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Ritrovare le ragioni della speranza /Economia e sviluppo
RITROVARE LE RAGIONI DELLA SPERANZA
di Vincenzo Fazio
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“Ridare all’Italia una prospettiva nuova perché rinascano opportunità di lavoro per i giovani e i meno giovani”
Da tempo viviamo in un clima di incertezze e profondo disagio, non soltanto per le difficoltà economiche ed occupazionali in cui vive il Paese, ma anche per il disordine morale che investe la classe politica e la mancanza di fiducia nelle Istituzioni.
Questo orizzonte denso di dubbi si estende anche all’Europa e, forse, oltre l’Europa stessa.
Eppure, bisogna ritrovare le ragioni della speranza, tornando a riflettere sulle radici della crisi attuale per trovare una via d’uscita. Non è più sufficiente, anche se è vero, addebitare a parte della cosiddetta classe politica, sperperi, immoralità, truffe ed egoismi di ogni genere. Bisogna certamente far piazza pulita di tutto ciò. Ma bisogna anche pensare a cosa fare per ridare all’Italia una prospettiva nuova, in cui possano rinascere opportunità di lavoro per i giovani e per i non più giovani che non trovano o hanno perduto il posto di lavoro e ridare ai più deboli, alla crescente massa di vecchi e nuovi poveri, quella dignità umana, sempre più travolta da una cultura fondata su un liberismo irresponsabile e da un individualismo sempre più miope, guardando alla ricerca di un benessere comunitario.
Anche se le questioni da affrontare sono in prima evidenza di carattere economico, più in profondità si tratta di problemi politici e culturali.
Ma veniamo alle radici economiche dell’attuale crisi e alle possibili via d’uscita.
Ci troviamo di fronte a una realtà in cui la classe produttiva (lavoratori e imprenditori) sono ostaggio della classe parassitaria e di quella speculativa, due categorie che bisogna combattere, attraverso un’alleanza forte dei componenti della classe produttiva.
La battaglia è difficile perché gli interessi in campo sono forti. Pur essendo ancora la classe produttiva la stragrande maggioranza, risulta disorientata, spesso divisa, e avverte nella crisi il desiderio di liberarsi da ciò che in termini più immediati ed apparenti appaiono essere i nemici da abbattere.
Così si pensa che la colpa sia dell’Europa o dell’euro o della politica di rigore nei conti pubblici.
Certamente occorre un’Europa più forte, capace di imboccare con forza i sentieri nuovi dello sviluppo, oltre a quelli del rigore; che sappia combattere la speculazione finanziaria; che sappia difenderci dalla concorrenza sleale, che oggi si manifesta a livello continentale, distruggendo posti di lavoro, laddove esistevano, per crearli altrove, senza curarsi della difesa dell’ambiente, sempre più in pericolo a livello globale, e della dignità del lavoratori, che si vedono da una parte privati del loro lavoro e dall’altra ingabbiati in orari e condizioni lesivi della dignità umana.
Eppure, esistono, oggi più di ieri, accumulazioni di capitali, tecnologie e capitale umano in grado di affrontare i problemi dello sviluppo e dell’occupazione a livello globale, senza accettare l’assurdo di un sistema mondiale che si vorrebbe far reggere diviso in due parti: una che produce senza avere il potere d’acquisto per consumare, e una che consuma con un potere d’acquisto creato in maniera fasulla con la finanza speculativa o con l’immissione di liquidità creata a dismisura da istituti di emissione convinti che ciò possa proseguire oltre ogni limite.
Cosa fare? La crisi è di natura reale, anche se si tenta di mascherarla in mille modi.
Primo, occorre rafforzare l’Europa per darle l’autorità di porre in atto politiche di sviluppo. I Bonds europei sono necessari per creare grandi infrastrutture onde agevolare la mobilità necessaria a favorire i nuovi sentieri dello scambio intercontinentale, per agevolare la circolazione delle intelligenze necessarie a promuovere lo sviluppo dei Paesi emergenti del Mediterraneo, creando le condizioni per valorizzare le loro potenzialità, per ridurre la mortalità infantile, per dar loro modo di incanalare le risorse idriche, energetiche e umane, verso una crescita che elimini la povertà e, con essa, la conflittualità disumana ammantata, spesso in malafede, da vestigia religiose.
Nel Paese è necessaria, innanzi tutto, una profonda revisione della Pubblica Amministrazione basata sui seguenti capisaldi: a) le procedure, b) le competenze, c) la responsabilità. Spesso, dietro le lungaggini e le farraginosità delle procedure, si annidano corruzione e collusione. In ogni caso, sono all’origine di ostacoli insuperabili all’operatività delle imprese esistenti e all’attrazione degli investimenti esteri.
La Pubblica Amministrazione va arricchita di competenze in grado di affrontare il ruolo che è chiamata a svolgere nell’economia moderna, riducendo, nel contempo, le presenze inutili e inoperose. La responsabilità dei pubblici dipendenti va resa effettiva in tutti i campi e, nello stesso tempo, adottando forme di retribuzione commisurate, almeno parzialmente, alla produttività.
Parallelamente, occorre ripensare il funzionamento del mercato del lavoro. Per tutelare i lavoratori particolarmente impegnati in attività usuranti e per supportare le donne impegnate nel duplice ruolo di lavoratrici e di madri. Inoltre, occorre approfondire la possibilità di introdurre criteri per migliorare l’ingresso e l’uscita dal mercato del lavoro: ad esempio pensare che nel mercato del lavoro si entra da giovani parttime e si esce da anziani part-time.
Occorre promuovere la micro imprenditorialità giovanile, non soltanto con agevolazioni finanziarie, consistenti nella riduzione del costo del credito e nella premialità per le idee, ma anche favorendo la fiscalità e le procedure per la nascita di nuove imprese.
In questo quadro è importante riqualificare la spesa pubblica, eliminando le diffuse forme di parassitismo e riorientandola nelle seguenti direzioni: a) impegnarsi per la realizzazione delle grandi infrastrutture per la mobilità e la logistica internazionale (il Mezzogiorno, specialmente, nella creazione di grandi piattaforme logistiche per il trasporto merci aereo internazionali per le quali ha le dotazioni e le vocazioni necessarie), pensare alle intercity di secondo livello (al riguardo il Mezzogiorno ha diritto a recuperare ritardi secolari); b) un impegno per la ricerca applicata in grado di sostenere il rapporto tra la formazione giovanile e la crescita della imprese; c) la tutela dei deboli e il supporto alla inclusione sociale, anche per agevolarne la utilizzazione produttiva.
L’impegno va orientato anche all’esterno del Paese nel promuovere la cooperazione internazionale, ricercando la costituzione di rapporti che possano mettere insieme finanza islamica e finanza occidentale, allo scopo di realizzare progetti di cooperazione economica nel settore della pesca, della valorizzazione delle risorse naturali, nella ricerca ambientale e delle energie rinnovabili.