40 minute read

I Concerti brandeburghesi, di Johann Sebastian Bach

I Concerti Brandeburghesi, di Johann Sebastian Bach

 ASPETTI STORICI

Advertisement

Per un musicista e compositore dell’epoca barocca il posto di Kapellmeister (maestro di cappella) presso una corte principesca rappresentava il raggiungimento di uno dei gradini più elevati dell’ascesa sociale. Vi aspirava anche il giovane Bach che alla corte ducale di Weimar da organista di corte era avanzato al grado di Konzertmeister (primo violino solista), quando però nel 1716 morì il vecchio maestro di cappella Drese, non riuscì con suo disappunto a divenirne il successore. L’anno successivo arrivò finalmente ad ottenere la posizione desiderata: infatti nel dicembre 1717, all’età di 32 anni, fu chiamato a ricoprire la carica di Kapellmeister alla corte del Principe Leopold di Anhalt-Cöthen [nel dipinto]. Bach si trasferì quindi a Cöthen con la moglie e i quattro figli, e qui gli si aprirono in un primo tempo tali condizioni di lavoro e di vita, che pin seguito consider̀ questi anni tra i più felici della sua vita. Lo si legge nella lettera del 28 ottobre 1730 indirizzata all'amico Georg Erdmann: «...Voi conoscete nei dettagli quale fu il mio destino in gioventù, fino al mutamento che mi condusse a Cöthen in qualità di Kapellmeister. Qui trovai un principe clemente e tanto buon conoscitore quanto dilettante di musica, presso il quale contavo di terminare gli anni della mia vita...». Mentre alla luterana corte di Weimar la musica sacra aveva un posto di primo piano (conformemente alla tradizione protestante), nella Cöthen calvinista la musica era bandita dalle chiese: qui si coltivava la “musica da camera”, che nell’accezione consueta dell’epoca includeva anche composizioni per orchestra e concerti. Cöthen era un vero laboratorio per la musica strumentale: il principe Leopold era un ottimo conoscitore di musica, e anche il Collegium musicum di corte, forte di 18 elementi, era formato di strumentisti di grande abilità: per intuirne il valore basti pensare alle composizioni di Bach per strumenti soli (Sonate e Partite per violino solo e col clavicembalo, Suites per violoncello, Sonate per viola da gamba e cembalo, Sonate per flauto) che nacquero proprio dal contatto con i «virtuosi» dell'orchestra di Cöthen; tra questi, ricordiamo il violinista Spiess, l'oboista Rose, il flautista Freytrag, il trombettista Schreiber, e dalle esigenze tecniche dei Concerti e Sonate di quel periodo si pù̀ immaginare la loro abilità esecutiva. Spesso il Principe stesso prendeva parte alle esecuzioni; aveva studiato canto, suonava il clavicembalo e la viola da gamba. Bach preferiva la viola da braccio e dirigeva i concerti dal leggio della viola.

Bach divenne ben presto amico e confidente del Principe, e nel riconoscimento delle proprie qualità umane ed artistiche da partre del nobile Leopold, egli sent̀ accrescere il proprio impulso creativo, come non avrebbe mai più provato in seguito. A Cöthen Bach ebbe modo per la prima volta di scrivere concerti e di confrontarsi con il nuovo genere del concerto solistico italiano affermatosi in Germania per merito del veneziano Antonio Vivaldi ed accolto con grande entusiasmo dal pubblico appassionato di musica. Già a Weimar Bach era venuto a conoscenza delle composizioni vivaldiane e ne aveva fatto proprio lo stile e la struttura formale, trascrivendo alcuni concerti per l’organo o per il clavicembalo, ma soltanto ora potè occuparsi direttamente di quel genere nuovo in tutte le sue peculiarità formali. I suoi celebri Concerti per violino e per diversi strumenti ne danno testimonianza eloquente. Bach applicò la forma del concerto solistico vivaldiano anche al concerto per vari strumenti, al concerto grosso cioè, per il quale valevano come modello e canone i Concerti di Corelli. Purtroppo, questa felicità di condizioni creative fu solo di breve durata per il musicista: nel dicembre 1721 il principe Leopold sposava la cugina Friederica Henriette poco propensa alle arti («amusa», la chiamava Bach) ed in grado di influenzare negativamente il marito nelle sue attenzioni alla vita musicale. Bach, per il quale la musica rivestiva unanotevole funzione educativa e formativa alla quale non poteva rinunciare, sentendo divenire angusto lo spazio per la sua attività, fu costretto a volgere altrove le sue mire. Lascì Cöthen e accett̀ l’incarico di Kantor presso la Chiesa di San Tommaso a Lipsia, spinto a questo passo anche dal desiderio di far frequentare l'università ai propri figli. Nel 1723 la principessa morì precocemente, ma Bach con grande rimpianto a quel punto non poté più tornare.

 I CONCERTI BRANDEBURGHESI

Nel periodo che trascorse a Cöthen, Bach scrisse tra le altre composizione anche i 6 Concerti detti bradenburghesi. Il problema della loro cronologia è ancora aperto, ma oggi gli studiosi sono sostanzialmente concordi a datare il Primo, il Terzo e il Sesto Concerto al 1718; il Secondo e il Quarto al 1719; il Quinto al 1720. Le differenti versioni autografe che ci sono pervenute e l'importanza delle modifiche di volta in volta apportate dall'autore mostrano come lo stato definitivo dei Concerti Brandeburghesi sia il risultato di un lavoro di montaggio rigoroso e inventivo, ma per lo più non preordinato: così l'intervento delle parti solistiche viene ampliato o ridotto in rapporto all'aggiunta di una parte nuova, mentre un movimento già utilizzato in altri contesti, per esempio in una cantata, viene ora collegato ad un nuovo concerto attraverso l'inserzione di un raccordo che ne riorganizza la sostanza musicale.

