Voci - Numero 2 Anno 4 - Amnesty International in Sicilia

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Europa

BOSNIA: SOSTEGNO, NON PIETÀ

L’ultima speranza di giustizia per le sopravvissute allo stupro nella guerra di Bosnia. di Paolo Pignocchi

Una vittima che guarda alla casa di famiglia distrutta in Bosnia Orientale. © Ziyah Gafić L’assistenza statale e i programmi di aiuto spesso non arrivano alle donne che vivono in aree remote.

I

l terribile conflitto della Repubblica Federale di Jugoslavia, meglio conosciuto come “La guerra di Bosnia” che ha coperto il periodo fra il 1992 ed il 1995, si concluse con il Genocidio di Srebrenica e gli Accordi di Dayton in cui la Repubblica Federale di Jugoslavia, in accordo con i principali attori europei, balcanici e mondiali, trovando una pace che definimmo “di carta”, tanto fu poco realistica, venne suddivisa in tre diversi stati: la Serbia, la Croazia e la Bosnia Herzegovina. La Repubblica Iugoslava divento’ uno stato definito Frankenstein. Un mostro a molte teste in cui si misero insieme pezzi di un paese che non potevano e non possono stare insieme: devastati, come sono stati, casa per casa, dal conflitto e dall’odio che ha bussato alla porta di ogni condominio di Sarajevo dove abitavano insieme bosniaci e serbi senza problemi, croati e mussulmani senza distinzione. Famiglie miste distrutte, allora, dalla guerra e dall’odio ed oggi dalla discriminazione che cova sotto la cenere. Fra le atrocità che una guerra come quella su base etnica ha prodotto, è necessario ricordare l’uso indiscriminato su larga scala dello “stupro come arma di guerra”. Il numero esatto di Voci - MAGGIO 2018 N.2 / A.4

vittime femminili di violenza sessuale associata al conflitto nella BiH è molto controverso, ma la stima più attendibile (espressa dal Consiglio d’Europa (CdE) indica la cifra intorno a 20.000. Il numero comprende donne bosniache, croate e serbe che spesso sono state imprigionate nei cosiddetti “rape camp” e violentate, rese schiave sessuali e a volte costrette a concepire in modo sistematico e ripetuto, da parte di gruppi militari e paramilitari. In modo meno organizzato, sono state violentate anche donne durante gli attacchi militari alla popolazione civile, con lo scopo di determinare la migrazione forzata di civili. Paradossalmente positiva è stata l’introduzione da allora di questo crimine come crimine di guerra e contro l’umanità nel diritto internazionale, cosa che prima non esisteva. La violenza colpì tutte le donne di tutte le etnie, epicentro la Bosnia Herzegovina, che subirono questo martirio insieme alla detenzione forzata in condizioni di maltrattamento e malnutrizione, rimanendo ferite irreparabilmente nei corpi e a volte uccise, più spesso mutilate fisicamente e, più subdolamente, ferite

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