25 minute read

Musica medievale: Jaufrè Rudel

La Musica del medioevo

Jaufrè Rudel

Advertisement

 BIOGRAFIA Jaufré Rudel, italianizzato in Giuffredo Rudello (1125 (?) – 1148), è stato un poeta e trovatore francese di lingua occitana, nato a Blaye nella Saintong. Nella sua Vida (scritta nel XIII secolo), gli viene assegnato il titolo di principe, era dunque dei signori di Blaye, forse un cadetto di Jaufre Rudel I, fratello di Gerardo II. Sappiamo che partecipò alla seconda crociata del 1147 in Terrasanta, dove gli mandò una sua composizione il trovatore Marcabruno. Una celebre leggenda narra del suo amore per la contessa di Tripoli (identificata da qualche storico con Melisenda, figlia del re Baldovino II di Gerusalemme), della quale avrebbe sentito parlare da alcuni pellegrini di Antiochia: Rudel si sarebbe innamorato della donna senza averla mai vista e avrebbe cominciato a comporre canzoni per lei. Per riuscire a vederla, si fece crociato e partì per l'Oriente, ma durante il viaggio si ammalò gravemente. I suoi compagni lo trasportarono morente sulla spiaggia di Tripoli dove - avvertita dell'arrivo del poeta in fin di vita - arrivò anche la donna che tanto aveva amato. In un ultimo slancio vitale, Jaufrè riuscì a vedere Melisenda e a stringerla tra le braccia "per la prima e per l'ultima volta, nella realtà"; ringraziò Dio per averlo tenuto in vita fino a che potesse vederla; e così morì tra le sue braccia.

[Morte di Jaufrè Rudel. Bibliothèque nationale de France]

Sempre secondo la leggenda, Melisenda lo avrebbe fatto seppellire con grandi onori in una cappella, e sarebbe stata tanto colpita da questo amore così puro e allo stesso tempo infelice da farsi monaca. Non sappiamo se il biografo di Jaufré si sia attenuto alla verità storica dei fatti, e in quale misura, ma è così che il personaggio è passato alla leggenda. Nei suoi componimenti il trovatore dice che la sua donna è la più bella e che non ne esiste una migliore né cristiana né juzia ni sarrazina, cioè né ebrea né saracena. Dovendosi per sarrazina intendere saracena di Spagna, c'è chi ipotizza che il viaggio per trovare il suo amore lontano non fosse verso la Terra Santa, ma verso la Galizia, in Spagna, dov'è la tomba di San Giacomo (Santiago di Compostela). Il viaggio viene citato solo di sfuggita. Troviamo comunque un altro riferimento che potrebbe far pensare alle Crociate. Dice infatti che il suo "buon Garante" (mos Bon Guarent) lo chiama in aiuto. Con il "buon Garante" potrebbe essere inteso o il suo sovrano, che lo invita a seguirlo in Terra Santa, o Gesù Cristo, garante per gli uomini dinnanzi a Dio.

 POETICA La poesia di Jaufré Rudel si basa sul concetto di lirica del desiderio, caratterizzata dal cosiddetto "paradosso amoroso", l'amor de lonh, ovvero un amore che non vuole possedere ma godere di questo stato di non possesso. Questo concetto è per molti aspetti rappresentativo di un'ampia costellazione della poesia trobadorica. Nel topos dell'amor cortese l'esperienza amorosa appare come una tensione costante verso l'irraggiungibile perfezione richiesta per essere degni di ricevere la grazia da madonna (in occitano midons, ovvero "mia signora"), durante la quale l'amante si affina spiritualmente e intellettualmente. La dama è, infatti, inaccessibile, perché è sposata o perché è lontana e irraggiungibile, spesso chiusa in un castello. La felicità sta nel pensare e nel sognare e in una speranza che purtroppo non si crede attuabile. Egli dice che suo destino è di amare senza essere amato. Per tale motivo Dante interpreta la dama trobadorica collegandola alla definizione di filosofia, quale donna inaccessibile che non concede nulla ai suoi amanti, tranne lo sguardo.

