amcsrls@yahoo.it GIORNALE DEI TIFOSI DI JUVENTUS E TORINO - Anno VII - N. 3 - 14 OTTOBRE 2017 - Copia omaggio 3 domande a BB
L'Intervista
Il Punto
Controcorrente
“Anche incerottata Madama è competitiva! Higuain sfida Immobile: l'argentino tornerà al top”
Vincenzo D'Amico: “Inzaghi, possibile futuro a Torino. Soluzione ideale per il dopo-Allegri”
Bianconeri al bivio: rivoluzione d'autunno o quiete dopo la tempesta?
L'Ital-Ventura agli spareggi, è già ultima spiaggia. È la peggior nazionale che si ricordi
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JUVE, SARÀ OKTOBERFEST?
Contro la lanciatissima Lazio i bianconeri iniziano un ciclo di fuoco Oltre all’ostacolo in campionato mercoledi torna la Champions League JUVENTUS-LAZIO | SABATO 14 OTTOBRE ORE 18
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3 domande a... Bruno Bernardi
“Anche incerottata è una Juve competitiva!” “La pausa-nazionali, come al solito, riempie l'infermeria. Italia: tante critiche ma mai darla per morta”
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runo Bernardi, prima di parlare di JuveLazio è doverso un piccolo passo indietro. La nazionale azzurra è giunta faticosamente agli spareggi per il mondiale in Russia dopo due partite che hanno scatenato violente polemiche addosso al ct Ventura e ai suoi giocatori... In effetti Juve-Lazio arriva subito dopo gli impegni delle varie selezioni nazionali che hanno visto diversi giocatori bianconeri impegnati su numerosi fronti. Ventura ne ha utilizzati 5 in maglia azzurra nella doppia sfida con Macedonia e Albania, puntando sul blocco difensivo juventino. L'Italia ha ricevuto molte critiche ma occorre dire che ci sono delle attenuanti per un gruppo che aveva avuto poco tem-
po per preparare un gioco brillante. Il tecnico ex-granata ha pensato soprattutto al risultato e alla qualificazione ai prossimi spareggi e ha centrato l'obiettivo. Ora dovrà ancora fare un ultimo sforzo per staccare il biglietto aereo destinazione Russia. L'Italia ha dato l'impressione di non avere un parco giocatori capace di dare grandi garanzie e di poter puntare a traguardi importanti. Ma capita alla nostra selezione di creare questi dubbi. E' successo anche in due mondiali vinti, in Spagna '82 e Germania
giocatori che hanno ricevuto pochi elogi e molte critiche. E che non riescono ad avere un feeling con i tifosi. Torniamo al campionato. Allo Stadium arriva una Lazio lanciatissima che ha in Ciro Immobile il suo punto di riferimento in attacco. Che sfida tra l'azzurro e Higuain... Lazio che la Juve deve assolutamente non sottovalutare. Lazio che ha già strappato ai bianconeri la Supercoppa italiana e che Simone Inzaghi sta plasmando a sua immagine e somiglianza: umile, aggres-
2006. Prima Bearzot e poi Lippi hanno zittito coloro che non avevano fiducia in loro. Non era facile puntare sull'Italia pensando di poter arrivare al traguardo e trionfare a Madrid e Berlino. Ma gli azzurri sanno cambiare pelle con abilità camaleontica. Lasciamo ancora spazio a questa possibile metamorfosi anche con
siva, ambiziosa. Una lazio che ha buone individualità, una squadra organizzata sul piano tattico. Ma la Juve è in grado di superare questo ostacolo consapevole di dover schierare una formazione un po' incerottata, come sovente accade dopo la pausa per le nazionali. Allegri ha comunque a disposizione una rosa che gli
permette di schierare alternative importanti capaci di non far rimpiangere i titolarissimi. Sarà un banco di prova interessante per i campini d'Italia anche in vista della sfida con i portoghesi dello Sporting di mercoledi prossimo. La sfida Higuain-Immobile? Due che puntano alla classifica dei cannonieri. Soprattutto Higuain sta cercando di tornare ad alti livelli e resto convinto che ce la farà. E nella sfida tra bomber ci sarà anche una corsa in famiglia con Dybala... Il prossimo turno di campionato propone altre due grandi partite: Roma-Napoli e il derby meneghino. Un week-end di fuoco... Sicuramente la più attraente e anche la più importante è Roma-Napoli. Due avversarie tra le più temibili per la Juve nella corsa al suo 'settebello'. Però Madama può sistemare la classifica se saprà vincere con la Lazio mentre tra Roma e Napoli si capirà se i giallorossi saranno capaci di trovare continuità di rendimento e lo stesso discorso vale per i partenopei. A San Siro c'è un derby altrettanto significativo per capire sin dove si potranno spingere le due milanesi nella corsa all'Europa che conta. Per ora devono trovare il bandolo della matassa di gioco... Roberto Grossi
L’ADDIO DI BISCARDI, L’UOMO DELLA MOVIOLA “IN GAMBO”
È passato alla storia per i suoi capelli eternamente rossi, non proprio naturali, ma televisivamente efficaci. E soprattutto per aver inventato, su suggerimento di Enrico Ameri, lo storico “Processo del lunedì”, la più travolgente commedia all’italiana che la nostra TV ci abbia propinato per vent’anni. Aldo Biscardi, nato nel 1930 a Larino, provincia di Campobasso, cresciuto a Napoli (Il Mattino) poi approdato a Roma sulle colonne di Pese Sera, quotidiano di battaglia della Capitale che guardava a sinistra ma non dimenticava assolutamente il calcio, avrebbe compiuto 87 anni nel prossimo novembre. Negli ultimi tempi la sua figura era stata avvolta fatalmente dall’oblio che, all’epilogo della carriera, tocca ai personaggi di successo. Nell’attività professionale e nella vita. Ma restano memorabili le risse che il “Processo” scatenava e che Biscardi sapientemente animava, pur fingendosi super partes. Il suo idioma molisano lo costringeva a capriole linguistiche di cui spesso facevano le spese i congiuntivi. Ma il popolo del bar sport gli perdonava tutto. Resta comunque il suo straordinario senso giornalistico, che non lo portava mai a sbagliare argomento. E la vis polemica che ha caratterizzato tutta la sua vita. Chiusa la parentesi con la Rai, aveva trasferito il suo “Processo di Biscardi” su emittenti private di respiro nazionale, cercando di ritardare l’inevitabile declino. La sua crociata, per cui si è battuto con alterna fortuna, è stata la cosiddetta moviola in campo. Che lui pronunciava “in gambo”, non avendo sciacquato i panni linguistici in Arno. Per dirla con Alessandro Manzoni. Adesso la sua moviola è arrivata, si chiama Var. Nell’orgia di celebrazioni si è detto che Aldo Biscardi ha cambiato il modo di fare televisione. Probabilmente è eccessivo. Ma ha certamente contribuito alla diffusione del tifo calcistico in una dimensione di cultura popolare, alla quale il calcio non può assolutamente rinunciare. (Enrico Heiman)
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L'Intervista: Vincenzo D'Amico
“Inzaghi, possibile futuro alla corte di Madama” “Simone potrebbe rappresentare degnamente il dopo-Allegri. Juve favorita ma occhio al Napoli”
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andiera della Lazio e noto simpatizzante bianconero. Ieri calciatore di grande livello, capace con la sua tecnica sopraffina di mandare in visibilio i tifiosi, oggi apprezzato opinionista televisivo Rai senza troppi peli sulla lingua. Come ogni vigilia di JuveLazio abbiamo intervistato Vincenzo D'Amico, ormai un habitué sulle colonne di 'JuveToro'.
