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Volume 6, Numero 1 - FEBBRAIO 2008 • AJMR - Edizione Italiana

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L’intervento psicoeducativo per i disturbi della condotta. Intervento su soggetto con grave disabilità istituzionalizzato

Francesco Fioriti, Serafino Corti, Giuseppe Chiodelli, Mauro Leoni, Paolo Merli, Equipe RSD-1 Fondazione Sospiro (Cr)

Riassunto Viene presentato uno studio su soggetto singolo riguardante una persona di 54 anni con disabilità intellettiva grave, da 50 anni residente in struttura residenziale. È stato definito il comportamento problema nel seguente modo: “alzarsi costantemente dal posto a tavola facendo gesti ampi con le mani, dirigersi verso il carrello vivande toccando i contenitori delle portate, prendendo e spostando le stoviglie dei commensali; toccare frequentemente con modalità fastidiose per i commensali seduti al suo tavolo”. Il comportamento problema è stato studiato attraverso un disegno A-B-B. La fase di base line (Fase A) ha utilizzato osservazione sistematica diretta a intervalli fissi. In un secondo tempo è seguito un intervento psicoeducativo (comportamentale; Fase B), che prevedeva: 1) cambiamento ambientale, 2) strutturazione dell’ambiente pasto; 3) strutturazione del tempo del pasto; 4) rinforzamento differenziale di comportamenti adeguati; 5) stopping verbale del comportamento problema e feedback informazionale rispetto al comportamento critico atteso da emettere. Gli esiti indicano una riduzione degli episodi problematici dall’82% di frequenza di emissione al 39%. Successivamente la Fase B è stata mantenuta e monitorata nel tempo, con un media di frequenza di emissione del comportamento problema del 30% in 6 mesi di intervento. Un secondo esito importante è stato il transfer di apprendimento rispetto ad altre competenze ecologicamente rilevanti all’interno dell’Unità Abitativa in cui attualmente la persona è inserita.

Abstract We present a single subject study on a 54 year person with severe IDD, living since 50 years in a big residential setting. Challenging behavior was operationalized as “to stand up during mealtime moving arms, moving towards the food cart touching food and cutlery; to touch other persons eating at the same table”; and staff finally decided to cope with it using a A-B-B design intervention. Baseline (A) used a systematic observation with fix intervals. Intervention (B) included a structured education approach with behavioral modification: 1) environmental modification; 2) meal activity modification; 3) meal time modification; 4) differential reinforcement of adequate behaviors; 5) verbal stopping on challenging behavior with informational feedback on the expected conduct. Results indicate a significant reduction of problem behaviors, from a frequency of 82% to 39%. Phase B has been maintained and monitored for 6 months, showing a mean frequency of 30%. A second important outcome is a learning transfer on other adaptive behavior skills with high ecological relevance in the life environment of the subject.

Per contattare l’autore scrivere a Francesco Fioriti, Fondazione Sospiro - P.zza Libertà, 2 - 26048 Sospiro (CR). E-mail: ettore.fioriti@fondazionesospiro.it