[Rudel raffigurato a cavallo nel Canzoniere K]

Molti scrittori e poeti sono stati affascinati dalla figura di Jaufré Rudel e dalla sua leggenda che sembra così fittamente, quasi in modo inestricabile, intrecciarsi con la sua vita: la leggenda che appare nella sua antica biografia ispirò, unitamente al tono malinconico e misterioso delle liriche, varî poeti moderni quali Heine, Uhland, Carducci, Rostand. Giosuè Carducci è autore di una poesia in cui racconta l'arrivo di Jaufré sulla spiaggia di Tripoli e la sua morte tra le braccia di Melisenda (Rime e ritmi, Jaufré Rudel):

“Contessa, che è mai la vita? È l'ombra di un sogno fuggente. La favola breve è finita, il vero immortale è l'amor.”

COMPOSIZIONI

Restano di lui otto canzoni (di cui due di controversa attribuzione) che lo rivelano gentile poeta d'amore, due delle quali celebrano un "amore di terra lontana".

BELHS M'ES L'ESTIUS E'L TEMPS FLORITZ (Aマo lげestate e la stagioミe fioヴitaぶ

Belhs m'es l'estius e'l temps floritz, Quan l'auzelh chanton sotz la flor, Mas ieu tenc l'ivern per gensor Quar mais de joy m'i es cobitz, Et quant hom ve son jauzimen Es ben razos e d'avinen Qu'om sia plus coyndes e guays.

[Aマo l’estate e la stagioミe fiorita, quando gli uccelli cantano sotto i fiori, ma trovo l'inverno più piacevole peヴIhY マi X stata IoミIessa la gioia, e ケuaミdo l’uoマo si iママagiミa il pヴopヴio piaIeヴe è proprio conveniente e ragionevole che egli sia più gentile e più allegro.]

Er ai ieu joy e suy jausitz E restauratz en ma valor, E non iray jamai alhor Ni non querrai autruy conquistz, Qu'eras say ben az escien Que selh es savis qui aten E selh es fols qui trop s'irays.

[Ora ho gioia e sono felice e sono restaurato nel mio valore, e non mi rivolgerò mai altrove né desidererò le conquiste degli altri perché ora lo so per certo che è saggio chi aspetta e che è uno stolto chi troppo s’adiヴa.]

Lonc temps ai estat en dolor Et de tot mon afar marritz, Qu'anc no fuy tan fort endurmitz Que no'm rissides de paor. Mas aras vey e pes e sen Que passat ai aquelh turmen, E non hi vuelh tornar ja mays.

[Per molto tempo ho sofferto per tutto il マale Ihe マ’X Iapitato, e non sono mai stato così profondamente addormentato che non potevo svegliarmi dalla paura. Ma ora vedo, giudico e sento che quel tormento è finito e non non voglio mai più tornare indietro.]

Mout mi tenon a gran honor Totz selhs cui ieu n'ey obeditz Quar a mon joi suy revertitz: E laus eu lieys e Dieu e lhor, Qu'er an lur grat e lur prezen, E, que qu'ieu m'en anes dizen, Lai mi remanh e lay m'apays.

[Molti mi tengono nella più grande stima, tutti quelli che ho ascoltato perché sono tornato alla mia gioia: e sia lode a Dio e a loro che hanno il loro merito e il loro valore, e qualunque cosa stavo dicendo, lì rimango e sono soddisfatto.]

Mas per so m'en sui encharzitz, Ja non creyrai lauzenjador: Qu'anc no fuy tan lunhatz d'amor Qu'er no'n sia sals e gueritz. Plus savis hom de mi mespren, Per qu'ieu sai ben az escien Qu'anc fin'amors home non trays.

[PoiIhY tutto ケuesto マi’ha favoヴito, ミoミ Iヴedeヴò a ミessuミ Ialuミミiatoヴe: ミoミ sono mai stato così lontano dall'amore tanto quanto adesso sono al sicuro e guarito. Anche quelli più saggi di me hanno torto perché io so per certo che un amore perfetto non tradisce nessuno.]

Mielhs mi fora jazer vestitz Que despolhatz sotz cobertor E puesc vos en traire auctor La nueyt quant ieu fuy assalhitz. Totz temps n'aurai mon cor dolen, Quar aissi's n'aneron rizen, Qu'enquer en sospir e'n pantais.

[Meglio avrei fatto a giacere vestito che non spogliato sotto le coperte, e posso darvi come prova la notte in cui sono stato aggredito. Ne sarò sempre addolorato, perché se ne andavano ridendo, così, mentre ancora sospiro e e ne sono avvilito.]