Vincenzo, come hai visto questa nuova Juve in questo primo scorcio di stagione? Mi sembra che la Juventus, seppur sempre competitiva e abituata a vincere, quest’anno abbia rallentato un poco. Il campionato italiano è duro e lungo e nessuna squadra a partire da quelle considerate materasso ti regalano qualcosa. Se devo trovare qualche pecca non posso non constatare che la difesa della Juve è datata. A me piace molto Rugani, miglior giovane emergente d’Europa, che rappresenta il futuro insieme a Caldara e Spinazzola. Ma questo campionato ha una favorita? Credo che il Napoli sia la squadra più accreditata
per arrivare fino in fondo e non mi meraviglierei se poi vincesse anche il campionato…Juventus permettendo. Perché il Napoli e non le altre? Perché Sarri è stato scaltro ed intelligente a non cambiare molto e dunque quelli che da almeno tre stagioni stanno insieme, alla fine, come vediamo tutti, stanno andando alla perfezione. Il Milan che ha rivoluzionato
molto ancora deve trovare il modo per capire come giocare. Che Lazio sarà contro la Juve? Cosa ti aspetti da questa gara? Juve favorita come sempre, specie quando gioca allo Stadium che è una fortezza ma quest’anno i valori tra loro e le altre si sono assottigliati. Questo sarà un turno da brividi, ci sono tre big-match, e mi attendo grandi colpi di scena. Partendo dal Derby di Milano alla fine credo che la spunterà l’Inter mettendo il Milan in grosse difficoltà ma anche in caso di sconfitta Montella non credo che verrà esonerato. Roma-Napoli non sarà una passeggiata di salute per nessuna delle due ma se dovessi scommettere dico che il Napoli
farà il colpaccio. Simone Inzaghi dopo queste due belle stagioni nella Lazio potrebbe catturare l’interesse di qualche altra squadra? Io già da tempo ho delle
lascerà. E sulla Lazio cosa ci dici? Bella e convincente, oltre le aspettative. Però se mi chiedi come finirà ti ripeto che la Juve è favorita. Ma attenzione ai pericoli che
serie indiscrezioni che darebbero Simone Inzaghi in partenza per Torino… Ovviamente quando Allegri
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Il Punto/La Partita
Rivoluzione d'ottobre o quiete dopo la tempesta? S
e si chiedesse ad Allegri cosa servono a tutt'oggi le rappresentative nazionali, non c'è dubbio che la risposta sarebbe: “A recapitarmi giocatori infortunati”. Alla Continassa si trema ad ogni pausa del calendario, dedicata alla ribalta per un senso patrio che declina sempre più. Si rispolvera ogni volta la diaspora della rosa, evaporata fino agli angoli più reconditi del globo, con il costante abbonamento al rientro di autentiche armate brancaleone, che si sorreggono su stampelle, bloccate da tutori e fasciature varie. Fatto sta che l'ingresso dell'infermeria di Vinovo assomiglia alla porta girevole dell'Hotel Ritz di Place Vendome. Per un Khedira che prende una boccata d'aria, dopo l'amichevole col Derthona, c'è un Mandzukic che entra, in forte dubbio per sabato. Entra Barzagli, stazio-
na Pjanic e non consolano le uscite estemporanee di Marchisio e Pjaca. Troppo presto. La Lazio incombe e non solo. Ha inizio un ciclo di ottobre da far tremare i polsi: dopo i romani, in ordine lo Sporting Lisbona, l'Udinese in trasferta, la Spal infrasettimanale, San Siro milanista e di nuovo lo Sporting in Portogallo. Dire che la Juve si gioca una bella fetta di stagione in questo scorcio di autunno è puro eufemismo. Venir fuori dal tour de force con risultati confortanti, sarebbe il miglior viatico ai festeggiamenti del 120° compleanno della Vecchia Signora il 1° di novembre. Assai meno romanticamente, si porrebbero le basi per l'ennesima stagione vincente. Altrimenti si aprirebbe uno scenario simile ad un inizio di rivoluzione. In casa Juve comunque non si è portati a piangersi ad-
dosso. Non per nulla questa è l'esortazione che Allegri ha spedito a casa Higuain. L'allenatore non si è mai concesso alla disperazione, barcamenandosi con grande capacità e disinvoltura al cospetto di situazioni talvolta pesanti, in fatto di infermeria piena. Gli va riconosciuto. E la scelta della società di potenziare la panchina, quasi obbligata, a lungo risulta pagante,
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ob torto collo. La vigilia di Juve–Lazio è trascorsa tra l'ansia di vedere tornare i pezzi pregiati e la necessità di rimettere in pieno uso i malconci. Tutto ruota attorno a Marione Mandzukic. Dopo aver contribuito in toto alla qualificazione della sua Croazia agli spareggi, la caviglia che ha retto grazie ad un'infiltrazione è da valutare. Con ogni probabilità, si preferirà preservarlo
per la Champions. Con lo Sporting, tra andata e ritorno, si giocano tutte le chances di qualificazione. In tal caso la presenza di Douglas Costa come esterno sinistro diventerebbe consistente, in un modulo che vede il Pipita al centro di un attacco con Cuadrado a destra e Dybala trequartista/seconda punta. (Sturaro esterno alto di sinistra è un film già visto e quindi non sorprenderebbe!). Variabile da non sottovalutare: come avranno smaltito il fuso orario i sudamericani nuovamente juventini solo al giovedì? A questi si aggiunge Bentancur, novella scoperta non solo in casa Juve, che dovrà fare coppia obbligata con Matuidi, fino a completo recupero di Pjanic, che manca assai. Relativa tranquillità in difesa, pare quasi un controsenso, alla luce dei grandi dubbi destati fino ad ora dal reparto. Lichtstei-
ner ed Alex Sandro (altro sudamericano in viaggio) sulle fasce, con Chiellini e Benatia in mezzo. Azzardo calcolato. Che Szczesny sia della tenzone, è nei pensieri del mister. L'unica sicurezza è che a fare visita all'Allianz Stadium viene una delle compagini più in forma e attrezzate del lotto. Basta riferirsi alla finale di Supercoppa, per rendersene conto. Minirivincita? Ci può stare, ma 3 punti da incamerare valgono più di velleitarie rese dei conti, anche alla luce di incontri concomitanti che potrebbero dare una mano alla Juve a riacchiappare la vetta sfuggita per decisioni VARie. Era da oltre un anno e mezzo che Madama non si presentava in campo non da capolista. E la cosa fa un certo effetto… Marco Sanfelici
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ControCorrente
L'Ital-Ventura agli spareggi, è già ultima spiaggia La peggior Nazionale che si ricordi rischia di restare fuori dai Mondiali per gli errori e l’insipienza tattica del nostro c.t. di ENRICO HEIMAN
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iciamo la verità, lunedì sera al gol di Candreva abbiamo tirato tutti un sospirone di sollievo. Nello stadio di Skoder (per gli italiani Scutari di fronte all’omonimo lago che lo separa dal confine col Montenegro) al minuto 28 della ripresa la Nazionale azzurra è riuscita a superare l’Albania qualificandosi tra le quattro migliori seconde che a novembre disputeranno gli spareggi per i Mondiali del 2018 in Russia. Contro chi lo sapremo martedì prossimo, giorno del sorteggio. Sono quattro le possibili avversarie: Svezia, Nord Irlanda, Grecia e Irlanda. Inutile cercare di stabilire quale sia la più pericolosa: per l’Italia attuale sono pericolose tutte. Fuor di metafora, il c.t. Gianpiero Ventura è il maggior responsabile della crisi in cui sono precipitati gli azzurri. Tra la fine dell’estate e questo inizio d’autunno la nostra Nazionale ha mostrato limiti tecnici e una totale disorganizzazione di gioco, come non si vedeva da cinquant’anni. E forse non si era vista mai. Il 2 settembre a Madrid siamo stati travolti dalla Spagna, netta vincitrice del nostro girone, con una prestazione da voto
“zero”. In quella circostanza Ventura si è presentato con lo sciagurato modulo 4-2-4 che prevede due soli mediani: De Rossi, in precarie condizioni fisiche, oltre ai suoi 34 anni, e il celebrato Verratti, cioè il nulla precostituito. Anche se la critica, giornali e televisioni si ostinano a considerarlo un grande giocatore. Infatti la scorsa estate il Paris S.G. ha cercato di venderlo in ogni modo, senza trovare il compratore. Segno che all’estero sono più realisti di noi. “Errare umanum est (dicevano i latini) perseverare diabolicum”. Proverbio che Ventura non conosce, o forse non apprezza, visto che continua nei suoi errori. Lo scorso venerdì, qui a Torino, ha affrontato la Macedonia con un inedito 3-4-3 che celava un sottile inganno. A centrocampo infatti i mediani erano due, Parolo e Gagliardini. Un giocatore serio, il laziale, un giovane sovrastimato e di scarso costrutto l’interista. Ai lati agivano due esterni, Zappacosta a destra e Darmian a sinistra. Morale, in mezzo al campo la “falange macedone” ha potuto scorrazzare liberamente mettendoci più volte in difficoltà. Illusione al gol di Chiellini, che a 33 anni è ancora tra i migliori, poi crollo nella ripresa e pareggio nel finale ad opera di un certo Trajkovski, che
per la cronaca gioca (non sempre) nel Palermo. Qui la stampa si è esercitata con titoli a piacere. La Gazzetta dello Sport, in stile democristiano, se l’è cavata con “Italia fischiata”, la Stampa è andata sul più comodo “Italia alla frutta”, visto che l’avversario era la Macedonia. L’eco della figuraccia e soprattutto della pochezza della nostra squadra si sono fatte subito sentire in Federazione. Il presidente Tavecchio è stato chiaro: ”Se non andiamo ai Mondiali per il calcio italiano è l’Apocalisse”. E ha ragione, anche se Ventura lo ha voluto lui. Uomo di esperienza, si diceva. Ma non basta. Bisogna capire e non solo imitare sistemi di gioco altrui. Perché in squadre di club è un conto, in Nazionale è diverso. Con le lacrime in tasca, e palese nervosismo tra i giocatori, siamo andati in gita sul lago di Scutari per far visita all’Albania.