edizione italiana

In collaborazione con

AJMR

Direttore responsabile

Responsabili scientifici

Roberto Cavagnola

Serafino Corti

Lucio Cottini

Anffas Brescia

Fondazione Sospiro, Università Cattolica Brescia

Università di Udine

Luigi Croce

Paolo Moderato

Università Cattolica Brescia, Anffas Brescia

Università IULM di Milano

Mauro Leoni

Anffas Onlus Nazionale

Responsabile scientifico redazione

Comitato Scientifico Gioacchino Aiello, Ambulatorio di Neurofisiologia Milano; Roberto Anchisi, Università di Parma; Pier Luigi Baldi, Università Cattolica Milano; Francesco Barale, Università di Pavia; Gianfranco Bedin, Fondazione Don Gnocchi Milano; Serafino Buono, Oasi Maria Santissima Troina-Enna; Ernesto Caffo, Università di Modena; Pietro Calabrò, Tribunale dei Diritti dei Disabili Anffas; Milena Cannao, IRCCS “E. Medea” Lecco; Angela Carlino Bandinelli, Ri.Ha.S. Roma; Domenico Casciano, ASL TA1, Taranto; Fabio Celi, ASL 1, Massa e Carrara, Università di Parma; Angelo Cerracchio, ANFFAS Salerno; Don Virginio Colmegna, Caritas Ambrosiana; Cesare Cornoldi, Università di Padova; Gianfranco De Lorenzo, ANPE Catanzaro; Santo Di Nuovo, Università di Catania; Mario Di Pietro, Servizio NPI-ASL 17, Monselice-Padova; Walter Fornasa, Università di Bergamo; Carlo Giacobini, Centro di Documentazione UILDM; Giovanni Guazzo, Università G. Marconi, Roma; Furio Lambruschi, Università di Siena; Andrea Materzanini, SPDC Iseo; Paolo Meazzini, Università di Udine; Roberto Medeghini, Università di Bergamo; Enrico Micheli, Laboratorio Psicoeducativo Agordo-Belluno; Lucio Moderato, Istituto Sacra Famiglia; Mario Mozzanica, Università Cattolica Milano; Franco Nardocci, Fondazione Fabietti Milano; Salvatore Nocera, Fondazione Zancan Padova; Laura Nota, Università di Padova; Annalisa Pelosi, Università di Parma; Francesca Pergolizzi, Università di Milano; Silvia Perini, Università di Parma; Maurizio Pilone, AIRiM (Associazione Italiana Ritardo Mentale); Olimpia Pino, Università di Parma; Carlo Pruneti, Università di Parma; Francesco Rovetto, Università di Parma; Giuseppe Rulli, Associazione Nazionale Pedagogisti; Marina Sala, Istituto Sacra Famiglia; Tarcisio Sartori, Centro Studi Futura Anffas Brescia; Salvatore Soresi, Università di Padova; Luigi Tesio, Fondazione Salvatore Maugeri Pavia; Alessandra Tiberti, Spedali Civili Brescia; Patrizio Tressoldi, Università di Padova; Fabio Veglia, Università di Torino; Renzo Vianello, Università di Padova; Claudio Vio, Università di Padova; Paola Visconti, Unità Operativa NPI, Ospedale Maggiore AUSL Città di Bologna; Donata Vivanti, Autismo Europa; Marilena Zacchini, Centro per lo studio e la cura dell’Autismo (CTR) A.O. S. Paolo Milano; Michele Zappella, Azienda Ospedaliera Siena.

I nostri partner scientifici: AIRiM - Associazione Italiana per il Ritardo mentale ISSN 1721-3959 Proprietà letteraria riservata Copyright © 2008 by Società Editrice Vannini a r.l. Sede legale: Via Mandolossa, 117/A - Uffici: Via Leonardo da Vinci, 6 - 25064 Gussago (Brescia) - Tel. 030 313374 Fax 030 314078 - e-mail: gea@vanninieditrice.it - web: www.vanninieditrice.it - www.ajmr.it Abbonamenti Abbonamento annuale (3 numeri) € 90,00 - Prezzo unitario € 35,00 - Arretrati € 40,00 - Associazioni Onlus, affiliati Anffas sconto 15% (€ 68,00). I prezzi indicati sono comprensivi di Iva. L’impegno di abbonamento è continuativo, salvo regolare disdetta da notificarsi per iscritto entro 30 gg. dalla scadenza. La repulsa dei numeri non equivale a disdetta. Per le citazioni e per le riproduzioni grafiche, appartenenti alla proprietà di terzi, inserite in quest’opera, l’Editore – che ha provveduto al deposito della stessa presso l’Ufficio della Proprietà letteraria ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore – è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire, nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti. I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i paesi. Autorizzazione del Tribunale di Brescia nº 43/2002 del 25.10.2002.