LANQAN LI JORN SON LONG EN MAI (A Maggio, quando i giorni sono lunghi)

E’ una delle più note liriche di Jaufré Rudel, Secondo la concezione dell'amor cortese l'amore nasce dalla vista della bellezza della donna: menestrelli e trovatori amavano segretamente nobildonne e castellane, irraggiungibili se non attraverso le poesie d’amore ad esse dedicate: sotto un senhal, uno pseudonimo, si celava il nome dell’amata in modo che solo lei potesse sapere di essere la destinataria dei versi; tra le principali virtù cortesi c’era infatti quella del celar, che consisteva nel nascondere l’identità dell’amata. Nonostante si trattasse di amori impossibili gli innamorati si nutrivano di desiderio, della lontananza, del non possesso, della loro stessa irrealizzabilità. Contrariamente ad altri componimenti qui Rudel celebra l'amor de lonh. Nella strofa iniziale il poeta crea un contrasto tra il paesaggio primaverile, caratterizzato dal canto degli uccelli e propizio all'amore, e il suo stato d'animo malinconico, dicendo che le bellezze della natura non gli giovano più "dell'inverno gelato" a causa della lontananza della donna amata. I numerosi riferimenti nel componimento alla Terrasanta (il "regno dei Saraceni", il pellegrinaggio che Jaufré rimpiange di non aver intrapreso) avvalorano l'ipotesi che la donna viva laggiù, benché l'identificazione con Melisenda, contessa di Tripoli sia tutt'altro che certa.

Testo: Lanquan li jorn son lonc en may M'es belhs dous chans d'auzelhs de lonh, E quan mi suy partitz de lay, Remembra'm d'un' amor de lonh. Vau de talan embroncx e clis Si que chans ni flors d'albespis No-m valon plus que l'yverns gelatz.

[A maggio, quando i giorni sono lunghi, mi piace il dolce canto degli uccelli in lontananza, e poi, messomi in viaggio, mi ricordo di un amore lontano. Me ne vado peヴ il desideヴio Ioミ l’aミiマo afflitto e triste, così che ミY Iaミto ミY fioヴ di HiaミIospiミoマi soミo gヴaditi più dell’iミveヴミo gelato.]

Jamai d'amor no'm jauziray Si no'm jau d'est' amor de lonh, que mielher ni gensor no'n sai ves nulha part, ni pres ni lonh. Tant es sos pretz ricx e sobris Que lai el reng dels Sarrasis fos hieu per lieys chaitius clamatz.

[Mai godrò dell’aマoヴe se non godo di questo amore lontano, perché non conosco donna migliore in nessun luogo, né vicino né lontano. Il suo pregio è tanto autentico e perfetto che laggiù nel regno dei saraceni io per lei starei imprigionato.]

Iratz e dolens m'en partray, S'ieu no vey sest' amor de lonh. No'm sai quora mais la veyrai, que tan son nostras terras lonh. Assatz hi a pas e camis, e per aisso no'n suy devis. Mas tot sia cum a lieys platz.

[Me ミe paヴtiヴò tヴiste e gioioso, se io マai vedessi l’aマoヴe di loミtaミo; マa ミoミ so ケuaミdo lo vedヴò, peヴIhY le

nostre terre sono troppo lontane. Ci sono molti valichi e sentieri, e perciò non conosco il mio destino. Ma tutto sia secondo la volontà di Dio!]

Be'm parra joys quan li querray, Per amor Dieu, l'ostal de lonh, E, s'a lieys platz, alberguarai Pres de lieys, si be'm suy de lonh. Qu'aissi es lo parlamens fis Quan drutz lonhdas et tan vezis Qu'ab cortes ginh jauzis solatz.

[Sarà sicuramente una gioia quando le chiederò, per amor di Dio, l’ospitalità di loミtaミo, e, se lei vorrà, abiterò presso di lei, benchè sia di lontano. Allora la conversazione sarà piacevole quando l'amante lontano è tanto vicino che sarà consolato dalle belle parole.]

Be tenc lo Senhor per veray Per que formet sest' amor de lonh, Mas per un ben que m'en eschay

N'ai dos mals, quar tant suy de lonh. A! quar no fuy lai pelegris, Si que mos fustz e mos tapis Fos pels sieus belhs huelhs remiratz!