L'eterogeneità esistente tra le sei composizioni nell'organico strumentale, nella successione dei movimenti e nel diverso assetto formale e stilistico è tale da non consentire una loro collocazione

nelle categorie tradizionali del concerto solistico o del concerto grosso, tuttavia pur nella loro diversità, tali opere costituiscono un gruppo unitario, formando una sorta di piccolo dizionario dimostrativo delle possibilità aperte al genere del concerto. Bach qualificava questi lavori semplicemente come Concerts avec plusieurs instruments (come risulta dalla dedica autografa qui a lato), definizione che sembra richiamarsi ad analoghe raccolte polistrumentali contemporanee di tipo francese. La denominazione Concerti Brandeburghesi non è originale ma venne ideata da Philipp Spitta, l'autorevole autore di una monumentale biografia bachiana, apparsa in due volumi a Lipsia nel 1873 e nel 1880. Spitta intitolò la raccolta facendo riferimento al destinatario Christian Ludwig Margravio di Brandeburgo, fratello minore di Federico I e quindi zio del nuovo sovrano Federico Guglielmo I. Bach lo aveva incontrato a Berlino nel corso dei due viaggi da lui compiuti nella capitale prussiana nell'autunno del 1718 e nella primavera del 1719 allorché aveva provveduto - per conto del principe Leopold – all’acquisto di un nuovo clavicembalo da destinare all'orchestra di Cöthen. In quella occasione il margravio avrebbe invitato il musicista ad inviargli alcune sue composizioni. Le ragioni della donazione dei sei Concerti restano tuttora per gli storici un mistero insoluto, poiché né la cappella musicale del Margravio era in grado (col ridotto organico a disposizione) di gareggiare con quella di Cöthen, né risulta che Bach abbia ricavato dall'offerta alcun vantaggio materiale. Una tradizione forse non infondata vuole che questi Concerti siano stati archiviati, accanto ad altre 77 opere distribuite poi tra i cinque eredi, dai bibliotecari di corte senza essere stati eseguiti neppure una volta: fu solo nel 1850 (anno del centenario della morte di Bach) che l'opera fu finalmente pubblicata dall'editore Peters di Lipsia. Bach sarebbe stato comunque consapevole del fatto che queste composizioni non sarebbero state eseguite, sia per la carenza dell'organico di corte, sia per la particolare difficoltà della partitura; questo lo si evince dalla minor cura con cui il manoscritto fu redatto. Bach comunque con questi concerti si proponeva a Christian Ludwig come suo nuovo eventuale Kapellmeister. L'autocandidatura si intravvede piuttosto chiaramente tra le ossequiose espressioni di rito che concludono la dedica: «...Monsignore, io supplico molto umilmente Vostra Altezza Reale di avere la bontà di continuare a elargire le Sue buone grazie verso di me, e di essere persuaso che nulla mi sta tanto a cuore quanto di poter essere adoperato in occasioni d'Ella e del suo servizio più degne, io che sono con fervore senza pari, Monsignore, di Vostra Altezza Reale l'umilissimo e obbedientissimo servitore...».

L'augurio espresso dal musicista era dettato principalmente dal declinarsi dei suoi rapporti con il principe Leopold, nonché dall'invitante prospettiva di potersi inserire nello stimolante ambiente culturale berlinese. La raccolta costituiva dunque un saggio dimostrativo della straordinaria ricchezza di mezzi musicali che Bach poteva offrire al suo potenziale mecenate: il Margravio però non rispose all'invito e Bach, benché restio a lasciare il posto di Kapellmeister per quello di Kantor, nel 1723 decise di trasferirsi alla Thomasschule di Lipsia.  Aspetti musicali dei Sei Concerti

Bach utilizza di volta in volta con somma libertà le forme principali dei suoi tempi: il concerto grosso, in cui un concertino di pochi strumenti si contrappone all'intera orchestra d'archi; il concerto solistico tripartito, con la sua alternanza razionale di episodi solistici e ritornelli orchestrali; il concerto di gruppo, nel quale non emergono protagonismi di singoli strumenti; la sonata da camera, a tre e a quattro. Il compositore intendeva fornire agli esecutori una sorta di "campionario" di stilemi virtuosistici di alto livello, e scrisse quindi ogni concerto per i principali strumenti del tempo: due sono per ottoni (corno da caccia e tromba), due sono per flauti (dolce e traverso) e due per i principali strumenti per musica da camera (clavicembalo ed archi). Nati sul vigoroso tronco del concerto grosso italiano vivaldiano, questi concerti ne sono come la estrema ramificazione, nel senso che quella configurazione di strumenti contrapposti, concertanti («concertino») da una parte e grosso dell'orchestra («ripieno» o «tutti») dall'altra, si amplia e si arricchisce soprattutto per il largo posto concesso ai fiati e per la varietà di atteggiamenti nel dualismo solisti-orchestra.

Viene modificata anche la tipica successione dei movimenti (allegro-adagio-allegro), mentre ancora più frequenti sono le modifiche alla costruzione formale dei movimenti veloci. Cos̀ si dispiegano qui in maniera esemplare la fantasia creativa di Bach e la sua abilità nell’assimilare in maniera originale e nello sviluppare ulteriormente uno stile musicale di efficacia unica.

GUIDA ALL’ASCOLTO

 CONCERTO BRANDEBURGHESE N° 1 IN FA MAGGIORE BWV 1046 Il Concerto n° 1 BWV 1046 ha un organico imponente costituito da 2 corni, 3 oboi, fagotto, archi e basso continuo, ai quali Bach sovrappone la parte solistica dell'insolito violino piccolo. Questo è uno strumento di dimensioni ridotte allora molto di moda in Francia e che con il suo timbro acuto emerge dal tessuto musicale anche senza bisogno di una scrittura virtuosistica troppo accentuata; è accordato una terza minore sopra la norma, e veniva utilizzato nella musica barocca per sopperire alla mancanza della quarta corda nei normali violini dell'epoca. Per questo strumento Bach ha composto appositamente il terzo movimento, che originalmente mancava, affidandogli importanti compiti solistici.

[A sin. violiミo piIIolo さBヴaIIoざ, di Loヴeミzo “toヴioミi. 1ΑΓ3. A dx una moderna ricostruzione di un violino piccolo, assieme ad una viola tenore, basata sulle tavole del Syntagma musicum]

E’ articolato in un'anomala struttura in quattro tempi, unica fra i concerti bachiani. La peculiarità del Primo brandeburghese è l'oscillazione tra il riferimento italiano, nella forma del concerto grosso, e gli elementi stilistici francesi, in particolare con la musica da danza, cui si richiama scopertamente il movimento conclusivo. Il movimento iniziale compariva già, come introduzione, nella cosiddetta Jagdkantate (“Cantata della caccia”) BWV 208, e da questo inizio deriva la concezione appunto "sinfonica" di questo brano in cui lo spirito di gruppo prevale rispetto alla condotta solistica di un singolo o di più strumenti. Una parte di rilievo è data tuttavia ai corni da caccia, assenti solo nell'Adagio, e al violino piccolo.

[J.S. Bach: Concerto brandeburghese n°1, autografo]

Bach si servì di questo Concerto per altri brani musicali. Il primo tempo divenne più tardi la sinfonia della cantata Falsche Welt, dir trau'ich nicht n. 52 (composta nel 1730) e il terzo tempo venne ripreso

nella cantata Vereinigte Zwietracht der wechselnden Saiten n. 207 (composta nel 1726) e successivamente fu trasformato nel corale della cantata Auf, schmetternde Töne n. 207a del 1734.

