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Voci - numero 3 anno 4 /Campagne Amnesty

DEONTOLOGIA DELLA SICUREZZA PUBBLICA. COME GARANTIRE SPAZI DI LIBERTÀ?

di Alessandra Cannizzo

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Qual è la prima parola che vi viene in mente pensando alla polizia?

Con questa domanda ha avuto inizio la formazione sulla campagna “Spazi di libertà” che è stata recentemente annunciata da Amnesty International Italia e che prenderà il via in autunno (1). La formazione ha visto coinvolti attivisti provenienti da tutto il territorio nazionale, e partendo dalla condivisione di esperienze e riflessioni sulle controverse normative attinenti alla gestione dell’ordine pubblico, ha consentito di delineare meglio gli aspetti chiave di cui la campagna dovrà occuparsi.

Background legislativo, tra certezza ed equità

Il 12 aprile 2017 il testo del decreto sulla sicurezza delle città (DL 14/2017), fortemente voluto dai ministri Minniti e Orlando, è diventato una legge dello Stato che mira a “prevenire i fenomeni di criminalità diffusa” e a “promuovere legalità e rispetto del decoro urbano” (2). Dopo qualche mese, la Circolare Gabrielli (3) del 7 giugno 2017 ha voluto precisare maggiormente i dettagli riguardanti l’organizzazione e lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche, imponendo studi di fattibilità e misure di sicurezza standard, i cui costi talvolta si sono rivelati insostenibili, specialmente per le organizzazioni più piccole e nei centri più piccoli (la sagra del mandorlo in fiore veniva di fatto equiparata ad un concerto di Madonna).

Un elemento chiave della nuova disposizione riguarda il cambio di competenza nella valutazione delle richieste per pubbliche manifestazioni. Oggi è, infatti, compito dei Comuni (e non più delle Prefetture) vagliare i piani presentati dalle organizzazioni, e saranno pertanto gli uffici dei municipi a dover raccogliere tutta la documentazione, valutare i profili di safety e security e poi rilasciare il nulla osta per lo svolgimento dell’attività.

Nuove indicazioni operative sono arrivate infine il 18 luglio 2018 dal ministero dell’Interno, che ha diramato una direttiva (4) riguardante i “modelli organizzativi e procedurali per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche”, nel tentativo di correggere le rigidità esistenti e consentire alle amministrazioni comunali di calibrare le misure cautelari valutando le specifiche potenziali criticità legate a ciascun evento.

Tutto ciò mi rimanda ad un principio caro all’analisi delle politiche pubbliche, ovvero quello del think globally, act locally, in base al quale il principio di prossimità/sussidiarietà dovrebbe garantire una maggiore adeguatezza delle misure implementate in base al contesto locale. è altresì vero che ciò determina grandi margini di discrezionalità, che si sono già palesati soprattutto in riferimento all’ampissima latitudine dello spettro d’azione delle ordinanze sindacali, le quali talvolta sembrano sconfinare nell’incostituzionalità. Al riguardo, è interessante rilevare come la sicurezza urbana sia intesa come un bene pubblico giuridico che si costituisce al di sopra degli altri, circostanza che di fatto legittima azioni limitative e repressive che altrimenti sarebbero, per l’appunto, incostituzionali.

È a questo punto essenziale precisare che al fine di garantire il rispetto della libertà di associazione, delle restrizioni possono essere previste, ma devono sempre essere necessarie e proporzionate.

Nell’antica Cina imperiale, l’imparzialità del giudice e la cosiddetta certezza del diritto su cui si basa il nostro ordinamento, erano considerati fattori che potevano compromettere il benessere degli individui su cui era chiamati a decidere, e infatti, i mandarini, funzionari riconosciuti per il grande valore morale, disponevano di un grande potere discrezionale, che consentiva loro di fare considerazioni ad hoc, per un’applicazione non assoluta e certa, ma equa del diritto.