[Io so bene che il Signore è veritiero, peヴ ケuesto io vedヴò l’aマoヴe loミtaミo; マa peヴ uミ Heミe Ihe ミe tヴaggo ne ho due mali, tanto sono lontano. Ahimé!, fossi andato laggiù da pellegrino, così che il mio bastone e la mia cappa fossero vistii dai suoi begli occhi!]

Dieus que fetz tot quant ve ni vay E formet sest'amor de lonh Mi don poder, que cor be n'ai, Qu'ieu veya sest'amor de lonh, Verayamen en luec aizis, Si que las cambras e'l jardis Mi resemblo novels palatz.

[Dio, che ha creato tutto ciò che viene e va e plasmato questo amore lontano, mi dia la forza, poiché lo voglio, di vedere questo amore lontano nella realtà e in un luogo raffinato in modo che le stanze e i giardini mi sembrino nuovi palazzi.]

Ver ditz qui m'apella lechay e deziros d'amor de lonh, que nulhs autres joys tan no'm play Cum jauzimen d'amor de lonh. Mas so qu'ieu vuelh m'es tant ahis, Qu'enaissi'm fadet mos pairis Qu'ieu ames e nos fos amatz.

Mas so ケuげieu vuelh マげes atahis Quげeミaissi.マ fadet マos paiヴis

Quげieu aマes e ミo fos aマatz!

[Dice il vero chi mi chiama avido e desideroso dell’aマoヴe loミtaミo, peヴIhY ミessuミ’altヴa gioia マi piaIe taミto come il godere dell’aマoヴe di lontano. Ma ciò che io voglio mi è negato. Sia maledetto il padrino che mi diede in sorte che io amassi ma non fossi amato!]

LANQAN LO TEMPS RENOVELHA (Quando la stagione si rinnova)

Lanquan lo temps renovelha e par la flors albespina, ai talant d'un chant novelh qu'ieu sai cum lo chans refri (...); doussament per miey la bruelha lo rossinhol s'esbaudeya.

[Quando la stagione si rinnova e appare il fiore di biancospino, mi sento come una nuova canzone perché so come suona la musica [....]; dolcemente, in mezzo al fogliame le feste dell'usignolo.]

E quand lo bosc reverdeya, nays fresca e vertz la fuelha,

adoncas ieu reverdey de joy e florisc cum suelh, ab lo dous chan del mati que fan d'amor li auzelh (...) ; jauzens somon a l'aurelha.

[E quando il bosco rinverdisce, nasce fresca e verde la foglia, anch'io mi rinnovo attraverso la gioia e la fioritura, com'è マia aHitudiミe, Ioミ la dolIe マusiIa del マattiミo Ihe gli uIIelli iミtoミaミo peヴ aマoヴe. […]; gioiosa chiamata all'orecchio.]

E pus l'us l'autre s'enselha e'l par ves sa par s'aizina, de nos es dregz que s'enselh quascus d'atretal aizi, ab fin'amor, ses erguelh. Qu'ieu conosc assatz e vey, pus la malvestatz s'orguelha, qu'amor non deu far enveya.

[E mentre si mettono a cavalcioni l'uno sull'altro e ciascuno calpesta il suo compagno, è giusto che ci mettiamo a cavallo qualcuno pure, con vero amore, senza orgoglio. Perché ne so abbastanza e vedo poiché il male diventa orgoglioso, quell'amore non deve suscitare invidia.]

Joys ab amar cabaleya e's veston d'una despuelha, e cui que desabaley, d'escassedat mi despuelh ; amors si senh ab joy fi e joys fa d'amor capdelh, e malvestat que no fina, bayssa prez e'l descapdelha.

[La gioia è d'accordo con l'amore, e indossano gli stessi vestiti, e chi potrebbe disapprovarlo, mi sono liberato della mia meschinità; l'amore è rivestito di bella gioia e la gioia fa dell'amore il suo signore, e il male, che non finisce, lo svilisce e lo rovescia.]

Cortezament assembelha amors vera e s'afina, que de joy fa son sembelh, per qu'ieu plus ves lieys acli: e malvestatz dezacuelh pretz que no sap on s'estey. Per qu'ieu laus jovens acuelha amors e ab lieys esteya.