Finito di stampare nel mese di febbraio 2008 presso l’azienda grafica della Società Editrice Vannini - Gussago (Brescia)


Introduzione Enrico vive presso Fondazione Sospiro (Cr) dal 1958, dove è stato inserito all’età di 4 anni proveniente da una famiglia in gravi difficoltà. Inizialmente Enrico è stato inserito in una sezione per minori dove già veniva segnalato come bambino grave e multi-problematico. Successivamente è stato trasferito nei servizi residenziali di Fondazione, dove è rimasto per circa 30 anni e dove ha sempre vissuto con altre persone con frequenti e gravi disturbi della condotta e dove ha ricevuto interventi prevalentemente di tipo assistenziale. Le poche informazioni ricavabili dalla “vecchia” cartella clinica tracciano l’identikit di una persona che presenta una condizione di gravi disabilità intellettive ed evolutive con disturbi del comportamento di agitazione psicomotoria (dettata da instabilità emotiva), comportamenti autostimolatori che tendono non di rado a trasformarsi in comportamenti autolesionistici, aggressività eterodiretta (mordere altri utenti su varie parti del corpo), “polidipsia psicogena”. Le condizioni psichiatriche associate sono state sintetizzate nella cartella clinica con la dicitura “problema psichico o di comportamento non specificato”. Attualmente è in atto una terapia psicofarmacologia con neurolettico atipico (clozapina). Dal punto di vista delle competenze adattive, in un’ottica dei domini della Qualità di vita (Schalock e Verdugo Alonso, 2002), Enrico presenta un quadro complessivamente compromesso: sono marcati i deficit nelle abilità concettuali (es., linguaggio ricettivo, espressivo, autonomia decisionale), sociali (es., abilità interpersonali, responsabilità, autostima, capacità di seguire le regole), e nelle abilità pratiche del comportamento adattivo. Esaminando in particolare l’area delle abilità pratiche, emergono deficit nelle attività di vita quotidiana (es., alimentazione e comportamento a tavola, comportamenti legati all’uso del wc, abbigliamento, igiene), nelle attività strumentali di vita quotidiana (es., preparazione dei pasti, lavori domestici), nelle abilità di tipo occupazionale e nelle abilità di mantenimento della sicurezza ambientale. Fino all’estate del 2006 Enrico ha ricevuto nel tempo un intervento prevalentemente di tipo sanitario e assistenziale. L’intervento attuale emerge come necessario e prioritario in primis in considerazione della condizione di scarsissima stimolazione che Enrico ha avuto nel corso della sua esistenza, e in secondo luogo perché il comportamento problematico attuale gli pregiudica la possibilità di condividere il pasto con altre persone, mentre proprio il pasto costituisce un evento ad alto impatto ecologico per Enrico e per gli altri compagni, tanto che è stato oggetto di intervento a livello dell’intera Unità Abitativa attraverso metodologie e tecniche di educazione strutturata e modificazione comportamentale e ambientale.

Metodo Definizione del comportamento indice e scelta dello strumento di osservazione All’interno dell’équipe (composta da coordinatore del servizio, educatori, infermieri, ausiliari, psichiatra, pedagogista) dell’Unità Abitativa in cui Enrico è attualmente inserito si è inizialmente proceduto con la condivisione della definizione del comportamento indice (Cottini, 2004). La descrizione operazionale di tale comportamento è la seguente: “Enrico nel corso dei pasti si alza costantemente dal posto a tavola facendo gesti ampi con le mani, si alza costantemente dal posto a tavola e si dirige verso il carrello vivande toccando i contenitori delle portate, si alza costantemente dal posto a tavola prendendo e spostando le sto-