Ontologia e sociologia della paura

Come ogni anno, lo scorso dicembre Il Viminale ha reso pubblici i dati relativi alla sicurezza in Italia nel 2017: un anno segnato dalla diminuzione del numero di reati. La domanda quindi sorge spontanea, se i reati in Italia sono in calo, perché inasprire le norme aumentando il senso di insicurezza percepita dalle persone? è evidente che la retorica della sicurezza è oggi usata per ottenere consenso politico, facendo leva sulla paura, soprattutto della criminalità di strada. Il risultato è un’allarmante criminalizzazione delle fasce più svantaggiate della popolazione, come i richiedenti asilo, i senza fissa dimora, e i cittadini in condizioni di particolare vulnerabilità socio-economica, che più degli altri si trovano ad essere di fatto oggetto di moltissime ordinanze sindacali in nome di una politica di tolleranza zero.

Si parla tanto di tolleranza zero negli ultimi tempi, ma esperimenti nella sua applicazione si trovano già negli anni’80, ad esempio nella New York del 1984. L’esperimento ha attirato le attenzioni di Amnesty International che nel 1996 ha redatto un rapporto (5) in cui emerge che:

• le richieste di risarcimento per danni legati a perquisizioni violente da parte della polizia aumentano del 50%;

• le denunce penali per abusi e comportamenti arbitrari delle forze dell’ordine crescono del 41%;

• nel biennio 1993-1994 il numero di civili uccisi nel corso di operazioni di polizia cresce del 35%;

• in un quinquennio i risarcimenti a civili per le violenze subite raddoppiano.

Sconvenienti dati a parte, la retorica della sicurezza ha tante teorie criminologiche che la legittimano, e una di queste è la famosa teoria delle finestre rotte (6), la quale afferma che la repressione di piccoli reati, contribuisce a creare un clima di ordine e legalità che riduce il rischio di crimini più gravi. Ad esempio, l’esistenza di una finestra rotta (da cui il nome della teoria) potrebbe generare fenomeni di emulazione, portando qualcun altro a rompere un lampione, dando così inizio a una spirale di degrado urbano e sociale.

Personalmente, non mi sento di negare completamente forme di correlazione tra diversi tipi di reati e condizioni che potrebbero in qualche modo favorirli, ma sicuramente mi sento obbligata a promuovere e supportare politiche di segno opposto rispetto alla tolleranza zero, politiche che non criminalizzano i più deboli e volte a curare un rapporto costante con la cittadinanza e tra i cittadini al fine di prevenire i reati, anziché perseguirli a oltranza.

La vaghezza e la discrezionalità legate ai temi affrontati in questo articolo sicuramente rappresentano una sfida per chi è chiamato a ricostruire e a mettere in atto il puzzle normativo in materia di sicurezza, per questo Amnesty International chiede accountability alle istituzioni per tutto ciò che attiene la dignità dell’individuo e le libertà di espressione e di associazione, incoraggiando maggiori responsabilità individuali da parte delle forze dell’ordine attraverso l’introduzione dei codici identificativi sui caschi.

Tale misura è al momento fortemente osteggiata dal Ministro dell’Interno ma accolta favorevolmente da parte del Capo della polizia, anche perché, non solo consentirebbe di identificare coloro che non svolgono il proprio lavoro in maniera ortodossa ma anche garantirebbe maggiore tutela a tutti i poliziotti che fanno davvero di tutto per costruire e garantire quell’ambitissima pace sociale.

CC BY-SA 2.0 Andrea Benjamin Manenti

(1) - https://www.amnesty.it/campagne/spazi-di-liberta/

(2) - Tra le principali disposizioni: introduzione del daspo urbano per chiunque impedisca l’accesso e la fruizione di aree pubbliche, stretta antiwriter e parcheggiatori abusivi, ma anche l’arresto in flagranza differita.

(3) - https://www.lisaservizi.it/sites/default/files/uploads/circ_gabrielli_07062017. pdf

(4) - http://www.interno.gov.it/servizi-line/circolari/circolare-18-luglio-2018-modelliorganizzativi-e-procedurali-garantire-alti-livelli-sicurezza-occasione-manifestazionipubbliche

(5) - Amnesty International, Police Brutality and Excessive Force in the New York City Police Department, 1 June 1996, AMR/51/36/96, disponibile su: http://www. refworld.org/docid/3ae6a9e18.html [ultimo aggiornamento 28 Agosto 2018]

(6) - George L. Kelling e James Q. Wilson, Broken Windows: The police and neighborhood safety, in Atlantic Monthly, 1º marzo 1982.

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