 1° movimento (Allegro) Il primo movimento ricorda l'ouverture francese, con il suo tema grandioso e solenne. La caratteristica principale dell'Allegro iniziale è rappresentato dalla costante presenza dei corni che sostengono il discorso musicale con figurazioni semplici ma comunque impegnative ed acusticamente cospicue, affini ai richiami di caccia. Il predominio del timbro dei fiati risulta evidente già dalla serrata dinamica dell'esordio; nella frase di apertura gli archi sostenuti dai corni presentano il loro tema che si intreccia con un controtema presentato in contrasto dagli oboi. Nel primo vero episodio del concerto il tema principale passa agli oboi. Segue una sezione centrale a piena orchestra dominata dalla presenza dei corni. Il secondo episodio è presentato dai corni, dagli oboi e dai violini che eseguono un passaggio in imitazione al quale fa seguito una esposizione a piena orchestra. Il terzo episodio ha un inizio di tipo solistico con entrate successive, in imitazione, dei corni, degli oboi e dei violini sul sostegno del basso continuo e sfocia nella parte conclusiva del brano in cui la piena orchestra riassume le parti salienti.

 2° movimento (Adagio) L'Adagio presenta tratti stilistici spiccatamente italiani: attacca quasi fosse un tempo di concerto per oboe e archi, per poi evolvere in un dialogo nello stile recitativo tra l'oboe e il violino piccolo, ai quali si aggrega inaspettatamente anche la calda voce degli strumenti bassi. L’Adagio, in cui i corni tacciono, ̀ un duo tra primo oboe e violino piccolo, dove i due strumenti solisti dapprima si alternano, quindi suonano in canone. Nella sezione centrale continua il serrato gioco imitativo tra oboe e violino piccolo con la comparsa del tema anche al basso. La ripresa abbreviata della prima parte è chiusa dalla cadenza affidata all'oboe che aveva aperto questa bella pagina in re minore.

 3° movimento (Allegro) Il discorso a due continua nel terzo movimento, con gli interventi solistici del violino, dell'oboe e del corno. Dopo un esordio con tutta l'orchestra, appare un primo episodio solistico in cui il violino piccolo espone il tema entrando poi in dialogo prima con tutta l'orchestra e poi con il primo corno. Il tema passa poi al violino I e viene ripreso da un fraseggio fra oboi ed archi. La sezione centrale presenta un materiale tematico nuovo con una fitta dialettica tra il violino piccolo e gli altri strumenti e si chiude con due battute in tempo di Adagio. Compare alla fine un nuovo episodio solistico, in cui il tema esposto dal violino piccolo passa successivamente a tutta l'orchestra che si avvia alla chiusura del brano.

 4° movimento (Menuetto - Trio I - Polacca - Trio II) L'appendice «francese» che forma l'ultimo tempo (quasi una suite in miniatura) alterna un florilegio di pagine differenziate timbricamente, un Minuetto in sette parti, con due diversi Trii ed una Polacca nel mezzo. Manca qualunque riferimento allo stile ed alla tecnica del concerto: è un’appendice autonoma, che si pù spiegare soltanto se si tiene presente che la genesi di questo Concerto ̀ tuttora sconosciuta. La sequenza si apre con la grazia misurata del Minuetto a organico pieno, che lascia poi spazio alle sonorità ovattate dei legni nel Trio I per 2 oboi e fagotto; dopo la ripetizione del Minuetto la compagine omogenea degli archi soli presenta la Poloinesse (così nell'autografo: si tratta naturalmente della Polonaise o Polacca); nuova ripetizione del Minuetto seguita dalla squillante fanfara dei due corni solisti con accompagnamento degli oboi all'unisono nel Trio II; alla fine assistiamo alla ripetizione del Minuetto.

 CONCERTO BRANDEBURGHESE N° 2 IN FA MAGGIORE BVW 1047

Come il Primo Concerto era improntato essenzialmente al gusto francese, così il Secondo si riporta allo stile italiano, in particolare al modello di Vivaldi. Il concerto italiano si presenta in forma rigorosamente tripartita (allegro, adagio, allegro). L’organico ̀ il seguente: flauto dolce, oboe, tromba piccola in fa, violino, archi e continuo. La novità eclatante è l'uso della tromba piccola in fa (in omaggio alla tradizione bolognese dei maestri della Cappella di San Petronio), dal suono al tempo stesso squillante e leggero, più acuto e penetrante rispetto a quella in re o in do.

[Tromba piccola o trombino]

All'epoca di Bach solo il trombettista (e amico di Bach) Gottfried Reiche era in grado di eseguire spartiti tanto complessi, ora grazie allo sviluppo di moderne metodologie di studio l'esecuzione è più accessibile. Una seconda modifica consiste nella contrapposizione di un gruppo solistico di strumenti, il cosiddetto "concertino" (composto da violino, flauto dolce e oboe) all'insieme orchestrale del tutti (il cosiddetto concerto grosso). Nel concertino Bach fa suonare gli strumenti solisti da soli, in coppia, a tre o tutt’insieme, in maniera tale che possano sempre emergere di fronte agli archi. Si tratta di un impasto timbrico molto originale, specie per l'uso della tromba piccola, fatto abbastanza insolito nei concerti.

 1° movimento (Allegro) Il primo movimento è strutturato secondo il tipico stile del concerto barocco italiano: troviamo quindi la solita alternanza del tema principale tra il tutti e il quartetto solista, con grande variazione di timbri e di frammenti melodici. Infatti qui gli strumenti solisti vengono usati a coppie di due, ogni volta combinati in modi diversi: prima i due strumenti che sono vicini sulla partitura (violino e oboe, oboe e flauto, flauto e tromba), poi quelli che sono lontani (tromba e violino), fino ad arrivare all’impiego di tutti e quattro gli strumenti insieme. Questi interventi solistici sono composti da poche battute, creando così una novità rispetto alla regolarità delle composizioni italiane di quel periodo. Le parti tematiche, che per la condotta canonico-imitativa degli strumenti solisti hanno una notevole densità di tessitura, sono alleggerite dall’alternanza di motivi con fraseggio “a sospiro” ripetuti due volte. Questo modo di configurare un movimento lento si rinviene più frequentemente nella tradizione della sonata che in quella del concerto.