Ma Ventura, con discorsi da sindacalista, ha ripresentato il suo orrendo 4-2-4. Evidentemente non può farne a meno. In mezzo al campo i soliti due, Parolo e Gagliardini. Crisi di gioco scontata e preoccupante. Ma si dà il caso che l’Albania, sino all’anno scorso allenata da De Biasi, che riuscì a qualificarla agli Europei 2016, ed ora passata sotto la guida di Panucci (sempre Italia è) pur lottando caparbiamente sia meno forte della Macedonia. E così nel secondo tempo le energie
degli “schipetari” (etnia albanese) si sono affievolite e gli azzurri, con una prova un tantino migliore rispetto alla Macedonia, hanno imbastito qualche bella azione e sono arrivati al gol di Candreva. Merito di una perentoria iniziativa di Spinazzola sulla sinistra, con preciso cross verso destra per la conclusione del citato Candreva. E relativo approdo agli spareggi per i Mondiali. La Gazzetta ha titolato “Testina di serie”. Quanto mai appropriato. La Stampa se l’è cavata con un giustificato “Sollievo Italia”. Il sospirone cui abbiamo accennato in apertura. Ma il tormentone sulla Nazionale continua. Il giorno dopo Luigi Garlando, capo servizio calcio in Gazzetta, ha detto chiaro e tondo “Bisogna infoltire il centrocampo” , oltre a una serie di considerazioni negative sul modulo azzurro. E sulla “rosea” di mercoledì Sebastiano Vernazza, autorevole firma calcio d’ispi-
razione genovese, è stato ancor più esplicito:”Italia da cambiare, basta con il 4-2-4. In mezzo servirà un uomo in più”. Per chi scrive ce ne vorrebbero due in più. Martedì sapremo quale sarà la nostra avversaria ai “playoff”. Gare di andata e ritorno. Ma in ogni caso, come hanno ribadito da più parti, Ventura è ormai con le spalle al muro. Anche se riusciremo a qualificarci per i Mondiali, la situazione non cambierà. Augurabile che si possa recuperare De Rossi, uomo importante, oltre al rilancio di Florenzi e la riconferma di Zappacosta e Spinazzola sugli esterni, ma è in mezzo che casca l’asino. A meno che Ventura si ravveda e schieri almeno tre mediani: ipotizziamo Florenzi, De Rossi, Parolo. E trovi collocazione più idonea per Insigne, che nel Napoli è qualcuno, mentre in Nazionale scompare. Non ci sembra di chiedere troppo.
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Analisi
L'obiettivo Champions è solo un sogno? Le ultime dichiarazioni rilasciate da Allegri sulla Coppa dalle 'grandi orecchie' destano perplessità
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all'intervista rilasciata in settimana da Massimiliano Allegri a 'Premium sport' è emersa l'ennesima conferma di una realtà inoppugnabile che lo scriba sostiene da anni, nonostante gli sia valso l'ostracismo di molti a tutti i livelli, giacché la verità disturba, vieppiù quando non si limita a demolire le illusioni costruite per incapacità di accettarla, ma evidenzia la vigliaccheria di chi, conoscendola, è troppo pavido e compromesso per denunciarla. “Obiettivo” e “sogno”, parole che nel gergo quotidiano sono pronunciate talvolta con eccessiva leggerezza, hanno due significati ben precisi e distinti, tali per cui, chi ha estrema confidenza con la lingua italiana ne fa un utilizzo assolutamente mirato, il cui senso, retrostante e ultimo, a causa del
diffuso analfabetismo funzionale, sfugge inesorabilmente a chi ne è afflitto. A dispetto dei piani industriali, dell'avanguardia nelle strutture, di una solidità inscalfibile garantita dall'appartenenza a un gruppo fra i più facoltosi del pianeta, alla proprietà di Juventus F.C. S.p.A. non importa un ficco secco di allestire una squadra che sia davvero potenzialmente in grado d'innalzare al cielo la Uefa Champions League, perché già economicamente paga di un percorso che dovesse arrestarsi ai quarti di finale, scevro della sgradevole implicazione di dover prevedere successive e importanti elargizioni nel caso di miracolistica conclusione del torneo. Conta solo poter esporre un buon bilancio, peraltro destinando i dividendi a riserva e ricorrendo inevitabilmente all'esca-
motage delle plusvalenze, giacché in loro assenza, e vale anche per il prossimo esercizio, quindi cominciate pure a preoccuparvi, sarebbe già grasso che cola chiuderlo in pareggio. Va da sé che alla luce di siffatta politica aziendale, la grolla calcistica degli eletti mai si affrancherà dalla dimensione onirica perché, anche in virtù di dei miserabili proventi erogati dal “main sponsor”, ergo la Jeep, le campagne di mercato non saranno mai rivolte alla creazione di un organico fortissimo, completo in ogni reparto e con un'età media ottimale, ma bensì orientate alla ricerca dell'occasione
(sovente uno scarto “sinistrato” dei campionati maggiori) o indirizzate verso gli assistiti dei procuratori “amici” o affidate all'estro e in certi casi alla convenienza personale di chi, nel suk, anche extra peninsulare, dovrebbe muoversi come
in casa propria. Altrettanto ovvio che anche il gestore del patrimonio tecnico sia confacente e allineato alle linee guida di chi detiene le chiavi della cassaforte. L'obiettivo è vincere il cam-
pionato e ci mancherebbe pure che così non fosse, stante l'abisso strutturale che separa la Juventus dalle altre partecipanti e che costituisce, esso stesso, il fondamento di una sopravvalutazione in forza della quale, al dunque del calcio
che conta, l'inganno si svela in tutta la sua impietosa crudeltà. Questa mentalità retriva, una vera propria apologia del provincialismo, non può certamente essere ribaltata da un uomo solo..., a maggior ragione se condivisa e sostenuta da una platea popolare per natura restia al cambiamento che nei rari momenti di libertà dalla suggestione invoca, ma che, in punta di fatto, nel profondo del cuore respinge. In ultima istanza, quanto dichiarato da Allegri nel suo idioma allineato e coperto, non è poi così dissimile da una certa esternazione di Antonio Conte, che si espresse al riguardo in maniera certamente poco affine al cosiddetto stile Juve, ma sicuramente accessibile anche alle menti più ruvide, e non si scosta di tanto da quello che affermò Dani Alves all'alba del suo divorzio dalla bianconera Signora. Il club sabaudo non è ambizioso nella misura in cui il suo blasone e il seguito che si trascina, meriterebbe. Questo è, questo annacqua la soddisfazione per la supremazia condominiale in chi ha una visione meno ristretta e induce a considerarla dovuta, producendo giustificatissime irritazioni quando, almeno in quell'ambito, non viene
esercitata priva di tentennamenti, improvvisazione, sicumera e patetiche alzate d'ingegno. Il vertice dà alla gente quello che in fondo vuole; un precetto che regola ogni contesto in cui si debba vendere qualcosa, e la strategia si perpetuerà fino a quando la massa critica di chi pretenderà di più e di meglio sarà finalmente raggiunta. Nel frattempo, chi si contenta goda finché può, perché arroccarsi su rendite di posizione, nel lungo periodo è sempre una scelta perdente. Augh. Ezio Maletto
(Dall'alto a sinistra in senso orario: il Presidente della Juventus Andrea Agnelli; la Champions League; Massimiliano Allegri in versione pensierosa; Pavel Nedved, Paratici e il direttore generale bianconero Giuseppe Marotta)
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Speciale Atletico Torino
Una società modello a Mirafiori Nord Il sodalizio presieduto da Arcella vanta 16 squadre e 300 tesserati. Il dg Cocchi: “Obiettivi precisi e struttura adeguata”
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a tre anni direttore generale dell'Atletico Torino dopo essere stato Presidente e dg del Vanchiglia, Fulvio Cocchi ci fornisce una panoramica sul settore giovanile della società di via Palatucci. Un sodalizio in piena evoluzione quello di Mirafiori Nord: dopo
e strutturato in modo notevole il settore, raggiungendo un primo obiettivo molto importante: tutte le nostre squadre giovanili che potevano ottenere il pass per i campionati regionali ce l'hanno fatta. Siamo cosi una delle poche società di Torino ad aver raggiunto
essere diventata la terza forza cittadina grazie alla promozione nel campionato 'Eccellenza' (la terza nella storia, la prima ottenuta 'sul campo') avvenuta la scorsa stagione, l'Atletico ha incrementato anche i numeri delle altre squadre, dai più piccoli alla Juniores: “Quest'anno partiamo con obiettivi precisi e una struttura definita e adeguata – ci spiega Cocchi - abbiamo incrementato la scuola calcio
questo obiettivo e una delle 18 società tra l'intero Piemonte e Valle d'Aosta. Allievi, Miniallievi, Giovanissimi e Giovanissimi fascia/B hanno ci hanno fatto fare questo salto di qualità di cui siamo molto orgogliosi!”. Notevole anche l'affluenza dei nuovi ragazzi alla scuola calcio giallo-bianco-blu: “Siamo arrivati al punto di avere solo in questa 'categoria' qualcosa come dieci squadre che parteciperanno
ai campionati – aggiunge Cocchi -, più un gruppetto di 'piccoli amici' che svolge attività propedeutica al mondo del football. Il totale complessivo è di 16 squadre, compresa Juniores e Prima Squadra, rispetto alle 14 dello scorso anno. Per quanto riguarda il nu-
mero dei tesserati, come scuola calcio superiamo le 140 unità più altre 100 nel settore giovanile e più una quarantina tra Prima Squadra e Juniores. Quindi arriviamo a quasi 300 tesserati che giocano nell'Atletico Torino. Credo che siano numeri davvero importanti, inoltre ogni squadra ha il suo preparatore atletico, la possibilità del massaggiatore e gli istruttori della scuola calcio sono tutti ragazzi che hanno frequentato il corso della Federazione”. Una realtà davvero importante quella dell'Atletico, che culmina con la prima squadra: “Quella è la ciliegina sulla torta – conclude Cocchi -, aver raggiunto il campionato 'Eccellenza' è stato molto importante.