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viglie dei commensali, tocca frequentemente con modalità infastidenti i commensali seduti al suo tavolo”. Quindi si è proceduto alla individuazione dello strumento di osservazione sistematica diretta per la registrazione quantitativa degli eventi problematici. Lo strumento adottato è stato una griglia di osservazione sistematica a campionamento temporale con intervalli fissi. La definizione degli intervalli fissi di osservazione è stata ottenuta dopo aver misurato la durata media dei pasti (pranzi e cene) nella sala in cui Enrico mangiava con altri dieci commensali e aver ottenuto un tempo medio che si collocava attorno ai 40 minuti. Sulla base dei dati raccolti si è stabilito di articolare la rilevazione della comparsa dei comportamenti indice utilizzando intervalli di dieci minuti a partire dall’inizio del pasto. L’articolazione degli intervalli è stata la seguente: – primo intervallo 11.40 – secondo intervallo 11.50 – terzo intervallo 12.00 – quarto intervallo 12.10 Inoltre il pranzo è stato individuato come momento migliore per la conduzione di una rilevazione attendibile. La siglatura dei comportamenti indice sulla scheda di osservazione sistematica diretta avveniva con i seguenti criteri: – all’ora codificata come intervallo di misurazione l’operatore osserva per 10 secondi il comportamento di Enrico; – sigla con una ✗ nell’apposito spazio riservato per l’intervallo di misurazione se uno dei comportamenti si è manifestato; – lascia lo spazio riservato per l’intervallo di misurazione vuoto se non si sono manifestati i comportamenti indice. Lo strumento adottato non registra la frequenza assoluta del comportamento all’interno degli intervalli di osservazione ma si limita a registrare la presenza o assenza degli stessi. Il risultato del monitoraggio, in questo tipo di schede, è dato dalla percentuale degli intervalli in cui si è registrato il comportamento problema in relazione alla totalità degli intervalli osservativi. Questa tipologia di strumenti, concettualmente parlando, è simile a un sondaggio di opinione nel quale il campione è rappresentativo del tutto. Il campione di tempo quindi caratterizza e inquadra la persona osservata. Il vantaggio più grande del campionamento temporale è legato al fatto che l’osservatore può osservare rapidamente e poi tornare alle normali attività. In alcune circostanze ci si può avvalere anche di piccoli timer sonori, come quelli di uso comune in cucina, come sostegno mnestico per ricordare all’operatore l’inizio dell’intervallo osservativo.

Disegno sperimentale e procedura di baseline Il passo successivo alla definizione del comportamento indice e alla scelta dello strumento di osservazione sistematica diretta, è stato la definizione del disegno sperimentale da utilizzare per la strutturazione dell’intervento. La scelta è andata su un disegno A-B-B.


Fase A (baseline) La fase di baseline si è protratta per un arco temporale di una settimana che si è snodato dal 4/6/2007 a 10/6/2007 per un totale di 7 giorni consecutivi dal lunedì alla domenica. Questo schema è stato poi mantenuto per tutte le rilevazioni nelle settimane di intervento successive. L’utilizzo della griglia di osservazione sistematica a campionamento temporale con intervalli fissi ha evidenziato nel periodo di baseline indicato una presenza di comportamenti problema pari all’82% su base settimanale.

NOME

COGNOME

Periodo osservativo: Comportamento Indice: “Enrico nel corso dei pasti si alza costantemente dal posto a tavola facendo gesti ampi con le mani, si alza costantemente dal posto a tavola e si dirige verso il carrello vivande toccando i contenitori delle portate, si alza costantemente dal posto a tavola prendendo e spostando le stoviglie dei commensali, tocca frequentemente con modalità infastidenti i commensali seduti al suo tavolo”. CAMPIONE OSSERVATIVO A INTERVALLI FISSI: DALLE 11.40 ALLE 12.10 INTERVALLO OSSERVATIVO

Tot. intervallo osservativi week

28

Tot. giorni di osservazione

27

11.40

11.50

12.00

12.10

4

2

1

0

7 25%

57%

29%

14%

0%

tot. % week

tot. % singolo intervallo

Tabella 1. Griglia di osservazione sistematica a campionamento temporale con intervalli fissi.

Figura 1. Baseline del comportamento problema.