Joachim Ernst Rentsch: Possibile ritratto di Johann Sebastian Bach tra il 1708

e il 1717, olio su tela, Erfurt]

L’Allegro inizia con l’esposizione del tema principale da parte dell’intera orchestra (solisti compresi): questa prima parte ̀ divisa in quattro brevi sezioni, divise tra di loro dagli interventi dei solisti di sole due battute: troviamo prima il violino solo, poi l’oboe e il violino, poi il flauto e l’oboe e infine la tromba e il flauto. Dopo un breve frammento melodico-ritmico proposto prima dalla tromba e poi dall’oboe, inizia una nuova sezione in cui il materiale tematico viene elaborato da tutta l’orchestra, solisti compresi: ritroviamo qui vari effetti proposti da Bach come l’alternanza tra forte e piano, la differenza timbrica fra i gruppi strumentali e l’alternanza dei quattro strumenti solisti. Successivamente il tema principale viene di nuovo riproposto dapprima dal flauto e dal violino a cui si aggiungono poco dopo anche l’oboe e la tromba: comincia allora un grande lavoro contrappuntistico. Quindi, la tromba prima e poi l’oboe ripropongono lo stesso frammentino melodico-ritmico di prima che serve a transitare verso la tonalità del sol minore, con la quale il tema principale viene dapprima riproposto da tutti gli strumenti e poi contrapposto ai quattro solisti. Nella Ripresa finale il tema viene nuovamente suonato all’unisono da tutti gli strumenti.

 2° movimento (Andante) Il secondo movimento non si avvale della presenza della tromba e degli archi in toto: l’organico ̀ dunque ridotto a tre soli strumenti (flauto, oboe e violino) accompagnati dal continuo (clavicembalo e violoncello), situazione tipica della sonata da chiesa, o sonata a tre, secondo lo stile italiano. Si passa quindi dal concerto alla sonata a tre.

Il brano è in re minore e il tema principale, una melodia toccante e commovente, viene proposta, a canone, prima dal violino, poi dall’oboe e infine dal flauto. Il violoncello e il basso continuo hanno un movimento costante di crome, che crea un contrappunto con gli strumenti solisti molto fine e leggero. Successivamente troviamo una nuova riproposta del tema principale questa volta con un diverso ingresso degli strumenti a fiato: infatti ora troviamo il violino all’inizio a cui seguono prima il flauto e poi l’oboe. Nella parte finale di questo Andante, Bach ci propone un ricco sviluppo del materiale tematico con varie trasformazioni, ambito in cui il compositore è uno dei maestri in assoluto. In questa sezione l'orchestra si alterna ai soli, riproposti in diverse combinazioni strumentali, (flauto e violino, oboe e violino, flauto e oboe, flauto e violino), fino al tutti conclusivo, dove l'ultima ripresa del tema è suonata dalla tromba.

 3° movimento (Allegro assai) Nell'Allegro assai, i principi della fuga si uniscono a quelli concertanti. Gli strumenti solisti entrano in successione secondo i canoni della fuga: prima la tromba, poi l'oboe, il violino e in ultimo il flauto. Quando è poi di nuovo la tromba a riproporre il tema, per la prima volta in questo movimento entra tutta l’orchestra. Successivamente l’orchestra tace di nuovo: solo il violino riprende il tema accompagnato dal flauto, subentrano poi anche l’oboe e gli strumenti del basso continuo cui Bach affida il tema principale. Il movimento si conclude con il tema riproposto di nuovo dalla tromba e dal basso continuo.

 CONCERTO BRANDEBURGHESE N° 3 IN SOL MAGGIORE BWV 1048 Come se fosse diviso in due triadi, il ciclo dei Concerti Brandeburghesi prevede al terzo e al sesto posto due lavori per molti aspetti analoghi: infatti a chiusura di ciascuna delle due parti Bach ha inserito due composizioni non strettamente in forma di "concerto", ma di struttura polifonica, affidati esclusivamente a strumenti ad arco. L'elemento caratterizzante del Terzo concerto brandeburghese BWV 1048 risulta pertanto essere la parità di importanza tra gli strumenti: non più episodi solistici alternati a momenti d'insieme, o un trattamento "concertante" di coppie di strumenti, ma blocchi orchestrali. Inoltre non più tre ma due movimenti, il secondo dei quali diviso in due parti come le arcaiche "sonate da chiesa". Tra le due parti del secondo movimento Bach ha collocato una specie di improvvisazione, ovvero un episodio ad libitum, privo di riferimenti tematici ed elementi formali. Si si ritiene che essa indichi all'esecutore la possibilità di aprire una pausa d'attesa tra le due metà del movimento, in forma di adagio e liberamente improvvisata.

Questo, che è forse il più "travolgente" dei Brandeburghesi, offre spunti di straordinaria versatilità ritmica e contrappuntistica: specialmente nel 3° movimento il processo musicale è ininterrotto, quasi inarrestabile, mosso come è da un'inesauribile carica energetica. L’organico del Concerto ̀ il seguente: 3 violini, 3 viole, 3 violoncelli, basso continuo (violone e clavicembalo).

 1° movimento (Allegro) L’Allegro inizia con una cellula melodico-ritmica che dominerà per tutto il movimento (formata da due note brevi seguite da una nota lunga, chiamata anapesto) affidata ai tre violini, quindi la stessa cellula passa fra i tre gruppi di strumenti ad arco, partendo dai violini, passando per le viole e arrivando ai violoncelli: Bach ci presenta tre sfumature diverse della stessa frase melodica, dovute all’altezza della stessa che passa dall’acuto al grave. Segue poi una frase di collegamento che porta ad un ritorno del tema, affidato ai violoncelli e al violone. Nella sezione successiva assistiamo ad un duetto tra il primo e il secondo violino mentre viole e violoncelli hanno solo una parte di accompagnamento molto leggera. Nella terza sezione le viole ripropongono il tema principale che sfocia in un nuovo episodio in cui prevale una serie di figurazioni solistiche: prima i violini, poi le viole e infine i violoncelli. Segue infine una parte conclusiva che riassume i passaggi del primo tempo. Bach riutilizzerà questo movimento (aggiungendo oboi e corni) come sinfonia d’apertura della cantata Ich liebe den Höchsten von ganzem Gemüte BWV 174 del 1729.

 2° movimento (Adagio) L’Adagio è formato esclusivamente da due accordi, in un’unica battuta, che formano una cadenza frigia (una particolare cadenza tipica del barocco). Questo movimento sembra quasi una breve pausa

di sospensione nell’andamento incalzante dei due movimenti veloci. Non è azzardato pensare che in questo punto il suonatore dello strumento del basso, il clavicembalista, si esibisse in una virtuosistica cadenza. Nelle esecuzioni moderne si tende a suonare semplicemente la cadenza con un’ornamentazione minimale; a volte viene inserito un movimento tratto da altre opere; un’altra soluzione ̀ quella di omettere completamente questi due accordi.