Ma l'obiettivo principale è quello di valorizzare i nostri giovani del vivaio, per dare loro una opportunità: almeno 4-5 ragazzi del 2000 si allenano con i più grandi e all'occorrenza partecipano alle loro gare. Senza dimenticare che l'Atletico ha 4 ragazzi che giocano nella
e importante quello della società presieduta da Fortunato 'Mimmo' Arcella. L'augurio è che possa svilupparsi ancora, per rafforzare il suo ruolo di terza forza cittadina facendo giocare e divertire piccoli e grandi al Palatucci, il campo posto all'interno del circolo 'Beppe Viola'
Beretti del Torino Fc. La collaborazione con la società granata è buona ma anche con la Juventus ci sono rapporti non indifferenti. Proprio oggi, ad esempio, mi è arrivata richiesta per un bambino del 2009: i bianconeri ci hanno chiesto se era possibile fargli fare una serie di allenamenti con loro. Ripeto: noi vogliamo dare opportunità a tutti di fare esperienze importanti”. Un settore giovanile florido
che comprende anche tennis, calcio a 5 e pallamano. Roberto Grossi (In alto a sx: il ds Santomauro, il Presidente Arcella e il dg Cocchi; in mezzo alla pagina i responsabili del settore giovanile di Torino e Juventus Benedetti e Marchio con cui l'Atletico ha ottimi rapporti; qui sopra l'impianto sportivo Palatucci; qui a sx il presidente Arcella e il suo vice Delvento)
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Speciale Atletico Torino
Piazzoli: “Salvezza subito e cresciamo i giovani” Il tecnico: “Prediligo il calcio offensivo ma in questo campionato non è facile. Il sogno? Cambiare orari alle partite”
R
omano di Monte Sacro, classe '64, tifoso laziale doc, Vincenzo Piazzoli è ormai 15 anni che risiede sotto la Mole. Da giovane ha fatto il portiere a buoni livelli: Lodigiani e Pistoiese nelle giovanili poi 14 anni di serie D con diverse squadre (“Quando la 'D' era un campionato di alto livello” ci tiene a precisare). Moglie torinese, ha iniziato ad allenare in quel di Venaria, dove ha vinto il campionato
Juniores Regionale, poi Promozione ed Eccellenza, per un totale di 4 tornei conquistati in 10 anni. Non male come score. Vincenzo è alla seconda stagione consecutiva alla guida dell'Atletico Torino (la quarta totale). Un anno difficile questo appena iniziato, alle prese con il campionato di Eccellenza dopo il salto di categoria ottenuto dall'Atletico lo scorso anno, che ha portato la società del quartiere Mirafiori Nord sul podio cittadino, alle spalle di Juventus e Torino. Mister Piazzoli, quali sono gli obiettivi stagionali dell'Atletico Torino? Raggiungiere la salvezza prima possibile per consolidare la nostra società in questa categoria e far crescere i nostri giovani. Siamo una piccola realtà per il campionato Eccellenza, abbiamo mezzi economici modesti, altre società vantano budget di spesa piu alti. Dobbiamo quindi arrangiarci operando scelte giuste, responsabili, oculate, inserendo i giovani più adatti al nostro caso e mixandoli con i più 'esperti'. Non è facile questo campionato, ci sono tante buone squadre: negli ultimi anni, per fare un esempio, le torinesi non hanno avuto fortuna perchè le compagini della provincia hanno mezzi più cospicui. A Torino città ci siamo noi e il Lucento, entrambe dobbiamo
faticare per mantenere la categoria. Domenica prossima inoltre ci tocca un quasi derby, quello col Rivoli: loro sono penultimi noi a metà classifica, uno scontro-salvezza importante. Che modulo di gioco adottate? Giochiamo col 4-3-3, cerchiamo di attaccare palla a terra e di fare punti attraverso il gioco e non con l'anti-calcio. Ho sempre
prediletto il gioco offensivo, almeno quando è possibile. Ripeto, questo campionato è tutt'altro che facile. Per fortuna ho a disposizione un buon mix di giovani e di 'anziani', esperti della categoria. Tra i giovani ti posso fare i nomi di Cavarero, Coppa e Visagi. Tra gli esperti Di Matteo, Persiano e Maglie. E poi menzione speciale per Curto. Il vostro impianto, il Pala-
s.r.l.
tucci, vi fornisce una spinta in quanto a presenze sugli spalti? Abbiamo un discreto seguito di pubblico, il nostro è un quartiere dove si vive e ci si allena bene e dove i giovani possono dare il meglio. Noi ci sentiamo veramente una squadra 'di quartiere' per il campionato Eccellenza: un po' come il Chievo in serie A... Certo, un grande ostacolo per il numero di supporters è rappresentato dagli orari in cui si giocano le partite, cioè in concomitanza con quelle della serie A. Questo ci porta via parecchia gente dagli spalti, specie quando giochiamo in concomitanza con Juve e Toro... Occorrerebbe cambiare orari per avere più tifosi: so ad esempio che nel Lazio le partite dell'Eccellenza si giocano domenica alle ore 11... A proposito di Lazio. Lei è un grande tifoso degli aquilotti e sabato allo Stadium affrontate la Juve... Un impegno difficilissimo per noi. E' vero che abbiamo vinto l'ultima Supercoppa contro i bianconeri ma qui a Torino, per noi e non solo per noi, è sempre un'impresa fare risultato. Oltretutto la Juve non sbaglia mai due gare di seguito e a Bergamo ha già lasciato per strada due punti. Inzaghi comunque non farà barricate: lui vuole giocarsi le partite, è un allenatore che mi piace
molto anche perchè ha fatto la giusta gavetta vincendo con Primavera e Allievi. E' veramente difficile fare bene il mestiere dell'allenatore? E' un mestiere per nulla facile e non lo impari in un giorno neanche se sei stato un grande calciatore. Infatti tanti ex campioni o gente comunque di grande livello hanno miseramente fallito il cambio di 'lavoro'. Allegri?
Lui mi piace meno rispetto a Inzaghi, non è il mio ideale di allenatore. Anche se va detto che vincere non è mai una cosa semplice e lui sotto la Mole sta vincendo veramente tanto. Però Conte era un'alta cosa: lui sa dare quel valore aggiunto alla squadra come pochi altri. Sul campo le sue squadre si distinguono sempre, è capace di sfruttare al massimo i giocatori che ha. Un pronostico finale? La Lazio arriverà quarta o quinta e si fermerà ai quarti di finale di Europa League. La Juve rivincerà lo scudetto ma in Champions troverà ostacoli molto alti, forse insormontabili... Roberto Grossi (In alto a sx mister Vincenzo Piazzoli; in alto al centro la prima squadra dell'Atletico Torino; nelle altre foto alcuni calciatori sempre della prima squadra che quest'anno è stata promossa nel campionato Eccellenza diventando così la terza forza cittadina alle spalle di Juve e Toro)
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Squadra ospite
Lazio, allo Stadium senza paura! I capitolini arrivano a Torino lanciatissimi in classifica. Luis Alberto: “Possiamo battere la Juve!”
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uarti in classifica, con una lunghezza di vantaggio dai rivali di sempre giallorossi. Non potrebbe esserci viatico migliore per la Lazio, che si appresta ad affrontare la Juventus all’Allianz Stadium. Senza dimenticare che all’inizio della stagione, i bianco-
celesti di Simone Inzaghi sono già riusciti a dare la prima delusione agli uomini di Massimiliano Allegri, battendoli nella finale della Supercoppa Italiana. Calcio di agosto finché si vuole, ma la sfida con i bianconeri all’Olimpico è stata comunque un gustoso antipasto per un inizio di stagione che ha visto la formazione capitolina come una delle squadre più in forma in questa prima parte di campionato, al netto del brusco ko subito contro il Napoli, capace di sbancare l’Olimpico con un sonoro 1-4. Per contro, tra i risultati ottenuti dai biancocelesti in questo inizio di torneo, oltre al tennistico 6-1 rifilato nell’ultimo turno al Sassuolo, spiccano i successi esterni con Chievo, Genoa e Verona e il 4-1 sul Milan. Un inizio di stagione decisamente incoraggiante per la Lazio, che non
sembra aver accusato il colpo delle partenze di Biglia e Keita. CERTEZZE Tra i capisaldi della formazione di Inzaghi ci sono la difesa a tre e il bomber della Nazionale Ciro Immobile. A Torino toccherà a Patric completare il terzetto difensivo, al posto dell’indisponibile Wallace, insieme agli inamovibili De Vrij e Radu, mentre Immobile sarà come sempre il terminale offensivo anche contro i bianconeri, già trafitti dal centravanti campano con una doppietta in Supercoppa. Il modulo di Inzaghi prevede anche una linea mediana composta da quattro elementi, oltre a due centrocampisti con spiccate doti offensive a ridosso dell’unica punta centrale, che rispondono ai nomi di Milinkovic-Savic e Luis Alberto.