[Cortesemente, il vero amore ci chiama e si raffina; fa della gioia il suo richiamo, per questo mi sottopongo ancora di più ad esso: il male respinge e non sa dove dimorare. Ecco perché mi piace che i giovani diano il benvenuto all’aマoヴe e ヴiマaミgaミo Ioミ esso.]

Sobre'ls melhors senhoreya mos chans en qual guiza'm vuelha,

e'ls motz laissans senhorey e'ls say dir aissi cum vuelh. E vec vos del vers la fi qu'En Grimoartz vos espelh : qu'ab joy lo las' e l'afina si's qui bel chant ni l'espelha.

[Oltre il meglio regolo la mia musica, non importa come la modifico, e padroneggio le parole, intrecciandole, e posso dirle come mi piace. E vedo la fine della poesia che Sir Grimoart vi propone: lasciatelo tessere con gioia e affinarlo, sicchè un bel canto ne venga fuori.]

NO SAP CHANTAR QUI SO NON DI (Non sa cantare chi non conosce il suono)

No sap chantar qui so non di, ni vers trobar qui motz no fa, ni conois de rima co·s va si razo non enten en si.

Mas lo マieus Ihaミs Ioマeミsげaissi:

com plus l'auziretz, mais valra, a, a.

[Non sa cantare chi non conosce il suono, né compone versi chi non crea parole, né può vedere le vie della poesia chi non capisce il significato. Ma il mio canto inizia così, quanto più lo udirete, tanto più varrà, ah, ah.]

Nuils hom no·s meravilh de mi s'ieu am so que no veira, que·l cor joi d'autr'amor non a mas de cela qu'ieu anc no vi; ni per nuill joi aitan no ri, e no sai quals bes m'en venra, a, a.

[Nessuno si meravigli di me se amo colei che non vedrò mai, che il mio cuore non gioisce di altro amore se non per colei che io mai vidi; altra letizia mai mi prese e no so quale bene per me verrà, ah, ah.]

Colps de joi me fer, que m'ausi, e ponha d'amor que·m sostra la carn, don lo cors magrira; et anc mais tan greu no·m feri, ni per nuill colp tan no langui, quar no cove ni no s'esca, a, a.

[Mi ferisce e mi uccide che mi colpì, una fitta d'amore ghermirà tutta la carne e smagirà tutto il corpo; così forte mai nessuno mi ferì, né per un sol colpo il corpo languì, che non è giusto né bene sarà, ah, ah.]

Anc tan suau no m'adurmi mos esperitz tost no fos la, ni tan d'ira non ac de sa mos cors ades no fos aqui; e quan mi reisit al mati totz mos bos sabers mi desva, a, a.

[Non mi sono mai addormentato così placidamente che il mio spirito non fosse subito là, né mai provai così gran pena che io non volassi rapido fin lì; e quando mi risveglio al mattino tutto il mio piacere svanisce e va, ah, ah.]

Beミ sai IげaミI de lei no·m jauzi ni ja de mi no·s jauzira ni per son amic no·m tenra ni coven no·m fara de si. Anc no·m dis ver ni no·m menti,

ミi ミo sai si ja sげo faヴa. A, a.

[So ben che non mai goduto di lei, né mai di me lei non godrà, né mi terrà per suo amico, né mi farà alcuna promessa di sé. Non mi disse mai la verità nè mai mentì, e non so se mai lei lo farà.Ah, ah.]

Bos es lo vers, s'ieu no·i falhi, e tot so que y es ben esta, e sel que de mi l'apenra gart se no·l franha ni·l pessi; Car si l'auzon en Caerci En Bertrans e'l coms en Tolza.,a a. Bos es lo vers, e feran hi qualque re, don hom chantara, a, a.

[È bello la canzone, senza errori si è conclusa, e quel che contiene ben si adatta, e chi la impara da me non ardisca a cambiare nulla, così che la sentano il visconte di Quercy e il conte di Tolosa, ah, ah. [È bello il canto di chi volle fare un qualche cosa che si canterà.]

PRO AI DEL CHAN ESSENHADORS (Ho intorno a me molti bravi cantori)

Pro ai del chan essenhadors Entorn mi et ensenhairitz: Pratz e vergiers, albres e flors, Voutas d'auzelhs e lays e critz; Per lo dous termini suau, Qu'en un petit de joy m'estau, Don nulhs deportz no-m pot jauzir Tan cum solatz d'amor valen.