tot. comp. Indice

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Nel corso della fase di raccolta dati l’ambiente sala pasto aveva le seguenti caratteristiche: 1. La sala pasto ha forma rettangolare lunga e stretta. 2. Nella sala sono presenti 3 tavoli da 4 posti con un totale di 11 persone (2 tavoli da 4 e 1 da 3). 3. I tavoli sono disposti in linea retta. 4. Poco distante dalla porta di ingresso della sala pasto viene posizionato il carrello delle vivande e sulla destra del carrello è disposto un piano di appoggio che serve per raccogliere posate e stoviglie sporche. 5. La distribuzione degli utenti ai tavoli ha il seguente ordine: al tavolo più distante dal carrello vivande sono sedute le tre persone che durante il pasto non si alzano e vanno servite; al tavolo centrale e al tavolo più vicino al carrello sono sedute le persone che possono alzarsi per andare a scegliere le proprie portate al carrello vivande e che possono sparecchiare le portate consumate sistemandole sull’apposito piano di appoggio posizionato alla destra del carrello vivande. 6. Enrico sedeva al tavolo posto in prossimità del carrello con altre tre persone e voltava le spalle all’operatore che gestisce il carrello. 7. Normalmente sono presenti in questa sala da un minimo di un operatore a un massimo di due operatori. Un operatore è quello che gestisce il carrello e ha il compito di chiamare secondo un ordine prestabilito le persone al carrello una per volta. Le persone, dopo la consumazione del primo, quando vengono chiamate vanno verso il carrello con il piatto sporco e prima di scegliere la pietanza depongono le stoviglie sporche sull’apposito piano di appoggio che trovano prima di giungere al carrello. Successivamente, giunte al carrello vivande, trovano disposti su questo i piatti (ed eventuali posate) per la portata successiva e i contenitori delle pietanze da scegliere. Questo tipo di sequenza si ripete per tutte le portate successive fino al termine del pasto.

Figura 2. Esempio di caratteristiche della sala pasto iniziale.

Nel periodo di baseline sono state condotte anche osservazioni di carattere informale a due livelli: 1. Si sono raccolte informazioni circa la storia personale di Enrico che evidenzia la presenza dei comportamenti problema oggetto di osservazione fin dalla più giovane età. Non


si è trovata traccia, nella documentazione psicoeducativa pregressa, di un intervento psicoeducativo proattivo specifico sul problema di comportamento in esame; mentre è stato possibile, ricorrendo alla “memoria storica” del personale che ha lavorato con l’utente, venire a conoscenza del fatto che il tipo di intervento più usato nel corso degli anni, a fronte della comparsa del comportamento disfunzionale, fosse in termini generali di natura sanzionatoria. 2. Sempre attraverso una raccolta di informazioni basate sulla “memoria storica” del personale, si è potuto riscontrare che Enrico, nei precedenti servizi residenziali in cui ha vissuto, si è trovato a condividere la situazione del pasto con altri utenti in sale che ospitavano anche fino a un massimo di 45 utenti e un minimo di una trentina. Queste condizioni rendevano sostanzialmente impraticabile un intervento abilitante sulle competenze adattive e spostavano obbligatoriamente il focus dell’intervento su strategie di contenimento.

Definizione e ipotesi sul valore funzionale del comportamento L’insieme dei dati raccolti ha portato alla formulazione di una ipotesi sul valore funzionale del comportamento che potrebbe essere sintetizzata nella metafora dell’iceberg rappresentata nella figura 1. Analizzando le diverse categorie evidenziate alla base dell’insieme di bisogni espresso dal comportamento problematico, emergono i seguenti dati: 1. Deficit nella competenze adattive associato a instabilità emotiva. Alla base del problema di comportamento da un lato c’è un evidente deficit di competenze adattative riconducibile a palesi limitazioni di qualità della performance sia nelle abilità necessarie alla conduzione del pasto (es., uso delle principali posate, uso del bicchiere, uso del tovagliolo ...), sia nelle abilità legate al comportamento a tavola (es., sedere in modo scorretto, alzarsi frequentemente dal posto, sporcare di cibo intorno a sè, consumare il pasto frettolosamente ...); dall’altro, invece, sono presenti deficit di competenze adattive maggiormente riconducibili ad abilità di tipo sociorelazionale (es., rispettare il turno di attesa, rispettare gli oggetti che appartengono agli altri commensali ...).

CP

Scarso controllo ambientale con conseguente difficoltà di previsione di come accadono gli eventi e si succedono gli stimoli

Deficit nelle competenze adattive associato a instabilità emotiva

Figura 3. Ipotesi sul valore funzionale nella metafora dell’iceberg.