Numeri e Statistiche
NUOVO IDOLO Se il centrocampista serbo è un punto fermo della squadra di Inzaghi ormai da tre stagioni, lo spagnolo si sta imponendo come nuovo idolo dei tifosi grazie ad un inizio di stagione scoppiettante. Prelevato nell’agosto del 2016 dal Liverpool, dopo avere concluso la scorsa stagione con 10 presenze e una rete, lo spagnolo sta ripagando Lotito dei circa 5 milioni spesi per il suo cartellino. La doppietta (la sua prima in serie A) contro il Sassuolo ha caricato a mille il trequartista biancoceleste, che sogna di ripetersi contro la Juve: “I bianconeri insieme al Napoli stanno sopra a tutti – le parole in settimana di Luis Alberto - ma noi possiamo giocarcela contro chiunque. Sarà sicuramente una grande partita e io non vedo l’ora di scendere in campo. Sarà una gara
complicata, ma sappiamo di poterli battere, perché lo abbiamo già dimostrato in Supercoppa. Dovremo provare a metterli in difficoltà giocando il nostro calcio, tenendo il pallone e cercando di sfruttare al massimo le occasioni che avremo”. Giovanni Rolle (Da sx a dx: Immobile, Radu e Dybala; Higuain e De Vrij; Lucas Leiva; qui sotto a sx Inzaghi)
di Massimo Fiandrino
■ INZAGHI, 2° MIGLIOR MISTER DI SEMPRE DELLA LAZIO. MEGLIO SOLO ERIKSSON MA SIMONE MEGLIO DI MAESTRELLI 1,885 la media punti di Simone Inzaghi, il 2° miglior mister
Biancoceleste in serie A come media punti, precede in questa speciale classifica Maestrelli con 1,719 ma è preceduto da Sven-Goran Eriksson con 1,895 punti di media a partita. Eriksson 1,895 – punti conquistati 218 (63v, 29n, 23p) Inzaghi 1,885 – punti conquistati 98 (30v, 8n, 14p) Maestrelli 1,719 – punti conquistati 184 (50v, 34n, 23p)
■ IL MIGLIOR MISTER NELL'ERA LOTITO Con 30 vittorie, 8 pareggi e 14 sconfitte in 52 partite,
Simone Inzaghi, nella gestione Lotito, è il migliore mister biancazzurro come media punti in A Inzaghi 52 partite, media punti 1,88 Reja 112 partite, media punti 1,67 Pioli 69 partite, media punti 1,60 Petkovic 55 partite, media punti 1,47 Rossi 152 partite, media punti 1,46 Papadopulo 22 partite, media punti 1,22 Caso 16 partite, media punti 1,06 Ballardini 23 partite, media punti 0.95
Giornale sportivo per i tifosi di Juventus e Torino
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Impaginazione e grafica Silvana Scarpa Tel. 011 0371291
Hanno collaborato Bruno Bernardi, Massimo Fiandrino, Enrico Heiman, Ezio Maletto, Paolo Rachetto Marco Sanfelici, Marco Venditti Ermanno Vittorio
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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 17 DI GIOVEDÌ 12 OTTOBRE 2017
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Accadde il
1 giugno 1967
Quel mitico scudetto con sorpasso all’ultimo minuto La squadra di Heriberto Herrera e del portiere Anzolin sovverte i pronostici: beffata l'Inter Juventus-Lazio 2-1 Campionato 1966/67 34a giornata Juventus: Anzolin, Gori, Leoncini, Bercellino, Castano, Salvadore, Favalli, Del Sol, Zigoni, Cinesinho, Menichelli. All. Heriberto Herrera LAZIO: Cei, Zanetti, Masiello, Carosi, Pagni, Castelletti, Di Pucchio, Burlando, Morrone, Marchesi, Sassaroli. All. Maino Neri Arbitro: Monti Fabio di Ancona Marcatori: 47° Bercellino I 62° Zigoni 87° Di Pucchio (r.) Spettatori 35.000
J
uventus-Lazio, quanti ricordi e quante sfide. Si ritorna indietro nel tempo, si riavvolge il nastro di ben cinquanta anni tornando alla magnifica ed epica primavera del 1967. L’euroInter campione d’ Italia in carica aveva perso pochi giorni prima nella finale di Lisbona la Coppa dei Campioni, Celtic vittorioso 2-1 ed Inter delusa, comunque l’ambiente neroazzurro è tranquillo, il presidente Angelo Moratti ed il suo allenatore, l’istrionico “Mago” Helenio Herrera sono sereni nonostante la sconfitta in finale: lo scudetto sarà
nostro! Inter capolista con punti 48 segue la Juventus ad una lunghezza. La Lazio arranca in fondo alla classifica ed ha bisogno di punti a Torino per centrare l’obbiettivo della salvezza. La finale di Coppa Campioni venne disputata giovedì 25 maggio così la Lega spostò un gruppo di partite che interessavano scudetto e retrocessione di sette giorni; di fatto si disputarono giovedì 1 giugno 5 partite: Mantova-Inter, JuventusLazio, Cagliari-Brescia, Spal-Venezia e VicenzaBologna. Nonostante il giorno feriale, al Comunale sono presenti più di 35.000 spettatori (di cui circa 3000 supporters laziali). Heriberto Herrera, trainer bianconero, schiera la squadra con un modulo offensivo inserendo il tornante Favalli a sostegno delle due punte Zigoni e Menichelli. La Lazio risponde con una squadra imbottita di difensori e centrocampisti per bloccare la Juve soprattutto a centrocampo. D’altronde un punto potrebbe bastare per la permanenza in Serie A. L’allenatore laziale Neri inserisce il difensore Rino Marchesi con la maglia n° 10, Marchesi allenerà poi la Juventus a metà anni ottanta: corsi e ricorsi storici, intrecci che si incorniciano nei ricordi. Tutte le partite iniziano alle ore 18.00, il sole splende ancora an-
che senza l’ora legale che all’epoca era in divenire. La Juve parte subito all’attacco, minuto 16°: un bolide da fuori area di Gianfranco Leoncini viene intercettato con la mano dal difensore bianco azzurro Masiello, rigore! Per l’arbitro Monti si può proseguire, la VAR doveva ancora arrivare… Minuto 40°, punizione dal limite di Cinesinho, sul pallone si lancia il difensore centrale Giancarlo Bercellino, il mediano laziale Ca-
rosi non trova di meglio che colpire in pieno la gamba di Bercellino che crolla sul prato, medico e massaggiatori sono sul terreno di gioco ma per Bercellino c’è poco da fare, in pratica è claudicante e non essendoci all’epoca le sostituzioni Heriberto Herrera schiera il difensore in attacco spostando il terzino Gori al centro della difesa in marcatura del laziale Morrone. Termina il primo tempo sul nulla di fatto, un risultato che regala la salvezza alla Lazio mentre condanna la Juventus al secondo posto. Da Mantova i contatti telefonici danno il risultato del primo tempo (0-0). La Rai con una decisione alquanto bizzarra non aveva deciso di mandare in onda le radio cronache delle partite così ci si teneva in contatto telefonicamente da tribuna stampa a tribuna stampa. Altri tempi, smartphone e cellulari non esistevano,
l'unico cellulare conosciuto era quello della polizia… Nella ripresa Bercellino si schiera di fatto al centro dell’ attacco con Zigoni a destra e Favalli ad aiutare il centrocampo. Essendo il calcio lo sport più strano e curioso del mondo avviene che proprio lo zoppicante Bercellino vada in gol! Minuto 47°, Cinesinho da sinistra calcia un angolo, il portiere laziale Cei in uscita perde il pallone, sulla sfera si avventa Favalli che calcia a colpo sicuro ma i difensori biancoazzurri ribattono, la palla si alza a candela ed è proprio lo zoppicante Bercellino che di testa colpisce il pallone, gol! Lo Stadio esplode di gioia anche perché questa rete potrebbe significare spareggio con l’Inter se le due partite rimangono sullo stesso risultato, pareggio a Mantova e Juventus in vantaggio a Torino. La partita cambia completamente, gioco duro e pesante, gli scontri non mancano, la Lazio cerca di sfruttare la superiorità numerica ma la Juve non molla neanche di un centimetro bloccando sul nascere le azioni del centrocampo laziale. Dopo circa un'ora di gioco, intorno al sessantesimo prima la tribuna stampa poi le tribune centrali poi tutto lo stadio ha un sussulto che diventa un boato assordante, è giunta via telefono la notizia del gol di Di Giacomo, centravanti del Mantova: l’Inter sta perdendo 1-0 a Mantova! Altro boato dopo pochi minuti allorché il centravanti bianconero Gianfranco Zigoni schiaccia di testa in gol un lungo traversone da calcio d’angolo di Cinesinho che scavalcando la difesa laziale viene corretto in gol da 'Zigo Zago' Zigoni. Al 75° la partita di Torino di fatto si decide, il difensore laziale Marchesi, infortunatosi, abbandona definitivamente la contesa, le due squadre si trovano così in parità numerica. Le durezze in campo continuano costringendo il direttore di gara Monti a richiamare i due capitani Cei e Castano per cercare di calmare gli animi sul terreno di gioco, la posta in palio è diventata altissima oltre alla retrocessione si lotta incredibilmente anche per il titolo di campioni d’Italia. Mancano oramai pochi minuti al termine del match,