[Ho intorno a me molti bravi cantori, uomini e donne: prati e giardini, alberi e fiori, gorgheggi di uccelli e grida e cinguettii; per tutta la dolce e piacevole stagione; tuttavia, la mia gioia è limitata poiIhY ミoミ I’X svago che mi fa gioire quanto godere di un degno amore.]

Las pimpas sian als pastors Et als enfans bordentz petitz, E mias sion tals amors Don ieu sia jauzens jauzitz. Qu'ieu la sai bona tot aitau Ves son amic en greu loguau. Per so suy trop soen marritz Quar no n'ai so qu'al cor n'aten.

[Che i pastori abbiano i loro flauti e che i bambini abbiano i loro giochi. Che io possa avere tali amori che posso accontentare ed essere contento. Io so che ella è piena di bontà per i suoi amici n grave pena. Per questo motivo sono spesso triste dal momento che non ho quello che il mio cuore s’atteミde.]

Luenh es lo castelhs e la tors Ont elha jay e sos maritz, Et si per bos cosselladors Cosselhan non suy enantitz --Q'autre cosselhs petit m'en vau, Aitant n'ay fin talan corau,-Alres no y a mais del murir, S'alqun joy non ay en breumen.

[Lontani sono il castello e la torre dove giacciono lei e il suo consorte; e se a buoni consiglieri non mi appellassi che mi sappiano supportare (altri consigli valgono poco per me, così puro è il desiderio nel mio cuore), non posso fare altro che morire se non avrò subito sollievo.]

Totz los vezis apel senhors Del renh on sos joys fo noyritz, E crey que-m sia grans honors Quar ieu dels plus envilanitz Cug que sion cortes lejau: Ves l'amor qu'ins el cor m'enclau Ai bon talan e bon albir, E say qu'ilh n'a bon escien.

[Io chiamo "signore" ogni abitante del regno dove ella è stata allevata, e credo che sia un grande onore per me credere che lì la peggior gente sia cortese e leale: per l'amore che è racchiuso nel mio cuore, ho sia un forte desiderio che una buona volontà, e di questo so che ella è ben cosciente.]

Ma voluntat s'en vai lo cors, La nueit e'l dia esclarzitz, Laintz per talant de socors; Mas tart mi ve e tart mi ditz: Amicx, fa s'elha, gilos brau An comensat tal batestau Que sera greus a departir, Tro qu'abdui en siam jauzen.

[Il mio desiderio segue il suo corso, di notte e alla luce del giorno, da quella parte cercando aiuto; ma ritorna lento e e mi parla lentamente: "Amico mio – dice - dei villani gelosi hanno iniziato una tale rissa che sarà difficile separarli, sicchè possiamo essere entrambi contenti. "]

QUAN LO RIUS DE LA FONTANA (Quando il getto della fontana si rischiara)

La poesia è verosimilmente scritta a ridosso della seconda Crociata (1147-1148). Ugo Bruno di Lusignano, al quale la poesia è inviata, è uno dei capi di uno dei corpi di spedizione francesi; secondo gli storici, il poeta nomina con le loro regioni di provenienza i vari contingenti che ne fanno parte.

Testo: Quan lo rius de la fontana S'esclarzis, si cum far sol, E par la flors aiglentina, E'l rossinholetz el ram Volf e refranh ez aplana Son dous chantar e l'afina, Be'ys dregz q'ieu lo mieu refranha.

[Quando il getto della fontana si rischiara, come è suo solito, e sboccia la rosa canina, e l’usigミolo sul ヴaマo innalza e riprende e dispiana il sua canto e lo affina, è bene Ihe aミIh’io riprenda la mia canzone.]

Amors de terra lonhdana, Per vos tot lo cors mi dol, E no'n puesc trobar mezina Si non al vostre reclam Ab maltrait d'amor doussana Dins vergier o part cortina Ab dezirada compahna.

[Amor di terra lontana, per voi soffre il mio cuore e non so trovare medicina se non accorro al vostro

ヴiIhiaマo a saziaヴe il マo desideヴio aヴdeミte d’aマoヴe, ミel giaヴdiミo o sotto il HaldaIIhiミo Ioミ la desideヴata

compagnia.]