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Le limitazioni nel comportamento adattivo evidenziate si associano a una difficoltà nel cogliere quali siano gli stimoli rilevanti nel contesto e una difficoltà a inibire gli stimoli irrilevanti. Questa condizione determina una maggiore “instabilità emotiva”. 2. Scarso controllo ambientale con conseguente difficoltà di previsione di come accadono gli eventi e si succedono gli stimoli. Elemento questo che trova una spiegazione da un lato negli aspetti individuati al punto precedente, dall’altro nella difficoltà a fronteggiare un contesto troppo complesso, sia per la quantità di stimoli presenti sia per la richiestività espressa dall’ambiente sala pasto, per il livello di funzionamento della persona. 3. La manifestazione del comportamento problema.

Procedura di intervento Alla luce dell’ipotesi elaborata rispetto al valore funzionale del comportamento problema, il piano di intervento è stato strutturato in base al disegno di trattamento secondo la fase B per tempo simile a quello stabilito in baseline e successivamente la stessa fase B di intervento è stata mantenuta nel tempo. Fase B (intervento solo comportamentale di tipo psicoeducativo) Per un periodo analogo a quello della baseline (7 giorni) è stato attuato un intervento con tecniche proattive centrato sulle condizioni antecedenti al comportamento problema. Nello specifico la strategia di trattamento è stata articolata in un pacchetto di interventi di tipo comportamentale che possono essere sintetizzati come segue: a) Modificazione dell’ambiente deputato al pasto, con lo spostamento di Enrico in una seconda sala pasto che accoglie persone con DI con un funzionamento più simile al suo. Il tempo medio di durata del pasto in questa sala è sostanzialmente il medesimo della sala pasto precedente (un tempo che si attesta attorno ai 40 minuti). b) Maggiore strutturazione dell’ambiente pasto attraverso la predisposizione di un tavolo individualizzato posizionato a una distanza maggiore dal carrello vivande. L’applicazione di questa modalità di strutturazione dell’ambiente è state possibile perché ha sostanzialmente ricalcato una strategia già adottata per le altre persone con DI che mangiano all’interno di questa sala pasto. Inoltre tale scelta di strutturazione dell’ambiente pone le condizioni per facilitare in modo spontaneo la riduzione di comportamenti disfunzionali come quelli relativi a: prendere e spostare le stoviglie dei commensali, e toccare in modo infastidente i commensali. Infine una maggiore distanza del tavolo dal carrello vivande ha posto le condizioni perché ci fosse la possibilità di anticipare il comportamento disfunzionale relativo al toccare i contenitori del cibo, posti appunto sul carrello, ridirezionando la persona sul comportamento atteso da assumere. E in ultimo, la scelta si posizionare il tavolo di Enrico a una maggiore distanza dal carrello vivande potenzialmente mette la persona nella condizione di compiere movimenti di spostamento per andare e tornare dal posto a tavola più ampi in termini spaziali, favorendo in linea teorica una compensazione alla “spinta” ad alzarsi dal posto frequentemente. c) Maggiore strutturazione del tempo del pasto attraverso una riduzione del tempo di attesa del turno per la prima chiamata al carrello vivande per scegliere il cibo, e attraverso