la Lazio non molla, discesa dell’ala sinistra Sassaroli che centra in mezzo all’ area bianconera, sfortunata deviazione con il braccio di Castano ed arriva il fischio dell’arbitro: rigore. Il giovane Di Pucchio con freddezza batte Anzolin. Gli ultimi minuti sono incredibili la tensione in campo e sugli spalti è altissima, un pareggio della Lazio significherebbe un doppio spareggio per l’aggiudicazione del titolo e per la permanenza nella massima divisione tra
Lazio, Brescia e Spal. Poi come d’incanto dopo un minuto di recupero arriva il triplice fischio dell’arbitro Monti che mette fine ad un match avvincente ed indimenticabile. Alcuni minuti di altra tensione sugli spalti ed in campo poi dalla tribuna stampa arrivano segnali inequivocabile: finita! È finita! Vuol dire partita terminata a Mantova con vittoria insperata dei biancorossi, in campo è festa tutti si abbracciano e portano in trionfo Heriberto Herrera che sempre aveva creduto nell’impresa, i cancelli si aprono ed il pubblico invade festosamente il campo, dopo sei anni arriva lo scudetto alla Juventus mentre per l’Inter è notte fonda: persa la finale di Coppa Campioni, perso lo scudetto, arriverà la settimana successiva anche la sconfitta incredibile a Padova nella semifinale di Coppa Italia, partita sec-
ca senza andata e ritorno, Padova-Inter termina con la vittoria patavina (3-2), un club di serie B che batte la blasonata Inter. In soli 14 giorni quindi l’Internazionale gettò al vento Coppa dei Campioni, scudetto e coppa Italia. La squadra bianconera termina un torneo irripetibile con numeri da record: minor numero di sconfitte (3), difesa quasi imperforabile (22 gol subiti in 34 match, solo il Cagliari rivelazione grazie alla annata incredibile del suo portiere Reginato fa meglio: 19 gol subiti). Come presenze un solo calciatore è sempre presente: il portiere Anzolin Roberto (scomparso di recente) con 34 presenze. Grande sicurezza ed uscite pronte e precise danno forza e sicurezza ad una difesa quasi inviolabile. Certamente Anzolin è un simbolo di quello scudetto incredibile con il suo alle-
natore il ginniasarca Heriberto, grandi ragazzi, grandi veramente questi ragazzi del 13°. Li ricordiamo: Heriberto Herrera (allenatore), Catella Vittore (Presidente), Amerio Giorgio (Segretario), Sgarbi Mauro (medico sociale), Sarroglia Desiderio (Massaggiatore), Anzolin Roberto, Bercellino I° Giancarlo, Caocci Renato, Castano Ernesto, Colombo Angelo, Coramini Alberto, Del Sol Luis, De Paoli Virginio, Favalli Erminio, Gori Adolfo, Leoncini Gianfranco, Menichelli Giampaolo, Sacco Giovanni, Salvadore Sandro, Sarti Benito, Cinesinho Sidney Cunha, Stacchini Gino, Zigoni Gianfranco, Rinero Elio, Maggioni Antonio. Foto e testi di Ermanno Vittorio (In alto a sx la Juve 1966/67; in alto a dx il gol di Zigoni; in mezzo il rigore di Di Pucchio; qui a sx Heriberto Herrera)
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Dybala, Higuain e Immobile: sfida tra bomber LAZIO MAI COSI' TANTI GOL REALIZZATI IN SERIE A DOPO 7 TURNI INIZIALI 19 i gol segnati dalla Lazio in questo torneo, mai i Biancocelesti avevano realizzato tanti gol a questo punto del Campionato, al massimo avevano segnato 18 reti nel 1934/35, 1942/43, 1992/93 e 1999/2000 (stagione dell'ultimo Scudetto Biancoceleste). 14 le reti stagionali per Ciro Immobile (13 con la Lazio , di queste 9 in Campionato, 2 nella Supercoppa Italiana (contro la Juventus) e 2 in EuropaLeague), più 1 in Nazionale (contro Israele),
BOMBER SERIE A DOPO 7 TURNI Reti Giocatore (Squadra) 10 DYBALA (Juventus) 9 IMMOBILE (Lazio) 7 Mertens (Napoli) Dzeko (Roma) 6 Icardi (Inter) DYBALA MIGLIOR BOMBER JUVE DOPO 7 GARE SERIE A NEL GIRONE UNICO Dopo 7 turni Bomber Campionato 10 DYBALA 2017/18 9 Borel II F. 1933/34 8 Muccinelli 1951/52 8 Boniperti 1953/54 7 Boniperti 1951/52 7 Sivori 1959/60 7 Bettega 1976/77 7 Del Piero 2002/03 7 Trezeguet 2007/08 I CANNONIERI PIÙ PROLIFICI DOPO 7 TURNI Reti Giocatore (Squadra) Torneo 14 Angelillo (Inter) 1958/59 11 Manfredini (Roma) 1960/61 10 Piola (Lazio) 1942/43 10 DYBALA (Juventus) 2017/18
DOPO 40 TURNI LA JUVE HA PERSO LA TESTA DELLA CLASSIFICA 40 Dopo 40 turni in testa alla classifica di serie A la Juventus dopo la 7^ gta del Torneo 2017/18 viene scavalcata dal Napoli. Prima di questo sorpasso, l'ultima volta che il Campionato vide i Bianconeri inseguire risale alla 4^ gta (il 18/09/2016) del 2016/2017: Napoli 12 p. Juve 10 .
HIGUAIN 98 GOL IN SERIE A COME ANGELILLO E SORMANI PER IL PIPITA 12 GOL ALLA LAZIO IN SERIE A, “VITTIMA PREFERITA” 98 i gol di Higuain in serie A (71 Napoli e 27 Juventus), raggiunge in questa speciale Classifica Sormani e Angelillo e mancano solo 2 gol alla fatidica quota 100. Di questi 98 gol in serie A, il Pipita ne ha realizzati 12 alla Lazio , la sua “vittima preferita”.
DOPO 25 ANNI IMMOBILE EGUAGLIA BEPPE SIGNORI I GRANDI BOMBER LAZIO DOPO 7 TURNI INIZIALI 25 Venticinque anni per trovare un bomber della Lazio cosi prolifico dopo 7 turni iniziali, prima di Immobile, l'ultimo biancoceleste a segnare 9 gol dopo i primi 630 minuti di gioco è stato Beppe Signori nel 1992/93, invece il Bomber della Lazio più prolifico dopo 7 turni iniziali è Silvio Piola con 10 reti nel lontano 1942/43. Per Immobile 64 gol in serie A e Capocannoniere nel 2013/14 con la maglia del Torino.
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Bettega il castiga-Lazio ma il 'pokerista' è Piola Bobby-gol ha segnato 11 reti contro gli aquilotti. 4 i gol del bomber di Robbio l'8 novembre 1942 3 Le reti di Anastasi che il 27/4/75 in Juve-Lazio 4-0, segnò una tripletta in 5 minuti (al 83', 87' e 88') venendo dalla panchina, prima tripletta di un panchinaro in A (poi eguagliato da Boateng).
1 Il poker realizzato nella storia delle sfide. Il protagonista è Silvio Piola che realizzò 4 reti (1 su rigore) l'8 novembre 1942 (1942/43) in Lazio-Juventus 5-3. Piola è stato il centravanti della Nazionale Azzurra Campio-
4 I precedenti fra le 2 squadre nella Supercoppa Italiana con 2 successi a testa. 29 agosto 1998, Juventus-Lazio 1-2 a Torino (Nedved (L) 38', Del Piero (J) 86' (rig.), Conceicao (L) 93', i bianconeri per l’enorme delusione non parteciparono alla premiazione. 18/08/2013 Juve-Lazio 4-0 (Pogba al 24', e 3 gol in 5 minuti, Chiellini al 52',
ventus-Lazio 2-3 (Immobile (L) al 32' (rig.) e 54', Dybala (J) al 85' e 91' (rig.), Murgia (L) al 93'. 7 I giocatori che hanno segnato con entrambe le maglie: J. Hansen è il bomber di questa speciale classifica con 9 reti di cui 8 per la causa bianconera ed 1 per quella laziale. Impresa riuscita anche a Nedved, Di Canio, Muccinelli,Vivolo,Casiraghi e Ravanelli. 11 Le reti di Roberto Bettega, il capocannoniere delle sfide (9 reti in Campionato, 2 in Coppa Italia) che precede Piola a 10, Charles (8 in Campionato, 1 in Coppa Italia) e Hansen J. (Juventus 8, Lazio 1) a 9, Borel II a 8 ed infine Giordano a 7. 29 Le goleade. Così suddivise: 3 gare con 8 reti, 6 con 7 reti, 7 con 6 gol, 13 con 5 segnature. È inoltre significativo includere in questa speciale classifica i 22 incontri che si sono conclusi con almeno 4 reti.
ne del Mondo 1938, capocannoniere in Campionato nel 1936/37 e 1942/43 e tutt'ora recordman dei gol complessivamente segnati in Campionato: 290.
