Voci - Numero 2 Anno 4 - Amnesty International in Sicilia

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Medio Oriente

DONNE PALESTINESI di Paola Caridi

Ph.: Ahed Tamimi. CC BY-SA 4.0 Haim Schwarczenberg, schwarczenberg.com

“tra la violenza dell’occupante e la resistenza dell’occupato, il corpo di una donna palestinese non è più il suo, ma diviene il simbolo di autenticità culturale, il simbolo della nazione palestinese. Così come in altri conflitti – dalla guerra civile in ex Jugoslavia al genocidio in Ruanda, sino alla guerra tra le truppe statunitensi e le forze insurrezionali irachene – i corpi delle donne sono il campo di battaglia” Nicola Pratt

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on fosse stato per Ahed Tamimi, l’opinione pubblica europea non avrebbe notato – nel panorama palestinese – la presenza delle donne. Non fosse stato per la potenza delle immagini in cui una ragazza di 17 anni viene ripresa dalle telecamere lo scorso dicembre, nel piccolo paese cisgiordano in cui vive, mentre affronta un soldato israeliano e lo schiaffeggia, il pubblico generalista non si sarebbe ricordato dell’occupazione israeliana della Cisgiordania. Per inciso, Amnesty International chiede il rilascio di Ahed Tamimi, che “proprio a causa di questo suo impegno politico è stata condannata a otto mesi di carcere e a una multa di 5000 shekel (1150 euro)”, considerando “sproporzionata” la punizione. 1  1  -  https://www.amnesty.it/appelli/rilasciare-immediatamente-ahed-tamimi/

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Ph.: Taghreed al-Barawi. © Mohammed Salem / Reuters

Non fosse stato, anche, per i lunghi capelli biondi di Ahed Tamimi, il suo incarnato bianco, i suoi occhi azzurri, la comunicazione sulla questione israelopalestinese non avrebbe trovato un ostacolo inatteso. L’ostacolo determinato dalla sorpresa. E cioè, in questo caso, la rottura dello stereotipo estetico, sottolineato anche da uno dei commentatori conservatori più noti di Israele, Ben Dror Yemini. Ahed Tamimi “ispira simpatia perché sembra la figlia della famiglia di bianchi della porta accanto”, aveva scritto Yemini nel dicembre del 2017 sul più diffuso quotidiano israeliano, Yediot Ahronot. Non fosse stato per Ahed Tamini, che è ancora in carcere per aver schiaffeggiato un soldato israeliano, non avremmo scoperchiato quello che, in Palestina, è evidente da tempo: una presenza diversa delle donne in questa nuova fase delle proteste contro l’occupazione israeliana. Persino le manifestazioni del venerdì lungo la frontiera di Gaza – le “grandi marce del ritorno”, come sono state chiamate – hanno visto una presenza di donne sorprendente, in una dimensione così conservatrice come quella della Striscia. Anche in questo caso, una presenza immortalata da una foto da breaking news, scattata da uno dei fotoreporter della Reuters: ritrae una ragazza, Taghreed al Barawi, che lancia una pietra. Un’immagine diversa da quella di Ahed Tamimi per un differente modo di vestire: di Taghreed al Barawi non si vedono i capelli, coperti da un velo che si allunga sul viso per proteggersi dai lacrimogeni. Il corpo della ragazza di Gaza, poi, è coperto da un jilbab, da un lungo soprabito che MAGGIO 2018 N.2 / A.4 - Voci


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