un aumento delle chiamate al carrello vivande per scegliere il bis. La sala pranzo (che accoglie dieci persone), gestita da tre operatori (uno al carrello vivande e due a sostegno diretto delle persone con DI sia quelli che conducono tutto il pasto seduti, sia quelli che si alzano per andare a scegliere le portate al carrello), è strutturata in modo tale che solo quattro persone si alzano dal posto e si dirigono al carrello vivande per scegliere il cibo, mentre le restanti sei hanno la possibilità di condurre il pasto senza doversi alzare e trovando la scansione dei cibi da mangiare a portata di mano su appositi ripiani posti alla sinistra del loro tavolo mentre sulla destra è posizionato un ripiano dove “scaricare” le stoviglie usate. Con questo tipo di strategia si è cercato di rendere lo scorrere del tempo e lo svolgersi delle azioni, concreto, visibile, prevedibile e quindi maggiormente intelligibile. Sostanzialmente, una simile strutturazione della sala pasto ha messo Enrico nelle condizioni di ridurre il tempo di attesa per la prima chiamata al carrello vivande; ha posto il personale nella condizione di avere un maggiore controllo ambientale sulla sala, riuscendo a scandire meglio la diverse transizioni fra le portate del pasto (lo schema di gestione delle transizioni per le diverse portate è simile per tutte e due le sale pasto; le differenze vanno colte nel diverso numero di persone impegnate nelle transizioni e nella organizzazione spaziale delle sale); ha facilitato il personale nella somministrazione di quantità di cibo che permettessero successivamente di proporre dei bis senza in realtà aumentare la quantità di cibo complessivamente mangiato. Quest’ultimo intervento in particolare favorisce la possibilità di un incremento di situazioni in cui Enrico possa alzarsi dal tavolo nel corso del pasto manifestando comportamenti adeguati al contesto. d) Rinforzo Differenziale di Comportamenti Adeguati rispetto a quello problematico (Martin e Pear, 1999). Proprio le strategie esposte nei punti precedenti facilitano la possibilità di Enrico di produrre spontaneamente comportamenti positivi e alternativi a quelli problematici, che possono essere costantemente rinforzati dal personale proprio perché accadono secondo una struttura temporale prevedibile per la persona con DI ma anche per il personale stesso. Proviamo a fare un esempio: se il soggetto si alza più volte nel corso del pasto per sparecchiare le proprie portate e contemporaneamente per scegliere le portate successive, per fare bis, per prendere il cestino contenente il pane, tutto secondo un ordine prestabilito, il soggetto stesso tenderà a manifestare spontaneamente comportamenti adeguati al contesto e alternativi a quelli disfunzionali per la persona e per l’ambiente. e) Stopping verbale del comportamento problema e feedback informazionale rispetto al comportamento critico atteso da emettere. Come unico intervento sulle condizioni conseguenti al comportamento è stato scelto di reindirizzare la persona all’assunzione del comportamento adeguato atteso con un atteggiamento il più possibile neutro, qualora si manifestasse un comportamento disfunzionale.

Risultati I risultati dell’intervento condotto sul comportamento problematico di Enrico “alzarsi costantemente dal posto a tavola facendo gesti ampi con le mani, alzarsi costantemente dal posto a tavola e dirigersi verso il carrello vivande toccando i contenitori delle portate, alzar-

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Figura 4. Esempio di caratteristiche della sala pasto nuova.

si costantemente dal posto a tavola prendendo e spostando le stoviglie dei commensali, toccare frequentemente con modalità infastidenti i commensali seduti al suo tavolo” sono sintetizzati nella figura 5. Come emerge in modo evidente dal grafico presentato, le strategie di intervento adottate hanno determinato un drastico calo degli eventi problematici (come dato medio la riduzione è superiore al 50%).

Baseline (fase A) Sala pasto iniziale

Fase B Nuova sala pasto

Prosecuzione Fase B nel tempo (sono riportati campioni dei monitoraggi svolti)

Figura 5. Andamento nella modificazione del comportamento problematico.


La sostenibilità dell’ipotesi di valore funzionale presentata, vale a dire che i comportamenti problema (“alzarsi costantemente dal posto a tavola facendo gesti ampi con le mani, alzarsi costantemente dal posto a tavola e dirigersi verso il carrello vivande toccando i contenitori delle portate, alzarsi costantemente dal posto a tavola prendendo e spostando le stoviglie dei commensali, toccare frequentemente con modalità infastidenti i commensali seduti al suo tavolo”) avessero alla base un deficit di competenze adattative associate e instabilità emotiva, è confermata dal fatto che la strutturazione del contesto pasto, secondo un criterio di maggiore pulizia degli stimoli discriminativi orientanti i comportamenti attesi, ha permesso di rendere più intelligibile, più prevedile e più sintonico al livello di funzionamento della persona il contesto stesso, favorendo in questo modo anche la possibilità di produrre con maggiore frequenza le competenze adattive richieste. Altro elemento che depone a favore dell’ipotesi di valore funzionale proposta è la rapidità con cui il comportamento si è decrementato. Infine, la comprensione da parte dell’équipe della necessità per il soggetto di una maggiore “struttura” nell’ambiente di vita quotidiano, per una migliore e più adeguata comprensione della richiestività ambientale, ha portato all’incremento di altre competenze che possono essere così sintetizzate: 1. incremento dello span collaborativo e attentivo in prestazioni ad alto impatto ecologico (es., collaborazione nello svolgimento di attività di gestione dei luoghi di vita come “lavare le stoviglie”, “rifare il letto”); 2. incremento dello span collaborativo e attentivo in attività di sapore occupazionale da svolgere seduto al tavolo.