Lichtsteiner al 54' e Tevez al 56'). Segue l'08/08/2015 a Shangai (Cina) in Juventus-Lazio 2-0 Mandzukic (J) al 69', Dybala (J) al 73' e infine il 13/08/2017 in Ju-
43 Le vittorie della Lazio, 33 in Campionato (compresa una vittoria nel Campionato Nazionale) e 8 in Coppa Italia e 2 nella Supercoppa di Lega. Le più vistose nel 1939/40 e nel 1995/96: Lazio-Juventus 4-0. 43 I pareggi. Il più frequen-
IN MEMORIA DI ROBERTO ANZOLIN Roberto Anzolin, classe '38, è stato un grande portiere tra la metà degli anni 1950 e la fine degli anni 1970, esordì nella natìa Valdagno tra le file del Marzotto Valdagno (1956-1959), per passare poi al Palermo in cui giocò per un biennio; la società rosanero lo acquistò per 40 milioni di lire, facendo un'offerta di 5 milioni superiore a quella del Milan. Prima di giocare l'ultima partita del campionato di Serie B 1960-1961 gli venne comunicata la cessione alla Juventus, cosa che non doveva sapersi prima della fine della stagione: dai piemontesi, i siciliani ottennero in cambio Tarcisio Burgnich, i prestiti di Carlo Mattrel e Rune Börjesson, più un conguaglio di 100 milioni.A Torino divenne uno dei punti fermi dei bianconeri per tutti gli anni 1960, perdendo la titolarità solo nella nona e ultima stagione in favore del più giovane Roberto Tancredi, e vincendo la Coppa Italia 1964-1965 e lo scudetto della stagione 1966-1967. E' scomparso il 6 ottobre scorso e molti tifosi bianconeri non lo hanno dimenticato. Qui di seguito pubblichiamo una lettera di uno di loro. Ciao Roberto, era l'ottobre del 1962, avevo sei anni, primi giorni di scuola. Ero già juventino dalla nascita, mio padre aveva infatti voluto chiamarmi Giampiero, in onore del grande Boniperti. Mi venne regalata una foto della Juventus di quel campionato che ancora posseggo. C'era Sivori, Salvadore, Del Sol, Leoncini, Castano, Stacchini (tutti giocatori che ho amato alla follia nella mia stagione di bambino)
te e l'1-1 verificatosi in 19 occasioni, segue lo 0-0 uscito 13 volte. 90 Le vittorie della Juventus, 79 in Campionato (compresa una vittoria nel Campionato Nazionale), 9 volte in Coppa Italia e 2 nella Supercoppa Italiana del 2013
e un dinoccolato centravanti un po' lento e statico che però aveva un cannone al posto del piede destro, un certo Miranda. Ma c'eri soprattutto Tu, Roberto Anzolin, con quel maglione nero con il colletto a V a righe bianconere e quello strano ciuffetto in testa. Fu amore a prima vista e diventasti subito il mio Eroe preferito. Fino all'ultima stagione quando stavi per regalarci il sogno dello scudetto 1970, ma Gigi Riva, quell'anno, fu più forte anche di Te. Quel maledetto rigore, lo avevi quasi parato! Coppa Italia 1965, Campionato 1967, poca Nazionale purtroppo, anche se, chi ha vissuto il calcio degli anni sessanta, sa benissimo che avresti meritato maggior fortuna per le doti che avevi e la bravura che dimostravi tutte le domeniche con quel bellissimo maglione nero. Tra le mie cose a cui tengo moltissimo c'è un disegnino fatto in prima elementare dedicato a te che conservo gelosamente. Un abbraccio forte, 'Jashin di Valdagno'.
(4-0) e 2015 (2-0). Le più vistose sono 5: 4 volte per 6-1 nel 1934/35, 36/37, 58/59 e 1993/94, inoltre spicca il 5-0 del 1952/53. 146 Le sfide fra le 2 squadre nel Campionato a Girone Unico, 78 le vittorie dei bianconeri , 36 i pareggi e
Giampiero Parigini
32 le vittorie laziali, 262 le reti bianconere e 160 quelle biancocelesti. (In alto a sx Silvio Piola; in basso a sx Bettega con Causio e Anastasi; qui sopra una parata di Roberto Anzolin soprannominato: 'Jashin di Valdagno')
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'Tango bianconero', la storia degli argentini di Madama L'ultima fatica letteraria di Salvatore Lo Presti: dai fratelli Boglietti a Dybala e Higuain
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ono stati 26, in gran parte di origine italiana, i calciatori provenienti dall’Argentina che hanno giocato nella Juventus e partecipato (con oltre 1900 presenze e più di 750 gol ) alla conquista di oltre quaranta trofei: ecco le loro origini, la vita, le bizzarrie, le personalità, i segreti della loro vicenda bianconera. Tre di loro (Luisito Monti, Mumo Orsi e Mauro German Camoranesi), hanno contribuito anche da oriundi in maglia azzurra alla conquista di due dei quattro titoli mondiali della Nazionale italiana, quelli del 1934 e del 2006. Una cavalcata che comincia nel 1913, all’epoca dei pionieri, con l’esordio dei fratelli Ernesto e Romulo Boglietti e di Mauro Marchisio e che dopo oltre un secolo, è ancora aperta. In questo libro, 'Tango bianconero' (15 euro, 264 pagine, casa edi-
trice Bradipolibri), vengono raccontate le loro vite movimentate, le storie curiose, le passioni, le stranezze e il loro viscerale legame con la musica e, ovviamente, con il tango. Renato Cesarini, l’inventore della omonima “zona”, è stato anche l’allenatore che, con il pupillo Omar Sivori, condusse la squadra bianconera a centrare la prima doppietta scudetto-Coppa Italia. Un paio di loro inoltre, Rinaldo Martino e Juan José
Maglio, sono stati fra le colonne del San Lorenzo de Almagro, la squadra per cui faceva il tifo in gioventù Papa Francesco. Il racconto – avallato da preziose testimonianze – della loro attività e soprattutto della loro parentesi bianconera, è arricchito dai dati statistici salienti che ne inquadrano meglio la carriera. Questi i 26 argentini: Almiron Sergio Bernardo, Boglietti Ernesto Inocencio, Boglietti Romulo, Calvanese Salvador, Camoranesi Mauro German Serra, Castellucci Eugenio, Cesarini Renato, Conti Raul, Della Valle Edmondo, Dybala Paulo Bruno Exequiel, Esnaider Juan Eduardo Belen, Higuain Gonzalo Gerardo, Maglio Josè Juan Felix,Marchisio Mauro, Martino Reinaldo Fioramonte, Monti Luis Felipe, Orsi Raimundo Bibiani, Osvaldo Pablo Daniel, Pereyra Roberto Maximi-
lian, Ricagni Eduardo, Rosa Humberto Jorge, Sivori Omar Enrique, Sorin Juan Pablo, Tevez Carlos Alberto Martinez, Trezeguet David Sergio, Vairo Juan Apolonio Moramarco. Salvatore Lo Presti è l’unico giornalista che ha lavorato per tutti e quattro i quotidiani sportivi italiani. Nato a Marsala nel 1940, consigliere Nazionale dell’USSI (Unione Stampa Sportiva Italiana) e Delegato AIPS, ha scritto diversi libri di argomento calcistico come “Profondo Granata”, “Azzurro come Marsala”, “Lo stadio racconta”; ha collaborato alla enciclopedia Treccani ed è coautore dell’enciclopedia Archivio Juventus. è fondatore e curatore dell’”Annuario del calcio mondiale”, manuale cult dell’editoria sportiva italiana. Con Bradipolibri ha scritto anche 'La Juve è tutta un quiz'. (r.g.)