 3° movimento (Allegro) L’Allegro finale ̀ segnato da un ritmo di danza (ritmo di ländler in 12/8), cosa insolita nei concerti di Bach. Nella prima parte l'orchestra presenta un tema che viene trattato dai tre gruppi degli archi (violini, viole e violoncelli). Dopo la ripetizione della prima parte, nel secondo episodio il tema passa ai violoncelli ed al basso continuo che provvedono a svilupparlo. Successivamente l’intera orchestra, dopo l’intervento del primo violino, ripresenta il tema in tonalità minore sviluppandolo in un gioco contrappuntistico tra i gruppi di archi: l’andamento musicale contrappuntistico è continuo, ininterrotto, praticamente inarrestabile. In chiusura l'orchestra torna ad esporre il tema nuovamente nella sua tonalità maggiore. A questo punto viene ripetuta la seconda parte nella sua interezza.

 CONCERTO BRANDEBURGHESE N° 4 IN SOL MAGGIORE BWV 1049 Nella sua struttura e nel suo carattere compositivo, il quarto Concerto Brandeburghese BWV 1049 ricorda un po’ il Concerto n° 2, ma è anche molto vicino al successivo Concerto n° 5. L’organico prevede, in contrapposizione al Tutti orchestrale come strumenti solisti, un violino principale (al quale sono affidati impegnativi interventi solistici che a stento si ritrovano nei concerti per questo strumento), e due flauti diritti o a becco (chiamati da Bach Flauti d’echo), con funzioni prettamente concertanti, accompagnati da archi (violini I e II, viole e violoncelli) e basso continuo (clavicembalo e violone).

La denominazione "Flauti d'Echo", unica in tutta la produzione bachiana, e non adoperata da nessun altro compositore, indicherebbe o una coppia di flauti dolci, così denominati in seguito ai frequenti passaggi "in eco" presenti nelle loro parti, oppure un tipo di strumento tipicamente francese, il Flageolet [nella foto], simile al flauto dolce ma intonato un'ottava sopra, in quegli anni noto per l'uso che di esso faceva un virtuoso esecutore

londinese di origine francese James Paisible. Bach potrebbe aver voluto, con questa originale orchestrazione, soddisfare la curiosità che la fama dello strumento aveva suscitato nel Margravio di Brandeburgo. A differenza degli altri concerti brandeburghesi, che nel secondo movimento hanno un organico ridotto, qui tutti gli strumenti suonano dall’inizio alla fine in tutti e tre i movimenti. Da un punto di vista tecnico, la parte del violino solista è tra le più difficili e virtuosistiche mai scritte da Bach; anche i due flautisti devono suonare dei fa diesis sovracuti, tecnicamente molto difficili su questo strumento per questioni di diteggiature. Questo concerto, composto tra il 1719 e il 1720 e pubblicato dalle edizioni Peters di Lipsia nel 1850, esiste anche nella versione per clavicembalo (al posto del violino solista), due flauti, archi e continuo, in fa maggiore BWV 1057, rielaborazione fatta dallo stesso Bach intorno al 1730-35 circa.

 1° movimento (Allegro) Il primo movimento è assai ampio: si articola come un concerto grosso, con flauti e violino a formare il concertino. Il tema principale, gioioso, in sol maggiore, è affidato inizialmente ai due flauti a cui si aggiunge, subito dopo, il violino solista, tutti sostenuti dagli accordi degli archi. Questo tema è costruito sugli elementi dell’arpeggio e del ribattuto, elementi che faranno da filo conduttore per tutto il movimento. Il primo episodio solistico del violino è costituito da una serie di arpeggi e di decorazioni sul tema iniziale. Il violino, di fatto, ha più parti solistiche e non interagisce molto coi flauti, che intervengono senza continuità dialogando a vicenda e ricoprendo un ruolo più assimilabile a quello di ripieno; gli altri strumenti sostengono il tutto con un accompagnamento molto discreto. Compare quindi un secondo episodio solistico in tonalità minore (mi minore) affidato ai due flauti, accompagnati dal violone e dal clavicembalo. Il ritorno dell’incipit del tema iniziale in la minore lascia poi il posto libero sfogo al violino solista. Dopo una serie di episodi virtuosistici del violino e del flauto in diverse tonalità, compare la ripresa, che ripropone tutti gli elementi tematici essenziali di questo movimento, con i tre strumenti solisti riuniti.

 2° movimento (Andante) L'Andante (in mi minore) è l'unico movimento lento fra tutti i Brandeburghesi a non prevedere una riduzione dell'organico strumentale: i solisti - qui usati come gruppo unitario - e il tutti dialogano tra loro o si sovrappongono secondo il modello del concerto grosso di stile italiano (derivato da Corelli e da Vivaldi), in un gioco di effetti d’eco che contrastano sul piano dinamico con l’orchestra. In questo movimento il ruolo principale spetta ai due flauti che hanno anche parti più fiorite ed elaborate; troviamo anche una piccola fioritura di tre battute del basso, mentre il violino solista se ne sta piuttosto in sordina. Il tema principale di questo movimento comincia subito con un contrapporsi tra i flauti e il violino solista da una parte, e l’orchestra dall’altra. Troveremo anche un breve passaggio che propone un [14]

intervento solistico del primo flauto che diventa unico protagonista con una serie di brevi cadenze ravvicinate. Il motivo principale viene ripreso dagli strumenti gravi del violone, violoncello e clavicembalo, fino a quando i due flauti, in contrappunto con il violino solista, propongono un episodio in coloritura che porta direttamente alla coda finale. Bach affida al primo flauto una nuova breve cadenza che precede la fine del movimento che si chiude con due accordi di cadenza frigia da parte dell’intera orchestra.

 3° movimento (Presto) Il finale ha la struttura di una fuga. Il movimento comincia con il tema proposto dalle viole seguite dai violini secondi, dai violini primi insieme al violino solista e infine dai violoncelli, violone e clavicembalo. Infine il tema viene proposto all’unisono dai due flauti diritti, che concludono l’esposizione. Una serie di arpeggi, affidati al violino solista, apre lo sviluppo del materiale tematico in cui l’orchestra tace: quindi i due flauti contrappuntano con il violino solista insieme ai violini primi e tra di loro, rielaborando il soggetto della fuga che poi passerà agli strumenti del continuo (violoncello e clavicembalo) e poi a tutti gli altri strumenti. Da questo momento il gioco contrappuntistico si fa sempre più serrato. La fase conclusiva del movimento e del concerto ̀ caratterizzata dall’ennesima riproposta del soggetto della fuga da parte del tutti.

 CONCERTO BRANDEBURGHESE N° 5 IN RE MAGGIORE BWV 1050 Molti elementi fanno ritenere che il Quinto sia cronologicamente l'ultimo concerto scritto da Bach fra quelli inclusi nella raccolta. Anche per questa composizione, Bach adotta la struttura concertante del gruppo di strumenti solisti opposto all'orchestra: fra i primi, è sorprendentemente protagonista il clavicembalo, che per la prima volta in questo genere di musica abbandona la sua umile funzione di sostegno e di accompagnamento, e gli viene affidata una lunghissima cadenza virtuosistica, di forma tale da trasformare lo strumento in un vero e proprio strumento solista. La presenza massiccia del clavicembalo è una presenza continua in tutta l’opera: anche se troviamo il flauto traverso (strumento ancora non molto utilizzato all’epoca) e il violino nel concertino solista, tuttavia possiamo dire che questo concerto è, in

definitiva, il primo concerto per clavicembalo e orchestra (formata, in questo caso, da archi e basso continuo) della storia della musica.