Discussione Complessivamente quindi, una prima considerazione positiva va sull’esito dell’intervento progettato sulla base dell’ipotesi di valore funzionale, come emerge dall’andamento dei comportamento target e dai processi di generalizzazione che hanno mostrato sviluppi nel funzionamento adattivo. L’ambiente poi viene confermato come un livello di variabili fondamentali nell’origine e nel mantenimento dello schema comportamentale. In questo viene corroborata l’idea che un intervento evidence based deve essere centrato sull’analisi dei bisogni della persona disabile, per la dimensione che assumono nel suo ambiente di vita e in relazione al suo contesto di sviluppo individuale. Elementi di criticità emersi nel corso del presente studio e non sufficientemente approfonditi sono: – Una analisi più attenta degli stati interni come variabile importante per la lettura delle condizioni antecedenti il comportamento problema (es., il grado di appetito della persona, il grado di stanchezza dopo lo svolgimento delle attività del mattino, l’approccio al momento del pasto ...). – Una valutazione più attenta di come sia la frequenza di distribuzione dei comportamenti disfunzionali nei singoli intervalli di osservazione. Sembra infatti che la maggiore frequenza di emissione dei comportamenti disfunzionali, in termini percentuali, avvenga nel primo intervallo osservativo e nell’ultimo.

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– Un ulteriore fattore critico nel lavoro svolto riguarda il lavoro di équipe in particolare nei termini in cui ha stimolato la comunicazione tra i diversi operatori centrandola però sullo specifico compito e utilizzando come vettori della comunicazione gli strumenti di osservazione e rilevazione, condividendo poi in gruppo la discussione dell’andamento dei comportamenti e le valenze funzionali. Questo costituisce una modalità indiretta per intervenire sui pregiudizi relazionali e cognitivi che possono influenzare il lavoro del personale, rendendo più probabile l’emergere di problemi relazionali e individuali come conflitti, stress, burnout, turnover, ecc. ..., soprattutto quando si tratta di operatori in servizio da molti anni. Infine, un punto di forza essenziale che ha consentito all’intervento di svilupparsi con relativa semplicità, è legato all’applicazione del Modello “10º sistema di Definizione, Classificazione e Sistemi di sostegno” dell’American Association on Intellectual and Developmental Disabilities, come paradigma di riferimento per il management e la progettazione educativa. Questa cornice scientifica costituisce un riferimento culturale e relazionale indispensabile per lavorare sulle variabili di Qualità di Vita per le persone con disabilità intellettiva ed evolutiva.

Bibliografia American Association on Mental Retardation. (2002). Mental Retardation: Definition, Classification, and Systems of Supports. 10th Edition. (Trad. it., Ritardo mentale – 10ª edizione. Definizione, Classificazione e Sistemi di sostegno. Gussago (BS): Vannini Editrice, 2005.) Cottini, L. (2004). Bambini, adulti, anziani e ritardo mentale. Progetti per la comunità educativa. Gussago (BS): Vannini Editrice. Martin, G., & Pear, J. (1999). Behavior modification: What it is and how to do it. New York: Prentice Hall. Schalock, R.L., & Verdugo Alonso, M.A. (2002). Handbook on Quality of Life for Human Service Practitioners. Washington, DC: American Association on Mental Retardation. (Trad. it., Manuale di qualità della vita. Modelli e pratiche di intervento. Gussago (BS): Vannini Editrice, 2006.)


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