Pus tot jorns m'en falh aizina, No'm meravilh si n'ai fam, Quar anc genser crestiana Non fo, ni Dieus non o vol, Juzia ni sarrazina. Ben es selh paguatz de mana, Qui de s'amor ren guazanha.

[PoiIhY ミoミ ミe ho マai l’oIIasioミe, non I’X da stupiヴsi se la desidero, non vi fu mai, né Dio lo vuole, più bella cristiana, né giudea o saracena. Gusterà le gioie del cielo chi otterrà uミ po’ del suo aマoヴe.]

De dezir mos cors no fina Vas selha res qu'ieu pus am, E cre que'l voler m'enguana Si cobezeza la'm tol; Que pus es ponhens d'espina La dolors que per joy sana, Don ja no vuelh qu'om m'en planha.

[Il マio Iuoヴe ミoミ Iessa di desideヴaヴe Iolei Ihe io più aマo; e Iヴedo Ihe la voloミtà マ’iミgaミミa poiché la concupiscenza me la sottrae; più pungente della spina è il dolore che la gioia di amarla guarisce; dunque non voglio che nessuno mi compianga.]

Quan pensar m'en fai aizina adonc la bays e la col, mas pueys torn en revolina perqu'em n'espert e n'aflam, quar so que floris non grana.

Lo joys que mi n'ataina tot mos cujatz afaitanha.

[Quando ho modo di pensare a lei, allora la bacio e l’aHHヴaIIio, マa poi torno e mi rigiro: mi esaspera e

マ’iミfiaママa Ihe il fioヴe ミoミ dia fヴutto. La gioia Ihe マi toヴマeミta aHHatte le マie fieヴezze.]

Senes breu de parguamina Tramet lo vers en cantan En plana lengua romana, A'N Ugo Bru per Filhol. Bo'm sap quar gent peitavina De Berri e de Guizana S'esjau per lieys e'n Bretanha.

[Invio senza foglio di pergamena questi versi, cantando, in schietta lingua romanza, a Messer Ugo Bruno, per mezzo di Filhol. Sono lieto che la gente del Poitou, del Berry e di Guienna da lei sia rallegrata, e anche la gente di Bretagna.]

QUAN LO ROSSINHOL EL FOILLOS ふQuaミdo lげusigミolo tヴa le foglieぶ

Quan lo rossinhol el foillos Dona d'amor e·n quier e·n pren E mou son chant jauzent joyos E remira sa par soven E·l riu son clar e·l prat son gen, Pel novel deport que-y renha, Mi vai grans joys al cor jazer.

[Quaミdo l’usigミolo tヴa le foglie doミa aマoヴe e lo ヴiIhiede e lo ヴiIeve, e liHeヴa il suo Iaミto godeミdo gioiso e

rimira sovente la sua compagna, e i ruscelli sono limpidi e ridenti i i prati, per la nuova allegria che regna,

uミa gヴaミde gioia マ’iミvade il Iuoヴe.]

D'un'amistat suy enveyos, Quar no sai joya plus valen, Que d'aquesta, que bona·m fos Si·m fazia d'amor prezen: Que·l cors a gras, delgat e gen E ses ren que-y descovenha, E s'amors bon' ab bon saber.

[D’uミa aマiIizia ho taミta Hヴaマa, peヴIhY ミoミ IoミosIo マaggioヴe gioia più adoヴaHile e desideヴaHile, che mi darebbe giovamento se lei mi facesse dono d'amore: ché il suo corpo è florido, aggraziato e leggiadro, senza niente che ne alteri la grazia; il suo buon amore ha buon sapore.]

D'aquest' amor suy cossiros Vellan e pueys sompnhan dormen: Quar lai ay joy meravelos, Per qu'ieu la jau joyos jauzen. Mas sa beutatz no·m val nien, Quar nulhs amicx no m'essenha

Cum ieu ja n'aya bonsaber.

[Per questo amore sono in pensiero, nella veglia e poi dormendo, nel sogno: allora stupenda è la mia gioia, perché le do gioia e ne ricevo. Ma la sua bellezza non mi giova, poiché nessun amico m'insegna come gustarne il sapore.]

D'aquest' amor suy tan cochos Que quant ieu vau ves lieys corren Vejaire m'es qu'a reversos M'en torn e que lieys n'an fugen. E mos cavals i vai tan len e greu cug mais que y atenha, S'ilha no·s vol arretener.

