di vista delle barriere architettoniche? «Partiamo da oggi: presentano degli approcci antiquati, perché ancora una volta le persone con disabilità hanno una loro area. Pensiamo agli stadi, l’area riservata corrisponde al primo anello perché è il modo più semplice per farli entrare, ma la struttura deve essere interamente accessibile, le carrozzine devono poter raggiungere le tribune. Da quattro anni stiamo lavorando anche con Sea Aeroporti, un disabile è un passeggero come gli altri, e invece viene preso in carico e parcheggiato in una sala d’attesa. Se il tuo aereo però parte dopo tre ore, per tre ore rimani lì. La sfida è mirare alla piena
autonomia». E per farlo, fra le varie iniziative, l’associazione Peba ha siglato un accordo triennale con la sede lecchese del Politecnico, insieme all’amministrazione comunale della città, il liceo artistico Medardo Rosso e l’istituto tecnico per geometri Bovara. Il progetto pilota, che prevede lezioni in aula e studi sul campo, mira proprio all’ideazione e allo sviluppo della città del futuro, priva di barriere architettoniche. «Il mondo accademico e istituzionale devono dare una forte spinta», afferma Andrea Ferretti. «In quest’ottica vedo importantissima la collaborazione con il Poli e il fatto che abbia deciso di partire da battaglie molto concrete. Non ci sentiamo più così soli». Poi, conclude: «Per cominciare a parlare di Peba sono serviti trent’anni. Io spero non ce ne vogliano altrettanti per risolvere tutto».
«Entro vent’anni gli over 65 costituiranno il 36% della popolazione. È chiaro quindi che oggi non stiamo affrontando solo il problema della disabilità, ma dell’Italia che verrà»
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Nelle immagini che seguono, il primo tratto di 2km della Ciclopista Limone ideata e realizzata da Marco Fontana, Antonio Lotti e Davide Lorenzi. WWW.FLL.TN.IT
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LA CICLOPISTA PIÙ BELLA D’EUROPA In bici a strapiombo sul lago di Garda: la pista ciclopedonale da sogno è firmata da due Alumni di Vito Selis
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Un servizio dell’emittente statunitense CNN si chiede: “Un viaggio nel meraviglioso Lago di Garda nel nord Italia può diventare ancora più spettacolare? Sì, basta sospendere una pista ciclabile galleggiante sulle scogliere scoscese, permettendo ai ciclisti di pedalare sopra le sue acque cristalline”. La notizia della ciclopista di Limone, primo tratto del progetto Garda By Byke che vuole unire tre regioni (Lombardia, Veneto e Trento), ha insomma già fatto strada. Il percorso sarà ultimato nel 2021 ma lo scorso luglio sono stati inaugurati i primi 2 km che vanno da Capo Reamol, nel comune di Limone sul Garda in provincia di Brescia, al confine con il Trentino. «Il progetto è nato nel 2011 come studio iniziale per i cinque comuni dell’Alto Garda che vole-
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vano proporre l’idea di un percorso di maratona che li unisse», spiega l’Alumnus Antonio Lotti. Poi, dai piedi si è passati alle ruote e all’idea di Garda By Bike: un filo lungo 190 km posizionato in un crocevia tra l’Eurovelo EV7, l’itinerario dell’Europa Centrale, ed Eurovelo EV8, l’itinerario mediterraneo, connesso quindi in maniera duplice con la rete ciclabile europea. «I primi 700 metri corrono lungo una passerella bordo strada», spiega sempre Antonio Lotti, «I successivi 1300 sono a sbalzo sul lago, fino al monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale che si trova a Capo Reamol». E su questo sbalzo, la vista si fa inedita, ci si ritrova davanti l’Alto Garda come non lo si era mai visto prima, perché la Gardesana, la strada provinciale, non
«I primi 700 metri corrono lungo una passerella bordo strada. I successivi 1300 sono a sbalzo sul lago e donano una vista inedita dell’Alto Garda»
ne permette lo sguardo. All’orizzonte la catena dei monti del Baldo, dello Stivo e la Rocchetta. E all’orizzonte anche l’idea di un turismo slow; la pista non è pensata per la corsa ma appunto per la panoramica. Fra gli intenti c'è quello di voler portare una viabilità sostenibile, pensata anche per i residenti che per spostarsi potranno avere un’alternativa all’automobile. «Solo nei primi tre mesi di apertura sono stati registrati 1300 accessi», dice Lotti, «La quasi totalità dell’opera è stata effettuata con l’elicottero che ha posizionato tutti gli elementi, compresa la pavimentazione, facendoli calare letteralmente dal cielo. Rispetto al classico parapetto poi, abbiamo voluto tenere libera la vista, ancora una volta dedicata al cielo e all’acqua, dunque per non limitare l’aspetto della vista e privilegiare il più possibile la trasparenza, abbiamo utilizzato delle reti in acciaio». Dunque legno e acciaio per quella che è stata definita, da quotidiani e magazine nazionali e internazionali, come