'Tristano e Isotta': Noseda inaugura la stagione teatrale Al Regio, dal 10 al 22 ottobre, il capolavoro di Richard Wagner. Gianandrea Noseda sul podio dell’Orchestra e Coro
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al 10 al 22 ottobre va in scena al Teatro Regio “Tristano e Isotta” di Richard Wagner. Lo spettacolo inaugura la stagione teatrale 2017-2018. Gianandrea Noseda, sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio, interpreta per la prima volta la partitura simbolo di tutta la produzione wagneriana. L’allestimento, proveniente dalla Opernhaus Zürich, si avvale della regia di Claus Guth, celebre Theaterregisseur tedesco, che porta per la prima volta il suo “Tristano” in Italia. “Tristano e Isotta” è la tormentata storia di due giovani che, stregati da un potente filtro, si uniranno in un inscindibile amore. Durante un’appassionata notte, nei giardini del castello di re Marke, i due vengono sorpresi. Il fatto scatena una violenta colluttazione, pro-
vocata dalla gelosia del re, nella quale Tristano cade ferito gravemente. In preda al dolore, Tristano, troverà un’ultima grande consolazione nel rivedere Isotta e nel suo abbraccio, abbandonarsi alla morte. Nel canto supremo di Isotta, il celebre “Liebestod”, anche lei si congeda dal mondo unendosi in un amore eterno a Tristano. Sulle note del leitmotiv della “felicità”, Isotta cade esanime sul corpo di Tristano. Il libretto, scritto dallo stesso Wagner, è rivestito da un fluire pressoché ininterrotto di musica, un flusso perpetuo che preannuncia l’eternità, aspetto particolarmente valorizzato in questo allestimento. L’indeterminatezza temporale, oltretutto, è rafforzata da una dimensione spaziale indefinita. L’ascoltatore viene immerso simultaneamente in due dimensioni: quella umana, appartenente al re Marke, sorretto da un linguaggio armonico tradizionale, e quella trascendentale, appartenente a Tristano e Isotta, avvolti da una musica profondamente cromatica, che rasenta l’atonalità. L’opera, in tre atti, avrà una durata complessiva di circa 4 ore e 45 minuti, con due intervalli di circa trenta minuti dopo l’Atto I e dopo l’Atto II. Claus Guth immerge i tre protagonisti,
Tristano, Isotta e Marke, in un lungo piano sequenza cinematografico, metafora del continuo fluire della musica di Wagner e dell’incrocio dei destini dei personaggi. La regia propone un interessante parallelismo che unisce arte e vita. Immagina che Tristano, Isotta e Marke siano Wagner, la sua amante Mathilde Wesendonck e suo marito Otto, in
un gioco di rimandi e riflessi, che invita a riflettere sul confine tra realtà e finzione. Le scene wagneriane, riproducono gli interni di Villa Wesendonck, situata a Zurigo, luogo nel quale Wagner e Mathilde, si legarono sentimentalmente durante la genesi del Tristano. Tristano è interpretato dal tenore Peter Seiffert, artista dalla carriera internazionale, riconosciuto uno dei migliori heldentenor del repertorio wagneriano. Isotta è il soprano Ricarda Merbeth, artista richiesta in tutti i principali teatri del mondo, dedita al repertorio tedesco con una invidiabile carriera al Festival di Bayreuth che, da più di un decennio, le affida i principali ruoli drammatici delle produzioni di punta. Steven Humes è il basso che interpreta re Marke. Completano il cast il baritono Martin Gantner nel ruolo di Kurnewal, il mezzosoprano Michelle Breedt nel ruolo di Brangäne, il tenore Jan Vacík nei panni di Melot, il tenore Joshua Sanders (artista residente al Regio per la Stagione 2017-2018, scelto da The Opera Foundation per una borsa di studio) interpreta un pastore, mentre il marinaio è interpretato da PaPaolo Rachetto trick Reiter. (Foto Ramella & Giannese - Teatro Regio 2017-2018)
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'Mirò! Sogno e colore' a Palazzo Chiablese Una straordinaria esposizione di 130 opere dedicate ad uno dei massimi interpreti del Novecento
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opo il grande successo delle mostre dedicate a Tamara de Lempicka, Matisse e a Toulouse-Lautrec, il Gruppo Arthemisia propone dal 4 ottobre al 14 gennaio 2018, a Palazzo Chiablese Piazzetta Reale a Torino, la mostra "Mirò! Sogno e Colore", una esposizione dedicata a uno dei massimi interpreti del Novecento, Joan Miró. La mostra è organizzata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Musei Reali di Torino e Gruppo Arthemisia, in collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca. Nelle sale espositive di Palazzo Chiablese 130 opere, quasi tutti olii di grande formato grazie al generoso prestito della Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca, che conserva la maggior parte delle opere dell’artista catalano create nei 30 anni della sua vita sull’isola. Tra alcuni capolavori in mostra, "Femme au clair de lune" (1966), "Oiseaux" (1973), "Femme dans la rue" (1973). La mostra presenta la produzione degli ultimi trent’anni di vita dell'artista catalano. Un periodo legato alla “sua” isola dove, negli anni Sessanta e Settanta, si dedicò a temi prediletti come donne, uccelli e paesaggi monocromi. Sono esposti anche i lavori degli ultimi anni della sua pro-
duzione, quelli della pittura materica, fatti con le dita e dal colore steso con i pugni spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo. Sono cinque le sezioni del percorso espositivo: "Radici", "Le Principali influenze artistiche di Miró", "Maiorca, gli ambienti in cui creava", "La metamorfosi plastica (1956-1981)" e "Vocabolario di forme". Prima sezione: "Radici" Miró scelse di vivere a Maiorca, sfondo perfetto per la sua creatività e determinante fonte d’ispirazione, fino alla fine dei suoi giorni. Un'isola che gli offre poesia e arte popolare, giochi di luce in un felice contrasto con i paesaggi più aridi della Catalogna. Qui, il profondo legame tra Miró e la natura esercita una grande influenza sulla produzione dell’artista e la necessità di rapportarsi ad essa. Un importante riferimento è la figura di Antonio Gaudí. Un’influenza, che si esprime nella frammentazione dell’immagine e nella giustapposizione dei colori. Seconda sezione: "Principali influenze artistiche di Miró" - Un artista con l’anima di un poeta. Per Miró, la poesia è impulso emotivo. Parole, iscrizioni e segni diventano veicoli attraverso i quali esprimere una sorta di accattivante, magia, che
infonde alla sua pittura significati complessi e catene d’associazioni. I suoi dipinti sono testi visivi la cui sintesi struttura un nuovo tipo di linguaggio. Vi sono collegamenti con la pittura astratta americana, come l’alterazione del formato delle opere, le modifiche apportate in corso d’opera, l’uso del colore come esplosioni o a gocce irruvidite o diluite. Terza sezione: "Maiorca. Gli ambienti in cui creava" - Nei primi anni '50 Miró inizia a sentire il bisogno di fissare la sua residenza e di poter realizzare il suo sogno: avere un laboratorio dove poter esercitare il suo lavoro. L’amico architetto Josep Lluís Sert progetta il laboratorio Sert, che oggi ospita una moltitudine di tele non finite che creano una speciale atmosfera di colori e forme. In questo studio, Miró realizza più di un terzo di tutta la sua produzione artistica: qui si concentrano venti anni di febbrile attività e intensa avventura estetica, sempre aperta all’innovazione e alla sperimentazione tecnica. Nel 1959 Miró, si sposta in una tipica e grande casa di campagna maiorchina del Settecento, Son Boter, dove sperimenta
la scultura monumentale e dipinge le opere più grandi mantenendo la riservatezza cui teneva particolarmente. Quarta sezione: "La metamorfosi plastica (19561981)" - Tra il 1955 e il 1959 Miró,mette da parte la pittura per dedicarsi alla ceramica, all’incisione e alla litografia. Questa interruzione favorisce una revisione e un rinnovamento del suo linguaggio, sempre alla ricerca di nuove forme d’espressione. Così nel 1959 riprende la pittura intensificando il grado di espressività, prova nuovi media e nuove forme di scrittura. Alla fine degli
anni '60 troviamo una tale ricchezza espressiva tra pittura, disegno, scultura, ceramiche, arazzi e libri illustrati, oltre alla grande varietà di procedure e tecniche. Quinta sezione: "Vocabolario di forme" - Nella fase finale della sua produzione artistica riduce notevolmente i motivi iconografici per raccontare le sue stelle, di nude linee femminili e di figure falliche, di personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli. L’artista semplifica anche i colori della sua tavolozza tornando a tonalità più austere con una preponderanza crescente del nero. Joan Mirò (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983) - Nato e cresciuto a Barcellona, Miró frequenta la Scuola di Belle Arti della Llotja dove studia con Modest Urgell e Josep Pascó. Inizia a disegnare piccolissimo e il suo primo olio che si è conservato è un paesaggio del 1908. A 18 anni espone alla VI Mostra Internazionale d’Arte di Barcellona e l’anno successivo inizia a studiare alla Scuola d’Arte di Francesc di Galí (1912-1915), il quale gli insegna a disegnare dopo aver tastato il modello a occhi chiusi. Successivamen-
te studia al Círcol Artístic di Sant Lluc dove disegna nudi, personaggi del circo, scene di strada o del porto. Le sue prime opere si rifanno a stili presi dall’impressionismo, dal fauvismo, dal futurismo e dal cubismo. Il suo primo viaggio a Parigi, nel 1920, lo farà avvicinare al dadaismo e, in seguito, al surrealismo. Nel 1929 Miró sposa a Palma di Maiorca Pilar Juncosa da cui avrà una figlia. In questi stessi anni, inizia la sua sperimentazione artistica, cimentandosi con la litografia, l’acquaforte e la scultura, la pittura su carta catramata e il vetro. Desidera sempre di
più la stimolante tranquillità della campagna, di un posto dove potersi dedicare liberamente al suo lavoro. Per questo, allo scoppio della guerra civile, dopo un esilio in Francia fino al ‘42, trova rifugio a Maiorca, terra d’origine di sua madre. Nel 1954 Miró lascia la sua residenza abituale a Barcellona e nel 1956 si trasferisce definitivamente a Son Abrines, dove aveva predisposto di costruire lo studio tanto desiderato, facendolo progettare dall’intimo amico e architetto Josep Lluí Sert. Per preservare la proprietà tanto voluta e amata, per lui luogo creativo per eccellenza, Miró nel 1980 donerà parte di questa alla cittadinanza, e nel 1981 sarà creata la Fundació Pilar e Joan Miró. Il 1954 è anche l’anno in cui Miró vince il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 il Premio Internazionale Guggenheim,
mentre per i riconoscimenti in patria dovrà attendere gli anni della vecchiaia e la caduta del franchismo. Così nel 1978 riceve la Medalla d’Or de la Generalitat de Cataluna; nel 1979 l’Università di Barcellona gli conferisce la laurea honoris causa (l’Università di Harvard aveva già provveduto nel 1968); nel 1980 riceve la Medaglia d’Oro delle Belle Arti dal re di Spagna Juan Carlos; nel 1983 anche la Spagna gli rende un omaggio, organizzato congiuntamente dal Comune di Barcellona, dalla Generalitat de Cataluna, dal Ministero della Cultura e dalla Fundació Joan Miró di Barcellona. Morirà poco dopo a Maiorca e sarà sepolto a Barcellona, nel cimitero di Montjuïc. Paolo Rachetto
(Nella foto in alto a sinistra Femme dans la rue; in alto a destra Senza titolo; in basso Senza titolo. Foto Joan Ramon Bonet e David Bonet)