 1° movimento (Allegro) La sonorità brillante dell'orchestra d'archi apre l'Allegro con la sonorità brillante dell’orchestra d’archi, alla quale risponde un dialogo in imitazione tra flauto e violino solo con un tema cantabile di assoluta semplicità; si accompagna una parte fiorita del clavicembalo, destinata a diventare parte a sé stante e a riproporsi nei punti chiave del movimento. Il breve ritorno del motivo d’apertura prelude a un nuovo intervento da parte degli strumenti del concertino, ma da questo momento il clavicembalo si impone progressivamente e conquista sempre più spessore e più spazio. Inframmezzati dalle puntuali ripetizioni del tema-ritornello, gli episodi solistici si susseguono con un proliferare di figurazioni ritmiche. Il tutto fino a arrivare ad una parentesi meditativa: l’incalzante incedere ritmico lascia il posto a un sommesso scambio fra flauto e violino con trilli in pianissimo. Dopo una sezione di elaborazione, è ancora la tastiera a riprendere il posto di protagonista: l’accompagnamento orchestrale decresce fino a scomparire del tutto e anche piano piano i due strumenti solisti diradano la loro presenza. È il momento della cadenza solistica del cembalo - che nella partitura originale è indicata in italiano con l'espressione solo senza stromenti, 65 battute, quasi un quarto di un movimento già di per sé considerevole -, che si abbandona a una virtuosistica ricapitolazione delle idee ritmiche e melodiche di questo movimento, nei liberi modi di una toccata. Il movimento si chiude con una ripresa testuale del tema iniziale da parte del tutti.

 2° movimento (Affettuoso) Dal carattere intimo e cantabile e dal pathos delicato, l’Affettuoso (indicazione usata raramente in quel periodo) è affidato ai soli strumenti del concertino (quindi senza l’orchestra) ed è caratterizzato da un fitto dialogo, in diverse tonalità, tra flauto e violino, accompagnati dal clavicembalo (in cui le due mani del clavicembalista hanno, ognuna, una voce indipendente, tecnica moderna all’epoca di Bach), nel silenzio dell'orchestra. Il regolare alternarsi di forte e piano esalta l’architettura formale. Il movimento si conclude con la riproposizione integrale dell’episodio d’apertura.

 3° movimento (Allegro) L’Allegro che chiude questo Concerto (un tempo di danza veloce) è una giga alla francese ed è costruito secondo la forma compositiva della fuga concertante; alterna imitazioni tra i vari strumenti e passaggi del clavicembalo in veste di protagonista. Il movimento si articola in tre episodi distinti l’uno dall’altro: la vivace sezione d’apertura, il cantabile centrale, la ripresa con una coda finale. Il soggetto principale viene esposto ripetutamente sia dagli strumenti solisti (secondo l’ordine: violino, flauto e clavicembalo) che dal resto dell’orchestra a cominciare dalle viole per poi passare [16]

alla sezione grave degli archi (violone e violoncello). Dopo un breve momento più meditativo segue la ripresa del primo episodio. L’episodio centrale (Cantabile) presenta un andamento un po’ più rilassato e meno incalzante. Qui il tema viene proposto prima dal flauto, poi dal violino e infine dal clavicembalo, prima del ritorno del soggetto della fuga. Segue, a questo punto, una nuova sezione di elaborazione tematica in cui il clavicembalo propone una nuova, breve cadenza riepilogativa del materiale finora esposto, seguito da una ripresa di tutta l’orchestra. La coda finale del concerto si chiude con la ripetizione esatta di 78 delle sue 310 battute complessive.

 CONCERTO BRANDEBURGHESE n° 6 in si bemolle maggiore BWV 1051 Se molti elementi fanno ritenere che il Quinto sia cronologicamente l'ultimo concerto scritto da Bach fra quelli inclusi nella raccolta, indizi non minori indicano nel Sesto il primo in ordine di composizione (1718), risalente al periodo di Weimar. L’organico del sesto Concerto ̀, come il terzo, costituito da soli archi: 2 viole, 1 violoncello, 2 viole da gamba, basso continuo (violone e clavicembalo); non vi sono strumenti a fiato. La partitura si riduce a una sorta di sestetto, in cui le due viole da braccio svolgono il compito di strumenti solisti "concertanti", mentre gli altri quattro strumenti riducono la loro funzione all'accompagnamento. Come ben si vede, la strumentazione impiegata consiste in strumenti di suono medio e grave, priva quindi dei violini, cioè dei timbri più acuti e luminosi: l’insieme degli strumenti gravi crea una sonorità inconfondibilmente scura e brunita che per certi versi è arcaica in quanto ricorda il consort inglese, l'insieme di viole tipico della musica elisabettiana nel 1600.

 1° movimento (nessuna indicazione di tempo) Questo movimento è una perfetta forma-ritornello, cioè un ritornello orchestrale iniziale in cui suonano tutti gli strumenti e successivamente partono gli strumenti solisti, più leggeri come tessuto musicale, che si inframmezzano al ritornello stesso. La novità interessante di questo movimento è che il ritornello non è composto, come abitualmente, da più sezioni differenziate contrastanti tra loro, ma si presenta come una sorta di unico blocco, molto compatto ed esteso, sempre uguale, in cui alcuni strumenti del tutti suonano come una specie di percussione, un ostinato, mentre a suonare i tre temi principali sono le due viole, in canone tra di loro (cioè eseguono la stessa linea ma inseguendosi a distanza ravvicinatissima). L’alternanza di piano e forte aumenta la dinamica del brano, mentre il ritornello suona sempre in forte. Il ritornello ritorna più volte ed in varie tonalità, sia maggiore che minore.

Il movimento finisce con l’intero ritornello ripetuto integralmente, cos̀ come abbiamo visto in altri concerti brandeburghesi.

 2° movimento (Adagio ma non tanto) Fra tutti i Concerti brandeburghesi ̀ l’unico adagio in tonalità maggiore. Ancora più essenziale ed etereo, il secondo tempo riduce ulteriormente la partitura a tre strumenti (sono assenti le viole da gambe), trasformando il brano in un trio. In esso il violoncello contrappunta, in modo "ostinato", il dialogo intrecciato dalle due viole soliste.