la ciclabile dei sogni, la ciclabile più bella del mondo. Sul web c’è chi la recensisce raccontandola così: “È stata un'esperienza magnifica. Una grande emozione pedalare sospesi sull'acqua in uno dei punti più panoramici del Lago, con aspre montagne a picco sulle acque turchesi”, “Bello , emozionante e ardito - come devono essere le opere che rimarranno nella storia!”, “Stupendo l’ultimo chilometro completamente sospeso tra le rocce e il lago”. Molti anni prima, Gabriele D’Annunzio descriveva nei suoi taccuini il paesaggio con queste parole: «Il lago è d’una bellezza improvvisa, indicibile, ha qualcosa di pudico. S’avvolge in un velo argentino, e lascia vedere qualcuna delle sue grazie rosee», e ancora: “Questa via, o Arbitro viale, è degna d’essere celebrata. È veramente una vittoria dell’uo-
mo, o vincitore”. Marco Fontana spiega: «Il nostro intervento va a influire con un monumento nazionale: la Gardesana occidentale. D’Annunzio lo definiva “ il meandro del Benàco” per questa sua forma sinuosa che abbiamo deciso di assecondare. La prima volta che l’abbiamo percorsa in bicicletta ci ha emozionato il riuscire a seguire proprio l’andamento del versante del pendio. Ci ha dato l’idea di aver rispettato la forma naturale della falesia». Un’altra forte emozione la ricorda Lotti: «la prima volta che l’abbiamo percorsa di notte. Di giorno non ci siamo inventati nulla, si è inventato tutto il paesaggio magnifico dei monti e del lago. Di notte ci siamo posti il problema di come illuminare il passo. Abbiamo inserito sul parapetto dei led ogni 6 metri. L’effetto notturno è magico, si visualizzano le luci del fondo lago e non è più una pista, assume un’altra identità, quella di una percorso quasi romantico». E rimanendo in ambito affetti, Fontana conclude: «Io e Antonio ci siamo conosciuti all’asilo. Abbiamo fatto sia le elementari che il liceo nella stessa classe e infine abbiamo studiato insieme al Politecnico di Milano». Ancora oggi, condividono percorsi, ciclabili.
«Il nostro intervento dialoga con un monumento nazionale di Dannunziana memoria: la Gardesana occidentale. Per questo abbiamo rispettato la forma naturale della falesia»
MARCO FONTANA- 56 anni Fontana&Lotti Lorenzi Ingegneri Associati Alumnus Polimi Ingegneria
ANTONIO LOTTI - 56 anni Fontana&Lotti Lorenzi Ingegneri Associati Alumnus Polimi Ingegneria
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TÜV ITALIA: INDUSTRIA E FORMAZIONE, 4.0
“Aggiungi valore. Ispira fiducia” è il claim di TÜV Italia, ente indipendente di certificazione, ispezione, testing, collaudi e formazione, che offre servizi certificativi in ambito qualità, energia, ambiente, sicurezza e prodotto. «Il valore che mettiamo in campo è quello del supporto ai nostri clienti per garantirgli di fornire un prodotto sicuro, e così ispirare fiducia sia a loro che ai fruitori finali», raccontano Alberto Carelli e Pietro Vergani, rispettivamente Managing
Director Industry Service/Real Estate & Infrastructure e Business Unit Manager Consumer Product di TÜV Italia, appartenente al gruppo bavarese TÜV SÜD, fondato nel 1866.
L’INDUSTRIA 4.0 E IL MERCATO ITALIANO Carelli e Vergani spiegano: «L’industria 4.0 è la capacità di inglobare la propria azienda italiana all’interno di un pano-
ALBERTO CARELLI - 40 anni Managing Director Industry Service Alumnus Polimi Ingegneria Aeronautica e Aerospaziale
PIETRO VERGANI - 35 anni Business Unit Manager Commercial Product Alumnus Polimi Ingegneria Meccanica
ANDREA COSCIA - 47 anni Managing Director Business Assurance Alumnus Polimi Ingegneria per l'Ambiente e il Territorio
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rama più vasto, attraverso la digitalizzazione. L’azienda italiana è tipicamente una piccola e media impresa che lavora con le catene di fornitura globali. Noi cerchiamo sempre più di supportare l’export dell’azienda italiana attraverso certificazioni che garantiscano la libera circolazione delle merci in più paesi di destinazione, al fine di integrare la manifattura italiana nelle grandi produzioni mondiali». Andrea Coscia, Managing Director Business Assurance, aggiun-
ge: «Industria 4.0 significa anche avere un approccio diverso con i clienti, fatto di customizzazione dei prodotti, ed è ciò che facciamo muovendoci su tre direttrici principali: tecnologia, processi e organizzazione interna». Tornando alla mission, aggiungere valore ed ispirare fiducia, il loro compito è quello di apportare conoscenza: «Le aziende sanno tutto delle proprie macchine, come funzionano e come fanno ciò che fanno. Noi invece abbiamo una visione d’insieme e cerchiamo di approfondire come questa macchina può connettersi dentro e fuori l’azienda. Forniamo un supporto per capire quali sono gli sviluppi futuri e valutare come possano essere integrati nel sistema gestionale, che al 90% non dialoga con la macchina».
PROFESSIONI 4.0 E FORMAZIONE POLIMI «Un responsabile del settore automotive - spiega Andrea Coscia - mi diceva che trova ottimi responsabili produzione e ottimi analisti. La capacità di unire queste due cose in un’unica figura è qualcosa che manca e che, raccontava sempre il cliente, chiederei alle università italiane. Ciò, conferma questo bisogno di connessione, anche cerebrale, di competenze. Pensando alle professio-
ni del futuro direi che servono proprio analisti con competenze dei processi industriali». La tecnologia dunque avanza ma di pari passo, si può dire, avanza anche l’umanità. Carelli e Vergani affermano: «Più la tecnologia va avanti e più ci sarà bisogno di persone in grado di svilupparla e interpretarla. Ecco perché abbiamo bisogno del supporto del Politecnico di Milano. Le figure professionali del futuro sono quelle legate sicuramente agli ambiti informatici ed elettronici, per predire come un dato macchinario potrà interagire con la tecnologia che arriverà. E in più, abbiamo necessità di neolaureati e laureati in grado di gestire la mole di dati che queste macchine saranno in grado di sviluppare, dunque persone con una visione dell’evoluzione tecnologica e che sappiano interpretarla. Dall’altra parte, ci interessa fare rete con le figure del Poli che sono già sul mercato, per supportarle nella crescita delle loro aziende con l’orizzonte dell’adeguamento a industria 4.0». E proprio per questo, nel prossimo futuro di TÜV Italia c’è l’organizzazione di un’experience exchange al Poli e l’idea di lanciare una call for ideas a studenti e laureati politecnici. Tutto questo, ancora una volta, per aggiungere valore, ispirare fiducia e rendere sicuro e sostenibile il progresso.
«Servono persone con una visione dell’evoluzione tecnologica e che sappiano interpretarla. E in questo, il Poli, è un partner d’eccellenza» Nella foto un ingegnere di TÜV Italia effettua un test di compatibilità elettromagnetica nella camera semianecoica del laboratorio di Scarmagno (TO).
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Lettere alla redazione
STORIA DI UN FUORISEDE, DI UNA VOLTA L’Alumnus Carlo Morsiani, 86 anni, ci ha inviato una lettera per raccontarci di quando in piazza Piola non c’era la metropolitana e per chi arrivava da fuori Milano la fatica di studiare al Poli era anche fatica fisica Sono un anziano e orgoglioso Alumnus del Poli di Milano. Mi sono laureato con grande fatica e anche con enorme tenacia negli anni ’50 in Ingegneria Chimica. Una gran parte della fatica è stata fisica; io, con la mia famiglia, abitavo a Saronno, ed ero costretto a lavorare in tutta la provincia di Varese per continuare gli studi: insegnavo educazione fisica nelle scuole medie. Ero quindi sempre in movimento: per studio, per lavoro, per tornare a casa e vorrei raccontarvi la storia di un vecchio fuorisede del Poli. Partivo da Saronno alle 08:00 con il treno delle ferrovie nord che arrivava al mio paese già pieno di pendolari. Mia madre, ricordo, mi preparava un panino con la frittata che mangiavo in treno. Arrivavo a Cadorna alle 8:45. Prendevo il tram numero 11, che sempre arrivava già strapieno. Iniziava così un viaggio di circa 40 minuti che mi portava, stravolto e già provato nel fisico, nei pressi del Poli pronto ad affrontare una corsa per cercare di occupare un posto nelle grandi aule e con la concorrenza di circa 600 iscritti. Mi sedevo quasi sempre per terra perché anche lì, quando arrivavo io l’aula era già piena. Trascorrevo i pomeriggi facendo le esercitazioni di matematica e fisica e intorno alle 19:00 riprendevo il treno per Saronno. Una volta sbagliai numero del tram, invece di prendere l’11 presi l’1. Fu lì che capii che dovevo fare una visita oculistica, da allora porto gli occhiali da vista. Al Poli ci sono tornato per l’anniversario di laurea del ’61, cinquanta anni dopo. Ho visto che oggi si arriva in piazza Piola anche servendosi della metropolitana. Ho calcolato che se avessi avuto la possibilità di avere un’abitazione nei pressi del Poli mi sarei laureato con meno fatica e due volte. Mi sento di far parte di quegli antichi faticatori indefessi e proiettati verso un obiettivo con una tenacia non comune e senza tentennamenti. Di quel periodo ricordo la sensazione che mi accompagnava in treno, in tram, a lezione, quella di aver scelto forse una cima troppo alta. Ma poi, con orgoglio, ce l’ho fatta.
Nelle foto l’Alumnus Carlo Morsiani e alcune immagini dal viaggio dei neolaureati del ’61 a un impianto Shell ad Amsterdam, Olanda.
L’ing. Morsiani è scomparso pochi giorni prima della stampa del MAP. L’associazione AlumniPolimi esprime la sua vicinanza alla famiglia.
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