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Liu Xia, Poetessa cinese /Inserto speciale "Il Coraggio delle proprie idee"

LIU XIA, POETESSA CINESE

di Andrea Pira

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Ritratta come Mona Lisa, nei panni di Frida Kahlo, come la Ragazza con il turbante, meglio conosciuta come la Ragazza con l’orecchino di perla dipinta da Jan Vermeer. Il vignettista Badiucao, ironico critico della Cina comunista, si è chiesto chi sia Liu Xia, ritraendola nei panni delle protagoniste di alcuni dei più noti ritratti della storia dell’arte. Poetessa, artista, attivista e vedova del premio Nobel per la Pace, Liu Xiaobo, Liu Xia al momento in cui questo articolo è andato in stampa, è costretta da Pechino a una detenzione di fatto che perdura dal 2010 e senza che le sia stata mossa alcuna accusa. L’ultima volta che la si è vista in pubblico fu il 15 luglio scorso, in occasione della cerimonia funebre per il marito, morto di cancro al fegato due giorni prima, dopo una settimana di ricovero e sotto sorveglianza nell’ospedale di Shenyang, mentre scontava una condanna a 11 anni di carcere con l’accusa di incitazione alla sovversione dello Stato perché primo firmatario della Charta 08, un documento che riecheggiando quello dei dissidenti cecoslovacchi nel 1997 chiedeva alla dirigenza cinese riforme in senso liberaldemocratico.

“Chiediamo che siano revocate le restrizioni su Liu Xia e che siano garantite le sue libertà d’espressione, di movimento e di poter incontrare altre persone”, recita la lettera promossa da PEN America e firmata da oltre cinquanta scrittori tra i quali figurano Chimamanda Adichie, Philip Roth, Margaret Atwood, Tom Stoppard e George Saunder. Il documento è stato diffuso pochi giorni prima del viaggio in Asia orientale del presidente Donald Trump, con tappa in Cina dall’8 al 10 di novembre.

I firmatari fanno appello alla coscienza del presidente Xi Jinping esortandolo ad attuare le garanzie previste dalla stessa Costituzione della Repubblica popolare e in ottemperanza alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ma quanto in Cina sia difficile l’applicazione di quanto previsto dalle stesse leggi del Paese lo dimostra la persecuzione contro gli avvocati per i diritti civili, alcuni dei quali ancora in cella dopo le retate di luglio 2015, quando fermi e arresti furono a centinaia.

Liu “è in cattiva salute, è isolata da chi si può prendere cura di lei ed è in lutto per la scomparsa del marito”, continua la lettera.

Gli appelli a Xi si moltiplicano. Sin dalla morte di Liu Xiaobo era apparso chiaro che la vedova avrebbe rischiato di essere ancora perseguitata. D’altra parte la stessa gestione degli ultimi giorni di vita dell’intellettuale aveva fatto emergere il nervosismo delle autorità cinesi. La diffusione di video sulla degenza di Liu attorniato da medici che si prendevano cura di lui (senza troppo concedere al rispetto della privacy), il via libera quasi all’ultimo momento affinché esperti statunitensi e tedeschi potessero assisterlo, volevano dimostrare gli strenui tentativi di salvarlo, pur avendo la malattia raggiunto lo stadio terminale.

Pechino si è comunque sempre opposta a ogni ipotesi che il Nobel per la Pace potesse essere curato o potesse morire all’estero, volontà quest’ultima pare espressa in alcuni messaggi fatti trapelare dai suoi amici.

In realtà verso metà agosto Liu Xia era in qualche modo ritornata a farsi vedere. Non di persona, ma in un video pubblicato su Youtube (piattaforma peraltro censurata nella Repubblica popolare e accessibile soltanto attraverso vpn). Come i filmati che documentavano la detenzione e la degenza del marito, anche in questo caso si ha l’impressione di un tentativo di propaganda, attuato da qualche settore dell’apparato cinese.

Ad aver caricato il video fu un utente iscritto soltanto due settimane prima. Di sicuro Goudan Li, questo il nickname, non nasconde le posizioni filogovernative. Tra gli altri video del suo canale diversi attaccano il controverso miliardario Guo Wengui, nell’ultimo anno grande accusatore della nomenclatura rossa dal suo autoesilio di New York. In patria Guo è accusato di stupro e tirato in ballo in casi di frode che riguardano la sua azienda. Dagli Usa conduce una serrata campagna di denuncia sulla corruzione degli alti dirigenti cinesi sfruttando Twitter e Facebook. Famosa divenne un’intervista all’edizione in mandarino di Voice of America, emittente finanziata dal Congresso statunitense. La diretta fu interrotta in maniera repentina, si dice per richiesta della diplomazia cinese. Guo, del quale Pechino vuole l’estradizione o almeno che non gli venga rinnovato il permesso di soggiorno, puntava dritto all’allora zar dell’anticorruzione Wang Qishan, andato in pensione nel corso dell’ultimo ricambio di leadership per sopraggiunti limiti d’età. Accuse che hanno smosso le acque e turbato le settimane precedenti il 19esimo Congresso del Partito comunista, attirando l’attenzione del pubblico per capire quanto di vero ci fosse nelle dichiarazioni del miliardario.

Nel minuto di video su Youtube, Liu Xia siede su un divano del suo salotto e fuma, parlando direttamente in camera. Racconta di stare recuperando le forze e chiede tempo per poter elaborare il lutto.

I dottori, aggiunge, “hanno fatto del loro meglio quando Xiaobo era malato”. Ora, continua “devo ricalibrare la mia vita, quando in futuro vedrò miglioramenti tornerò da tutti voi”.

Quella degli scrittori statunitensi non è di certo stata la prima lettera a fare appello alla coscienza del presidente Xi. Nei giorni successivi alla scomparsa del Nobel erano partite petizioni rivolte alla dirigenza comunista. Una lettera aperta di Amnesty International, che nel giro di poco tempo raggiunse decine di migliaia di adesioni. Lisa Tassi, direttrice delle campagne Amnesty per l’Asia orientale ricordò come Liu Xia fosse stata punita semplicemente per non aver mai abbandonato la battaglia contro l’ingiusta incarcerazione del marito e per quello che ha definito l’atteggiamento “vendicativo” di Pechino. Atteggiamento del quale furono vittime anche altri sostenitori dell’intellettuale. Sei attivisti per i diritti civili nel Gungdong furono fermati per “assembramento illegale volto a disturbare l’ordine sociale” per aver partecipato a un memoriale per il Nobel.

Più di recente, lo scorso 22 settembre, dopo circa un mese di fermo, le autorità hanno rilasciato il poeta Wu Mingliang, meglio conosciuto con il nome di penna di Langzi, finito nel mirino per un’antologia commemorativa del primo firmatario di Charta 08.

Quanto la sola presenza di Liu sia un argomento sensibile per la dirigenza di Pechino lo dimostrerebbe la notizia, riferita da alcuni conoscenti e riportata dalla stampa di Hong Kong, secondo cui la poetessa sarebbe stata costretta a lasciare la capitale nei giorni del congresso del Pcc che si è concluso lo scorso 24 ottobre, senza che venisse indicato un chiaro successore del presidente Xi, quando scadrà il suo secondo mandato nel 2022 e anzi rafforzandone la figura con l’inserimento nello statuto del Partito del nome del capo di Stato assieme alla sua teoria del “socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”. Un onore concesso in vita soltanto a Mao Zedong e al suo pensiero, ponendolo così un gradino sopra Deng Xiaoping.

Ma proprio come dimostrato dal nervosismo attorno alle accuse del caso Guo Wengui, la concomitanza del conclave rosso ha reso forse ancora più complicata per il governo la gestione della detenzione della poetessa.

Liu sarebbe stata portata “in viaggio”, fuori da Pechino. Inoltre, scrive Hong Kong Free Press, I familiari avrebbero chiesto all’organizzazione Information Center for Human Rights and Democracy di non contattarli, per scongiurare eventuali problemi.

Già lo scorso luglio i giornalisti del Guardian che provarono a parlare con l’attivista (che le autorità cinesi continuano a dire sia libera di muoversi) furono bloccati da alcuni agenti di sicurezza in borghese a presidio della sua abitazione.

Tom Philipps ha raccontato tutto l’episodio. Un uomo in pantaloncini e scarpe sportive ha provato a impedirgli di arrivare fino alla palazzina di quattro piani dove abita Liu Xia. In un secondo tempo si sono aggiunti un secondo agente, sempre vestito in nero, e un terzo uomo pronto a chiamare la polizia, negando di conoscere la poetessa. Una settimana prima era toccato a un collega dell’agenzia spagnola Efe prima minacciato da sconosciuti e poi fermato dalla polizia.

Come spiega Radio Free Asia ci sono pochi segnali di un possibile alleggerimento della stretta repressiva che ha accompagnato il primo mandato dell’amministrazione Xi. D’altronde lo stesso imporsi del presidente potrebbe essere la conseguenza della paranoia che attanaglia il governo si dal biennio 2011-2012. Lo spiegava ai primi di ottobre un lungo articolo di Foreign Policy che legava l’emergere dell’uomo forte alla paura, rivelatasi infondata, che anche in Cina potesse verificarsi qualcosa di simile alle Primavere arabe e alla lotta di potere in corso prima dell’ascesa di Xi. Un clima nel quale si è inserita nell’ultimo anno la morte di Liu Xiaobo e la scomparsa della vedova Liu Xia.

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