 3° movimento (Allegro sul ritmo rilassato e gioioso) Si riallaccia a molti degli ultimi movimenti degli altri concerti per il ritmo di giga: è un dato interessante che le sezioni iniziale e finali sono uguali tra di loro (cosiddetta scrittura con la forma da capo). Nel movimento troviamo la ripetizione nei ritornelli del Tutti, spezzata e variata da una serie di episodi virtuosistici e imitativi delle due viole soliste.

DISCOGRAFIA

J.S. Bach: The Brandenburg Concertos. Concertos BWV 1043 &1060 Academy of St Martin in the Fields, dir. Sir Neville Marriner. Decca Duo

Premesso che sono un appassionato di Marriner, l'esecuzione è proprio di grande livello, in particolare il 2° concerto è di grandissimo impatto. Splendidamente registrato ed eseguito con impegno e con quella meravigliosa sinergia che a volte si ottiene tra suonatori e direttore d'orchestra da togliere il fiato. Ci sono altre grandi registrazioni che «leggono» questi pezzi in modo molto diverso, e hanno uguale validità, ma, secondo la mia sensibilità, dò a questa registrazione la palma della migliore, tra quelle con strumenti “classici”.

Johann Sebastian Bach: The Brandenburg Concertos. Concertos BWV 1060, 1064, 1064 English Chamber Orchestra, dir. Benjamin Britten. Decca

Questa registrazione di 50 anni fa è ancora fresca e vivida come se fosse stata eseguita ai nostri tempi. La registrazione è bella e calda e in stereo e tutti i pezzi sono riprodotti splendidamente. Il Sesto in particolare è magnifico.

Johann Sebastian Bach: The Brandenburg Concertos. Suites n° 2 & 3 Berliner Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan. Deutsche Grammophon

Karajan ̀ stato un ottimo interprete di Bach e i Berliner Philharmoniker negli anni ‘60 sono superbi anche in questo genere di repertorio. Il suono è apollineo e vellutato. Il Primo Concerto è forse un po’ troppo lungo (25 minuti), gli altri sono molto piacevoli all’ascolto: alcuni tempi potrebbero non

essere per tutti i gusti, ma la musica è lasciata respirare e rivela dettagli che altrimenti è difficile ascoltare. Affascinante anche sentire Karajan suonare il clavicembalo. Le registrazioni del 1965 di Karajan della 2a e 3a Suite di Bach (incluse qui con i Brandenburghesi) sono superbe: la terza Suite è particolarmente magnifica, ed è la ragione per acquistare questo set da 2 dischi.

Johann Sebastian Bach: Brandenburg Concertos 1-6. Orchestra Mozart, dir. Claudio Abbado. Deutsche Grammophon

Registrazione dal sapore meravigliosamente "live" da cui traspare il piacere della musica di insieme, con un ensemble in stato di grazia diretta e condotta da un Abbado in forma strepitosa. Ascoltando il cd sembra di averli in casa! Ottima l’incisione e bella esecuzione, la consiglio. Quando la classica suona così è solo musica e non può non piacere. Abbado era uno dei pochi a riuscirci e ci manca tanto.

Johann Sebastian Bach: Brandenburgischen Konzert nn. 1-6. 4 Ouverturen. Triplkonzerte BWV 1044 Munchener Bach-Orchester, dir. Karl Richter. Archiv

Karl Richter, direttore e clavicembalista, ̀ stato un grande interprete di Bach, dotato di singolare tecnica e straordinaria intelligenza interpretativa. I suoi Concerti Brandeburghesi costituiscono dunque un documento molto interessante, riflesso di una stagione – quella degli anni Sessanta – che appare ormai cos̀ lontana. Dirige qui un’orchestra composta da veri artisti e professionisti: non si possono non ammirare i calibratissimi intrecci di flauto dolce, oboe e violino nel secondo Concerto o gli accenti di grande poesia che si impongono nel tempo centrale del Quinto (soave il flauto di Aurèle Nicolet!) o ancora il virtuosismo della cadenza cembalistica nel primo tempo dello stesso Concerto.

In questa registrazione tutto ̀ regolare e compatto dal punto di vista timbrico: al sontuoso legato degli archi fa riscontro la rigorosissima scansione ritmica del basso continuo affidato al clavicembalo modello Neupert dalle sonorità non usuali che possiede, indubbiamente, un fascino particolare. Questa performance è una delle più brillanti, equilibrata per scelta dei tempi e qualità della registrazione, effettuata nel 1964-68, con una rimasterizzazione eccezionale effettuata nel 1981 caratterizzata da un audio pulitissimo e dettagliata presenza di tutti gli strumenti. Una tra le più belle incisioni Archiv di sempre. Da non dimenticare che nel disco ci sono pure le 4 Suites per orchestra e il Concerto triplo e perciò è da me altamente raccomandato il suo acquisto.

Johann Sebastian Bach: Brandenburgischen Konzerte Musica Antiqua Köln, dir. Reiner Goebel. Archiv

Registrati nel 1986, i concerti di Brandeburgo di Bach della Musica Antiqua di Colonia diretta da Reinhard Goebel trovano qui un'interpretazione molto vivace, grazie alle capacità virtuosistiche dell'orchestra. I tempi sono più veloci (in particolare il 3° concerto) di quanto si senta di solito, ma sono gradevoli.Goebel e Musica Antiqua Koln scioccarono, per la prima volta, l’ascoltatore con tempi che all’epoca erano vertiginosi. Eccellente suono, eccellente riproduzione.

Johann Sebastian Bach: Brandenburg Concertos Concentus music Wien, dir. Nikolaus Harnoncourt. Teldec

Nell'aprile 1964, nel palazzo Schönburg di Vienna, Nikolaus Harnoncourt, allora un violoncellista di circa 35 anni, dava avvio, con una interpretazione innovativa dei Concerti Brandeburghesi, a una svolta epocale, svelando un nuovo universo sonoro dato dagli strumenti antichi, fino ad allora sconosciuti tanto agli interpreti quanto agli ascoltatori. L'adozione di "original instrumenten" e della prassi esecutiva storica, desunta dallo studio dei trattati di epoca barocca, dischiudeva uno

scenario nuovo: sonorità spigolose, particolarmente definite, fraseggio marcato con accentuazione dei tempi forti, riduzione o eliminazione del vibrato, etc. Un vero manifesto di una estetica e di una concezione nuova della musica. Non sono affatto d'accordo con quanti sostengono che l'interesse di questa registrazione stia più nel suo valore storico che nell'intrinseca qualità artistica e tecnica. Nonostante l'incisione datata 1964, quindi oltre mezzo secolo fa, la presa del suono è veramente notevole in considerazione che solo da qualche anno era stata introdotta la rivoluzionaria stereofonia, e i vecchi strumenti non hanno problemi con cigolii, rantoli o stonature. L'ascolto non è sempre facile: il secondo concerto è così diverso dalle versioni in auge da poter provocare di primo acchito una certa perplessità o disorientamento, ma ad un ascolto attentosi coglie una finezza interpretativa senza pari. Le scelte non ovvie non sempre sono immediatamente convincenti, ma alla lunga possono rivelare una superiore profondità. In breve, si tratta di una registrazione preziosissima, consigliata a tutti coloro che amano la musica del Kantor. Esiste anche una affascinante versione video.