[Di questo amore sono talmente preso che, quando corro da lei con fervore, mi sembra al contrario di camminare all'indietro e che lei mi stia sfuggendo. Il mio cavallo va così lentamente che temo di non poterla raggiungerese se lei non vuole fermarsi.]

Amors, alegres part de vos Per so quar vau mo mielhs queren, E fuy-en tant aventuros Qu'enqueras n'ay mon cor jauzen. Mas pero per mon Bon Guiren Que·m vol e m'apell' e·m denha m'es ops a parcer mon voler.

[Amore, parto lieto da voi, poiché vado cercando ciò che è meglio per me e fuggo verso tale avventura che già ne gioisce il mio cuore. Ma in nome del mio Buon Garante, che mi vuole, mi chiama e mi giudica degno, debbo dominare la mia volontà.]

E qui sai reina deleytos E Dieu non siec en Bethleem No sai cum ja mais sia pros Ni cum ja venh' a guerimen, Qu'ieu sai e crei, mon escien, Que selh qui Jhesus ensenha Segur' escola pot tener.

[E chi resta qui dedito ai piaceri e non va a servire Dio a Betlemme, non so quando mai sarà prode né come possa salvarsi; ma io so e credo per fede certa che chi apprende da Gesù può aver fiducia nel suo insegnamento.]

QUI NON SAP ESSER CHANTAIRE (Colui che non sa cantare)

Qui non sap esser chantaire braire deu quant au lo ver sonar clar e que son per tot mesclat prat e'l rozal del mati s'espan blan sobre l'erba josta'l sauza.

[Colui che non sa cantare dovrebbe ragliare quando sente chiaro il suono della primavera e quando sono ovunque i prati multicolori e si diffonde la rugiada del mattino, luce, sopra l'erba vicino ad un cesto di vimini.]

Non aus semblan ni vejaire faire qu'eu l'am ni l'aus desamar ar q'en amor son drut mirat fat e'il fals amador ab engan van cui amors engann'e bauza.

[Non oso far intravedere, né mostrare che io la amo, né oso non amarla adesso che nell'amore sono considerati sciocchi i fedeli mentre i falsi amanti procedono menzogneri e il loro amore inganna e delude.]

Non es reis ni emperaire gaire que l'ause'l mantel drechar var ni far q'agues acatat grat. Ric me fai la noig en somnian, tan m'es vis q'en mos bratz l'enclauza.

[Non ci sono, tra re e imperatori, molti che le porgono un mantello o che entrano nelle sue grazie. Ella mi rende un uomo fortunato quando io sogno di tenerla tra le mie braccia.]

Lai n'irai el sieu repaire, laire, em peril qom de passar mar. Si de mi no'il pren pitat, bat fer freg. Las! tan la vau pregan qan ni ja ren de leis me'n jauza.

[Andrò alla sua dimora, come un ladro, in tanto pericolo come se avessi attraversato un mare. Se lei non ha pietà di me, io volo su un cavallo morto. Ahimè! La prego così tanto e non ottengo da lei alcuna soddisfazione.]

Si no'm vol amar m'amia, dia, pos eu l'am, s'il m'amara; ja q'eu sui al seu mandamen, gen li serai si'm vol retener: ver li dirai, q'autrez i menta!

[Se ella non vuole amarmi, lasciala dire poiché io l'amo, se lei mi ama; già sono a sua completa disposizione se mi accetta: io dico il vero, chiunque altro potrebbe mentire!]

DISCOGRAFIA

Sono molto in difficoltà (ed è per me la prima volta) nel segnalare una discografia: i pochi CD in commercio dedicati alle composizioni di Jaufrè Raudel, a giudizio unanime dei critici musicali, risultano purtroppo essere di mediocre qualità interpretativa. Obtorto collo, consiglio queste tre incisioni:

Jaufré Rudel Troubadour De Blaye Ensemble Tre Fontane Alba Musica

Distant Love, songs of Jaufre Rudel & Martin Codax Paul Hillier (voce) Andrew Lawrence-King, (salterio e arpa). Harmonia Mundi France

Jaufre Rudel - XIIe Siècle - Troubadour: Instrumental & Vocal Music Of The 12th Century La Compagnie Medievale, Herve Berteaux. Disques Pierre Verany

This article is from: