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Il coraggio di essere il cambiamento /Editoriale

IL CORAGGIO DI ESSERE IL CAMBIAMENTO

di Chiara Di Maria

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Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti in nessuna mappa del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia, uguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non hanno significato lì, hanno poco significato da altre parti. In assenza di interventi organizzati di cittadini per sostenere chi è vicino alla loro casa, guarderemo invano al progresso nel mondo più vasto. Quindi noi crediamo che il destino dei diritti è nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità

(27 Marzo 1958, Eleanor Roosvelt, In Your Hands).

Con queste parole, quasi 68 anni fa, Eleanor Roosvelt, attivista per i diritti umani, riconosceva il fondamentale ruolo di ogni singolo individuo nella lotta contro le violazioni dei diritti umani, la tutela dei quali comincia con l’impegno, la dedizione e il rispetto nei confronti degli indifesi a noi più vicini. Viene data una lettura moderna del ruolo della società civile nella lotta per il rispetto dei diritti fondamentali: si esorta ogni uomo, donna o bambino ad essere coraggiosi, per prendere parte attiva al processo di cambiamento nel mondo. Tale ruolo ottiene un formale riconoscimento internazionale nel 1998 con l’adozione della Dichiarazione sugli/sulle HRD (Human Rigths Defenders), ovvero la dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti, approvata all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il documento, infatti, riconosce l’importanza insita negli attori della società per la difesa dei principi che sostengono i diritti umani. Attribuisce in modo cruciale agli stati la responsabilità di introdurre e rispettare tutte le sue disposizioni, in particolare il dovere di proteggere coloro che difendono i diritti dai danni conseguenti alla loro attività.

In linea con la Dichiarazione degli/delle Hrd e altre norme internazionali, dunque, Amnesty International considera Hrd chi, a livello individuale o associandosi ad altre persone, agisce in difesa o a favore dei diritti umani a livello locale, nazionale, regionale o internazionale, senza ricorrere o propugnare odio, discriminazione o violenza.

Ormai sono passati quasi 20 anni dalla Dichiarazione degli/delle Hrd e i governi si sono rivelati inadempienti circa l’impegno assunto di appoggiare coloro che difendono i diritti umani e a consentire loro di operare senza ostacoli né paura di ritorsioni. Le parole di quella Dichiarazione, infatti, appaiono oggi ampiamente screditate dall’attacco posto in essere dai governi, gruppi armati e aziende al diritto di fendere i diritti umani. Aumentano ogni giorno i luoghi in cui chi ha il coraggio di schierarsi a favore dei diritti umani finisce sotto attacco e affronta intimidazioni, vessazioni, campagne di diffamazione, maltrattamenti e detenzioni illegali, che giungono perfino all’uccisione, solo per avere preso posizione in favore di ciò che è giusto.

È il caso di Berta Càceres, importante Hrd ambientalista dell’Honduras, uccisa in casa sua il 2 marzo 2016; di Edward Snowden, wistleblower statunitense, che rischia una condanna a 30 anni di reclusione negli Stati Uniti, per aver rivelato informazioni di enorme interesse pubblico; di Carmen Aristegui, giornalista d’inchiesta messicana, che denuncia le violazioni di diritti umani schierandosi apertamente più volte contro la corruzione del Governo messicano; di Narges Mohammadi, giornalista e Hrd iraniana, condannata a 22 anni di reclusione per le sue attività sui diritti umani, compresa l’opera in campagne contro la pena di morte; di Taner Kiliç, presidente di Amnesty International Turchia, arrestato il 6 giugno 2017 a Smirne insieme ad altri 22 avvocati, attualmente detenuto per l’errata accusa di far parte del movimento guidato da Fethullah Gülen, che secondo le autorità turche ha ideato il fallito colpo di stato del luglio del 2016.

Purtroppo questi sono solo alcuni dei difensori dei diritti umani che ogni giorno rischiano la propria incolumità, il loro lavoro, e la stessa vita in nome di un mondo in cui ogni essere umano possa vivere pacificamente la pienezza dei propri diritti.

Nel 2016, infatti, almeno 22 paesi hanno registrato persone uccise per aver sostenuto pacificamente i diritti umani. In 63 paesi, le persone impegnate al riguardo hanno subito campagne diffamatorie. In 68 paesi, sono state arrestate o detenute esclusivamente per la loro attività pacifica. In 94 paesi, sono state minacciate o aggredite. Sono tutte persone, Hrd per l’appunto, che sfidano gli abusi di potere da parte dei governi e delle aziende, tutelano l’ambiente, difendono le minoranze, si oppongono alle tradizionali barriere opposte alle donne e alle persone Lgbt, si schierano contro le condizioni di lavoro illegali.

Tutte queste persone oggi stanno sostenendo l’urto di un attacco mondiale contro il diritto di denunciare. Le forze governative e le aziende demonizzano chi lotta per la tutela dei diritti umani facendoli apparire come una minaccia per la sicurezza, lo sviluppo o i valori tradizionali. Vengono poste in essere campagne di diffamazione intese a delegittimare gli/le Hrd e il loro lavoro. Così facendo viene sottratto il diritto alla protesta pacifica e, dunque il diritto di critica, così minando le fondamenta della crescita intellettuale, sociale e politica dell’uomo, verso una deriva sempre più autoritaria e repressiva. Ci si trova, infatti, in un panorama politico che spazia da leggi che autorizzano l’uso della forza contro manifestanti pacifici o consentono la sorveglianza di massa, fino al divieto di accedere a fondi esteri o all’imposizione di requisiti molto severi per registrare le organizzazioni con conseguente sempre meno spazio per l’azione della società civile.

Su queste premesse Amnesty International ha lanciato la nuova Campagna Globale che chiede il riconoscimento e la protezione di coloro che difendono i diritti umani, così come la possibilità che possano operare in un ambiente sicuro. Il nome della campagna è: CORAGGIO. (1)

Ora più che mai occorrono persone che si schierino coraggiosamente contro le ingiustizie e contro chi mina i diritti umani di una falsa promessa di prosperità e sicurezza.

È una campagna che parla a tutti noi, uomini e donne, chiedendoci, da un lato, di sostenere le persone che hanno coraggio, proteggendole e difendendole; dall’altro lato, di trovare il coraggio di agire a nostra volta ed essere attori del cambiamento che vogliamo nel mondo.

(1) - https://www.amnesty.it/campagne/coraggio/

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