Johann Sebastian Bach: Brandenburgische Konzerte n. 1-6 Gustav Leonhardt e altri artisti. Pro Arte

In queste registrazioni del 1976-77 Gustav Leonhardt e la sua squadra olandese, nella quale si distinguevano musicisti straodinari quali i fratelli Kuijken e Frans Brüggen, si presentavano come l'avanguardia della rivoluzione filologica. Riascoltando a tanti anni di distanza la versione di Leonhardt, ho avuto la sensazione di riscoprire questi capolavori di Bach da un'angolazione diversa, più affascinante. Questo perché Leonhardt offre un'attualissima lezione sull'arte di suonare non troppo veloce, in modo da far risaltare gli effetti sonori e le voci peculiari degli strumenti. Tutto risulta naturale e straordinariamente misurato: l'arte del Kantor viene esaltata al massimo grado. E poi - piacevole sorpresa - la registrazione in ADD è di ottimo livello. Se si dispone di un buon impianto stereo si ha la sensazione di ascoltare un vecchio e prezioso vinile. In sintesi: chiarezza esecutiva, fraseggio, ritmo, tecnica perfetta, una tra le migliori interpretazioni dei Concerti Brandeburghesi, dalla quale non possono prescindere tutti coloro che amano l'arte del sommo Johann Sebastian Bach.

Johann Sebastian Bach: Brandenburg Concertos. Concertos BWV 1060, 1064, 1064 The Academy of Ancient Music, dir. Christopher Hogwood. Decca Double

Hogwood nel 1973 rifondò l'Academy of Ancient Music, una orchestra specializzata nell'esecuzione di musica barocca con strumenti d'epoca. Hogwood in questa edizione discografica ha lasciato un segno indelebile per la perfezione e la pulizia formale che ha fatto di questa edizione un vero punto di riferimento, valido ancora oggi (ascoltare per credere!). Luminoso, vivace ma con tocchi di malinconia, questa performance è semplicemente una esplosione di vita ed energia. Gli altri tre concerti di Bach sono interessanti riempitivi.

Johann Sebastian Bach: Brandenburg Concertos. Concertos BWV 1060, 1064, 1064 The English Concert, dir. Trevor Pinnock. Archiv

Gli albori degli anni '80 videro anche l'impetuosa crescita del movimento cosiddetto delle "pratiche esecutive storicamente informate", più banalmente detto delle "esecuzioni con strumenti originali". In Inghilterra si preferì seguire , con scelta tipicamente britannica, una strada più mediata tra rivoluzione e tradizione, più di rinnovamento che di sovvertimento. Trevor Pinnock (assieme a Chistopher Hogwood e a John E. Gardiner tra i capofila del movimento HIP britannico) è forse quello che più degli altri ha perseguito questo "giusto mezzo", e questa edizione dei Brandeburghesi e delle Suites orchestrali ne è forse il più chiaro esempio. I tempi sono giusti, non esasperati dal frenetico ritmo di altre letture. Gli strumenti (originali o copie che siano) non stridono né gracchiano, come purtroppo ancora oggi si sente di sovente. La musica viene sempre al primo posto, non ci sono eccessi, vezzi, astrusità. E' vero, nemmeno troppe sorprese, ma alla lunga questo è un vantaggio. Sarà un caso se queste letture non sono mai uscite dal catalogo? A distanza di 40 anni ormai dalla loro pubblicazione, credo si possano con pieno diritto definire "un classico" della discografia bachiana. Convintamente raccomandato.

Johann Sebastian Bach: Brandenburgische Konzerte Akademie fur Alte Musik Berlin. Harmonia Mundi

I Concerti Brandeburghesi interpretati dall’Akademie fur Alte Musik di Berlino si collocano indubbiamente fra le versioni di riferimento di questi sei capolavori per espressività, freschezza e vitalità: in qualche modo, si può dire che il complesso berlinese sia, nel XXI secolo, il più degno successore e prosecutore della "rivoluzione" filologica innescata nel mondo musicale da Nikolaus Harnoncourt negli anni Sessanta del secolo scorso. L'esiguità dei componenti dell'Akademie fur Alte Musik permette una maggiore attenzione al dettaglio, consentendo all'ascoltatore di cogliere particolari sempre nuovi; lodevole e di fondamentale importanza è poi la presenza di Raphael Alpermann al clavicembalo.

Johann Sebastian Bach: Brandenburg Concertos. Concerto italiano, dir. Rinaldo Alessandrini. Naive

Stupenda esecuzione dei Concerti Brandeburghesi con i bravissimi musicisti del Concerto Italiano diretti dal Maestro Rinaldo Alessandrini. Tempi più veloci, ma completamente articolati, risultati sublimi. Stellare il movimento di apertura del primo con il suo emozionante corno ben in evidenza o la tromba naturale splendidamente audace del secondo. I passaggi solisti del violino non sono così autotrattenuti come di solito si sentono nelle esibizioni di Bach. Infine è notevole l'insolita capacità dell'ensemble di Alessandrini di articolare il dialogo tra gli strumenti, come ad esdempio nel terzo movimento del secondo e quinto concerto.

Johann Sebastian Bach: The Brandenburg Concertos. Zefiro, dir. Alfredo Bernardini. Arcana

La nuova edizione qui presentata da Arcana è da considerarsi fra le più belle uscite in tempi recenti. La lettura offerta da Bernardini ha diversi meriti: prima di tutto quello di presentarci un diapason sicuramente più “storico”, rispetto allo standard del 415 Hz. Qui abbiamo infatti un diapason più basso, un 398 HZ, vicino dunque a quello utilizzato in Francia. Questa scelta potremmo a suo modo definirla interpretativa. E poi i solisti: tutti di primissimo piano, alcuni dei migliori esponenti dei loro rispettivi strumenti: Dorothee Oberlinger al flauto dolce, Marcello Gatti al Traversiere, Cecilia Bernardini (figlia di Alfredo), konzertmeister al violino, Gaetano Nasillo al violoncello, Francesco Corti al cembalo. Un’edizione da sogno, che si fa apprezzare per l’assoluta pulizia con una scelta dei tempi equilibrata ma non banale. Una perfetta sintesi di quanto di meglio si possa offrire oggi in discografia con i Brandeburghesi. Una edizione tutta italiana. Un nostro piccolo-grande orgoglio.

This article is from: