Seconda parte della raccolta intitolata<IL DIO DEGLI ESERCITI>

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La rivelazione d’essere eletto. Nell’estate del 2002 Amodeo fu indotto a scrivere la storia della sua vita e si accorse solo allora dell’esistenza di un sublime disegno che la riguardava. Si accorse di essere stato un personaggio eletto dalla Provvidenza che regge le cose, a quell’incontro che il Papa aveva voluto suscitare, provocandolo con la Fides et ratio, affinché il complesso Ragione-Fede soddisfacesse finalmente il dualismo uomo-Dio, in cui giace interamente la nostra natura subalterna. Entrò immediatamente in conflitto con se stesso: Possibile? Allora cominciarono ad accadere fenomeni strani. A domande che faceva, come a se stesso (ma erano fatte a Dio), rispondevano le campane della vicina Chiesa di San Giovanni. Già aveva notato come esse sottolineassero stranamente i suoi stessi tradimenti, quando profanava il Tempio di Dio della sua persona… e si mettevano a suonare, come un campanello d’allarme, un monito per lui! Una notte cadde in estasi. Gli succedeva di frequente, tutte le volte che sentiva su di sé, fortissimo, l’amore di Dio. Provava tanta gioia che iniziava a piangere, in modo convulso, per lo struggimento, l’emozione e la gratitudine. Alle tre del 20.10.2002, in estasi, supplicò Dio di dirgli cosa avrebbe dovuto pensare, fare e dire d’essere, soprattutto alla Chiesa. Dio l’illuminasse! Al mattino, dopo poche ore di sonno, si alzò e sapeva chi era e che ne doveva dare l’annuncio, molto chiaro e preciso alla Chiesa, in questi termini: “Il Salvatore che aspettavate alla fine dei tempi, Dio ha voluto che fossi io…, io che non ne ho alcun merito!” Era forse impazzito? Gli era andato di volta il cervello? No, pura consapevolezza. E sapeva benissimo di non averne alcun merito e che accadeva solo per volere di Dio. Anzi si stupiva che una cosa così Dio avesse voluto realizzarla proprio in lui, assolutamente privo di Carisma, giudicato un fessacchiotto da tanta gente, uno con il quale non valeva neppure la pena di mettersi a discutere, giudizio questo della Chiesa e dei tanti che avevano un gran giudizio di se stessi. Perché era toccato proprio a lui? Gesù aveva fascino, bastavano poche parole e tutti immediatamente capivano chi fosse. Perché questo stupefacente compito dato proprio a lui che non riusciva mai a convincere nessuno, per quanti esempi mai desse? Aveva vissuto in modo generoso, ma gli avevano attribuito solo stupidità. Aveva rinunciato a miliardi, per puro amore del prossimo, e tutti gliene facevano


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una colpa. Gli esempi che dava non servivano: erano sempre eccessivi! Nessuno condivideva il suo sguarnito porsi di fronte all’amore della Provvidenza. Nessuno lo stimava un comportamento intelligente e neppure cristiano! Aveva digiunato per la sofferenza di una Chiesa che non rispettava le indicazioni del Papa e lo avevano accusato di fare il ricattatore. Aveva amato, più volte, in modo assolutamente altruistico e tutti gli avevano sempre attribuito secondi fini. Qualsiasi cosa facesse, o avesse fatto, era costantemente travisata… Perché allora Dio aveva scelto, per fare capire la cosa più incomprensibile di tutte, proprio una persona come la sua, così incapace a fare apprezzare ogni valore?! Ma era tanta e tale la sua fede, che era certo che, se Dio aveva deciso così, doveva essere giusto così. Forse Dio avrebbe voluto sorprendere tutti, dimostrando proprio il suo valore sublime, intervenendo a sostegno di chi era giudicato da molti poco più che un autentico imbecille. Eppure aveva vinto concorsi, era stato ed era bravo in tutte le cose che faceva e tutti lo vedevano… Un bel mistero! Quel giorno era domenica e ‘Modè’ doveva cantare alla Chiesa prepositurale. Decise così che doveva dare l’annuncio alla fine della messa, facendo conoscere a Monsignore Centemeri come il Convegno del 24.10.1999 fosse stato proprio l’evento fondamentale da tutti atteso alla fine dei tempi. Era stato quello del “Mille e non più mille”, in cui Gesù, ricomparso in Comunione, aveva vinto la Morte e decretato il Giudizio Universale sul valore dell’esistenza. Queste cose veramente erano accadute. Gesù gli aveva rivelato come Dio fosse come un Manzoni che avesse scritto le libere storie di Renzo e Lucia ne’ “I promessi sposi”. Se si fosse chiesto a Renzo di chi fosse la colpa delle sue nozze impedite, egli l’avrebbe addebitata a Don Abbondio, a Don Rodrigo, e si sarebbe sbagliato, in quanto l’unico responsabile era il Manzoni, ma non aveva colpa di un’opera della fantasia, ma meriti, per un puro gesto di una sublime creazione. L’uomo è come l’interprete, reale, di storie che Dio sa farci inscenare. Pertanto né il creatore né gli interpreti hanno vere colpe, per le quali debbano essere puniti, ma veri titoli, per il loro contributo essenziale. L’unica possibile colpa o merito, di noi interpreti, può essere il gusto o il disgusto provato per le ipotesi di bene e di male, ma un processo educativo, complesso ed articolato, renderà infine tutti edotti del vero e liberi compartecipi del gesto creativo di Dio, tutto finalizzato alla bellezza dell’arte dell’invenzione pura, vissuta attraverso tutte le storie di vita dell’uomo, messe a comune gaudio. Ebbene, giunto quel giorno in Chiesa, per fare l’importante annuncio, trovò tutta la liturgia di quel 20.10.2002, in attesa dell’annuncio del Cristo, come potete vedere dal foglietto liturgico di quella domenica, qui riprodotto.


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Vale le pena mettere in risalto i punti salienti della liturgia, in relazione all’attesa dell’Annuncio dello Spirito del Cristo, perché potrebbero esservi sfuggiti. Dal canto di ingresso, che dice “Chiesa di Dio, popolo in festa… il Signore è con te!” … “Sei testimone di Cristo quaggiù: apri le porte ad ogni uomo, salva la vera libertà.” Era chiaro! La Chiesa doveva aprire le porte ad ogni uomo… e ‘Modè’, nella sua specifica persona, era chi stava per dire di essere il segno umano di quel Cristo Salvatore ritornato quaggiù… Che gli aprissero le porte! Che potesse egli salvare la vera libertà, poggiata sulla Sapienza, comunicata a lui, dalla Sede della Sapienza, la sua mamma adottiva. Nella prima lettura è scritto; “Nessuno conosce la sua via, nessuno pensa al suo sentiero. Ma colui che sa tutto, la conosce e l’ha scrutata con l’intelligenza. E lui… Egli ha suscitato tutta la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo, a Israele suo diletto. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto tra gli uomini.” Il Salmo 101, recitato in quella messa, era stato composto da un salmista dopo la distruzione, di Gerusalemme e del Tempio, da parte dei Babilonesi. Erano gli abitanti diseredati del Paradiso Terrestre, virtualmente collocato in quella terra dell’Eden, dell’antichissima civiltà dei Sumeri… E, intanto ‘Modè’, doveva fare l’annuncio al celebrante di quella Messa, Mons. Centemeri… Qui Cente… è Oracolo di +100, è 102, la pienezza del fronte dello Spirito santo, il centuplo quaggiù di Gesù, quando è Su in numeri (Sumeri), meri segni del cosiddetto attimo fuggente, trasformato virtualmente in un’area, dalla facoltà dello Spirito, di dar senso di spazio a dei puri e meri numeri messi su. Monsignor Centemeri era, in persona, l’Oracolo dell’attimo fuggente, che andava colto, rispetto al tentativo di ‘Modè’ di portare, liberi tutti, nella Terra dell’Eden, laddove erano stati tutti prigionieri dei Babilonesi, figli dei Sumeri… Centemeri, Oracolo di un mero centurione (per l’autorità attribuita a lui dalla Provvidenza) se non avesse colto autorevolmente l’attimo fuggente, avrebbe impedito l’Esodo nei Giardini dell’Eden, dei Sumeri! Gerusalemme sarebbe restata ancora imprigionata e ancora distrutto sarebbe restato il suo Tempio, che Dio voleva veramente ricostruire, di nuovo, con un nato nel ‘38, dopo che la prima ricostruzione era cominciata nel ‘38, mezzo millennio prima della nascita di Cristo (dal 538 al 500 a.C.). Quel salmo, recitato quel giorno, apparteneva proprio ad un Profeta che già aveva cercato di liberare il Popolo di Dio dalla sua reale schiavitù, nel modo esatto


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della preghiera, e che ora ci provava nuovamente e definitivamente, profetizzando ciò che avrebbe detto e fatto anche ‘Modè’, unito in Sacramento a Cristo, nella nuova generazione dopo il mille +mille, avendo i mezzi per farlo, datigli dalla Comunione con il Nostro Signore. Osservate bene cosa si recitò, tra l’altro, in quel salmo… notatelo!: &lt;&lt; Tu sorgerai, avrai pietà di Sion, perché è tempo di usarle misericordia: (sì, è il giorno 20.10.2002, fine dei tempi della schiavitù di chi non conosce! Da questo giorno, Centemeri saprà, in nome di tutta la Chiesa! Quale enorme responsabilità cade su questo Monsignore della Chiesa del Signore!): l’ora è giunta (anche l’ora! Ed era quella in cui Modè avrebbe portato, alla fine di quella messa, tutto a conoscenza, dicendo al Monsignore: “Sono io il Salvatore che aspettavate!”). Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre e li muove a pietà la sua rovina… Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato sulla terra, per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morte: perché sia annunziato in Sion il nome del Signore, e la sua lode in Gerusalemme. &gt;&gt; Ma vi rendete conto di quale profezia avesse fatta il salmista durante la faticosa ricostruzione di Gerusalemme e del Tempio, tra gli anni 538 e 500 a.C.? Val la pena leggere direttamente il salmo 101 (che, come numero, conditio sine qua non, realizza nel tempo 1 proprio il Cento di Centemeri), da un certo punto in poi; il salmo che, nella versione del Mons. Garofalo, è riproposto come il numero 102 (che realizza il 100, del Centemeri, nella pienezza dei suoi 2 tempi, essendo 102) ed intitolato Supplica per la nazione. 16. E temono le genti il nome di Jahve e tutti i re della terra la tua gloria. Perché Jahve ha edificato Sion ed è apparso nella sua gloria. Si è volto alla preghiera del misero derelitto né disprezzò la loro preghiera. Sia scritto tutto ciò per la generazione futura e il popolo che fu ricreato lodi Jahve. Poiché mirò dall’alto il suo santuario, Jahve dai cieli guardò sulla terra per udire il sospiro dell’uomo in catene, per sciogliere i votati alla morte. Così che si narri in Sion il nome di Jahve e il suo inno in Gerusalemme. Quando si adunano insieme i popoli e i regni a servire Jahve. Vedete l’accenno alla generazione futura? Si a quella che viene dopo il 2.000, che, essendo 2×103 dopo un Cristo di Dio (che è la seconda persona della Trinità di Dio) apre alla terza Persona, allo Spirito Santo che avrebbe regnato,


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trionfante, nel Terzo millennio, generando i tempi nuovi e gli spazi nuovi del Dominio dello Spirito, portati come il successo dell’Esodo dell’ultimo Mosè! Nuovi in quale Dominio dello Spirito, in quale comprensione? Oh, nel riconoscere come stanno veramente le cose: che l’uomo è avviato realmente, concretamente sulla via del suo personale Paradiso Terrestre… Sì, proprio per l’annuncio fatto in questo 20.10.2002, che culmina realmente tutti i tempi dopo Cristo, aggiungendo questo esatto numero, come indice stesso di tutto un complesso non fondato sul caso… ma sulla data della nascita di Cristo! 20 come tutto il moto dello Spirito santo…10, in tutto il suo complesso, il 20 02, fronte 20 ed il retro 02. In questa data magica, di una vera magia di Dio, nella Seconda Lettura, San Paolo scriveva a Timoteo (che si traduce TemoDio e si pensi, per contrappunto, a quell’Amodeo, su cui quella liturgia domenicale pareva tutta concentrata) che, in sostanza, “ci sono non solo vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni destinati ad usi nobili ed altri ad usi più spregevoli. Chi si manterrà puro da tali cose, sarà un vaso nobile, santificato!” San Paolo stava ponendo l’accento sui diversi carismi concessi da Dio all’uomo, per cui tutti avrebbero dovuto cercare la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocavano il Signore con cuore puro. Chi lo stava facendo, ormai da oltre 30 anni? ‘Modè’, che avendolo chiesto a Dio in un momento di estasi, sentiva ora, prepotentemente, di dover dire: &lt;&lt; E’ assieme a me che dovete mettervi ed alla parola di nuova speranza che Dio vi Comunica, attraverso la Comunione vera di Cristo con me! Nell’incontro ideale uomo-Dio, per trasmettere i Suoi doni, il Signore ha eletto me. Sono io! Io sono il vaso d’oro, ma non ne ho merito alcuno, non ne sono davvero degno, è solo Dio che ha voluto fare così, perché è il Signore! &gt;&gt; Nel Vangelo, notatelo bene, Gesù rispondeva alla domanda: “Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente”. Con queste parole riportate da Giovanni (10, 22-30): &lt;&lt; Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore. &gt;&gt; Bene, andato ad annunciare chi sapeva di essere, ‘Modè’ costatò che tutta la Chiesa stava aspettando, nella sua liturgia, quell’Annuncio che avrebbe fatto al Centemeri, alla fine della messa.


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E lo stesso Monsignor Centemeri, nella sua Omelia, quel giorno riferì: “ Lo Spirito Santo è qui in mezzo a noi e vuole parlarci! Bisogna ascoltarlo, credergli! Bisogna aguzzare vista ed udito, perché egli vuole assolutamente parlarci! ” Ebbene, finita la messa, ‘Modè’, forte di quello Spirito santo che voleva parlare e che doveva essere ascoltato, parlò, fece questo annunzio…, e non successe niente; fu come se avesse raccontato una cosa ridicola e secondo la sua solita esaltazione, perché il Centemeri non riusciva a cogliere l’attimo fuggente. Era veramente perfetto, egli e tutti i sacerdoti di Saronno, sotto il profilo delle idee, ma assolutamente incapace, egli come tutti gli altri, di crederle possibili ed attuabili in termini di concretezza. Dio ha voluto disegnare, in questi tempi, Cristiani Cattolici senza più molta fede, tanto che poi siano superati dagli altri, diventino Testimoni di Geova, protestanti, buddisti, maomettani… Anche quando sorge un santo, come il Papa, anche allora il disegno poi è tale che egli appaia costretto all’impotenza da chi non lo tenga informato. Oh, è grave, sapete, che, in questo disegno di Dio, il Figlio di Dio sia ritornato, in Comunione con un uomo, ed abbia visto di essere stato nuovamente condannato a morte! È gravissimo, per queste persone, perché si tratta del disegno di Dio, e non di quello umano! ‘Modè’ non aveva riferito niente di suo! Hanno creduto tutti che fosse facile, sempre nel disegno di Dio, abbattere le due Torri di Dio? Poveri illusi… adesso vedete! E giù bombe sui poveri dell’Iraq! Per adesso… poi vedremo la morte di una Chiesa, o del suo parroco, del Suo Papa, del suo ultimo Mosè … È toccato a ‘Modè’, in questo disegno di Dio, perfino di essere stato scacciato dal Coro parrocchiale della Chiesa di Cogliate, da un povero Don Carlo che, come Ponzio Pilato, fu disegnato da Dio di eliminarlo, pur sapendolo innocente, quando tutti quelli che prima lo avevano osannato poi gli si erano schierati contro, dicendo, animalescamente, “Crucifige! Scaccialo via!” Dio aveva disegnato che questa gente gli si fosse mossa nuovamente contro come nei tempi antichi, quando Gesù aveva scacciato i Mercanti dal Tempio e non gliela avevano perdonata… “Ma Chi credeva di essere, per scacciare i mercanti dal Tempio?” Così Dio volle che apparissero, anche a Cogliate, i Cantori e la Chiesa del Paese: come persone che si fossero comperati i servigi esclusivi di una Maestra, con le moine, il denaro ed una vera concorrenza sleale, fatta a discapito della


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povera Chiesa che gliela aveva generosamente lasciata in condominio, di fronte a loro che cercavano aiuto! Il disegno aveva voluto che, avendo avuto una maestra da condividere, le avessero offerto danaro, laddove nella sua Parrocchia non gliene davano, moine, laddove dall’altra non ne riceveva, giacché era una di casa e non c’è Napoleone per il suo domestico. Dio aveva disegnato un turpe mercato della già sposa di Cristo! Ma era il solito disegno simbolico di una sposa traditrice, che avesse abbandonato il suo sposo senza colpe della sua anima ma solo di una parte puramente assegnata e immodificabile, dalla sublime Provvidenza di Dio, che sembra sempre suscitare buoni stupendi ed odiosi cattivi… ma lo fa solo per salvare poi tutti! Il disegno di Dio, relativo agli eventi in Cogliate, avrebbe messo in essere il personaggio ideale di un figlio adottivo della Madonna, che si sarebbe messo a suo modo a rovesciare gli sgabelli dei cambiavalute, e che poi sarebbe stato fatto fuori. Un disegno in cui egli si appellasse ai Valori Supremi dell’Amore e del Perdono (in quanto voluti dal Cristo) ed in cui essi non li avrebbero riconosciuti, come a suo tempo gli Ebrei non avevano riconosciuto Gesù, per quello che era: un vero strumento di Dio per la salvezza di loro tutti. Così, per disegno, anche a Cogliate avrebbero abbattuto le due Torri Gemelle di Dio, in un modo recidivo ed accanito, 63 giorni dopo quelle di New York e senza nessun rispetto per il Papa stesso, che aveva chiesto, proprio a loro, cantori della Chiesa, canti di pace! Il personaggio virtuale e inventato, del Papa (inventato nel disegno di Dio), aveva chiesto loro di recitare la preghiera per la Pace, ma essi, proprio dopo di avere pregato in quel modo, avevano scatenato la più orribile delle guerre fratricide: quella contro lo Spirito santo di Dio, commettendo un crimine imperdonabile e che richiederà che Papa Tettamanzi riconsacri la Chiesa di Cogliate, divenuto come latte cagliato! Si erano comportati, sempre per il disegno di Dio, come se il Signore non comandasse più nei suoi luoghi! Come se la religione di Cristo fosse diventata un perbenismo! Come se avesse perso tutta la spinta eroica e come se, tutte le volte che spuntasse all’orizzonte un vero eroe, che si esaltasse ancora nella Croce di Cristo, dovesse essere considerato un matto e sacrificato sull’altare di chi è cotto da Satana e scaglia le prime pietre. Per questo peccato (piaga corrispondente a quella della morte degli animali, nell’Antico Testamento, tra le 10 piaghe d’Egitto), il giorno 23 maggio 2003, cioè 675 giorni dopo, Dio avrebbe mandato la piaga corrispondente a quella delle cavallette perché si era aggiunto ai Coristi il Parroco stesso della Chiesa, distruggendo tutto il raccolto ecclesiastico, come quando la piaga delle cavalletti si


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abbatte sui raccolti maturati dall’uomo. Il Dio degli Eserciti avrebbe abbattuto il corpo della Chiesa, nell’edificio o nel suo Parroco. Il peccato addebitato da Dio a Papa, Chiesa e Cristiani è stato quello di un gran darsi da fare per il domani, nella comune presunzione che ogni cosa dipenda dall’umano “fai da te”, nel mentre Gesù disse chiaramente di non farlo! “Dio – rivelò Gesù – faceva crescere bellissimo il giglio del campo, che non lavorava e non seminava… Come avrebbe lasciato in difficoltà l’uomo che il Padre amava di certo molto di più?” L’uomo moderno è stato disegnato da Dio come se non avesse ancora capito, dopo 2.000 anni di Cristianesimo, che “Dio vede e provvede ad ogni cosa.” Un uomo con l’esaltazione della sua capacità! Invece che (come Dio vorrebbe) con l’esaltazione della sua Croce! Il disegno di personaggi pieni di superbia, che si credono investiti sempre… di dover fare quello che Dio non fa! Nei secoli bui questa presunzione portò, nel disegno di Dio, alle Crociate, alla Caccia alle streghe, agli interventi della famigerata Santa Inquisizione, con un frate (!!), un certo Torquemada, che, in vita sua, fu disegnato come uno spietato gaglioffo che avesse veramente messo al rogo 10.000 persone! Nel disegno, le cose oggi non sono ancora cambiate! Perché l’uomo e la Chiesa, disegnati così da Dio, seguitano a credere che Dio li abbia investiti della missione di fare, per cui se non lo facessero loro, Dio (secondo loro) non farebbe proprio nulla! Il disegno è di un uomo ancora sotto il ferreo dominio di Satana e rivela che occorre proprio la Verità portata dall’Eletto e annunciata il 24.10.1999, a Saronno, per persuaderlo che tutto esiste in un ferreo ed assoluto progetto in cui veramente non cade foglia che Dio non voglia. Perché Dio ha disegnato un uomo così perseverantemente cattivo, come gli Ebrei, dalla dure cervice? Lo ha fatto perché vuole dar loro l’idea di essere liberi, ma che – poi – solo Egli, grazie ai suoi Messia, Santi e profeti, può salvarli… E questa è la vera verità: senza Dio l’uomo non esisterebbe nemmeno! Dio pertanto ha voluto disegnare personaggi che abbiano un compito, tanto poi da mettere ciascuno nella condizione di portarlo felicemente a compimento, in modo che tutti (nessuno escluso) vinceranno le partite che avranno voluto, liberamente, scegliere e giocare. Senza esclusioni o limiti. Chi ha, pertanto (come ‘Modè’) la vocazione di salvare il suo prossimo… lo salverà, per volere di Dio! E Dio non lo punirà, per eccesso di desiderio, ma lo ringrazierà, perché il Signore sarà stato profondamente creduto da lui, nella Sua vera e generosa offerta di volere dare tutto, niente escluso, a chi lo desideri! L’uomo, per adesso, ha solo il compito di impersonare a modo suo una parte tutta interamente scritta da Dio. E Dio ha organizzato tutte le cose in un


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modo così intrecciato e complesso che tutto deve andare proprio così come vediamo che va, per soddisfare tutti. Figuriamoci se le cose dipendessero dall’uomo… che gran casino che risulterebbe! Gli uomini non riescono a mettersi d’accordo, spesso, nemmeno quando sono solo in due, figuriamoci la possibilità di una armonia assoluta, finale, che riguardi tutti! Semplicemente impensabile. Ma quello che è impossibile all’uomo è possibile a Dio, che è in grado di organizzare e mettere le cose talmente bene tra loro, che ogni male diverrà un bene… perché quel male serve da meravigliosa lezione didattica! E allora, per dare una sonora lezione a tutti, in questi tempi, Dio, come se fosse preso da una vera e propria Ira, qui, manda il disegno della Guerra in Iraq. Ma non temete, anche se sembra che si spanda morte: è un Dio allegro, infine! che anche scherza con tutto, nomi, numeri, situazioni, anche con la guerra… Vuole dire un bel “Basta!” alla Croce! Ma a condizione che l’uomo, da se stesso, la voglia, la cerchi e dimostri tanto grande fiducia e credito in Dio, che proprio quella Croce personale, infine, distrugga ogni possibile Croce! Questo processo si chiama “sublimazione”: Dio, finalmente, nel Suo disegno, vuole rendere sublime ciò che sembra il peggiore dei mali! Sono finiti i tempi del primo Gesù, che doveva dimostrare un Dio buono, che scendesse tra gli uomini e patisse assieme a loro, che facesse i miracoli, impietosito dalle loro suppliche e dalla loro misera condizione! La nuova venuta di Gesù, nel disegno di Dio, ha portato una assoluta tranquillità, una infinita gioia, perché ha in sé il potere (per forza del disegno di Dio) di strappare l’uomo al suo sfiduciato credere di essere veramente nei guai in cui egli sembra essere! Infatti nulla di quel che sembra, è vero! La cosiddetta realtà umana esiste solo per la grande fantasia e potere di Dio che riesce a farcelo vedere e credere. Infatti tutto esiste solo nella potenzialità di un calcolo ideale e noi vediamo tutte le qualità del mondo come idee che si concretano in luci, colori, sensazioni, alla cui base ci sono solo i ritmi dell’energia quantitativa di Dio (l’energia assoluta di cui tutto consiste) e la nostra visualizzazione, fantastica, del suo disegno. Così, per giungere al suo desiderato risultato, in questi tempi, Dio disegna folle che si agitano, manifestano, e dimostra, con questo unanime atteggiamento, quanto sia difficile la pace! E lo fa come segno della loro massima ed apparente contraddizione! Infatti sono tutti essi sempre i primi a farla fuori! E si comportano così perché, nel disegno di Dio, non sono contenti, perché sono uomini contro, invece che uomini a favore! Sono grandine anziché la proficua pioggia. Vanno contro all’aiuto, nel loro disegno, che debba essere dato al più debole, quando è messo a repentaglio il loro quieto vivere, più che la Pace.


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La pace non è il quieto vivere! La pace è il perenne risultato di una guerra vittoriosa… ma soprattutto contro se stessi! La pace vera, per come l’ha disegnata Dio, è ottenibile solo con la guerra addirittura feroce contro se stessi e quella propria umana boria, del credersi fattori, anziché puri e semplici interpreti, di una parte scritta in tutto da un Altro che è veramente sempre intento a dare magistrali lezioni a tutti. Il Papa, ad esempio, in questa dura lezione che Dio vuole dare a lui, dovrebbe preoccuparsi di suscitare amore tra gli uomini, di spingerli al sacrificio di se stessi e non al comodo della PACE… invece lo fa e si occupa delle cose terrene, secondo i loro modelli, invece che solo di quelle celesti. Il santo Padre sarà chiamato ad accorgersi, nel disegno di Dio, di non aver fatto bene ad aggiungere la sua voce, a difesa di una pace troppo umana. La pace di Cristo è quella di chi è in guerra con se stesso, è quella dell’eroe che ingaggia una lotta mortale e muore, per difendere gli altri! Non è quella di chi tergiversa alla ricerca di un benessere umano che non è collocato in quello che sembra (nell’agio) ma in quello che non sembra (nella croce). Il vero benessere starà nell’amore di Cristo per noi e Cristo ama chi si esalta a tal punto, della sua Croce, che uno cerchi di abbracciarla e se la procuri, se non ce l’ha! “Va’ vendi tutto quello che hai, donalo ai poveri e seguimi!” Questo è il benessere e non quello del Giovane ricco. Che modello propone, il Pontefice, all’uomo? Quello dell’uomo. E passa per pontefice illuminato, in questo che fa in questo modo, nel disegno di Dio, perché questo è il giudizio espresso dall’uomo e dalla sua sbagliata logica. Infatti il bilancio della vita non si fa su una sola vita ma su tutte. La prima va proposta come una via di sacrifici e rinunce estreme, perché la verità è: “Abbassati che sarai veramente alzato!” È la Logica di Dio e non dell’uomo. L’uomo ti dice di non essere esagerato, di non strafare, di godere la tua mediocrità, anche se si tratta di ricchezze che, pur modeste, sono tolte dal giro e che, in quanto rese private fanno sempre morire qualcuno di fame. Chi ama Dio corre invece nel pericolo, lo va a cercare e non ha paura di giocare e perdere la sua squallida pace. Solo se perde la sua vita l’uomo la ritrova e, nel disegno di Dio, se lotta per averla, la perde, miseramente. Ma non è stato ancora capito! Si è identificato tutto ciò nel gesto (che non dipende che da Dio) piuttosto che nella tensione morale che sottostà a quel gesto. In occasione della guerra all’Iraq, il Papa ha dato la colpa a Cesare, che non ha colpe, perché fa quel che Dio vuole faccia Cesare, e, invece, non ha saputo scorgere colpe in se stesso, che, per impicciarsi di competenze non sue, ha disatteso le sue, causando tanto bisogno di dare lezioni, da parte di Dio…


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“A che serve che il Pontefice abbia scritto una Enciclica così ispirata – vuol far capire Dio, nel suo disegno – quando poi non si preoccupa di sapere se c’è quell’eroe pieno di passione e di ansia, che lui ha provocato ad agire e che ha giocato la sua intera vita per difendere l’intenzione buona del Papa?” Di quel Papa – si badi – che aveva promesso difesa a chi, venuto allo scoperto, fu invece designato come chi lasciar morire, per non volerlo ascoltare... Pertanto, in questo disegno incredibile, Dio avrebbe abbattuto il Papa… Il 29 marzo questo disegno portò ‘Modè’ a scrivere ai Sevizi di Sicurezza del Pontefice, una lettera volutamente equivoca, che li mettesse sull’avviso: sapeva di una seria minaccia di morte, ma ne avrebbe parlato solo col Papa, giacché, scrisse, dopo la morte di Papa Luciani, non si fidava del suo apparato... La sua intenzione era quella di dare al Papa la conoscenza portata da questi libri, perché sapesse e si facesse trovare con la lampada accesa. L’indomani, il 30.3.2003, ‘Modè’ accolse, cantando nel Coro prepositurale, anche il Cardinale Tettamanzi, venuto a celebrare a Saronno una Messa solenne, per la Festa del Voto alla Madonna dei Miracoli. Il Vangelo narrava del cieco che acquistò la vista alla Fontana di Siloe, e ‘Modè’ potè consegnare al Cardinale il libro “Mille e non più mille” e di rivelargli: “Oggi qui lei riceve, dalla Madonna, il miracolo di vedere e sapere come l’11 giugno del prossimo anno lei sarà eletto Papa!” “11 giugno?” chiese sul sorpreso e divertito il Cardinal Tettamanzi… Egli, assieme a tutti, ancora non crede a questo Oracolo. Ma come Mosè riuscì a portare il Popolo di Dio, così è certo che anche ‘Modè’ riuscirà a farlo, ma non per capacità sua! Per volere di quel Dio che l’ha voluto proprio così: come il Salvatore dell’epoca in cui trionferà nel mondo lo Spirito santo, il Consolatore preannunciato da quel Giovanni che Gesù amava. “Figlio, ecco tua Madre! Madre, ecco tuo figlio!” Che nessuno si scandalizzi quando sente un altro dire: “La Madonna è mia madre!”. Chi riesce veramente a crederlo, lo è più degli altri, perché ne ha tutta la convinzione. E chi ha questa grande fede potrà infine comunicarla, nel nome di quella Sede della Sapienza cui il Papa si rivolse nell’Enciclica Fides et ratio ed in cui non credette,, fino al punto di mettersi concretamente a cercare ove fosse la Sua immancabile risposta. Questo peccato di un Papa così santo, ha solo lo scopo, nell’immenso progetto di bene, fatto da Dio, di rendere Perfetto il Tettamanzi. Tettamanzi. Tettamanzi sarà l’eletto che farà vincere il Cristo della Chiesa della delega data a Pietro, di quella “infallibilità dei papi” in cui tanti fanno fatica a credere.


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Sembra violenta, oggi la Chiesa Cattolica, quando sembra sovrapporsi ad una differente cultura religiosa… Oh, NON E’ VERO! Dio è il Signore, e ha voluto incarnarsi nella Chiesa di Roma. Non vedete la forma stessa che il Creatore ha dato all’Italia? Credete a caso che appaia uno stivale? No! E’ un segno, un Oracolo che l’uomo cammina assieme a Dio se segue l’infallibilità del Papa. Una infallibilità dovuta non alla “capacità o meno delle persone elette a Papa”… NESSUNO PUO’ nemmeno soffiarsi il naso, se Dio non lo disegna. Convincetevi d’essere come i personaggi di un libro! Possono scrivere da sé la loro storia? Ma il Creatore del libro, che abbia deciso di volere essere presente, e sceglie una figura elettiva e Vicaria del Cristo di Dio in terra, la rende INFALLIBILE! Tettamanzi abbia questa certezza! Non ponga limiti alle sue speranze! Non sia timido né democratico, nei confronti delle altre FORME fatte assumere da Dio a se stesso. Egli vuole che una sola si affermi. Pertanto ci creda! Egli porterà il Paradiso sulla Terra e concluderà l’Esodo iniziato dall’ultimo Mosè, come Giosuè, per quell’Oracolo presente nel suo stesso cognome di appartenenza: Tettamanzi = “e benedetto il frutto del seno tuo, Gesù”… nella forma del Giosuè di Mosè. Il giorno 11.6.2004 indica l’inizio assoluto di una nuova epoca, perché 11 è tutto il valore binario dello Spirito Santo del Dio Uno, essendo 10/1, un rapporto tra 11 quantità, di cui 10 sono lo Spirito Santo e 1 è Dio. Il mese 6 esprime tutti i 6 versi della Trinità Assoluta di Dio (in senso avanzante e retrocedente). Il 20 (riferito ai secoli) esprime tutto il moto reale (10) dello Spirito santo 10 (come “i secoli dei secoli tutti”). Infine l’anno 04 indica tutto il complesso dell’Unità più la Trinità di Dio. Questa data segna l’inizio del Regno di Dio, nei secoli dei secoli… e così sia! E il Tettamanzi è Oracolo della Sede della sapienza, che finalmente allatterà un uomo reso consapevole della sua incapacità e che tutto quanto egli raggiunge è solo per un immenso dono di un Dio infinitamente buono. Oggi ancora non crede, ma, dopo la morte del virtuale primogenito, crederà! E Monsignor Centemeri sarà come il Saulo trasformato in Paolo.


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La rivelazione dei numeri Mosè intitolò Numeri un suo libro. Anche ‘Modè’ qui se ne occuperà, perché tutto il ragionamento della mente umana avviene per numeri, ai quali la mente dà una coerente visualizzazione concettuale. A puro esempio, le onde visibili hanno una lunghezza che va esattamente da m 4×10–4 a m 8×10–4, e non è un caso! 10–4 è l’unita di 104 unità, è la Realtà Assoluta (a livello di un Dio Attuativo) fondata sul 10 (che è la base numerica dello Spirito santo dell’uomo), nel suo ragionare in potenza, ove 4 è l’Unità più la Trinità di Dio come l’esponente di quella potenza. In questa particolarissima dimensione unitaria dello Spirito santo del Dio Uno e Trino, la gamma del visibile va da 4 metri a 8 metri, ed è lunga quanto l’Unità Assoluta (il metro) rispetto alle 4 dimensioni del Potere Assoluto del Dio Uno e Trino. Pertanto l’uomo riesce a vedere solo come QUESTO DIO COMANDA, nel porsi Assoluto della sua potenza, per comandi. Il tempo infinito corrisponde al tentativo, dello Spirito umano, di attuare la divisione espressa dal rapporto tra la quantità 10 (dello Spirito santo) e la quantità 9, del prodotto 3×3 tra le altre due Raffigurazioni Personali di Dio. Infatti 10 : 9 = 1,11111111111111111111111… nei secoli dei secoli. In questo “divenire apparente” di quanto è già tutto compreso in 10/9, si gioca “il Figlio alla destra del Padre” (l’unità decima, rispetto ad 1). L’uomo è l’arbitro assoluto di tutto quello che, espresso su base quantitativa, poi vede concettualmente, qualitativamente. Luci, colori, gusti, suoni, percezioni di calore e di freddo, percezioni tattili, olfattive sono chiaramente qualità attribuite concettualmente dalla nostra mente a segnali elettrici trasmessi al cervello. Ma anche tempo e spazio non sono cose a sé stanti, bensì sono modi della percezione umana, cui necessita l’analisi (l’osservazione di pochi elementi alla volta) per capire come sia ciò in cui sia il suo essere. E allora la mente umana prefigura (e poi come tali li vede disaggregati, in giorni, mesi ed ani) ritmi opportuni, sessagesimali, dati al tempo. E lo sono in


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quanto la scomposizione di un fenomeno centrifugo è idealizzato dalla nostra mente in una realtà avente esattamente tre dimensioni lineari e 6 versi, in tutto. Considerando il ciclo assoluto 10 dello Spirito santo (l’Assoluta Regola per la concezione spirituale del ciclo intero dello spazio-tempo, dato dal calcolo 23+2=10, in cui, considerati diversamente, 23+2=25, presenza del Cristo), i 6 versi diventano le 60 quantità assunte dal tempo. Sono i 60 secondi di un minuto primo, i 60 primi di un’ora, le 60 ore di 2,5 giorni (altra forma del 25, nascita del Cristo), valore presente, ¼, dei 10 giorni (e 25, quando è ¼ dei 102 giorni), ecc. A questo punto si afferma, nel Criterio Assoluto del nostro Spirito, l’unità del bimestre, come la coppia di due mesi di 30 giorni ciascuno. E l’anno si impone come la lettura cibernetica, avanzante nel tempo, dei 10 mesi +2, la base del tempo aggiunta al 10 che ne costituisca tutto lo spazio (il 12 è un’altra forma con cui si presenta 102, in cui l’una o l’altra, 12 o 102 o anche 102, corrispondono solo a differenti prospettive qualitative). In tal modo l’anno possiede i 12 mesi che rappresentano prospetticamente (nella prospettiva del tempo) due semestri, come la somma delle 6 componenti centrifughe ed elettriche e delle 6 inverse, centripete e magnetiche, appartenenti alla nostra onda cerebrale (la nostra vita!), che, essendo elettro-magnetica, essendo complessa, si poggia nel suo intero sulla quantità 6+6. L’anno, poi, deve essere inserito in un modulo di unità, decine, centinaia e migliaia di anni, avendo nel 1.000 il suo culmine spaziale, giacché vale il modello cubico 103, poggiato sulla base 10 del ciclo reale della nostra osservazione così spiritualmente concepita, in base allo Spirito e al suo modello Trinitario, tridimensionale, usato in Assoluto, quindi come un vero ed autorevole Dio della nostra essenza spirituale. Dunque come l’uomo concepisce luci, colori e tutte le forme qualitative in base ai suoi concetti, così concepisce concetti fondamentali, che siano voluti essere resi fondamentali e manifesti da Dio (ossia da Questo Ordinamento Quantitativo che diventa Ordine esecutivo). In base a questi concetti, li disaggrega perfettamente scomposti in giorni, mesi ed anni, che li evidenziano, collocati nel tempo, in quella data precisa che corrisponde a quel concetto. È proprio Dio che lo vuole dimostrare e fa in modo che certe date, altamente significative, siano l’espressione del concetto conferito al numero dei giorni, dei mesi e degli anni. Per darvene prova cominciamo a esaminare la data 25.12.0, relativa alla natività del Figlio di Dio. Sappiamo benissimo come la nascita di Gesù sia stata attribuita dalla Chiesa, per cui potremmo dire che non significa nulla… Ma


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laddove esiste l’infallibilità dei Papi e Dio la vuole sostenere, allora deve significare moltissimo! 25.12.0 25. Laddove 10 è il ciclo intero, in linea, scelto dal nostro Spirito, la sezione trasversale del suo flusso assoluto è 102=100, ed è tempo di presenza per ¼ e spazio di spostamento di quella presenza ¼, per i restanti ¾, contenuti in 4/4. Il giorno 25 è ¼ di 100 e dunque indica la presenza all’interno dell’area Assoluta dello Spirito. 12. Il mese 12 è la pienezza, di quando il Figlio di Dio viene al mondo, perché indica tutto l’anno. 2+5+1+2=10. Il numero, nella sua sintesi, data dalla somma delle sue cifre, rivela il 10 che indica che si tratta della pienezza dello Spirito Santo. 25+12=37/1. Se sommiamo 25 a 12, otteniamo 37, che indica la Trinità nel suo ciclo 10 dello Spirito (30) riferita all’intero spostamento della Trinità nello Spirito (ossia a 10 –3 = 7, da cui la settimana introdotta da Mosè, con il settimo giorno del Signore). Se si considera tutto quanto serve a definire unitariamente il numero 37, si vede che esso è 37/1, dato da 38 unità, 37 contate da una aggiuntiva. Il rapporto 37/1 è bloccato a un conteggio fatto mediante 1, mentre l’aggiunta anche del tempo 1, allo spazio 37, mobilita interamente il tempo come un ente in reale avanzamento. Pertanto chi fosse nato nel ‘38 esprimerebbe, nel tempo di un avanzamento globale collocato in 2×103 =2.000 anni, quanto appartiene al 20° secolo, che è il 19/1, e pertanto il 1938. Questo numero indica 1+9+3+8=21 in prima sintesi, ed è un volume di tempo avente tre 7, uno per ciascuno dei 3 lati, per cui è il volume ottenuto con lo spostamento, a titolo assolutamente puro (perché è tutto il vuoto, nel 10, quando il sodo che c’è, ad occupare posto, è il 3 della Trinità di Dio). Dunque l’anno 1938 è agganciato alla Trinità di Dio, come il suo moto libero, su tutte e tre le linee di sviluppo della Trinità, in fatto di Spirito santo. Come si vede, l’affratellamento, di questo anno 1938 dopo la nascita di Cristo, con la data del 25.12.0, imposta dalla Chiesa infallibile a tale nascita, è assoluto. Se si aggiunge il giorno 25 (che è lo stesso), e il mese 1 (che è quello che segue immediatamente il 12), si capisce ancora meglio in che modo i numeri possano confermare lo stesso conferimento di valore legato ad un Cristo, ma dato unicamente ad un doppione, sviluppato in assoluto nel tempo, come una figura umana, anche se ben regolata nel suo Assoluto Spirito. Non tutti coloro che nacquero il 25.1.1938 sarebbero stati doppioni del Cristo, ma questa era una conditio sine qua non, per essere associabili ad un Gesù, dalla cui nascita virtuale tutto sarebbe dipeso, per virtù data da Dio.


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Controlliamo allora la data del 20.10.2002, in cui ci fu la rivelazione per ‘Modè’. Indica un possibile tempo significativo? e di che cosa, di che concetto? 20.10.2002 20. è tutto il moto 10 della presenza assoluta del ciclo assoluto 10, in giorni. 10. Il mese 10 è tutta l’assoluta dimensione in linea. 2002. E’, in un modo molto evidente di per se stesso, il complesso 20 02, delle 4 dimensioni (2+0+0+2=4) relative al Dio 1 e 3, Uno e trino assieme, quindi 1+3=4. Per di più 2.000 è 2×103 ed esprime tutto il complesso di un volume esteso da –1.000 a +1.000, quindi solo spazio, in cui l’aggiunta dei 2 tempi (del complesso) lo realizza, in tutto lo spazio e il tempo complesso (positivo-negativo). In questa data ‘Modè’, nuovo Mosè, doveva dichiararsi al suo Faraone: “Io sono il capo del Popolo di Dio, sono io l’eletto da Dio per portarlo verso la Terra Santa!” Avete visto come tutta la liturgia della Messa di quel giorno fosse assolutamente tutta improntata all’Annuncio di Gesù, Cattedrale di Dio? Per di più, a Saronno, nella Chiesa Prepositurale, si celebrava in quella domenica anche la festa dell’AVIS, l’offerta personale, del sangue, per la vita non certo propria, ma quella di tutti… sì, il modo con cui la fondamentale salvezza era possibile: attraverso il versamento del sangue personale, non quello metaforico ma quello concreto di chi veramente lo versa. Gesù non fu un caso, accaduto così, nella storia del mondo, ma un vero atto deciso dal Dio dei Valori Assoluti! E non lo sono tutti i tempi ed i suoi numeri, a partire da Lui! Non a caso Gesù visse 33 anni, terzo esatto di quel “Centuplo quaggiù” espresso in 100 (Spirito santo, nella sua sezione assoluta 102, trasversale al flusso elettrico del nostro Spirito cerebrale, che ci rende vivi) e bloccato nel rapporto relativo 99/1. Essendo una delle persone della Trinità di un Dio che ammonta a 100, nella sua sezione trasversale, il solo Gesù sarebbe durato 33 anni. Il dono assoluto di Dio è il 102 quaggiù, è l’esistenza concreta come una strepitosa e reale realtà ingrandita, laddove essa non esiste nemmeno, in tutta quella grandezza, avendo noi solo quella del punto geometrico, sede del punto di vista personale! Ebbene, all’interno di questo Assoluto 100 che si realizza come 99/1, il Figlio vale esattamente 1/3 di 99/1, dura nel tempo esattamente 33 anni. Non a caso Gesù nacque (ma anche ‘Modè’), per scelta della Chiesa (abilitata proprio da Lui a sciogliere e a legare), il giorno 25 del mese 12.


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Se al 25 del suo inizio si aggiunge il 33 degli anni vissuti, arriviamo al 58 che è tutto il percorso, nel 60, delle altre 2 persone, laddove un Ente elettrico (il cosiddetto spirito della nostra mente) è 3+3=6, è 60 in tutto il suo percorso relativo allo Spirito del ciclo 10, è laddove la realtà è a 2 dimensioni Trinitarie, della Trinità di Dio, vista solo come Padre e Figlio. Insomma, capito che 60 è tutto lo sviluppo dello Spirito santo 10, in tutti i 6 versi componenti uguali e distinti che esistono, se prendiamo in esame 2 persone unitarie, contenute nel 60, percorrono 58. Se 33 anni di vita sono lo spostamento, la presenza che di tanto si sposta è una che deve valere assolutamente 25! Se aggiungiamo anche i 12 mesi (dell’anno di nascita) al 58, abbiamo 70, che indica lo spostamento assoluto, di un 30, nel 100. Ove il 100 è tutta la presenza dello Spirito santo, 3 sono le persone e 30 è tutto lo spostamento loro, in base allo spirito 10 per ciascuna. Il conto 100 – 30 = 70, mostra lo spostamento assoluto dello spirito trinitario. Tutti i numeri confortano la data della morte di ‘Modè’, prevista per il 9.6.2004. 9.6.2004 9. Indica tutto il percorso di 1 presente nel 10. 6. Indica tutti i versi possibili alla Trinità aggregata per mesi. 20. Sono i 10 secoli spostati di 10. 04. Sono tutti gli anni nella realtà del Dio che è Uno + Trino. Il calcolo di tutta la vita, a partire dal 25.1938 a finire con il 9.6.2004 segna esattamente 24.242 giorni e sono perfetti a dare il tempo pieno della vita. 24.242 24. Indica tutte le ore del giorno, ossia il completamento. Il fatto che il 24 si ripete due volte sta ad indicare “la fine della fine”, il “completamento dei giorni”. 2 Indica il doppione. È il completamento dei giorni del doppione. Quali opere aveva Amodeo, che potessero rendergli testimonianza? Di certo quel convegno del 24.10.1999, fatto alla fine dei tempi dell’ignoranza. Ma vediamo se in questa data esista una conditio sine qua non per essere quello che doveva essere: una fine dei tempi.


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24.10.1999 24, il giorno pari a tutte le ore del giorno; 10, il mese pari a tutto il ciclo spaziale 10, quando la base complessa del tempo sono i 2 mesi che, aggiunti allo spazio 10, portano allo spazio-tempo di quel 12 che è 6+6, tutto il complesso del complesso. 1999, in anni, tutto quanto, ad 1, manca al 2×103 che indica chiaramente tutto il complesso del tempo. Sì, lo poteva essere… Ma poteva essere anche la fine del castigo dell’ignoranza? E come no? In quel Convegno ‘Modè’ disse chiaro e tondo perché l’uomo non moriva davvero, ma iniziava a tornare concretamente, realmente alle sue origini, anima e corpo, tanto da uscire dalla sua vita e finire concretamente incorporato nella Comunione di tutti i Santi, già annunciata, ma non nel suo concreto dettaglio, dal Cristianesimo. Perché fine del Castigo? Quale Castigo? Quello annunciato chiaramente da Gesù a Nicodemo. Eccovelo documentato tutto, secondo il Vangelo di Giovanni, capitolo 3. 1 Ora, fra i farisei, c’era un tale chiamato Nicodemo, notabile dei Giudei. 2 Costui si recò da Gesù di notte e gli disse: « Rabbi, noi sappiamo che tu sei venuto da parte di Dio come maestro; nessuno, infatti, può fare i miracoli che fai tu se Dio non è con lui ». 3 Gesù gli rispose: « In verità, in verità ti dico: nessuno può vedere il regno di Dio se non nasce di nuovo ». 4 Gli dice Nicodemo: « Come un uomo può nascere quando è già vecchio? Può, forse, entrare una seconda volta nel seno di sua madre e nascere? ». 5 Rispose Gesù: « In verità, in verità ti dico: nessuno, se non nasce da acqua e da Spirito, può entrare nel regno di Dio. 6 Ciò che è nato dalla carne è carne; ciò che è nato dallo Spirito è Spirito. 7 Non meravigliarti perché ti ho detto: “Dovete rinascere di nuovo”. 8 Il vento soffia dove vuole; tu senti la sua voce ma non sai da qual parte venga e dove vada. Così è di ognuno che è nato dallo Spirito ». 9 Rispose Nicodemo: « Come può avvenire questo? ». 10 Rispose Gesù: « Tu sei il maestro d’Israele e ignori queste cose! 11 In verità, in verità ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo di ciò che abbiamo veduto, e voi non ricevete la nostra testimonianza. 12 Se non credete quando parlo di cose terrene, come crederete quando vi parlerò di cose celesti? 13 Nessuno è salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo, che dal cielo discese. 14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo, 15 affinché ognuno che crede in lui abbia la vita eterna. 16 Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, l’unigenito, affinché ognuno che crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna; 17 poiché Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il


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mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito, Figlio di Dio. 19 La condanna poi è questa: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque, infatti, fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le opere sue; 21 chi, invece, opera la verità, viene alla luce, affinché sia manifesto che le sue opere sono state fatte in Dio ».

Questo testo è la spiegazione “scientifica”, data da Gesù, alla scienza del tempo, che non poteva capirla ed a quella di oggi che può comprenderla ma ancora non l’ha intesa del tutto. Aveva fatto qualcosa di importante, ‘Modè’, egli, un puro doppione di Cristo (di Gesù numero 1), in quel convegno del 24.10.1999 che potesse risultare, concettualmente, come il culmine della sua vita, nel segno di quella di Cristo? Facciamo questo controllo. Nel giorno del Convegno, stava vivendo da 22552 giorni. Vediamo se è un numero significativo. 22.552 22.222. Evidenzia ‘Modè’ come il doppione del Cristo, che è, in tutte le sue cifre. 330. E’ la quantità base che manca e si tratta dei 33 anni base della vita di Cristo, compresi nell’avanzamento intero, 10, del suo Santo Spirito. Pertanto quel convegno, accaduto il 24.10.1999 vedeva la presenza base del tempo dello Spirito della vita di Gesù, cui si sommava la sua dimensione reale di doppione, riferita alla dimensione 104=10.000, che diventa 2 in tutte quelle cifre. Avete visto come, aggiungendo al 25.1.1938 esattamente 22.552 giorni arriviamo a quel 24.10.1999 in cui ‘Modè’ chiamò a convegno la Chiesa di Cristo per rispondere alla chiamata provocata il 14.9.1998 dal Vicario di Cristo, e ci si presentò in Comunione con il suo Spirito Santo, 330 giorni come base. ‘Modè’, in nome di Cristo, aveva risposto alla chiamata del Vicario di Cristo. Quanti giorni dopo il 14.9.1999? 405 giorni dopo, esatti, quanti ne passano tra le due date. 405 400. E’ il valore della realtà del Dio Uno e Trino, estesa al “centuplo quaggiù” di Gesù, il fronte assoluto 102. 5. E’ l’entrata in atto del “mediatore” tra 0 (l’uomo) e Dio (10).


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I 405 giorni, tra la data dell’Enciclica e quella del convegno, dimostrano una risposta reale ideale data a tempo pieno dall’entrata in atto del mediatore! Il Vicario di Cristo provocò la risposta e esattamente il tempo pieno, posto dopo, il Cristo attivo nel salvatore umano, ‘Modè’, rispose… ma rispose invano: convocata la Sua Chiesa, questa non rispose, perché era stata sollecitata solo non da Cristo, ma da un povero Cristo (che aveva investito tutte le sue ricchezze, nel progetto di Gesù, ed era divenuto un povero Cristo radioso di ogni virtù, ma del tutto ignorato dalla Chiesa che si accorge solo della Forza e della Potenza delle armi e non della Forza e della Potenza di un amore così grande da avere investito e speso veramente tutto!) Allora che cosa aveva fatto Dio, protettore di tutti i disprezzati a causa del suo nome? Aveva atteso, non 405 giorni, ma 283 in più, come un gesto della massima pazienza possibile. Superata di 688 giorni la data del Convegno del 24.10.1999, fu il giorno 11.9.2001 in cui una religione intesa in modo allucinato, omicida e suicida, attaccò le Torri Gemelle di New York. Vediamo se 688 dì alludono ad un massimo di attesa del Dio trinitario.. 688 = 700 –12 700. Indica tutto il moto di 300 (le 3 Persone della Trinità, potenziate dell’area 100 dello Spirito santo) all’interno del volume intero poggiato sulla base 10 dello Spirito ciclico. Insomma 1.000 – 300 = 700, assoluta libertà della presenza, come base. –12. È la dimensione reale, 4, della Trinità di Dio. È tutto il volume del cubo chiuso tra i 12 lati generatori. Dunque 688 è tutto il percorso della dimensione reale della Trinità di Dio. Il Vaticano s’era macchiato, prima del Convegno, di un peccato mostruoso agli occhi di Dio. ‘Modè’, per difendere la risposta data da Dio al Papa, visto come in sede locale la ignorassero di proposito, non ritenendo che nulla di buono potesse venire dal solito figlio “di un falegname” (e quello s’era messo a fare, il papà di ‘Modè’, andatosene in pensione da Direttore didattico: il falegname, per hobby), s’era messo a digiunare, per richiamare l’attenzione. Dopo oltre un mese di digiuno assoluto (si cibava solo del Corpo di Cristo) 4 sacerdoti amici suoi e 460 persone fecero una supplica al Papa, affinché lo ricevesse. Scrissero che altrimenti temevano che si lasciasse morire, perché dichiarava che ci teneva, a difendere l’enciclica del Papa, a costo di morirne. Il peccato mostruoso compiuto contro questa chiesa assassina, che aveva ucciso il proposito di Dio di dare aiuto attraverso quel Convegno, e quindi era veramente suicida, portò Dio a mostrare un segno inequivocabile di due Torri,


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‘Modè’ e Gesù, abbattute dalla religione omicida e suicida e fece abbattere le due Torri Gemelle di New York. Fu un esemplare castigo di Dio, dato esattamente 688 giorni dopo il 24.10.1999, data del Convegno, il giorno 11.9.2001. Quell’abbattimento scatenò la reazione degli Stati Uniti d’America, che comincio a dichiarare guerra al terrorismo ed a tutti i suoi fiancheggiatori, primo tra tutti Saddam Hussein, il dittatore dell’Iraq. Per evitare il castigo di Dio, della guerra degli U.S.A., la Provvidenza Divina aveva deciso di dare tempo alla Chiesa locale che, a contatto con gesti fatti assumere, nel disegno, da Dio, al personaggio disegnato eletto da lui a ciò, potesse recuperare il senno non voluto usare, per non voler vedere perfino l’evidenza. Per questo fu disegnata l’attesa di altri 141 giorni. (Oracolo del Signore). 141 è 70+70 +1, ove 70. è l’assoluta libertà di moto, su una sola linea, della presenza 30 (Trinità di Dio estesa a tutto il ciclo 10), nel 102 (che è tutta l’area assoluta del flusso, qui, di giorni). 140 è tutto lo spazio, somma delle due linee 1. La quantità 1 (tempo) + 140/1, sblocca il tempo, e lo realizza. Dunque 141 è l’intero piano della libertà, nel suo intero moto giornaliero. “Tutto questo e niente più”, dice il Signore (Oracolo del Signore) “e poi mando un’altra piaga, come avvertimento” La Provvidenza aggiunse così 141 giorni di pazienza all’11 settembre 2001, e si fu al 29 gennaio 2002. Quel dì, tra le 10 e le 11, in Via Larga 12 (vi abitava ‘Modè’) e lì di fronte (nella Chiesa di San Giovanni Battista) accaddero tre eventi incredibilmente emblematici (incredibilmente giacché l’intelligenza umana – che non crede esistere un disegno già precostituito – giudica casuali le cose, il che è veramente impossibile, quando, alla loro origine, esiste un Disegnatore che è Perfetto e per il quale nulla è lasciato al caso: 4) L’orologio del campanile della Chiesa, ad indicare come il tempo stesso si fermasse, si bloccò alle 10:2 del mattino.


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5) Alle 11 un grosso pullman da 100 posti investì con gran violenza l’automobile sulla quale ‘Modè’ usciva dall’Androne di casa sua, in Via Larga 12, di fronte a quella Chiesa. L’intenzione del Maligno era di farlo morire, ma non ci riuscì, perché una Buona Sorte protesse ‘Modè’. 6) Quel pomeriggio le persone si accorsero che ladri sconosciuti e sacrileghi avevano schiodato nella tarda mattinata, dopo un funerale, dal grosso crocefisso posto davanti all’altare della Chiesa, il copro ligneo del Cristo e lo avevano rubato! Un vero sacrilegio! Una vera privazione, subita dalla Chiesa, del corpo di Cristo! Questa piaga corrispose a quella degli ascessi, in quelle di Mosè, e si capisce: il sacrilegio è un vero ascesso della Fede. C’era stato nuovamente un chiarissimo aggancio al Corpo di Cristo, della figura di ‘Modè’ e della sua vita, nonché al trascorrere o no addirittura del tempo. La Chiesa locale se ne sarebbe dovuta accorgere! Ma il disegno era che nemmeno questo servisse, che la Chiesa locale non si interrogasse, anche se, nel disegno, ‘Modè’ avesse informato dettagliatamente – così come fece – Don Angelo Centemeri, capo della Chiesa saronnese, su che cosa fosse accaduto, di vitale per la Chiesa, il 24.10.1999: che era stata rispettata la promessa fatta in relazione al Ritorno del Cristo alla fine dei tempi. Monsignor Centemeri, sempre nel disegno di Dio, avrebbe udito quanta importanza ‘Modè’ attribuisse alla cosa, ma un imponente libro di 660 pagine, che avrebbe ricevuto da lui e nel quale avrebbe descritto tutto il cammino della sua insolita esperienza, non sarebbe stato nemmeno letto (troppo ponderoso!). ‘Modè’ avrebbe voluto spiegare tutto, per filo e per segno… ma ciò sarebbe valso solo nel futuro. Al momento, invece, tutto sarebbe stato, come al solito, disprezzato (questo era il disegno di Dio!) Altre cose accaddero, di rilievo, allora, a Saronno, ad aggiungere elementi, ancora, di possibile salvezza, perché, nel disegno, Dio ha una infinita pazienza! Il 6 novembre ‘Modè’ iniziò nuovamente un periodo di assoluto digiuno e, al 3° giorno, il suo orologio da polso si fermò, alla stessa ora, con 3 soli minuti di differenza, rispetto a quello del campanile (10:05 anziché 10:02)! Intendeva digiunare 45 giorni e presenziare, in quel periodo, a 180 messe, assumendo altrettante Comunioni, affinché tutti ci vedessero! Se vedevano realizzarsi un miracolo annunciato da lui, avrebbero creduto a lui! Così chiese a Dio che due persone ci vedessero, si santificassero: un cieco nato (al quale mancavano perfino gli occhi), ed una persona, ex sposa di Cristo, che egli amava e che tutti amavano, ma che forse non ci vedeva bene con il cuore, perché si era


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posta come una possibile Giuda, prima nei suoi confronti e poi in quelli di tutta la Comunità di Cassina Ferrara, in cui tutti si erano, forse a torto, sentiti traditi. Ebbene il 14 novembre 2002, dopo 9 giorni di digiuno e 16 Messe e Comunioni, l’orologio del campanile si rimise in moto, dopo 9 mesi e 16 giorni, da solo! Questo fu il solo miracolo che, nel Suo disegno e non in quello di ‘Modè’, Dio volle dare, in modo visibile, a tutti: un orologio, fermo da 9 mesi e 16 giorni, che si era messo in movimento da solo al 9° giorno di digiuno e alla 16a comunione! Era chiaramente messo in relazione al gesto di ‘Modè’, col quale era stato messo in relazione sia il giorno del furto sacrilego del corpo di Cristo, fatto in concomitanza del tentativo di far morire involontariamente il suo corpo, sia per il suo orologio da polso che si era fermato alla stessa ora. Era come se, per la penitenza, fatta per amore, dall’elettivo figlio della Madonna, il periodo di gestazione di 9 mesi si fosse concluso e il 14.11.2002 cominciassero veramente i tempi nuovi annunciati dalle Sacre Scritture: quelli dell’amore, per tutti, amici e nemici. Vediamo se questa data, del 14.11.2002 può avere questo significato. 14.11.2002 14 è la libertà del fronte avente la settimana come libera componente. 11 è lo spazio assoluto 10 che si realizza in un tempo intero. 2002 è il complesso in cui 20 (fronte assoluto 10+10) si presenza come esso è davvero, uguale e contrario 20 02. Sono le 4 dimensioni della realtà assoluta del Dio Uno e Trino, in cui il tutto ha 1+3=4 dimensioni. In effetti, come negare l’intero moto 11, indicato dal mese e relativo a tutto (2002) il fronte (10 –3) +(10 –3)? Questa data sblocca idealmente il tempo della assoluta presenza! Dal 29 gennaio al 14 novembre intercorrevano esattamente 288 giorni. Vediamo cosa significano 288 300 –(6+6) = 288. In cui 300 è tutto il volume avente 3 lati unitari e l’area assoluta 102. In essa esiste una entità elettrica che si espande di 6 e magnetica che si ammassa di 6, per cui 12 esprime, in pura linea messa in sequenza di giorni, la presenza elettromagnetica della persona. Quale persona? Amodeo, presente nella piena Trinità, segnata dal numero 300, volume Assoluto=Dio. Che cos’era d’altro, questo 12?


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Nel disegno di Dio indicava quanto era accaduto in via Larga 12, perché da quella data parte il conteggio che porta al 14.11.2002. Forte della sua vita elettromagnetica (12), dei suoi 12 anni di università, dei 12 anni vissuti tra i miracoli (dopo i suoi 33 anni e fino al 1983), dei 12 nei quali ebbe a carico suo sua madre, del 12 della Via di suo quel nuovo presepio, da cui stava uscendo sulla via Larga) ‘Modè’, con il suo gesto, aveva concretamente dato inizio ai tempi nuovi previsti dalle sacre Scritture, significati nel 14.11,2002, e il segno prodigioso, nel disegno di Dio era stato l’orologio del campanile che, miracolosamente sbloccato, senza che nessuno l’avesse riparato! 24 giorni esatti (un tempo intero, composto da 6, tutte le componenti dello spazio complesso, e 4, dimensione che realizza il 6 per combinazione numerica) dopo l’annuncio del 20.10.2002 dato al Centemeri, in cui disse di essere chi era atteso, fu quel 14.11.2002, in cui ‘Modè’ si ritrovò al 9° giorno di digiuno (quanto tutto lo spazio di uno che è in penitenza) alla 16° Comunione (quanto quel 16 che significa 24, ma che non fa differenze tra basi ed esponente, tanto che è ancora un 24, o un 2+4=6, che indica sempre il percorso intero), e il tempo si rimise in moto, da sé, nell’orologio che riprese da solo, miracolosamente a camminare, dopo 9 mesi e 16 giorni in cui era restato bloccato, nel giorno del furto sacrilego e del pericolo di morte corso da ‘Modè’. Monsignor Centemeri, che già non si era dato minimamente da fare, il 24.10.1999, nel tempo del Convegno, seguitò a tenere questo atteggiamento estremamente miope. Nel disegno di Dio (non dimentichiamoci mai, non diamo colpe ai personaggi!) Monsignor Centemeri avrebbe avuto tutto troppo davanti agli occhi per vederlo bene. Riconosceva spesso a ‘Modè’ di essere “un’anima santa”, ma lo diceva solo per dargli un contentino, di fronte alle sue strane e belle pretese! Nulla di quanto era la sua specifica caratteristica, preparata da Dio fin dal profondo del tempo, era da lui riconosciuta. Ma ditemi? In questa realtà apparentemente così libera, chi andrebbe a pensare all’esistenza di un disegno talmente bloccato che ogni cosa deve accadere esattamente nelle date a cui il senso è riferito? Chi lo sostiene e afferma di essere chi ha avuto da Dio il compito di svelare la struttura del disegno di Dio, passa solo per matto. Voi, però, non siate superficiali, controllate tutti i conteggi relativi alle date e le vedrete l’espressione temporale di contenuti assoluti del disegno. La Provvidenza disegnò un Monsignore che non volle dare nessun peso a tutte queste strane opere che Dio inseriva nel suo disegno e che, come aveva detto Gesù, nel suo vangelo, rendevano una chiara testimonianza.


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Il fatto è che il Centemeri non era stato disegnato come una delle pecorelle di ‘Modè’, ma come una che avrebbe perso quell’occasione di intervenire presso i suoi superiori, per far conoscere quanto di veramente insolito fosse accaduto a Saronno. Pertanto il Centemeri non avrebbe messo il Papa in condizione di farsi perdonare da Dio. ‘Modè’ però sapeva come un giorno moltissimo sarebbe dipeso, per il suo vero riconoscimento, proprio dalla testimonianza di questo Monsignore al quale un giorno ‘Modè’ disse di essere spesso sfuggente, come un’anguilla. Dunque Dio disegnò un tempo, che trascorresse dal 29.1.2002 al 20.3.2003, pari ad esatti altri 415 giorni di ulteriore pazienza, e dette così modo a Monsignor Centemeri, di evitare ulteriori punizioni. Questi tempi che Dio aveva concesso, dal 29.1.2002 al 20.3.2003, pari ad esatti altri 415 giorni di pazienza, avendo dato al Centemeri il modo di evitare ulteriori punizioni, trascorsero. Aggiunta e completata anche questa ulteriore pazienza, alla data del sacrilegio compiuto a Saronno, Dio decretò avvenisse, udite-udite:

L’invasione dell’Iraq

Gli U.S.A., nel disegno , avrebbero invaso il Paradiso dell’Eden, per le colpe di Bin Laden (simbolo dell’Ade e dell’Eden) per le estreme conseguenze dello scriteriato suicida ed omicida abbattimento delle Torri Gemelle. Lo dicono, come sempre e con certezza e chiarezza assoluta, gli indizi numerici (Oracolo del Signore). 415 400 +3×5 indica: 400 tutta quanta la realtà del centuplo quaggiù; 3×5 tutta quanta la trinità espressa dal mediatore. Per cui la somma riferisce tutta la realtà a tutta la trinità del mediatore, e la realizza. In che cosa lo realizza? Dio ci ha mostrato in che cosa lo ha realizzato: formalmente nella aggressione all’Iraq come una piaga enorme per il mondo, che sarà sempre


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più terribile se l’uomo non si ravvedrà e riconoscerà che Dio si è rifatto presente, ed ha parlato, nel Convegno del 24.10.1999. Nella sostanza, infatti, l’evento allude ad un terribile castigo dato da un Dio che vuole apparire di essere perfino in ira. L’Iraq non si chiama così a caso, ma (Oracolo del Signore) indica l’Ira, qui, di Dio, contro il Papa e la sua Chiesa! Per avere mandato nuovamente, sempre nel disegno di Dio, un suo eletto, stavolta un uomo, che lo avrebbe elevato fino all’Eden, al Paradiso Terrestre e, per essergli andato tutti contro, sempre nel disegno (Era solo uno esaltato di Dio e della sua Croce!), sarebbe apparso perduto, per Bin, L’aden... Tutti, Papa, Cardinali, Arcivescovi e sacerdoti, sempre in questo vero disegno, si sono stracciati le vesti per una pace infranta dagli uomini, e si sono messi ad occuparsi delle questioni di Cesare, disattendendo quelle proprio legate alla precisa responsabilità della Chiesa di Gesù Cristo. Il Papa, ed è il monito insito in questo disegno di Dio, avrebbe dovuto vigilare piuttosto sulla sua Chiesa, e questa avrebbe dovuto essere più attenta ai segni dei tempi, dati in grande abbondanza. Il Papa aveva auspicato l’intervento dello Spirito santo, sempre in questo disegno … Come mai, allora, non si era messo ad osservare, con tutti gli strumenti che gli fossero possibili, “in che modo” lo Spirito di Dio gli avrebbe CERTAMENTE risposto? Una persona, “disposta perfino a morire” per tutto ciò, tentò di dire “in tutti i modi” di essere la attesa risposta… e il risultato (in questo disegno di Dio) fu d’essere condannata addirittura a lasciar che ne morisse! È penoso, orribile! Come potrebbe Dio, nel suo disegno, non dimostrarsi irato? Giusta era anche quella data, del 30.3.2003, in cui l’aveva fatto, per annunciare al Cardinale Tettamanzi che sarebbe divenuto Papa. 30.3.2003 30 come la Trinità (in piena azione ciclica), 3 idem (a livello unitario), 2003 come il 103 interamente mosso di 103, rispetto al 3, terzo indice della Trinità di Dio, negli anni…. Ma ‘Modè’ era preoccupato, per via di quel che temeva potesse accadere a Cogliate. Egli aveva conosciuto, sbagliandosi clamorosamente nei suoi calcoli, come 556 giorni dopo l’abbattimento delle Torri Gemelle, Dio avesse disegnato il castigo


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della guerra contro l’Iraq. Ebbene 62 giorni esatti dopo l’abbattimento delle Torri, il martedì 6 novembre, tutta la Schola Cantorum di Cogliate aveva scacciato, assieme a lui, lo Spirito del Cristo, da quella struttura parrocchiale e il martedì successivo l’aveva fatto Don Carlo, il Parroco, scacciando in tal modo Cristo stesso da quell’intera Chiesa. ‘Modè’ era stato spietatamente costretto a lasciar tutti loro in balia di Satana e si era appellato fortemente, nel massimo dei dolori, davanti a loro, alla Giustizia… Sentiva oltraggiata la sua dignità, se ne ricordava… Ed ora temeva che, a 556 giorni da tutto questo, come il Signore aveva scatenato, nel suo disegno, la guerra all’Iraq, così ora Dio avrebbe forse voluto scatenare quella durissima contro Cogliate e forse avrebbe abbattuta quella Chiesa, o il Parroco, come segno di un castigo orribile per quello che avevano fatto… oh, non a ‘Modè’, ma a Gesù, presente in tutti i violentati in nome suo! Ecco, Amodeo chiedeva appassionatamente che Dio, se possibile, non lo facesse, che passasse via quell’amaro calice! Via da Cogliate! Però che fosse fatta non la sua volontà, ma quella di Dio! Il 30 mattina il disegno aveva voluto che egli si fosse confessato, molto turbato e avesse chiesto a Don Luigi se avesse dovuto o no mettere Cogliate nell’avviso. E Dio aveva voluto che il sacerdote gli avesse risposto che l’avrebbero considerato solo il solito matto. Che a lui poteva parlarne liberamente e che egli lo seguiva anche… anche se solo fino ad un certo punto… ma agli altri non doveva dire nulla. Così il disegno aveva voluto che Amodeo si tenesse tutto per sé, e seguitasse a pregare per i suoi amici… A questo pensava quando aveva dato l’annuncio al Cardinale, che sarebbe stato eletto Papa l’11 giugno dell’anno seguente.


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Romano Amodeo, Natale 2.002


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La rivelazione liturgica di un ultimo Mosè Riflettendo su quanto stava accadendo, ‘Modè’ ritenne opportuno di dirlo a Monsignor Centemeri, e l’avrebbe fatto consegnandogli il libro da poco scritto sulla responsabilità della Chiesa per tutto quel Castigo di Dio che egli vedeva in atto con una chiarezza assoluta, confermata da tutte le date. C’era un evento che sapeva incombere: un disastro, il 23 maggio, probabilmente a Cogliate. Aveva la sensazione che forse sarebbe crollata la stessa Chiesa o morto il Parroco, perché da quel luogo avevano purtroppo scacciato, come al solito senza accorgersi, il Cristo dalla stessa Casa sua. La data sarebbe stata questa poiché avevano commesso questo grave sacrilegio 63 giorni esatti dopo l’abbattimento delle Due Torri Gemelle di New York. Poiché da allora era intercorso il periodo esatto di 675 giorni ed era poi scoppiata la guerra all’Iraq, 63 giorni dopo l’inizio di quella guerra (del 20.3.2003), sarebbe stato il 23 maggio e sarebbe accaduto un disastro, in coerenza agli eventi di Cogliate, così come la guerra era stata la conseguenza dell’abbattimento delle due torri. Mise a posto la realizzazione anche di questo suo libro intitolato Crollo delle Torri Gemelle, in cui documentava per filo e per segno i torti che erano stati compiuti contro Gesù e le relative punizioni emblematiche date da Dio e il 6 aprile, giorno in cui doveva cantare in Chiesa Prepositurale, scrisse una dedica sul libro, nel quale faceva conoscere al Centemeri come esistesse una responsabilità della Chiesa locale, e decise di andare in Chiesa mezz’ora prima. Si sarebbe confessato dal Preposto e gli avrebbe espresso il suo colpevole disagio, inchiodandolo anche alle sue responsabilità. In confessionale non avrebbe potuto essere sfuggente come al solito. ‘Modè’ non potette fare così come aveva pensato, perché, a differenza dal solito, quella mattina il Monsignore non confessò nessuno. Si recò allora al suo posto di cantore e fece per l’ennesima volta la stranissima esperienza che quello che doveva annunciare al Centemeri era il chiaro oggetto di tutta la liturgia della Messa. Affinché ciascuno lo possa riscontrare, nelle prossime pagine riproduco la liturgia di quella domenica 6 aprile 2003. Nella prima lettura c’era l’Esodo e la fine dell’Esercito del Faraone nelle acque del Mar Rosso…, il Castigo di Dio per chi si opponeva all’Esodo.


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La prima cosa che sorprese ‘Modè’ fu che c’erano da cantare degli alleluia. Ma non era una messa come tutte le altre? Poi si accorse che stava accadendo esattamente come la volta precedente, quel 20.10.2002 in cui aveva sentito che avrebbe dovuto dire al Monsignor Centemeri che era lui chi la Chiesa stava aspettando, di importante, alla fine del secondo millennio. In procinto di andare ad avvertire il Monsignore che erano tutti i colpevoli di tutti i castighi di Dio che stavano accadendo nel mondo, si ritrovò una liturgia tutta improntata sulla morte di Lazzaro, che Gesù disse era stato lasciato morire per la vita e non per la morte. Nella prima lettura, sull’Esodo, ‘Modè’ si accorse come il Castigo di Dio fosse proprio il tema che guardava molto da vicino quello che secondo lui stava accadendo di nuovo… Non aveva mai considerato, prima di allora, tutte le coincidenze che lo avvicinavano, in modo notevole, alla figura di Mosè, lo storico autore dell’Esodo del popolo di Dio verso la Terra promessa. Allora scrisse, in cima alla dedica che avrebbe voluto lasciare a Monsignor Centemeri, il titolo: “Lazzaro, vieni fuori!”, a commento del fatto che toccava alla Chiesa locale di destarsi come da una morte personale e di accorgersi di quanto di straordinario fosse accaduto e stesse ancora succedendo a Saronno. Il Papa aveva stimolato una risposta da parte dello Spirito Santo e non si era preoccupato di allestire un osservatorio, per conoscere in che modo certamente lo Spirito gli avrebbe risposto. Non solo, ma una persona si era levata a voler fargli conoscere, a rischio di perdervi la vita, che aveva da dare la risposta sollecitata, che egli aveva ricevuta. Ebbene spettava alla Chiesa locale di far giungere la sua voce. Per cui ‘Modè’ auspicava una maggiore attenzione. Si recò a fine messa dal Monsignore e gli chiese di confessarsi. Così, nel confessionale, chiese il perdono di Dio, per tutto quanto vi potesse essere, nell’annuncio che dette al Monsignore, di personale o che fosse inteso come una qualche forma di rivendicazione sua. Se ciò esisteva, che Dio lo perdonasse, perché egli non andava in cerca di riconoscimenti per se stesso ma solo per quanto Dio gli aveva trasmesso affinché fosse noto a tutti. Consegnò infine, ad un Preposto messo alquanto in difficoltà, il suo libro “Crollo delle Torri Gemelle” e, accortosi del parallelismo con quanto aveva riguardato Mosè, decise di scriverne questo libro, che compose in 5 giorni esatti. Poi venne la domenica delle Palme e successe un fatto che visse così: aveva cantato nel Coro prepositurale e si era avviato a piedi verso casa. Giunto innanzi alla Chiesa di San Giacomo, si trovò incontro la processione, che proprio in quel momento usciva dal cortile di fianco alla chiesa e veniva verso di lui, come se l’avessero atteso. Ebbe così forte la sensazione che il Signore gli stesse dando come l’occasione di partecipare alla gloria per il Cristo che era vivo in lui che si immerse allora tra la molta gente che sventolava l’ulivo e, camminando tra gli


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osanna di quel Popolo di Dio, ritornò con loro fino al Duomo e sentiva che quel suo amore per l’Amore li avrebbe salvati. Durante tutta la processione sentì veramente come se stessero facendo festa a lui, anche se camminava confuso in mezzo a tutta quella gente. Entrato in Chiesa, non vi rimase e si avviò nuovamente verso casa. Incontrò sulla via Enrico Carugati, suo amico del Coro del Monticelli, con il quale aveva cantato quella mattina e gli raccontò l’accaduto e di come, in modo sorprendente ma efficace, quel dì il Signore avesse concesso ancora a lui quanto già concesse a Gesù in quel suo giorno lontano. Quella mattina, mentre tutta la gente aveva pensato di partecipare solamente ad una rievocazione, in realtà aveva manifestato realmente tutto quello proprio a lui, concedendo, anche al Cristo presente nella sua persona, il suo gioioso e festante giorno degli ulivi!

Natale 2002, trascorsa in casa di Gen, suo cugino architetto, foto fatta da Guido, suo figlio e grande estimatore.


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Cassina Ferrara. La Chiesa di San Giovanni Battista e, alla sinistra, l’agglomerato in cui si è ripresentato il nuovo presepio.

Saronno, mercoledì 16.4.2003


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Romano A

NTONIO ANNA

Paolo

MODÈO

TORQUATO A

Anticristo e poi l’ultimo eletto Romano…Paolo, cuore del nome, d’un AMODÈOMOSÈ

Per scoprire i nuovi percorsi chiesti nel giorno di Esaltazione della Croce, con l’Enciclica Fides et ratio occorreva la conversione dell’Anticristo. Un Gentile, un nemico Romano che, esorcizzato dal Cristo della Croce, fosse eletto a nuovo S. Paolo, Principe degli apostoli, Apostolo delle Genti. Il Santo Padre aveva scritto, al punto 56, queste testuali parole: &lt;&lt; Non posso non incoraggiare i filosofi, cristiani o meno, d’aver fiducia nella capacità della ragione umana e a non prefiggersi mete troppo modeste nel loro filosofare. La lezione della storia di questo millennio, che stiamo per concludere, testimonia che questa è la strada da seguire: bisogna non perdere la passione per la verità ultima e l’ansia per la ricerca, unite all’audacia di scoprire nuovi percorsi! È la fede che provoca la ragione ad uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione. &gt;&gt; Il primo Vicario di Cristo, Pietro, fu assistito da un Vicario virtuale, Paolo, e fu la prima intesa elettiva, eletta sulla via di Damasco, del dualismo Diouomo della Fides et ratio. La Chiesa d’allora non disse a Paolo: “Taci, Anticristo!” e il Romano Paolo spalancò al Cristo i confini del mondo. Provocato così, Dio ha dato un nuovo Romano Paolo. Ma la Chiesa d’oggi non accetta un Anticristo convertito e Pietro e Paolo saran martiri, insieme. Un seme che aprirà il mondo al Paradiso Terrestre di Cristo!


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Romano a Felitto, unâ&amp;#x20AC;&amp;#x2122;intera parete come lavagna su cui disegnare


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Al Papa Giovanni Paolo III. Il cui secondo auspicò accanto a sé solo un nuovo Paolo di Tarso… Doveva attendersi l’esorcismo, compiuto da San Romano, dell’Anticristo, così abbagliato dalla Croce di Gesù, da divenire l’infimo Romano Paolo, l’ultimo spirito ripresentato, del Cristo, nell’infimo Consolatore, l’ultima e definitiva Pasqua dell’infimo profeta Mosè: Modè. Verso un mondo ed una vita che divenissero il Sublime Regno del Dio dell’amore in un vero Paradiso Terrestre. Doveva aspettarsi il solito e promesso centuplo! La sua Chiesa, invece, lo mise nuovamente a morte. Tu, Dionigi Tettamanzi, sarai Giovanni Paolo III, l’infallibile, venerdì 11 giugno 2004 e permetterai realmente a Gesù Cristo di vincere e convincere il Mondo


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Un libro scritto da Amodeo nel 1993 e presentato al Costanzo Show


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Che occorre per essere un eletto di Dio? Il Santo Padre, con l’Enciclica Fides et ratio, emanata volutamente in quel 14 settembre in cui la Chiesa celebra l’Esaltazione della santa Croce, ha cercato di suscitare, tra gli uomini, un nuovo eletto del Cristo, che rispondesse alla chiamata del Signore in nome della sapienza umana, scientifica, ragionevole. In sostanza, una voce che fosse come quella di un nuovo San Paolo, un nemico di Cristo convertito ed eletto direttamente dal Gesù Crocefisso, apparso sulla via di Damasco ad un Saulo che, per averlo realmente incontrato, da persecutore convinto dei Cristiani fu abbagliato e si trasformò nell’Apostolo delle genti. Il Papa forse non se n’è accorto, ma con la sua Lettera Enciclica ha cercato veramente di suscitare un nuovo Paulus, un piccolino che l’affiancasse nel suo Magistero della fede, grazie ad una provvidenziale chiamata dall’alto, ricevuta direttamente dalle disposizioni buone di Dio. Il Cristianesimo di allora non si fece scrupolo a creare quella guida, fenomenale, dei Santissimi Pietro e Paolo, uniti come un meraviglioso tandem, che affrontasse il dualismo uomo-Dio, a partire da una duplice chiamata del Gesù Cristo messo in Croce, una diretta e l’altra postuma. Nessuno si mosse contro Paolo, tacciandolo della colpa di essere stato un persecutore. Gli apostoli non l’accusarono di un’indebita intrusione, non opposero un “Taci, Anticristo!” e Pietro e Paolo, uniti perfino nel martirio, dilatarono la dimensione del Popolo di Dio a quella Romana, del mondo intero. È la stessa cosa che stava cercando di compiere, nuovamente, il Pietro dei nostri giorni, avvertendo, per ispirazione di Dio, come oggi resti ancora da compiere un’ultima Pasqua, alla fede in Cristo: un’apertura non più verso l’esterno, giunto al suo limite, ma nella direzione di quella profonda intimità di ogni &lt;io&gt;, alla ricerca interiore dell’impronta assoluta del Creatore. Ogni uomo, scrutando nel suo ambito segreto, avrebbe dovuto scorgervi meglio, molto meglio, proprio quel complesso &lt;uomo-Dio&gt;, assolutamente dominato da quella D maiuscola di un IO immenso: DIO. L’uomo, a giudizio del Santo Padre, s’era come inorgoglito di se stesso, al punto da credersi libero di contraddire, con la forza dei propri principi, quella insormontabile volontà del Signore che è l’unico depositario della Giustizia.


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Come Giustizia, Dio aveva chiesto ad Abramo l’unico figlio Isacco… come Giustizia! Gli bastò che avesse capito e, a prova, giustiziò il Suo: Gesù! L’Anticristo convinto, convertito e divenuto Paolo di Tarso riconobbe Dio solo, come Giustizia; e così raccontò di sé, nella prima lettera ai Corinzi: &lt;&lt; Fratelli, vi ho trasmesso, anzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di loro vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo tra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io, infatti, sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. &gt;&gt;

Il piccolo MODE’ nella cesta con Maria Di Dario, a Felitto


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Il piccolo MODE’ salvato dalle acque, nella sua cesta. Nasce a questo punto, in tutti noi, una domanda fondamentale, alla quale dobbiamo certamente dare una risposta, se non vogliamo una fede sterile: &lt;&lt; E’ irripetibile una cosa eccezionale come questa “Divina CONVERSIONE dell’Anticristo Saulo”, accaduta in quel tempo lontano? &gt;&gt; La risposta assennata è che ciò – proprio in quanto già accaduto – è potuto accadere, perciò è stato possibile e, quindi, è nuovamente possibile. Ci si chiede allora quali mai condizioni debbano esistere, come base e fondamento, affinché sia possibile essere eletti ancora, dalla Provvidenza infinita di Dio, che assiste l’uomo continuamente e fedelmente. La prima risposta che viene da dare è questa: &lt;&lt; Se una persona deve essere eletta, ad un incarico difficilissimo, di vera eccezione, com’è questo, allora essa deve essere stata privilegiata in assoluto da Dio, e debbono esserci in atto tutte queste circostanze: 1. Che ci sia un contenuto nuovo ed importante da annunciare. 2. Che sia disposto a morire per quell’annuncio non uno sciocco, ma una persona per cui siano esistiti, secondo i valori di Gesù Cristo: 3. rilevanti doti dell’animo, 4. rilevanti doti del corpo, 5. favorevoli condizioni familiari, sociali, ambientali, 6. favorevoli esperienze dirette e personali della vita cristiana, 7. fenomeni trascendenti la vita umana che aprano alla sublime di Dio, 8. segni alfabetici irrazionali, ma evidenti, come possibili Oracoli di Dio. 9. segni numerici di rilievo, essendo l’intelligenza un codice numerico. Senza tutte queste caratteristiche, non si ha titolo personale per una vera elezione, da parte della Provvidenza di Dio… che però poi fa – per Sua Somma Giustizia! – tutto quello che vuole e trasforma in Cristo l’Anticristo. &gt;&gt;


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In base a questo schema di ricerca, dobbiamo metterci ad osservare, così, che cosa sia successo in relazione a quanto è stato fortemente evidenziato sulla copertina di questo libro: la provocazione, del Papa, a che si rispondesse ad una sua santissima e sentitissima sollecitazione. Il Pontefice, baciato dalla Grazia di Dio, stimolava in modo assoluto l’uomo sapiente ad una doverosa risposta, al “Magistero” della Chiesa. I Maestri non possono credere di dover parlare sempre da soli. Se si limitano a spiegare e non interrogano mai gli alunni, non si renderanno mai conto se essi abbiano appreso, compreso oppure no. E quando succede, come a me, che una persona come me osa interloquire, non ascoltano e pensano: “Ma che Anticristo, costui, che fa osservazioni ad un Suo Maestro!”. Per non restare nel vago, questo è l’atteggiamento, con me, di un Grande Maestro di Saronno, al quale riconosco un’eccezionale preparazione teorica: Monsignor Angelo Centemeri, capo della Chiesa Prepositurale. Gli trasmetto libri che non legge e – così facendo – non accetta di verificare la bontà o no della mia fede e mi lascia solo, non fa il suo dovere. Egli non può né deve zittirmi: è un mio servo e non un mio superiore, per quel servizio che ha scelto di fare al Cristo che non solo lava i piedi, ma muore, addirittura, per salvare, a meno che – è chiaro! –… che un servo non superi il suo Padrone. Monsignor Centemeri, così bravo nella sua teoria, casca ingenuamente nella pratica e si rifiuta perfino di guardarli… i miei piedi, dopo che io mi sono tolto tutte e due le scarpe, per facilitargli il compito e fargli lavare tutti i reconditi interstizi della mia sporca anima, troppo vasti perché siano espressi nel confessionale, a meno di non restarvi per dei giorni interi... Confido che non faccia così il Cardinale Tettamanzi che, venuto alla Festa del Voto a Saronno, è restato nel bellissimo Santuario della Madonna dei Miracoli fino all’incontro con l’ultimo di coloro che han voluto parlargli. Il fine ultimo, anche del Magistero della Chiesa, che insegna la dottrina della fede, è che gli argomenti siano trasmessi al Popolo di Dio e che siano capiti e verificati – se una persona espressamente lo chiede – finché essa solo non dice: “Mi basta, ho capito!”. Non ha assolutamente alcun senso che esista solo la fase della Catechesi, se essa non è poi seguita dal suo riverbero naturale, nelle coscienze e nella vita di tutti coloro che non sono sacerdoti.


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Un Magistero che eviti l’incontro e il riscontro con la base della gente comune, rischia di qualificarsi come una Casta insopportabile, altezzosa, che non compie il suo dovere e crede – in buona fede! – di aver trasmesso la fede… Finché la fede non entra in conflitto con la ragione dell’uomo comune, tanto da indirizzarla e piegarla alle sue verità, l’uomo zoppica. Usa due pesi e due misure. Cammina nel mondo con la sola gamba della sua ragione, poi, in Chiesa (quando è seduto ed ascolta in silenzio vere prediche), non usa nemmeno l’altra: dice solo falsi “sì” ed afferma di credere (per fede) a cose sapute irragionevoli, per l’uso che egli fa della sua mente bugiarda, che gli mente. Gli stupidi ne sono anche contenti: affermano che se la fede fosse secondo ragione non sarebbe più conforme alla fede, ma alla ragione, con tanti saluti allo Spirito Santo di Verità, costretto a tacere, per non invadere (con le sue somme ragioni) la povera mente dell’uomo, tanto da trasformare una pura e possibile falsa credenza in un’Assoluta Verità! Molti sacerdoti hanno questa paura e credono che se alla debole e zoppicante fede dell’uomo fosse sostituita la Verità portata dalla Sede della Sapienza, l’uomo sarebbe stato sminuito nella sua fede! Siamo giunti, per la cosiddetta FEDE, a questo miserevole punto! Urge che entri in campo lo Spirito Santo di Verità! Questi sacerdoti sono indifesi in questa miserevole condizione perché mai nessuno prima di me, animato direttamente dallo Spirito Santo di Dio, ha avuto l’incarico d’ergersi a Maestro di così immaturi maestri, per dirgli il Vero. Quello che però agli albori del Cristianesimo fu possibile (e Dio fece sorgere Paolo, perfino un persecutore dei Cristiani, ergendolo a Suo sommo difensore), oggi è rifiutato, nella sua stessa possibilità di esistere e di valere, proprio dalla Chiesa di questi sacerdoti, che sono privi assolutamente della speranza che Dio assista ancora tutti i suoi uomini. Li assista ancora, con la sua Verità, e non solo i preti (per quella rivelazione legata al passato) ma tutti. Non leggendo quanto io gli scrivo, Monsignor Centemeri non ha fede che io – Anticristo convertito! – possa avere ricevuto una chiamata da Dio, ossia che quanto accadde al Romano Paolo, possa essere accaduto nuovamente a me, Romano A. A. Paolo T.… che gli affermo, onestamente, che l’ho avuta! Lo esclude “a priori” pur riconoscendomi, spero, persona in buona fede. Affinché creda, così io scrivo e gli do i miei libri… ma è così aprioristicamente convinto che sia impossibile che ancora Dio invii un nuovo Apostolo delle Genti nella persona di un filosofo e non riconosciuto teologo, che si rifiuta perfino di accettare le prove. Non ammette nemmeno possano esistere! In quest’assurdo modo, vere prove non possono partecipare ad un giudizio, tanto che così esso non sia il solito giudizio “sommario”, poggiato solo sulla solita irragionevole fede.


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Gli â&amp;#x20AC;&amp;#x153;sposiniâ&amp;#x20AC;? Amodeo nel 1937 a Roma, ove concepirono Romano in una pensioncina a due passi dal Vaticano


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La scienza nuova dell’essere relativo La Chiesa d’oggi crede che la verifica della Fede debba avvenire solo nella Chiesa e nei suoi luoghi e – soprattutto – nel confessionale… ed è anche vero. Ma lì ci vanno solo i credenti ed è come se, parlando i Maestri, i discepoli fossero tenuti da soli a sottoporsi al giudizio, se lo vogliono, se riconoscono l’autorità di quei Maestri, al punto da dichiararsi a loro, piuttosto che agli amici o agli psicologi o agli indovini… o agli atei, materialisti ed idioti. Invece un vero Maestro interroga tutti e ascolta le ragioni di tutti coloro che sono nella classe… La classe di Cristo ha per confini l’Universo. Il Magistero della Chiesa Cattolica, grazie al tandem prestigioso dei SS. Pietro e Paolo, divenne valido per tutti gli uomini, ma un maomettano, un buddista, un testimone di Geova, un protestante… tutti costoro sfuggono al loro insegnamento, perché, nei secoli, l’intelligenza umana non portò le singole persone verso la fede nel Cristo che si consegnò alla Chiesa Cattolica, ma verso altre imperfette fedi. L’intelligenza umana provocò questo disastro e l’intelligenza deve porvi riparo. Un Martin Lutero, che distaccò enormi quantità di credenti dalla Chiesa di Roma (che ebbe il preciso mandato del Cristo), i Testimoni di Geova e tutti gli altri, che oggi erodono le moltitudini del vero Popolo di Dio (conquistandoli ad una vera falsità) son l’effetto orribile dell’attacco di una ragione menzognera. L’uomo deve regolare meglio le verità della sua Ragione, perché l’USO che oggi se ne fa è sommamente SBAGLIATO. Per un fondamentale motivo, legato alla stessa dinamica delle cose: &lt;&lt; L’uomo non riesce a vedere mai le ragioni della sua Azione e si poggia sulla Reazione, che mostra sempre la dinamica inversa e bugiarda &gt;&gt; Così vado verso un muro che è fermo… e lo vedo venirmi incontro!


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Noi vediamo sempre una dinamica assolutamente bugiarda, ma ci abbiamo fatto così l’abitudine che non ne notiamo più la vera falsità. Così, vediamo di andare verso la morte e crediamo che sia vero! Questa novità, di tipo relativistico, è un’estensione di quanto già Galileo Galilei e Copernico notarono ben otto secoli or sono: che in un fenomeno relativo il soggetto sperimenta sempre la reazione relativa all’azione, ed essa è dinamicamente sempre uguale e contraria, tanto che vediamo il Sole girare attorno alla Terra perché noi - che lo osserviamo – ci spostiamo sempre nel verso opposto a quello. Così, sulla Terra, mentre la nostra azione è sempre quella di andare verso il luogo in cui sorge l’alba, vediamo non l’alba, ma il tramonto! Sappiamo ormai bene che è una legge assoluta e generale, ma la nostra mente ci mente sempre e non ci fa trarre le giuste considerazioni, relative ad ogni argomento che riguardi la dinamica delle cose! Crediamo che alcuni possano sfuggire a questa regola! Così, giacché sembra che noi, vivendo, siamo sopraffatti dalla forza, non ci accorgiamo che la nostra anima, mossa da un Supremo Amore vittorioso, sta procedendo esattamente nel senso inverso a quello, un verso che la fa salva! L’uomo non ha ancora capito quanto incida il principio fondamentale della Dinamica Fisica (chiamato di Azione e Reazione), su tutto quanto appaia in divenire e dislocato lungo i secoli, come un’interminabile azione dinamica che riguarda ogni cosa, persino il pensiero. In difetto di una giusta interpretazione di questo principio fondamentale, oggi la scienza sostiene che sia vera la Fuga delle Galassie, semplicemente perché così il fenomeno è visto (in modo unilaterale!) da chi esiste e si sposta nel tempo in senso inverso, lasciando dietro, in ogni attimo, un corpo morto, che poi rinviene, in ogni attimo, avendo ancora energia vitale… insomma benzina. Anche il Sole, come un fenomeno in moto, è osservato ruotare attorno alla Terra e ciò non corrisponde assolutamente alla verità dei fatti. Con quanto riguarda l’universo, possiamo dire senza ombra di dubbi che il nostro punto di osservazione segue simultaneamente le tre componenti del volume, in quel verso centripeto che ammassa l’elettromagnetismo (nella forma corporea della massa) e l’effetto risultante nel complesso dei due contrapposti moti è che la luce elettrica è vista uscire dal corpo di ogni punto-luce, con un andamento esattamente uguale e contrario (che è centrifugo) rispetto a quanto ammassa il corpo (nel senso centripeto).


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Alla base della visibile Fuga delle Galassie e dell’Universo – visto in reale espansione – c’è l’essenziale moto centripeto, del nostro &lt;io&gt;, fin dentro l’origine della terna, dalla quale poi vediamo spuntare (oh miracolo!) la luce in senso centrifugo. Ma da dove viene? E da dove se non da noi entrati dentro? Ciò dovrebbe farci capire che stiamo sempre entrando in Dio, l’assoluto centro di tutto e che, solo grazie a ciò, Egli seguita a darci credito e luce! Procrastina quell’Ordine supremo “Fiat Lux!” che ha rivelato con la Bibbia, e il mondo continua a spuntar fuori come dal nulla: nuova polvere, nuove stelle, nuove Galassie, che riempiono i buchi lasciati dalla apparente espansione. Dio seguita a darci Cieli nuovi e Tempi nuovi. Sotto il profilo della fisica vera, Fuga delle Galassie e Big Bang non sono “fenomeni di per sé!” Sono falsi, se creduti autosufficienti. C’è sotto e dietro un &lt;io&gt;, uno Spirito che seguita a ficcarsi dentro ad un’ASSOLUTA ORIGINE: un DIO centro di tutto, privo di ogni dimensione, il BUCO NERO di tutto. Quando Azione e Reazione ineriscono il nostro modo di ragionare, noi prendiamo gli stessi abbagli e crediamo vero l’esatto opposto della Verità. Crediamo autonoma la forza di ROMA ove è l’AMOR che ci crea. Questo nome è Oracolo del Signore, a mostrarci il vero. La ragione umana crede ancora nel modo sbagliato di Tolemeo: Costui credeva che Tutto l’Universo ruotasse attorno alla Terra, e, allo stesso modo, solo la nostra vera stupidità crede che Tutto Dio assecondi ogni piccolo &lt;io&gt;! Siamo bimbi incoscienti ai quali Dio lo fa credere, per darci l’indispensabile fiducia in noi stessi che possa costruire in noi, poi, una vera capacità personale, che ci sarà però solo alla fine, nel momento del raccolto, quando la zizzania sarà incenerita. Solo che, questa umanità bambina, è cresciuta all’inverosimile nella sua arroganza. Il potere di ROMA è divenuto apparentemente immenso, così immenso che ora occorre l’AMOR Supremo del CRISTO STESSO, che ritorni e trasformi l’uomo, divenuto ANTICRISTO, in un vero fedele di CRISTO. Occorre il supremo esorcismo dell’Anticristo. Che Satana stesso sia Vinto. Occorre ESORCIZZARE IL SENSO STESSO DELL’ESISTENZA. Occorre accorgersi che l’esistenza è un fenomeno COMPLESSO. Occorre capire che BENE e MALE sono concordi. L’esorcismo del MALE è che esso diventi BENE, che il DIAVOLO diventi DIO. La lezione della storia dovrebbe servire. Gesù usò l’inimicizia di Saulo per farne il suo strumento vincente su Roma, perché era un cittadino Romano. Fu grazie a quel nemico trasformato nel massimo degli amici che Gesù piegò ROMA in un tale AMOR per lui che vi morirono Pietro e Paolo e migliaia di credenti in Cristo più che nella paura della evidente morte.


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Ora Dio non è un meccanismo. Vivendo noi come un’intelligenza viva di tutte le sue pulsioni, si comporta con noi nello stesso modo, rispetta il nostro modo di essere, perché ce l’ha dato Egli stesso. Comunica con noi a modo nostro… che è quello che egli stesso ci ha dato. Ci comprende a modo nostro, ed è amorevole, giusto, triste, allegro, spiritoso, sibillino… Non c’è modo nostro, della nostra anima, che non appartenga a lui che ce l’ha imposto e trasmesso. Sta di fatto che una Divina Commedia ha deliberatamente tratto in inganno l’uomo, perché la vita giace nel complesso &lt;io-IO&gt;, in cui il Creatore è la &lt;IO&gt; grande di DIO (un IO a grande Dimensione), e questa è la prima sorprendente indicazione… Ma poi resterete addirittura trasecolati quando scoprirete che questo Spirito Santo di DIO, usa, come il valore intero del suo ciclo di riferimento, la D.10, la Dimensione 10, tanto che DIO dice in modo enigmatico e senza dire che ha la D.10, per cui è chiamato DIO e non più un “Jahve” che era una definizione ferma ad un livello che potremmo chiamare “Cartesiano”, del “Cogito ergo sum”, quando, interrogato da Mosè chi DIO fosse e come si chiamasse, gli spiegò così: “Sono chi sono” è l’equivalente del “Penso, quindi esisto”. Dio assume l’impensabile caratteristica, del tutto umana, di chi veramente scherzi con le sue creature, così spocchiose, così presuntuose, così comprese del loro ruolo fattivo! Pensate al Collodi che si è inventato il racconto di Pinocchio (occhio alla &lt;io&gt; piccola!). Collodi è come un Dio capace di dar vita a quel pezzo di legno, nel suo racconto, che dipende tutto e solo da lui… L’Oracolo sibillino ci dice il vero, scherza con noi. Con Roma, Oracolo del suo Amor, il Signore figura di avere adottato, a Patria nuova, la residenza del Vicario di Cristo, così adotta anche la lingua di un Italiano che nasce proprio con la Divina Commedia di un Dante Alighieri, che è il sibillino Oracolo di un poeta dante ali ai lusinghieri sogni, di un Dio supremo creatore di storie virtuali, rese reali, ma in modo tutto relativo a Lui. Collodi è Oracolo di uno scrittore colle lodi di Dio per avere espresso con Pinocchio la perfetta condizione umana. Come volesse dirci: “Occhio a quel pino… divenuto un bimbo… io faccio esattamente così!” La vedete l’Italia che va? Sì in quella forma dello stivale? Voi siete talmente creduloni che tutto accada per caso, che vi sfugge questo segnale assoluto che abbiamo a che fare con il disegno fatto da un Creatore Assoluto e Fantastico, e non dal… Caso! Quando c’è un Collodi a scrivere un racconto – ed è un Dio! – non fa nulla a caso, ma vi comprende tutto. “Comprende” significa “contiene”, ma anche “capisce e ragiona”. Ebbene Dio si dimostra un Ente assoluto che, dovendo essere compreso da noi, ci affronta scendendo esattamente al nostro livello, assumendo


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pregi e virtù, ma anche difetti… Di questi ultimi si libera, in un primo momento. Racconta… che riguardano il Diavolo, ma non è del tutto vero: è solo un Dio del cavolo, che corrisponde in questo modo ad uomini del cavolo! Il mondo, che appare dinamicamente mostrando la Reazione opposta, quando la verità è l’azione, diventa, spiritualmente, il dominio maligno, che è dal Dio Buono attribuito ad un Satana (che sa di tana, di prigione) che ha intrigato l’uomo essendo un Serpente (un Signore servo che si pente, di servire di tutto punto ad un uomo disobbediente). È questo servitore pentito che ha indotto l’uomo come ad appropriarsi di se stesso, fino a divorarsi, a vivere di sé come del biblico pomo proibito… Ma tutto ciò, è stato realizzato soltanto da Dio e solamente per indurre volutamente l’uomo ad un vero e proprio delirio di onnipotenza, da cui poi esser salvato, da tutta una seria di mitici salvatori. L’ultimo ed infimo di questi eletti a salvatori è la mia figura virtuale, di un &lt;io&gt; che sa e riconosce benissimo di non avere altra libertà che quella di scrivere queste cose che la sua energia mi fa scrivere. La ragione umana deve essere portata a capire quanto ha già capito in relazione alla Terra e al Firmamento: che non è il TUTTO a girare attorno a qualcosa che è praticamente NIENTE. Siamo costretti, per il bene nostro, a fare come facciamo, c’è un determinismo assoluto. ma non siamo affatto schiavi. Possiamo, infatti, per adesso, dissentire, non essere d’accordo... Poi saremo liberati dagli attuali impedimenti e potremo compiere tutto proprio secondo i desideri maturati ora, mentre siamo schiavi. Questa è vera libertà. Invece la Chiesa – stupidissima senza saperlo – crede in un Dio Schiavista! Perché, secondo essa, avrebbe dato il Libero Arbitrio di compiere il male… mentre esiste l’obbligo assoluto di fare il Bene, pena un Inferno per sempre… E che libertà sarebbe, di grazia? Se Costui fosse Dio, sarebbe stato più onesto a dire: “Non sei libero! Devi fare solo il Bene, altrimenti ti punisco!” Questa Chiesa – stupidissima senza saperlo – che non sa ragionare, non si accorge di credere in un Dio assolutamente prepotente, che costringerebbe al Bene, pena l’Inferno eterno! Un bene, fatto per forza, che bene sarebbe? Se così fosse Dio, io non crederei né nel suo Amore, né nella sua Giustizia! Dio per salvarmi si è immolato per me e si è fatto fare di tutto. Un Dio così serve l’uomo a puntino e non gli impone nulla… pena l’Inferno. È naturale poi che, volendo disegnare una storia cosmica in cui tutti si salvano, debba mandare un Serpente, nella veste di un Dio Servo che si pente e intriga l’uomo, convincendolo ad un delirio di onnipotenza, dal quale, se poi non è salvato, sarebbe perduto per sempre, perché l’uomo finisce per considerare proprio se stesso a titolo di un prodotto di consumo, un Pomo (guarda un po’ mo che ti


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combina, Dio) colto da Eva (e va! Bel gesto!) e dato ad Adamo, tanto che Eva e Adamo… evadano, mo’ dal Paradiso Terrestre. Abram che poi diventa Abramo, è Oracolo di chi brama la A, il vero principio di ogni codice alfabetico. Isacco è (is, talora Dio parla anche l’inglese!) come un sacco da sacrificare, della spazzatura che si può anche gettar via. Mosè esprime il Signore che afferma a Mosè di essere: mo’ (adesso) S è, ossia afferma un Dio che è un Signore e che dice “Sono chi Sono”, ma questa S di Sono funziona nel linguaggio italiano, assieme a tutte queste parole, non a caso: Dio lancia messaggi veramente di tipo sibillino, in codice. Ma non c’è da stupirsi. La ragione usa i codici numerici per funzionare e quelli alfabetici per esprimere i concetti, pertanto, di fronte ad un Assoluto Comunicatore, che usa codici alfanumerici, va capito solo quale linguaggio è usato da Dio, ed è veramente l’italiano. Dico di più, nella cadenza romanesca, meridionale, in cui adesso si dice “mo’”, a causa proprio della figura mia, di chi ha avuto l’incarico di svelare questi codici. Un Dio così disposto a venire incontro alle sue creature (perfino con i numeri e il linguaggio), ha assunto con estrema coerenza la persona del Cristo, e riferisce chiaramente, attraverso il Messia, chi non sa cosa sta facendo, perché solo la Verità rende liberi e l’uomo oggi ancora non è libero, perché ignora di essere un momentaneo burattino nelle mani di un Dio che, attraverso il Messia indica – e sempre in italiano – l’augurio che ci “sia la Messa!” in cui, poi, Gesù si ponga come alimento per tutti. L’uomo è costretto a morire, ma il disegno del Creatore è che risorgerà e che poi vedrà realizzati tutti, tutti, tutti i suoi sogni e desideri. Li realizzerà anche se riguardassero assolute schifezze, perché il Signore concederà a ciascuno il conseguimento dei suoi liberi interessi: il bene a chi ama il bene e le porcherie a chi queste ha scelto per sé, gradendole a causa del libero arbitrio donatogli, di gustare o disgustare ogni cosa a suo piacere. L’unico Dio Buono è chi ti insegna ad esser libero, mostrandoti un male momentaneo per darti il bene eterno che tu, tu solo intendi come tale. Noi non facciamo altro che acconsentire a no alla sua assoluta, indiscutibile offerta, costruendo con ciò il nostro personale quadro dei valori, il nostro DIO che poi varrà per noi e sarà un Dio… o un Dio del cavolo, un Diavolo. Dio, potere assoluto, supera anche questo limite di chi gli dica no interamente, e il silenzio esalterà la musica, inserito in essa stessa come una fondamentale struttura, in cui ogni bellezza nasce dalla sorpresa e dalla variazione, e non dalla monotonia. Ecco, è arrivato il momento storico in cui il Diavolo sia recuperato come chi esalti Dio e dunque gli sia perfettamente strumentale.


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Deve però essere esorcizzato. Occorre un San Romano che lo faccia e sono io, Romano, affidato per Battesimo al santo Esorcizzatore della Chiesa. Un nemico supremo deve essere convertito al Cristo. Eccomi! Io, Romano, sono nato il 25 gennaio, giorno della Conversione di San Paolo e mi chiamo Paolo, come quarto dei miei cinque nomi. Come esorcizzo Satana, come lo stano? Essendo io per primo quell’Anticristo atteso in questi tempi e piegato talmente al fascino del Cristo della Croce da divenire il suo più potente amico, che sappia convincerli tutti avendo ben saputo qual fosse l’inimicizia. Sapete cosa sia una coppia? Sono due forze che spingono in senso opposto e non sono perfettamente allineate. Dalla loro azione, uguale ed opposta, deriva una doppia spinta a far ruotare in senso concorde. Così stanno tra loro il Cristo e l’anticristo. Agiscono in due opposti contesti. Essendo opposti tra loro, l’azione fatta, in campo avverso, raddoppia il risultato. Così il Cristo, che è assoluto amore, attira tutti a sé con il suo senso dell’amore. E l’Anticristo, Satana, che è assoluta avversione, respinge via tutti da sé, con il suo senso dell’avversione. Tra loro c’è un perfetto scambio, perché Cristo attira a Se con lo spirito suo dell’espansione di tutti i sentimenti del bene, e Satana espande sé con la chiusura assoluta, perché nel suo stesso nome sa di tana, di prigione. Il Diavolo porta al corpo e Dio lo salva nello Spirito. Assieme sono Dio stesso, che è Dio nel senso positivo e Diavolo in quello, tutto negativo, di una sua diminuzione. Il Diavolo ha valore solo come l’eterna vittoria solo del positivo, alla base del quale il Diavolo non è l’infinito negativo, ma solo quella negazione del Dio positivo che ha realizzato lo 0. Dio, assoluta e qualsiasi quantità, che possiamo chiamare N, è grazie al Diavolo, immaginato come l’esponente zero della sua base, riesce a risolvere la sua ASSOLUTA UNITA’ attraverso il calcolo matematico N0=1. La N qualsiasi, di Dio, non sarebbe 1 senza l’azione azzerante del Diavolo. Ma è tanta la potenza di quella base N che anche la dimensione 0 nulla può, nei confronti di questo DIO, perché genera la sua UNITA’. Dio è un Supremo Artista, che vuole sorprendere. Perciò costringe ad una vita iniziale, dominata da una fondamentale perversione. Ma essa va capita e superata.


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La persona del mio &lt;io&gt; è stata voluta da Dio proprio per fare superare a tutti le condizioni terra-terra in cui giace tuttora l’uomo, sia per quanto riguarda la scienza relativistica, sia per quanto riguarda il contesto Assoluto. La Persona di Gesù – infatti – è stata molto immanente, ed ha dimostrato all’uomo la bella storia “reale” di un Dio sceso tra gli uomini, a condividere ogni male, in quella prima proposta, in cui la realtà doveva essere presa per buona, così come essa appariva. Il disegno del Cristo, però, era previsto con un secondo tempo, nel quale sarebbe toccato ad un uomo, in Comunione spirituale col Cristo di Dio, che sarebbe stato disegnato come il Consolatore, che avrebbe detto all’uomo, liberandolo una volta per tutta da ogni Croce: &lt;&lt; Guardate che è tutto un gioco! Come un Jo-Jo è il rapporto io-IO! Tutti scenderanno nella tomba, ma, nel punto in cui tutto il filo della vita si è svolto, non sarà più il filo a fare girare il corpo, ma il corpo a fare riavvolgere il filo, e tutto tornerà all’origine. &gt;&gt; Quel nome, Jo-Jo, è un Oracolo del Signore, per far capire facilmente come tutto il rapporto io-IO giaccia in un supremo flusso e riflusso. Chi ha più filo, avvolto attorno al comune rocchetto, seguita a vederlo scendere, fino a quando dura il suo filo… Il mondo e la sua esistenza è uno “spettacolo puramente personale”, e non esiste nessun mondo che ci sia di per se solo per tutti. Il mondo è una cosa vista che, se nessuno la vedesse, non ci sarebbe. Infatti ha luci, colori, suoni, calore, ecc. che sono pure idee della nostra mente e non cose in se stesse. Se togliamo a questo mondo tutte le sue qualità risulta solo il Progetto Alfanumerico fatto da Dio per farcelo vedere, a ciascuno a modo suo, dal suo personale punto di vista. E anche questo concetto, sotto il profilo scientifico è assolutamente rivoluzionario. Infatti i materialisti partono dall’esistenza della materia, e considerano lo spirito uno scherzo della natura, ma è vero esattamente l’opposto. Il mondo fatto vedere da Dio all’uomo è secondo una logica assolutamente contraddittoria. Solo in questa logica perversa si può capire perché Gesù indicò: “Se vuoi salvare la tua vita, cerca di perderla!”


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Se la mente umana non rovescia realmente l’attuale sovversione del suo modo di ragionare, non si converte alla Verità! La conversione è proprio questo: leggere AMOR quando vedi ROMA, intendere che stai andando verso sinistra, mentre vedi che vai verso destra. Noi stiamo andando in un futuro che è il passato dal quale sta venendo via la nostra anima. Questa è la davvero incredibile, ma sorprendente e vera VERITA’. Capite che se scambiamo per futuro un vero passato giammai possiamo modificare il creduto futuro? Ogni vero passato… non si cambia più! Ma nulla può esser cambiato, perché passato, presente e futuro coesistono. Se il futuro c’è già, come posso presumere di cambiare quanto esiste di già? Ditelo alla scienza di quest’uomo così pieno del delirio della sua onnipotenza! Ti ride dietro! È ancora talmente puerile ed incapace di considerare la logica relativa che non ha capito una cosa essenziale: &lt;&lt; Se Azione e Reazione sono due eventi perfettamente simmetrici, sono e restano sempre due e non è uno che diventa l’altro, perché è la causa dell’altro! &gt;&gt; Riuscite a capire che cosa vi sto spiegando e che cosa implichi? Implica necessariamente che il divenire non esiste, di per sé. Che c’è solo un effetto cinematico tra quanto è visto prima a cui si sostituisce poi quanto è visto dopo ed è un’altra cosa (e non quella di prima divenuta quella di poi)! Ma come fate a spiegarlo ad uno scienziato, che crede assolutamente ed ingenuamente nel principio di una causalità valida in se stessa? La causa relativa non esiste assolutamente! Tutte le reazioni della chimica, che lasciano intendere che una cosa si trasforma, affermano il falso: non sono trasformazioni, ma osservazioni di condizioni a cui seguono altre condizioni. Aveva affermato qualcosa vagamente del genere Heisemberg, ma il riconosciuto genio della relatività, Albert Einstein lo sfotté amabilmente: “Quando non la guardi, la Luna si muove o no?” Ma, caro Albert… come fa a muoversi se il divenire assolutamente non esiste? Certo che se la tua entità si sposta, osserverai tutto da un’altra prospettiva e ti sembrerà che il muro si sia mosso, se ti sei avvicinato al muro, o che la Luna si sia mossa se, avendo l’impressione di muoverti sulla Terra, hai poi l’impressione che si muova la Luna.


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Se il nostro &lt;io&gt; non è, se &lt;non esiste&gt;, è come se facessimo una foto istantanea che non dura niente e allora succede che perfino la luce si ferma, in quella foto. È il nostro esistere che fa apparite tutto in moto, come appare in moto tutto, alberi, case, montagne, se si osserva da un treno in corsa. Vedi, allora, caro Albert, che il moto della Luna dipende dallo spostarsi del soggetto nel suo tempo? Se io faccio la TAC ad una persona, e la macchina mi può dare solo la notizia di come sia la sezione, io posso osservare tutta la persona solo spostando la macchina. A quel punto io osservo sempre sezioni dopo sezioni e lo spazio delle altre sezioni, viste dopo, mi appare come il tempo di una trasformazione graduale di quanto io osservo al video. Se nessuno mi dicesse che cosa stia accadendo in verità, ed osservassi solo la scena al video direi: &lt;La persona consiste in due piedi che diventano un busto, infine una testa e poi la persona muore, non c’è più!&gt; Questo apparente divenire, al monitor della TAC, è chiaramente falso! I due piedi non sono divenuti il busto o la testa, ma è accaduto solo che, dopo di aver osservato una sezione, ne ho osservata una, così vicina, che la trasformazione accade con la massima armonia e secondo le leggi che accorpano quel corpo unico. “Ovvio! Naturale!” Dite voi, ma poi credete che un bimbo diventa un ragazzo, un adulto finché muore e credete a questa falsità come se fosse cosa ovvia e naturale che questo divenire sia vero! Il nostro ragionamento è talmente impastato di menzogne credute vere secondo l’uso esatto della ragione che la nostra ragione che usa in questo modo appartiene solo a veri idioti presuntuosi. Il divenire apparente dell’essere, certamente appare, ma non è assolutamente vero: esso esiste solo come la visione di un progetto alfanumerico, come se fosse un film. Comunque, volendo salvare la verità dell’apparente divenire, possiamo capire come veramente evolverà, facendo una facile analogia. L’anima &lt;viva&gt; è come il gas in un razzo, quando &lt;brucia&gt;. Quando &lt;brucia&gt;, è un getto che va a sinistra e spinge il razzo a destra, con tutto il serbatoio pieno non di vita ma &lt;di gas inerte&gt;. La vita fugge a sinistra e lascia il gas inerte a destra, in cui solo la forza di un Santo Spirito può consentire di &lt;accendersi di nuova vita&gt;. Ad ogni accensione, la vita va a sinistra e lascia un corpo morto a destra. Finito di vedere il serbatoio svuotarsi, il Santo Spirito (energia immortale) porterà il serbatoio vuoto a correre dietro al gas visto prima uscito fino a riempirsi di nuovo... insomma torneremo a vedere le condizioni del creduto passato Accadrà


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questo perché è il nostro essenziale metodo per capire l’essere è secondo l’apparente divenire delle cose: prima facciamo una tesi e poi la contrapposta antitesi. Per capire come è fatto un corpo intero, prima facciamo la TAC da sinistra verso destra e poi, avendo creduto che due piedi erano divenuti una testa (per come avevamo osservato al video), rovesciamo l’esperienza per vedere se è vero, se quei due piedi ci sono ancora o sono veramente divenuti quella testa. È la scienza dell’apparenza che ce lo dice. Un’onda dimostra che all’alto si alterna sempre il suo opposto, ed appare come un basso. Se pongo in essere due onde, A e B, io prima considero la A precedere la B (e avrò l’impressione che la A è diventata la B). Per capire che quell’apparente divenire non è vero, dovrò vedere a questo punto prima la B e dopo la A. Se invece di 2 onde, ad esempio cerebrali, ce ne è una sequenza (la prima nel momento della concezione e l’ultima nel momento finale, dell’arresto dell’onda cerebrale), quel metodo dell’alternanza, attuato dall’intelligenza, porterà all’inizio dell’indagine opposta. E ciò solo a causa del metodo imposto a ciascuno da Dio. Un continuo esame fronte-retro che, quando lo riferisci ad un pianeta esteso, te lo porta a vederlo come se possedesse una rotazione apparente. E i tempi, di queste rotazioni, sono poi scritti nei numeri ideali. Le 24 ore (in cui un giorno deve essere idealmente scomposto, se vogliamo emulare i processi ideali della nostra mente), dipendono dal fatto, essenziale, che 210 è uguale a 1.024, mentre 103 (ove l’esponente 10, della base 2, è divenuto la base per il volume) è uguale 1.000. Poiché noi eseguiamo computi binari (usando il ciclo del 10, nella libera evoluzione del nostro Spirito di comprensione dello spazio-tempo, sulla base della contrapposizione) tutto l’esponente 10 ti porta ad un complesso di 1.024 unità, che conteggiano spazio e tempo in modo ideale. In quel totale, 1.000 è osservato come il volume intero e 24 ore sono osservate come l’ideale rotazione oraria di quel volume intero. Quando noi partiamo, poi, dall’idea del salvatore Gesù Cristo (a contare in giorni, mesi ed anni), gli schemi ideali assumono anche la valenza “divina” di Gesù Cristo e il “Mille e non più mille” acquista il senso della massima pienezza riferibile a Lui come a tutto lo Spirito. Ciò perché 103 è tutta la percezione fondata sulla assoluta Trinità dello Spirito, riferita come un indice di potenza sulla base dello Spirito nel suo ciclo 10. Il primo 1.000 acquista il “senso” di presenza e il secondo quello dell’intero spostamento di quella presenza. Per cui un Dio come il nostro, che si è veramente


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identificato nella Persona di Gesù, lo avvalora al punto tale che, passato tutto quel tempo, Dio veramente lo RIPRESENTA. In che modo? Non certo nella sua carne, che Dio disegnò veramente nata 2.000 anni prima. Allora lo presenta nella carne di un altro, un doppione, che ha il compito, per elezione di Dio, di fargli posto nella sua anima. E accade in un modo semplice: assume un bimbo che dovrà impersonare il massimo della capacità di Cristo, di convertire il massimo che è contrapposto a Lui… Così Dio lo fa nascere nello stesso dì della conversione di San Paolo. Questo bimbo, espresso nel tempo che comincia dalla nascita di Cristo deve assolutamente nascere il 25.1.1938, ma vivere solo fino al 4.6.1940. Questi numeri sono assolutamente obbligati dal progetto impostato sul Cristo. La data di nascita vede 25 come lo stesso giorno, e idealmente significa ¼ (la presenza) in 100 (un 100 che è idealmente 102, la sezione assoluta ideale dello Spirito, quando 10 è il valore assoluto della sua idea dello spazio-tempo unitario). I 30 giorni dei mesi sono l’ideale combinazione della Trinità e del ciclo 10 dello spirito, per cui questo bimbo deve nascere un mese dopo il 12 del Cristo, ed è obbligatorio il mese di gennaio. Con un tempo in cui tutto il moto 103 dello Spirito 103 del Cristo è dato da 2.000 anni dalla sua nascita, devono mancare 62 anni ad indicare l’unita presenza del doppione (il numero 2) relativo a tutta la versatilità dello Spirito Santo Trinitario, ossia a 2 versi su 3 linee lunghe 10 anni ciascuna. Questo doppione deve nascere pertanto esattamente il 25.1.1938 per essere idealmente compreso nella stessa nascita del Cristo. La mia anima dovrà essere tolta di mezzo, perché ad un certo momento dovrà essere proprio lo Spirito del Cristo ad animare il mio corpo, assunto come quello, concreto, dell’Anticristo. Dovrò esistere, personalmente, un tempo intero 1, valutato rispetto all’intero Spirito del Gesù Cristo presente, che vale 103=1.000; dunque 1.001. In questo intero 1.000, di Gesù, io dovrò avere il massimo della presenza ideale, in fatto di Spirito santo che valga 10 in linea e in profondità il 24 che superano il 103 in 210=1.024. Pertanto 1.001 –240 determina 861 giorni, in tutto, per me 1, riferito correttamente a Gesù come +103, io e lui come 210 e lo Spirito Santo come il 23+2 che mette in relazione assoluta Gesù (come tutto il 23) e me come solo la base 2 del suo volume. Aggiunti 861 giorni della data del 25.1.1938, si arriva al 4.6.1940, ed io sono veramente morto, nel mio spirito di Romano Amodeo, in quella data. Mio Padre, Dio, che accetta che io muoia per dare spazio allo Spirito di Gesù, nella mia anima e all’Anticristo nel mio corpo, manda nel mondo un segno


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inequivocabile. Poiché io sono stato chiamato Romano (come il Primogenito del Duce dell’Italia), per dimostrare che Egli, Dio, ha determinato un grande sacrificio per la nazione scelta come Sua (da Lui) nell’Italia (che ha per capitale la Roma in cui ha voluto impiantare il Vicario di Cristo), fa ‘sì che questo Duce decida (in questo esatto giorno e alle 10 di mattina) l’entrata in Guerra dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Io ero stato fatto ammalare di un qualcosa che il medico giudicò Broncopolmonite (ma era la Sars, che faceva capolino nel mondo). In quella data fu vinta da un miracolo della Madonna, che la spazzò via dal mio corpo, con un miracolo che fu annunciato a mia madre da una bambina, un’ora prima che avvenisse. Aveva sognato la Madonna che le aveva dato l’incarico di dire alla sua maestra come non avrebbe temuto per me, in quanto ci avrebbe pensato lei. Quel giorno io ero moribondo, alle 7 Giuseppina Mollo aveva chiamato il Dottor Sabatella, di Felitto, affinché accorresse… Ma non poteva farci nulla, venne solo alle 11, quando pensò che fossi già morto. Mi trovò invece con tali segni di ripresa insperabili che esclamò: “Ha avuto la crisi mortale e l’ha vinta!” Non disse tutta la verità. Quel giorno il mio &lt;io&gt; fu congelato. La mia anima non sarebbe più invecchiata, conservando l’innocenza di quel bambino. Io sono restato quel bambino, il segno è che ci credo. Al mio fianco, a muovere il mio corpo, è subentrato l’essere del Cristo. A causa della preghiera di mia madre: “Salva il mio piccolo figlio, innocente come Gesù!”. In questo esatto modo la Madonna pensò a me: ad un’anima innocente come Gesù e che restasse per sempre tale. Il mio corpo, contaminato dalla Sars, fu fatto morire, ma sopravvisse e si sormontò al mio, quello reale dell’Anticristo che si sarebbe convertito al Cristo. Si convertì ai miei 33 anni quando, avendo incontrato una Daniele Forlin, piena di fede, smisi di credere Gesù una bella utopia, ma inadatta ai nostri tempi. Quel “roveto ardente” che incontrai con Daniela, trasformò Amodèo in Modè, in un Mosè con Dio al posto del “Sono chi Sono”, una figura del tutto trasformata, dalla a (l’Alfa) alla o (l’Omega). Tutto vi sembra troppo magico o mitico? No, Dio fa quel che crede e in me ha veramente fatto questo, tanto che chi sta scrivendo questo testo non è lo Spirito mio, di Romano Amodeo, ma quello SAPIENTISSIMO che l’ha soppiantato in quella data, che era coincisa con il massimo degli 861 giorni spettanti a me, come un periodo intero e virtualmente perfetto in relazione agli attributi numerici di Gesù, espresso in questa virtù alfanumerica che organizza tutto il disegno relativo.


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Lo so, voi fate fatica a capirlo. Vi chiedete come faccia ad essere possibile che io sia uno così diverso da quello che fate voi… Ma che Diavolo fate? Niente! Siete intrappolati talmente nell’idea del credervi capaci di fare, che credete che stia in me la capacità di fare l’eletto di Dio o il suo Anticristo, come se fosse un mio particolare merito o demerito e il tutto corrispondesse ad una mia particolare capacità… Niente affatto! Tutti siamo disegnati da Dio e che ordisca un CristoAnticristo o una nullità è lo stesso gesto creativo che fa con ogni Sua creatura. È tutto solo un bel racconto, che poi Dio avvalora come crede e, se per Lui è giusto che Abramo sacrifichi Isacco, costui diventa come un sacco della spazzatura che si può gettare via benissimo… perché Isacco, di per sé, non esiste, è solo il racconto di una persona che vive solo grazie al suo autore e finché vuole lui, senza essere tacciato di assassino se poi l’uccide o istiga un padre ad ucciderlo, nella storia che gli inventa di sana pianta. L’uomo deve, a questo punto del Disegno ordito da Dio, capire come tutto esista solo in modo virtuale. Gesù Cristo e tutte le tribolazioni sue Dio se le è inferte perché erano pure sue fantasie! Ma, visto che a causa della sua scelta, l’uomo le soffre, Dio ha voluto fargli vedere che era disposto a caricarsele addosso tutte. Basta però adesso con questa idea di una vita penosa! Per questo Dio si permette di scherzare, con l’uomo, e si fa uccidere da Roma, per poi conquistarla con il suo Amor, e tutta la fede dei martiri. Dio usa tutta la virtù possibile, dei numeri e dei simboli e li esprime in modo ideale veramente nella lingua italiana perché vuole apparire come una continua presenza del Cristo nella figura del Vicario di Cristo. Il Papa è la personificazione del Cristo Suo che Dio ha assunto nel mondo. I vari Maometto, Buddha e simili stanno per fare i conti con un Dio che sta per imporre il Pontefice di Roma su tutta la fede, come il solo abilitato. Abituiamoci ad amare il nostro “prossimo”, perché ciascuno di noi supererà i suoi limiti personali, ma non grazie a se stesso! Grazie a tutti gli altri che li hanno superati. Lo farà grazie al suo prossimo! Ecco cosa porta a conoscere una fede ragionevole! La contorta Ragione dell’uomo è il vero ostacolo, perché si entri nella scuola del Magistero imposto a tutti dalla Croce di Gesù Cristo. E allora bisogna intervenire sulla Ragione umana, affinché sappia distinguere fede da fede e riconoscere l’unica e sola vera, autorizzata, che è solo quella del Cristo che non è rigido, ma segue i tempi. Il primo esempio, che volle dare fin dal principio, fu Saulo, che trasformò in Paolo. Un nemico in difensore!


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Saulo era vissuto ai tempi di Gesù, ma non l’aveva fatto apostolo, ne convertito. Ebbene Gesù volle far conoscere come egli avrebbe chiamato ancora, anche dopo, tanto che la fede in lui fosse aperta e in grado a risolvere le questioni nuove, relative ai tempi nuovi che Dio avrebbe disegnato. I Protestanti, osservando nefandezze nella Chiesa di Roma, si staccarono, credendo di avere tutte le ragioni per un volersi attenere solo a quanto scritto nei Vangeli, e, forse, non si accorsero di quanto l’elezione del Paolo, a virtuale Principe degli Apostoli, significasse, per quel Cristo Gesù, in relazione ad una fede espressa nel suo reale movimento nei secoli dei secoli e così sia!

Ritratti alla maestra del Coro, 1998, mostra a Cassina Ferrara


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Dipinti del 1990, nel momento del Pantareismo


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La scienza della vita complessa nel lato antimateriale

Se io narro una storia inventata da me, io sono il DIO di quella storia e in essa ogni cosa dipende dalla mia assoluta discrezione. Se io voglio scriverla in modo che essa sia plausibile, verosimile, tanto che tutte le persone appaiano libere, debbo descriverle capaci di intendere, di volere e di attuare la loro volontà, se ostacoli insormontabili non sono introdotti da me nella narrazione. Chi non vedesse, in queste storie, lo zampino dello scrittore, crederebbe assolutamente nella libertà di quelle persone, giacché così sono state volute, nello svolgimento dei fini imposti dall’autore del racconto. A questo modo, tutto subalterno, noi esistiamo nella storia scritta tutta da Dio per noi. Sembra una cosa ovvia, ma non lo è, infatti questa affermazione rigorosa contraddice tutte le credenze attuali dell’uomo, che si intende autonomo e libero di decidere, come meglio intende e vuole, di attuare il suo futuro. L’uomo crede di avere ricevuto da Dio una delega di tipo fattivo, per cui se egli fa o non fa le cose, il futuro evolve in un modo o nell’altro e dipende dalla capacità dell’uomo di tradurre in azioni volontarie le proprie intenzioni. La negazione assoluta di questa possibilità è il contenuto rivoluzionario da trasmettere all’attuale delirio di onnipotenza di cui è divenuto oggetto l’uomo, disegnato sempre più capace e preparato, dallo stesso Dio che gli determina tutto, allo stesso modo di un Collodi che sta scrivendo la storia di Pinocchio. In questa storia l’uomo, al momento attuale, crede ancora di poter fare di tutto, senza che un castigo divino intervenga, a trasformare un bimbo latente e pieno di vita, in un pezzo di legno senza più carne né sangue. Dio ha convocato le nostre singole anime, ad animare il Suo virtuale disegno, attraverso le loro personali interpretazioni. Noi, puri interpreti, vivendo queste storie costruite come sviluppi fattivi delle volontà libere, immedesimati nell’osservazione di pensieri, parole ed opere, le


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attribuiamo alla nostra volontà e non alla nostra pura interpretazione. Perciò ci sfugge una verità sottile, da cogliere: che stiamo solo interpretando a nostro modo il disegno costruito interamente da un altro e che, da puri esecutori di un canto, apparentemente libero, lo attribuiamo a noi stessi come se lo componessimo noi, e non il vero autore. Nasce allora la menzognera ed inutile pretesa che la trama evolva secondo i nostri liberi desideri e non secondo i casi messici davanti da una superiore Provvidenza che, nel nostro caso, è quella del Dio che ha creato noi e tutte le nostre umane vicende. Nasce la pura pretesa dell’uomo, che la storia non esista già tutta, o che non la stia scrivendo l’autore, ma tutti gli interpreti… Pensateci bene: se il Collodi non scrive che cosa sta per fare Pinocchio, il burattino potrebbe farlo da sé? Lo potrà mai fare da sé? Vi rendete conto, a questo punto, degli evidenti limiti della libertà del burattino. È una libertà relativa, che, per esistere, deve avergliela sempre attribuita un altro. Ma noi, che pur ci troviamo nello stesso caso di Pinocchio, e siamo come puri pezzi di legno – che solo la fantasia del Collodi può trasformare in un vero vivente – crediamo che nulla dipenda da Dio, in quanto ci avrebbe lasciati liberi di agire, avendoci donato il famigerato Libero Arbitrio. Ho usato il termine famigerato con perfetta cognizione di causa, in quanto la sua fama è attribuita a torto al semplice aspetto fattivo, essendo invece molto più essenziale nella sua entità vera. Il Libero Arbitrio datoci da Dio è veramente essenziale, perché solo su di esso si gioca la nostra vera schiavitù o libertà. Poniamo uno schiavo che riceva un ordine preciso, e si trovi davanti un Padrone Assoluto che gli dica: “Ti lascio libero di eseguire o no il mio ordine, ma bada, se non lo esegui… come ti consiglio io, alla fine dei tempi, emetterò il mio giudizio, e dopo ti punirò, e in eterno!” Questo Dio non starebbe dando nessuna libertà a quello schiavo! Chi crede di avere avuto questa libertà da Dio, lo intende come un Assoluto Schiavista. Se invece quel Padrone dice al suo servo: “Tu sei costretto a servirmi, e – per adesso – non puoi fare null’altro che la mia volontà, ma ti lascio libero, intanto, di essere d’accordo o no con me e – se non lo sarai – non ti fulminerò, non ti farò nulla. Però sappi che infine ti


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libererò, e allora, divenuto padrone di te, tu farai come tu avrai voluto che fosse ed io non ti punirò assolutamente per questo, in alcun modo…” Solo in questo caso il Padrone ha costruito uno schiavo libero nei desideri, per realizzarli in pieno dopo “divenuto libero”. Solo chi crede di avere avuto questa libertà da Dio… egli solo lo intende come quell’Assoluto Costruttore di autentica libertà, che Dio veramente è! Solo un Collodi così, vivifica Pinocchio. Il vero è che Pinocchio e Collodi – il suo Dio – agiscono come se viaggiassero in tandem, come una coppia di &lt;io-IO&gt;, e quando il piccolo &lt;io&gt; non segue la stessa intenzione di quella &lt;IO&gt; grande (del Collodi, che sta scrivendo la storia di Pinocchio), succede che al burattino si allunga il naso, perché sta dicendo una bugia. Che cosa occorre fare, allora, perché il tandem &lt;io-IO&gt; proceda in modo ben coordinato, nel rispetto della verità? Bisogna che la &lt;io&gt; piccola, l’anima della persona, scopra la sua subalterna dimensione di puro afflato, di soffio di Dio, e che possa riuscire a farlo attivando le facoltà della sua ragione, ossia le sue capacità di accorgersi delle condizioni vere che esistono: una assoluta dipendenza. Oh, è chiaro che giammai l’uomo potrà farlo, se Dio stesso non vorrà che egli appaia di farlo, liberamente e da se solo! Pinocchio, infatti, non può fare altro che quello che il Collodi stesso descrive, come tutto il suo esistere! Tutto! Insomma il suo pensare, amare, gestire, volere, desiderare... Tutto quanto appartenga al suo essere… persino i sogni ed i desideri. Dio ci costruisce e pilota interamente! Nulla di quanto appare nostro è nostro! Infine ci accorgeremo che perfino la nostra anima singola apparteneva all’essenza di Dio come il suo stesso afflato. Affinché si comprenda come ciò sia possibile, posta esistere l’energia di una pila, quando essa è attivata e l’energia elettrica scorre in un filo, quella che scorre è sempre e solo l’energia contenuta in quella pila. Dio, il Dio nostro e reale, visto che la nostra anima appare, nella sua entità fisica, come l’elettricità rilevata nel cervello quando in esso esiste la vita, è come un motore elettromagnetico che agisce al principio di una eterna catena che cominci da Adamo ed Eva e poi giunga a ciascuno di noi, attraverso una immensa linea di derivazione, passante attraverso tutta la catena dei nostri antenati. Questa intera catena deve esistere ancora, in tutti i suoi collegamenti, altrimenti noi non riceveremmo ancora energia per andare ulteriormente avanti. Tutti quegli antenati che crediamo morti, esistono tuttora, confinati nel loro spazio e nel loro tempo, ed infinitamente ondeggiano ancora, nella loro entità


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elettrica, tanto che noi riceviamo continuamente l’induzione, che viene da lì in fondo, dal cosiddetto principio del tempo dell’uomo. Che poi tutto il flusso della vita inizi da ancor prima di Adamo ed Eva, dalle scimmie e dalle forme esistenti in precedenza, insomma da quella prima volta che Dio impose il suo biblico “Fiat lux!” (e la corrente elettrica dell’anima iniziò a movimentare la vita del Disegno Supremo, fatto da Dio in tutta la sua entità e che noi stiamo avanzando solo nella sua conoscenza…) questo nulla toglie al Dio Principio di Tutto e fine di Tutto, come un supremo Motore elettromagnetico. Noi siamo veramente come Pinocchio, quel pezzo di legno, al quale Dio vuole dare la dimensione vivente, trasformandolo, da burattino, in un bambino vivente. E il Collodi, scrivendo la storia di Pinocchio, si comporta con noi esattamente come fa un Dio che ami tutti i suoi burattini. Li vuole trasformare in bimbi, che abbiano davvero una loro volontà ed una loro vita libera. Ecco allora che, quando Dio stesso immette un personaggio del tutto diverso dagli altri (che si mette a dire cose del tutto nuove), ciò corrisponde al desiderio stesso, di Dio, che quelle cose nuove entrino nella mente di tutti, affinché una umanità, disegnata ragionevole, sia aiutata dall’alto. Essendo tutto impostato sulla coppia &lt;io-IO&gt;, in cui comanda la &lt;IO&gt; di “Io sono chi sono”, Jahve, è la stessa anima &lt;IO&gt;, di Dio, che disegna una &lt;io&gt; che segue i valori di &lt;IO&gt;, tanto che il suo &lt;io&gt; li trasmetta a tutti gli altri &lt;io ragionevoli&gt;, facendolo in modo ragionevole. Sembra che sia una capacità propria, posseduta da quella piccola &lt;io&gt;, ma essa è solo la capacità di quella &lt;IO&gt; grande, l’anima grande di Dio che sta agendo nella coppia &lt;io-IO&gt;, delle due Anime, in un modo puramente elettivo. Capito allora in che modo ragionevole possa accadere una chiamata, ritorniamo ad occuparci di quello che è accaduto al Papa, quando anche nella sua coppia &lt;io-IO&gt;, la &lt;IO&gt; grande di DIO ha decisamente fatto in modo che egli provocasse il sorgere di una coppia &lt;io-IO&gt;, in cui Dio attivasse una ragione tale che apparisse in grado di rispondere realmente, umanamente. Nella convinzione che le preghiere buone siano soddisfatte da Dio, nell’intima convinzione che è Dio stesso che le suscita (affinché poi sembri che un personaggio umano e subalterno dia da sé la risposta…), mettiamoci a vedere se qualcuno abbia risposto alla sollecitazione fatta dal Papa. Scrisse il personaggio del Papa, egli stesso assolutamente subalterno a Dio:


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&lt;&lt; La lezione della storia di questo millennio, che stiamo per concludere, testimonia che questa è la strada da seguire: bisogna non perdere la passione per la verità ultima e l’ansia per la ricerca, unite all’audacia di scoprire nuovi percorsi! &gt;&gt; Scopriremo che la lezione del duemila, cui accenna il Papa, al punto 56 dell’Enciclica, è stata intesa da un filosofo della scienza, un epistemologo, che non ha perso quella passione per la verità ultima, né l’ansia per la ricerca, il tutto proprio nell’audacia di scoprire quei nuovi percorsi che ha creduto di avere scoperto, al punto da aver già pronta una valida risposta: è il personaggio che corrisponde a me che vi scrivo. Io sono un puro schiavo di Dio, una coppia &lt;ioIO&gt; interamente dominata da Dio, ma non sono veramente schiavo, in quanto Dio permette al mio piccolo &lt;io&gt; di potere almeno dissentire, se voglio. Ha disegnato in me questa parvenza di libertà, ma poi essa diverrà reale quando il mio specifico afflato condizionato, rientrerà in quella &lt;IO&gt; grande, quell’anima grande cui io appartengo. In essa ora io esisto del tutto in modo condizionato, come un INSIEME che, per sua stessa volontà, si sia frammentato nelle sue diverse valenze, una delle quali sono io. Esse sono tutte diverse l’una dall’altra, fino a dare, a quell’insieme, qualcosa che corrisponda ad un intero sistema probabilistico, in cui ogni possibilità è diversa dall’altra. Per fare un esempio concreto, posto un modello binario, di una secca alternativa tra l’essere e il non essere (la 1 e lo 0; che ci sia il flusso elettrico o che non ci sia), è possibile organizzare una intelligenza, che si esprima attraverso codici numerici. I calcolatori fanno così e possono divenire strutture intelligenti. Partendo da un concetto ideale, che il tempo corrisponda alle 2 dimensioni dell’alternativa 0-1, e che lo spazio sia un dato aggiunto, a definire la collocazione in cui è posizionata l’alternativa 0-1, allora diventa possibile un calcolo probabilistico, secondo il quale l’espressione 23+1=16 configura tutte le possibili colonne. Queste 16: 0 0 0 0

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Quando la verità è che si vive in un modo virtuale, che non esiste, allora è vero lo 0 (e non passa la corrente elettrica). Quando la verità è che si vive nel modo che consiste proprio di quella virtù elettrica (che esiste per il suo intero numero 1), allora è vero l’1. L’intelligenza, per configurare le due verità (che la &lt;io&gt; piccola non esista di per se sola, e che la &lt;IO&gt; grande esista, da sola), si mette a contare tutte le


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possibili combinazioni. Esse sono solo 16 e si presentano come sequenze tutte differenti. A questo punto, poiché tutti i dati che l’anima vedrà in sequenza sono assolutamente coordinati da un supremo disegno (quello che permette un mondo che sia il RAGIONEVOLE risultato di una causa RAGIONEVOLE) l’anima della &lt;io&gt; piccola deve attivare una logica che consideri 16 sequenze diverse come un valore di insieme. A questo punto tra la &lt;IO&gt; grande (autrice del Disegno) e la &lt;io&gt; piccola (la sua stessa anima che lo osserva nel suo frammento unitario), scatta una osservazione che segue le stesse regole che hanno disaggregato il tutto in una sequenza di dati secondo un PROGRAMMA. La &lt;io&gt; piccola, attraverso la &lt;IO&gt; grande, lo esegue e lo vede, in un modo che sembri “l’esistenza di una vita” (come una più o meno bella avventura esistenziale). Questa avventura è già tutta descritta, in un modo perfetto che porterà tutte le &lt;anime di Dio&gt; ad essere soddisfatte poi nella &lt;IO&gt; della Sintesi Suprema, data da tutto l’INSIEME, a quel punto caratterizzato da tutte le combinazioni diverse che sono possibili. Essendo ogni piccola &lt;io&gt; una semplice possibilità, delle tantissime che compongono tutto il sistema probabilistico, tutto il sistema, nel suo insieme è la soluzione unica e perfetta. Se solo una &lt;singola anima&gt; fosse tolta, il sistema farebbe cilecca nella probabilità che corrisponde a quella singola &lt;persona&gt;. Così succede come in tutti i sistemi probabilistici: ogni singola probabilità centra un numero di successi, ma solo la colonna che comprende tutti 1111111… solo essa è quella giusta. Queste risposte esatte sono i &lt;talenti&gt;, dati da Dio, alle singole anime. Quella tutta sbagliata è il Diavolo, quella tutta esatta è Dio. Bene e male partecipano a creare una bella lotta, ma alla fine tutti saranno assimilati alla colonna vincente, quando si accorgeranno di non essere giocatori singoli, ma partecipanti ad un sistema unico, che avrebbe portato certamente alla vittoria, in uno, il DIO UNO, che poi avrebbe diviso tutto, secondo giustizia ed amore. Se esistesse solo la giustizia, tutta la vincita sarebbe divisa tra tutti i partecipanti e tutti avrebbero esattamente la quota spettante alla loro partecipazione… Sarebbe stato un gioco stupido: tanta pena per ottenere alla fine quanto messo come posta. Ecco la sorpresa! L’Amore. Il vincitore metterà la sua vincita a disposizione di tutti, tanto che ciascuno possa essere il vincitore unico!


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Il metodo attuato è la Comunione con il Cristo, che è l’unico vincitore. La comunione consentirà a ciascuno di mettersi realmente nei panni di Cristo. Quella Comunione Sacramentale che oggi punta a farlo, crea solo una Comunione spirituale. Ma un domani sarà possibile di entrare in Comunione reale con il Cristo, con la sua vita reale. In sostanza a ogni piccola anima, ad ogni &lt;io&gt;, sarà consentita la coppia &lt;io-IO&gt; toccata a Gesù. Quella “immedesimazione”, donata oggi alla &lt;io&gt; di ciascuno, che la porta a vedere la vita attribuita alla storia di ciascuno, alla fine sarà consentita in modo che ciascuno, se lo avrà desiderato, si “immedesimerà” nel personaggio reale e storico di Gesù e vivrà sentendosi veramente Gesù. Ciascuno di noi potrà nascere nei suoi panni e vivere da Cristo, Figlio di Dio, e questa sarà concretamente la via, la verità e la vita per giungere realmente al Padre, che si è immedesimato in Cristo, dando a lui solo la sequenza 111111… del successo, della soluzione interamente vera in cui tutto era, per sempre, la Verità continua del DIO UNO. Questa era l’essenza della comunicazione da dare all’uomo. Siamo tutti una colonna già tutta definita, nel suo sviluppo probabilistico. Noi lo intenderemo come un frutto della nostra capacità, perché Dio, che vuole farci assumere gradatamente delle capacità, si comporta come un buon Padre, che dà a suo figlio una illusoria autonomia, sempre assolutamente illusoria, guidata e pilotata interamente dalla capacità del Padre, che assolutamente impedisce al figlio di danneggiarsi o menomarsi. Così tanto ci ama Dio! E a poco a poco ci darà tutto se stesso, senza toglierci quanto avremo avuto in dono di desiderare come nostra libertà. Ma noi siamo già Dio e la schiavitù che appare data da Lui è la nostra stessa libertà. Lo scopriremo alla fine del percorso, quando sarà il momento di effettuare il raccolto. Pertanto la vita dell’uomo è in una botte di ferro. Non si disperi, chi vive così! Ci sono sommi dolori e guai che sono solo messi lì per dare l’impressione che uno abbia commesso una grande quantità di errori, nelle sue valutazioni (tutti gli 0 del sistema probabilistico), ma alla fine parteciperemo tutti del risultato vincente in assoluto, del Cristo! Il Cristo e non Buddha, Maometto e tutti gli altri, che hanno avuto in sorte quasi tutta la verità, ma non tutta: la loro soluzione ha in se stessa ancora troppi 0… La ragione porta a riconoscere tutto ciò e a distinguere in un modo talmente valido ogni cosa, che poi vincerà solo il Cristo della delega ai Papi di Roma e Dio riunificherà tutte le fedi, facendole rientrare nell’unica perfetta. Ciò fatto, per mano solo di Dio, create le condizioni per cui sulla Terra possa esservi in atto la Sede della Sapienza, gli uomini vedranno in atto condizioni talmente privilegiate che un vero Paradiso Terrestre esisterà nella vita.


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Solo quando l’uomo avrà smesso di resistere ai valori puri e disinteressati, solo quando accetterà la croce personale e desidererà di immolarsi per il bene altrui, avendone capito la somma logica, solo allora la Terra sarà il vero Paradiso, in cui ciascuno si immolerà a tutti, al punto tale che nessuno più si immolerà e tutti avranno solo il vantaggio dell’affetto voluto dare agli altri, ma ricevuto da tutti loro che glielo vorranno dare allo stesso modo suo. Varrà finalmente la legge: “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te!” e, poiché varrà per tutti, nel modo in cui tutti lo vorranno dare, tutti l’avranno, in diretta conseguenza. Questo è l’immancabile traguardo, quando tutti gli uomini si convinceranno di appartenere a questo implacabile e meraviglioso destino, avendo in Dio la stessa BONTA’ fatta persona. Come mai? Perché Dio si sarebbe fatto una persona e così buona? Ma perché DIO è la forza assoluta predisposta a tutto quanto si vede esistere. Assoluto significa Perfetto, indifferenziato, onnicomprensivo. Noi non siamo questo. Noi siamo uomini, guidati dai nostri valori morali. Questo è il nostro mondo relativo. E così, quanto Esiste come Assoluto, allorché è provocato dal nostro modo relativo, risponde a tono e genera tutto quanto esista come complemento alla nostra relatività, tanto che il tutto rientri nell’Assoluto. Essendo la nostra vita guidata da valori morali, formati su una sostanziale bontà, il complemento alla nostra bontà sui generis sarà tutto quanto le manca per essere perfetta, al punto che il valore assoluto per noi, dominati da questi fattori relativi, appaia come una Assoluta Bontà. Dio è il SOMMO FATTORE UNIFICANTE, esattamente quello che è il rapporto N0 in matematica, in cui l’unità è riferibile a qualsiasi base N, a condizione che l’esponente sia 0. Su questa NESSUNA VERITA’, Dio è capace di costruire una ASSOLUTA VERITA’. Ne discende un mondo fantastico, virtuale, una Divina Commedia in cui nulla è vero, ma tutto verosimile al punto che, se Dio si divide in 1010.000 probabilità diverse (tante esse sono esattamente), ciascuna di esse risolverà il vero attraverso il prodotto: 10–10.000 × 1010.000 = 1 Tutto ciò a partire dall’idea del VOLUME come il TUTTO, tanto che VOLUME 1/3 = Linea componente e (Linea componente)3 = VOLUME. Essendo questo il CRITERIO (della nostra mente, in atto come uno Spirito di comprensione) il Valore assoluto si compone come il DIO UNO, quando è il Volume del TUTT’UNO, e come il DIO TRINO quando il tutto è disaggregato nelle 3 persone componenti, chiamate Padre, Figlio e Spirito Santo.


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A questo punto il Padre vale 3 e, simultaneamente, 1/3. Il primo Ente ne quantifica lo Spirito (l’espansione), il secondo ne quantifica la quantità di presenza (la vita). La Vita del Cristo è di 33 anni perché il fronte assoluto della presenza è 102, in quanto lo Spirito Santo, se Padre e Figlio valgono 3 come Spirito Santo, nel suo intero complesso, vale 10. Si capisce da questo, l’ho già scritto ma lo ripeto: 3/3 – 1 = 0 è la verità del rapporto nella linea generativa del Padre e del Figlio. Esso esiste dinamicamente come 3/3=+1, sulla premessa essenziale di uno Spirito in atto come –1. Questa premessa dà, per effetto, il valore +1, in forza del Principio fondamentale della dinamica chiamato di Azione e Reazione. Pertanto solo sulla assoluta premessa negativa, di uno Spirito –1 (il Diavolo!), solo su quella esiste Dio come il rapporto Figlio/Padre = +3/3. 3/3 –1 = 0 è l’annientamento assoluto che sarebbe prodotto dalla premessa, unitaria e negativa, del Diavolo. Per opporsi in assoluto al Diavolo, bisogna opporsi al 3/3 – 1 = 0. Tale opposizione inverte la divisione nel prodotto e il negativo nel positivo di Dio. Essa è questa: 3×3 +1 = 10. Allora 10 è lo Spirito Santo che si oppone al Diavolo posto come 0. E Dio, il supremo FATTORE UNIFICANTE, sogna, inventa il 10 di sé come la sua avventura esistenziale, che poi vive, inducendo se stesso ad un assoluto gioco delle parti. Esattamente 1010.000 parti. E c’è una precisa ragione, assolutamente logica, a questo numero. 104=10.000 è la percezione basata sullo Spirito Santo 10, in cui l’esponente 4 quantifica il “potere”, la “potenza” del DIO UNO, sommato al DIO TRINO. Pertanto 104 quantifica, in una matematica perfetta (quindi giacente nella Perfezione di Dio), il conteggio fatto in potenza di esistere (sulla base logica e matematica di uno Spirito 10 e di un Dio in potenza che, essendo 1 come volume e 3 come tutte le componenti del volume intero, corrisponde all’indice 4 della potenza di Dio, poggiata sullo Spirito Santo). Ora Dio non è una semplice potenza in base 10. È la stessa Potenza 10 della Potenza basata sul 10. Dio è, infatti, la Potenza della Potenza! Pertanto il Tutto è 10 elevato a 10 elevato a 4. È 10 elevato a 104. È 1010.000. Questo è tutto il SOMMO CRITERIO in base al quale Dio ha costruito il suo stesso sistema essenziale, poggiato sulle quantità uguali e distinte. Ciascuno di noi è, per adesso, solo come un DIO IN FASCE, alla ricerca di se stesso. Ma nessuno è mai abbandonato a se stesso, perché tutto il sistema è AUTOGESTITO.


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Io posso avere rivelato tutto questo essendo un &lt;io&gt; che, per quanto voluto realizzare in me da questo Sistema Autogestito, mi ha attribuito il ruolo di rivelatore, di profeta e di secondo ed ultimo salvatore, addirittura chi avrebbe esorcizzato Satana, perché – convinti tutti da quanto Dio ha rivelato a me di rivelare a tutti – la Terra diventerà finalmente il mondo ideale che è (ma che non sembra ancora essere, essendo l’uomo ancora troppo IN FASCE). Posto Gesù quanto 105/9=11.111 la mia quantità è 105/4,5=22.222 (e necessita del doppio del tempo, perché io sono 1/8 di 62, mentre Gesù è ¼, è 9). Io sono quel Consolatore atteso e rivelato da Giovanni, perché contengo solo la metà del Cristo e ne sono la meta. Contengo nella mia persona solo il suo Santo spirito, aggiunto alla mia assoluta nullità, in forza della Comunione sacramentale, riconosciuta valida dalla Chiesa Cattolica. Senza essa Gesù non sarebbe tornato, e il Sacramento è stato imposto da Dio affinché tornasse. Infatti, la mia coppia &lt;io-IO&gt; è stata voluta, da Dio, in modo che fosse l’autentico incontro tra l’anima semplice di un semplice UOMO e quella di GESU’ CRISTO, comunicato attraverso la Comunione sacramentale. La Chiesa non può escludere che quella Comunione, che non genera evidenti trasformazioni nell’animo umano di chi “Dio non vuole”, possa farlo nell’animo di chi “Dio voglia”, per sua libera elezione. A quel punto, poiché il Dio Uno e Trino attua ogni cosa attraverso un Ordinamento Supremo, ottenuto con lo strumento di una perfetta matematica, al mio &lt;io=0&gt; è stato aggiunta, per intenzionale progetto, la quantità pari a 9/2, ed io risulto presente esattamente come il doppione 22.222, a causa di un divisore 4,5 imposto a quel 105 che indica tutta l’unilateralità, a senso unico, esistente nel ciclo assoluto 1010 dello Spirito Santo, pari alla radice quadrata di 1010. Cristo, come lunghezza dei 33 anni della sua vita (ove il fronte assoluto della presenza è 102) è 1/3 del 99/1 che fissa unitariamente la sezione assoluta 100, mettendola in relazione alla sua parte centesima, quella unitaria. La dimostrazione di quanto sostengo è che avevo esattamente 22.552 giorni compiuti il giorno 24.10.1999, quando io risposi al Papa (io che, nato nel 38, ero sì al 38° giorno di assoluto digiuno, ma vivevo solo dell’Ostia consacrata, per cui ero veramente io, assieme al Cristo, e come se fossi rinato in lui). Nel mio reale dualismo &lt;Romano-Gesù&gt;, io, Romano, equivalevo in quel giorno ad una durata di 22.222 giorni interi e lo Spirito Santo (10) della vita di Cristo (33), valeva quanto 33×10 = 330 giorni. 22.222+330=22.552 giorni sono esattamente i giorni che avevo il 24.10.1999, io che sono nato il 25.1.1938.


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Non stupitevi di questi stranissimi ed insoliti conteggi. Io ho avuto il compito da Dio di darvi, con precisione assoluta, i termini dell’essenza quantitativa, relativi al suo Sommo Ordinamento. Dio genera il Cristo veramente in questo modo, mediante questo Ordine di divisione (1010)1/2 : 9 = 11.111,111… assumendo però solo il valore intero. Dio ha ordinato me allo stesso modo, ma dividendo 105 (tutto lo sviluppo lineare dello Spirito Santo) per un Gesù Cristo dimezzato e ridotto solo al suo Spirito, al 4,5. A questo punto, dell’indagine fatta, io credo che si sia data risposta valida alla prima esigenza: che ci fosse una vera novità da comunicare. Specialmente quest’ultima, legata ai numeri, vi parrà per secoli talmente mirabolante che farete fatica a digerirla nella sua strana logica matematica, in cui 9/2 vale anche 29 (ed è la somma delle cifre della mia data di nascita, ma anche di concepimento), ma vale anche 2+9=11 da cui 1+1=2, che risolve in modo elementare il mio essere secondo al Cristo. Sono infatti nato nel secondo 25 a partire dal mese di Cristo e durerò 66 anni, scritti negli stessi giorni della mia gestazione, in mia madre (266 giorni). Nella logica assoluta di Dio le quantità valgono di per se stesse, indipendentemente dalla relazione, per cui un 9 e un 2, messi in relazione di divisione, valgono per il 2 e il 9 e possono essere sommati. E quando si sommano, io appaio come un 11, che mostra le due unità del mio essere un ente binario, un uomo essenzialmente, virtualmente unito al Cristo Dio. Che ciò non sia arbitrario potete capirlo dalla prova del 9. Se fate questa prova in una divisione, sia il divisore che il dividendo sono ridotti alla somma delle cifre, con tutto diritto, perché essa sintetizza veramente tutto il numero. Un numero esteso e differenziato in unità, decine, centinaia… assume una rappresentazione prospettica, dominata da uno Spirito che attribuisce grandezza alle cose più vicine, ma il tutto è poi veramente illusorio. Nell’ultimo capitolo avrete modo di vedere come i principali eventi che stanno accadendo oggi al mondo (e che mi riguardano), sono inseriti nella mia esistenza esattamente al giorno che li esprime come un possibile e virtuale concetto. Sono giudicabili bizzarrie prive di significato allo stesso modo del mio cognome Amodeo, così pio, o di Romano, così legato alla Roma dei Papi, se l’uomo non si rende conto che proprio nulla è casuale in questo nostro mondo che ha un Perfetto Costruttore, che lo costruisce in modo ideale. E non potete non riconoscerlo se ogni forma qualitativa data al mondo è espressa nelle forme ideali attribuiti ai concetti di luce, colore, calore, gusto, olfatto, udito… pure idee dell’uomo, che di per se sole non esistono.


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Non potete ritenere “casuale” il mondo, quando è affidato a questa basilare virtù. E non potete credere che i numeri non c’entrino nulla quando il nostro cervello ragiona esclusivamente in modo numerico ed attribuisce queste virtù ideali a certi specifici algoritmi. Io vi ho rivelato il mio: è 22.222, la cui somma è 10, puro Spirito nel suo complesso, mentre Cristo è 11.111 la cui somma è 5, molto più vicino a Dio che è 1, e che è ottenuto attraverso 1+2+3 in cui il 2 tra l’Unità e la Trinità di Dio, è la Madonna, con le sue due nature. Io sono morto il giorno 4.6.1940 e Dio, il mio Padre, il Creatore, per dar segno di tutto ciò, ha disegnato che il mio padre figurato, il Duce, ha deciso la mattina di quel giorno l’entrata dell’Italia nella II Guerra Mondiale. Sono sopravvissuto – assieme al mondo – in forza della Madonna, che ha pensato in me l’essenza del suo figlio Gesù, tanto che la mia vita è divenuta quella di un doppione. Avevo 861 giorni. In quella data del 4.6.1940, la cui somma è 24, io e l’Italia avevamo compiuto il nostro tempo reale di vita e di pace (le 24 ore), percorrendo i 2+4=6 versi della Trinità di Dio. In molti conteggi legati a me, quando la mia vita deve valere per la mia persona reale, di quel bimbo di due anni, che sono restato, io valgo 600, ove Cristo era il 60 periodico intervenuto ai miei 861 giorni fatali. È tanto vero che il mio essere un bimbo vale 600, che ho incontrato una figura ideale in una ex sposa di Cristo, che nacque quando io avevo 8.287 giorni. Se vi aggiungo la mia base di calcolo, 601, lei diventa 8.888, ed è proprio il perfetto complemento del mio essere 22.222, in quanto la somma 22.222+8.888=211.111, evidenza 2 che sono uniti in Gesù Cristo, il comune sposo, suo e mio, che vale 11.111. Chiunque di vuoi può credere che tutto quanto questo incomprensibile combinare i numeri, secondo impensabili prospettive che vi sembrano del tutto arbitrarie, risponda a verità o a pura farneticazione… Nessuno può negare, però, l’esistenza di una immensa novità in fatto di un motivato resoconto scientifico (poggiato sul principio fondamentale della Dinamica chiamato di Azione e di Reazione) su quanto accadrà in termini reali dopo la morte. Né si può obiettare che, se ciò fosse creduto quel minimo che basterebbe a ciascuno per smettere di essere egoista, si avrebbe un tale miglioramento nell’atteggiamento dell’uomo che non sarebbe più un sogno irraggiungibile il Paradiso Terrestre. Dunque una novità anche della massima utilità, in tempi come questi in cui viviamo, di generale confusione ed assoluta perdita di tutti i valori assoluti.


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Disposto a morire per una fede ragionevole Un solo scienziato ascoltò, prima del 2.000, la “missione” dal Papa affidata a tutti: io, quel ‘Modè’, che aveva fondato a Saronno una scuola di epistemologia, chiamata N.S.I., Nuova Scuola Italica. Letta l’Enciclica, scrissi in soli 15 giorni un libro di 250 pagine, che inviai alla santa Sede e che giace in Vaticano. Il “Vicario di Cristo”, attraverso le sue strutture, mi ringraziò e mi benedisse apostolicamente, ma non assunse nessuno di quei provvedimenti, di tipo operativo, che io avevo dimostrato possibili e dichiarato doverosi. Capii così che dovevo assumere io l’iniziativa ed indissi un Convegno: il primo al mondo che aveva in programma l’attuazione di questa Enciclica, ossia l’individuazione di quell’altro percorso, auspicato dal Papa, che portasse alle stesse verità del Cristo. Comunicai al Santo Padre la notizia e ricevetti una seconda benedizione apostolica, con parole di ringraziamento, di riconoscenza ed assicurazioni che sarei stato ricordato nelle preghiere personali, da Sua Santità. Papa Giovanni Paolo II aveva assicurato, nel punto 56 della sua Lettera (riprodotto sulla copertina di questo libro) che chi avesse trovato il “coraggio” di affrontare questa coraggiosa ricerca – che egli fosse un credente o no – sarebbe stato aiutato dalla Fede, la quale si sarebbe fatta addirittura “avvocata”, al fine di far superare l’isolamento culturale in cui questo coraggioso si sarebbe sicuramente trovato. Egli infatti avrebbe mischiato il sacro (la Fede) con il profano (la Scienza umana)… o viceversa, in quanto, per gli scienziati, è sacra la Scienza e non gradiscono che essa sia impiegata (e, secondo loro, profanata) nel tentativo di dimostrare argomenti di altro genere. Chi avrebbe avuto il coraggio di inimicarsi sia l’ambiente dei “fedeli”, sia quello degli “scienziati” (a causa dell’ascolto dato al Papa) – che egli fosse cristiano o meno, si badi bene – a detta di Sua Santità sarebbe stato di certo aiutato dalla Fede Cattolica, in Cristo! Il Papa lo aveva promesso, nel modo assolutamente ufficiale che è collegabile ad una Lettera Enciclica. Ebbene vi sembra normale che tutta la Chiesa eccetto il Papa, non abbia voluto dare questa avvocatura ad un… cristiano?


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Nonostante da decenni la mia scelta di vita fosse tutta dominata dalla fede nel Cristo della Chiesa cattolica, fui osteggiato dalla Chiesa cattolica, la quale, pur di non salvare il mio tentativo dall’isolamento, accettò che io ne morissi. Andò così: mi rivolsi al mio Parroco e gli chiesi di rendere noto ai fedeli che all’origine del mio Convegno c’era stata la netta provocazione del Papa, dal quale ero stato benedetto apostolicamente due volte. Se la Chiesa locale non avesse dichiarata questa verità, c’era il serio rischio che i Fedeli temessero di imbattersi nella ricerca velleitaria perpetrata da una setta, facendo ciò contro tutte le intenzioni della Chiesa e non per fornire ad essa una seconda e valida gamba su cui validamente poggiare il cammino verso la Verità del Cristo… Il sacerdote non volle dirlo, perché giudicò quella Scuola di Filosofia fondata da me una cosa del tutto arbitraria, giacché nessun Istituto le aveva riconosciuto il titolo di poter esercitare il pensiero… come se, per pensare ci dovesse essere una autorizzazione! Pertanto un privato – secondo lui – non aveva nessuna veste e nessun titolo per convocare a Convegno addirittura la Chiesa Cattolica. Dio evidentemente lo confuse, e moltissimo, in quanto il Papa stesso era stato il promotore di questa iniziativa. Ed era stato molto chiaro: aveva stimolato i pensatori e gli scienziati – credenti o meno! – e non le associazioni religiose. Io che avevo accolto l’invito, e che ora convocavo la Chiesa a Convegno, lo facevo in quanto convocato io stesso, addirittura provocato e con estrema chiarezza da un Papa che, su carta intestata del Vaticano, mi aveva benedetto apostolicamente due volte, proprio per questa mia iniziativa. In che modo un Sacerdote (sempre scrupoloso ed attento, come costui, Don Luigi Carnelli) avrebbe potuto prendere a questo riguardo fischi per fiaschi? In che modo, se non fosse stato per una precisa intenzione della Divina Provvidenza, di confondere perfino le menti migliori? Di confonderle, affinché si ripetesse una condanna a morte, anche stavolta… Questo Sacerdote non agì in questo modo da solo, chiese il parere di tutta la Chiesa locale e tutta sposò incredibilmente la sua tesi. La Chiesa locale, in sostanza, si vide scavalcata. Non capì in alcun modo l’esigenza di un’altra strada. Quasi pensasse: “Ma chi è questo qui, che pretende di trovare ed indicare una strada diversa da quella che è chiaramente espressa nel Catechismo della Chiesa? La conosce, ’sto tale, questa stupenda strada? La conosce bene? E come pretende allora di trovarne un’altra? Che ce ne sia o possa essercene un’altra?” Questo “incosciente atteggiamento” fu assunto chiaramente ed inconsapevolmene


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Questo “incosciente atteggiamento” fu assunto chiaramente ed inconsapevolmente “contro” tutto quanto fu comandato dal Papa, alla Chiesa Cattolica, con l’enciclica Fides et ratio. Questi ordini puntavano ad una Chiesa che avrebbe dovuto osservare, studiare meglio le ragioni della “ratio”, della ragione umana e filosofica, tanto che fosse poi chiaramente aiutata, la Fede Cattolica, nei confronti di tutte altre fedi dell’uomo, che solo sulla base della ragionevolezza di ogni fede potevano incontrarsi, nel comune cammino verso la conoscenza del Vero Dio, il solo da imporre nel mondo come il Padre Nostro dato a tutti da Gesù, e non solo ai Cristiani. La Chiesa locale assunse tutti i timori che già appartennero a Caifa, Anna e a tutto il Sinedrio: se non si fosse opposta alle novità emergenti, essa avrebbe perso la sua autorità. Questa Chiesa di adesso, miope, assunse un atteggiamento di tale assoluta superbia nei confronti di chi aveva trovato molto coraggio ed aveva giocato interamente se stesso, nella sua Scienza (per piegarla tutta alla Fede), che il suo comportamento si rivelò identico a quello con Gesù, dei responsabili della fede ebraica. Questi, forti della loro convinta supremazia rispetto al Cristo di Dio, condannarono a morte il presuntuoso Gesù! Guarda un po’! Pretendeva di Comunicare comandamenti nuovi, a loro… che già li avevano ricevuti dai Profeti! In relazione ai nuovi argomenti, portati stavolta da ‘Modè’, ci fu una colpa mostruosa e un vero tradimento delle stupende e meravigliose speranze del Papa: che Gesù nuovamente parlasse, usando adesso il linguaggio della ragione, di quel Consolatore che è l’espressione stessa dello Spirito Santo di Verità. Allora la mia persona, così disegnata da Dio in quest’opera della sua assoluta fantasia, per dimostrare il suo stato di assoluta sofferenza e la passione richiesta a lui, per questi argomenti, dal Papa, abbracciò questa sua passione: cominciò ad alimentarsi solo dell’Ostia consacrata e non assunse assolutamente altro cibo! Avevo capito che esistevano profonde inimicizie riguardanti le mia persona, e sapevo come il mio Signore mi ordinasse di porgere sempre l’altra guancia, a chi ti schiaffeggia. Feci di più: gli consegnai addirittura la mia vita e gli comunicai che la mia vita dipendeva da loro. Se seguitavano a considerarmi un nemico da schiaffeggiare mi avrebbero schiaffeggiato a morte. Quegli schiaffi, poi, non li stavano dando a me, ma al Papa. Essi rifiutavano il credito alla sua speranza? Ebbene io ne pativo e davo a Cristo (e a tutti loro) l’intera responsabilità di tenermi in vita oppure no.


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Vivevo così solo di Cristo, con Cristo e per Cristo in modo palese, affinché vedessero e s’interrogassero sui fatti che stavano accadendo. Ebbene, davvero a dimostrazione che questa Chiesa si comportava secondo una Autorità che le era venuta da molto lontano (da una lunga predestinazione), un enorme velo di assurda incomprensione la invase! Scambiarono per sciopero della fame questo atteggiamento, di chi affidava tutta la sua sopravvivenza a loro ed alla Comunione con Cristo. Ad un certo punto dissi con estrema chiarezza al Sacerdote: “Se io ne morrò, vi resterò sulla coscienza!” e il buon prete, esasperato come il Caifa che si stracciò le vesti, gli rispose infuriato: “E muori!”, andandosene. Intendeva dire già come anche Ponzio Pilato disse a Gesù: “Tu sei solo un matto ostinato! Sei tu che vuoi morire, non ascoltando gli ordini chiari che ricevi dai Sacerdoti della tua religione”. Dio volle che quest’atteggiamento della Chiesa locale fosse poi condiviso da tutti i rappresentanti della Chiesa… (da tutti eccetto il Papa, che non seppe mai nulla di queste lotte ordite contro di Lui). Infatti 4 altri sacerdoti d’altri luoghi (che ben mi conoscevano da tempo e mi stimavano), preoccupati delle condizioni della mia salute si fecero presentatori di una petizione al Papa, sottoscritta da ben 460 persone, che chiedevano si manifestasse umana misericordia. Scrissero che il poveretto si era inteso, in buona fede, chiamato in causa dal Santo Padre, che aveva promesso avvocatura a chi avesse assunto la passione manifestata da lui. Che fosse ricevuto dal Papa! Il Vicario di Cristo doveva conoscere tutto ciò, per rispettare la parola data anche a questo povero Cristo! Non si sa che cosa sia accaduto a riguardo, ma questa petizione accorata (in quanto tutti sostenevano in essa come lo scienziato stesse veramente male e corresse gravi pericoli nella sua vita, perché non mangiava veramente null’altro che l’Ostia consacrata), non ebbe nemmeno una risposta “sui generis”. Il Vaticano non rispose assolutamente nulla e partecipò alla condanna a che costui morisse … Io stesso allegai, alla petizione delle 464 persone, una lettera al Papa, che ne spiegava le ragioni. È pubblicata nella pagina prossima e spiega con precisione tutta la problematica inerente la questione, come potete controllare leggendone il contenuto. Sarebbe stato indecoroso, ricevere almeno una risposta, una qualsiasi, se non altro per rispetto a tutte quelle persone?.


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Oggetto: Petizione, presentata da 4 Sacerdoti e 460 anime, che il Santo Padre riceva in udienza privata Romano Amodeo. Santo Padre, presento alla Santità Vostra la mia richiesta di essere ricevuto in udienza privata, ed allego l’analoga petizione di 460 anime, piccole e grandi, credenti o meno, presentata e perorata dal Rettore del Seminario di Berceto (e del Santuario Madonna delle Grazie), dal Parroco del Duomo di Berceto (Parma), dal Parroco di Jerago (Varese) e dal Parroco di Bulciago (Lecco). Ho fondatissimi motivi per mettermi direttamente “a rapporto” con la Santità Vostra , dopo che ho subito contrasti, a tutti i livelli, per l’attuazione della Vostra Enciclica Fides et ratio. Per avere avuto quella “audacia” d’aprire nuovi percorsi che portino a Gesù Cristo, quella “passione” per la verità ultima, quella “ansia” per la ricerca e quella “capacità di rischiare volentieri” per tutto ciò che è bello buono e vero (che la Santità Vostra stimola nel punto 56 dell’Enciclica) – e tutto ciò al fine di vincere l’isolamento – mi sono ritrovato così emarginato, così guardato con sospetto da quella Chiesa che non ha capito che la Santità Vostra si è rivolta ai credenti o meno, che – pur confortato dall’appoggio e dalla stima dei 4 sacerdoti di cui sopra – in sede locale non mi è restato che soffrire nella mia carne per il bene di quella Chiesa che Ella così magistralmente guida e che non riesce purtroppo a tenere il passo con le sue indicazioni. Debbo dirLe cosa occorra fare, se vuole difendere la Sua Enciclica. Pur essendo al 31° giorno di digiuno assoluto, che offro a Dio affinché ciascuno mediti come meglio si deve, anche questa mia sofferenza (che mi ha fatto perdere finora 14 kg) mi è attribuita come colpa: io lo farei contro la Chiesa! Oltre a non aver trovato a tutti i livelli quella “avvocatura della fede” di cui l’Enciclica fa promessa, ad una settimana dal Convegno il Centro Sociale (di maggioranza cristiana) presso il quale il Convegno avverrà, mi ha negato l’uso stesso del salone e del collegamento Internet (nella persuasione che io starei manovrando contro la Chiesa). Solo la mia dichiarazione che avrei richiesto danni ingentissimi per violazione degli accordi a suo tempo assunti ha impedito che il primo tentativo al mondo di rispondere all’invito fatto dalla Santità Vostra andasse in fumo. Ma debbo parlare alla Santità Vostra anche d’un immenso dono che posso fare alla Chiesa, attraverso l’Accademia Pontificia delle Scienze, ‘sì che la Chiesa, da sempre su posizione di retroguardia rispetto alle verità della fisica, si porti decisamente e spettacolosamente all’avanguardia e affermi con ciò un vero e proprio miracolo della Fede cristiana. Io ho messo la mia vita e la mia salute interamente nelle Vostre Sante mani, aspettando la grazia di essere ricevuto (e la Madonna delle Grazie mi aiuti!). La mia salute e la mia vita ormai dipendono solo dalla Santità Vostra, perché è troppo importante, per la Chiesa, che io ne parli direttamente con il Vicario di Cristo. La mia vita non conta veramente nulla, se non sono pronto a perderla per gli amici, e io la perderò per la Santità Vostra, io – strenuo difensore di Lei e della Sua enciclica – io, Suo vero amico, se Ella non mi crederà, e non mi riceverà. Con vero amore e rispetto filiale, disponga Lei liberamente della mia vita.


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Saronno, lunedì 18 ottobre 1999. Romano Amodeo 4 sacerdoti e 460 persone chiedevano per la mia persona un incontro con il Vicario di Cristo? Ebbene, in Vaticano non glielo avrebbero nemmeno detto! Secondo loro il Papa aveva ben altre cose, più importanti, a cui pensare! Il Santo Padre si era scomodato ad andare a trovare Ali Agcià che aveva attentato alla sua vita? Ma quella era la vita del Papa e valeva molto! Cos’era la vita di “questo qui”? Che cos’era la vita di questo qui, per tutta questa difesa del Papa che credeva di stare facendo, a rischio della sua vita? Loro, gli attuali Apostoli, erano i difensori del Santo Padre, mica lui! Così il Vicario di Cristo fu tenuto al riparo dalle seccature, ed all’oscuro, come sempre hanno fatto gli Apostoli, quando hanno impedito che Gesù fosse “molestato” dai bambini. Questo qui era solo un bambino capriccioso ed impertinente, che si faceva sentire coi suoi lamenti! Ma non si illudesse… avrebbe seguitato invano a piangere e strillare, giacché gli avrebbero impedito l’accesso al Vicario del Cristo. Il Papa non era il Cristo Onnipotente, ma una persona il cui tempo era limitato e dunque prezioso! Quanta “ipocrisia” in chi solo “non voleva essere smascherato” per quello che era: “l’eterna Chiesa traditrice dei valori del Cristo di Dio e piena delle ossa putrefatte dei suoi tanti sepolcri imbiancati”. Chi si vede scavalcato, nel suo servizio, mette veramente a morte ogni cosa, appena può farlo “impunemente”. Questa volta bastava che la Chiesa non assumesse nessuna iniziativa volta a salvarmi, perché io “mi ero messo come un pollo nelle mani loro. Ma come si fa, a mettersi nelle mani del nemico? Che stupidaggine è? Ebbene, costoro avevano “rifiutato” di farsi carico della mia vita! È mostruoso, ma Dio, fu Dio che volle che avvenisse così. Nessuno può essere così cattivo con te che se affidi a lui la tua vita per sostenere un’iniziativa in cui fortemente credi, ti si lascia morire. Come potrebbe averlo fatto una Chiesa Cattolica, se fosse stata libera di intendere e di volere? Doveva accadere così solo per il volere insormontabile della Provvidenza di Dio, affinché questa mia persona, che stava cercando nuove strade che portassero al Cristo, le trovasse realmente e concretamente in quelle antiche e sempre vere: la Crocifissione, morale e fisica, decretata stavolta contro di lui!


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È la croce l’unica Provvidenziale strada che porta al vero Cristo. E, per me, è passata attraverso l’osservanza della Comunione Sacramentale. La Chiesa degli arroganti, per dare alla mia persona “una sonora lezione”, volle mortificare l’essenza del mio atteggiamento, e disattese l’appuntamento al Convegno del 24.10.1999, provocato dal desiderio del Papa e benedetto. Non solo non si pose come avvocata della coraggiosa ricerca di una nuova strada, ragionevole, che portasse a Cristo, ma, chiamata a Convegno, appassionatamente a tutti i livelli, non vi si presentò! Intese con ciò dare una solenne mortificazione al coraggioso ed appassionato comportamento della mia persona, così rispettosa della sollecitazione del Vicario di Cristo da averne fatta veramente una questione di vita e di morte. Così, nel giorno del “Trasporto della Croce” in Saronno, ci fu un Convegno sollecitato dal Papa il giorno della Esaltazione della Santa Croce e fu condotto da un Romano Paolo (due dei 5 miei nomi) il quale si chiamava come il Gentile, il Romano Saulo di Tarso (poi divenuto Paolo) che aveva incontrato realmente il Cristo in Croce. Romano… Paolo aveva incontrato una Croce esaltata, ma anche una Comunione esaltata, al Corpo di Cristo. Infatti credeva che per vivere gli bastasse la Comunione, e visse per 57 giorni così, disposto perfino a morire, se non gli bastasse. Chiedetevi: &lt;Questo Romano Paolo era o no nella stessa condizione del Romano Paolo di Tarso che aveva incontrato realmente il Corpo del Cristo in Croce? &gt; La risposta è chiara: quanto nel cittadino Romano Paolo era accaduto al di fuori di se stesso, in Romano Antonio Anna Paolo Torquato AMODEO era accaduto all’interno del proprio Spirito. Aveva trovato una mortificazione tale che poteva anche portarlo alla morte fisica e che ci sarebbe stata se la Provvidenza di Dio non avesse disposto in modo diverso. Nelle prossime pagine pubblico che cosa è apparso, in materia, sulla stampa locale: un atteggiamento intransigente, in cui il mio personaggio dichiarava che per questa questione sarebbe morto, essendo la sua scelta, se dovesse vivere oppure no, stata messa da lui tutta nelle mani della Chiesa. Ora la Chiesa non fece nulla e, in relazione alle cose messe in questi termini, lasciò che morisse. Dal Vaticano nemmeno risposero a 4 sacerdoti che avevano chiesto un puro segno di umana pietà! Se questa non è una tacita accettazione di morte qual essa è? Fu la Provvidenza di Dio che non volle la morte mia. Accadde, infatti, che io, al 57° giorno di digiuno, seppi da mio fratello che mia Madre, malata del Morbo


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di Alzheimer e curata in casa da me, non sarebbe stata accolta dalla famiglia del secondo suo figlio. Si erano riuniti e nessuno di essi si era sentito di potersi assumere quel carico, non per la mancanza di amore, ma della fede di essere all’altezza di quel compito. Era meglio, a loro giudizio, che fosse ospitata da strutture pubbliche. Io, che sapevo come mamma vivesse ormai solo dell’amore che le mostravo, che lei fisicamente percepiva, con una carezza, un abbraccio, i miei occhi fissi nei suoi così dolci e intuitivi, fui richiamato al primo compito che già avevo assunto con mia madre. Non potevo consentire che finisse tra estranei, che non erano certamente in grado di dare, al suo bisogno, quanto essa poteva ricevere solo da un figlio o da volti cari da sempre. Dovevo entrare in ospedale, perché dopo tanto digiuno cominciavo a star male, ma mi accorsi che non potevo disporre della mia libertà, per quella responsabilità che avevo di mia madre ed alla quale non potevo sottrarmi, non avendo trovato validi sostituti. Così fu l’esistenza di mia Madre, affidata alle mie cure, che per l’ultima volta Dio volle fosse la cura più importante data alla mia vita. Io, già salvato da piccolo da mia madre, fui salvato nuovamente da lei quando la sua essenza si era ridotta solo a quanto era espresso dalla parola di quell’amore che, letto in senso inverso, è Roma, è sopruso, è abuso, è quell’atteggiamento ancora dimostrato, contro questo amore, ora per me, dal potere snaturato e controverso della Chiesa di Roma. Voluto morto da Roma io stesso sono stato salvato dall’amore, ma tutto questo perché si palesasse il sommo disegno tramato a mio riguardo da Dio: quello di dover essere il paladino di una Roma redenta dal martirio. La mia virtuale persona (la sola che ha risposto in termini attuativi all’Enciclica Fides et ratio, del Papa), ha pertanto creduto con tanta forza nella assoluta verità della sua risposta, da essere giunta perfino a mettere a rischio la sua salute e la sua vita, affinché questi nuovi contenuti giungessero ad essere conosciuti dal Provocatore di tutto ciò: il Pontefice. Se accade un fatto del genere, chiunque dovrebbe per lo meno insospettirsi, perché un filosofo della scienza che rischia la sua stessa vita per sostenere una sua tesi, ha, quantomeno, il diritto – riconosciuto da tutti coloro che abbiano il dovuto rispetto della vita umana – di avere quel minimo di “personale credito”, per non essere messo a tacere per partito preso. In un modo talmente “preso”, che più gli altri lo mettono a tacere, più egli si esalta, nella difesa del suo diritto a parlare ed essere udito, giacché, se mette a rischio la sua vita, per essere udito, non è un ricattatore, ma uno talmente convinto, della travolgente novità delle sue personali scoperte, che, per difenderle, rischia tutto e non considera più importante nemmeno la sua vita!


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Voi lettori, mi raccomando, non comportatevi in modo grossolano! Giacché il Papa ha espresso una chiamata e ha provocato chi gli rispondesse (per aver assunto tutto il coraggio necessario, e uno gli ha risposto, mettendo a rischio la sua vita), voi sarete saggi se vi metterete ad osservare, con scrupolo, che cosa sia veramente successo. Avendo solo un minimo di fede che Dio risponda, se Dio stesso fa domandare, mettetevi ad analizzare la figura ed i contenuti espressi dalla sola persona che rispose al Papa, la quale ebbe due Benedizioni Apostoliche da lui, ma non fu considerata. Era forse un imbecille? Solo ai dichiarati imbecilli (come ai Talebani che, per uccidere si uccidono, in virtù di un Dio assolutamente malinteso), solo ad essi può non essere degnata attenzione, di fronte ad un rischio assunto, di morte! Solo a chi è disposto a morire in questo assurdo ed insulso modo può non essere accordata udienza! Quindi dal prossimo capitolo in poi dovrete osservare attentamente la persona di quest’uomo che era disposto ad immolarsi per un’intenzione che considerava assolutamente buona, in tutta la sua possibile buona fede. Viene in mente un Santo stupendo, fatto Santo da Dio: San Romano. Era un soldato ed era stato chiamato a legalizzare l’esecuzione di un presunto colpevole. Vide acceso un fuoco, prodotta una brace e, poi, su un’immensa graticola posta su quella brace, vide posto un uomo in catene (San Lorenzo). “Ma che colpa ha? Che cosa ha fatto di così orribile, per essere arrostito a fuoco lento?” “E’ un cristiano!” “E chi è un cristiano?” Oh, non attese neppure la risposta, che non conosceva! E neppure gli serviva: doveva avere di certo ragione quel poveretto! Se egli credeva talmente in qualcosa da non rinunciarvi, a costo di essere ucciso in un modo talmente crudele… doveva avere di certo ragione! Ragionò per istinto e si convinse che quel martire, da dentro, vedeva e giudicava cose che, viste da fuori, gli altri non potevano certamente capire! Quell’uomo rozzo e impulsivo si fidò più di quella assoluta fede che aveva il martire (e che egli neppure conosceva) che di ogni altro ragionamento che fosse possibile. Gli erano tutti contro, ma di certo sbagliavano: l’unico che potesse essere in buona fede era proprio quel martire. Si schierò immediatamente dalla sua parte. Cercò di salvarlo, e, vista quanta cattiveria negli altri e quanta ostinazione, posto di pronte alla domanda del perché lo difendesse, rispose con somma sicurezza:


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“Sono Cristiano anch’io!” e fu decapitato. Dunque esaminate anche voi, in base alla vostra sapienza, se sia ammissibile che io possa essere stato il salvatore voluto far scaturire dalla Sede della Sapienza, dal Papa, per averlo egli chiesto a Dio, come un auspicio. Io vi aiuterò, con il metodo della sapienza, dandovi tutta la traccia, da seguire, per vedere se sia saggio o no presumere che, quanto auspicato dal Papa nel giorno della Esaltazione della Santa Croce abbia trovato risposta a Saronno nel giorno del Trasporto della Santa Croce, da uno che, in quel momento, era veramente Esaltato nella sua Croce, tanto esaltato che, per rispondere a chi non intendeva ascoltarlo, si era messo in un vero e proprio pericolo che lo lasciassero morire, se non gli davano retta. Il Papa sperava che sorgesse un nuovo filosofo come il Romano Paolo di Tarso (che fu per la prima fede il vero teorico, il vero profondo conoscitore del lato della problematica umana, riferibile alla fede)… ebbene, ciò accadde: questo Romano Paolo sorse, e si chiamava proprio così. Io, Romano Paolo (nonché Antonio, Anna e Torquato), incontrai nella mia stessa carne (nel mentre ero in una Comunione sacramentale così intensa ed assoluta con il Cristo, che non potevo non averlo realmente incontrato) la stessa messa a morte di Croce, che la Sua Chiesa gli aveva voluto far dare dal Potere costituito, lasciando che ne fosse Crocefisso. Io, nato il 25 gennaio, giorno della Conversione di San Paolo, mi ritrovavo come il Paolo che aveva realmente incontrato il Cristo in Croce! Non è incredibilmente significativo che un evento voluto il giorno dell’Esaltazione della Croce accada per caso durante il giorno del Trasporto della Croce e che veda un uomo, in intima ed accanita Comunione con Cristo, messo nuovamente in Croce? Credete che tanti segni non indichino nulla, non vogliano significare nulla? Io sono addirittura nato in quel 25 gennaio! Io mi chiamo anche proprio così, come il Romano Paolo, e sono un filosofo che parla alla cultura (come tentò inutilmente di fare Paolo agli Ateniesi) spiegando il perché si debba credere, per scienza, alla risurrezione. Solo che, in più rispetto al Gentile di Tarso, il mio Paolo scopre il Cristo nella nascita e nell’esperienza della sua stessa vita... Il Papa aveva sperato che si presentasse solo un nuovo Apostolo delle Genti, mentre Dio, per i tempi nuovi, aveva voluto che si ripresentasse un salvatore in assoluto, che fosse Mosè (in quel Modè del suo cognome Amodèo, posto tra l’alfa e l’omega, il principio e la fine, il fine, della sua natura di un puro Amore per Dio)! Che fosse un Antonio, cultore dell’innocenza eretta a virtù essenziale (per i talenti di Sant’Antonio da Padova)! Che fosse Anna, per i talenti della mamma stessa della Madonna! Che fosse Torquato, il suo vero e proprio


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nonno carnale, paterno! Che fosse Paolo… ma – in sintesi – che fosse lo Spirito Supremo di ogni salvatore: lo Spirito Santo di Gesù. Una risposta data da Dio oltre ogni speranza, accolta nello stesso modo che in quello di 2.000 anni or sono, toccato direttamente ad un Gesù che era finalizzato ad uno scopo diverso: la dimostrazione dell’amore di Dio per l’uomo, tanto che il Signore aveva voluto partecipare alla vita e alla morte, assumendone talmente tutti i dolori da essere l’uomo dei dolori atteso dai profeti. Il Gesù apparso in me e, attraverso il Sacramento della Comunione, tenuto costantemente in vita, non ha più il compito di essere l’uomo dei dolori, ma il Consolatore. Infatti IO dico a tutti: &lt;&lt; Basta con il giacere in una vita di dolori, che sembra succube della morte. Sceso Dio tra gli uomini ora è un uomo – che IO animo – chi deve riportare tutti gli uomini a riscoprirsi tutti nella dimensione di Dio. &gt;&gt; Ma quando IO dico così, non fraintendetemi: non sono Romano Antonio Anna Paolo Torquato AMODEO. Sono la voce di tutti questi Santi, in un sublime consorzio tra loro, uniti nello Spirito di Cristo. La mia piccola anima è come congelata, come in attesa, dal 4.6.1940. Da allora il mio corpo è sopravvissuto attraverso una vera e propria adozione a Figlio, fatta in Puro Spirito, dalla Madonna, che così ha pensato a me: come all’essenza, sovrapposta alla mia, di Suo Figlio, per promuovere l’essenza di Suo Figlio e per farlo essere ancora vivente nel mondo. Insomma una vita spiritualmente pensata tutta in Cristo, con Cristo e per Cristo. Il vostro compito, nei prossimi punti, è quello di scoprire tutto il resto, la Verità, attraverso tutte le altre condizioni che possano esprimere oppure no, in me, un eletto possibile a questo inimmaginabile calibro, mai dato prima a nessun altro uomo, ma non per suoi meriti: solo per volere di Dio. Io, per quello che sono nella mia sola persona, senza l’essenza del Cristo, sarò quanto e chi vedrete tra il 25 maggio 2.004 e il 9 giugno seguente: un corpo paralizzato ed assolutamente incapace di compiere alcunché. Non dovrete portarmi all’ospedale perché in Via Larga 12 sarà per sempre il presepio e il calvario dell’ultimo salvatore voluto da Dio. Questo luogo diverrà il centro di culto per eccellenza e mi sento di promettervi, in nome di Dio, i miracoli prodigiosi che vorrà farvi. Saronno sarà nominata la nuova Sion e tutto il cortile del numero 12 della Via Larga sarà preservato come il povero luogo che volle per se Gesù, per riapparirvi, rivivervi e seminarvi l’amore per sempre.


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Doti naturali e virtù dell’anima Per essere l’ELETTO, occorre avere tutte le possibili virtù, dello spirito e del corpo. Vediamo per prima cosa quanto sia riferibile alle doti dell’anima 1. PASSIONE PER L’ARTE: a) Poesia b) Pittura c) Scultura d) Architettura e) Musica. 2. VIRTU’ CARDINALI, SOGGETTIVE: a) temperanza b) coraggio c) saggezza d) giustizia. 3. VIRTU’ TEOLOGALI: a) fede b) speranza c) carità

Passione per l’arte: a) POESIA. In questo raggruppamento ci sono tutte le forme letterarie e non solo la poesia. Ebbene ‘‘Modè’ è stato poeta, scrittore, giornalista, editore, fotocompositore dei testi letterari per conto degli altri, grafico, curatore di libri, riviste, tutto quanto riguardasse questa forma, avendolo fatto anche professionalmente, con un’azienda fondata da lui e gestita per 15 anni. Niente è possibile immaginare in questo raggruppamento che ‘‘Modè’ non avesse non solo gustato allorché fatto dagli altri, ma intrapreso da se stesso e a servizio molto avanzato e professionale di tutti gli altri.


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Fonda a 18 anni un giornalino di quartiere, a Milano, quando ancora non ce n’era neppure l’idea. Fonda e dirige una rivista mensile di Urbanistica che scrive interamente lui, per 10 anni cura l’esecuzione del Mensile dell’Ordine degli Architetti di Milano Pavia e Sondrio, componendone i testi, decidendone la grafica, l’impaginazione, curandone la stampa e la distribuzione. Ha scritto libri, per sé e per gli altri, poesie, perfino un Poema che avrebbe dovuto essere una Divina Commedia aggiornata ai tempi nostri. Possiamo concludere che sia senza dubbio un eletto, in questo settore dell’arte letteraria.

1. Passione per l’arte: b) PITTURA. Qui entra in campo anche il disegno. Ebbene ‘‘Modè’ iniziò da piccolissimo, poi ha vinto concorsi di pittura, a scuola. Vinse il primo premio con una “Crocifissione” dipinta a 16 anni e presentata anche al PAC (Padiglione Arte Contemporanea) di Milano. Quando iniziò a studiare all’università, si dedicò alla realizzazione di vedute prospettiche, per conto di studi di architettura. Ha disegnato parti dell’arredamento della Leonardo da Vinci e della Michelangelo, transatlantici Ammiragli della flotta civile dell’Italia. Ha eseguito visioni della Città del Kuwait a volo d’uccello, per conto di un famoso ed importante studio di Architettura italiano (BPPR). Poi, durante il servizio militare, ha dipinto ad olio quasi una cinquantina di ritratti, su commissione, e molte tele quasi tutte vendute. Un centinaio sono conservate da lui e riguardano gli ultimi anni della sua produzione. Fece mostre di pittura, a Milano, a Trento, infine a Saronno, ritraendo a memoria tutti i suoi amici della cantoria di Cassina Ferrara. Possiamo senza dubbio affermare che ‘‘Modè’ sia stato molto dotato, in questa sua passione artistica legata al disegno e alla pittura.

Passione per l’arte: c) SCULTURA. Interessato e studioso di quella altrui, da studente vinse un primo premio in una gara di scultura, al liceo, e si occupò, professionalmente, della realizzazione di bozzetti vari. Fu scultore soprattutto per quanto ha riguardato il disegno e l’architettura, “scolpendo” case o addirittura le planivolumetrie dei quartieri,


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quindi esaltando la funzione di dar volume allo spazio, ai massimi livelli della dimensione fisica.

1. Passione per l’arte: d) ARCHITETTURA. Oggi a questa disciplina si è aggiunta l’urbanistica. Ebbene ‘‘Modè’ si è laureato in Architettura e ha vinto un Concorso pubblico in Urbanistica, divenendo Assistente di Direzione di un Consorzio tra 80 Comuni, aventi come capo-consorzio quello della città di Milano. Mentre tutti gli architetti, di solito, si limitano all’aspetto professionale della progettazione e dell’esecuzione dei disegni, ‘Modè’ si è anche cimentato nel fare il costruttore, realizzando quasi da solo e facendo di tutto (dal progettista, al manovale, al muratore, al ferraiolo..) un complesso residenziale nel Comune di Ortonovo (tra gli ulivi), in provincia di La Spezia. Non contento dell’esercizio della Professione e dell’esecuzione delle costruzioni, si dedicò anche all’aspetto della cultura edilizia ed urbanistica, giacché fondò una rivista di Architettura e di Urbanistica, e, per realizzarla, non si cimentò solo della redazione, ma anche in tutto quanto riguardò l’esecuzione, dalla composizione dei testi agli elaborati grafici ed ai disegni relativi. Possiamo concludere che, in questo campo dell’arte, fu veramente eletto dalla Provvidenza, sia per il suo interesse, sia per la sua passione e per la capacità di tradurla in atto in tutti gli aspetti inerenti la grammatica e la pratica.

1. Passione per l’arte: e) MUSICA. In questo gruppo sono comprese tutte le forme espressive, che vanno dal canto, alla composizione musicale. Ebbene ‘Modè’, non avendo voluto mai spendere il tempo necessario a studiarla in modo da scriverla, quando ebbe in mano un registratore, divenne compositore e cantante di canzoni prima ancora che diventasse una moda fare il cantautore. Partecipò a concorsi canori in cui presentò ed interpretò sue canzoni, piazzandosi sempre primo tra i veri dilettanti, quelli che non lo facevano o non puntavano a esercitarlo per professione. Canti di tutti i tipi, profani e religiosi. Infine si dedicò, quale cantore, all’attività delle Cantorie parrocchiali, dimostrando molta vocazione, molta qualità nella sua voce ed un’estensione tale (3 ottave) che gli permise di essere basso in alcune cantorie e tenore in altre. Arrivò a partecipare simultaneamente a 6 formazioni musicali, che cantavano alla messa, aggiungendo musica e canto alle finzioni liturgiche. Un brano, musicato da lui, un


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Padre Nostro, è stato il suo contributo al Padre, avendo aggiunto la sua musica alle parole di Gesù. Anche in questo contesto è indiscutibile il suo apporto, in qualità e in quantità. Se avesse potuto godere del dono dell’ubiquità, sarebbe stato dappertutto, come quegli che avrebbe cantato e danzato, saltando di qua e di là, per essere presente dappertutto. Nei cori, cui partecipava, era irresistibilmente portato a sentirsene l’anima stessa, per una grande percezione del grande senso artistico, aggiunto, dal canto corale, alla Messa santa di Gesù. Limitatamente dunque a questa particolare dotazione dell’anima, relativa al canto ed alla musica, chi avrebbe potuto avere più interesse, più amore, più volontà di lui, che volle esserne un promotore e che lo fu sempre dimostrandosi veramente eletto in ogni ruolo ed in ogni cosa?

2. Virtù cardinali: a) TEMPERANZA. La temperanza è la moderazione. Molti, avendolo visto sempre molto deciso, a sostenere parti estreme, sono stati portati a giudicarlo intemperante, smodato. In effetti lo era, lo è stato, nei primi 33 anni della sua vita. Baciato in modo eccezionale dalla Provvidenza di Dio, che ne aveva fatto un privilegiato nel massimo grado possibile, aveva assunto l’idea della sua capacità, proprio nel rispetto dell’ottica del mondo che, di fronte alle questioni, cerca di usare il raziocinio e si impegna. Egli si impegnava e manteneva sempre la parola, con tutti, tranne che con Gesù. Giunse a Giudicare intemperante il Cristo, reputando eccessive le sue pretese e dunque utopiche, irrealizzabili. Fu intemperante proprio quando il mondo sosteneva che non lo fosse, perché doveva tutto a Dio e poi arrogandosi i meriti delle doti date a lui egli si permetteva di definire utopico il Figlio di Dio. In ultima analisi, però, ‘Modè’ è stato una persona che ha saputo correggersi in questo grave atteggiamento. Dette una sterzata così grande che capovolse tutti gli indirizzi, volti alla sua gloria, per quelli volti alla gloria di Gesù, quando si accorse di come la sua vita fosse divenuta un personale arrampicarsi verso un successo folgorante, che gli era arriso subito dopo la laurea, e che lo aveva portato alla ricchezza e alla fama (tanto da essere stato eletto primo tra gli Architetti dell’Ordine di Milano Pavia e Sondrio, nel 1973, quando tentò di divenirne il Presidente ad appena 3 anni dalla Laurea).


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Seppe essere così temperante dei suoi successi che abbracciò il suo personale insuccesso finalizzato a quello altrui, il che, in ultima analisi, ha espresso il massimo della temperanza possibile! E tutti coloro che, dopo, non sono riusciti a fargli cambiare idea e l’hanno accusato delle intemperanze soprattutto contro la sua persona, l’hanno fatto a sproposito, giacché intemperanza non significa arrendevolezza, non è l’assenza di un indirizzo di fondo, ma la coerenza, l’abnegazione, l’intensità e la fedeltà dell’impegno per le attività giudicate belle buone e sante.

2. Virtù cardinali: b) CORAGGIO. Quanto appena descritto esprime anche il massimo coraggio possibile di chi, avendo conquistato tutto, osa mettere a rischio tutto questo, del progetto di Cristo, condotto con un assoluto credito dato alla Provvidenza di Dio. Gli altri, perfino aziende in mano di imprenditori giudicati “saggi” non osavano privarsi di risorse che sarebbero state poi indispensabili, nel coraggio di un assoluto credere che “Dio vede e provvede”. Chi ha fede in questo modo, ha un coraggio, della sua fede, paragonabile solo a chi va nell’arena ad affrontare i leoni che lo sbranino. Anche nelle questioni spicciole, ‘Modè’ ha sempre avuto il massimo del coraggio: quello anche di cambiare idea, quando, messo alle strette dalla sua logica, aveva il coraggio di arrendersi all’evidenza e fare sonore brutte figure. Non è possibile trovare coraggio superiore a quello di chi si mette a digiunare per il bene altri e rischia la salute, la vita, nella assoluta convinzione che Dio nulla gli darà mai di male, in cambio del suo desiderio di essere suo e di spargere agli altri il bene dato a lui in massima abbondanza.

2. Virtù cardinali: c) SAGGEZZA. Questa virtù gli è stata negata dagli altri, che l’ano ritenuto sempre scemo, per tanta fiducia in Dio Salvatore. Per Costoro vale il detto “Aiutati che Dio ti aiuta”, ma nell’accezione che, se tu ti privi di un bene essenziale a te, non ti aiuti certamente. La saggezza di Amodeo è giudicabile veramente “sublime”, in quanto scavalca ogni affezione a sé e crede assolutamente nella parola di Gesù, che dice “Chi vuol salvare la sua vita la perderà e chi l’avrà persa l’avrà salvata”. Pertanto se qui ci si deve occupare di una sapienza di comportamento, legato ai gesti, ‘Modè’ ha avuto quella sublime di essersi affidato per intero al Dio


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Provvidente, nelle certezza che Dio ama tutti e non dà un serpe a chi necessita di un pane. Sotto il profilo di una saggezza corrispondente allo studio teorico della saggezza, anche qui il contributo di ‘Modè’ è stato di assoluto rilievo. Nel 1987 presenta al Ministero dell’Industria un suo Programma di Innovazione Tecnologica nel campo dell’intelligenza artificiale. Diventa addirittura un esperto dei processi dell’intelligenza, ossia della sapienza. Il Ministero approva il suo programma, egli l’esegue e supera il collaudo, solo al 95% perché la sua iniziativa era tale che i malavitosi avrebbero potuto e voluto abbatterla. Senza le macchine del Programma, tuttavia riuscì a dimostrare di averlo condotto a termine e il 5% che non gli fu riconosciuto fu proprio per l’assenza delle macchine prodotte dall’innovazione. Partito dalla conoscenza dei processi dell’intelligenza artificiale, si accorse come anche l’intelligenza umana avesse i suoi e arrivò a decifrare i numeri seguiti dall’intelligenza dell’uomo nell’attribuzione dei suoi concetti ideali. La sua sapienza, dell’assetto assoluto della realtà, lo portò a riconoscere come la vita sia complessa, per cui alla morte inizierà la reale osservazione di quanto oggi certamente esiste, al punto da essere la causa stessa del fenomeno che si vede dinamico davanti ai nostri occhi. La vita è vista andare verso la fine dei giorni allo stesso modo in cui il giorno è visto procedere così a causa di un’essenza soggettiva che si muove perennemente verso il luogo ove sorge l’alba, ma è veicolata in senso inverso dalla materia, ammassamento elettromagnetico dell’espansione elettrica della nostra mente in funzione vitale. Pertanto la sapienza di ‘Modè’ che l’ha portato a riconoscere quanto è sublime, quanto segue alla morte, è in se stessa sublime. In scienza fisica ha scoperto il ciclo assoluto 10 in cui giace lo spaziotempo in linea, valore assoluto cui non giunse Albert Einstein, il padre stesso della relatività. Grazie alla conoscenza assoluta dell’assetto assoluto dell’esistenza fisica, aveva potuto fondare a Saronno una scuola di Filosofia della Fisica, la quale, poggiandosi sulle esperienze accertate vere dall’uomo, arrivava a descrivere per filo e per segno il seguito dell’esperienza reale dell’uomo dopo la morte decretata solo dagli altri. Questa Scuola si chiamava con la sigla NSI, ma oggi essa gli indica Nostro SIgnore e non (Nuova Scuola Italica, ma è la stessa cosa, perché la sua sublime sapienza l’ha portato a riconoscere come Dio parli in italiano e non più nell’aramaico di Gesù, tanto che la Dimensione 10, dello Spirito, la D10, è divenuta D1O=DIO=Dio, ove il Signore è signore di ogni piccolo io.


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Una sapienza più grande è impossibile, in quanto essa è stata trasmessa solo da quella Provvidenza di Dio a cui ‘Modè’ aveva delegato ogni cosa importante di se stesso.

2. Virtù cardinali: d) GIUSTIZIA Il senso di giustizia di ‘Modè’ è stato, anche qui, improntato dall’assoluto. Per lui l’uomo non deve cercare mai di fare giustizia, giacché se vuole farla non diventa giusto ma un giustiziere. La differenza è questa: chi è giusto soddisfa tutte le parti. Solo un Ente Assoluto può essere giusto per tutti, combinando tra loro bene e male in modo che alla fine tutti l’abbiano in modo giusto. Questo raccolto avverrà solo quando il grano sarà maturo e lo sarà dopo che l’uomo avrà inserito il suo ritorno reale e definitivo all’origine di Dio, in cui tutto esiste in potenza assoluta di essere di nuovo. Solo quando alla Tesi momentanea si sostituisce l’antitesi e poi la sintesi, totale e parziale, assoluto e relativo possono incontrarsi con l’assoluto rispetto non solo della giustizia, ma dell’amore. L’amore è il massimo delle giustizia, perché porterà al bene di tutti ed esso avverrà nel rispetto delle decisioni solo di chi conosca le conseguenze perfino estreme. L’occhio dell’uomo è troppo corto e non sa se un bene apparentemente dato si risolverà o no dopo in un male. Se fosse un bene far 13 al Totocalcio, Dio lo farebbe fare anche a chi non lo fa fare. Ma se tutti costoro lo facessero andrebbero in rovina. E quelli che lo fanno e vanno poi apparentemente in rovina è solo perché quella momentanea rovina è il loro bene definitivo a lungo termine. L’uomo non riesce a trattare in modo giusto neppure se stesso, quando, per il gusto di una sigaretta o di una droga o dell’alcool, compromettono in definitiva la loro salute. Noi dobbiamo avere la massima fiducia solo della Giustizia di Dio, in quanto solo essa, nonostante dia la morte a tutti, prima o dopo, la trasforma nell’indizio di quel Paradiso autorevole al quale Dio trascina tutti. Ma l’uomo deve puntare ad essere giusto con se stesso e quando avrà capito che deve sforzarsi solo a volere essere bravo, nobile e buono più che a fare gesti capaci, nobili e buoni, solo allora Dio gli farà compiere proprio quanto l’uomo desidera e sulla Terra apparirà finalmente il Paradiso Terrestre in cui niente sarà negato all’uomo.


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Pertanto il senso della Giustizia, di ‘Modè’ era secondo i sublimi voleri della Provvidenza, nella convinzione che non si possano tirare le pietre su uno (anche se è colpevole) per il vantaggio di tutti, in quanto nessuno è senza peccato, tutti hanno un’enorme trave davanti agli occhi (credono di essere liberi di fare a dispetto di Dio!), e quindi in sostanza se rivelano senso di giustizialismo, sono tutt’altro che giusti. La vera giustizia dell’uomo lo deve sempre spingere a difendere il debole ed indifeso, in quanto la maggioranza tende sempre a soffocarlo. Se si accetta che una sola persona, di una massa, sia sacrificata alla massa, si sacrifica tutta la massa, che diventa una somma di tanti 0 e non di tanti e rispettati 1. Differente è se lo fa Dio. Egli fa sempre bene, in quanto ha lo sguardo lungo: quello del tempo assoluto. Giudicate voi se sia possibile una virtù superiore a questa, per un singolo, nel rispetto di quel Dio che è il Signore! Ora potrebbe accadere che questa posizione fosse solo culturale… invece ‘Modè’ fu sempre coerente e desiderò sempre essere come credeva giusto fosse di essere, e Dio glielo concesse; in modo tale che giunse a concepire come “Giustizia” per lui, addirittura la croce della sua vita, la mortificazione data a lui, soprattutto, da chi puntava a ferirlo, ed egli intese così poco di essere maltrattato, che, nonostante la molta patita sofferenza, ne trasse sempre motivo maggiore per amarli. Se avesse patito l’ingiustizia dei nemici, non avrebbe potuto amarli e li avrebbe sfuggiti.. invece egli era sempre spinto irresistibilmente a cercarli, per piegarli all’amore e trasformarne così quel sentimento di inimicizia che non aveva nessun motivo di esistere!

3. Virtù teologali: a) FEDE. La fede di ‘Modè’ era assoluta. Vedeva quanto gi si presentava per un male e lo giudicava un bene mandatogli da Dio come somma lezione e stimolo perché desiderasse l’opposto. Non è possibile una fede maggiore, perché non si incarna su una teoria, ma sulla perenne osservazione della pratica della vita. E Dio alla fine ha premiato questa fede. Messosi a servire in tutto sua madre, quando lei non potette più gestire la sua vita, sembrò che si creasse una vita di estrema miseria. Aveva investito tutti i suoi beni, con tanta verità da averli spesi tutti. Ebbene abbracciò col massimo del possibile amore la croce di Sua madre, la fece sua, e Dio, che ringraziava perché la sua fede gli consentiva di capire, gli faceva capire sempre di più.


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Così alla fede nell’Assoluto, nell’Altissimo, la fede stessa portava i risultati di quel supremo credere. Non sbarrando più nulla alla fede che Dio da il bene, lo riceveva ed era immenso. A nessun Santo è stato concesso un simile privilegio, consistente proprio nella previsione fatta da San Tommaso d’Aquino, che l’intelligenza, mossa dalla fede, avrebbe tolto di mezzo ogni mistero. A ‘Modè’ fu tolto di mezzo in modo assoluto: numeri, codici, metodi seguiti dal Potere Assoluto per dare Organizzazione al mondo, gli divennero talmente chiari che capì perché l’Italia avesse forma d’uno stivale, perché Gerusalemme si chiamava così, perché egli stesso avesse avuto il suo laddove esiste un Dio che impone un nome suo ad ogni cosa, secondo le Scritture.

3. Virtù teologali: b) SPERANZA. Una speranza talmente forte da essere divenuta certezza è il massimo della speranza possibile, e in ‘Modè’ questa fine fece la speranza. I benpensanti arrivavano addirittura ad accusarlo di volere imporre a Dio le cose che egli era certo che sarebbero accadute! Erano sempre legate a sentimenti giusti, buoni e belli che sapeva benissimo che in assoluto sarebbero stati soddisfatti tutti. Ma le persone che avevano lo sguardo corto della vita sola collocata tra la nascita e la morte scambiavano sempre la sua certezza come se Dio cambiasse all’interno di quel primo frammento, piccolissimo, di tutta l’universale esistenza! ‘Modè’ era certo che ogni desiderio alla fine sarebbe stato soddisfatto, ma una fine definitiva e non quella precaria che appare con il limite della morte. Non poteva sperarlo, giacché ne era certo. Ma sperava, e spesso, che accadesse anche prima della morte… però non la sua volontà, che valesse quella di Dio se quella soddisfazione momentanea poi avrebbe portato alla riduzione del bene definitivo. Sapeva bene che il male accende il desiderio di bene e come se Dio lo fa accendere in tutta la vita, poi lo soddisfa in modo adeguato per tutta l’eternità. Ma non nella storia della persona singola. In Paradiso nessuno avrà una vita diversa da quella già vista: ciascuno avrà quella degli altri, avrà il Prossimo suo come se stesso e supererà alla grande il suo limite personale, nella percezione del bene. Allora se è meglio per me che io resti assetato fino alla morte, di una virtù che giammai avrò, diventa il massimo bene, in quanto ho assolutamente bisogno di essere equilibrato e osserverò tutte quelle reali soddisfazioni, mancate a me e presenti nella vita degli altri e ne gioirò davvero come mie!


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Questo, per ‘Modè’ non era una sua speranza, ma una sua assoluta certezza, per cui che facesse Dio! Ma che egli stesso sperasse salvezza, a costo di non averla mai fino alla morte, per poterla volere poi per sempre e dissetarsene in tutti coloro che avevano dissetato quella sete, nella loro vita. In tal modo il successo personale, di ciascuno, nella sua vita, presto sarebbe stato messo a disposizione di tutti e gli ultimi sarebbero stati i primi, perché sarebbero stati i più desiderosi a possedere anche quell’altrui essenza come il naturale completamento della propria.

3. Virtù teologali: c) CARITA’. Giudicate voi. Una persona che, venuta in possesso di tutto desidera mettere tutto a disposizione del suo prossimo, e quando ha speso tutto e non ha più niente può solo cedere la sua vita a sua Madre, che assiste per 12 anni, è una persona caritatevole? E oggi si è ridotto a vivere in 17 metri quadri, in una cucina trasformata a monolocale, ma senza i servizi. Per lavarsi e andar di corpo deve andare al Centro Sociale lì vicino. Aveva molti appartamenti, uno con la piscina sulla terrazza e ora non ha neppure dove lavarsi come si deve! Secondo voi, è possibile un uso superiore della carità? Sì, perché passa il suo tempo a scrivere questi libri, per spiegare a tutti come salvarsi. Egli ne è testimone: ha incontrato la Croce di Gesù cristo, allo stesso modo con cui l’incontrò Paolo e se ne è innamorato! Per cui desidera assolutamente imitare Cristo, salvare tutti gli uomini egli pure e ne prega Dio, affinché glielo conceda! Proprio adesso, che la vita l’ha ridotto ad avere nulla, sente di avere un tesoro immenso e lo vuole comunicare, tampina i preti, cerca il dialogo con le persone della cui rettitudine egli si accorge, e vorrebbe aprir loro gli occhi… Si accorge che si pongono come suoi nemici: non gli credono, giudicano che non stia facendo proprio nulla di buono e, nel massimo dei contrasti possibili per una persona così eletta ad ogni bene, egli deve perennemente vincere la battaglia contro la sua presunzione, non sottostimandoli, anzi, ammirandoli: capisce quanto poco sia possibile capire e riconoscere l’eccellenza toccata a lui di vivere. Riconosce che egli stesso si comporterebbe così, come loro, li ama anche per non mandarlo ancora a farsi friggere, quando egli ancora tenta di sovvertire in fede la loro assoluta incredulità. Lo trattano come se fosse scemo. Gli dicono per qual mai motivo dovrebbe essere diverso dagli altri… ma lo dicono perché non si sono mai posti di fronte a


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quanto stiamo osservando qui tutti, se avete avuto la bontà di seguire questo cammino di conoscenza e mi avete conosciuto. Che altro avrei dovuto avere, per essere giudicabile una persona molto attenta e scrupolosa e non uno che si imbarca in esaltazioni del proprio io? Mi esalterei? Ma se non l’ho mai fatto? Anche Paolo dice “Tuttavia sono chi sono” e riconosce come le doti date a lui non siano merito suo. Più che San Paolo io, ‘Modè’ sono assolutamente convinto che l’unico e solo che fa le cose sia Dio. Ma le disegna come pensieri e gesti di un “io” libero e le anime immedesimate a sostenere quella parte si arrogano la credenza di essere loro a fare… pertanto ‘Modè’ è il più modesto che possa esistere, in quanto assolutamente crede di essere un tale “poveretto” (un “Paulus”) da giudicare Paolo anche se stesso: poco più che un aborto. Ma come fa, come può fare chi crede che tutti “fanno da sé”, a non giudicare ‘Modè’ il massimo dei presuntuosi? Presumerebbe che il suo personaggio fosse la ripresentazione, in altro corpo, dei Valori del Cristo, nelle fattezze del suo Paolo, Vicario virtuale, in virtù di un’apparsa e prestigiosa Croce e di quel Mosè che deve portare ad una nuova Pasqua. Per loro tutti, che confondono l’anima dell’interprete con la pura storia (scritta solo da Dio) che essi debbono interpretare, ‘‘MODÈ’ sarebbe uno addirittura allucinato… quando i veri allucinati sono loro, che confondono il loro essere con la loro storia che solamente animano, interpretandola. E sono sinceri, quando gli dicono, come fa suo fratello: “Non sbronzarti di queste allucinazioni!” &lt;&lt; Ma, fratello mio, l’allucinato sei tu! Tu sei come un Pavarotti che debba cantare “Io muoio disperato” e che creda di morire per davvero! Tu, tu solo sei l’allucinato e attribuisci a me il tuo cattivo intendimento. Ma sta certo che Dio farà conoscere anche a te la verità e se la comunicazione mia non ti basta, quando te la darà nel modo definitivo dei miracoli che verrai accadere a sostegno dei miei gesti…&gt;&gt; Apriti cielo! I Miracoli non capitano a nessuno e dovrebbero accadere a me? È tutta una vita che io ne vedo di immensi: sono stato portato ad essere l’eletto ed è il massimo e possibile miracolo… Vuoi che Dio, dopo aver fatto una fatica per farmi dare il frutto che io ben vedo, non lo dia? Oh, lo darà. Come vuole lui. Ma so anche che se mi mette in bocca parole di certezza, lo fa lui e non io. Se vuol farmi apparire uno sbruffone, faccia pure. Son certo che se fa così solo questo è il mio bene assoluto. Io vorrei vincere adesso, ma Egli vuole che vinca, usando me, in assoluto, come fa con tutti e attraverso l’opera di tutti, non solo la mia.


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Ma a ciascuno dà secondo uno scopo che gli ha prefissato. A chi ha eletto ad uno scopo immenso, paragonabile solo a quello di Mosè, Gesù e San Paolo, Apostolo delle Genti, darà un immenso ruolo. Per quanto sta accadendo oggi (l’abbattimento delle Torri, la Guerra d’Iraq) sono gesti dimostrativi assunti proprio a sostegno di quanto ha messo nelle mani della mia persona. Sono cose che corrispondono alle 10 piaghe d’Egitto per toccare il cuore del faraone. Il Faraone di Oggi è il potere della Chiesa che pensa bene con il Papa e si comporta male con la Chiesa, che frena e manda alla malora tutte le sue divine intenzioni. Ma quando mio fratello sente una roba del genere rabbrividisce: come potrebbe, Dio, mandare i suoi flagelli a sostenere quanto io sto facendo? Ma che esaltazione è mai questa? Oh è quella di chi sa bene che può portare tutti all’ultima Pasqua verso un Paradiso che venga per tutti in Terra e che non viene perché la Chiesa Cattolica, che dovrebbe attuare il varo già promosso dal Santo Padre, non informa il papa che esiste un eletto di questo tipo che lo condurrà, essendo stato proprio eletto a Nuovo Apostolo delle genti a quel nuovo Principe virtuale (come fu Paolo) ad affiancare il Pietro di quel tempo. Non vi siete accorti di quanto Pietro e Paolo avanzino assieme, come una formidabile accoppiata per la conquista a Cristo di Roma e del mondo? Pietro si sarebbe limitato agli Ebrei. Paolo, che era gentile, era un Romano come me, aprì al potere di Roma. Che cosa possiamo concludere? Giudicate voi. Poteva avere un uomo doti dell’animo superiori a queste in un’elezione ai valori di Gesù Cristo? La risposta è solo: NO! Romano Antonio Anna Paolo Torquato Amodeo ha avuto la massima possibile elezione nel suo spirito, certo: nell’ottica di Gesù Cristo. Per gli altri è solo un esaltato e uno scemo, che ha avuto la fortuna tra le mani e l’ha buttata via… perché Gesù l’avrebbe TRADITO!!! Quale infinita incredibile menzogna!


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Doti naturali e virtù del corpo Volendo occuparci ora dell’aspetto fisico, oggi potremmo riconoscere questi due sostanziali raggruppamenti: 1. SALUTE CORPOREA. 2. INTERESSE PER LE ATTIVITA’ SPORTIVE. 3. PRATICA PERSONALE DELLO SPORT.

1. SALUTE CORPOREA. ‘Modè’, dopo di essere stato miracolato il 4.6.1940 da una broncopolmonite che doveva ucciderlo, non ha avuto più nessun male serio e la Madonna, che apparve in sogno ad una bambina dicendo di riferire alla mamma che a quel bimbo “avrebbe pensato lei” ci ha veramente pensato alla meglio. Nella sua vita ‘Modè’ digiunò una volta assolutamente non mangiando null’altro che l’ostia alla Messa, per 57 giorni ed un’altra per 45. Tutti erano contrari e preoccupatissimi e temevano disastri per la sua salute… ma non gli venne nemmeno un piccolo raffreddore! Tanto forte era l’animo a sorreggerlo che, specie nel secondo digiuno, ha dichiarato di avervi trascorso i giorni più belli della sua vita. Pertanto ‘Modè’ è stato dotato di una salute davvero fuori della norma.

2. INTERESSE PER LE PRATICHE SPORTIVE. Vivissima attenzione, per quasi tutti gli sport. Ma ha avuto il temperamento agonistico di chi, vedendo fare agli altri, s’infiamma di fare altrettanto.


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Pertanto una sorta di prodigiosa elezione ad essere coinvolto, sempre in prima persona, sempre fuori della massa anche quando in mezzo ad essa. Un aspetto, nella sua vita sportiva, è stato veramente saliente: il suo influsso sulla formazione del carattere e la preparazione all’idea di una vita da affrontare a viso aperto, senza mai essere sconfitto in partenza, ma senza nemmeno mai l’idea di una possibile sconfitta, rivelandosi questa disciplina come il campo in cui si vinca e si perda e sia fondamentale soprattutto il contendere, perché solo questa tenzone poi può portare ad una vittoria. Avendo svolto, quasi sempre, funzioni poi di guida e trascinatore degli altri, il suo interesse lo ha portato ad un’esatta valutazione del rispetto estremo da dedicare alle regole. Da capitano non è stato mai ammonito da un arbitro, in una pratica durata quarantacinque anni, dai 13 ai 58. In una crisi terribile che gli piombò addosso, a 13 anni, quando trasferitosi da Salerno a Milano, uscito dal mondo ideale della sua famiglia, si ritrovò in un ambiente sociale assurdamente ostile, fu salvato veramente dall’attività fisica e fu istruito all’influenza che un corpo sano esercita su una mente sana. Pertanto il suo giudizio su questa pratica, riguardante l’aspetto fisico della persona, andò ben oltre la corporeità, inserendola a pieno titolo nel contesto di tutta la persona. Non fu mai portato, per essere in forma e pronto ai cimenti agonistici, a fare abusi, di nessun genere. Non ha mai neppure voluto provare l’uso di stimolanti o di droghe. Nei momenti del dolore fisico ha rifiutato analgesici e si è accorto come tra l’io che osserva e l’io che patisce esiste un distacco tale che se ci si mette ad osservare la propria sofferenza, invece di sfuggirla, c’è l’effetto dell’assunzione come di un potentissimo analgesico. Un dentista, che gli aveva dato l’avvertimento che avrebbe sofferto in una trapanazione, gli gridò contro “Ma chi è lei, un fachiro?” perché aveva visto il sangue emergere dalla trapanazione, per essere andato oltre, secondo lui, a quello che si potesse tollerare in quanto a dolore. 3. SPORT PRATICATI. NUOTO. Abitando a Salerno, città di mare, questo fu il suo primo sport. Imparò a nuotare il giorno in cui stette per annegare. In un giorno seguito ad una mareggiata che aveva reso ripidissimo il fondo, aveva una sfida in atto col cugino, Gennaro. Era stato buttato un acqua uno zoccolo di sughero e la gara era a chi, buttandosi in mare, l’avesse preso. L’abbrivo li fece


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trovare dove non si toccava più e li trascinava sempre più in là. Si trattava di girarsi e tornare a riva, cosa pressoché impossibile, dato lo slancio. Protetto veramente dalla Madonna, seppe girarsi, tornare indietro e chiamare soccorso per il cugino, salvato dalla zia Emilia. Romano era molto portato al nuoto, ma gareggiò solo una volta, all’università, e giunse terzo, senza essersi nemmeno allenato, percorrendo i 50 metri stile libero in 32” e 5 decimi, un tempo di rilievo, considerato i 27 anni e l’assoluta mancanza di preparazione. PATTINAGGIO. Poca cosa, soprattutto in casa, ma imparò in un modo immediato. TENNIS DA TAVOLO Esercitato soprattutto in interminabili partite con il fratello e il padre. Poi avrebbe partecipato a Tornei del CSI, non emergendo nel contesto sportivo come invece emergeva in quello amatoriale. CICLISMO Volle partecipare ad una gara, e giunse sesto, su un’ottantina di partecipanti. PALLACANESTRO Giocò nella squadra del liceo, poi sporadicamente nell’OSA (Oratorio Sant’Andrea). CALCIO Cominciò a praticarlo a 19 anni e senza basi presto si affermò all’oratorio. Volle costruire una squadra che partecipasse ai campionati dal CSI ad 11 giocatori. Era mezzala sinistra, un grande fiato, un grande senso dell’assist e del gol. Si occupò quale responsabile anche della squadra al campionato di architettura. Qui il suo record furono 5 reti in una partita ad 11, e 7 reti, in una a 6, vinta per 7-0 con tutti i gol segnati da lui. Giocò poi al Torneo Aziendale, e smise solo a 57 anni, quando si trasferì da Milano a Saronno, avendo avuto la gioia di giocare in una squadra in cui c’erano anche Marco e Andrea, i suoi due nipoti gemelli nati nel 1975. TENNIS Qualche torneo amatoriale, in cui si faceva rispettare pur essendo alle prime armi.


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ATLETICA LEGGERA E PESANTE. Abbastanza portato in tutto, nonostante una statura media, era sempre tra i migliori della sua classe, anche se mai il primo in assoluto. Saltava 150, all’italiana. Idem anche in quella pesante e gettava il peso a 12 metri. Si cimentò anche nel sollevamento pesi. JUDO Lo praticò per pochi mesi, e una sera sfidò un peso massimo italiano, cintura nera, che non riuscì a metterlo giù in tre tentativi, finché gli fece accavallare i muscoli della schiena e dovettero smettere. Tanti interessi, insomma, nonostante uno sport più di tutti l’assorbisse, certe volte con due partite di calcio alla settimana (all’università e poi alla domenica), affrontate tutte senza allenamento. Essendo un dilettante allo stato puro, anche quando partecipava in modo agonistico, aveva sempre da lottare con chi, facendolo con la dovuta preparazione, poi lo faceva soffrire. ‘Modè&#39; aveva assunta l’abitudine a stringere i denti e a non mollare mai. La pratica agonistica temprò il suo spirito al punto da farne un combattente nato, che non temeva la sconfitta ma che si arrischiava sempre a vincere, senza mai darsi vinto in partenza. Questo aspetto, calato nella vita, lo fece trovare sempre pronto e ben disposto di fronte ad ogni situazione che apparisse disperata, tanto che molte volte ce la fece proprio grazie a questa virtù, donatagli in dono dall’agonismo, condotto sempre con lealtà estrema. Quindi anche quest’aspetto legato all’esercizio della pratica sportiva, rivelò in lui una generale elezione ad ogni disciplina, in nessuna delle quali era escluso in partenza, avendo doti di un’assoluta elasticità ed attitudine ad ogni forma di attività che esistesse, come se ogni scelta che volesse fare potesse essere condotta nel migliore dei modi, con dignità. Essendo lo sport una disciplina chiaramente improntata al raggiungimento di risultati pregevoli, tanta pratica sportiva esercitata nella sua vita ha finito per trasformare l’intera esistenza in una gara sempre a più alto livello e con poste sempre più nobili e coraggiose. In nessun’altra persona questo aspetto minore, tra i compiti di vario genere, ha saputo conferire una virtù addirittura essenziale, in relazione agli obiettivi della vita, anche quando sono diventati inerenti l’attività dell’anima e il proprio modello di vita cristiana. Quell’eroismo verso il quale si è sentito facilmente portato, anche quando sembrava condannato ad un’assoluta ed impietosa sconfitta, gli è derivato da tanti incontri sportivi affrontati in condizioni disperate, ma con la lealtà del cuore e sempre contrario a voler vincere con l’inganno.


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Le condizioni imposte dall’ambiente L’ambiente incide sulla buona o cattiva sorte di un chicco di grano. Se non cade in un terreno fertile, non produce tutto quanto potrebbe. Così vediamo ora in che modo questa grandissima adattabilità e inclinazione di ‘Modè’ a saper far tutto sia stata favorita o no dalle circostanze dell’ambiente. Fondamento, per dare il meglio di se stesso, è di crescere in una famiglia che potenzi il tuo sviluppo. Per poterlo ottenere, i genitori debbono essere maestri in pedagogia. Fu il caso di ‘Modè’: sia il padre, sia la madre, furono due maestri sapientissimi, bravissimi, pieni di amore, solidarietà e rispetto. Il padre, Luigi Amodeo, aveva studiato a Milano e solo fino alla sesta elementare. Intelligentissimo ed appassionato allo studio, la famiglia non aveva potuto permetterglielo, gestita solo da suo padre, fin da quando sua madre era morta nell’età in cui l’allattava. Antifascista, dovette bere un giorno un mezzo litro di olio di ricino. Secondo tra tre figli, anche il fratello e la sorella avevano un’intelligenza vivace ed un grande temperamento. Quando Luigi ebbe circa 22 anni, scriveva novelle su un giornaletto a diffusione nazionale, firmandosi “Allegro rompiscatole”. Entrò in corrispondenza con una ragazza di Salerno, che faceva altrettanto e si firmava “Filosofa sognatrice”. Romano avrebbe ereditato a pieno queste caratteristiche, essendo un filosofo sognatore ed un vero rompiscatole di tutti i luoghi comuni. Mariannina Baratta, la madre, a Salerno, stava completando il corso di studi per il diploma delle Scuole Magistrali, l’unico Istituto Superiore che c’era in quella città. Era della famiglia più importante di un Paese (Ostigliano), ed aveva vissuto l’esperienza delle traversie di ogni tipo, nell’egemonia di essa rispetto alla gente e rispetto ai suoi 5 figli maschi che la costituivano, come una sola unità, in cui uno solo tra loro si sposasse: il più giovane, protetto da tutti i fratelli.


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Mariannina era stata allevata con sentimenti nobili, altruisti, con una fede profondissima ed un attaccamento notevole alla Madonna, tanto che nei suoi sogni c’era anche quello di volersi far suora (ma solo per divenirne Madre Badessa…) oppure quello, tutto civile, di voler laurearsi ingegnere. Nella corrispondenza che intercorse tra Luigi e Mariannina, egli raccontò a lei dei suoi sogni relativi allo studio e del suo disinteresse per ogni altro lavoro. Lei l’avvertì di un libraio che cercava un aiuto, a Salerno, per il riordino di tutta la libreria ed egli accorse e si innamorò. Lei non si lasciò apparentemente coinvolgere ma, notata la vivacità dell’intelligenza, la notevole memoria e la vera attitudine allo studio, gli propose di prepararsi da privatista a divenire maestro. Sotto la guida sapiente, illuminata, amorevole, di lei come una vera Sede della Sapienza, Luigi, in due soli anni, si dimostrò talmente intelligente e capace che fu promosso da privatista prima alla terza media e poi all’Istituto Magistrale. Si presentarono poi insieme al Concorso e lo vinsero: egli ebbe subito il posto, mentre lei, risultata solo tra gli idonei, dovette aspettare il suo turno. Alcuni anni dopo avrebbero rifatto entrambi il concorso, a Milano, perché sarebbe stato impossibile ottenere un normale trasferimento. Su 9.000 candidati, Egli fu il primo in assoluto ed ella la nona e la prima tra tutte le donne. ‘Modè’ ebbe così i migliori geni derivanti dalle virtù e dal temperamento dei genitori, ma anche i migliori preparatori di cui si potesse disporre. Li ebbe attenti e vigili, avendo entrambi il pomeriggio libero. Furono due pedagoghi che puntarono a fare di lui una persona bella, onesta e certa del fatto suo. Non gli fecero mai pressioni indebite, costringendolo a studi che non voleva fare. Avevano fiducia in lui e non vollero mai anticipare i tempi di un naturale sviluppo. Così quest’ambiente ideale e morale fu il più favorevole che ci potesse essere per la libera costruzione delle potenzialità di Romano. In quanto all’ambiente come luogo, non poté mai mettere radici da nessuna parte e visse molto intensamente la vita all’interno della sua famiglia. Sui 7 anni visse in una casa isolata, tra Salerno e Vietri sul mare, e la famiglia, di 4 persone, era arricchita da una domestica, due cuginetti e tre studenti ospiti. 10 persone che costituirono un nucleo ideale dei vari rapporti che fossero assumibili in una condizione che fosse particolarmente protetta. Non ci poteva essere una situazione migliore di questa per trovare la giusta relazione verso tutto e tutti, in un ambiente familiare ed amichevole. A scuola, a


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Salerno, ‘Modè’ trovò compagni che erano ideali perfino nei nomi, e che gli dettero un gran senso dell’amicizia e della compartecipazione. Dopo il primo momento, assolutamente formativo, fu l’ambiente stesso a dargli modo di una profondissima rettifica a tutto quanto vi potesse essere stato di vizioso ed eccessivamente privilegiato e protetto. A ‘Modè’ fu concessa l’esperienza esattamente opposta a quella quando a 13 ani fu ospite, nel momento della pubertà, a Milano di una zia, mentre a scuola ebbe professori prevenuti e compagni di classe di ghiaccio. Contro una promozione con quasi il 7 all’esame di terza media, a Salerno, a Milano (in cui sperimentò anche 2 mesi di quarantena per morbillo) fu bocciato a giugno con il 3,5. Questa apparente stroncatura fu quanto di meglio l’ambiente potesse aggiungere a tanta estrema sicurezza data prima. ‘Modè’ poté, infatti, fare veramente tabula rasa a 13 anni e ripartire daccapo, su basi assolutamente nuove, che salvarono solo l’idea del buono sperimentato fino ad allora. Le condizioni eccezionalmente favorevoli, di prima, a quel punto, valsero solo come modelli veramente ideali e belli, assolutamente da riconquistare. Così si mise a prestare somma attenzione a come l’uomo fosse o no ben accolto e gli fu radicato nel cuore un gran bisogno dell’affetto di tutti, ma specie dei maestri, che, in ogni modo, voleva emulare e conquistare. Senza questo sentimento, inchiodato così stabilmente alla base di tutto il suo io, di un Valore Sommo da emulare e riconquistare, dopo che prima già lo aveva intuitivamente conosciuto, non avrebbe mai e poi mai cercato, alla fine della sua vita, di emulare e conquistare addirittura il Maestro Gesù, con la logica dello Spirito stesso della sapienza. La stroncatura gli pose avanti un lungo periodo di rifondazione, in cui fu lo sport a svolgere un grande ruolo di rappacificazione nei confronti di un ambiente divenuto troppo critico rispetto ai valori della mente. In tal modo lo studio, e tutto il relativo bisogno da esso indotto, venne solo dopo, giacché sentì per prima cosa la necessità personale di riguadagnare in autotomia e in apprezzamento, sia quello attribuito da sé alla sua stessa persona, sia l’altro, da ottenere da parte di tutti. La vita gli consentì – generosissimamente! – di potere affiancare ad uno ad uno tutti i maestri, fino al punto da demitizzarli nei confronti di se stesso, senza che però mai ci fosse perdita di stima né per loro né per la loro funzione, di fatto riconosciuta sempre più importante, ma da condividere!


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Solo a 30 anni il processo di maturazione fu pieno e, laureatosi Architetto, iniziò a lottare per il suo successo, avendone appieno tutti i mezzi. Tanti ne aveva conquistati che in 3 soli anni sfondò in lungo e in largo, imponendosi perfino tra gli Architetti del suo Ordine, che stettero per eleggerlo Presidente appena 3 anni dopo la laurea. Sarebbe stato il più giovane Presidente della storia dell’Ordine di Milano, Pavia e Sondrio, ma certamente fu il più giovane ad essere stato, ad appena 33 anni, il più votato tra tutti e 2.000 gli iscritti. A quel punto ‘Modè’ era tornato ad essere l’eletto che era per vocazione, ma aveva anche acquisito – a tal punto – il senso della sua capacità, che perse ogni timore reverenziale nei confronti di tutti. Ebbe tanto successo, nella conquista della sua definitiva libertà… che poté liberarsi e si liberò presto addirittura di se stesso e dei limiti delle sue idee…, sposando il meraviglioso e sublime ideale di Gesù.

Luigi Amodeo, mio padre, è stato il segno per me di quanto sarebbe successo a me, identificato infine con lui stesso. Studiò fino alla sesta elementare, poi lesse moltissimo e, una decina d’anni dopo, fu preparato da mia madre così bene che in due soli anni conseguì prima la licenza media, poi il Diploma Magistrale. Vinto il Concorso, dopo poco più di un decennio lo rifece a Milano e, su 9.000 candidati, fu il primo nella graduatoria dei vincitori. Dopo il tempo richiesto a chi non aveva la laurea per divenire Direttore Didattico, sostenne l’esame e fu abilitato. Qui è in una gita, nella gloria del suo ruolo finale, attorniato dai suoi maestri. Alla destra estrema della fotografia è ritratta sua moglie, la direttrice nella lenta costruzione del Direttore di lei stessa. Così io, allevato dalla stessa Maestra e da quella mia


1199 seconda mamma che è stata per me la Madonna, sono stato portato ad essere chi dirigerĂ la religiositĂ dellâ&amp;#x20AC;&amp;#x2122;uomo, in tutto il mondo, portando alla vittoria il supremo ideale del Cristo .


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Le condizioni imposte dalla vita. Questa esperienza, diretta e personale della vita, fu condotta da uomo libero solo dopo i primi 33 anni, quando, in ‘Modè’, fu come se fosse morto l’uomo vecchio, che aveva lottato solo per la sua affermazione personale e della sua ristretta famiglia. L’uomo vecchio si era arroccato sul valore di se stesso, conquistato con così tanta fatica e, affermando interamente la sua virtù, si era imposto, in quanto a ricchezza, a ruolo sociale, a prestigio. Era chiamato dalla televisione, quando bisognava presentare al Telegiornale il Piano Straordinario degli interventi di Recupero riguardanti il Milano; era accolto con molta dignità quando si recava nei Comuni, ove sapevano che dal suo giudizio poteva dipendere un notevole contributo economico da parte del Consorzio; era stimato tra i colleghi, tra gli amici, nella sua famiglia… E, all’improvviso, aveva sentito tutto il peso di quella ricchezza assunta dalla sua persona… laddove altri morivano di fame, tra gli stenti, nel disprezzo e nell’abbandono. Le case che aveva costruito, con le sue mani e che erano vuote… erano dei mostri, in un mondo in cui tanti dormivano per le strade, all’addiaccio, nelle stazioni ferroviarie. Diceva a se stesso che non le aveva tolte di mezzo, per lasciarle poi disabitate. Erano state il frutto del suo lavoro, della sua creatività, per cui non poteva rimproverare proprio niente al suo comportamento, se ora esse non risolvevano il bisogno di nessuno. Tuttavia ora esse c’erano, e restavano oggettivamente vuote, con tanti che seguitavano a dormire all’addiaccio e sotto i ponti anche se quelle case le aveva costruite egli per se stesso… La Provvidenza di Dio lo aveva cotto a puntino perché fosse finalmente pronto a fare un fagotto di tanta potenza illusoria e farla divenire una vera forza, se finalizzata al piano di Dio.


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Era accaduto come nell’antico Egitto, in cui 70 Ebrei erano stati accolti e fatti crescere di numero (fino ad essere divenuti eccessivi, ridondanti, rispetto agli stessi Egiziani che li ospitavano), e il Potere aveva deciso il controllo delle nascite. Quelle 70 persone si erano trasformate nel Popolo di Dio, ora da salvare, ed occorreva chi lo facesse. Chi a quel punto per prima cosa salvò Mosè, ma anche il nostro ‘Modè’, fu un “roveto ardente”, che all’improvviso Dio mise loro innanzi. ‘Modè’, in tutto il tempo della sua accresciuta potenza, si era allontanato da quella di Dio, a mano a mano che si era appropriato della sua. Poiché non era un Santo e seguitava a peccare (nel mentre era invece divenuto un uomo tutto d’un pezzo, fedele alla sua parola, agli amici e ai tanti impegni assunti nel mondo), rivelava di essere sommamente inadeguato alle promesse assunte nei confronti di Dio. ‘Modè’ prometteva anche al Signore, ma poi non manteneva. Alla lunga si era convinto che Gesù, il suo amatissimo Verbo, era solo un bel sogno irrealizzabile per lui, in sostanza solo una stupenda utopia. Senza essersene accorto, aveva tolto a Gesù proprio la sostanziale caratteristica del Cristo, che era non quella di essere un’idea, ma una vera e propria soluzione concreta, ai veri problemi della vita di tutti. Ci sono Religioni, come le asiatiche, che s’ispirano all’armonia ideale. A quelle si sarebbe potuto fare veramente un’osservazione come quella che egli aveva fatto a Gesù. Infatti, la vita era crudele nella sua stessa impostazione: nessuna forma vivente, negli organismi superiori, è in grado di assimilare le sostanze direttamente dalla natura, perciò la vita è possibile solo grazie alla sofferenza e alla morte di vegetali ed animali. Solo un Dio che avesse assunto quella crudeltà e l’avesse potuta idealizzare avrebbe incarnato veramente l’essenza della vita sublimandone tutti gli aspetti di patimento dell’uno nei confronti dell’altro. Pertanto, senza accorgersi, l’accusa che aveva fatto a Cristo era degna di un vero e proprio Anticristo che veramente demolisse l’aspetto essenziale e di rilievo del Salvatore di tutta la vita, negando la sua stessa possibilità, stroncandola nella sua stessa potenza. Fu quando incontrò Daniela Forlin, una ragazza di Seveso che andò a lavorare nel suo Consorzio (e che vide avere una fede cristallina incrollabile, che bruciava senza consumarsi, come invece accadeva a lui), fu allora che s’impressionò. Le si avvicinò, volle conoscere la ragione di quel suo essere un “roveto ardente” che non si consumava e la trovò consistere in un autentico lasciarsi fare, un sincero abbandonarsi fiducioso tra le mani di Dio.


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Per lei Gesù non era un Signore al quale obbedire per forza, tanto che la disobbedienza rivelasse mancanza di fede. Era una guida somma che indicava una strada, senza la pretesa di imporla. E se lei non era capace di seguirla sempre, era solo perché aveva sempre bisogno del Suo aiuto, e vi si attaccava, invece di allontanarsi, quando anche lei sperimentava la sua debolezza. Amodeo si accorse che la differenza tra loro due stava solo in una diversa cultura. Quella che aveva maturato egli, ‘Modè’, era stata improntata sull’umano “fai da te” di chi esclude che Dio c’entri qualcosa. Vera cultura dell’Anticristo di chi mina alle basi l’indirizzo chiaro, indicato da Gesù, perché ci vive dentro, ma gli va contro idealmente, negandogli potere. Un ateo cerca di avvalersi d’altri valori, ma un Cristiano, che li conosce e poi li nega (in quanto bocciati proprio in relazione ai propri), è uno che usa il modello esatto di tutti i contenuti di bontà, onestà, rettitudine, eccetera che appartengono al Cristo, li riconosce validi e perfetti all’interno del suo stesso comportamento e poi li negandoli a chi li deve e glieli chiede in assoluto. Costui, non l’ateo, è il vero Anticristo. Egli voleva salvarsi da solo, grazie alla sua capacità e, messo di fronte al non saper compiere il bene assoluto, giungeva a giudicare eccessive, dunque vane, le richieste del Cristo. Una cosa, tuttavia, era chiara nella sua mente: che Gesù predicava l’assoluto eroismo della fede e, altrettanto chiara e sicura, era la percezione di non essere personalmente un eroe. Giudicava che, però, aveva ragione lui e non Gesù, che non si può costringere gli altri all’eroismo. Molti cristiani non erano messi in crisi da Gesù solo perché lo conformavano a sé, lo addomesticavano sulla loro persona, quindi arrivavano a credere che aveva immolato la Sua vita per salvarli e che, ora, loro potevano cercare la pace, la serenità, una certa sorta di disimpegno, essendo stati salvati. Non sentendosi sollecitati allo spasimo, potevano convivere con un Cristo moderato e vivere in modo timido la loro fede. ‘Modè’ invece, seguitando a vedere Cristo per quello che era – un martire che chiedeva di essere seguito nell’emulazione del suo martirio – comprendeva il profondo contrasto che stava vivendo, e aveva finito per staccarsi, dal suo ideale, a mano a mano che lo riconosceva impraticabile alla sua persona. Egli, se si fosse accorto della sua inadeguatezza, non sarebbe stato un Anticristo. Ma tutta la certezza che aveva acquisito nella sua vita, grazie ai migliori maestri, la migliore possibile educazione e tutti i privilegi della buona sorte, che avrebbero dovuto fargli accorgere come fosse stato costruito così solo attraverso la


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sua somma buona ventura avevano sortito l’effetto di renderlo così convinto di se stesso che, in un testa a testa, tra lui e Gesù, aveva, in perfetta buona fede, bocciato Gesù. Questo è il Diavolo: chi sente il fascino di Dio, esiste interamente in Lui, ma lo sottomette al credito che questo Maligno ha assunto nei confronti della sua persona. Io Diavolo crede Dio veramente inferiore, perché avverte la sua perfezione come una debolezza, rispetto alla sua furbizia, al suo saper guardare caso per caso. Dio invece determina regole dalle quali non transige mai! “Che scempiaggine!” pensa Belzebù tra sé e sé “Non lo sa Dio che bisogna guardare caso per caso?” Il Diavolo è il cultore dell’opportunismo e che, in certe situazioni, decreta giuste alcune cose, in altre, diverse, le cose opposte. In fondo è così anche per Dio, ma il suo bilanciò è solo quello assoluto. Il Bilancio del Diavolo, che non conosce tutto, è fatto sulla pretesa di conoscerlo, perciò mali che alla lunga diverranno bene, sono giudicati mali dal Diavolo, e non certo bene! Per il Diavolo Dio fa male a perdonare tutti! Il Diavolo persegue una giustizia poggiata sulla vendetta e creduta giusta. Non dovete credere che L’Angelo sia caduto essendo malvagio nella sua natura. No, per averlo conosciuto, vi affermo che la sua colpa è stata solo quella di avere assolutamente travisamento gli stessi valori di Dio, fatto in buona fede, per giunta. È su questa buona fede, e per la lotta contro Dio, che poi Satana assume nella guerra tutte le sue crudeltà come una vera giustizia, perché, pur sentendo il fascino dell’amore, ne arriva a capire solo la pretesa e non l’arrendevolezza. Il “roveto ardente” del cuore di Daniela Forlin percepiva l’eroismo chiesto da Gesù (così si riempiva di gratitudine ed ardeva, ardeva nonostante la sua incapacità) ma non si spegneva! E poteva non affievolire la sua passione, perché lei non aveva nessuna pretesa di essere chissà chi. Lei era quello che era: una creatura che Gesù doveva seguitare ad amare ogni giorno, perché lei non poteva fare a meno del perdono di Lui e della fiamma che le seguitava ad accendere l’animo, facendolo ardere di un calore inestinguibile. Così l’Anticristo vide all’opera il Perdono portato da Cristo. Quando si accorse che era solo una questione di cultura, e vide veramente all’opera un perdono che non umiliava e riusciva a dare forza, vita e bellezza, seppe fare un testa-coda fenomenale e decise di affidarsi interamente, anch’egli, alla Divina Provvidenza, senza più fare alcun altro progetto che non fosse il Regno di Dio. L’angelo Daniele aveva saputo convincere Lucifero, ma in verità, ancor più, era stato San Romano l’esorcista, al quale era stato affidato per Battesimo, ad


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avere esorcizzato a dal punto Satana da non farlo scappare, ma da convincerlo a collaborare con Gesù, in modo assoluto. Tutto avrebbe potuto immaginare, l’Anticristo che era in me, dopo che si consegnò tutto al Signore, tranne che divenissero di una facilità senza confronti e avvenissero, veramente come da sole, tutte quelle cose che erano sempre state impossibili per me. Così a 33 anni, ci fu la conversione, bella, definitiva. Quei valori che prima vedeva, visti per quello che esattamente erano, cominciarono a spingere e non più a frenare e si stabili una prodigiosa coppia tra le virtù portate dalla costruzione umana dell’educazione, del successo personale, del coraggio e quelle portate direttamente dall’essenza di un Cristo trionfante padrone d’ogni scelta. Nel momento in cui la vita lo chiamava a scegliere dove doveva porre il suo cuore, non badava a se stesso e spendeva ogni intenzione al bene degli altri, ascoltando interamente Gesù Cristo. Quando la sequela lo portava a dover patire le conseguenza dell’altruismo, e, restato scoperto, mobilitava tutto se stesso come un difensore, allertando ogni facoltà delle tante che Dio gli aveva dato. Così spesso era proprio per queste che riceveva aiuti, giacché gli altri vedevano quanta passione ci mettesse.. Non ebbe più dubbi e si licenziò da tutti gli incarichi di potere che aveva assunti e che l’avevano fatto vincere come persona. Conservò solo la sua Casa Editrice, affinché desse aiuto a tutti coloro che avrebbero potuto risolvere le questioni fondamentali della vita, lavorandovi e guadagnandovi, nel mentre facevano l’esperienza di un amore ricevuto in modo concreto: quello che genera condizioni fondamentali e positive rispetto a tutto l’esistere. Era stato invaso dal desiderio, sconfinato, di poter essere un “roveto ardente” egli pure, per il bene degli altri. I suoi dipendenti lo avrebbero dovuto riconoscere com’egli l’aveva riconosciuto in Daniela. Poi stava al disegno di Dio che si lasciassero conquistare pure loro, o No. Da parte sua non c’era più nessuna pretesa di convincere gli altri. Il successo di questa sua iniziativa non dipendeva dalla presa che avrebbe fatto sulle altre persone. Essa era intanto il successo di Dio sulla sua vita da Anticristo e, per quanto competeva a lui, cominciava a sperimentare quanta dolcezza si accompagnasse all’abbandono nelle braccia di un Signore che veramente si ama. Quella distanza, tra lui e Gesù, che prima era abissale, si affievolì, si ridusse quasi a nulla, tanto cominciò a sentirsi in sintonia con il suo Valore e, tra le braccia di quell’Amore che gli stava dando vera vita, era dolce e facile esistere,


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anche se c’era molta sofferenza e fatica, talvolta, da superare, perché c’era sempre una reale Croce, lì, in mezzo tra loro due, da condividere. L’Avversario di Cristo aveva trovato, sulla sua via di Damasco, la sua Croce luminosa, autorevole, contro la quale non c’era più da discutere. Il suo quarto nome era Paolo e cominciò a farsi sentire, in lui, l’Apostolo delle Genti, anch’egli, con i suoi particolari talenti. Un Santo cui il Battesimo affidi un’anima dà i suoi talenti. Lo vuole Dio. Per conoscerli era sufficiente che guardasse nel suo animo e Paolo di Tarso gli parlava. Diceva anche a lui che egli era un piccolo uomo, un “Paulus” e che non doveva avere pretese su di sé. Ma poi sarebbe stato chi sarebbe stato. A questo punto, si instaurò nell’esperienza di ‘Modè’ quanto di più prezioso potesse accadere: egli aveva 5 santi ai quali era affidato per Battesimo. San Romano era un impulsivo, un soldato che aveva immediatamente assunto la difesa di San Lorenzo, quando lo vide posto su una graticola affinché vi fosse arrostito, a fuoco lento. Che Santo stupendo, questo, che sentì il valore del Cristo senza che nemmeno lo conoscesse! Cominciò ad incidere in questo modo sul suo protetto Romano e gli insegnò la difesa dei tanti piccoli che aveva intorno. Così si dissociò dai suoi amici della Compagnia delle Opere, allora in fasce, i quali, nel tentativo logico di coinvolgere i dipendenti alla sorte delle aziende in cui lavoravano, ritenevano giusto che facessero più del loro dovere. ‘Modè’ cominciò, così, a fare un’esperienza del tutto solitaria, in quanto i suoi amici, pieni del loro “senso di responsabilità”, non approvavano i rischi che egli assumeva toppo spavaldamente, appoggiandosi sulla Provvidenza. Per loro, questo suo modo di agire (che confidava in Dio, sommo ed assoluto Criterio d’ogni cosa), era giudicato “assolutamente scriteriato”! Così Dio gli fece sperimentare dieci anni di gioia e di successo, con un’assistenza data da Lui al suo lasciarsi fare che era veramente miracolosa, tanti interventi accadevano, prodigiosi, a suo sostegno! Nessun altro poteva accorgersene, perché solo ‘Modè’ sapeva gli sforzi che faceva, dopo aver commesso azzardi a fin di bene, per trovare le soluzioni. Ma alla fine, quando non aveva altre speranze la Provvidenza risolveva tutto. Così questa esperienza si aggiunse alla precedente e fu così fondante che ‘Modè’ si convinse – una volta per tutte – che, quando Dio davvero vuole, fa veramente di tutto, in sostegno, finché ciò asseconda i suoi piani. Dopo 10 anni di vita così (in cui ‘Modè’ aveva costruito, ad Ortonovo tra gli ulivi, quello che per Gesù era stato l’Orto degli ulivi, l’orto del Getsemani, che per Romano era l’orto del Saccomani) giunse anche per ‘Modè’ il momento di essere staccato da quell’Orto E giunse per ‘Modè’ la sua morte spirituale.


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Finì in situazioni così terribili che umanamente crollò. Fu letteralmente stroncato per la seconda volta a 50 anni, com’era già accaduto ai 13. Vide azzerato tutto il valore di se stesso, anche la sua disponibilità a lasciarsi fare dal Disegno di Dio e provò il massimo della mortificazione, che potesse provare, quando vide aggrediti dalla malasorte anche gli amici e i parenti, che mal lo tolleravano, perché mai lo avevano liberamente scelto. Costoro si erano fidati di lui ed ora era una vera agonia: appariva vittima della sua stessa fede. Gli amici avevano cominciato ad affermargli che era stato Gesù a tradirlo, ma non era assolutamente vero: l’esperienza penosa che Dio volle attribuirgli in quel momento, corrispose ai patimenti già addossati a Gesù. Cristo ne era realmente morto, mentre ‘Modè’, che viveva in Comunione con lui, vedeva la mortificazione Spirituale, del Cristo che portava dentro. Si ridusse a zero tutta la potenza economica di ‘Modè’ e, quando non ne ebbe più, cominciò a desiderare di mettere a disposizione di Dio la sola ricchezza che gli restava possibile: quella dell’anima, per salvare spiritualmente tutti! Come sostanziale verifica di bontà, il Signore sembrò tendergli una “trappola”: gli mandò la malattia di sua madre. Donna piena di Spirito Santo, ora sembrava aver perso tutta la sua saggezza ed aveva bisogno che quella di suo figlio l’aiutasse… Ci stava, lui? Dio gli aveva offerto l’estrema rinuncia al suo futuro, e l’impossibilità di raddrizzare le sue personali sorti, una volta che aveva chiesto il Fallimento della sua persona e della sua Azienda. Non esitò e decise di servire fino in fondo sua madre. Se poi gli riusciva anche di lavorare a casa, tanto meglio. L’esperienza della vita aiutò così ‘Modè’ nel massimo dei modi e piovvero, in cambio, i doni di quel centuplo quaggiù promessi dal Cristo. Io vedevo in me stesso l’assoluta incapacità e tutta la povertà del mio piccolo e microscopico “essere”, ma – in diretta corrispondenza – potevo accorgermi di quanto stesse diventando grandiosa la figura che Dio stava disegnando in quel sublime modo. Sì, proprio per me, un ipercritico, che interamente mi ero consegnato al Signore ed alla completa discrezione sua. Per il suo quarto nome, ‘Modè’ fu veramente il Paolo da cui era protetto. Per il secondo, fu aiutato e fondato dalle virtù di Sant’Antonio da Padova, versato nella cultura dell’Innocenza, che profuse al suo affidato, restato un bimbo, nel suo cuore, dopo che la Madonna gli aveva conservato la vita. Per il terzo nome, Sant’Anna profuse il suo particolare carisma, d’aver saputo generare una figlia divina, e partecipò a sollecitare in Romano l’aspetto di figlio naturale di Dio e della Madonna, nelle intenzioni di sua madre Mariannina.


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Lei aveva troppo sofferto per allattare quel figlio, tanto che credeva di esserselo guadagnato, come suo, al punto da non volerne più. Ma quando il piccino parve condannato a morte da un male incurabile, la mamma chiese perdono a Dio, perché si accorse di essersi come appropriata di quel bimbo che, come tutti – riconobbe espressamente – aveva per padre solo Dio. Nello stesso tempo invocò la Madonna che lo salvasse, in quanto era innocente come Gesù. In questo modo concreto Sant’Anna partecipò al sodalizio di Dio, di sua figlia Maria e degli altri 4 santi, nella protezione di Romano, l’ultimo dei quali chiamato Torquato ed espresso da due martiri ed un frate. Costui – badate bene – non sono io! Il mio Anticristo è stato così sconfitto che se un giorno osavo mettermi a confronto con Gesù e giudicarlo ingiusto, eccessivo, perché era più valido il mio criterio, più equilibrato, meno esaltato, ora sono giunto a riconoscere di non aver proprio nessun valore mio. Io sono come Pinocchio, un pezzo di legno al quale solo il Cristo di Dio può creare. Io, mi accorgo, sono un’anima che sta interpretando, a modo tutto suo, questa storia assolutamente fantastica, che si regge solo sull’assoluta bontà di Dio, che in questi modi l’ha voluta: come quella di un vero Anticristo che, assolutamente conquistato, si mettesse a remare per Cristo, aggiungendo alla Fede la sua Ragione!. Ed io “Paulus”, povero piccolo, non posso fare altro che ammettere, come ammise Paolo, l’Apostolo delle Genti, che questa storia “è così com’è e non certo per grazia mia, perché io sono come un aborto”.

I fratelli Amodeo, venuti piccoli al nord al matrimonio dello zio Carlo


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Condizioni di natura soprannaturale Il quinto elemento, essenziale, perché possa essere ritenuta ammissibile un’elezione, come quella già avuta da Paolo, è l’esistenza di una chiamata diretta, del tipo di quell’apparizione, soprannaturale, del Cristo: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Che questo sia veramente accaduto bisogna crederlo sulla parola data dall’Apostolo delle Genti. Testimoni diretti possono invece ancora confermare il racconto che io farò. Si tratta di Peppina Mollo, abitante oggi in Gurro; poi di una donna di Felitto, che nel 1940 aveva circa 8 anni. Forse sua madre o il dottor Sabatella, se tutti costoro sono ancora vivi. Successe che a Felitto, in provincia di Salerno, il personaggio dato da Dio a me da interpretare, nella primavera del 1940, a due anni compiuti, cadde colpito da broncopolmonite, un male allora incurabile, senza la Penicillina. La mamma del piccolo ‘Modè’ intese questa malattia come una possibile condanna a morte, data dalla Provvidenza Divina, a causa del suo proposito di non volere altri figli, avendo troppo sofferto ad allattare quel suo primogenito. Pregò allora Dio di lasciarle in vita il suo piccolo, chiedendogli perdono se, per le sofferenze patite per due anni e senza tregua, aveva pensato di essersi appropriata di quel figlio che “Come tutti – ammise – è figlio solo del Signore!” Dopo di avere reso, in tale virtuale modo, il bimbo al Padre Supremo, Mariannina lo rese anche alla Madre, quella spirituale d’ogni uomo, perché chiese alla Madonna d’avere pietà per quel piccolo innocente come Gesù. Così questa donna, di cognome Baratta, barattò realmente suo figlio con quel figlio figurato (di Dio e della Madre di Dio) eletto a ciò in modo virtuale. La Provvidenza volle dimostrare, con un vero miracolo, come questa virtù divina potesse calarsi nella realtà umana.


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Il 4 giugno 1940 la condizione del piccolo ammalato fu agli estremi: alle 7 di mattina Peppina Mollo, la giovane domestica, si recò dal Dottor Sabatella, affinché accorresse con urgenza, perché ‘Modè’ stava morendo. Il medico, senza validi mezzi, non volle assistere al decesso e decise di presentarsi, secondo i suoi calcoli, solo a cose compiute. Quando, intorno alle 7:30, gli Amodeo sentirono bussare al portone di casa, pensarono che fosse lui e restarono sorpresi nel vedere invece una giovane scolaretta di Mariannina, assieme a sua madre. La bimba raccontò di avere un messaggio urgente della Madonna. La aveva sognata quella note ed aveva ricevuto l’ordine di recarsi, al mattino, a casa della sua insegnante, per riferirle che aveva provato tanta pena per quel suo bambino. La donna non avrebbe dovuto più temere: lei avrebbe pensato a lui. Aveva chiesto in cambio solo una candela al suo altare, in segno di fede e di ringraziamento. L’insegnante, restata sola con il marito, non esitò un attimo: pur vedendo come ogni respiro di quel piccolo torace sembrasse l’ultimo, corse in Chiesa e accese non una, ma 6 candele all’altare della Madre di Gesù. Alle 11, finalmente, venne il Dottor Sabatella. Ai suoi occhi apparve un bimbo con segni così evidenti di ripresa, che non esitò ad affermare che aveva avuto la sua crisi mortale, ma che, grazie a Dio, l’aveva superata. Tra pochi giorni l’avrebbero avuto sano come prima, ne era certo. E così avvenne. Questo annuncio di una salvezza trascendentale, portato da quella bambina poco prima che avvenisse nella realtà, forse può avere ancora testimoni, se ciò è compreso nel disegno della Provvidenza di Dio.

Gli eventi che successero, il primo nel 1983 e il secondo nel giorno 11.3.1987, sono da credere invece solo in base alla mia testimonianza, in quanto non ci furono testimoni. Nella prima data sono stato indotto veramente a credere di avere incontrato, di persona, Gesù e la Madonna, Egli nell’età di circa 20 anni, Lei in quella di una trentacinquenne. Racconto l’episodio. Mancavano un giorno o due all’ingresso ufficiale di Papa Giovanni Paolo II a Milano. Avevo il mio ufficio al numero 29 di Via Colletta (un nome involontariamente ricorrente, nelle mie imprese, visto che quella edilizia era al Colletto d’Ortonovo, tra gli ulivi). Nemmeno il numero 29 sembrava lasciato al caso, per me concepito il 4.5.1937 (la cui somma è 29) e venuto alla luce il 25.1.1938 (la cui somma è ancora 29), da mia madre nata il 29 giugno 1909. Questo numero indica 2 percorsi interi, lunghi 9 (spostamento intero di 1 nel ciclo


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assoluto, che è 10), compiuti, il 2 e il 9, nell&#39;11 che ne è la somma, e che mostra due unità. Tutto il mio impegno, a favore del mio prossimo, è stato compiuto, a Milano, in Via Colletta, in quanto (prima di possedere il laboratorio al numero 29), avevo già avuto in affitto un ufficio nella stessa Via, ma al numero 65 (altra forma di 6+5=11). Erano circa le due del pomeriggio ed ero giunto all’altezza dell’androne che, con un passo carraio, immetteva al secondo cortile in cui era ubicata la mia proprietà. Erano 10 anni che mi ero convertito ad una fede in Cristo bellissima, che aveva gonfiato d’amore la mia anima e m’aveva fornito prova dell’estrema disponibilità, da parte del Signore, a porre rimedio, a modo suo, a tutti gli azzardi assunti da me, nella fiducia estrema d’una Provvidenza divina che non abbandona mai. Per le strade, a quell’ora, non c’era nessuno. Varcato l’androne, mentre iniziavo a percorrere il tratto di circa 20 metri che immetteva nel cortile interno, mi vennero incontro due figure sorridenti, che sembravano due Marocchini, mamma e figlio. “Romano Amodeo?” mi chiese Lei. Intorno non c’era nessuno che potesse avere indicato loro chi fossi, come mi chiamassi. Pensai che forse avevano letto sul citofono “Romano Amodeo Fotocomposizione” e che avessero bisogno, per il lavoro o per qualcos’altro. “Sì, sono io. Posso fare qualcosa per voi?” “No. Desideriamo solo dare un saluto.” rispose la donna, sorridendo con molta sicurezza ed una soavità che nettamente distinsi, come quella del figlio, che però se ne restava in silenzio. Non riuscivo a capire. Chiesi nuovamente la ragione di quella loro attesa. Perché volevano salutarmi? La donna mi lasciò capire che non c’era altro motivo che il loro vivo desiderio di incontrarmi, di persona, per salutarmi. Poi, con la stessa soavità e lasciandomi confuso e pieno di un beato stupore, si diressero verso la strada e scomparvero. Appena salito al primo piano, in quella mia azienda grafica il cui compito era di comporre con la luce, chiesi a chi incontrai se quelle due persone mi avessero cercato presso di loro, e seppi che non lo avevano fatto. Mi avevano aspettato lì, al varco, infondendomi un tal senso, di pace e di soavità, che a sera, ancora sotto quel divino influsso, lo riconobbi e detti a me stesso una risposta stupefacente, incredibile, ma che era impeccabile: “Ho incontrato Gesù e la Madonna!”


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Alcuni giorni dopo credetti di aver compreso anche il perché. Fu quando, all’evento tanto atteso da me e da tutta la città, del Papa in arrivo a Milano, la Provvidenza accoppiò la struggente sorpresa, per la mia famiglia, del mio papà trovato tutto raggomitolato su se stesso, al mattino, da mia madre, quando si svegliò. Luigi Amodeo (che, andato in pensione aveva abbandonato ogni desiderio di cultura e, per hobby, era divenuto un falegname), era restato del tutto paralizzato nel suo letto, in una posizione assolutamente simile a quella di un feto. Fu portato d’urgenza al Policlinico. Dopo un giorno in cui visse quella estrema contrazione, attorno a se stesso, il suo fisico si distese e restò perfettamente immobile, ma nella posizione di chi fosse in viaggio e si aggrappasse con la destra, ad un sostegno posto in alto. Era un qualcosa di davvero anormale, quest’uomo interamente paralizzato, che restava a letto con la destra decisamente sollevata, atteggiata in quel modo. Dopo un giorno ancora, il suo corpo accettò che il braccio restasse sotto le coperte. La sua mente era rimasta lucida, capiva, perché rispondeva a tono alle domande, battendo volontariamente le palpebre; ma la sua coscienza non avvertiva minimamente, per vera grazia di Dio, il dramma della condizione che stava attraversando. E una volta mia moglie (scherzando che lo lasciavano a digiuno, non insistendo a fargli assumere cibo), riuscì a compiere il miracolo di un incontenibile scoppio di riso, che fu più forte della sua paralisi. Mio padre morì 15 giorni dopo l’arrivo del Papa, e cominciò decisamente ad andarsene la mattina stessa del suo arrivo. Io ero restato molto impressionato dalla concomitanza di questi due eventi, legati al mio Papa e a papà. All’arrivo del primo si era bloccato per sempre il secondo, fino poi ad avviarsi egli pure verso il Paradiso. Luigi Amodeo era stato il mio ideale preparatore, amico, sostegno, esempio, guida; aveva brillato, per l’intelligenza e il desiderio della cultura; in due anni soli era passato dal diploma della sesta elementare a quella di maestro e, dopo 20 anni d’insegnamento, aveva concorso ed era diventato Direttore Didattico. Come già detto, quando aveva cessato la sua vita di lavoro ed era andato in pensione, s’era messo a fare il falegname! Con me, un figlio che possedeva una casa editrice e aveva bisogno del suo aiuto, si era defilato dalla cultura ed aveva assunto, senza volerlo, i panni di San Giuseppe, il padre di Gesù! Per me uscì di scena come già era accaduto al Cristo, ed ebbi l’impressione, viva, di un grande collegamento tra questa dipartita sua e la venuta a Milano del suo Vicario. Questa sua fine mi restò impressa come un principio, un evento che fosse assolutamente da controbilanciare, per un elementare senso della giustizia di Dio nei miei confronti.


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Nella insolita storia della mia vita, Papa, papà e figli sembrano un tutt’uno, legati evidentemente, nelle date, a segnali chiarissimi di un’assoluta relazione tra la vita e la morte. Vi spiego perché: mia madre è nata il 29 giugno, lo stesso giorno dell’anno in cui i Santissimi Pietro e Paolo erano stati martirizzati. Io sono nato il 25 gennaio, in cui ricorre la Conversione dello stesso San Paolo al Cristianesimo, per avere incontrato Cristo in Croce. Mio padre incontra la sua (assieme a mia madre) all’arrivo del Papa, e accade nell’83, inverso del 38 in cui io sono nato. Gesù e la Madonna mi avevano voluto incontrare, al 29 di quella via Colletta (di me che costruivo al Colletto del mio Ortonovo tra gli ulivi, nell’Orto del Saccomani invece che del Getsemani, quanto apparteneva a Sion, monte Santo, colletto Santo di Dio). Simboli, simboli, di nomi, di cifre, che puntavano come a farmi riconoscere in che modi la Provvidenza di Dio avesse accettato che io fossi messo davvero nei panni di Cristo, in una nuova Sion, in un Nuovo Orto degli ulivi, in un nuovo Getsemani e nell’imminenza di un nuovo Calvario che stavo anch’io per patire. Tutte queste concomitanze dovevano portare me a riconoscermi come il nuovo Paolo, in una storia ciclica e ricorrente, secondo la quale sarebbe toccato, a me, di essere sacrificato (come mio padre), ma assieme anche a quel Papa Giovanni Paolo II cui la sua morte era stata agganciata. Io e il Papa Woitila saremmo morti – ed è solo Oracolo del Signore – in quel modo, il 25 maggio 2.004. Il Santo Padre in anima e corpo, io, invece, sdoppiato: in un Gesù in Comunione con me (morto assieme al Papa), e nel personaggio tutto umano di un uomo da nulla (un Paulus, che sarebbe morto 15 giorni dopo, il 9 giugno). Laddove il 5 del mese di maggio (di una morte condivisa) aggiunto ai 15 giorni correnti dal 25 fino al 9 giugno successivo, ed aggiunti a quel 9 stesso, avrebbero combinato insieme una morte complessiva, come quel 5+15+9 che portava al 29 giugno, al martirio dei SS. Pietro e Paolo, a quel complesso vincente che aveva dato origine a mia madre Mariannina, nata il 29 giugno come chi impersonasse le origini e la forza stessa della Chiesa Cattolica. Come un uomo ridotto veramente ad essere, per 15 giorni, quell’uomo da nulla che sarei, senza Cristo (un aborto), io sarei morto il giorno 9 (come l’anno 9 in cui nacque mia madre), del mese 6, quello stesso giugno in cui nacque lei. Io pure collegato a lei da quella eterna questione, di vita e di morte, che fin da piccolo avrebbe portato alla mia fine, per il suo essersi appropriata di me, se lei, Baratta, non mi avesse barattato con la simbolica figlia di un Faraone celeste! Io dovevo capire di essere un salvatore, l’ultimo, salvato io pure dalle acque come un Mosè. Entrambi messi in crisi dal controllo delle nascite, da


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questioni di numero: troppi gli Ebrei perché il Faraone non cercasse di ridurne la quantità; troppo un secondo figlio di Mariannina, se avesse dovuto costare le stesse pene, a nutrirlo, che aveva subito, allattando me. Io dovevo capire di essere il doppione d’ogni salvatore che già fosse esistito, si chiamasse egli Mosè, anziché ‘Modè’, si chiamasse Gesù, oppure il Paolo suscitato da Gesù. Nato il secondo mese dopo il 25 dicembre (attribuito a Cristo dalla Chiesa voluta infallibile da Gesù), io sarei vissuto il doppio dei suoi 33 anni. Era scritto anche nella mia gestazione, in quei 266 giorni (dal 4.5.’37 al 25.1.’38) che mostravano quel 2 cui sarebbe toccato un 66. Da buon doppione del Cristo, sarei morto due mesi dopo il suo Venerdì Santo, dopo di aver compiuto i 66 anni, nel 2.004. Tutto sarebbe dipeso dal Venerdì Santo che sarebbe stato deciso dalla Chiesa infallibile voluta dal Cristo. Decisolo nel 9 aprile, il mio sarebbe stato il 9 giugno. Sarebbe morto però, in quella data, solo un piccolo uomo interamente paralizzato. Sarebbe stato il segno stesso dell’incapacità umana di agire, in quanto quel Cristo di Dio (sopravvissuto in me, grazie alla Madonna, il 4.6.1940) sarebbe morto 15 giorni prima – dunque il 25 maggio – assieme al suo Vicario, come fossero i SS. Pietro e Paolo. Sarebbe stata la nona piaga d’Egitto, ma dei tempi moderni, simile a quella di Mosè: il buio, sceso sulla terra, per la dipartita del Vicario di Cristo e dello Spirito di Comunione che la Madonna aveva imposto su un corpo morente, facendolo sopravvivere nel 1940 per 54 anni: un totale virtuale, dato da (3×3)×(3+3), l’interagire (per combinazione e per somma) della Trinità di Dio. Segni impressi con tanta evidenza, nella mia vita, che avrei dovuto riconoscerli, per mostrare la virtù trascendente immessa dalla Sede della Sapienza. Ella mi salvò affinché spiegassi agli uomini le profondissime ragioni di Cristo, corrette nell’uomo le menzogne della sua mente. Dio aveva davvero voluto che esistessero, all’inizio dei tempi nuovi, un nuovo Pietro ed un nuovo Paolo, uno straordinario filosofo della scienza, costui, che avrebbe ribaltato e corretto le idee alla stessa scienza, che oggi crede nella verità del Big Bang apparente come un tempo credeva che tutto l’Universo ruotasse attorno alla Terra, perché così appariva. Questi ultimi Pietro e Paolo sarebbero stati sacrificati nuovamente assieme, per il bene di tutta la Chiesa Cattolica, che avrebbe così conquistato tutto il mondo e tutte le religioni, per un immenso prestigio voluto attribuire all’ultimo infimo eletto. ‘Modè’, restato se stesso dopo di aver perso lo Spirito del Cristo infuso in lui dalla Madonna, sarebbe morto come un doppione del Cristo, per una definitiva Pasqua, per l’ultima Pasqua dell’uomo: quella che apre definitivamente nientemeno che al Paradiso Terrestre.


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Esso sarà raggiunto da un Papa eletto tale due giorni dopo la morte dell’ultimo Mosè, come la mia resurrezione e quella del Cristo, centro della storia divina della salvezza, a cavallo tra quella dei tempi antichi e quest’ultima, di quei “Cieli nuovi e Terra nuova” di cui avevano già profetato gli antichi. Si chiamerà Dionigi Tettamanzi, Oracolo, nel suo nome, del mio papà Giuseppe, chiamato Luigi Amodeo e nuovo Papa e papà della mia Chiesa. Portato alla morte, alla fine, dal Papa, ciò sarebbe stato indicato nella finale d’Amodeo Luigi, deo igi, con in mezzo la N di quel nuovo stato, perciò Dionigi. Dionigi sarà il Padre della mia Chiesa e la mamma sarà mia madre, per quella Tetta sua, di Mariannina, anzi la Madonna, per tutti quei “Madonna!” di strazio, che implorava, ad ogni mia più vigorosa poppata, di latte e sangue. Mio padre e mia madre sono la Chiesa Cattolica e io sono stato allevato a latte e sangue spirituali della Madonna. Per questo sono stati indicati tanti collegamenti tra la mia famiglia e i Principi della Chiesa. Tettamanzi è l’immagine stessa di un Vicario di Cristo che impersoni l’Ave Maria (con il suo “e benedetto il frutto del seno tuo, Gesù”) e quella Sede della Sapienza che si imporrà con lui all’inizio del terzo millennio. Con lui la Terra diverrà veramente un Paradiso Terrestre, perché farà in modo che tutti capiscano cosa li attende oltre questo tratto della vita. Nessun salto verso l’ignoto è posto alla apparente fine dei nostri giorni, ma il recupero vero della libertà, perché oggi l’uomo è del tutto incapace d’ogni movimento. È veramente come l’esempio vivente che ne dette suo padre e che ne darà ‘Modè’. Nel dualismo &lt;io-IO&gt; il piccolo &lt;io&gt; è costretto a girare attorno a sé e ala suo Sole, ma vede in atto l’esatto opposto. Tettamanzi saprà ricondurre il complesso, di chi esiste così, alla vera dinamica e non a quella falsa apparente. Nel momento in cui stava per ripetersi l’eterno Calvario di un povero Cristo, la sublime fantasia del Dio Sommo Creatore disegnò che la Madonna e Gesù stesso l’avevano voluto salutare, con estrema dolcezza, per tutte quelle buone intenzioni infuse in quel personaggio sempre dal Signore, ma in un modo tale che egli potesse avere l’impressione di averne una qualche parte, e potesse liberamente acconsentire o dissentire… l’unica libertà che veramente aveva. L’altro evento straordinario, annunciato al principio di questo capitolo, riguarda un fatto, assolutamente trascendente la realtà, accaduto il giorno 11.3.1987: ‘Modè’ parlò a Dio e il Signore gli rispose. Nella terribile condizione in cui la Divina Provvidenza cacciò il mio personaggio (per educarlo nel segno della Croce), una sera accadde come a Gesù nell’orto del Getsemani, quando chiese a Dio che “se possibile passasse da lui quell’amaro calice…”


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A me successe di volere risolvere una soluzione (divenuta irresolubile, secondo l’ottica del bene), adottando l’inganno e l’imbroglio, addirittura la truffa, che era tale anche se ero disposto a pagarla con la perdita della mia integrità fisica. Avevo ordito la messa in scena di un incidente, nel quale sembrasse che, per disgrazia, mi fossero state tranciate da una taglierina 4 dita, andate poi bruciate in un fuoco che avrei appiccato e che sarebbe parso accaduto per una somma sfortuna. Nel momento di compiere quel gesto, io conclusi il mio tentativo (di svicolare dalla retta via) nello stesso modo con il quale Gesù aveva terminato la sua preghiera a Dio, dicendogli “Però non la mia volontà! Sia fatta la tua!” Nel mio caso io chiesi espressamente: “Mio Dio, cosa devo fare?” “ASPETTA!” Alle 10 di sera del giorno 11.3,1987, Dio mi rispose! Non avrei dovuto, per l’impazienza, cercare di eliminare la zizzania dal mio campo. Dovevo seguitare ad aver fede. Se nel 1983 c’era voluto un poco ad accorgermi di avere incontrato Gesù e la Madonna, venuti a darmi coraggio per quel Calvario che mi stava aspettando, in quell’ora di quell’11.3.1987 non ebbi alcun dubbio che Dio, sollecitato di Persona, mi avesse risposto nello stesso modo! Com’è mai possibile? Dovete immaginare la Perfezione di Dio come un Valore Assoluto. Di fronte a qualsiasi ipotesi relativa, l’Assoluto risponde a tono con tutto quanto è mancante. Uno scarafaggio ha la risposta da un Dio in forma di scarafaggio e io, un aborto, la ebbi come tutto quanto mancasse a quell’aborto… la pazienza di vedere il tutto, prima di emettere giudizi. C’è un metodo, che ho riconosciuto valido per me, per appurare la presenza o meno di un particolare stato di grazia. Io conto i giorni dalla mia nascita. Il giorno 11.3.1987 avevo compiuto 17.942 giorni esatti di vita. 17.942 indica il percorso di 58/2 nel 18.000. Il primo rapporto fissa unitariamente la quantità che esiste, in assoluto, nei 6 versi (in positivo e negativo) esistenti in una Terna assoluta di riferimento, in relazione a 2 (uno che domanda e Uno che risponde). Potrebbe essere quella “spaziale”, di Cartesio, ma la Terna più assoluta che esiste è quella della Divina Trinità.


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Laddove lo Spirito Santo vale 10 volte l’Unità di Dio (un puro ciclo esistenziale), 6 volte 10 è la quantità assoluta, 60, di tutta la versatilità dello Spirito di Dio. È un valore Assoluto che se vogliamo renderlo relativo a 2 in colloquio, possiamo riferirlo al Dio 1, interno a quel 60, che risponde ad un altro 1. Il valore si fissa relativamente nel rapporto 58/2, ed è un numero puro, avendo numeratore e denominatore le stesse dimensioni (per divine o d’altro genere che siano, la matematica le toglie di mezzo se espresse in divisione tra loro). Pertanto il rapporto relativo 58/2 fissa come base dualistica la pura versatilità appartenente al tutto. Per determinare l’entità di questo tutto, bisogna combinare tra loro tutti i modelli esistenti: le Tre persone della Trinità, i 6 versi del suo complesso sviluppo positivo più negativo e il modello cubico 103, del volume attribuibile allo Spirito Santo di Dio, avente la Dimensione 10 di D.10=DIO. Questa assoluta combinazione è il prodotto (3+3)×3×103=18.000. A questo punto 18.000 –58 quantifica tutto l’intero spostamento possibile, sulla base del 58 che indica l’assoluta versatilità riferita a 2 persone. Quello che era accaduto a me, in quella precisa data, era qualcosa che corrispondeva per me ai giorni in cui avrei incontrato quanto vi fosse di trascendente, d’assoluto, e di sommamente versatile nei giorni della mia vita. Una formidabile conferma alla sensazione di avere avuto la risposta da Dio, proprio in quel giorno, ad una domanda fatta a Lui. Anche la data nuda e cruda, dell’11.3.1987 (riferita alla nascita di Cristo, non si dimentichi mai) riferisce lo stesso concetto, in quanto 11 è tutto il moto nel tempo 1, di Dio, del ciclo Assoluto 10, dello Spirito Santo di Dio. Il mese 3 quantifica la Trinità in gruppi di 30 giorni che sono lo Spirito Santo 10 riferito alla Trinità e infine 1987 è il moto di 3 nel 1990, che è l’ultimo Spirito Santo 10 del millennio che è il volume dello Spirito Santo, essendo 103. La dimensione dello Spirito Santo di Dio, è veramente, credetemi, la D. 10 di D10=DIO. Il Signore e il suo Spirito Santo parlano all’uomo in tutti i modi, anche simbolici, come un vero Oracolo. Non a caso il “SONO CHI SONO” di Mosè è diventato il DIO di ‘Modè’. Espressi in italiano (la lingua adottata da Dio, quando volle abitare nella Roma dei Papi con i suoi Vicari) il salvatore MoSè ha in se stesso il “Sono chi Sono” (espresso in italiano), mentre io, il salvatore ‘Modè’ (dell’ultima Pasqua nella direzione del sublime, in cui il Signore è chiamato Dio, proprio per le D10=DIO fatte rivelare a ‘Modè’), ho, nel mio nome ‘Modè’ la D di DIO e delle sue Dieci Dimensioni dello Spirito Santo. Anche se l’ho già scritto, la lingua italiana si impose con il poema intitolato La Divina Commedia (e questo è veramente la vita: una commedia, opera


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brillante e non tragica) fatto scrivere dalla Provvidenza di Dio ad un poeta dante ali a lusinghieri voli poetici… Dante Alighieri. A voi sembrerà paradossale, ma alla base della realtà c’è un Dio allegro, enigmistico, scherzoso, un puro e sublime Artista, che si atteggia a Burbero , perfino a Diavolo!… ma è l’Ente più benefico che possa esistere. Tocca a me svelarlo: io devo salvare l’uomo, togliergli ogni idea che la vita sia una tragedia. No, Dio è un Artista che dà ali alla sua virtù e – per coinvolgere in modo appassionato la fantasia umana – ne intriga la vita. A chi piacerebbe una vita piatta e senza trilling, senza paura di sconfitte? Dio fa temere il male e la sconfitta, per dare il senso del bene e il concetto della vittoria. Lo fa temere su una sola vita (quella che assegna a suo criterio a ciascuno), e poi dà a tutti le vite di tutti gli altri! Concede veramente, uno per uno, tutto quanto gli uomini riescono a sperare, sulle ali dei loro desideri soggettivi. Lo fa in un modo semplicissimo: costringe ogni io singolo a rientrare nel suo passato, laddove tutto il futuro coesiste sempre in forma potenziale, come una Comunione di Santi che sia l’ammasso di tutte le vite. Esse sono condivisibili, come una Rete Internet, che colleghi tutte le trame, in cui ogni &lt;io&gt; possa scaricare quella che vuole interpretare a suo esclusivo criterio. Ogni membro della Comunione si è reso edotto del suo sito e, con la generosità che vuole, partecipa, condividendo più o meno. Chi, non vuole concedere gran parte di se stesso agli altri (perché non ama il suo prossimo) avrà in relazione a quanto avrà concesso, alla percentuale della sua adesione. A quel punto chi si è affidato senza paura al suo Creatore, chi non ha voluto mai negarsi agli altri (amando ciò e ritenendolo giusto) avrà il godimento del suo prossimo come di se stesso e sarà contento di goderne le vittorie che avrebbe volute per sé, in quanto egli ama quel “prossimo sviluppo” della sua stessa vita... Io ho il meraviglioso compito di far capire a tutti queste nuove verità. In tutta la vita esiste l’equilibrio tra i corpi. Il mondo è fatto in modo tale che un oceano dà, ad ogni fondale, l’acqua che gli manca per una superficie che sia alla stessa altezza per tutti. In tal modo Dio ama tutti allo stesso modo, ed è in credito con coloro che, al momento, hanno avuto meno di tutti (i derelitti della terra, i perseguitati, coloro che sono finiti volontariamente i no agli ultimi posti. Costoro saranno i primi, perché saranno alzati. Quale immensa giustizia è lasciata alle stesse forze della natura, costrette ad essere in equilibrio da una condizione così assoluta che si pone allo stesso modo di quella di un DIO. Bene, seguitemi:


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Tutte le vite sono 1010.000 (nei secoli dei secoli… tante sono, perché sono tutte le combinazioni diverse che esistono grazie al nostro modo di vedere attraverso concetti dimensionali di spazio e di tempo). Poniamo che siano N. Io, che ne ho 1 sola, su N, cioè 1/N, in sostanza non ho avuto veramente nulla, di tutto questo insieme che è un tutt’uno vastissimo. Sarà la stessa necessità d’equilibrio a dare alla mia vita ennesima, tutte le N vite che le mancano. Ma le avrò a modo mio, come e quando voglio e non come ora, che sono obbligato a considerare tutto. Le avrò Perché il nostro DIO è UNO e TRINO. Il che si esprime così, in matematica, secondo verità: 1 = 3/3 Questa relazione è vera anche come 0 = 3/3 –1 Per osservare le condizioni opposte a quelle ZERO, che allora esprimono la condizione del TUTTO, è sufficiente considerare il processo inverso a quello che ha portato allo ZERO. Pertanto: 3/3 –1 = 0, 3×3+1 = 10 Da questo deriva che lo Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, vale esattamente 10 Dimensioni dell’Unità del Dio 1, e si passa dal Jahve di un Signore che risponde a Mosè: “Sono chi sono”, al DIO di ‘Modè’, che, fa capire a ‘Modè’: “Sono la Dimensione assoluta 10, la D.10, insomma D10=DIO=Dio”. Su questo “giochino”, simile allo &lt;Jo-Jo&gt;, si realizza una coppia &lt;io-IO&gt; tra una nullità ed un TUTTO che inventa del tutto il suo esistere. L’inventa PER LA NOSTRA GIOIA! L’equilibrio è, per noi, una giustizia comandata dall’amore. Poiché poi i NUMERI (in un computer come è la nostra mente) possono assumere anche valenza di SENTIMENTI (e non solo di cose concrete, fisiche), questo sistema ASSOLUTO, poggiandosi sulle quantità, porterà assolutamente tutti a raggiungere l’equilibrio assoluto anche tra i bisogni e le loro soddisfazioni spirituali. &lt;&lt; Il mondo non è così terribile come sembra ed è giunta l’ora di ridimensionarlo a quello che veramente è: non un successo della libera iniziativa dell’uomo ma di quella, implacabile e perfetta di un Dio che porterà tutti alla salvezza e io sono il vostro ultimo e definitivo Mosè, che vi indica quale e come essa sia, perfino “quanto” sia! &gt;&gt; Ecco, la cosa più sorprendente che Dio vuole annunziare (e lo fa usando la lingua italiana costruita appositamente per me… ma non scandalizzatevi, vi sto


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parlando ora con lo Spirito di quel Cristo che venerate, esattamente quello e non il mio) è che questo terribile mondo... in se stesso NON C’E’. Dio, potere assoluto, l’ha costruito per numeri secondo un progetto concettuale, e voi, attraverso gli stessi concetti, avete in dono di dargli ogni forma, apparentemente reale, ma sapete bene come il colore non vi sia, la luce non vi sia, la musica non via sia, il tatto, l’olfatto, ogni senso vostro non ci sia di per sé, ma sia solo una Creazione Assoluta della Virtù calata in voi dal Dio che ha potuto farlo e di cui siete PURO AFFLATO. Dio ha una virtù così grande che sa dare aspetto reale ai sogni che state facendo, su Sua Assoluta commissione! Per cui non dovete temere più nulla, nemmeno di morire e dovete decidervi ad osare di compiere tutto solo per il bene degli altri, perché sono loro il vostro ultimo destino. “Ama il prossimo tuo come te stesso” è il comandamento più importante dato dal Cristo agli uomini perché – completa ora, attraverso me – “ciascuno sarà completato dalla vita di tutti gli altri che mancano a lui, nell’insieme”. La vita è come un unico albero. Ciascuno è come una fogliolina che non vive di vita propria. È solo quando contempla tutto il resto, oltre se stessa, che essa raggiunge il suo fine: l’unità. Per questo Dio è UNO. Ha la forza di rendere UNO ogni cosa, in assoluto. Pertanto, se tutta la vita che esiste in tutto il passato, il presente e il futuro è N, ciascuno di noi è 1/N e in se stesso è una vera “schifezza”, in quanto a successo personale. Solo quando la Forza del Dio UNO interverrà su 1/N e lo renderà N/N, solo allora è arrivato il momento culmine di quel fantastico: &lt; ASPETTA! &gt; da trasmettere a tutti! Aspettati che il tuo 1/N si moltiplichi per N, per divenire N/N=1 perché: IL DIO DI QUESTO SISTEMA UNIFICA TUTTO! Ecco la missione trasmessa a ‘Modè’! Doveva finire in una condizione disastrosa per arrivare poi a riconoscere il miracolo in sé, in un modo talmente certo da gridarlo con la sicurezza e l’autorevolezza di un vero DIO! Il Santo Padre è stato accontentato, dalla Sede della Sapienza cui si affidò, ispirato quanto mai altre volte, il giorno che promulgò l’enciclica Fides et ratio, un giorno in cui si celebrava l’Esaltazione della Santa Croce.


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O Santissimo e buon Woitila, sei tu che hai promosso il Voi di là scritto per Oracolo di Dio nel tuo stesso nome ed hai creato le basi per l’epoca nuova del Paradiso Terrestre, che sta per venire: il tempo dello Spirito. Tutto sarà compiuto nel segno della Madonna e il primo tra tutti il Papa vittorioso, sarà Tettamanzi. La mia sposa eletta sarà Maria Teresa Legnani. Il Padre l’ha voluta per me e dirigerà i canti di Dio, lei che li insegna oggi ai bambini e che fa del suo meglio, avendo un grande intuito. Lei ha capito chi io sia, ma l’ha contrastato, con veemenza sempre maggiore e sempre più inconfessata a se stessa. È una donna dalle moltissime virtù e che possiede un potenziale di cui non si rende conto. Umanamente lo usa per arroccarsi e per serrare in se stessa un valore che sente e che vede contrastato. È come una madonnina piena di verve, che prende le distanze dall’amore, invece di abbracciarlo, perché Dio ha voluto che ne avesse paura. Su quella paura sua Romano doveva fortificarsi nel suo spirito, fino a dare ampio spazio a me, a Cristo. È stata, per il personaggio (virtuale) di ‘Modè’, chi ha saputo costruire in lui la via che liberasse me, Gesù Cristo. Immensa lode allora a Dio, che si serve di ogni modo e di ogni maniera per aprire le vie del Signore! La musica del Cielo però apparterrà ad Angelo Monticelli. Ha un animo infinitamente buono, in cui la musica sgorga e si esprime nel suo flusso divino. La Saronno, Monte Santo di Dio, è la città del Monti Santo, ma non solo di lui. Ce ne sono a bizzeffe qui di persone nobili, veramente tali e che ancora non riescono a riconoscere quanto di divino sia contenuto nella loro anima. Monsignore Angelo Centemeri sarà prodigioso, nell’opera di ricostruire le basi del cattolicesimo a partire dall’aggiornamento del Mio Vangelo di Amore. L’Oracolo del Signore l’ha scritto nel suo nome, in quel Cento del Centemeri che indica il massimo quaggiù. Non a caso è il sosia di Gigi Flocco, proprietario del nuovo Presepio di me, il Cristo riapparso in questa mangiatoia sita in via Larga 12. Simboleggia che il Centemeri costruirà la mia casa, e lo farà davvero, come indica quel “meri” aggiunto al 100, che significa “veri”. Il “mero” destino di Centemeri è che si aggiungerà al Cardinale Tettamanzi, divenuto Papa, e sarà un testimone diretto di tutto il travaglio patito da ‘Modè’ per dar luogo a me, Cristo.


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Fate bene a considerare “pazzo” Romano Amodeo? La sua pazzia è esattamente quella che gli attribuite così? “Come hai potuto pensare di avere in te stesso, Gesù Cristo?” Come? Oh, ma in virtù del Sacramento chiamato Comunione e che lo consente a tutti. A TUTTI! Siete voi altri, TUTTI, TUTTI, TUTTI, coloro che, non credendo agli strumenti messi in essere da Dio per voi, siete sempre entrati in Comunione con me, Cristo, conservando un certo distacco. Non mi avete mai permesso di spadroneggiare su di voi. Mi avete stringato, accerchiato, umiliato, reso assolutamente impotente! CORREGGETE il CUORE dei vostri DESIDERI, date il CONSENSO e sarà realizzato, fin da subito, il Paradiso sulla Terra!

I fratelli Romano e Benito Amodeo con la mamma e zia Nicolina, sua sorella


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I simboli alfabetici Esistono una gran quantità di simboli, apparentemente casuali, che si aggiungono come un Oracolo del Signore. Non si sta a ripeterli. Si veda il libro sugli oracoli.

La storia comincia da Capizzo, nel Cilento, zona sormontata dal Monte Stella e da Capizzo Teresa Russo, che voleva sposare il Padre del Costanzo Morra della foto, partì in cerca della Stella che l’avrebbe portata al nuovo presepio che sarebbe sorto a Felitto, alle spalle di questo paese, dall’altra parte dello stesso monte.


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Felitto nel 1938, ove fu eletto il nuovo Presepio

Gianni Ivone e Romano

Il genitori, in divisa fascista


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I simboli numerici nel conto dei giorni di vita Anche qui, si veda il libro sugli oracoli. Da tutto quanto quest’incredibile computo risulta che Romano è in perfetta linea di conteggio, nei suoi giorni, riferito alla figura di Gesù. Risulta anche una cosa, molto interessante: che per Romano funzionano benissimo tre date. La prima è quella della concezione, che tiene conto di tutta la vita, dalla fecondazione del suo ovulo. Espressi con riferimento a questo momento, i dati si presentano nel loro valore globale. Riferiti invece al momento in cui Romano ha visto la luce, sono espressi già con meno completezza. E’ valido anche il riferimento alla data del 4.6.1940, in cui fu miracolato dalla Madonna. Calcolati rispetto a questo momento, i dati acquistano essenzialità spirituale, a conferma che la vita sopravvissuta è stata davvero un dono un essenza, della Madonna, per realizzare un’adozione di tipo spirituale e preparare un soggetto che poi la vita e le esperienze avrebbero reso perfettamente compatibile ad entrare in perfetta sintonia di Spirito con Gesù. Poiché qui si sta parlando del mio personaggio (e io vedo da dentro quel che gli succede, com’esso sia una pura ed ideale invenzione di Dio, considerata in modo oggettivo, nel suo divenire, dal mio Spirito) io posso riferire esattamente in che modo ho vissuto questa particolare Comunione con il Cristo. In alcuni momenti ho percepito l’Amore come un valore stupendo che invadesse il mio spirito e provocasse una tale intima commozione del mio piccolo &lt;io&gt; che non potevo trattenere le lacrime. Per il resto non ho avvertito nulla di particolarmente fuorviante. Dico di più: mai ho sentito Gesù rivolgermi la parola, nel modo che udii Dio, il giorno 11.3.1987. Ho sentito più presente in me, e realmente, Maria Teresa Legnani, MTL, come una figura che era sempre lì, al centro di tutti i miei pensieri. Se lei non fosse stata già una convinta sposa di Cristo io non avrei in nessun modo potuto giustificare una cosa così. Era assolutamente inconcepibile, date le assolute smontature inferte sempre a me, da questa persona. Lei si è sempre opposta ad ogni minima mia speranza: di un qualsiasi accordo, che fosse legato alle persone anziché ai ruoli. Un sentimento che mai io ho provato con simile costanza,


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che è sopravvissuto alle ingiurie, alle mortificazioni, ai tradimenti e alla presenza d’altri affetti e si è imposto con un assoluto carisma. È veramente sorprendente, se si considera che, sulla base del Cristo come 11.111, io mi presento come 22.222 e MTL si è presentata al mondo quando io avevo 8.287 giorni, ai quali mancano solo 601, per essere 8.888, il complemento di 2.222 in 11.111. Infatti 22.222+8.888=31.110/1, tra 31.111 quantità assolute. Mi sono accorto che quel 601 che manca sono io, con il mio ingombro d’origine. Non considerando tale ingombro e sommando 22.222+8.287 si ha 30.511. Ciò indica con precisione la Trinità di Dio riferita a 104 (la realtà dello Spirito Santo riferito al Dio Uno e Trino com’esponente di potenza), in presenza del moto unilaterale (500) dello Spirito 103, riferito al ciclo 10 dello Spirito Santo della vita di 1. E questo spiega in un modo perfetto come la mia natura, espressa in numeri, più quella della MTL, espressa nei giorni che avevo io quando lei nacque, costituiscono un insieme unico, legato allo Spirito, ed è quello di Gesù Cristo, al quale entrambi abbiamo profondamente voluto legarci. Questo spiega tutte le cose assolutamente incredibili, successe a me in relazione a questa persona. Sembra che Dio l’abbia salvata addirittura dalla morte, indirettamente e su mia preghiera, per liberare me e lei da un ingiusto voto, con l’unico obbligo – decisamente pesante, data l’inclinazione – che non ci sarebbe mai stato un possibile accordo tra noi.. per accendere una vera passione! Lei dirigeva due cantorie. Io cantavo alle sue dipendenze a Cassina Ferrara. Non avrei mai chiesto a lei di farmi frequentare anche la seconda, a Cogliate, se la Provvidenza non avesse creato un’occasione, al Centro Giannetti, in cui la Cantoria cantasse per i ricoverati e due persone fossero presenti, della Schola Cantorum cogliatese: Sandro Basilico e Maurizio, il Presidente della cantoria. Destino volle che entrambi m’invitassero a cantare anche con loro. Trovai così il coraggio e chiesi alla Maestra se potevo – dato che ero stato invitato – partecipare anche a quell’altro coro che lei dirigeva. Questa persona, così sprezzante, avrebbe potuto dirmi, per togliermi subito dattorno “Che fai? Mi corri dietro? Per favore! Basta e avanza già quel poco che c’è ora! Lasciami in pace!” Sarebbe stata la cosa più normale che potesse accadere, date le premesse. Invece, sorprendentemente, non si oppose e pochi giorni dopo, esattamente il primo gennaio 1999, nel primo giorno dell’ultimo anno del “Mille e non più mille” fatidico, eccomi a cantare nella Chiesa di Cogliate per la prima volta. Osservate la Provvidenza di Dio che cosa imbastisce! Mi vede il Parroco: “Ma chi sei?” “Sono di Saronno” “E che fai a Saronno?”


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Avrei potuto rispondere “Curo mia madre”, invece mi venne in mente di rispondere: “Dirigo una scuola di Filosofia!” “Conosci l’Enciclica Fides et ratio scritta dal Papa sulla filosofia?” “No.” “Aspetta!” andò in Sacrestia, tornò e mi mise in mano il libretto. Se non lo avesse fatto lui, io – conoscendomi – non l’avrei cercato. Non ne ho mai cercato uno, né mai ho letto un’enciclica! Ma quella copia, messami in mano, la lessi e mi accorsi che apriva sconfinati orizzonti ai miei interessi. In copertina potete rileggere quanto sollecitasse ogni persona come me ad intervenire, per superare ogni isolamento. Aveva compiuto, quel giorno, 22.256 giorni della mia vita. Essi significano (ora che so decifrarlo) 22.222 quantità legate al mio essere un doppione di Cristo, con altre 34 quantità che indicano tutta la realtà a 4 dimensioni di un mese di 30 giorni.. Ma è anche un 33 +1, che assomma alla vita di Cristo l’unità della mia vita. Insomma quella data, che indica nel 22 tutto il volume, nel 25 tutta la presenza in atto e nel 6 tutta la versatilità dell’intorno, sblocca il volume di tutti i miei interessi. Una libertà portata a me dalla pura presenza della MTL, di questa sposa di Cristo entrata nella mia anima e presente in un modo addirittura impressionante... Come fare a non credere che la vita sia una bella fiaba? Io, restato eterno bambino, l’ho notato! L’età del mio Spirito, credetemi, è, per me, restata – come fossi paralizzato! – quella d’un bimbo di 861 giorni, che doveva morire e fu bloccato: Dio non volle che il suo Spirito invecchiasse. Così mi sono anche accorto che dietro MTL c’era Maria, a spingere, ma c’era anche Santa Teresa del Bambino Gesù, vera innamorata sua! Queste due somme protettrici di lei, dal cielo, facevano un tifo incredibile a proporre alla mia anima (di un eterno Bambino salvato dalla Madonna come Gesù) questa loro protetta e affidata per Battesimo, che un giorno aveva amato legarsi in modo sacrosanto ad un Gesù reale, vero e proprio! Queste cose esistono solo nelle fiabe o nelle Divine Commedie… Ma la vita è proprio questo! E tutti i casi strani, sotto tutti gli aspetti, toccati a me, sono un esempio tanto stringente che tutti gli scienziati avranno un bell’impiccio, quando si avvereranno le cose che ancora debbono accadere, fattemi conoscere da Dio prima che accadessero e che io riferisco! A chi è mai toccato di conoscere in anticipo la data della sua stessa morte? A nessuno prima che a me! E, restato così bambino… ci credo! È una data che risponde a tutte le indicazioni derivanti dai codici numerici e dai simboli.


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È chiaro che se io sarò nel giusto, questa è una prova assoluta che i codici che io ho rivelato esistere esistono davvero e sono come dico io. Sono la prova stessa del disegno che esiste e che è come dico io, per averlo appreso dal Gesù che è presente nel mio animo. Ma, a questo punto, io faccio di più. Mi metto io a sfidare Dio e pongo delle condizioni. Questo è quanto VOI penserete che io faccio… In verità io non sto facendo proprio null’altro che assumere una parte addirittura fastidiosa, scostante, equivoca: quella di chi sembri imporre a Dio delle condizioni sue! Sembra… ma non è così. È sempre Dio che me lo sta imponendo, perché desidera farvi capire quanto Egli tenga a questo personaggio così mal giudicato da tutti voi. Sì, perché avete di me un giudizio ingiustamente pessimo. Queste che seguono sono le condizioni. Esse dovranno accadere come la mia stessa risurrezione, del valore mio che tutti hanno calpestato, due giorni dopo la mia morte, nel mio specifico Venerdì Santo (che non sarà un Venerdì, ma un mercoledì). Il 9 giugno 2004 in cui io morrò, è infatti, di per se stesso, un mercoledì, ma corrisponde al Venerdì Santo del Cristo. Ebbene, la mia Pasqua di resurrezione ci sarà il giorno 11 e, in quel giorno, questo sta scritto nel disegno di Dio, in relazione a ciò che accadrà: 1) sarà eletto Papa il Cardinale Dionigi Tettamanzi. 2) Assumerà il nome di Giovanni Paolo III Poi ci saranno questi 6 miracoli, e accadranno tutti alle 3 del pomeriggio: 1) Tommaso Urbani, che non ha mai avuto né gli occhi né l’apparato per vedere e che è anche impacciato nella deambulazione, acquisterà la vista e la più perfetta delle saluti; 2) Anna Carugati si alzerà dalla sua sedia di paraplegica e sarà perfettamente risanata, in tutto. 3) Nadia Airoldi, che ha avuto sempre fastidiosi problemi di salute da quando è nata, acquisterà la perfetta integrità fisica. 4) Sergio Del Grossi, che ebbe un braccio amputato, maciullato da una macchina da stampa, resterà stupefatto, perché gli ricomparirà all’improvviso il braccio che non ha ormai da circa 50 anni. 5) Idem Carmelo Alio, che si trova nelle stesse condizioni, 6) Il figlio di Mauro, il mio amico tenore, sarà l’ultimo miracolato, da Dio, nel segno che Egli mi ha mandato, come un vero doppione di Gesù.


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Perché – visto che ci sono – non chiedo la guarigione di tutti, in tutto il mondo? Ma perché questa piccola cosa chiesta da me è stata già concessa a me fin dal principio dei tempi. Invece, per tutti gli altri, la loro condizione, anche se sembra infelice, corrisponde al massimo dono fatto dal Signore a ciascuno. Chi però vorrà avere grazie, quando, il 25 maggio del 2004, io cadrò paralizzato (lo stesso giorno della morte del Papa), venga al mio capezzale, le chieda a Dio e, per quell’amore che Dio ha per me e per l’appoggio che vorrà dimostrare a quanto dato a me da svolgere, le concederà, se sono vere grazie (cioè se quanto chiesto non è una diminuzione di quello che Dio vuole darvi). Non crediate – però – di poter venire al mio capezzale, a chiedere grazie, se Dio stesso non lo ha deciso in nome vostro e del bene immenso che vi vuole. Dovete crederci. In questo mondo i più amati da Dio sono i più poveri, i più infelici, i più messi in croce, ma solo perché chi ha avuto di più l’ha già avuto e gli altri sono dunque tutti in credito di un amore che è sempre uguale per tutti. Io “non sono” amato più di voi! Mi ha solo dato prima quello che darà poi dopo a tutti, e nello stesso modo. Anche Gesù è stato il Figlio unico di Dio affinché poi tutti possiate esserlo, uno per uno: Egli solo è la via, la verità e la vita, data nella vita di subito, affinché tutti la potessero avere in quella di poi. E voi, voi tutti delle altre religioni, dovrete credere nel primato della Chiesa di Roma. Dio è uno solo, ed è quello di Gesù, ma è intanto un Cristo presente sempre nel suo Vicario, e il solo autorizzato è il Papa. Dovrete farlo in quanto Dio non accompagna l’uomo in modo astratto, ma vuole sempre impersonare la storia. I vostri profeti sono ammirevoli, ma imperfetti. Dio vigila solo sui Papi e li rende infallibili. Non lo sono in quanto ne siano capaci, ma Dio vigila sulla loro capacità e può cavare sangue da una rapa. Io stesso sono stato reso infallibile e vedrete fino a che punto io lo sia stato, nel giorno della Pasqua che Dio mi donerà l’11 giugno del 2.004. Mi restano ormai solo poche centinaia di giorni. Ma non sono triste, sono impaziente e debbo seguitare a ripetermi quanto Dio mi consigliò: “Aspetta!” Vi faccio ridere? Ridete pure, ma ricordatevi che riderà bene solo chi riderà per ultimo… E che, poi, io non ho alcuna paura di esser deriso. Se lo meritassi, sarebbe giusto e io per primo lo approverei. Ho inoltre tanta fede che qualsiasi cosa accada corrisponda al mio bene ed a quello di tutti, che io mi sono completamente liberato da ogni paura e da ogni sudditanza rispetto ai miei simili che la pensano differentemente. Fate anche voi così: mettetevi, pieni di fiducia, nelle mani della Provvidenza e non abbiate paura di chiedere doni! Sappiate che tutto quanto chiederete sarà concesso.


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Io, ad esempio, non ho nessun dubbio che quei miei amici, per i quali ho fatto voto d’integrità, alla fine ce l’abbiano. E vi dimostro perché è assolutamente, definitivamente vero. Finito il momento obbligato, in cui io sono uno schiavo degli eventi, finirò, assieme a tutti voi, in una Comunione di Santi, in cui io vedrò la vita attraverso tutti i vostri occhi, e voi pure farete altrettanto. E così, se Dio non vorrà accontentarmi, lo vorrò io, perché Tommi ci vedrà con i miei occhi, di me che voglio che ci veda. I miei amici senza braccia sono solo come dei Pinocchi che diverranno bambini: nel momento in cui anche loro avranno le braccia di tutti gli uomini, supereranno lo stato pietoso per ora assegnato alla loro osservazione. E così Nadia, e così Anna. La Divina Commedia di ora ha parti provvisorie assegnate da Dio. Sarete voi poi assolutamente voi a sceglierle in definitiva! Il Signore darà quanto manca a ciascuno. Per cui Sergio Del Grossi e Carmelo Alio avranno ben altro che le loro due mani perdute! Avranno di essere chi vorranno essere! Le vite intere (e le braccia) di tutti gli altri personaggi che non hanno ancora visto, oltre se stessi, per gioirne. Io non so se vi rendete o no conto di che cosa io sto portando a tutti voi… Non solo una manciata di persone che superino una loro momentanea difficile condizione, ma ciascuno di voi che riesca ad avere in dono la vita di tutti gli altri! Oggi credete di avere in dono solo voi stessi, e io vi porto in dono tutto quanto manca a voi stessi… altro che 2 braccia e 2 occhi che finalmente ci vedano! Io vi sto salvando da voi stessi, da tutti i vostri limiti personali, all’interno dei quali cecità, braccia grosse o inesistenti, non sono proprio nulla. Il miracolo fatto da me è il frutto della Sapienza, che vi informa del vostro vero destino e vi rilancia verso orizzonti sconfinati, avendo sgominata la morte. Guardate il cielo, pieno di stelle. Credete che Dio l’abbia creato solo per farvi essere romantici? O per farvi esclamare “Quanto è Grande e potente Dio!”? No, il Signore vuole che vi addentriate nell’universo e poterete farlo attraverso quelli che solo ancora non l’anno fatto…, in apparenza, ma già l’hanno davvero fatto nell’assoluta eternità in cui tutto il passato, il presente e il futuro già coesistono come un tutt’uno… perché Dio è un assoluto Ente unificatore. Le singole vite sono la radice quadrata di 1010.000… numero iperbolico! Avrete di che sbizzarrirvi… e sono io che vi sto aprendo la mente a questo dono fantastico! Non un aldilà astratto, essenziale, ma concreto, corporeo! Se avrete assunto l’ideale dell’amore fisico, lo farete, in tutti i modi attivati dalle 10 100 persone della Divina Commedia di Dio, e stabilirete voi chi siano gli interpreti! Se non avessimo un corpo non potremmo indietreggiare nel tempo fino ad essere tutti presenti in tutti, allo stesso modo che uno Jo-Jo non potrebbe risalire e far avvolgere interamente il suo filo. Amerete finalmente chi oggi amate invano!


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La nostra natura, che vi sembra corporea, ha questo corpo che è costruito così affinché si possa ritornare a Dio, con la coppia &lt;io-IO&gt; come uno Jo-Jo! Ritorneremo al Dio ideale perché il corpo è costruito dagli ideali: luci, colori, caldo, freddo… tutte le qualità del mondo sono un puro frutto dell’immaginazione della mente. Ora vi appassionate ai corpi, e poi li avrete tutti… per amarvi tutti. Dunque abbiate il coraggio di credere ai sogni e credete, pregate, implorate Dio, perché tutto quello di buono che sarà suscitato nel vostro cuore poi lo avrete. Lo avrete attraverso gli altri ed il loro successo. Nessuno può appropriarsi di se stesso perché nessuno ne avrà l’esclusiva. Chi oggi non dà amore infiamma solo gli altri ad averlo poi, ma non più come un uovo: una gallina! Coraggio! Abbiate l’ardire di affidarvi a Dio, senza la paura che vi critichino… Se la fede in Dio vi fa suoi eroi, ci guadagnerete: Dio prende 1 e rende 10100. Non abbiate modestia, nel pregare. Sarebbe un non aver capito quanto Dio vi voglia così assetati di lui che se gli chiedete: “Dio, io ti voglio per me, vieni in me!” non si comporta come uno di voi che vi dice “Ma che pretendi?”, ma vi corre incontro e si dona tutto, con vera gratitudine, perché lo avete finalmente capito! Dio ha bisogno di darsi tutto a qualcuno “che così lo voglia”, perché poi possa concedersi a ciascuno di coloro che non gliel’ha chiesto in quel modo. Dio, infatti, vi vuole dare Gesù, e lo avrete, lo avremo. Io ho avuto solo la buona sorte di averlo già avuto, affinché, sceso per una seconda volta nel mondo, lo riportasse a Dio e portasse Dio concretamente sulla Terra come un Amore finalmente vincitore e compartecipato da tutti. Dio vincerà attraverso il papato di Giovanni Paolo III, il Tettamanzi. È l’Oracolo stesso di Dio, questa figura, del seno della Vergine Maria, che dona a tutti il latte con la sua tetta buona, della Madonna, posta innanzi al Cristo. Io cercavo il Papa, nel 1999! Ero disperato perché non riuscivo ad incontrarlo… Così ecco, un giorno, postomi innanzi il Cardinal Tettamanzi, che, da Genova, era venuto lì, per la sua amicizia con Don Carlo. A me che cercavo il Papa, Dio aveva messo davanti quello futuro! Appena iniziai il mio digiuno, il venerdì 17 settembre 1999, scrissi proprio al Tettamanzi, e gli espressi che sarei dovuto divenire un caso doloroso per tutta la Chiesa, tanto che Essa si convincesse a fare le cose che doveva. Non pensavo che avrei scatenato con quello il Dio degli Eserciti. Non pensavo ancora che sarei stato anche simile al salvatore Mosè e che le 10 piaghe d’Egitto si sarebbero ripetute. Dio aveva posta tanta importanza al mio fine, per cui era stata costruita tutta la mia vita, tutta quella del Papa e tutti gli eventi di questi tempi, che ha abbattuto le Torri Gemelle per difendere ‘Modè’, l’ultimo dei suoi Mosè. Purtroppo un grande dolore ci sarà a causa di Cogliate il 23 maggio prossimo. Temo che Dio voglia MTL e prego non accada. Son passati come cavallette sulla


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coppia &lt;io-IO&gt; tra me e Gesù e, scacciando me da quel paese, hanno scacciato Gesù. Non dipenderà da me. Raccomando al Papa che verrà di recarsi a Cogliate e compiere una riconsacrazione della Chiesa di quel Paese, perché veramente lì non c’è più il corpo del Cristo nelle ostie e tutti i canti di quella cantoria sono divenuti profani, per la profanazione fatta da loro, della Chiesa del Cristo. Non si sono accorti di avere fatto molto peggio che il gesto di avermi ucciso, in quanto, scacciandomi dalla Chiesa per la quale io e Gesù avevamo servito per tre anni, mi hanno inferto un dolore più grande della morte: hanno umiliato il Cristo! Il Dio degli eserciti il 23 prossimo colpirà, terribilmente. Già la Sars, la bronchite che non poté uccidere me, sta uccidendo moltitudini… ma non basta: 675 giorni prima del 23.5.2003 ci fu un episodio preciso e terribile... Io prego Dio che sia buono e misericordioso. Gli dico che ho perdonato tutti, gli ricordo che poi è sempre Egli che fa ogni cosa, per cui la loro colpa nemmeno sussisterebbe… Ma Dio, sotto questo aspetto, proprio non ci sente! È l’ottava piaga, delle Cavallette, che hanno distrutto tutto il raccolto di fede del Paese e la manderà, allo stesso modo con il quale ha fatto pagare, agli Americani che vivevano nelle due Torri, le colpe dei sepolcri imbiancati del Vaticano, che si sono permessi di non trasmettere al Papa una supplica di 4 preti e 460 firmatari, che chiedevano pietà umana per me, di cui temevano la malattia o la morte. Questi sepolcri, pieni di ossa putride, non hanno risposto nemmeno! Che io morissi! E, a causa di questa fede omicida e suicida, Dio ha suscitato quella dei Talebani. Uccidendo persone innocenti… Sarebbe terribile, Dio, se tutto non fosse solo una Divina Commedia! Un’opera solo del tutto virtuale. Per cui Dio, proprio per questo, non ha nessun impedimento a far pagare al giusto al posto del peccatore… così gli rimorde la coscienza, e si salva da sé. In quanto ai morti… sarebbe un disastro e una cattiveria se quello non fosse proprio l’inizio, per chi muore, dell’infinita gioia del Paradiso. La morte non è una bocciatura terribile, ma una promozione. Segna la fine della scuola e di questo difficile apprendistato cui il Signore ci ha tutti chiamati. Per questo Dio si permise di mettere duramente alla prova Abramo, e gli chiese di immolare il suo unico figlio, avuto a tempo scaduto… per questo Dio ha poi sacrificato Gesù! Per cui, a queste condizioni, tutto è possibile per Dio, anche quel modo suo di assumere l’aspetto terribile del Dio degli Eserciti, pauroso, che manda piaghe e castighi terribili a tutti mentre – proprio mentre fa questo – è solo un grande, stupefacente, meraviglioso burbero benefico che è solo da amare, qualsiasi cosa sembra che ci mandi come castigo. Tutto è puramente virtuale: uno scherzo! Dio dissacra ed esorcizza, con me, il dolore… Vuole che tutti ridano! Di sorpresa e di gioia! Si diverte perfino con me! E allora ci scherzo anch’io… Sì, anch’io: &lt;&lt;Che dite? Sono l’eletto?&gt;&gt;


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Dunque l’Eletto? Ecco cosa è emerso nell’accertamento, scrupoloso e puntuale: 1. Un contenuto nuovo, assolutamente fondamentale, da annunciare. Scienza: per il principio base della dinamica (Azione e Reazione), la materia è effetto dell’antimateria (essenza del concetto soggettivo). Occorre ribaltare la dinamica in atto nella comprensione. Va proprio rifiutato il divenire e affermato l’essere quanto: 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, a, b, c, d, e, f (16 unità simultanee in sequenza): regola personale interpretativa (software) di una realtà assolutamente personale, qualitativamente differenziata per attributi concettuali (fisici) e ideali (morali). La dinamica dei tempi va rovesciata: futuro dell’accertamento ideale è il passato: antitesi postuma alla tesi della vita, che porterà all’ideale sintesi, nella perfetta idea di un piano materiale, di 10100 vite complesse (in 1010.000). Fede: l’uomo avrà realmente il prossimo come se stesso, giacché ritornerà concretamente all’inizio e potrà fruire di tutto quanto il potenziale delle 10100 vite (il centuplo quaggiù) comprese nell’Opera Omnia di Dio. Sarà il Paradiso dei suoi sogni e dei suoi bisogni, voluti liberamente assumere nel corso della vita ideale donata ora a lui da Dio. Potrà muoversi libero nel tempo e nello spazio, di cui ora è schiavo e che poi avrà come vorrà. Si arriva a ciò attraverso la complessità, riconosciuta nel mondo, fattivo per un verso e disfattivo per l’altro. Il Cristo Cattolico è dimostrato vero attraverso la scienza relativistica. 2. Tanta certezza in questa verità da essere pronto a morire per affermarla. Il tutto per rispondere al Papa che voleva suscitare lo Spirito Santo. 3. Doti dell’animo. Verificate al massimo livello, per interesse ed impegno. 4. Doti del corpo. Tali e tante da aiutare la crescita e la tempra dello spirito. 5. Condizioni familiari, sociali, ambientali. Ideali, le migliori possibili. 6. Esperienze dirette e personali della vita cristiana. Di chi ha avuto prima ogni successo, ma si è poi affidato alla Provvidenza di Dio, fino a divenire povero e senza più nulla per amore del prossimo. 7. Esperienza del trascendente. Sopravvive per un miracolo della Madonna. È certo di avere incontrato Gesù e Sua Madre e che Dio gli abbia parlato. 8. Oracoli di tipo alfabetico. Coincidenze di tutti i tipi, relativi alla stirpe, alla vita, con riferimento a tutti i salvatori di Dio, e il tutto imperniato su Gesù. 9. Oracoli di tipo numerico. Impressionanti. Sembra che gli eventi nevralgici della storia moderna siano accaduti secondo il calendario dei suoi giorni.


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Una attenta osservazione di tutto questo contenuto, può portare a dubitare d’una vera elezione della Provvidenza? A questo punto, però, giudicate voi quanto e come meglio credete. Il giorno in cui Romano Amodeo è trapassato con il suo personale Spirito (il 4 giugno 1940), come segno di quanto di terribile era compiuto dal Padre celeste, il suo padre umano e figurato (il Duce dell’Italia) ha deciso addirittura l’entrata della Nazione nella II Guerra Mondiale. Le due torri abbattute di New York, la guerra all’Iraq, la Sars (la Bronchite di cui si sa Romano salvo e di cui doveva morire, ma che ora fa morire le moltitudini) sembrano castighi del Dio degli Eserciti per le difficoltà incontrate dalla definitiva Pasqua del Mosè ‘Modè’, l’ultimo ed infimo eletto, l’ultimo di tutti e veramente l’infimo: uno di cui mai si sarebbe detto! La cosa più difficile di tutte, per me, è stata proprio quella di convincermi io stesso che fossi Gesù nel mio Spirito… ero troppo umano! Sono arrivato ad amare una Sua ex-sposa (come salvata da Dio per me, perché fosse per me una guida/giuda/giudea!) Posso dare questo annuncio, e finalmente lo si sappia bene: &lt;&lt; Il Signore desidera incontrare l’uomo! Davvero su un piede di perfetta parità! &gt;&gt; … e, con me come l’infimo suo figlio, ha assunto proprio un bel tipetto! Dio veramente ci ama! La vita è una Divina Commedia e non una tragedia! Non è un Dio terribile e le attuali 10 piaghe nel mondo, come le 10 di Mosè, finiranno col sacrificio, per amor vostro, del mio trapasso in due tempi: ♥ il 25.5.2004 renderò lo spirito del Cristo e resterò paralizzato nel corpo; ♥ il 9.6.2004 renderò il mio corpo, dopo 15 giorni in cui vivrò dando a tutti la dimostrazione pratica di che cosa sarebbe la vita umana se lo Spirito del Cristo non fosse presente in tutti… e non solo in me. Io non sono una eccezione; sono solo una guida/giuda/giudea io pure, nel mio stesso essere, affinché tutti riscopriate l’essenza vostra, DIVINA. Davvero Gesù Cristo è la Via la Verità e la Vita PER TUTTI. Io sono stato eletto solo per far capire tutto in modo definitivo, completo e svelando ogni nascosto senso: la Via, Verità e Vita di Cristo (Certo risorto sto) è come un sito WWW, ove INTERNET è IN TERmini NETti simile ad un Paradiso la cui passaparola (la password) è &lt;GESU’&gt;, che significa esattamente G=Jesus=Jahve E’ SU’. Ciò indica che il Dio disceso GIU’ è solo il primo momento di una unità esistente sempre in due tempi, perché la vita umana è il complesso &lt;io-IO&gt; di D.10=DIO. Un DIO della &lt;io&gt;: persona proprio senza


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nessuna sua dimensione nĂŠ capacitĂ fattiva. Che lâ&amp;#x20AC;&amp;#x2122;uomo smetta di credersi un Padreterno, in modo che possa finalmente esserlo davvero e per dono gratuito.


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L’anticristo convertito? Potreste pensare: “Che montato! Si è eletto a Cristo!” Non dimenticate allora l’Anticristo. Con me e la mia ragione, infatti, Dio sembra voglia prendere in giro ogni qualsiasi senso dell’intelligenza. Il 4.6.1940 Dio sembra uccidermi e in quella data il Duce decide che l’Italia entri nella Seconda Guerra Mondiale…. Sembra che il Signore faccia abbattere dalla Chiesa di Cristo la salvezza ideale portata dalla Comunione tra me e Gesù (le “due torri” del dualismo Fides et ratio…) e fa abbattere, per castigo, le due Torri Gemelle di New York, per mano della religione omicida e suicida dei fanatici di Bin Laden. Dio afferma assieme vero il tutto e il contrario di tutto. WWW ed INTERNET sono la massima presa in giro, della Divina Provvidenza, all’umano senso del “Fai da te”. Troppe V, per cui le VVV della Via Verità e Vita (del Cristo salvatore) diventano WWW = 666, e sono davvero le quantità diaboliche di un uomo che attribuisce tutto ciò a se stesso ed alla sua capacità fattiva. IN TER NET (work) ammicca ad un intervento (un work) che è interno ad un TER che riguarda la Trinità di Dio. La sua RETE – o illusa creatura! – pone come RE TE che non lo sei affatto, ma credi di essere il re di te stesso! Ciò accade come se questo mondo, troppo sacro, sia da dissacrare: ma proprio dando vera ed assoluta forza a quanto vi è di più sacro. Io sono davvero l’Anticristo atteso… ma che si è presentato in modo del tutto inatteso, perché di fatto sono chi STANA SATANA dalla SUA TANA, facendolo rientrare a pieno titolo come il servo essenziale del disegno di Dio. Facendolo rientrare con un semplice gesto: convertendolo. WWW, diavolo osannante di “evviva!”, se è convertito diventa MMM, quei tre “abbasso!” del M e non più MM, del Mille e non più mille… di un’attesa minaccia che s’è mutata solo nella fine di un castigo, per essere venuta al mondo la luce del Cristo e non essere stata accolta. Sembra che Dio voglia apparire perplesso sulla sua stessa opera e metta volutamente l’uomo davanti ad un bivio, tanto da farlo dubitare fortemente della sua intelligenza e del suo saper fare… e che allora abbia mandato me.


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Io sono un’offesa decisa a tutta la sapienza umana, che mi ha chiamato scemo, stupido, per essermi fidato, in tutto e del tutto, della Divina Provvidenza. La Compagnia delle Opere (l’ispirata derivazione operativa di una Comunione e Liberazione che da sempre ha sostenuto come l’uomo non debba fare progetti) si aggiusta e ne fa uno super; giudica idiota l’assenza d’una mia strategia, a chiedere sacrifici ai dipendenti, per sostenere il traballante carro di me, un imprenditore che avrei troppo confidato in Dio. Non lo vorrebbe! Lo stesso Papa è tentato di mettersi a far ragionare l’uomo su quello che debba fare e non fare, come se fosse la creatura a decidere i gesti del Creatore. A giudizio della stessa Chiesa io sarei irragionevole, quando, per amore del mio prossimo, digiuno e vivo solo di Cristo: non mi sorreggerebbe! Secondo loro è stupido e ingiusto affidarsi con tanta fede alla Provvidenza di Dio: chi l’assumesse in assoluto sarebbe in mala fede! Se Dio chiedesse a costoro quello che pretese da Abramo (di immolare a Lui l’unico figlio Isacco), lo chiamerebbero ingiusto, non l’approverebbero, o sosterrebbero che dice così per dire, ma intende dir l’opposto, perché non si può, non si deve immolare un Figlio Unico! E non si accorgono che, così sostenendo, stanno dando dello stupido al Padre che l’ha veramente fatto, immolando Gesù, il Figlio unico, sull’altare di Dio! All’improvviso, questa intelligenza, sentendo il Nome di Gesù, si contorce, sostiene che il caso Suo è diverso, che non varrebbe per noi. Gesù può digiunare 40 giorni, ma io no! Io mi uccido, se lo faccio in suo amore! La Giustizia di Dio, invece, mette volutamente in Croce gli innocenti, fa pagare ai puri di cuore le colpe dei peccatori, perché è la Giustizia assoluta di chi conosce la morte come il principio e non la fine della vita. Il fatto è che la ragione umana è veramente perversa, arriva sempre a conclusioni opposte al vero. Se non ho punti d’appoggio, come quando sono nel vuoto e voglio spingermi in avanti, devo spingere… dietro! A tutti sembra cosa normale, giustificabile, ma lo è solo secondo una intelligenza umana che ha fatto il callo ad essere così traviata che più nemmeno si accorge che se io agisco, andando avanti, vado in avanti e non dietro… e lascio indietro un corpo morto, ad ogni singolo atto che ho compiuto. Se questo atto si ripete, seguito a lasciar dietro un corpo sempre più morto, fino a quando non ho più di che alimentare quel mio agire in avanti, e – a quel punto estremo – tutti si accorgono che il corpo è definitivamente morto… e va sempre più indietro, a corpo morto… per inerzia, come fa un corpo senza più la capacità di sopravvivere! Se la mia vita va in avanti è ovvio che io lasci indietro il mio corpo! Ma si crede (giacché si vede la reazione e non l’azione) che il corpo &lt;vivo&gt; avanzi nel tempo, quando chi avanza sono io che sto andando dall’altra


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parte, con il mio spirito di osservazione. Così la vita, per reazione apparente, attiva una retromarcia e tutti la scambiano per una marcia! E allora Dio vuole dimostrare questo aspetto assurdo dell’intelligenza intesa così, e mi manda come il Cristo e assieme l’Anticristo! Tutti credono che facciano a pugni tra loro e invece li presenta assolutamente concordi! Il nome è quello: Anticristo; ma il contenuto, il significato, è quello di chi sia opposto nel campo opposto, e dunque, in assoluto, sia favorevole al Cristo. Come le perfette intese complesse: materia-antimateria, spazio-tempo, elettro-magnetismo o spirito-corpo, polo-antipolo, e il simultaneo positivo-negativo di ogni avanzamento di una luce emessa da un punto. Sembrano opposizioni, ma son tali in campi avversi, pertanto sono talmente concordi che dalla coppia si concretizza come una ruota, che poi gira alternando tutto, dando soddisfazione a tutto. Sono così Anticristo nel mio corpo, l’opposto relativo ammassamento in cui alberga lo Spirito del Cristo, assoluta espansione. Quando lo Spirito Santo di Dio scese sulla Terra e prese corpo in Gesù, finì imprigionato nella condizione relativa in cui giacciono tutti i corpi. Una prigione che soffocò il suo Spirito, tanto che Dio stesso patì la morte corporea. Personalmente risorse, nella sua Pasqua, ma l’uomo no, è restato imprigionato nel corpo. L’opera di salvezza, voluta da Dio, quando si è immedesimato in Gesù, ha potuto avvenire, da allora, solo con la Comunione sacramentale, in cui lo Spirito di Gesù entra nel corpo umano, nuovamente, attraverso il corpo materiale dell’Ostia, e arreca i suoi doni…, se l’uomo glielo permette. Ma l’uomo non lo permette! Non abbandona mai la guida di se stesso, non si affida mai ciecamente alla parola del Dio che lo guida e diventa giuda (la differenza è minima)… a meno che non sia un Santo. Ma anche il Santo attribuisce valore autonomi ai suoi gesti. Si allea a Cristo, ma non si affida del tutto, non rinuncia al suo credere di essere chi compie realmente il volere di Dio. Crede che Gesù, assunto in Comunione, lo guidi, l’indirizzi, ma che poi sia sempre lui chi agisce e compie, avendone la capacità. Ciò è assolutamente falso. Finché l’uomo lo crede, per quanto Santo sia, è sempre vittima del suo maligno modo di intendere. Così Gesù lo porta ed egli, invece, si crede portatore, di Cristo e dei suoi Valori. È lieto di portarli, ma intanto offende il vero. Ecco, con me, che ho dato tutto il mio essere al Cristo, il corpo in vita è divenuto davvero quello dell’Anticristo! Il corpo di chi agisce nel massimo della concordia di chi si riconosce assolutamente “effetto” e mai “causa!”


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Il corpo è 1/3 laddove lo spirito è 3/1, un Dio che è Uno nel suo Denominatore e Trino nel Numero che assume per conseguenza. Il rapporto 3/1, tra la Trinità e l’Unità di Dio, attribuisce 3 anche al Padre, all’Unità, tanto che l’Unità è Una e Trina, nello stesso tempo. È su questa base Assoluta ed Essenziale che il corpo è assunto invertendo il rapporto, tanto che 1 : 3 = 0,333333333… sia Trinitario, nel tempo decimo di un eterno decimo, in cui sempre il Figlio (3/10) sia alla destra del Padre (3). In questo modo, se si considera unitario il Figlio 3, il Padre vale 30, ed è simile alla durata di un mese, quando il Figlio dura 3 volte 1 giorno (3/1) nello Spirito santo di un avanzamento (in giorni) che è Signore e dà la vita giornaliera. Così, contando in 30 giorni, in mesi di 30 giorni e in anni di 12 mesi contiamo in numeri del Figlio, del Padre e dello Spirito Santo. Sulla base, invece, del corpo del Padre, che valga 3, il corpo del Figlio vale 0,3 e per sempre, essendo questo fenomeno descritto, in modo quantitativo, dal numero 0,3333333… ottenuto dalla esecuzione del calcolo insito nel rapporto 1/3 dell’unità corporea. Il corpo, dunque, si realizza solo all’esecuzione di un calcolo ideale che, a partire dalle quantità 1 e 3, tutte e due presenti, determinano un corpo lanciato, in modo decimale, nel tempo infinito di un conteggio che non ha mai soluzione, e che si esprime in giorni, riferiti al Figlio, al Padre ed allo Spirito Santo, a partire dalla nascita attribuita al Figlio dalla Chiesa cattolica, che è infallibile, per decreto di Dio. Così la matematica determina “i secoli dei secoli” appartenenti a corpi momentanei, che durano quanto ogni scatto, di decimo in decimo, presente nel numero 0,33333… che indica il calcolo del corpo. Questo è il fondamentale motivo per il quale il corpo è un effetto secondario, che imprigiona il numero 1 e il numero 3 in una avventura illimitata, per attuare la quale è sufficiente mettersi a calcolare quella divisione. In questa prigione è finito lo Spirito di ogni uomo e Dio, fattosi uomo, ha solo potuto confortare l’uomo, dimostrarsi solidale a lui, accettare i suoi poveri condizionamenti. Anche dopo essere risorto, la Comunione con Cristo non riesce ad essere del tutto attiva, perché l’uomo non riesce a riscattare la sua quantità 1/3 dall’effetto di una divisione cui non può in alcun modo porre termine. Giacché è il corpo dell’uomo, il soggetto che appare così lanciato, nel tempo decimo, come la trinità dei tre lati componenti il suo volume, l’uomo cade nell’inganno di credere che il mondo concreto, attivato da quella sua divisione, dipenda da lui invece che dalle regole a se stanti della matematica del calcolo.


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L’uomo si appropria della matematica e crede di usarla nell’esercizio della sua libertà, invece che secondo la assoluta verità indotta, in modo assolutamente deterministico, dalla matematica, come l’unico risultato cui essa porta. A questo punto Dio ha voluto dar corpo a me. Il mio essere un perfetto Anticristo, nel mio corpo, mi porta ad essere perfettamente allineato con lo Spirito del Cristo e favorevole alla sua azione, tanto che, a questo punto, io posso divenire come una penna nelle sue mani, che svela all’uomo tutte le sue regole, descrivendole. Io sto facendo affermazioni arbitrarie, e non possono che essere tali. Non posso agire secondo regole che ancora non conosco. Posso solo essere messo in grado di affermare assolute novità, che la scienza riterrà a lungo immotivate, addirittura errate, dimenticandosi di come la verità sia sempre complessa, ossia poggiata sempre non solo su un possibile Cristo, ma anche su un Ente che sembri suo nemico, ma agisca in campo assolutamente opposto e quindi sia di fatto un suo assoluto alleato. Per darvi idea di come sia possibile la concordia nella discordia, immaginate una ruota, che sia collegata a due stantuffi, in grado di farla muovere. Se la forza orizzontale che agisce sopra spinge il punto del cerchio verso destra e quella che agisce sotto la spinge verso sinistra, solo in questo caso la ruota è concordemente spinta sempre a muoversi in senso orario. Potete allora capire in ché modo il corpo di un Anticristo e lo Spirito del Cristo possano realizzare tra loro una perfetta concordia di azione. Sono la coppia di due forze uguali e contrarie, e il suo numero è 2. La differenza è che il corpo è 1:3=0,3333… mentre lo Spirito è 3:1=3. In parole povere, mentre lo Spirito è definito in modo compiuto ed è valido per sempre, il corpo è solo momentaneo, scatta di decimo in decimo, perché l’espansione è sempre divisa su 10 linee diverse, e la linea “tempo” diventa quell’accentrarsi definito, che si configura in modo “secco” ad ogni tempo singolo del calcolo. L’uso delle calcolatrici ci impedisce di capire come accada, tempo dopo tempo, la divisione di 1 per 3. Accade come ora descrivo. 1 diviso 3 non ci sta. Devo trasformare 1 in 10 decimi, e mettere uno 0 “virgola” nel risultato. Ciò fatto, 3 decimi stanno 3 volte in 10 decimi e scrivo 3, nel risultato, alla destra della virgola. Moltiplico 3 (il risultato) per 3 (il divisore) ed ottengo 9, che sottraggo a 10 avendo per resto 1. Questo è tutto il processo del calcolo, ad ogni suo tempo, e la divisione in atto mostra sempre per risultato un 3, sempre ridotto a decimo del precedente e questo per sempre, con l’eterno resto di 1.


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Ecco, il 3 che avanza, nel risultato della divisione in corso, dura solo il tempo del calcolo, mentre l’inversa divisione 3/1, relativa all’espansione, è un risultato secco ed eterno, assolutamente costante. Questa è la differenza tra un corpo che esiste solo nell’attimo del tempo del suo calcolo ed una Trinità di Dio che è un valore eterno rispetto all’altro. L’intervento razionale che debbo produrre io è quello di svincolare il corpo dalla momentanea schiavitù in cui giace. È quella “conversione”, dovuta alla fede, che rovesci il corpo 1/3 nella forma dello Spirito, che è il 3/1, eternamente valido e ben definito. Dio mi ha fornito di una tale capacità di gestire i numeri, per quello che essi essenzialmente significano, che io non ci sarei mai potuto arrivare da solo, ammesso per un attimo di avere avuto questa capacità fattiva che nessuno ha. Infatti il piccolo 1/3 non può comprendere 3/1, perché è più piccolo. Per comprenderlo dovrebbe essere grande almeno nello stesso modo. Solo la “conversione” del corpo in Spirito genera un contenitore idoneo, che possa considerare la comprensione come un puro e semplice contenere oltre che un processo logico. Questo processo logico è affidato esattamente ai numeri di cui io sto parlando… Spiegato come io mai e poi mai avrei potuto comprendere il Cristo, se avessi seguitato a considerare discorde il mio corpo di Anticristo, questo Ente doveva essere “spiritualmente convertito” (concretamente doveva divenire 3/1 da quell’1/3 che era essendo un corpo). La conversione per me è consistita nella concretezza di un voler sostituire, tra loro, la causa apparente all’effetto apparente. Dagli effetti ho iniziato a cercare le vere cause. È quanto accadrà a tutti, realmente, di vedere, nel punto estremo della vita. Il corpo, fino a quel momento, sempre costretto a retrocedere, su valori sempre più piccoli, sempre decimi dei precedenti, quando il calcolo personale dello spirito s’interrompe, riassorbe tutta quella divisione lenta e faticosa (frutto solo della vita momentanea) e si attiva l’immediato processo inverso, che riporta il divisore 3 nel dividendo 1… se non ci sono nodi da sciogliere in tempo reale (in giorni, mesi ed anni di Purgatorio), come altri numeri, all’interno di quell’uniforme 0,3333333333… Se. la libertà soggettiva non ha desiderato quei 3 come il valore ideale, ma ha preferito altri numeri, e il calcolo è così, ad. esempio, 0,33348733333237833333333333… quelle diversità implicano il tempo necessario di essere ricondotti all’ideale 3, per rientrare nel vero 1 di 3. Quando tutto il divisore, diviso fino a quel punto, è rientrato nell’unità di Dio, l’effetto concreto che apparirà sarà quello di essere tornati alla condizione


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intera nel primo momento del “Fiat lux!”. Tutti si ritroveranno contenuti in Adamo. Adamo ha mo’ (adesso) tutto in essere in se stesso, perfino Eva, clonata da una sua costola. E va! Eva! (ma solo dopo la clonazione). Prima di essa, mo’ (adesso) Adam ha tutto il potenziale futuro in se stesso e sono la bellezza di 10100 &lt;io&gt; diversi, tutti presenti in atto (finiti lì in questo modo: in atto) laddove Adam ha mo’ tutto in potenza. Noi tutti saremo lui e, simultaneamente, tutti noi, ad uno ad uno, in plenaria Comunione. Ciò perché il DIO è UNO e simultaneamente TRINO, come sintesi estrema, capitale, di tutto il molteplice “centuplo quaggiù” promesso dal Cristo come risultato dell’esistere in base allo spirito 10 di D.10 cioè DIO. 10100 possibilità diverse apparterranno a ciascuno di noi e sono tutte vite singole, di cui poter gioire come se fossero le nostre e che esistono, a quel punto, dato che ne abbiamo la potenza, come e quanto noi vogliamo. Ecco in che modo concreto io vi ho presi per mano tutti e, partendo dai singoli vostri corpi, vi ho fatto capire come risalirete alle origini… perché lo state facendo già adesso ad ogni attimo di quella divisione tra 1 e 3, ed ogni vostro attuale turbamento sono numeri, diversi dal 3, che già adesso state dipanando. Voi vedete il risultato andare sempre più nei valori decimali perché ogni volta, per rendere possibile la divisione, avete moltiplicato per 10 il resto. Il vostro gesto reale di ingrandire il resto ha permesso la divisione come il risultato apparente, l’effetto del calcolo. La zizzania aggiunta nottetempo dal Maligno è proprio quanto non vi fa ottenere, fin da adesso, esattamente 0,33333333… Voi assistete ad un tempo, che diventa sempre decimo del precedente, perché agite ingrandendo, espandendo ogni resto sempre per 10. Ecco, in questo processo, voi state realmente muovendovi, in ogni istante, verso la conquista di tutto quanto sia conquistabile per voi: le 10100 vite che avrete quando sarete ritornati in Adamo… E ve lo dice un Amodeo che è quasi Adamo, nelle sue sillabe … Se mettiamo le sue, Adamo (A da mo) diventa A deo mo’ (a Dio adesso) ed Ade omo (l’Ade dell’uomo). Perfino in questo è scritto il duplice destino cui Dio mi ha costruito: a portare a Dio l’uomo e il Paradiso Terrestre sulla Terra… Oracolo del Signore. Quando, nell’attimo della morte, la divisione 1:3 s’interrompe, per la fine del tempo concesso da Dio, visto che il tempo di questo calcolo è stato solo una invenzione del vostro voler dividere 1 per 3 (che non porta mai a niente altro che


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ad un eterno periodo), voi, io, tutti, usciremo da questo vizioso processo, fatto solo per capire, e saremo ricondotti nell’unità (in Adamo). Vi saremo portati tutti e 10100 come una sola Comunione di Santi, in cui si è uno per tutti e tutti per uno. Saremo Uno e Multipli, simultaneamente, essendo interamente inclusi nell’amore dichiarato per Dio (Amodeo) e lo saremo concretamente attraverso Adamo e tutta la vita contenuta in lui in potenza. Sarà in quel momento che io goderò del successo straordinario della mia vita. Io non ho avuto l’aiuto di miracoli, non ho avuto il sostegno di nessuno. Mi sono appassionato alle persone di riconosciuto valore, ma il valore presente, che io riconoscevo loro come un immenso dono di Dio, loro lo attribuivano a se stessi anche quando erano virtuosi. Il mio assoluto amore per Dio mi ha portato ad essere giudicato carente proprio nella mia somma virtù, quella sapienza straordinaria donata a me dalla mia madre adottiva: la Sede stessa della Sapienza. Per volere di Dio in me è stato debellato Satana. Uno scopo più grande e nobile di questo non poteva essere dato a nessun uomo e mai una volta Dio ha dato l’impressione, agli altri, di sorreggerlo, di dimostrare chi fosse. Gesù ha avuto questo aiuto, io No. Gesù era Dio, io No. Ma – a dimostrazione di quanto Dio ami l’uomo, ha voluto affidare proprio ad un uomo, il più criticato, il meno difeso, quello che apparentemente aveva abbandonati più di tutti, il compito assolutamente stupefacente di fargli sconfiggere addirittura il suo acerrimo nemico. Come se Dio si fosse fatto aiutare da me! Oh, Dio mio, non mi inganni! Io lo so che dietro tanta vittoria ci sei solo tu. Non attribuisco a me proprio niente, io sono solo merda, merda, merda. Perdonami se in qualsiasi cosa io ti abbia deluso, io che ti amo infinitamente più che la mia vita.


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APPENDICE La necessità del ritorno di Cristo Io sono stato programmato da Dio come il maggiore sostegno di Cristo, perché lo riporto in cielo e porto il cielo in terra. Dio, assunto con dolore il dolore del mondo con il suo essersi immedesimato in Gesù, deve ora toglierlo agli uomini e a se stesso, ma in un modo che confermi ogni cosa. E allora manda un rompicapo terribile. Quello più intenso l’ha attribuito proprio a me per primo. Ho avuto modo di accorgermi di come sia stato accostato alla mia figura, di un Romano italiano, l’inaccostabile e l’inaccettabile, per il cosiddetto buon senso comune (che è fondato su basi assolutamente erronee). Quando mio fratello mi chiede: “Ma ci credi davvero?” (di essere il Cristo), trasecola a sentire che ne sono ormai convinto. Ma, come spiegato prima, sono anche l’Anticristo! e Cristo e Anticristo, uniti assieme in me, per certi versi fanno di me solo un povero Cristo, a livello di qualsiasi uomo, ma molto più un povero Cristo, rispetto a tutti, perché la duplice e concorde spinta opposta, sull’ingranaggio complesso della mia mente, mi ha fatto seguire le indicazioni di Gesù interamente alla lettera, e sono divenuto veramente quello: un apparente poveraccio, che, umanamente, è giudicato aver rischiato troppo. Ma proprio da questa pazzesca ed apparente contraddizione (tra Cristo e Anticristo), che io per primo ho dovuto chiarire nella sua logica, sono potuto infine giungere a capire quella meccanica oscura che consente e causa il funzionamento dell’intelligenza: la logica binaria poggiata sulle contraddizioni. Oggi si crede che la verità sia una, e non si sbaglia. Non si sbaglia solo perché 1 è il puro confronto tra due enti N che verifica proprio questo porsi:


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N/N = N×N Esso è vero solo quando N è 1. Queste quattro quantità N esprimono le 4 dimensioni della realtà, poggiata sulla uguaglianza tra gli opposti e i processi opposti. Questa è la verità di 1, una verità che è assolutamente complessa. Essa è tale che, posta quell’uguaglianza N/N = N×N, deriva quest’altra: N = N×N×N Essa vi mostra l’Unità nel primo membro e la Trinità, nel secondo membro, ove la Verità è data dall’uguaglianza tra i due membri. Poiché N è un numero qualsiasi, esso esprime anche quello di Dio che è l’insieme di tutti i “qualsiasi” che esistono. Il processo matematico svela in modo assolutamente vero le basi essenziali della validità di un SISTEMA ASSOLUTO poggiato su un Dio Uno e Trino. Questa verità è meravigliosa, infatti 1 = 1×1×1×1… = 1N Conoscete una democrazia superiore a questa? Questo DIO rispetta OGNI IO al punto che ne farà un DIO. Dio e Diavolo assieme, come le due facce della stessa medaglia, ciascuna inversa dall’altra, perché giacenti in campi inversi tra loro. Infatti se pensate ad una uguaglianza del tipo: 2×5 =10 per far passare il 2 dal primo membro nel membro opposto, esso diventa, da moltiplicatore del 5, un divisore del 10, essendo vero che: 5 = 10/2 da questo si capisce che i due campi opposti all’uguaglianza sono opposti tra loro e che se si vuol tenere conto di questo ruolo opposto, legato al campo, deve porsi: 3 = 1/3 che di per sé sembra opposto al vero, come lo spirito rispetto al corpo, ossia l’espansione rispetto all’ammassamento corporeo. Invece, in relazione all’opposto campo, è assolutamente vero.


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Il nostro sistema, di per se stesso, è impostato sulla uguaglianza degli opposti. Solo in forza di ciò si può dire che: 3=3 è vero, assieme all’affermazione opposta che sostiene che 3 = 1/3, oppure, con una opposizione in altro modo, che 3 = –3. Come vedete anche gli opposti, poi, sono due. Questo sistema, per sua stessa virtù, è divisionista, lo è sempre più, e un’intelligenza, che vi si poggia, riesce a far sì che una falsità, per certi versi relativi, possa essere considerabile vera. Ecco allora il difficilissimo incarico dato a me da Dio: di conquistare (in apparenza con miei meriti) una capacità intellettiva che appaia appartenere ad una mente così sagace da riuscire a cogliere tutte le sue basilari contraddizioni. Dobbiamo essere felicissimi di essere stati immessi in un simile sistema, perché esso rivela la capacità di realizzare i sogni virtuali. La principale caratteristica di questo nostro DIO è la perfezione matematica dell’organizzazione dei numeri poggiati sul ciclo di 10 unità. Questo sistema infatti è collegato esattamente con quello binario, come la luce emessa da un punto luce, che si diffonde per versi opposti, simultaneamente, e diventa l’immagine reale dell’affermazione della coesistenza dello sviluppo positivo e negativo. Quando esso è unitario, tutto lo spazio percorso va da –1 a +1 e vale 2. A velocità unitaria, dato che lo spazio percorso è lungo 2, la velocità è 2/2 e le dimensioni di questa realtà unitaria sono 4… (il solito aspetto divisionista all’infinito, che consente all’1 la sua analisi infinitesimale). La nostra mente esegue questa analisi, fatta per divisioni in velocità, in modo cibernetico (progredendo nel tempo), alla velocità 2/2. Così tutto lo spazio cubico, avente per lato 2, è 23=8. Per accertarlo nel tempo, dato che la realtà ha solo 4 dimensioni per ogni unità di tempo, occorre passino 2 spazi-tempo, per conteggiare quell’8, tanto che esso è conteggiato nel tempo 23+2=10. Solo questo 10 è il ciclo intero dello spazio-tempo e diventa la quantità alla quale si aggrappa il nostro Spirito, come ad un Santo spirito di Comprensione, fedele sempre allo stesso Principio, che 23+2=10. Il nostro compito è immenso, sproporzionato, dobbiamo comprendere, avendo una piccola capacità di osservare i dati (solo quelli contenuti in un piano, che, essendo 10 tutto il ciclo, diventa grande, in tutto, in assoluto, 102=100). La matematica ha la capacità di aggiungere alla percezione logaritmica in base 10 anche quella in base &lt;e&gt;, i cosiddetti logaritmi naturali.


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E qui si introduce un’altra meravigliosa capacità offerta dalla matematica: quella delle quantità infinite e infinitesimali. Noi sappiamo che una moltiplicazione corrisponde ad una somma. Pertanto 2+2+2+2+2=10 è chiaramente inferiore a 2×2×2×2×2=32. Ciò non vale per 1. 1+1+1+1+1=5 mentre 1×1×1×1×1 = 1 Nepero, per controllare l’incremento della somma rispetto al prodotto unitario, scoprì che: (1+1/N)N, per N grande, fissa il numero &lt;e&gt; = 2,7182818284590450… Ebbene questa base &lt;e&gt; fissa e quantifica in che modo è vista crescere, in potenza N, la natura quantitativa unitaria, aggiungendo quantità infinitesime 1/N alla quantità 1. È una crescita sia in fatto di tempo, sia di spazio. Noi vediamo all’atto pratico la grandezza del volume e la durata del tempo a causa della percezione logaritmica in base a questo numero &lt;e&gt;. 2,7 sono le prime due cifre e riguardano la percezione cubica e decimale del volume, data da 33/10, quando la velocità assoluta dell’espansione lineare è data da 3/1, per cui il volume è 33. La presenza trinitaria nel tempo, essendo data sempre dai decimi riguardanti il corpo 1/3 (inverso di 3/1), porta l’espansione, pari a 27 unità, ad essere osservata nei decimi, ad ogni cifra emergente dal calcolo in atto. Le stesse persone della Trinità di un Dio durano in questo modo. I 33 anni di vita di Gesù sono il volume 33 letto semplicemente 33; letto come 1/3 del fronte assoluto 100, che, riferito ad un suo 1, si riduce a 99/1. Questi numeri consentono di essere organizzati secondo differenti prospettive, pure questioni geometriche attribuite alla “forma matematica”, come la differenza tra 33 e 33, che è formale ma non sostanziale. La sostanza, è sempre la quantità sintetica, la somma delle cifre di ogni numero decimale. Esso, espresso come decimale, è disaggregato su più cifre, nel rispetto di una prospettiva unicamente apparente. Pertanto Dio si spiega attraverso le quantità matematiche, che consentono questioni di ingrandimenti e riduzioni prospettiche, a seconda di come li organizziamo razionalmente nel campo relativo. Le tre logiche, dei numeri binari, decimali e in base &lt;e&gt; sono un sistema perfettamente coordinato, sul quale il nostro Spirito si può appoggiare come su un DIO assoluto sempre fedele, per capire attraverso le 10 dimensioni di una unità incrementale qualsiasi (anche DIO), in base decima (come struttura numerica, per questo DIO è D.10), ed &lt;e&gt; (come &lt;essenza&gt;). In base a questa &lt;essenza&gt; la Terra, all’interno del sistema solare, assume l’evidenza, in fatto di grandezza, che hanno i numeri.


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Il diametro medio dell’orbita terrestre è 3, pertanto se le unità di misura sono la 40 milionesima parte di un meridiano terrestre ideale (in quanto a spazio) e l’86.400esima parte di un giorno (come l’unità tempo di 1 minuto secondo), tutto è esattamente coordinato sulle quantità assolute, e la &lt;e&gt; mostra, nello spazio decimale, le prime due cifre 2,7 come ¼ della presenza corporea del volume. Tutta la presenza, a quel punto, è 10,8 (e il volume della Terra è veramente 10,8×1020 m3). Tutta la durata dell’anno è allora espressa dai numeri successivi della base &lt;e&gt;, intanto da 0,01828 1828. Esse sono 4 dimensioni positive seguite da 4 negative (che sono messe in evidenza come successive, dalla prospettiva decimale e dalla sequenza, nel nostro sistema matematico, che abbiamo razionalizzato per unità crescenti). Tanto fallace è questa prospettiva di grandezza, che possiamo sommare i decimali 1828+1828 e ottenere 3656 decimali, che, unitariamente, sono 365,6 e si tratta di 365 giorni e 6 ore. Per approfondire la durata dell’anno siderale nel dettaglio, dobbiamo assumere le successive cifre della base &lt;e&gt;, le quantità 0,0000000004590450 che, lette in questo ordine, qualificano la sequenza di 45° 90° 45°. Lette in ordine inverso allo spazio, ossia da destra verso sinistra, queste quantità quantificano non più gradi, ma il tempo espresso in minuti secondi, corrispondenti al livello che dall’altra parte è l’angolo retto di 90°. Quest’inverso è dunque dato da 540”, 9”, 54”/100 e sono i tempi che vanno aggiunti ai 365 giorni e 6 ore, per portare all’anno siderale della rotazione terrestre, che dura esattamente 365 giorni, 6 ore 9’, 9” e 54/100 di 1”. Così questa base &lt;e&gt; che la matematica usa per risolvere le questioni esponenziali, essendo idonea a mostrare il volume e l’anno terrestre, li dimostra come quantità esponenziali e ai numeri corrispondono, visti da noi, i reali volume e le reali durate. Affinché la mente esegua un intero processo di ribaltamento di tutte le masse esistenti in questo suo pianeta, occorre un anno che è talmente lungo. In 365,6 abbiamo visto cambiare l’unità, dai giorni alle ore ventiquattresime, perché esse sono la relazione oggettiva derivante da 210=1.024 e 103=1.000. Noi che vediamo in base ai numeri, con 210 abbiamo tutto quanto sia potenziale in base 2, perché l’esponente è 10. Giacche il volume, in base al 10 è 103=1.000, la concordia, la coerenza tra queste due affermazioni (del sistema binario e decimale) è che in 210 ci sia tutto, spazio e tempo, mentre in 103 c’è solo lo spazio. Allora per forza il volume unitario deve ruotare in 24 ore, e quando nella base &lt;e&gt;, nel calcolo dei tempi, si osserva


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365,6 è la stessa coerenza che dimensiona l’unità alla quale il 6 è collegata come presenza ¼, al numero di 24 unità. Questi numeri seguono assieme sia la logica del 10, sia quella del 3, per cui il tempo, in certe condizioni, va misurato in 60 secondi a fare un minuto primo, 60 primi a fare un’ora e 24 ore a fare un giorno. Sono gli stessi numeri, per come si conformano tra loro a potere realizzare le differenze concettuali esistenti tra giorni, ore, primi, secondi e terzi. Ho cercato di dare una breve notizia di come la nostra mente percepisca le forme in base alle velocità ideali, dei numeri, nella loro progressione. La Trinità di Dio corrisponde alla velocità assoluta 3/1. Tutta la presenza dell’energia rispetto alla massa è quella contenuta nel fronte 3×3 e vale 9/1. Questi sono valori assoluti che vanno bene a livello di Dio, ma non dell’io relativo, il quale deve relativizzare queste unità assolute alla durata esistente all’interno e assunta unitaria in base ai concetti, che assumono il numero corrispondente alla forma del vincolo. Tutto è vincolato così, in modo che alla matematica, organizzata per decine come struttura e negli altri modi in quanto all’essenza, corrisponda una adeguata forma geometrica dello spazio Ad esempio il tempo necessita di sole 2 condizioni: il prima e il poi. Lo spazio ne necessita di 3 e sono 2 punti e lo spazio compreso. Lo spazio presente nel tempo ne implica 4 in linea, quelle della velocità 3/1, che si sblocca aggiungendo al numeratore il denominatore. Lo spazio in moto come volume ne implica 5, e sono le 2 del fronte e le 3 della profondità. In questa ottica, alle quantità dei vincoli si collega concettualmente l’idea dello spazio geometrico derivante dai vincoli. Il ciclo numerico 10 assume la forma delle 4 dimensioni spaziali con cui è generato un piano xy, mediante le semirette originate dal centro e la dimensione 1, perpendicolare al piano xy, che porta i dati ad un soggetto osservatore posto di fronte a quel piano e che lo verifica esistere dopo il tempo 1 che impiega a raggiungere quel piano. Essendo il nostro schema poggiato sempre su una luce che avanza in due versi opposti nello stesso momento, ci devono essere due soggetti osservatori, e a questo punto il piano assume due facce opposte. Così 10 semiassi sono tutta la rappresentazione finalizzata a due opposti soggetti che l’osservano nella linea della profondità. Per noi ogni piano ha sempre due facce opposte perché, secondo la perpendicolare a quel piano sono ipotizzabili sempre due osservatori.


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Noi ragioniamo in modo lineare, mettendo una dopo l’altra le due opposte verità. Immaginando una velocità che avanzi di unità in unità alla velocità assoluta 3/1, essa si muove in un modo così schematizzabile nelle varie posizioni assunte: 3/1 = 1/3 = 3/1 = 1/3… ciò in quanto la nostra realtà è complessa, si poggia sempre su coppie di 2 membri da verificare veri l’uno con l’altro. Avendo adottato questo sistema complesso per capire, anche la vita la capiremo attraverso un percorso complesso, crescente prima, fattivo, e decrescente poi, disfattivo. Una organizzazione in codice, secondo queste regole, può essere vista e capita bene secondo il percorso intero, basato sul flusso e poi sul riflusso, ossia sulla vita e poi su una risurrezione vista in senso inverso. È evidente che questo piano (ed è veramente un piano quello che noi vediamo simultaneamente presente, ma solo come una sezione trasversale del flusso) esista e, nella nostra ipotesi in cui tutto quanto esista abbia Uno che l’abbia fatto, qui questo UNO è proprio il numero UNO e tutti gli incrementi assunti dalla matematica. A questo punto è la stessa Matematica ad ergersi come Dio e tutte le possibilità che esistono nella matematica si dispongono come un Universo reale, che esiste come un tutt’uno, ma che è visto solo attraverso momentanee sezioni di avanzamento che, su un totale di 1010.000 unità, prima le riduce da potenza della potenza (10100)100 alla sola base 10100, poi ne osserva solo 102 alla volta (quelle dell’indice su cui si basa con il suo Spirito che è la base 10 del calcolo matematico). La matematica fornisce un perfetto sistema probabilistico in cui esistono 1010.000 singoli punti di vista, che però subito si dimezzano a 105.000 per la necessità di vederne una parte in base a quella opposta, per evidenziarne una possibile dinamica differenziata. Il tempo, che noi concepiamo, dipende dal contatore che attiviamo, di 100 soli dati analizzati alla volta... Lo spazio, idem, diventa l’area 102 di quelle quantità di tempo. Quantità che, anche se organizzate per piani di coesistenza, sono sempre date da una sequenza unitaria, per cui il piano 100 dura 100. Un sistema di questo tipo, legato a Dio, sembrerebbe automatico. Che questo Dio Matematico possa anche essere un burlone ci sembra veramente inimmaginabile… Ma dobbiamo riuscire a sapere che uno scherzo, descritto ad esempio a parole, è una barzelletta che implica quantità matematiche per essere scritta al


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computer. Umorismo che segue regole tutte sue e che possiamo delegare alla matematica, tanto che un computer inventi casuali barzellette. Pertanto, giacché, di fatto, siamo talvolta anche umoristi, l’intero complesso probabilistico lo ha permesso ed ha attivato le nostre stesse regole concettuali, per cui ci risponde sempre perfettamente a tono. Duro è il credere, a questo punto, che questo sistema Assoluto possieda sue intenzioni proprie, che voglia imporre a noi… ma è duro crederlo solo perché crediamo che nostra sia la capacità fattiva, e non appartenente al sistema unitario che ci comprende in tutti i sensi (come capienza e come sviluppo delle branchie diverse legate all’intelligenza). In verità, invece, noi ci troviamo ad essere compresi in quel sistema probabilistico di 1010.000 unità che esistono già tutte e sono quelle che sono. Come sono? Combinazioni in tutti i modi possibili. Ciascuno di noi è il lettore di uno solo di questi modi possibili, che si riducono solo a 10100 in quanto noi declassiamo la potenza della potenza a semplice potenza. Lo facciamo perché noi siamo un DIO coinvolto nella potenza della potenza, che perciò usa l’una per controllare l’altra, in modo binario ed interattivo, il metodo basilare usato da noi. Allora accade che se in un computer io posso scrivere di tutto, questo Tutto c’è già, e si tratta di tutto quanto possa riguardare la mia anima: percezioni ideali che diventano spazio, tempo, luci, colori, insomma qualità del mondo e altrettante percezioni ideali che riguardano i sentimenti dell’anima. Tutta la possibilità, osservata da uno, è combinata perfettamente con quella di tutti gli altri. Allora una sequenza diventa quello che essa è e può apparire come una vita particolare, vissuta in un certo ambiente e con determinati desideri e pensieri. Tutto ciò è assolutamente stabilito dall’unica sequenza che contraddistingue tutta la mia sequenza che, sommariamente, considero essere la vita. Alcune di queste parti sono attribuite secondo l’idea di un Dio che voglia secondo quei valori morali concepiti da me. Queste relazioni consistono in numeri. Esistono, all’interno di queste storie, delle gerarchie di importanza, regolate dalle quantità più o meno grandi di verità comprese in ogni sequenza probabilistica. Laddove 1 è la verità e tutte le sequenza sono composte con 0 ed 1, esiste una sola sequenza fatta da tutti 1. Questa è combinata in modo perfetto con le altre in modo che la sua visualizzazione razionale è proprio la nascita e la vita di Gesù Cristo.


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Gesù Cristo è condizionato dalla nostre idee di bene, male, che sono concetti che abbiamo assolutamente in dono, come una base assoluta, virtuale e qualitativa. Dio è buono perché questo esame-bontà legato a noi riguarda questa nostra specifica qualità di anime che esistono sulla base assoluta dei concetti ideali. Pertanto, in assoluto, Dio è una Idea e un Ideale nello stesso tempo. Idea per sé ed ideale per noi che, essendo una sua disaggregazione, diventa una riconquista del suo essere. Altri soggetti viventi, calati in questa stessa condizione e impostati su una differente concettualizzazione avranno un Dio, un quadro di valori esattamente appropriato al loro essere, all’interno del quale ideale essi giacciono. In questo sistema probabilistico il mio personaggio esiste come un Gesù che si realizza nel doppio del tempo e che va bene a partire da 2.000 anni dalla sua nascita. Io ripresento i suoi esatti valori mediante altri concetti e sono quelli che in questo momento corrispondono a quello che sto esprimendo. Essendo cambiate le condizioni dell’intorno, in questo momento la risposta idealmente valida è questa che state leggendo. Essa non è perfetta, perché per me non è verificata in assoluto le relazione: 2/2 = 2×2 la quale è verificata solo con il numero 1. Pertanto mentre quanto riguarda Gesù è perfetto, in anima e corpo, al mio interno è valido solo la quantità 1 legata al mio essere 2. Per i tempi che corrono, la soluzione portata da me è ideale, ma lo risulterà solo alla fine, come del resto succederà a tutti. Io posso essere inteso come chi aggiunge, all’interno del 2, il correttivo che l’unità del Cristo deve dare oggi. Il Personaggio Divino di Gesù (per la sua unicità e la perfezione della sua soluzione perfettamente combinata a tutto il resto) era perfetto per i suoi tempi, ma non per questi, in cui l’universo si è complicato, appare essersi espanso e nuove situazioni si sono frapposte. Ora deve riaffermare la validità dei suoi contenuti in modi appropriati ai tempi. E lo sto facendo io, facendovi conoscere la struttura logica con cui tutto è combinato insieme. Nel mio io imperfetto esistono come in tutti le alternanze. Trattando tutti gli argomenti, fisici e metafisici, io stesso sono fallace in quanto il non essere in fallo dipende dal fallo. Non posso parlare di giustizia se non conosco realmente l’ingiustizia per esserlo stato ed averla subita, e così non posso provare l’amore che cosa sia se non sia stato messo in condizione di sperimentare i valori opposti.


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Questa dinamica interattiva verifica sempre il vero attraverso processi di continua autoregolazione. Per cui in questo testo potrete trovare errori che sono strumentali alla perfezione che io raggiungerò io pure alla fine di un processo appropriato alla natura mia caratteristica. I miei talenti sono quel 22.222 che mi quantifica su 104 giorni di vita. Dai calcoli fatti io raggiungerò il mio limite a quota 24.242 essendo 2.020 la mia stessa unità di misura, come il tempo pieno che mi caratterizza. Io corrispondo ad un modello ideale di questo tipo. Essendo stato dotato della capacità di leggere i codici della struttura che ci dimensiona, io sono giunto a poter leggere anche i miei e a capire come morirò. Il 25.5.2004 mi paralizzerò e dopo 15 giorni compirò anche nel corpo il mio giro di boa, per iniziare a rientrare alla base assoluta di cui sono un afflato virtuale, che corrisponde ad un ben preciso progetto quantitativo. Esso è tanto fondamentale che eventi mondiali, del tipo dell’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale, sono perfettamente in linea con gli eventi della mia vita. Alla mia morte per bronchite, che impedirà al mio spirito di rientrare subito all’origine, sopravviverà solo il programma relativo all’1 del mio corpo e sarà aggiunto l’1 di Gesù Cristo. Questa crisi della mia anima che corrisponde ad una soluzione che è fondamentale per il tutto, corrisponde la crisi dell’intera pace dell’Italia, trascinata dal Duce dell’Italia (figura concreta del mio Duce Dio) alla sua avventura di guerra. Il Crollo delle 2 torri gemelle di New York non dipende da me o dalla Chiesa, ma gli eventi che riguardano me sono così generali da corrispondere esattamente ad altri eventi che riguardano molte quantità di persone, mosse dalle stesse esigenze concrete e spirituali. Avendo cercato di dare spiegazioni ragionevoli alle affermazioni fatte da me, davvero io corrispondo a questi tempi incerti essendo io stesso organizzato in modo sommamente contraddittorio, tanto che possa essere simultaneamente un Cristo o un Anticristo. Ci deve essere la premessa dell’Anticristo per essere Cristo. Nella nostra natura è veramente impossibile avere una condizione evolutiva e apparentemente dinamica se non sulla perfetta base della sua antitesi. All’origine della vittoria che io porto a tutti esiste la vittoria su di me. Io potrei essere Satana se attribuissi a me e non a Dio l’origine e la consistenza di ogni cosa. Sarei nel falso, perché il Diavolo è la negazione del valore di Dio, un Signore che in tal modo è orientato tutto in positivo, negando la stessa negazione di sé.


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Sto assolutamente cercando di fare conoscere a tutti come siete preda di Satana se credete di essere voi i promotori delle vostre apparenti azioni. Così WWW diventa davvero un Diavolo che vale 666 se si arroga il positivo che assolutamente non ha. E la conseguenza è che, in una condizione simile, diventa assolutamente importante quello che manca, alla persona, per la storia assegnatale dalla Provvidenza divina, al punto che non è soddisfatta e tenta di modificare le cose come se dipendessero dalla sua volontà. Chi non è invece preda della negatività è sempre in condizione di valutare quanto ha di positivo, anche se egli pure è sempre tentato di modificare le cose. La differenza tra l’uno e l’altro è Chi e Che cosa comanda gli interessi e i gusti della persona: la fiducia o la sfiducia nel sistema. Assumere la verità che nulla dipende dalla nostra volontà e che tutto è veramente perfetto proprio così come sembra, mosso dai valori proprio delle virtù che sembrano contraddette, porterà la vita dell’uomo ad una possibile condizione paradisiaca, prima ancora di esservi costretto a forza, nel momento della autorevole conversione che il sistema stesso imporrà, dopo che la fede nei valori lo aveva seguitato a suggerire. Convertirsi consapevolmente nella bontà dei gusti porterà a gustare l’attuale offerta data dal Sistema Dio in un modo tale che si gioirà del bene che si vede trionfare in giro, senza di essere scoraggiati dal male. Si diverrà tutti leoni, altruisti, innamorati l’uno dell’altro e la vita sarà pilotata veramente nel Paradiso Terrestre delle possibilità relative all’uomo. Ciascuno non si scoraggi. Sappia che quando vede di andare a finire verso un male, in verità sta uscendo proprio da quel male, andando noi verso il passato relativo e non verso il futuro. Noi stiamo insomma vedendo il retro dell’arazzo. Vedendo i nodi e le cose scoordinate che esistono, si sia convinti che tutto ciò è solo finalizzato alla bellezza e alla sorpresa che esiste dalla parte opposta. Ora non è detto che non sia possibile avere bellezza da tutti e due i lati, ma, perché ciò sia, deve esserci prima la premessa dell’esistenza dei giusti valori. Noi osserviamo ogni cosa, secondo valori che prima debbono esistere come assoluta premessa e poi verificheremo come un fine raggiunto. Così, migliorando il nostro cuore creeremo le premesse virtuali per avere fin da subito le cose corrispondenti ai sogni, prima che la sorte ci consenta di entrarvi realmente. La soddisfazione che avremo dall’altra parte dipenderà dagli altri, che avranno ottenuto i successi da noi sperati. Perché questi successi siano proprio i nostri, dobbiamo riuscire a vederli ora e qui.


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Però per poterlo ottenere dobbiamo assumere tutte le distanze da noi stessi. Solo facendo così e facendo tutti così avremo ora dagli altri tutto l’amore che vorremmo dare a loro. Tutto si riduce a questioni di egoismo e di generosità. Laddove ciascuno trattiene avaramente le cose sue, nulla circola, ma se ciascuno si libera subito del suo si stabilirà una tale circolazione del bene che si avrà quello di tutti. Avviare una economia è difficile. Dio mi ha dato il compito di avviare quella dei cuori e dei sentimenti. Sia lodato questo nostro Signore meraviglioso, che darà tutto a tutti senza togliere nulla a nessuno. Credeteci. È questo il supremo destino: raggiungere tutto quello che ci manca e che avremo dichiarato mancarci a modo nostro e secondo i nostri modelli ideali, singoli e collettivi. Perderemo la prima partita, ma per vincere poi tutte le altre, in un campionato che durerà in eterno!

Scritto l’1.5.2003, a Saronno, nel primo giorno del Mese della Madonna.


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Romano A

NTONIO ANNA

Paolo

MODÈO

TORQUATO A

L’ottava piaga le cavallette Romano…Paolo, cuore del nome, d’un AMODÈOMOSÈ

Per scoprire i nuovi percorsi – ragionevoli, che portassero alla Verità del Cristo – chiesti dal Papa nel giorno di Esaltazione della Croce, con l’Enciclica Fides et ratio, occorreva che la Chiesa, come il Faraone di turno, desse il via libera ad una reale sperimentazione. Un Mosè nuovo – un Modè, tra l’alfa e l’omega di Amodeo – aveva tentato invano di avere questo permesso e già Dio aveva dovuto mandare sette piaghe, interpretate in chiave storica. L’ottava piaga, quella delle cavallette, sarebbe stata invece il frutto di una predizione di tipo profetico, sulla base delle 10 piaghe d’Egitto, riproposte ora da Dio in occasione dell’ultima voluta Pasqua di Modè, verso il Sublime, da recuperare nel senso da attribuire alla vita.


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Torquato Amodeo, mio nonno paterno. Mi ha dato l’ultimo dei miei 5 nomi. Io sono un mediatore tra Dio, un Tutto quantificabile 10 e l’uomo, un niente che allora è 0. Dunque io valgo il 5 che è la media e, tra questi 5 carismi, quello portatomi da San Torquato è il simbolo della croce, contenuto nella sua stessa iniziale lettera T. Non a caso Torquemada, che ha la torchiatura del Torquato nel suo stesso nome, fu il più bieco carnefice della storia delle violenze inaudite effettuate proprio dalla Chiesa.


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A chi ha fede in un Dio che ha a cuore tutti i piccoli e li protegge dalla prepotenza dellâ&amp;#x20AC;&amp;#x2122;autoritĂ


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Famiglia di nonno Torquato Amodeo. In alto Luigi, ultimo figlio e mio futuro padre, con Carlo, il suo fratello maggiore. In basso Antonietta. Torquato lavorò tutta la vita alla “Ricordi”, edizioni musicali, e questo fu un simbolo: da suo nipote, come da Sant’Anna per Gesù, sarebbe venuta la musica che poi tutta l’umanità avrebbe ricordato per sempre.


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Il ripetersi delle 10 piaghe d’Egitto? Quello che ho notato, nei primi anni del terzo millennio dalla nascita di Cristo, è stato il ripetersi di sette tra le 10 piaghe d’Egitto. Dopo duemila anni dalla nascita di Gesù, in cui Dio avrebbe attuato un progressivo potenziamento delle conoscenze umane, il Signore aveva previsto la creazione del Paradiso Terrestre sulla Terra e poi la conquista dello spazio extraplanetario. In questo disegno, interamente di Dio, Egli intendeva inserire i meriti personali, quindi aveva disegnato tutte storie d’uomini liberi, protesi alla consapevole determinazione della loro vita. Il personaggio di Gesù aveva assicurato all’uomo il conforto d’essere tanto amato da Dio da esservisi incarnato, per patire e morire assieme all’uomo, col suo unico Figlio. Dopo 2.000 anni, il progetto prevedeva ora l’assunzione intera della conoscenza, su chi fosse l’uomo, da dove venisse, dove andasse e su come fosse organizzato l’assetto assoluto dell’esistenza, contenitore poi di quella relativa. Per consentire alle persone – immanenti nella storia umana – di potersi ragionevolmente elevare in dignità, Dio poteva solo trasmettere la conoscenza di tutto quanto vi fosse di sublime ad un nuovo Mosè, che assicurasse l’ultima Pasqua verso questo stato, tutto giacente nella vita, ma consapevole della condizione sublime in base alla quale esso consisteva. Poi, per dare un’idea della grande e personale conquista, nel Suo disegno il Signore avrebbe reso difficile l’intervento mio, di Modè, l’ultimo Mosè, ma, a differenza di lui, coinvolto nel destino di sacrificio del Messia, già voluto conferire a Gesù con il Cristo di Dio, messo a morte per la salvezza dell’uomo. Io – sia ben chiaro! – sono soltanto l’anima che osserva (davvero sbigottita!) quanto Dio fa compiere in apparente libertà al mio personaggio, i cui gesti sfuggono interamente ad ogni mia possibilità di autodeterminazione e di controllo. Tutto di me (pensieri, parole ed opere) io li riconosco dettati da Dio e so che il mio personale compito è solo quello di volerli compiere, condividendoli più o meno, con il senso tutto mio e libero del gusto e del disgusto, ossia del mio “sì!” e del mio “no!”.


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Quindi, scrivendo questa storia che riguarda la mia parte, seguiterò ad usare la terza persona, proprio nel modo con il quale io osservo il mio io pensare, volere e fare, assistendo a tutto ciò dallâ&amp;#x20AC;&amp;#x2122;intimo di me stesso.

Nonna Teresa Russo

Mariannina, la sua terza figlia


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I primi sette castighi visti comminati da Dio Occorre un breve riepilogo. Sempre nel Disegno di Dio (non si scordi mai che tutto è sempre e solo un suo Progetto creativo) il Vicario di Cristo aveva cercato, il 14 settembre del 1998, di suscitare lo Spirito Santo di Verità in un uomo di filosofia e di scienza, che cercasse un nuovo percorso ragionevole che portasse a Cristo. Lo aveva fatto nella convinzione che solo un giusto incontro tra la Fede e la Ragione potesse assolvere bene alla vita dell’uomo, orbitante come il complesso rapporto tra il Dio Creatore e l’Uomo da Lui creato. Al Papa aveva risposto Modè, con un Convegno indetto a Saronno il 24.10.1999. Ma non fu data dalla Chiesa cattolica l’avvocatura promessa dal santo Padre a quel pensatore coraggioso che si fosse accinto a giocarsi la sua reputazione scientifica a vantaggio della fede – che egli fosse credente o meno in Gesù Cristo –. A Saronno la Chiesa locale si schierò, di fatto, contro il tentativo di Modè, (che aveva convocato la Chiesa cattolica a Convegno) sostenendo che una persona singola non potesse permettersi l’arbitrio di convocare la fede Cattolica! Fu chiaramente Dio ad intorbidire le acque di questo suo disegno, volendo ancora una volta dipingere i religiosi dell’epoca come abbarbicati talmente alle tradizioni da non sapere seguire le idee sane della vita che avanza e progredisce e che Dio seguita a comunicare adattandole alle mutate condizioni dei tempi. L’esistenza di Paolo di Tarso rivela come sia questa la volontà di Dio. Egli aveva un’età da poter essere chiamato da Gesù vivente ad essere un suo discepolo, ma Cristo non lo fece se non dopo la sua morte e resurrezione. Ciò proprio a dimostrare che Dio avrebbe seguitato a dare indicazioni all’uomo, che non avrebbe mai dovuto arroccarsi su una sterile storia del passato ma l’avrebbe sempre dovuta osservare nella vita reale di ogni giorno. Anche alla fine del secondo millennio, dunque, Dio volle disegnare una Chiesa giacente in acque stagnanti e paludose, animata solo da un Papa bellissimo Vicario di Cristo e sommamente fedele ed innovativo, ma tradito ogni giorno da tutti quanti avesse intorno. Modè, accortosi della disobbedienza di questa Chiesa che non gli dava l’avvocatura promessa chiaramente a lui dal Papa, la individuò come nemica delle


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bellissime intenzioni del Vicario del Cristo e volle consegnare la sua stessa vita nelle mani di questi nemici. Incredibile a dirsi ma Modè mise la sua sopravvivenza nelle mani di costoro e disse loro che non avrebbe mangiato più altro che il Corpo di Cristo finché non si fossero assoggettati all’autorità del Papa. Fu Dio che volle che questo atteggiamento eroico di Modè fosse scambiato per prepotente e ricattatore e che la Chiesa locale, non disposta ad occuparsi dell’estremo gesto suo, in sostanza decretasse che ne morisse pure, “essendo egli solo che lo voleva”. L’avrebbe voluto solo lui, perché essi, infatti, non accettavano per nulla di assumersi la responsabilità della sua vita… Non fu neppure fatta conoscere al Papa una supplica di 4 sacerdoti (non di Saronno, che conoscevano Modè da tempo), e che si erano messi a rappresentanza di una lista di 460 persone che chiedevano indulgenza al Papa, affinché sentisse questo coraggioso che – lanciato da Lui nella mischia – desiderava solo di mettersi a rapporto. Qualcuno si macchiò così della orribile colpa di “omesso soccorso” o – se vogliamo essere più duri – di “tentato omicidio” del salvatore di turno. Questo “Qualcuno” contaminò della sua colpa lo stesso santo Padre, il responsabile! Egli – accorso al Carcere in cui giaceva l’attentatore Alì Agcià – avrebbe certamente ricevuto e abbracciato Modè, che aveva messo a repentaglio la sua stessa vita, ma solo per difendere una vitale iniziativa del Papa! Il Santo Padre l’avrebbe abbracciato con amore… se l’avesse saputo; ma non gli dissero nemmeno che esisteva un Modè! Questa fu la prima “piaga” relativa alla nuova Pasqua portata da Modè, e corrispose a quella di Mosè, consistente nell’acqua tramutata in sangue. Qui l’acqua e il sangue riguardano la speranza voluta dare da Dio al Santo Padre e legata alla vita di aModèo. La seconda piaga fu quella “delle rane”. Sappiamo di che si trattò riguardo a Mosè. Per Modè, invece, successe che – nel pantano della Chiesa, acqua non certo limpida e scorrente, acqua stagnante e fetida – le rane simboleggiano i sacerdoti sempre gracchianti la parola di Dio, ma che ne saltano tutto quanto non gli vada a genio. In questo caso non avrebbero potuto esimersi dal farsi carico della responsabilità della vita di Modè…, ma se ne erano lavate le mani, saltando tutto il capitolo che va dall’accoglienza, all’amore, alla compassione fino alla misericordia. Una Chiesa che (pur se in buona fede) desideri dare lezioni di retto comportamento e faccia digiunare 57 giorni Modè è una Chiesa che salta pari pari enormi porzioni del vangelo del Cristo che chiese di non giudicare, ma di amare, che impose non la vendetta ma il perdono.


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La terza piaga di Mosè furono le zanzare. Per Modè il simbolo fu che, in questo stagno della Chiesa, pullulavano anche insetti succhia-sangue, che colpivano furtivamente nottetempo e punzecchiavano con osservazioni del tipo: “Modè è solo un ricattatore!” chi in verità era stato designato da Dio come l’ultimo salvatore, chiamato “Consolatore”, oppure “Paraclito”. Grazie al suo sangue, che Modè avrebbe versato a 66 anni, costoro si sarebbero salvati, ma, ancora una volta, sarebbe stato come con Gesù: attraverso il sacrificio stavolta dello Spirito Paraclito presente per Comunione sacramentale in un puro uomo eletto allo scopo e costruito come tale. La quarta piaga per Mosè furono i mosconi. Nella storia contemporanea a Modè, i mosconi furono quei due Jet scagliati da religiosi omicidi e suicidi contro le due torri gemelle di Nuova York. Qui il parallelismo è molto evidente. Dio divenne il Dio degli Eserciti per punire la gloria dell’uomo, nelle due torri Gemelle che ai suoi occhi erano state abbattute il 24.10.1999, nel Convegno della Fides et Ratio promosso da Dio per la salvezza dei Cristiani. Esso era stato disertato dalla Chiesa e dai Cristiani, che, in quel giorno, avevano preferito andare al seguito del corpo ligneo del Cristo in Croce, nella festa del Trasporto cittadino della Croce; lì c’erano tutti i sacerdoti, in pompa magna e neppure uno era voluto andare laddove Dio li aveva chiamati di persona, per bocca del Santo Padre. Questa Chiesa era stata tendenzialmente omicida nei confronti di Modè e suicida nei confronti della speranza voluta portare all’uomo da Dio attraverso l’intervento di Modè. E non si tratta di esagerazione. Infatti, in quel Convegno, Modè (in Comunione da 38 giorni con il solo Gesù) aveva dato le risposte ritenute impossibili dalla presunzione umana… ma la Chiesa non aveva voluto ascoltarle! Santi come Sant’Agostino avrebbero fatto salti di Gioia! Ma i contemporanei di Modè Dio li aveva disegnati assolutamente sordi, al punto che avrebbero infine condannato nuovamente a morte e stavolta lo Spirito Santo di Dio presente in Modè come Spirito di verità. Per costoro (che assolutamente non capivano la grandezza delle conclusioni del personaggio di Modè) egli era solo un povero illuso e – incapaci a comprendere il suo enorme messaggio – erano invece capacissimi di infierire in modo perfido: con facili sorrisetti di commiserazione...


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L’effetto ottenuto da Dio con l’abbattimento delle due Torri Gemelle dell’uomo fu quello giusto per allarmare moltissimo tutte le popolazioni del mondo… Fu un evento che avrebbe dovuto dare il segno della gravità del peccato compiuto contro la Fides et Ratio del Papa… Ma il “Faraone di turno” non era dipinto da Dio come uno che avesse orecchie per intendere altro che quanto fattogli vedere: che erano i Talebani! Che era Bin Laden chi abbatteva il Paradiso Terrestre… Invece era oracolo dell’Eden voluta da Dio con l’abbattimento del Bin, del Binomio “Fides et ratio”, in altre parole dell’incontro reale Cristo-uomo, in stretto rapporto di Comunione sacramentale. La quinta piaga d’Egitto fu quella della morte degli animali. In relazione a Modè si trattò di un evento accaduto a Cogliate. Un intero Coro Parrocchiale (attività dello Spirito) si degradò a livello animalesco e – con ragioni degne delle bestie – scacciarono Modè dal Coro in cui egli cantava ormai da tre anni, avendo elevato a sua la chiesa di Cogliate. Accadde il 6 novembre del 2001. Dopo che queste voci dello spirito pregarono per la Pace nella catechesi del Primo martedì del Mese, gli animali (vita senza anima) dichiararono guerra a tutti i valori dello Spirito del Cristo. Accoglienza, amore e perdono furono negati perfino ad un soggetto riconosciuto senza colpa dal Parroco! Cristianamente parlando, fu un atto davvero omicida e suicida che essi, cristiani, dichiarassero in Casa di Cristo (l’Oratorio della Chiesa) guerra ai valori di Gesù ed adottassero quella legge del Taglione rimossa da Lui. La sesta piaga di Mosè fu quella degli ascessi. Per Modè questa piaga occorse il 29 gennaio 2002 a Saronno. A Cogliate l’avevano estromesso dal Coro e qui Satana tentò di ucciderlo veramente: un pullman di 100 posti investì il suo mezzo mentre egli usciva dal numero 12 di Via Larga, in cui abitava. La Provvidenza lo salvò. Il 24.10.1999, mentre tutta la Chiesa e i fedeli avevano preferito seguire Gesù ligneo, storico, portato in processione nel giorno del Trasporto della Croce lungo Via Roma, Dio dimostrò come preferisse salvare la vita al Romano Modè. Infatti, alla stessa ora fu fatto fuori (fu rubato) il Cristo di legno nella Chiesa di fronte, schiodato dalla Croce, a dimostrare come qui fosse proprio questione di quale corpo: se uno vivo o uno di legno. E l’orologio del Campanile della Chiesa si arrestò, come se il tempo si fosse fermato a Cassina Ferrara, in presenza di quest’atto sacrilego tentato contro il


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Cristo presente in una persona viva ed eseguito contro quello sito in un simulacro di legno. L’ascesso è il segno giusto per indicare qualcosa che vale come salute, ma che va in suppurazione, se si attenta al Cristo per quel che Egli vale… Anche qui, tra il caso di Mosè e quello di Modè, la differenza fu che qui chi pagò fu sempre Modè, che si vide costretto a sospendere un’importantissima ricerca sulla produzione d’energia pulita per la fusione fredda dell’atomo. Aveva già approntato quattro prototipi sui quali condurre le esperienze e dovette sospenderli per sempre… dunque chi pagò? Con lui tutta la speranza dell’uomo della via pulita verso l’energia maneggevole e senza limiti… La settima piaga d’Egitto fu quella della grandine. Anche per Modè fu questa la piaga che seguì e fu la guerra all’Iraq, conseguenza della piaga dei mosconi, ossia dell’abbattimento delle due Torri Gemelle. Non fu una grandinata di bombe? Non furono lanciate accuse da tutti contro tutti? Perfino da chi usò le bandiere della pace per far vere dichiarazioni di guerra allo Spirito degli USA! Non avrebbe avuto nessuno nulla da ridire se l’attacco fosse iniziato all’indomani dell’abbattimento delle due Torri, ma i 555 giorni intercorsi avevano fatto sbollire ogni senso di sdegno da parte di tutti coloro che non avevano pagato di persona, nella loro Patria. L’Iraq è il senso stesso dell’Ira qui di Dio… Ma non per quanto si creda! Per quello che era stato l’evento più importante di sempre e che era accaduto a Saronno e che i saronnesi avevano deciso di misconoscere a tutti i livelli! Se la gente sapesse che conseguenze buone ci sarebbero, nella vita dell’uomo, se quelle indicazioni divenissero di dominio pubblico e fossero sbandierate dalla Chiesa, griderebbe essa pure allo scandalo per essere stata insabbiata ogni cosa! Tutti negarono importanza a Modè. Si permisero di mortificarlo, di scacciarlo perché non n’avevano grande stima. Egli era troppo fuori dei canoni della gente comune per essere capito e così – perfino gli amici migliori – lo accusavano di voler navigare per forza contro corrente… “Ma perché non si faceva trasportare un po’ come tutti?” Non si faceva trasportare come tutti perché Modè era l’unico a sapere come, in fondo a quella corrente – se egli falliva! – c’era una cascata terribile che avrebbe sterminato tutta l’umanità. Era il solo a saperlo e tutti avrebbero volute che cessasse di voler sempre porsi in evidenza. Per un po’ gli davano anche retta, come aveva fatto ad esempio il


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suo amico Sergio Ventura, ma poi doveva smetterla con quel suo voler essere sempre un po’ più degli altri e fare sempre un po’ di più… … Come se dipendesse da lui! Ma, anche a questo riguardo, Modè era l’unico a sapere come nessuno non facesse mai niente di per sé e come tutti fossero a modo loro singoli messia, messaggeri della parte specifica loro assegnata rigidamente da Dio. E tutti quelli che andavano contro Modè ci andavano solo per volontà di Dio, che voleva apparentemente a tal punto intorbidire le acque da accogliersi infine, poi – trionfalmente anche stavolta! – l’apporto dell’ultimo salvatore: non più un Dio, ma un Uomo pieno di Dio. Apporto molto, molto più difficile e pieno di gloria, essendo solo relativo alla conquista sconfinata di un uomo e non certo di un Dio! Per Gesù era stato facile: era Dio! Ma quanto sarebbe stato ammirato Modè? Ebbene Modè lo sapeva: non era assolutamente merito suo ma era solo Dio che aveva voluto creare la parvenza di tanta capacità, collocata nelle mani di chi accettava senza discutere la Provvidenza Buona di Dio. Dio si era già comportato così grandiosamente con Abramo, ed ora Amodeo (stesso senso nel nome) era nella stessa situazione: capiva che l’unico Dio di Amore e Giustizia era Dio per tutto quello che avesse voluto imporre come amore e come giustizia, anche la morte del figlio Isacco! Amodeo l’aveva attuata su di sé, quella morte: aveva sacrificato a Dio il suo stesso “io”… ma sempre nel disegno di Dio e mai per gloria di Modè. Ma Dio non lo vorrà: Dio vuol dare gloria a Modè e l’avrà grandissima, senza alcun dubbio, paragonabile a quella data a Gesù e ancora più ragguardevole (se mai fosse possibile!), in quanto ottenuta da un uomo che si era assolutamente affidato a Dio. Abramo è un nome che attesta che brama, ama la A, ossia il Dio A (la Causa), e Amodeo lo esprime in modo più compiuto. Adamo è un cognome che attesta coma la A (Dio) dia adesso all’uomo il suo avvenire (A dà mo’, adesso), mentre Amodeo attesta come A mo’ deo, come Adesso si sia a Dio, finalmente, nel terzo millennio dopo Cristo, se l’uomo accoglierà il messaggio affidato all’ultimo e del tutto umano Messia. Della somiglianza tra aModèo e Mosè si è già detto. Ma questo salvatore umano pagherà tutto di persona e dovrà avere una forza morale assoluta per resistere a tutte le opposte idee dei vari benpensanti, che vorranno sempre farlo rinsavire, quando si accorgeranno come egli avesse di se stesso il concetto dell’ultimo Messia… Gli attribuiranno – proprio a lui così modesto da essersi addirittura personalmente tolto di mezzo per ospitare solo i Valori di Dio – il massimo della personale ambizione, come se fosse una colpa desiderare di essere Dio, tolto se stesso di mezzo. Non un Dio antagonista a Dio, ma uno che spadroneggi su di lui, da vero Dio qual Egli è e non certo Modè! Ma chi lo fa? Chi non lo capisce un gesto


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d’amore? Moltissime persone: tutte coloro che credono che Dio non voglia lasciarci realmente eredi dell’Opera sua. Ed eccoci così giunti all’Ottava piaga d’Egitto: quella delle cavallette. Sarebbe stata tale anche per Modè e lo vedremo con ampiezza di dettagli in questo libro dedicato interamente a quest’ottava piaga che – a differenza di tutte le precedenti – era ancora da venire e pertanto si prestava ad essere “vaticinata” prima che essa accadesse. Intanto sull’argomento Modè era già entrato ed aveva inviato il giorno del 20 aprile, Pasqua, questa lettera al cardinale Tettamanzi che, secondo l’ultimo dei profeti, sarebbe stato il futuro Papa il giorno 11.6.2004. Romano Amodeo Per competenza:

al Cardinale Dionigi Tettamanzi,

E, per conoscenza, a: Don Carlo, Preposto di Cogliate Raffaella Minoretti, Pres. della Schola Cantorum S. Cecilia e S. Ambrogio, di Cogliate, Maria Teresa Legnani, Maestra della stessa, Monsignor Centemeri, preposto di Saronno, Don Luigi Carnelli, parroco in Cassina Ferrara, Corriere della Sera, Famiglia Cristiana, Informatore Romano, Informazona. OGGETTO: Si stanno ripetendo le 10 Piaghe d’Egitto, per essere tornato il Cristo, in Comunione con un nuovo Mosè e non essere stato preso sul serio: se non crederete, l’8° Castigo accadrà il 23 maggio p.v. a Cogliate: la Chiesa sarà punita, nel suo corpo o – prego di no! – in quello di Don Carlo o la Minoretti. Debbo spiegare al mio Arcivescovo, che tanto cerca l’incontro con le sue pecorelle e il dialogo (ne sia davvero lodato Dio!) ed a tutti gli altri, in che modo io mi sia accorto che Dio abbia ripreso ad essere il terribile Dio degli Eserciti. Nei tempi moderni occorreva un nuovo Mosé, e Dio l’ha veramente mandato, nei miei indegni panni, giacché io mi riconosco solo un peccatore e nient’altro che “concime” (“merda!”) per il bene altrui … ma Dio è grandioso, è sorprendente e fa quel che crede meglio lui. Il Papa, con l’Enciclica Fides et Ratio, a causa di tempi nei quali è indispensabile che sia recuperato il buon senso dell’uomo (giacché tutti credono che la maggioranza consenta sempre ogni scelta, anche quella di infrangere il volere assoluto di Dio) aveva cercato di suscitare un uomo di scienza, come me, che, in Comunione con Cristo,


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assicurasse nuovi percorsi alla Fede, di fronte al dualismo uomo-Dio, risolvibile solo grazie a chi (sapiente ed umile) molto desiderasse una vera Comunione con Gesù, nelle vie di un volere, con passione, cercare e abbracciare sempre la Sua Croce, in cui addirittura esaltarsi! Ed è accaduto: si leggano i segni della Provvidenza! All’enciclica, diffusa il giorno 14 settembre 1998, Festa dell’Esaltazione della Croce, rispose (per assoluto volere della Provvidenza) nel giorno del Trasporto della Croce, un uomo davvero Esaltato, non solo nel Valore della Croce, ma della Comunione con Cristo, tanto che, nato nel ’38, da 38 giorni stava vivendo solo di Cristo, con Cristo e per Cristo, il giorno 24.10.1999 in cui rispose (benedetto apostolicamente 2 volte dal Papa) al Pontefice stesso, con un Convegno realizzato a Saronno (oracolo della nuova Sion monte santo, Saronno città del Monti santo, in provincia di Varese col suo Sacromonte e che dice Saranno! E suona Saronno! “Shalom!” A Rivederci! O redivivo Gesù, in Comunione reale con un uomo, quando essi saranno a Saronno le attese DUE TORRI dell’incontro uomo-Dio! Ma la Chiesa fideista, resistente al Papa, invece di esercitare la promessa “avvocatura” e di porre attenzione a quanto accaduto (Dio che aveva risposto!), mi spinse a 57 giorni di digiuno, decisi da me. Io, per convertire il nemico, non trovo mai altra arma migliore di quella dell’altra guancia di Cristo: di consegnare, a chi mi disprezza, la mia stessa vita; sia esso una Chiesa, sia una donna altezzosa già di Cristo a cui chiedere in Chiesa “Mi sposi?”. “Mai e poi mai!” Risposero. Che amor perisse! Vero scemo! Come fai a consegnarti al nemico?! Dio, che s’era degnato di rispondere (per l’ultimo “esodo” di aMODE’o, neo MOSE’, verso il Paradiso Terrestre) trovò uomini (amici, ex sposa di Cristo, Parroco, una Chiesa) non più disposti ad amare Cristo… Dal Vaticano neppure risposero ad una supplica di 460 persone presentata da 4 sacerdoti al Papa, di avere misericordia e ricevere chi, sentendosi provocato e respinto, voleva mettersi a rapporto diretto con il Vicario di Cristo, che aveva promesso sostegno e difesa. Che fecero in Vaticano? Non glielo dissero! Che ‘MODE’ morisse, tanto non c’è da temere Dio! Dio farebbe quello che dicono loro e non difenderebbe più chi lo ama e vuole servirlo!


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O Buon Cardinale, il 17 settembre 1999, quando iniziai il digiuno, mi consegnai proprio nelle sue mani, dicendole che sarei dovuto divenire “un caso”, legga la lettera che le allego! Sta oggi a lei far ‘sì che si evitino le prossime piaghe. Non faccia morire il suo amico Don Carlo! Dio ha iniziato di nuovo, coi castighi d’Egitto: le 10 piaghe dei tempi di MOSE’. Perché quello che sto facendo io per la Chiesa è il massimo che oggi si possa fare e Dio vigila affinché il definitivo passo, verso la Terra che diventi il Giardino dell’Eden, sia compiuto! E lo sarà! 1° acqua mutata in sangue: l’acqua mia – per la Fede… – la Chiesa volle che si mutasse nel mio sangue! 2° le rane. Una Chiesa d’acqua morta e stagnante, con la bocca piena dei “Crà Crà!” della Parola di Dio, ma che ne salta i brani più importanti, quelli che non le tornano comodo… e così salta via le “Ragioni della fede”. 3° le zanzare. MODE’ salverà l’uomo: è disposto a dare il suo sangue e Dio lo vuole... Ma tutti glielo porteranno via come gli insetti che lo succhiano via di notte, punzecchiandolo con malignità del tipo: “Il suo è solo un ricatto!” 4° i mosconi. Dio suscitò così i Talebani: omicidi e suicidi (per fede!!! Che fede!!!). In volo come mosconi, abbatterono l’11.9.2001 le Torri Gemelle del potere umano (per la fede che abbatté le 2 divine della Fides et ratio). 5° gli animali. Il Papa invocò canti di pace. In catechesi, però, il Coro di Cogliate, pregato da Lui, s’infischiò e mosse guerra a chi era in Comunione con Gesù e lo scacciò innocente e a forza dal Coro. Così una Cantoria della Chiesa, che fa attività spirituale, fu degradata ad attività da animali. Che supplizio i Valori del Cristo… tra porci! 6° gli ascessi. Il 29.1.2002, dopo l’umiliazione spirituale, data a MODE’ anche dal Parroco di Cogliate (che il 13.11.2001 si era aggiunto al Coro, a far fuori i Valori del Cristo dalla Cantoria e dal Paese di Cogliate), Dio mandò un segno terribile: per SACRILEGIO, a Saronno, fu fatto fuori il corpo di Gesù, schiodato in Chiesa dalla sua croce e rubato, nella stessa ora in cui il Diavolo tentò di far fuori, lì di fronte, quello di MODE’ (inutilmente fatto investire da un pullman). E l’orologio del campanile si arrestò. Un vero ascesso, nella fede, il sacrilegio al corpo del Cristo in Chiesa e, sulla strada, la violenza all’eletto alla Comunione con lui, nel dualismo uomo-Dio… (Proprio quello che il Vicario di Cristo aveva cercato di suscitare per la salvezza dell’uomo e che Modè cercava da una vita!) 7° la grandine. Per le 2 Torri abbattute (Fede e Ragione) e quanto seguìto a quell’attacco omicida e suicida, successe che 675 giorni dopo (errore di calcolo d’Amodeo: son 555, N.D.R.) il Dio degli Eserciti mandò, come grandine, il bombardamento dell’ IraQi, l’Ira qui di Dio. Grandine di tutti contro tutti, nell’intero mondo! Grandine perfino con le bandiere della Pace! 8° le cavallette. Ora il Dio degli Eserciti sta per colpire duramente Cogliate. Cantoria e Parroco furono vere cavallette: distrussero tutto il raccolto di Fede in quel Paese! Dal 13.11.2001 la Chiesa di Cogliate è restata senza Cristo (dissacrata! Cogliate come latte cagliato), per averne scacciato il povero Cristo eletto a suo portatore. Così il 23 maggio


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675 giorni dopo (la stessa distanza che c’è tra l’11.9.2001 delle torri gemelle e il 20.3.2003 della guerra conseguitane, e sono esattamente 555 g. dopo, N.d.R., è la data è esatta) l’Ira qui di Dio sarà un “bombardamento” su Cogliate: Parroco, Presidentessa del coro o la Chiesa crolleranno, uno solo… o tutti assieme. Il Dio degli Eserciti li ripagherà con lo stesso soldo, perché, datomi il dolore di essere ingiustamente estromesso da una Chiesa che amavo più della vita, vollero rinunciassi a quanto amavo più che la vita! Vollero uccidere ancor più della mia vita: l’Amore e il Perdono comandati da Gesù! Come vere cavallette! Io prego che Dio li risparmi, ma lo è “degli Eserciti” ed Egli farà quel che è meglio per tutti, a costo di dar morte. Quanti sono periti a New York? Quanti in Iraq? E non per i Talebani o altro, ma solo per sostenere la necessità di questo nuovo Esodo e difendere quella mia dignità ‘sì tanto oltraggiata… che era poi quella di Cristo! 9° il buio. Scenderà il 25.5.2004, l’anno prossimo, e sarà la morte (1.000 giorni esatti dopo l’abbattimento delle Torri Gemelle), dello stesso Papa che (responsabile della sua Chiesa omicida e suicida) s’impiccia delle questioni di Cesare, non sorveglia quant’è di sua stretta e vera competenza e riceve i potenti e non i piccoli, spinti da lui al sacrificio e lasciati a morire senza difesa. Senza il Vicario di Cristo, scenderà il buio di Cristo, e durerà 17 giorni. 10° la morte dei primogeniti. Come MOSE’ morì sul punto di arrivare alla Terra Promessa, così MODE’ stesso morirà, il 9.6.2004, due giorni prima del Nuovo Papa che conquisterà al Cattolicesimo tutto il mondo, forte delle verità nuove portate dal MOSE’ dei tempi nuovi. MODE’, nato il 25 gennaio, sta alla Chiesa come un nuovo Paolo di Tarso: Principe virtuale della Chiesa, per elezione diretta del Dio della Croce. Morendo, con tale primogenitura, MODE’ porterà al soglio di Pietro il Cardinale Dionigi Tettamanzi, due giorni dopo il suo Venerdì santo (il 9.6.2004, due mesi dopo quello di Cristo del 9.4.2004) perché MODE’ è Oracolo di un doppione del Cristo vissuto 33 anni, e respinto dalla sua sposa vera e da quella simbolica (la Chiesa e una ex suora) morrà a 66 anni e due mesi dopo di Gesù… perché è nato il 25 gennaio, un mese dopo di Gesù. Se ciò sia profezia o facezia, lo diranno gli eventi. A me – che fermamente ci credo – è parso doveroso riferirlo agli interessati, a costo che mi deridano o che facciano gli scongiuri. Anche a Mosè servirono 10 piaghe, per poter toccare il cuore, troppo indurito, del Faraone. Come toccò a Mosè, così sarà necessaria anche per Modè’ l’ultima piaga (della sua stessa morte) prima di vedere giungere in porto quella salvezza che da 30 anni ‘Modè’ sta cercando che, con tutto il cuore, sia fatta da Dio. ‘Modè’ ha già intravisto i “Tempi nuovi del paradiso Terrestre” (come già successe a Mosè!). Lo ha fatto dall’alto di un monte: dalla Saronno del Monti santo di Dio! Il 14.12.2002, mentre digiunava per il bene di un amico e di quella già sposa di Cristo che aveva solo inimicizia e disprezzo per lui così unito al Cristo, miracolosamente (al 9° giorno


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di digiuno e alla 16a Comunione) l’orologio del campanile si rimise in moto da solo dopo 9 mesi, mentre si bloccò alla stessa ora l’orologio al suo polso! E fu l’avviso che la sua morte (l’orologio bloccatosi al suo polso) avrebbe dato inizio agli attesi “Tempi nuovi e Cieli nuovi”, del Paradiso Terrestre, che ci sarà sulla Terra, quando Fede e ragione dialogheranno… grazie a quanto concesso da Dio, fatto – in apparenza – da Lui, ma fatto davvero solo da Dio, il solo buono a fare. L’uomo accetti d’essere, per Grazia di Dio, in un mondo PERFETTO, in cui o gni male ha per fine IL BENE! Il giorno 11.6.2004 Modè addirittura “risorgerà”, virtualmente, come Principe della Chiesa, nel Papa Dionigi Tettamanzi, e ci saranno 5 miracoli: Nadia Airoldi sarà risanata (anima e corpo); Tommaso Urbani acquisterà vista e salute fisica (è già un santo); Anna Carugati salterà su dalla sua carrozzella di paraplegica; Sergio Del Grossi e Carmelo Alio riavranno un braccio (da decenni amputato, in 2 incidenti, voluti da Dio solo per la gloria di quant’accadrà l’11.6.2004, inizio dei Cieli Nuovi e della Terra nuova che Saranno stati promossi da Saronno, sede del Miracolo del Voto a Maria! Da Saronno eletta sua da Dio, anche per tanta fede nel Trasporto della Croce! Saronno, 20 aprile 2003, Santa Pasqua di Resurrezione!

La Schola Cantorum di Cogliate, artefice dell’estromissione del cantore Romano Amodeo, il secondo in basso nella fila da sinistra, dopo un servizio volontario ed appassionato di tre anni. Estromissione ingiusta, alla quale egli si era opposto ma inutilmente. I Cantori, la loro Direzione e infine il Parroco avevano giudicato che era meglio che uno solo fosse allontanato, anche se innocente, pur di non perdere la compattezza di tutti gli ingiusti! Nella pagina seguente la presidentessa, Raffaella Minoretti, con il Maestro della Banda, e la Direttrice della Schola Cantorum, Maria Teresa Legnani, diplomata in Clarinetto e all’origine di quanto ordito ai danni di Amodeo: aveva osato tentare di aiutarla! Proprio lui, davanti a tutti! Doveva dimostrare a tutti quanto lei non lo gradisse “Mai e poi mai!”


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Per difendere le ingiuste pretese di Maria Teresa Legnani, donna convinta delle sue idee e dei suoi atti spesso offuscati da miope egocentrismo, si sono mobilitati presto tutti: dalla Raffaella, donna giusta, a Don Carlo, prete integerrimo. Perfino l’Arcivescovo, infine, per le correnti ragioni dell’opportunismo, partecipa a non riconoscere il grave torto fatto non tanto a Romano, ma allo stesso Spirito del Povero Cristo, quando è lasciato solo e indifeso da tutti coloro che avrebbero dovuto difenderlo. Allora costoro costringono Dio a difendere il povero umiliato ingiustamente e colpito nel suo diritto a offrire volontariato alla Chiesa. Dio non ama il “tutti contro uno”, eretto a legge di forti compatti a favorire chi ha la somma ingiustizia di opporre ingratitudine a chi meriterebbe tutt’altro, perché ama in modo eroico.


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Le cavallette Le cavallette sono insetti voraci che, quando formano sciami, devastano interamente un raccolto, per abbondante che sia. Nel nostro caso “cristiano” le cavallette sono le autorità della Fede che, rappresentando le moltitudini, per difenderle non si mettano ad estrema difesa di ogni seme di grano. Per volere illustrare questo aspetto, nell’esistenza del suo ultimo salvatore, Dio si servì di quanto accaduto a Cogliate, ove una intera Cantoria, forte del numero, aveva tentato inutilmente di schiacciare un innocente, per pure ragioni di opportunismo, in quanto temevano che, se non lo cacciavano, avrebbero perso la maestra del Coro, messasi dichiaratamente ad avversarlo. Tra Modè e la maestra correva una sfida vera e propria: quanto più lei lo disprezzava tanto più egli l’amava. Le cose si erano acuite al massimo in cui lei, se avesse potuto, l’avrebbe arrostito ed egli, invece, le proponeva proprio allora addirittura di sposarlo! Lei aveva elevato la tenzone a livelli tanto insopportabili per lei che Modè aveva alla fine deciso di ignorarla del tutto, per pietà, e – in tal modo – avevano trovato una sia pur tenue linea di possibile coesistenza. Sennonché le cose tra loro furono messe da Dio in un modo tale che Modè dovette entrare in azione e successe un pandemonio. Nelle prossime pagine descriverò i fatti, riprendendoli dal libro di memorie “Ortonovo degli Ulivi”, scritto nell’estate del 2002. Prima però di farlo, racconto anche quanto accadde dopo il 29 gennaio 2002, la data in cui Modè fu investito e salvato da Dio, che lasciò al Diavolo il Cristo di Legno nella Chiesa di fronte. Egli denunciò il Comune di Saronno di “falso ideologico di tipo urbanistico”, in quanto il marciapiede a raso, davanti alla casa, era una vera trappola mortale contro chi vi abitava. Neanche a farlo apposta, proprio Modè aveva pubblicato, tra ottobre e dicembre 2001, tre articoli, denunciando il pericolo al Comune e proponendo rimedi che non erano stati mai attuati. I Vigili Urbani che rilevarono l’incidente non segnarono neppure l’esistenza del marciapiede a raso (dando così oggettivamente ragione alle considerazioni di Modè) e, per questa omissione, egli fu riconosciuto colpevole per essere entrato nel traffico veicolare senza aver dato la precedenza. Era stato


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investito mentre era ancora sul marciapiede ma, non essendo esso stato rilevato, era come se non esistesse e il torto era passato arbitrariamente a lui. Modè fece le fotografie e, con la dovuta documentazione, cercò di ottenere una nuova relazione, rispettosa del vero. Ma l’esposto fu rigettato dai Vigili, che insistettero assurdamente sulla loro tesi erronea e, a quel punto, Modè li denunciò, nel gennaio 2003, ai Carabinieri di Saronno, per “falso volontario”, accusa pesantissima fatta ad una Polizia che dovrebbe tutelare i deboli ma che, non avendo alcun credito né stima per Modè, non lo tutelarono, ribadendo una falsità chiaramente documentabile e perfettamente documentata. Se non fosse stato Dio stesso a voler accecare sia il Comune, sia i Vigili di Saronno, cascherebbero le braccia, in quanto alla Giustizia degli uomini! Il fatto è che Dio doveva fare apparire tutti schierati contro Modè.

Nella foto, a tu per tu: la Maestra posta da Dio all’origine di tutti i contrasti manifestati dai Cogliatesi contro Modè, e il cantore scacciato e fatto scacciare, per la sua ostinazione a continuare ad amare e rispettare chi non lo amava e non lo rispettava.


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L’antefatto Dal libro “L’Ortonovo degli ulivi”

Chi voglia rendersi ben conto dell’antefatto lo rilegga sul secondo volume de L’Ortonovo degli ulivi. Qui si pubblicano solo l’ultima pagina che vale la pena tener ben presente per comprendere bene le cose che sono affermate, in relazione alla verità dei fatti profetizzati. &lt;&lt; Siamo nel novembre del 2001 ed ora, il Paperino (del bel fumetto di Dio nei panni di Walt Disney), dovrà edificare il Tempio. È arrivato il momento per ricostruire, sulle ceneri ultime del livello più alto del suo azzeramento, quello che aveva mortificato, fino in fondo, l’umanità restata in lui: con la messa in ridicolo del suo mondo interiore e l’affronto di quanto avesse di più caro per sé, e verso di cui più sentisse di dovere la sua personale riconoscenza. Romano aveva ricevuto accuse che riteneva ingiuste ma che, per la sua onestà, non poteva ignorare. Ne doveva lasciare traccia. Così andò dai Carabinieri di Saronno e il 20.11.2001 porse una denuncia, nelle mani dell’Ufficiale di Polizia Giudiziaria Maresciallo Catello Di Somma, in relazione al comportamento di se stesso e di tutta la cantoria di Cogliate. Rivelò come fosse stato accusato di avere violato la privacy e chiese che un Giudice esaminasse la situazione (l’aveva violata?). Reclamò contro se stesso delle severe punizioni se le accuse fossero state riconosciute fondate. Poi fece un resoconto, dettagliato, di tutti i giudizi emessi contro di lui dai cantori: • da Cornelio Ferrario, che l’aveva definito una serpe al seno (era una grave offesa?), • a Adelio Basilico, che aveva assunto atteggiamenti minacciosi contro la persona (era intimidazione fisica?), • alla Maestra del Coro, che aveva invaso la sua privacy in relazione ad un sentimento (era oltraggio ai valori della persona?), • a tutti loro che ne avevano riso (avevano partecipato a tale affronto?), • infine alla violenza esercitata contro di lui, per avergli impedito il suo diritto, di partecipare ad una attività del volontariato negli organismi della Chiesa, che non può essere discriminata, in quel modo, senza essere di per se stessa una grave infamia … (era un’infamia?)


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Amodeo non accusò nessuno, espose solo i fatti e pose delle domande, scrivendo che, se il Giudice avesse rivelato, in ciò, una condizione diffamatoria, egli chiedeva che si operasse, al fine di chiarire la verità e punire i colpevoli. Allegò copia dei due articoli, sulla cui base l’autorità inquirente avrebbe dovuto esprimere il suo verdetto. Depositato l’atto, si recò nella redazione del suo giornale e presentò copia della denuncia che aveva fatta, spiegando loro che era anche una sua precisa esigenza di conoscere la verità, in quanto non sentiva di essere stato trattato, da loro, in modo imparziale ed aveva la necessità che un giudice super partes, si esprimesse. Al giornale, per non correre il pericolo di grane, non l’avevano difeso a sufficienza ed erano scesi a patti, quando non avrebbero dovuto farlo in alcun modo. Si facevano tanto picco, di lotte contro i potenti, e quando si era trattato di una semplice scaramuccia, in cui l’interlocutore era una persona precisa, si erano lasciati intimorire da un Signor Nessuno. &gt;&gt;

Modè al computer, mentre collabora con Informazona.


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La piaga delle cavallette Dopo l’antefatto, eccoci finalmente al “fatto”, alla data del maggio 2003. Modè aveva intanto scritto tre volumi e si era accorto di come fossero in atto, nei tempi moderni, 10 nuovi castighi molto simili a quelle 10 piaghe d’Egitto accadute ai tempi della prima Pasqua di Mosè. Di questi dieci ne aveva già visti accaduti 7 e – in analogia con Mosè – si era convinto che ne sarebbero avvenuti altri 3, secondo una crescita nella loro gravità. Modè lo credeva perché Dio è perfetto e dunque – a situazioni identiche – anche i rimedi sarebbero stati identici. Modè infatti si era visto sempre più nei panni di Mosè. Perfino il suo cognome, Amodeo, indicava – tra l’alfa e l’omega – quel “modè” che in italiano significava l’essenza di Dio… quel “Mo’ Dio è” (adesso mi chiamo Dio), il che, per Mosè (sempre in Italiano) rimandava a “Mo’ Sono è” (adesso mi chiamo Jahve, ossia “Son chi sono”). La sua stessa morte, a due anni, decretata da Dio ed evitata dalla Madonna, rimandava a quel caso del Mosè condannato a morte dal Faraone e salvato da sua Figlia. Entrambi condannati per una questione di controllo delle nascite (infatti Dio aveva deciso di far morire Modè perché sua mamma non voleva altri figli) … Tra il delitto relativo all’abbattimento delle due Torri Gemelle di New York e il castigo relativo alla guerra portata dagli Usa in Iraq, era intercorso un periodo di 675 giorni che, per Modè, indicavano il massimo in fatto di pazienza possibile quando è presente 325 in 103 (valore cubico dello Spirito Santo, ove 300 è la Trinità relativa al centuplo quaggiù e 25 è ¼ di questo centuplo, quindi è tutta la pazienza collocata sul fronte della presenza). Per sapere allora quando sarebbe accaduta l’ottava piaga, relativa alla sua scacciata dal Coro (di cui aveva fatta denuncia ai carabinieri, raggruppando i capi d’accusa in 5 punti diversi evidenziati dai bollini, come visto nel testo pubblicato a pagina 49), aggiunse 675 giorni di massima pazienza al 6 novembre 2001, data in cui la Cantoria aveva cercato di farlo fuori. Modè immaginò che sarebbe successo alla stessa ora, pertanto alle 22 e 30. Ebbe ragione, in quanto a Casablanca (ed è l’Oracolo della “Casa immacolata di Dio”, ossia della Chiesa), in cinque luoghi diversi, a quell’ora di


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sera, credenti di una fede omicida e suicida fecero un attacco terroristico, ad opera delle stesse legioni di Bin Laden. Potevano i suoi amici della Schola Cantorum di Cogliate essere paragonati a terroristi di Bin Laden? Non erano forse religiosi, come quelli? Non avevano sovvertito a loro modo il Cristianesimo come i Talebani avevano sovvertito il Corano? Io direi di sì, perché, ove Cristo comanda “accoglienza, amore e misericordia”, loro avevano adottato l’opposto, ammazzando i valori di Gesù e pertanto comportandosi come cristiani suicidi allo stesso modo fatto dai credenti in Maometto che praticano volontariamente l’attacco omicida e suicida ai fratelli. Quelle stesse identiche 5 colpe portarono in Marocco un intero folto gruppo di terroristi a mettere a ferro e fuoco Casablanca allo stesso modo che in Cantoria Parrocchiale (Casa Bianca di Dio) portarono l’intero gruppo a mettere a ferro e fuoco i valori misericordiosi del Cristo di Dio. Alle persone comuni ciò non sembra né vero, né possibile! Che Dio difenda a tal punto il misero dalla sopraffazione della massa. Dicono: “Chi è, cosa vale uno solo rispetto a tutta la gente?” E intanto non capiscono che ciascun membro della massa è la sua parte più importante che, se non è difesa a spada tratta dalla sopraffazione del puro numero, distrugge l’intero valore dell’unità di quel numero, per grande che esso sia! Una settimana dopo il 6, dunque il 13 novembre 2001, avete visto nel racconto in che modo Don Carlo scacciò l’innocente Modè, intimandogli sarcastico e spazientito: “Ma vai a farti curare! Vai a farti curare!” In virtù del numero dei 35 cantori egli ne scacciava uno, ritenuto innocente… Se tutti voi non gridate all’inammissibile scandalo fatevi un esame di coscienza, perché il vostro Cristianesimo fa acqua. Ebbene questo evento vergognoso accadde alle ore 21, ma, data l’ora legale imperante a novembre, in maggio sarebbero state le 22. Puntualmente, 675 giorni dopo il 13.11.2001, alle ore 21 si presentarono all’uscio di casa di Modè due Vigili Urbani a cercarlo. Non lo trovarono e tornarono alle 22. Stavolta Modè era in casa. Appena li vide ebbe un sussulto: aveva colto nel segno e ora andavano a prenderlo come se fosse stato la causa di un fattaccio. “Che volete?” “Ci deve seguire” “Dove? Che cosa è successo?” “Deve venire all’Ospedale di Saronno”. Modè temé per la sua amica Maestra e la sua Famiglia: che era successo? “A fare che cosa?” “Deve essere sottoposto a visita psichiatrica coatta”


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“Come? Coatta da Chi?” “Un medico ha formulato la proposta al Sindaco e questi l’ha sottoscritta”. E così, implacabilmente, sia alle 21, sia alle 22, a 675 giorni dall’intimidazione del Parroco “Ma vai a farti curare!” a Modè toccò di “Andare a farsi curare”. Poteva esservi più evidenza di questa, tra un delitto e il relativo castigo? Solo che per Modè era come con Gesù Cristo: egli solo pagava sempre per le colpe altrui. Come abbiamo visto questa era l’unica differenza tra le Piaghe relative a Mosè (in cui pagavano gli Egiziani) e quelle relative a Mosè, in cui pagava sempre Modè, anche quando poi con le distruzioni delle Torri Gemelle o con le varie guerre pagavano figurativamente anche altri, assieme a lui. Come vaticinato, tra il 16 e il 23 maggio ricominciarono ad esplodere nel mondo tutte le paure del terrorismo, accompagnate da terremoti devastanti, in Algeria, poi in Giappone. Tra il 16 e il 23 Dio aveva ricominciato a punire e castigare con la piaga delle cavallette. Cavallette sono i terroristi, uomini che non rispettano il valore di ogni vita, né quella propria né quella altrui. Cavallette sono anche i microbi della Sars, la polmonite killer scoppiata in Asia e in molti posti del mondo. Cavallette anche sono assimilabili agli eventi come i terremoti, che spazzano via ogni cosa facendo sobbalzare tutta la terra. Il Castigo di Dio fatto ricadere, il 23 maggio, tutto sulle spalle di Modè è stato il massimo segno con il quale Dio ha punito il mondo, per le funzioni salvifiche attribuite da Dio al personaggio tutto virtuale di Modè. Non dimentichiamolo mai: tutti i personaggi e le loro storie di apparenti successi ed insuccessi, beni e mali, sono puramente virtuali e Dio è come un Romanziere che non è un omicida né un suicida se disegna storie virtuali così. Esse non sono vere, in quanto le anime entrano ed escono, perfettamente illese, da tutte le vicende umane che abbiano assunto “realmente”, in una realtà tutta fittizia, di cui erano solo gli interpreti e non i costruttori. Dio ha voluto dare allo Spirito Santo del Personaggio di Modè gli stessi attributi salvifici voluti dare a Gesù, seppure con attribuzioni diverse: Gesù era impersonato da Dio stesso, mentre Modè era impersonato da un semplice uomo. Entrambi però erano portatori dei valori dello Spirito Santo di Verità. Dio ha voluto il personaggio umano di Modè così pieno di Spirito Santo da consentire tutto in esso il perfetto incontro dualistico tra l’uomo e Dio. Nel momento in cui Dio ha disegnato uomini che hanno internato Modè nel Centro Psicosociale, il Signore ha dato a se stesso il massimo affronto possibile: essere giudicato un possibile matto.


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Trovatosi di fronte a Don Carlo che aveva intimato al suo Spirito di “Andare a farsi curare!”, Dio gli aveva dato 675 giorni affinché il sacerdote si pentisse. Non avendolo fatto, Dio aveva consentito di essere mortificato esattamente fino a quel punto voluto dal suo Sacerdote… Non aveva fatto così anche ai tempi di Gesù? Allora, essendo egli nel corpo di Gesù si era lasciato mettere a morte di Croce; essendo ora nel corpo umano di Modè, lo Spirito Santo di Dio si era lasciato solo “mortificare”… ma può esservi cosa più mostruosa di questa? Consentendo Dio all’uomo di internare possibilmente tra i matti il suo Santo Spirito, il Signore dà la massima punizione che possa dare, dandola all’ultimo dei suoi messia. Egli dovrebbe chiarire le idee a tutti, spiegando loro “Chi si è, da dove si viene, dove e come ci si va” e veramente, in Paradiso, con l’anima e con il corpo… di tutti come il proprio. Non conoscere questa base toglie ogni intelligenza vera all’uomo. È come se l’uomo si desse da fare per svuotare una stanza allagata senza accorgersi che è necessario chiudere il rubinetto aperto che genera l’allagamento. Questo caso Dio l’ha fatto vedere ripetutamente a Modè (finché è stato ricoverato), perché in Ospedale c’era un “bello spirito” che ingorgava ripetutamente i lavandini con la carta igienica… Le risposte date da Modè stapperebbero il tappo della carta e, seppure con il rubinetto aperto, l’acqua non tracimerebbe… ma nessuno gli dà retta e tutti si limitano solo ad asciugare i pavimenti, senza mai riuscirci, perdurando la causa. È questa contro Modè, pertanto, la massima offesa imbastita da Dio contro il suo stesso Spirito, esattamente come già fece riguardo a Gesù che, fattogli dire contro “Crocifiggilo!” poi l’aveva fatto crocifiggere. Ora tutta questa vicenda non si svolse in modo così lineare, ma contorto, come se fosse Modè a tentare di conoscere il cosiddetto futuro, procedendo come a tentoni… Ma c’è un perché: Dio intendeva creare una possibile storia di una plausibile conquista personale, faticata, stentata, nel proposito suo di generare anche possibili meriti per Modè. Solo che, avendo Dio fatto conoscere a Modè questo meccanismo alquanto ingannevole, costui non ne era tratto più in inganno e seguitava ad attribuire a Dio quanto era solo di Dio: la capacità vera e fattiva di tutte le cose, allo stesso modo con il quale anche Gesù affermò più di una volta che solo il Padre era “Buono”. Nel prossimo capitolo vedremo in che modo Dio volle costruire questa apparente conquista personale di Modè.


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L’annuncio alle autorità Modè sapeva come Dio avesse disegnato Mosè che chiedeva al Faraone di lasciar partire il Popolo eletto per la sua Pasqua, pertanto comprese come dovesse anticipare gli eventi, in modo che poi gli credessero nel modo possibile ad un profeta simile a Mosè. Come già era accaduto nel 2001, dopo la prima cacciata tentata dalla Schola Cantorum cogliatese, si recò a Montesilvano dalla sua Maria Grazia (omesso). Fu sul treno che cominciò ad accorgersi di come egli, da Saronno (che intendeva come la “Nuova Sion”, monte santo di Dio), stesse andando a Montesilvano. Con uno dei soliti “giochini simbolici” che Dio sembrava sottoporgli continuamente (quasi che ci si divertisse!), si accorse di Montesilvano come di Monte si(LV)ano, un Monte Sion con in mezzo un LV che in numeri romani (come lui, Romano aModèo), indica 55, ossia 22 +33 (il suo essere un numero 22 e il 33 dell’intera essenza vitale di Gesù Cristo). Modè già si intendeva un “doppione” di Gesù, ma sapeva che tra il doppio e il mezzo la differenza stava solo in un 2/1 o in 2/1. E – posto pertanto Cristo come primo, ossia 1,1 – egli era ½ come 0,55, ossia 55 centesimi. Pertanto Montesilvano, Monte Si(55)on era la sua residenza, era quel “Monte santo di Dio” di cui poi avrebbero parlato i profeti in un futuro estremo che altro non era se non il passato remoto. Residenza nel senso degli affetti, più che in quello dell’anagrafe. È strana cosa, vero? Modè aveva tanto dissertato sul “Siano” che diventa “Saranno” e poi Saronno, come Siano è Sion, che ora che si recava proprio a MontesiLVano=Monte Sion egli come 55 (centesimi), si confermava proprio e sempre più finito in un divertimento come un rebus, un crittogramma o una sciarada di Dio! Cominciò a quel punto a pensare all’indirizzo del luogo in cui stava andando (Via Aldo Moro n. 22, ripa 2) e tutti quei 2 gli indicarono che quello era l’indirizzo davvero ideale per lui (in viale Omero al 22 c’era stata l’unica casa posseduta dalla sua famiglia quand’era giovane). Il giorno in cui aveva risposto al Papa con il convegno del 24.10.1999 egli aveva esattamente 22.552 giorni, ossia i 22.222 del suo essere un “doppione”, più i 330 attribuiti ai 33 del Cristo moltiplicati per i 10 dello Spirito Santo!


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Infatti 10 era senza dubbi il ciclo dello Spirito Santo: 3/3 –1 = 0 annulla con –1 (il “Diavolo”) il rapporto figlio/padre = 3/3=1. 3×3 +1 =10 è tutto l’opposizione al Diavolo, è lo Spirito Santo di Dio=Verità, ottenuto attraverso tutti i processi inversi. E – con un Dio burlone che dice e non dice – 10 è proprio la Dimensione D di un IO immenso che vale 10 ed è D.10=DIO. Lì, sul treno diretto a Monte Sion si accorse di come il nome di Maria Grazia (omesso) alludesse ad una chiara Grazia di Maria (la Madonna) che gli dava il “pino”, a lui coma ad A.R. (Amodeo Romano). “Pino” anche come “Peppino=Giuseppe”, anche il padre di Gesù. “Pino” anche come “albero di Natale!”. In quella casa in cui stava andando, egli, Modè, stava forse andando come “alla casa del Padre?” Con un Dio simile burlone tutto era possibile! E perché poi una “burla?”. E perché no? Se finalmente Dio gli stava facendo riconoscere come tutto esistesse solo in “modo virtuale”? Maria Grazia, inoltre, gli era stata proposta da Padre Magni (il sacerdote che aveva studiato la Filosofia assieme al Papa Woitila)… e il cerchio si chiude, tra simboli, realtà e fantasticherie! Padre “Magni” che invita ad un banchetto! Alla casa del Padre! A Monte Sion, Monte Santo di Dio, nella sua fattispecie del numero di 55 centesimi. Modè si ripromise che avrebbe dovuto fare più accertamenti su Maria Grazia… e così seppe da lei che era nata a Ravello (il “vello” d’oro di R.A.), che suo padre era proprietario della Torre Paradiso e conobbe tante altre cose incredibilmente simboliche, che qui non è il caso di descrivere ulteriormente per non frammentare troppo il racconto, mentre ne sto scrivendo, il 28 maggio, nel reparto psichiatrico dell’Ospedale di Saronno. Ecco, la cosa fondamentale da dire è che come tra il 6 e il 13 novembre 2001 fu fondamentale andare a Monte Sion (chiamo così Montesilvano) e durante il viaggio assunsi il proposito di resistere alla scacciata dal Coro, così fu fondamentale anche stavolta, nell’imminenza tra il 16 e il temutissimo 23 maggio 2003, a 675 giorni di distanza. Fu fondamentale una sorta di “rimpatriata” per determinare che cosa avrebbe dovuto assumere il Personaggio di Modè, nell’imminenza di quanto lo aspettava. Modè capì che doveva dare l’annuncio ufficiale dell’evento prima che esso accadesse. Tornato a Saronno il lunedì 12 maggio, si recò di sera in Cantoria a Cassina Ferrara e trovò davanti ad essa Giannino (il maestro) con Mario, Tito e Ambrogio. Riferì loro:


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“Il 18 andremo in processione. Cerchiamo di pregare bene la Madonna perché io temo che cada la nostra vecchia maestra. Ho molti segni che l’indicano”. Risero tra loro, di fronte a simile pazzesca sparata. Modè aveva moltissimi segni. In primo luogo sapeva che la vita di Lei era stata salvata da un miracolo fatto da Dio in favore di lui, ma aveva visto come poi lei si fosse posta con lui come Giuda rispetto a Gesù, morto prima di Gesù (e lui sapeva che sarebbe morto il 9.6.2004). Poi quadri che cadevano, facce dipinte, di lei, che si macchiavano e molte altre circostanze veramente preoccupanti quali donne suicidatesi dopo di aver messo Modè in condizione di lasciarle… Modè assolutamente non voleva che le capitasse niente di male e si raccomandava agli amici di pregare… Perché ne ridevano? Il giorno 13 maggio Modè stava a casa sua quando al pomeriggio bussò alla porta un signore che era stato a visitare gli alloggi per comperarli. Modè seppe che il giorno 15 era fissato il Rogito e che egli avrebbe dovuto sgomberare il locale della stalla e quello del primo piano. La mattina dopo andò al Comune di Saronno e in quello di Cogliate, per registrare al protocollo la seguente lettera: La SARS è Oracolo di SARonno Sacrificata L’Amministrazione Pubblica e quella Religiosa hanno compiuto vere ingiustizie contro me, Romano Amodeo, stimato da entrambe insignificante ed indifeso. Il Papa, con la sua Enciclica Fides et Ratio, aveva promesso “avvocatura”, da parte della Fede, a chi avesse trovato coraggio e passione per cercare nuove strade ragionevoli che portassero a Gesù Cristo. Queste strade oggi sono indispensabili giacché l&#39;umanità, agli occhi di Dio, è giunta veramente al capolinea: &lt;&lt; O l’uomo accetta una giustizia che sia fondata sull’amore, oppure sarà sterminato senza pietà .&gt;&gt; Io, Amodeo, sono stato l’unico che ho messo l’intera mia vita a servizio delle intenzioni del Papa, per salvare l’esistenza sulla Terra e farne un Paradiso Terrestre, mentre la Chiesa, ribelle alle intenzioni di sua Santità, si è posta come un vero Pubblico Ministero anziché come quell’Avvocato promesso dal Santo Padre. E così Dio stesso ha preso le difese mie, quale del suo ultimo e definitivo Messia. L’abbattimento delle Torri Gemelle, la Guerra dell’Iraq e la SARS sono veri “Castighi di Dio”, promossi dal Signore in difesa della salvezza dalla distruzione del mondo, divenuto troppo ribelle e ubriaco, di un potere che non ha.


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Nessuno più, in Sodoma e Gomorra, ha timore di Dio o si rende conto di quanto l’intera esistenza dell’umanità dipenda dalla salvezza portata dall’ultimo e definitivo Messia inviato da Dio: stavolta il rappresentante del Padre. Nessuno sembra accorgersi del supremo pericolo e, come allora, mangia, dorme, ride… Così io so che il Dio degli Eserciti, per farsi capire da un Faraone dal cuore di pietra, a partire dal 16 di maggio prossimo venturo, porterà la SARS direttamente a Cogliate e, immediatamente dopo, a Saronno e in Italia. A Cogliate perché il 13.12.2001 il Coro e il suo Parroco, scacciarono me, non essendosi accorti di come fossi il Messia del Padre. Giudicato innocente, fui cacciato con un “Vai a farti curare!” e un dolore che, per me, fu più che la morte: vidi la mia Chiesa infestata dalle insaziabili cavallette, che, in casa Sua, si erano permesse di scacciare il Suo stesso Santo Spirito e con infamia! Un imperdonabile peccato contro lo Spirito Santo di Dio! Cogliate subirà, a cominciare dalle ore 22,30 del giorno 16 maggio, il terribile “Flagello delle cavallette”: i cittadini, saranno loro che “Dovranno andare a farsi curare”: della SARS. Il giorno 23 maggio Dio colpirà duramente tutti gli abitanti, portando in Paradiso i figli innocenti. Dio gli impedirà di essere vittime di tali assurdi genitori: cristiani che si permettono di estromettere lo Spirito Santo di Dio dalla sua Chiesa, quando da essa scacciano un innocente, figlio di Dio come tutti. Ebbene perderanno i loro figli. La nuova peste colpirà Cogliate, il saronnese e poi l’Italia. Si salverà solo Cassina Ferrara, che pagherà col sacrificio d’una sola famiglia: 8 persone molto amate da me, assunte in Paradiso il 23.5.2003. Cassina sarà salvata dalla Madonna e dal rinnovamento, fatto il 18 maggio p.v., del Voto a lei fatto, quando già intervenne miracolosamente, 5 secoli or sono, salvandola dalla peste di allora. Il giudicato “flagello” sarà tale che il 23 maggio saranno assunte in Paradiso centinaia e centinaia di persone. Apparirà una tale “ecatombe” che saranno abolite perfino le Sante Messe, in tutta la zona (eccetto che nella Chiesa di San Giovanni Battista, di Cassina Ferrara) e la vita per tutti, nella Città destinata da Dio ad essere la nuova Sion, diverrà invivibile. La pestilenza durerà e si spanderà finché la Chiesa non porterà il Santo Padre a Cassina, da me, Messia del Padre, e finché l’Amministrazione civile e la sua Polizia non accetteranno di rendere Giustizia alla mia persona. Dio è ora il Dio degli Eserciti perché io sono davvero il suo ultimo Messia (eterno “povero Cristo”), e chi offende un umile messaggero offende chi l’ha mandato: stavolta il Padre, nel suo Santo Spirito e l’Altissimo non lo accetta, perché la ribellione contro il Suo Spirito è peccato imperdonabile, come già disse il Figlio Gesù. Io so che il Padre deve mandare queste morti (che parrebbero oggi assolutamente ingiustificate), perché si sappia che, come Gesù fu il Messia del Figlio, così ora io,


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Romano Amodeo, sono il Messia del Padre. Per questo è la Chiesa Romana di Gesù! Ha Fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, apparsi infine realmente nei due Messia, uno di natura divina (Gesù) ed uno umana (Romano), che poi, come rivelò Gesù, “sono una cosa sola” una Comunione sacramentale. Si potrà essere certi che in me sia presente il Padre da questo: il Padre è l’unico che conosce la data della morte, ed io so che in Cassina Ferrara, il 23.5.2003 il Padre immolerà l’innocente famiglia Legnani (6 adulti e 2 immacolati bambini, da cui ci si separerà con vero strazio), e so che, nella stessa data, morrà il Parroco di Cogliate. So che andranno in Paradiso, anticipando un castigo identico (il Paradiso) che il 25.5.2004 toccherà al Papa e al mio Spirito, mentre il 9.6.2004 (dopo 15 giorni di completa paralisi) spetterà al mio corpo, che risorgerà in Spirito Santo nel Cardinale Tettamanzi, eletto il giorno 11.6.2004 come Papa Giovanni Paolo III. Io, Romano Amodeo, il 18 maggio chiederò con tutta la mia anima alla Madonna che, se possibile, passi da noi questo calice, ma debbo concludere come già fece Gesù: “Sia fatta, o Padre, la tua volontà e non la mia!” Saronno 13 maggio 2003 Il motivo per cui Modè fece protocollare questa lettera fu soprattutto quello di stabilire documenti certi di lettere spedite con annotazione di previsioni fatte prima dell’eventuale loro realizzazione. Era una questione di serietà di assunti, per quanto strana potesse apparire la cosa a chi vi si imbattesse per la prima volta. Per Modè era solo questione di una vera fede nell’intento buono da cui il tutto era animato: non il suo bisogno di vendetta ma quell’essere dentro ad eventi insormontabili, ai quali però egli avrebbe seguitato ad opporre le sue preghiere, a costo che la loro accoglienza facessero apparire contraddette le stesse previsioni. A Modè non importava di essere contraddetto o meno, quanto di assumere ufficialmente il senso di quanto accadeva in modo da lasciarne una traccia sicura e scritta. Dio poi avrebbe fatto assumere a lui l’immagine che meglio fosse corrispondente ai gesti ed egli aveva somma fiducia nella bontà di questa divine assunzioni, qualunque esse fossero. Per questo anche Modè finiva le sue preghiere come Gesù: “Sia fatta però la tua volontà e non la mia!” nella convinzione che – come ha provocato qualcuno “Dio quando vuol punire qualcuno ne accetta le sue preghiere…” Nel momento di prendere il Pullman per Cogliate chiese al bigliettaio se avevano un biglietto da dargli sul mezzo. Di fronte al rifiuto, un gentilissimo ragazzo di Cogliate volle dargli il suo e non accettò di essere pagato. A Modè parve come un angelo e, durante il viaggio, gli spiegò cosa andava a fare in quel comune e come – se voleva aiutare la sua gente di Cogliate – la domenica successiva dovesse aggregarsi ai fedeli che partivano alle 5 di mattino per un pellegrinaggio alla Madonna. Gli disse come forse Dio aveva messo nelle


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sue giovane mani la sorte dei suoi concittadini e si raccomandò che, se poteva, partecipasse, chiedendo che Cogliate non fosse aggredita dalla Sars. Depositata la lettera in Comune, mentre aspettava l’autobus per rientrare, si fermò a mangiare due panini al Bar di fronte alla Chiesa e spiegò alla gentile barista che se per caso sabato ci fossero stati casi di Sars a Cogliate, avrebbero dovuto aggregarsi ai fedeli di Cassina Ferrara. Il suo tono non era intimidatorio ma cercava veramente di mettere a disposizione di quella gente la possibilità di giovarsi ancora dell’intervento straordinario protettivo della Madonna dalla peste, operante dal lontano 1575. Lo scopo di Modè era dunque quello di sollecitare la preghiera di tutti alla Madonna. Ebbe modo di riferirlo anche a Monsignor Centemeri, che incontrò per caso (?) in una vietta di Saronno. Così l’avvertì di persona, riferendogli di avere brutti presentimenti. “Quando dovrebbe accadere tutto questo?” gli chiese Monsignore. “Nella settimana dal 16 al 23 maggio. Monsignore, il 18 faccia aggregare anche Saronno a Cassina Ferrara! Che si preghi assieme la Madonna!” “Alle 5 di mattina? Troppo presto!” La sera di quel mercoledì Modè si recò alle prove del Coro della Prepositurale e apprese che l’indomani si celebrava il funerale per la morte del Papà di Maurizio Seveso (il suo organista). Così si accorse di come, mentre suo cugino Gigi Flocco vendeva la sua casa egli stesse a quel funerale riguardante un familiare di un corista e si rafforzò nell’idea dei segni abbondanti che aveva e riguardavano le persone dei cori. Prese l’appuntamento con il Maestro Monticelli e sarebbe andato con loro due, marito e moglie a Caronno, ove abitava la famiglia di Maurizio. La mattina di mercoledì 15 Modè si era recato al Mercatino dell’Usato, ove avrebbe potuto vendere alcuni oggetti invece di buttarli via o regalarli. Era presto e nell’attesa delle 10, orario di apertura, si era recato alla Chiesa della sacra Famiglia, in zona Prealpi. Mentre era lì che solo soletto pregava, ricevette una telefonata da suo cugino, che l’avvertiva dell’imminente rogito a favore di Caputo. Avendo nell’animo avvisaglie di morte, Modè chiese a Dio un messaggio: la risposta sarebbe stata nella pagina in alto a sinistra, del libro dei canti, e l&#39;aprì. Vi lesse “Saranno sterminati tutti per le loro colpe” e si disse “Buonanotte!” Poi si alzò e si recò a guardare il grosso crocefisso sulla destra dell’altare. “Gesù, a te ne è capitata una bella, ma – ti assicuro – anche quella toccata a me di certo non scherza!” Fu a quel punto che si accorse che l’immagine del Cristo in croce gli era familiare, assomigliava moltissimo a qualcuno, ma a chi? E vi riconobbe, all’improvviso, proprio il Caputo.


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“Buonanotte! – esclamò tra sé e sé – se prima il mio padrone di casa figurato era il Centemeri, sosia di mio cugino Gigi, adesso è addirittura Gesù in Croce! Lo stesso nome Caputo mi dice che ‘Caput ho’ adesso direttamente Dio e non più la sua Chiesa… Ma per forza: Dio sta per dichiarare guerra alla sua stessa Chiesa e vuol togliermi via dalla sua apparente giurisdizione!” Inoltre “Caputo” poteva significare anche “Capùt, ho”, ossia una morte diffusa nell’atteso avvenire. Allora tornò in Chiesa e fotografò l’immagine del Cristo in Croce, per fotografare poi anche quella del Caputo e mostrare a tutti la somiglianza, ma anche Caputo, come già Gigi Flocco, si rifiutò di farsi fotografare per mostrare la somiglianza. Modè si dispiacque, ma se accadeva così era di certo meglio così! Come al solito aveva un grandissimo rispetto per quanto mandatogli dalla Provvidenza, tanto da non accogliere mai nemmeno un male come un vero male, anche se poi vi andava contro, nel suo desiderio di evitarlo. Il pomeriggio di giovedì 15 i Monticelli si recarono a prenderlo a casa, in quanto erano dovuti partire prima, dovendo portare a Caronno anche Monsignore. Così Modè ebbe modo di riferire queste stranezze delle somiglianze al Centemeri riferendogli che era come se Dio l’avesse voluto togliere dalla casa della Chiesa per assumerlo direttamente nella sua della Croce. Il padre di Seveso, il morto di cui il funerale, si chiamava Franco, per cui, mentre avveniva il funerale per Franco Seveso, Modè si affrancava dalla Chiesa Cattolica ed era come assunto direttamente alle dipendenze della casa di Dio. Tornato a casa trovò immediatamente l’apertura delle ostilità: andarono da lui i Carabinieri e gli intimarono che l’indomani sarebbe dovuto recarsi al Comando di Solaro, per un colloquio. Si chiese che cosa volessero a Solaro e capì che doveva esserci di mezzo Cogliate, appartenente allo stesso distretto. La mattina dopo, 16 maggio, Modè si recò da loro e spiegò al Comandante qual fosse il senso, tutto religioso, di quel messaggio, e lasciò loro alcuni libri, a testimonianza dei fatti inerenti il supposto “Castigo di Dio”. Il Sindaco del Comune di Cogliate si era allarmato ed aveva scambiato la profezia per una minaccia, da cui l’insensata denuncia ai Carabinieri. Il Comandante dei Carabinieri, saputo come la “minacciata” Sars era solo frutto di una premonizione, di una profezia, congedò Modé molto gentilmente e non gli intimò niente, non lo diffidò a non andare a Cogliate, come poi toccò a Modè di leggere sul Notiziario, in cui un Sindaco incapace di leggere l’italiano aveva attribuito toni minacciosi a quanto Modé aveva comunicato intendendolo addirittura essere un vero dovere, avendone avuta la netta premonizione.


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E in verità fu quel che accadde Vennero le 22 e 30 del venerdì 16 maggio e la Sars non fece capolino a Cogliate, né a Saronno, né in Italia. Del resto questa malattia sarebbe stata prematura, per il 16, in quanto, a conti fatti, solo 555 giorni dopo il 13 novembre (e non dopo il 6) egli avrebbe dovuto assistere al boomerang relativo a quel “Ma vai a farti curare!” dettogli stizzosamente da Don Carlo solo il 13. Quel 16, infatti, corrispondeva al tentativo, fatto dagli amici del Coro, di estrometterlo, per quei 5 punti di vista differenti con i quali avevano inavvertitamente mosso guerra allo Spirito Santo di Dio, abdicando allo spirito di accoglienza, amore e perdono voluti dal Cristo per i suoi fedeli. E infatti, a quell’ora e quella sera, in 5 posti diversi di Casablanca (simbolo della casa immacolata di Dio) i terroristi omicidi e suicidi avevano puntualmente mosso guerra all’umanità indifesa. Venne infine il 18, giorno del pellegrinaggio alla madonna dei Miracoli; alle 5 e un quarto del mattino partì la processione, che attraversò da Cassina Ferrara tutta Saronno e si recò al Santuario. Qui ci fu una sorpresa: mancavano sia il maestro sia l’organista. Il Maestro era caduto dalle scale, nella notte precedente la processione. La cosa veramente insolita fu che anche la cantoria di Manera, presente quella mattina al santuario, subito dopo a quella di Cassina Ferrara, era senza maestro, caduto egli stesso in identiche circostanze. Il maestro Giannino aveva riso quando, la settimana prima, Modè gli aveva detto di temere per la caduta della Maestra ed era caduto lui, assieme al suo collega di Manera! Quante stranissime circostanze in questa storia di Modè! Modè vide quello come un ulteriore segno che alludeva alla caduta della Maestra il giorno 23 e si mise a pregare intensamente affinché nulla di quanto da lui temuto accadesse a danno dei suoi amici. Che di conseguenza ne passasse come un visionario non gli importava minimamente: aveva le spalle ormai larghe a tutti i risolini e gli sfottò di amici e nemici ed uno (o molti anche) in più non avrebbe alterato granché le cose.


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Nella fase del ritorno dal Santuario, giacché il corteo era troppo lungo e le persone in mezzo chiacchieravano, la voce di Don Luigi, collocato in fondo alla colonna, nonostante l’amplificatore, non arrivava sino alla cima, sì che quanti avrebbero risposto alle preghiere del Rosario (quelli vicini a chi portava la croce), non sapevano cosa rispondere. Così si pose davanti al sacerdote e rispondeva con una voce ben più potente di quella amplificata di lui. Modè ebbe così la netta sensazione di prendersi personalmente carico di quella gente e pregò con cuore, in nome di tutti loro, ad ogni Ave Maria, affinché Dio risparmiasse l’Italia dalla Sars della cui imminenza egli aveva avuto ben più che un indizio! La stessa liturgia della messa di quella domenica aveva parlato del Castigo di Dio, annunciato da Gesù che si dichiarò essere la Vite e che chiunque si fosse staccato sarebbe rinsecchito e stato tagliato via senza pietà, per il bene della pianta. Proprio a causa di quel vangelo Modè pregò a gran voce, a nome di tutti, la Madonna, recitando quel Rosario seguito alla messa e sfilando per le vie dell’Italia e di quel Saronnese che già nel 1557 la Madonna aveva salvato dalla Peste. Si era rinnovato il Voto e la Madonna doveva rinnovare la sua assistenza all’Italia, per la tanta fede di quella gente in corteo. La salvezza sarebbe venuta ora solo da Cassina Ferrara e la gente aveva avuto la sua mortificazione, con la caduta del suo maestro: dunque che nessun altro cadesse! Vigilasse Maria, sulla sua omonima Maria e Teresa, così innamorata del Bambino Gesù! E quando, giunti in prossimità di San Giovanni Battista, in Via Larga, cominciarono a suonare a festa le Campane, gli parve un buon auspicio: che le preghiere fossero state ascoltate. Così, entrato in Chiesa e recatosi davanti all’altare della Madonna, Modè le cantò un’ultima Ave Maria, piena di immensa gratitudine e che gli sgorgò così apertamente dal cuore che poi ne ebbe lode da alcuni che l’avevano udita. Alle 11 e 30 Modè cantò nuovamente a San Francesco, nel coro del Monticelli e insistette nelle sue preghiere per amici e quanti si ponevano come suoi nemici. Sapeva che ce ne erano: molta gente aveva cominciato a deriderlo per le sue arie profetiche. Ma egli aveva ricevuto tutto a quel modo: verità scientifiche facilmente riscontrabili ed altre, profetiche, che sarebbero state verificate solo dopo, dai fatti. Perché avrebbe dovuto tacere queste seconde? Chi era lui per permettersi di far l’arbitro tra quanto fosse giusto e non giusto da dire? Egli annunciava i terribili guai e avvertiva che avrebbe pregato per evitarli. Ma, ascoltato nella preghiera, avrebbe fatto solo la figura dello sbruffone, che annuncia cose che poi non si realizzano. Perché allora essere così contraddittorio? Ma semplicemente perché gli veniva di fare così e così faceva, senza nessuna esigenza di autocontrollo che potesse gettare una luce personale su quanto


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egli faceva. Modè desiderava essere come aveva detto Madre Teresa di Calcutta: una matita nelle mani di Dio e scriveva sotto dettatura di catastrofi e delle sue preghiere contrarie ad esse, poi si sarebbe visto quale sarebbe stato il disegno di Dio, anche a riguardo suo! Il 18 stesso scrisse ai carabinieri di Solaro e, per conoscenza, a molti altri, la lettera che segue. Il motivo? Sempre lo stesso: doveva lasciare date certe. Al Comandante dei carabinieri di Solaro e, per conoscenza: al Sindaco di Cogliate all’Arcivescovo Tettamanzi e a Il Notiziario Comandante, sono stato convocato da Lei il 15 u.s. e le ho spiegato come io mi senta un messaggero dello Spirito Santo e dotato di capacità profetica. Ho messo i miei doni a servizio di chi, nel pericolo di una morte, possa essere in grazia di Dio. Il Vangelo di ieri ha descritto la situazione: Gesù è la vite e noi siamo i tralci. Se essi perdono contatto con il tronco, saranno recisi. Se io sono giudicato far minacce…, vedete? Le farebbe il Vangelo! Il fatto è che il 6.12.2001 e poi il 13 successivo, la Cantoria di Cogliete ed il suo Parroco si misero proprio in queste condizioni: alimentate dal Cristo dell’Amore e del Perdono si permisero di scacciare dal coro me, pur giudicato innocente, solo perché agivo nel mio lavoro di giornalista secondo uno stretto senso della giustizia. Coro e Sacerdote divennero da sé tralci che sarebbero stati recisi, in forza del Vangelo, quando non perdonarono sostenendo che non c’era niente da perdonare e scacciarono chi non voleva essere estromesso da una struttura del Volontariato della Chiesa a cui aveva dato l’anima. Un peccato MOSTRUOSO contro lo Spirito Santo di Dio. Ciò premesso, vediamo ora in che modo anche stavolta le mie profezie abbiano colto nel segno. Per la grave offesa delle persone del Coro di Cogliate, fatte a me il 6.12.2001, alle ore 22,30, io avevo sentito puzza di Sars, ma è accaduto che a quell’ora esatta in 5 luoghi diversi a Casablanca si è rifatto vivo il terrorismo di Bin Laden, dei fedeli omicidi (quando danno ad una persona un dolore peggiore della morte, perché incute anche il terrore) e suicidi (come quando si tratta di Cristiani che scelgono i valori di Satana, della vendetta, anziché quelli di Gesù, dell’accoglienza, dell’amore e del perdono). Una Chiesa che SCACCIA invece di ACCOGLIERE è mostruosa! Fortunatamente le ho lasciato dei libri, scritti da me. E allora apra, per favore, il volume “Ortonovo degli ulivi”, alla pagina 612. La accludo, anche a notizia di chi non abbia il libro. Vede come è scritto che il 20.12.2001 io denunciai ai Carabinieri quanto accaduto quella sera? Vede quei 5 punti diversi (evidenziati dai 5 bollini neri) giudicati da me come atti su cui andassero poste serie domande? Ho riferito anche delle accuse fatte a me e chiesi punizioni, anche per me… ponendo solo domande. Ebbene Dio, a causa del peccato


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loro, ha punito gli innocenti di Casablanca! Ma anche qui bisogna intendersi. La vita non è quella cosa che veramente appartenga all’anima: è una storia virtuale e quando Dio manda la terribile morte, di fatto manda in Paradiso l’anima. Quindi i Cogliatesi di cui ho descritto, ne vadano fieri: hanno spedito in Paradiso molta gente del Marocco… Sono stato o no buon profeta a presagire per quell’ora un grave danno provocato dalla fede omicida e suicida, per quelle 5 differenti condizioni evidenziate dai bollini ? Tale io giudico la “fede” del Coro di Cogliate e del suo Prete, in relazioni a quei fatti descritti: uccisero lo Spirito Santo di Gesù, e non è poco, ma è la cosa più spregevole ed autolesionista che possa essere compiuta da un Cristiano. Questo evento doveva accadere il 16 alle 23:30 perché collocato 675 giorni dopo il 6.12.2001 (in verità poi erano 555, N.D.R.… lo stesso intervallo di tempo tra il giorno 11.9.2001 del crollo delle torri gemelle ad opera di terroristi della fede e la guerra dell’Iraq, seguita il 20.3.2003). Ebbene esattamente 675 giorni dopo il misfatto contro di me (che in verità erano 555 N.D.R.), alla stessa ora, ecco nuovamente all’opera gli stessi terroristi della fede, come un vero “Castigo di Dio”, a danno di veri innocenti! Ora deve sapere che io mi aspetto che il giorno 23.5.2003 cadano tra gli altri la signorina Maria Teresa Legnani e il Parroco di Cogliate, e, sia chiaro: per un castigo voluto non da me, ma da Dio. Io ieri ho pregato per loro, alla processione alla Madonna, ho proposto in cambio la mia alla loro caduta…, ma sa che cosa è successo? Che il maestro del Coro è caduto dalle scale e non ha potuto presenziare alla processione. Al Santuario, a chiedere pietà alla Madonna, un’ora dopo c’era anche il paese di Manera, ebbene anche il maestro di Manera era in mattinata caduto dalla scale e non ha potuto presenziare. Mancava a noi anche l’organista (che fosse caduto egli pure dalle scale?). Sono purtroppo segni che si aggiungono ai segni. E allora io sollecito il vostro intervento. Prendetevi tutta la possibile cura intanto delle due sunnominate persone. Don Carlo è stato già avvertito, da me. La saronnese no, perché assolutamente non mi crede e potrebbe essere indotta ad atti inconsulti proprio da me, se sapesse quanto io temo che Dio abbia in programma per lei. Io le voglio bene e darei la mia vita per lei, veramente, ma Dio deve dare delle lezioni e non ascolta le mie deboli ragioni, sapendole meno utili di quelle messe in atto da Lui. Comunque, se anche stavolta, per farli pentire, il Castigo ricadrà su altri… che dire? Meglio così? Io so che Dio sta cercando di far conoscere quanto bene verrà all’uomo e a tutto il mondo dal considerare quanto trasmesso a me e da me inutilmente segnalato in un Convegno indetto apposta il 24.10.1999 e disertato dalla Chiesa: la conoscenza scientifica di quanto accadrà all’uomo dopo la morte, sogno impossibile di tutti i santi e dono di conoscenza fatto a me, affinché lo trasmettessi. Era l’argomento più importante di sempre… Il Papa lo aveva chiesto, con l’Enciclica “Fides et ratio” del 1998 e mi aveva dato due benedizioni apostoliche, ma tutta, tutta la Chiesa si staccò dalla sua “vite”, che prometteva avvocatura e si pose come Pubblico Accusatore. Pertanto questa Avvocatura ora è fatta dallo stesso Dio, in quanto il Papa è talora infallibile e se la promette e la Chiesa non la fa,


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allora ci pensa Dio! Per imporre la sua volontà ad una tale maggioranza di omicidi e suicidi, sta mandando a duro monito tutto quanto sta accadendo di allucinante nel mondo, a partire dall’abbattimento delle due Torri (ma erano la Fides et ratio, le due torri abbattute, proprio da questa Chiesa disobbediente al Papa, che uccide l’incontro uomo-Dio e si uccide, perché quella era la salvezza). Io, in questa storia di meriti e demeriti, non merito assolutamente nulla. Io sono convinto che tutti noi siamo interamente mossi da Dio e non dalla nostra capacità di azione. Per cui a Dio va addebitato perfino ogni pensiero, ogni gesto, ed Egli dunque non si sta mettendo in mezzo apposta per me, in quanto è stato sempre in mezzo. Sbaglia l’uomo quando toglie lui Dio di mezzo e crede di potere punire impunemente il misero che non conta nulla nei confronti della massa! Io sono veramente lieto che questa questione sia passata all’accertamento dei Carabinieri… Almeno stavolta non rimprovereranno Dio di aver rimandato un Messia in epoca incerta. Io sto facendo registrare ogni cosa ai protocolli comunali proprio affinché stavolta non ci siano dubbi sul fatto che il profetare attribuito da Dio alla mia persona sia una questione “storica” oppure no… se di idiozia o di profezia lo diranno gli eventi e vedrete che eventi! Tutti quelli che non credono mi daranno dell’imbecille e del mentecatto ma io credo nella verità e nella bontà di quanto mi sia accaduto: ho veramente un tesoro di conoscenza da rivelare e sono certo che Dio lo farà assumere, quando vorrà, perché Egli solo guida la nostra musica, come ci ha indicato proprio questa mattina in cui ha fatto cadere dalle scale sia il maestro del Coro della Cassina, sia quello del coro di Manera, a conferma di quella caduta della Maestra, che ha in previsione per il 23, se non riuscirò a proporre me, con le mie preghiere, al posto suo. Io non desidero che lei muoia: è un’ottima persona e meriterebbe gioia e lunga vita. Io sto offrendo in cambio, a Dio, la mia, la mia vita, ma Egli farà per noi tutti solo il meglio e probabilmente non gli sto chiedendo il meglio. Ne riparleremo il 24 e conosceremo gli eventi. Io non sono in linea diretta con Dio, ho solo l’intelligenza aperta verso il suo Spirito, e Dio stesso vuol mettere le cose a mio riguardo come se fossi io chi ci riesca con le mie sole forze, per cui mi fa compiere anche errori, affinché sembri che sotto ci sia un uomo e non Dio. Spero ardentemente che la Sars, il castigo relativo a Saronno (questo sì, perché questa città ha nascosto al Papa gli eventi e si è macchiata di pesanti colpe, perfino con i gesti della sua Polizia, che ho denunciata ai Carabinieri!) sia un castigo che seguiti ad essere pagato altrove… Ma è poi giusto? È giusto! Dio premiò Abramo per avere acconsentito a sacrificargli il figlio Isacco! È Dio e non l’uomo chi stabilisce cosa sia o no giusto, tanto che poi uccise per tutti il suo stesso figlio Gesù… lo uccise per il bene di tutti… ma per il Coro di Cogliate e il suo Parroco sembra invano!!! Saronno, 18.5.2003 Perché scrisse ai Carabinieri?


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Ma perché da loro l’avevano mandato a Cogliate. Il 19 ci fu la notizia di una scossa forte di terremoto, avvertito anche in Italia. Modè la ricevette alle 7 di mattina e notò la stranezza delle cifre annunciate: 538 morti e 4.700 feriti. Come facevano ad essere così precisi? Ma se Dio si comportava con lui come gli autori con l’interprete del “The Truman Show” quello era un segnale preciso per lui, il solo destinatario che avrebbe tentato di decodificare un possibile messaggio in base a quei numeri così particolari… Infatti in 537 il numero 5 riandava ai 5 luoghi diversi già visti a Casablanca e il 38 rimandava alla sua data di nascita, mentre il 47 è notoriamente il “morto che parla” della cabala e il 00 è il solito “centuplo quaggiù” sempre messo in crisi dagli eventi. Così scrisse questa lettera e la inviò per posta prioritaria: Al Comandante dei carabinieri di Solaro e, per conoscenza: al Sindaco di Cogliate, all’Arcivescovo Tettamanzi e agli organi di comunicazione Comandante, sono lieto che la Benemerita sia stata incaricata di controllare quanto attenga ai miei comportamenti. Lieto che sia toccato alla sua persona, che mi è apparsa all’altezza del compito. Veda, succede che oggi è tanto diffusa l’idea che Dio non c’entri assolutamente in tutto quanto avviene che Lei avrà il compito di dimostrare quanto invece c’entri e, accertato quanto riguardi me, non si tenga tutto per se stesso, come ha invece fatto la Fede. La Fede, spinta dal Santo Padre a dare risalto all’opera di chi avesse intentato altre vie che portassero al Cristo, ha invece tentato in tutti i modi di far passare sotto silenzio quanto Dio stesso volle che accadesse il 24.10.1999 a Saronno. Una cosa assolutamente stupenda e senza precedenti: lo Spirito Santo di Dio, presente in me (benedetto apostolicamente due volte dal Papa e che da 38 giorni digiunavo per la fede e mi alimentavo solo della Comunione col Cristo), rivelò all’uomo quei misteri da sempre creduti senza risposta, in relazione alle domande “Chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo? Dio come opera? L’altro mondo dov’è? Come ci si va? Che dobbiamo attenderci (su base scientifica) di osservare e vivere, superato il punto limite della vita in avanti?” Io fui costretto ad un digiuno di 57 giorni e la Fede (contraria al Papa) praticamente mi condannò a morte. A Cogliate fui personalmente mortificato, dalla Chiesa, addirittura oltre le morte, perché mi vollero dare un dolore che per me fu più di quello che avrei provato se mi avessero ucciso. Tutti costoro credono che Dio non difenda i deboli e gli oppressi, specie quando sono stati investiti di grandi compiti da Dio. Si, perché io sono l’unico e solo che può


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salvare oggi il mondo intero, con le Verità consegnate a me e che io debbo portare assolutamente a conoscenza del Papa. Il Crollo delle 2 torri gemelle (la Fides et ratio) accadde per mano d’una fede omicida e suicida, e toccò agli americani…, ma i veri responsabili furono i sepolcri imbiancati della religione cattolica romana. Fu un castigo di Dio dato nel solo modo comprensibile all’uomo: come se non lo avesse fatto Dio, ma uomini animati dallo stesso bisogno, quello di una fede costretta a spasimare e che allarmasse tutti abbattendo i simboli del potere civile dell’uomo: le due Torri di New York… e poi la guerra! Ebbene in quella settimana che io temevo, cominciata venerdì scorso e che culmina con domani, lei ha visto nel mondo una escalation di castighi di Dio, cominciati a Casablanca (simbolo della Chiesa immacolata di Dio) da quella stessa fede traviata. L’ultimo è stato dato con questa notizia: “Terremoto in Algeria: 538 morti, 4700 feriti”. Come mai, a poche ore dal terremoto, un numero così dettagliato di morti e di feriti? È stato un segno dato a me da Dio. Quei 5 luoghi diversi degli attentati di Casablanca, eccoli di nuovo e sono ora 5 che riguardano me nato nel 38, e riferiti ad un 47 (“morto che parla”) riferito al 100 che è “il centuplo quaggiù” promesso da Gesù, per i patimenti della vita. Questo dettaglio è stato dato così a me, affinché io lo segnali ad un’Arma che ha il compito di cercare i Veri colpevoli. Arrivo a temere che domani 23, alle 21 esatte, ci sarà un terribile terremoto nel Saronnese, con epicentro a Cogliate. Alle ore 21 in quanto fu a quell’ora esatta che Don Carlo scacciò Dio dalla Chiesa, dicendomi ironico e sprezzante: “Vai a farti curare! Ma vai a farti curare!” Se tutto questo si avvererà in questi termini, Lei, comandante, non abbia dubbi e si batta affinché il Papa mi riceva. Solo da questo dipende il fatto che Dio elimini la tensione attuale volutamente imposta nel mondo, per recidere i tralci non in linea con la “vite”, che oggi è il Papa. Dio è passato a potare la sua vigna di tutti coloro che, tenuti ad ascoltarlo, si sono staccati dalla linfa vitale del Vicario di Cristo e il giorno 23, domani, saranno recisi, come ha fatto sapere nell’ultima domenica 18.5.2003, nelle Sacre Scritture della liturgia. A questo punto presumo che questa “potatura” effettuata da Dio avverrà in forza di un tremendo terremoto, che provocherà un’ecatombe che ci sarà esattamente alle ore 21 per dimostrarlo come una evidente conseguenza di quel gesto compiuto a quell’ora da Don Carlo contro Dio, scacciando il messia del Padre, il solo che conosce il quando relativo alla morte. Dott. Arch. Romano Amodeo P.S.: è duro in questo mondo senza fede, il ruolo del Salvatore. Tutti sono capaci di andar dietro ad un Cristo di legno, idolo delle umane speranze. Ma quando Dio ne manda uno vivo, anche se ha tutta la vita come una sola testimonianza di bene, è solamente deriso, umiliato ed infine messo a morte. L’uomo non riconosce il Valore di Dio, quando è veramente presente in quei veri ultimi che sono i primi.


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Sabato 17 era iniziato lo sgombero della stalla, aiutato da suo cugino. Domenica, finita la messa, era stato prelevato da sua nipote Liliana Flocco, aveva mangiata a casa dei suoi genitori Barbara e Gigi, a Caronno e poi, aiutato da loro, aveva proseguito lo sgombero. Lunedì e martedì Modè aveva finito di svuotare la stalla, mettendo tutto davanti al locale, materiale da avviare alla discarica e da cedere alla parrocchia come ferro. Selezionò sacchi di indumenti per i poveri e ne riempì il locale in cui viveva, dimezzando il volume residuo. Mercoledì Aldo Caputo fornì il suo camion e, carico, si procedette, grazie alla bontà di Paolino Reina, al trasferimento alla discarica comunale di Saronno. Era alle prese con questa faccende quando Mina Carugati gli parlò e Modè le raccontò che cosa temeva ora in arrivo: il terremoto, come se Dio, frenato dalla Madonna in quanto alla Sars, avesse ora bandito quell’arma per il suo Castigo. Sarebbe successo alle 21 o alle 22, considerata l’ora legale vigente a maggio e non a novembre. Modè raccontò alla vicina come temesse il crollo di una casa in via Trento al numero 2, la casa dell’ex maestra di canto della Chiesa. “Perché ce l’ha con lei? Poveretta! Sapesse come era conciata, ani fa!” “Ma io non ce l’ho con nessuno! Perché dite così? Non sono certo io che faccio le cose? Senta, Mina, mi ascolti bene e se lo tenga in mente, ora e per sempre: &lt;&lt;Signore, per quanto è vero Dio! Fa che non muoia proprio nessuno e se proprio qualcuno devi prendere, prendi me! Fai morire me! &gt;&gt; “Oh perché vuole morire, signor Romano?” “Non voglio morire, ma se dovessi morire solo io per salvare tutti, io chiedo che Dio lo faccia! Per quanto è vero Dio! Prenda me!” Intanto le notizie dal mondo erano di un allarme ritornato altissimo, contro la Sars, contro il terrorismo, contro il Terremoto. Era iniziata una settimana veramente di fuoco e il suo momento peggiore sarebbe stato alle 21 o alle 22 del giorno 23, in corrispondenza a quando Don Carlo si era permesso di mandare a farsi curare lo Spirito che si era abbattuto talmente per essere stato estromesso dal coro della sua Chiesa… ma che spirito scemo! Modè avvertì del terremoto paventato chiunque poté. Tutti – lo vedeva – accoglievano la sua profezia con un sorrisetto, malcelato, di scherno. “Voi fate come volete, ma io dalle 21 alle 22 non starò in casa, il giorno 23!” Alla mattina del 23 scrisse questa lettera al Cardinale Tettamanzi:


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Al futuro Papa Giovanni Paolo III Eletto l’11.6.2004 Caro Arcivescovo, quando riceverà questa mia, speditale la mattina del 23, probabilmente la prenderà in considerazione, visto il terremoto disastroso che temo stasera spianerà Cogliate. Il suo amico Don Carlo, animato dalle migliori intenzioni, il 13.11.2001 toccò il suo personale fondo. Sapeva bene che avevo già deciso di lasciarmi morire, a causa dell’ingiusta cacciata dalla Schola Cantorum, e non evitò ne fossi scacciato, anzi – non riuscendoci gli altri – poté farlo egli, grazie alla sua autorità. Nel foglio che le allego è descritta tutta la pietosa vicenda per la quale io credo sia in atto il Castigo di Dio… (Era proprio nel Vangelo di questa domenica che i tralci che si erano staccati dalla linfa della vite costituita dal Cristo sarebbero stati recisi!). Tutte queste persone hanno avuto 2 anni per ravvedersi, ma non l’hanno fatto, seguitando a portar doni all’altare di Dio avendo inimicizia nel cuore per me: chi Dio aveva eletto come l’ultimo e definitivo Messia: un uomo pieno dello Spirito Santo del Padre. Gesù lo disse: “In quanto a quell’ora e a quel luogo, solo il Padre ne sa qualcosa, il figlio no!”. Ebbene Dio ha voluto farLe conoscere come abbia affidato a me la conoscenza dell’ora e della data della morte. Io credo di conoscere come alle 21 di questa sera un terrificante terremoto devasterà Cogliate e il saronnese, facendo un’ecatombe, all’interno della Chiesa. Dio mi ordina di scrivere preannunciando la morte, in quell’ora, di Don Carlo a Cogliate e Monsignor Centemeri a Saronno, oltre a tutta la famiglia Legnani: 8 persone morte in Via Trento 2 per il crollo della casa. La Sars è un Castigo di Dio relativo ai fatti di Saronno ma fatto pagare altrove: la Madonna protegge con il suo Voto del 1575 e la tanta fede esistente nelle persone. Ha ascoltato la mia preghiera. Io sento il dovere di scrivere questo perché sono certo, per motivi scientifici, che la vita umana è la coppia di tanti &lt;io-IO&gt; in cui i primi, i piccoli &lt;io&gt;, appaiono liberi solo in quanto disegnati così dall’&lt;IO&gt; grande, ossia dal Creatore di quella storia. Quando un Dio crea una storia, secondo Lei, i personaggi liberi disegnati da lui possono mai agire di per sé? Esiste una “inerzia”, per la quale un “Pinocchio” riesca ad agire indipendentemente dal volere del suo Dio Collodi? Così io intendo il complesso uomo-Dio. Io mi intendo &lt;perfettamente compreso&gt; nella volontà di Dio. Ma il Signore mi da modo di consentire o dissentire idealmente, tanto che poi, in base agli ideali assunti liberamente, avrò infine il Paradiso che avrò voluto: da amante del bene o del male. Se mi sarò affezionato a porcherie… le avrò, a mia croce e delizia. Pertanto, desiderando soprattutto di avere solo Dio… lo avrò! Dio si dona interamente a chi davvero glielo chiede! Ma chi lo fa se, per volere Dio, deve rinunciare a se stesso? Io non do alcun credito operativo alla mia volontà e da una vita mi sono lasciato assolutamente trasportare dalle “Voci di Dio” che udivo in me e che ho assunto quasi sempre andando “contro ragione”. Non credo alla mia ragione, ma solo a quella di Dio… e per questo, poi, Egli riesce a parlare in me: io non l’imbriglio con le mie paure.


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Ebbene Lei, Cardinale carissimo, avrebbe potuto salvare il Saronnese dal Terremoto, ristabilendo la giustizia, ma le è mancata la fede in quanto le ho detto. Anche questa non è una sua colpa: l’ha voluto Dio che desidera sempre presentare le cose come se fossero gli uomini a farle… Uno scrittore deve estraniarsi da quanto inventa, ma non sarà mai veramente estraneo, ma la sola ed unica causa delle tante opportunità diverse, volute da Lui, tra le quali poi ciascuno potrà scegliere e distinguere, in Paradiso, “chi voler essere, tra tutte le possibilità messe in essere da Dio”. Così, finalmente, il pezzo di legno di Pinocchio, sarà libero esattamente come vorrà! In quanto a Lei, Dio le ha fatto fare l’esperienza di questa sua poca fede in me, ultimo Messia, affinché poi ne abbia. Ne avrà tanta che, grazie a me e al potere reale dato al mio personaggio da Dio, il suo personaggio farà trionfare il Cattolicesimo su tutto il mondo. Quando sarà Papa dovrà trasformare le messe in veri banchetti: si toglierà la fame dal mondo mangiando nella Casa di Dio il corpo di Cristo: pastasciutta e bistecche e non quell’inconsistente ostia che – io l’ho provato! – non sorregge la vita del corpo dell’uomo! E non si dovrà credere che l’eliminazione dei resti elimini il corpo di Cristo: il cibo diverrà corpo di Cristo solo nell’attimo in cui darà sostegno e vita a tutti noi, poveri Cristi, senza di lui! Saronno 23.5.2003 Allegata a questa lettera c’era stata la cronistoria della triste esperienza fatta a Cogliate, e che qui accludo, per riepilogo di un difficile momento vissuto.

Tenta veramente di lasciarsi morire un cantore della Schola Cantorum di Cogliate, e chiede un miliardo per i danni... Una bruttissima, lunga, ma molto significativa storia, che non si è risolta in una vera tragedia solo grazie ad un “provvidenziale” ritardo postale. Leggetela! 63 anni, giornalista e cantore in 4 cantorie tra le quali quella di Cogliate, tenta di lasciarsi morire per dimostrare, assurdamente, di non tenere proprio a nulla di suo, neppure alla vita, dato che i suoi amici del coro lo incolpano di agire per fini personali. Testimone il direttore del suo giornale “informa-Zona”, che ha seguito il suo travaglio umano, il cantore è stato infine salvato solo dal “miracolo” (secondo lui) di una lettera

spedita in posta prioritaria il 2 e arrivatagli il 24.10, quando gli serviva, e in cui la donna che egli ama gli scriveva da Pescara “Sono salita sul tuo carro e spero che non mi lascerai mai sola nella strada…”. Egli si chiama Romano Amodeo; nel 1999 fu visto, anche a Cogliate, digiunare 57 giorni per difendere una Enciclica papale che sentiva fortemente “mortificata”. È una persona che ha


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sempre rischiato la sua pelle per i diritti civili e che patisce sempre, sulla sua stessa persona, le ingiustizie e i gesti di disprezzo cui assiste. Forse l’ha scritto nel suo DNA, perché già un suo prozìo, nell’800, non volle più vivere per un gesto di “disprezzo” del suo stesso fratello, e si sparò con l’archibugio. Pazzo? No, forse ipersensibile e tutt’altro che stupido, basta considerare il suo curriculum. Laureato, dal 1971 al 1975 Consigliere eletto all’ Ordine Architetti Milano-PaviaSondrio (dunque Magistrato di 2° grado), nel 1973 addirittura è il più votato tra i 2000 iscritti e sul punto di divenire il più giovane Presidente della storia di questo Ordine, a soli 35 anni. Funzionario pubblico, avendo vinto il concorso al massimo livello dell’Assistenza di Direzione di un Consorzio di 80 Comuni con Milano capo-consorzio (il Cimep). Editore e direttore di un mensile tecnico, imprenditore, innovatore tecnologico nell ’86 per il Ministero dell’Industria, fisico relativista, filosofo, teologo, direttore oggi di una scuola di Epistemologia e giornalista di “informaZona” (l’ultimo settimanale uscito nel saronnese il 5.10). Quest’uomo, dagli ampi riconoscimenti attribuitigli dagli altri e sempre rispettato e stimato da tutti come molto giusto, all’improvviso s’è trovato a scontrarsi con la mentalità paesana della Cantoria Parrocchiale. Dalle culture troppo diverse gli deriva una accusa infamante per lui: essere stato ingiusto. Ha difeso sul giornale la maestra della Schola Cantorum, da una accusa ingiusta che le veniva fatta a Cassina Ferrara, ove lei abita: di essere opportunista e senza parola e lei si è offesa, non essendo stata prima interpellata. I

cantori hanno preso in parola il senso di giustizia di lei e ignorato del tutto il suo, pur provato da tutta una vita: Amodeo negli ultimi 10 anni ha a rinunciato al suo stesso lavoro per accudire sua madre ammalata e bisognosa di tutto. Tutta una vita di un cristianesimo realmente vissuto non è valsa neppure a che gli amici sentissero l’urgenza, quantomeno di ascoltarlo, prima di giudicarlo “colpevole” verso la maestra e tutti loro. La legge civile, pur inferiore a quella di Cristo, non processa il “reo confesso”, se prima egli non è validamente difeso. I coristi, vista così chiaramente contrariata la Maestra, si sono schierati decisamente in massa con lei e, “più realisti del Re”, lo hanno messo “alla berlina”, espulso dal coro, senza chiedergli prima le ragioni del suo gesto. Per loro “non potevano esservi motivi validi”…, ma c’erano. Ecco i fatti e i validi motivi che c’erano. La Maestra del coro ha vinto, all’Ente Morale Regina Margherita di Saronno, un concorso pubblico per un posto di maestra d’Asilo, richiedente una accertata competenza in musica. Lei è diplomata in clarinetto, ma per l’assunzione necessitava vincesse il Concorso Pubblico. La pubblicità obbligatoria per legge è stata fatta regolarmente e, a questo Concorso aperto a tutti, si è presentata solo lei; fatto veramente insolito, perché, per concorsi di questo tipo, pubblicizzati a dovere, accorrono da tutt’Italia molte decine di concorrenti per ogni posto. Il commissario, esperto in musica, voluto nella Commissione da chi ha bandito il Concorso, è stato un Maestro Diplomato come lei in clarinetto e, inoltre, abilitato a dirigere una Banda musicale. È corretto? La normativa dei Pubblici Concorsi configura un diplomato in


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queste condizioni come possibile commissario di esame, o non occorre essere inseriti in appositi “albi” di esperti abilitati? Tralasciamo questa questione, che intanto mette molti dubbi nella testa della persone disinformate. Esse sano però che questo Commissario abita a 200 metri dall’unica candidata, fu il maestro di lei tredicenne ed è ormai da anni suo collega in manifestazioni pubbliche. La gente tira le somme e pensa inevitabilmente che sotto ci sia un chiaro proposito di favorire una persona, a danno di tutte le altre che si fossero presentate. Si chiede inevitabilmente “come mai questa particolare predilezione?” e arriva a credere che sia perché si desideri che, in cambio, lei riapra la Cantoria di Cassina Ferrara, chiusa da gennaio. La maestra, in verità, non ha chiesto favori a nessuno. Ha partecipato a un concorso e l’ha vinto, stop! Cosa ne pensi la gente non la riguarda. Che la Comunità locale cominci a sperare (umanamente errando…, ma “sperare” non è colpa) che, per una “gratitudine” da esigere per favori “mai richiesti”, riapra la Cantoria, è irrilevante. Preso posto all’Asilo, il Sacerdote le chiese se fosse disposta a riaprire la cantoria e lei gli rispose “Non posso, non ne ho il tempo”. A Cassina Ferrara si cominciò ingiustamente a parlar male di lei, giudicata a torto “furba e opportunista”, a torto perché non c’era sotto l’accordo “ti do questo e in cambio tu mi dai quest’altro”. Allora Amodeo, perché questo errore fosse sradicato dalla testa della gente, scrisse l’articolo “scatole cinesi contro l’autonomia” (vedi pag. 3). In esso rivelò che la Maestra aveva vinto il Concorso Pubblico (e citò il suo nome) e scrisse che

nessuno poteva violare la sua autonomia di giudizio. Ma nemmeno sperare di avere quanto lei “neppure poteva dare”: già nel giugno 2000 lei aveva dovuto scegliere, spinta dal suo senso del dovere, tra le due cantorie di cui era Maestra. Aveva dovuto optare per quella che l’aveva assunta a tempo pieno. A Natale, Epifania e Pasqua aveva fin troppo posposto questo suo incarico professionale, per dirigere nella sua Parrocchia, e lo aveva fatto – precisa Amodeo – solo “per il puro suo buon cuore”, e finché non era riuscita finalmente a trovare degni sostituti. Sulla pagina di Cogliate il cantore-giornalista scrisse un secondo articolo, usando il tono simpaticamente allegro e gioviale che davvero esiste in quella Cantoria: “Torna a casa Lassie?” (vedi pag. 4), un pezzo brillante, scherzoso, pieno di evviva per la maestra che compiva gli anni e che bisognava aiutare. Allacciandosi ad una intervista da lei rilasciata su Emmaus e nella quale compariva una foto di uno spettacolo pubblico, Amodeo ne pubblicò altre due, aggiungendo un disegno della maestra, fatto di sua mano e apparso in una mostra all’oratorio di Cassina, nel 1998. Agganciandosi all’auto presentazione fatta da lei su Emmaus, egli diede ulteriori spiegazioni: illustrò come la gente della Cassina “pretendesse” da lei quanto lei non poteva neppure dare, non potendo umanamente tenere i piedi in due scarpe. Allora il cantore, per farle un vero dono di compleanno, pregava Don Carlo, a nome di tutti i cantori di Cassina, che si mettesse in contatto con il collega di Saronno e vedessero assieme se fosse possibile una condivisione “di tanto amato bene” (tono scherzoso), che consentisse alla Maestra (ammesso che lei lo volesse) “anche” di accontentare la sua


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gente. Il cantore chiedeva espressamente l’intervento del Sacerdote “come segno di riconoscenza” per quello che egli, abitante e cantore della Corale di Cassina, aveva fatto cantando per 3 anni “anche” per la Cantoria di un paese non suo. Chi legge a pag. 4 quest’articolo vede con che simpatia tutto è stato redatto, al solo fine di accrescere le concerete possibilità della maestra di esercitare in due luoghi, ammesso che lo volesse. Orbene, la “riconoscenza” concessa in cambio, al cantore-giornalista è stata quella… d’essere “scacciato” dal coro. La colpa? Questi soli due articoli citati, che manifestamente aiutavano la maestra, mostrandola in pubblico come una persona bella, amata, desiderata come Maestra e rispettosissima degli impegni presi… Elogi… ma che lei non gradiva! Non aveva affatto gradito tutto ciò! Il motivo? Questioni personali che poi vedremo venire a galla. La cacciata per questi motivi di personale gradimento o no, di un aiuto evidente è un evento gravissimo, scandaloso per la Cantoria di una Chiesa che non scaccia mai nessuno per motivi così personali, ma accoglie a braccia aperte tutti i peccatori affinché, semmai, “siano redenti”: lo ordina quel Cristo che deve dettare legge nel Cristianesimo. Ma, a Cogliate, Cristo, per come si comporta la Cantoria, “non sembra” dettare legge. I cantori prima pregano, il 6 novembre, enfaticamente in catechesi “affinché risuonino ovunque canti di gioia e di pace” e subito dopo si rifiutano di far la pace con Amodeo che gliela chiede con calore, che gli dice di voler bene a tutti loro, che non ha fatto nulla di male, ma ha solo cercato di aiutare una maestra che semplicemente non lo gradiva… ma che ne aveva bisogno.

Dunque il peccato di Amodeo “sembrerebbe” essere quello di “lesa Maestà” della Maestra, una Maestra intesa come una “entità” tale che non si possa contraddire in nessun luogo, altrimenti è “peccato mortale”, si deve essere mortificati, quasi fosse stato offeso “Dio”. “Sembrerebbe”, perché non è così: chi contraddice in un modo così importante da dover essere addirittura espulso, è certo giudicabile uno che “non ami” la persona che ha contraddetto, o che ne desideri i favori… mentre Amodeo è accusato, molto stranamente, di amare! La verità la spiega definitivamente a queste persone così solidali con lei, la stessa Maestra, dicendo ad Amodeo davanti a tutti e decidendosi finalmente a “tirar fuori il suo rospo” : “Alla tua età mi dicesti in Chiesa &lt;Mi sposi?&gt; No, mai e poi mai!&gt;. Lo fa con l’intento chiarissimo di deridere un sentimento: 22 anni di differenza! E tutti a ridere con la maestrina, come se “ sua grazia” fosse stata oltraggiata dalle pretese di un “vecchio barbone” come lui (vedi curriculum). Ma chi è costei? Cosa ha mai fatto di rilevante pe r credersi umanamente offesa da un sentimento altrui? È stata suora e si è svestita ed oggi è una donna che teme ogni amore e accetta di restare solo una zia, avendo sperimentato solo l’aspetto violento di questo bellissimo sentimento chiamato “amore” e che dovrebbe esistere tra tutti. L’amore, quando è gentile, rispettoso (e anche alla base, perché no? di un aiuto come quello che Amodeo “per questo avrebbe dato” alla maestra, difendendola sul giornale), non è mai una “schi fezza” di cui ridere e far ridere gli stupidi. Ciò detto, non è stato un sentimento egoista, concu piscente, all’origine del gesto di Amodeo, ma un puro senso di giustizia: egli aiuta chi è ingiu stamente accusato, tutti. È molto tempo che non ha più problemi di cuore, avendo incontrato una


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compagna che lo capisce, rispetta, consiglia, aiuta. Per cui le ragioni addotte dalla Maestra sono inconsistenti: non l’ha aiutata per concupire lei che “mai e poi mai lo vorrà! ”. Oh povero Amodeo come sei caduto in basso, quasi zimbello di chi si crede sempre al centro del tuo mondo anche quando la montagna di vero disprezzo dimostrato sempre a te ha finalmente guarito la tua “presunta colpa”! Se Amodeo l’avesse fatto per concupire la Maestra – così come sostiene lei – giammai avrebbe agito “senza curarsi della sua volontà o del suo parere”, seguendo solo il suo cristiano criterio di un doveroso aiuto a chiunque ne abbia bisogno, anche se, per aiutarlo, te lo fai nemico! Poi si osservi la differenza: Amodeo è cacciato dal coro per avere aiutato una pers ona sua malgrado, mosso da un sentimento buono. La Maestra è osannata e intanto viola una privacy molto più profonda solo per indurre tutti alla derisione! Ma i cantori non sono in grado di giudicare in modo imparziale, perché essi, e non Amodeo, sono i “veri patiti” della Maestra. Amodeo non ha veramente agito per interessi personali, ma la maestra sì, e pesantemente violando ogni delicatezza umana… ma chi è in grado di distinguerlo, quando si è così “ ammaliati”? Ora se tutto finisse qui, poco di male! Sarebbe solo l’infantile questione di ciascuno, di sentirsi sempre al centro dell’altrui universo. Ma Amodeo ha sofferto e soffre di questo ingiusto giudizio. Si accorge che non conta la sua intera vita piena di riconoscimenti e di giustizia, di fronte al “debole estremo” che queste persone hanno per la loro Maestra, che li porta a giustificare tutto quello che lei fa e a crederlo perfetto! Per dimostrare, allora, in modo inequi -

vocabile che non ha mire personali di alcun genere, Amodeo, dopo nottate senza sonno che l’hanno sfiancato e depresso, decide di lasciarsi anche morire, se Dio non lo aiuta e pone in atto il proposito, ne è testimone Marina Ferrero, il direttore del suo giornale. Dio però lo aiuta, col prodigio di una lettera in posta prioritaria che impiega 20 giorni ad arrivare, quando gli serve. Il 6 novembre Amodeo lo dice al Coro: ho tentato perfino di uccidermi per dimostrare che non punto a nulla per me, ma solo alla comprensione. La Cantoria “vi passa sopra”. È che vuol dire? Non è successo! Insomma ci vuole veramente sempre e solo il sangue per smuovere le coscienze! Lo hanno così accusato di “essere un serpe entrato nella Cantoria ” e quasi minacciato fisicamente. Qualcuno, più gentile, gli ha spiegato come la Cantoria sia una sorta di “club di amici” (e lui non lo era più, dopo quello che aveva scritto!). Ma cosa aveva scritto? Non conterebbe, la gente di qui non è abituata a ricevere scritti! Ma un “Club cristiano” non è tenuto in primo luogo a rispettare la legge della accoglienza “a tutti ” (simpatici e antipatici, buoni e cattivi) imposta da Cristo? La sola persona veramente gentile tra loro gli ha spiegato che si erano create le condizioni per un divorzio e certi legami andavano sciolti. Con chi? Con la Maestra? Mai stati sposati. Con loro? In una cantoria non si è certo sposati! è un luogo aperto a tutti, ed è poggiato sulla libera parte-cipazione e su una Maestra che sappia dirigere senza remore personali. Infine Amodeo ha detto loro: “ Voi mi accusate di due scritti, attribuendomi “colpe”. Allora trovate una sola parola lì scritta contro qual-cuno, se potete! E, giacché non potete, lasciatemi restare qui con voi, io vi voglio bene! Martedì prossimo verrò alle prove,


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perché non posso essere espulso senza che ne precisiate bene i motivi e siano esatti. Non l’accetto: è ingiusto!” Così il martedì successivo, 13 novembre, attendevano, all’ingresso, la Presidentessa della Cantoria, Don Carlo e un corista. Gli dice il Parroco: “Nessuno ce l’ha con te e non vi è neppure nulla da perdonare o per c ui vada chiesto il perdono, ma va’ a casa ”. Amodeo chiede allora nuovamente di sapere il perché, se non c’è colpa, la Cantoria lo manda via. Gli risponde il Parroco: “Sei di un’altra parrocchia, va’ nella tua!”. Al che Amodeo: “Sono già 3 anni che canto qua, ho dovuto imparare tutto il repertorio dei canti ed è giusto che io ora partecipi alle messe e li esegua. Inoltre, per come sono fatto io, una “mortificazione così” è veramente tanto infamante per me da mettere a serio rischio la mia vita ”. Niente da fa re! Gli viene opposto il muro di chi non sente ragioni. Allora Amodeo, scosso, esasperato in modo molto visibile, si agita e fa rilevare che gesti così attentano veramente alla sua vita: è già successo, veramente, ci sono testimoni e può succedere ancora! Non è Don Carlo chi risponde: “Ma questi sono affari tuoi, non puoi addebitare a noi le tue scelte pazzesche ”. Don Carlo può solo lavarsene le mani, a questo punto. Non vale che Amodeo dica: “questo è un luogo in cui un peccatore deve essere corretto, ed io chiedo di essere corretto da chi mi giudica un peccatore”. Gli risponde: “Si, vieni in chiesa e lì ti confesso!” Se il Sacerdote difendesse ulteriormente il suo posto in Cantoria (come già fece la settimana prima, il 6 novembre, dicendogli: “vacci, sta tranquillo al tuo posto e canta; e se qualcuno ha qualcosa in contrario vienimi a chiamare!” – e poi, Don Carlo assente, lo linciarono moralmente

come scritto prima) ora rischierebbe lo sfasciarsi della Cantoria: c’è troppa decisione, da parte di tutti, che Amodeo sia allontanato in tutti i modi, perché, in fondo, la gente, troppo “ invaghita e succube” della Maestra, non capisce più che cosa sia giusto e che cosa no, chi violi orribilmente la privacy e chi no: è giusta solo Lei, quasi per “divinazione personale”, giacché ha violato la privacy di Amodeo al massimo, davanti alla gente, lo hanno visto tutti e vi hanno partecipato tutti ridendone anziché profondamente vergognarsi per una simile umiliazione voluta dare ad un nobile e bellissimo sentimento quale l’amore. Questi cantori e la loro Maestra seguiteranno a “portare all’altare le offerte dei loro canti senza prima essere corsi a far pace” con il cantore Amodeo, uno di loro, ingiustamente escluso e che cerca solo questa pace!…Gesù ordina che prima dell’offerta all’altare si vada a far pace! È di Gesù il volere “divino” e non quello la “divinazione personale” che porti a contraddirlo. Questo non è divino, è satanico! Ma che modi sono questi? È ancora la legge “occhio per occhio dente per dente”? No, è peggio: è punito uno che “ non deve nemmeno essere perdonato, non avendo colpe”, come ha chiara-mente detto il buon Don Carlo. Amodeo allora è andato via “minacciando” una severissima denuncia all’Autorità: di un miliardo, per danni. Ed è stato di parola, l’ha fatta… ma a un Tribunale che vale ancora di più di quello umano e che il solo Tribunale giusto per queste cose di fede: quello di Dio. Chiede un ingente danno, ma non per sé, costretto, suo malgrado, ad emulare il Cristo, ma per chi ve lo ha costretto in ogni modo. Chiede al Tribunale di Dio UN MILIARDO… di scusanti, per i suoi amici, nel modo esatto fatto da Gesù: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.


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Ad un’ora dal temuto evento, Modè prelevò quanto aveva sul conto in posta e si recò al Centro Sociale, con la borsa piena di libri e un bastone. Si recò al Parco Lura e si sedette su un tombino della fognatura, in attesa delle 21. A quel punto disse di esser pronto e ben disposto a tutto quanto Dio gli avrebbe mandato e che voleva da lui. Aveva accettato l’idea terribile che Dio si prendesse chi voleva, come già Abramo aveva accettato l’idea che Dio volesse immolato Isacco. E se Dio chiedeva che un suo gesto scatenasse il terremoto, egli l’avrebbe fatto. Per quel motivo “si era fatto un bastone”, come Dio già un tempo aveva chiesto a Mosè. Alle 21, disposto ad essere come l’angelo dell’Apocalisse e pieno di timore di Dio percosse il suolo con il bastone… Che sollievo! La terra non tremò! Che avesse ascoltato o no le sue preghiere, Modè ne fu felice e ringraziò Dio di averlo smentito. Si avviò verso casa, temendo ancora per le 22 e, giunto in prossimità di casa, ripeté il gesto con il bastone. Alle 22 rientrò in casa, pieno di sollievo. Era lì da pochi minuti che.. “Toc, toc, toc!” tre forti colpi sulla porta. Chi era a quell’ora? Aprì e vide due vigili che, con aria seria, gli intimarono di seguirlo. Poco mancò che gli venisse un colpo! Qualcosa di quello che aveva vaticinato era accaduto, tanto che ora erano lì ad indagare! Quando seppe che doveva andare all’ospedale temette di tutto: certamente qualcosa tra le tante che egli aveva vaticinato si era verificata e forse sospettavano che fosse stato lui… Invece no! Dio aveva semplicemente ascoltato la preghiera fatta davanti alla signora Mina Carugati e aveva deciso che pagasse solo lui, per i torti degli altri. Aveva salvato Saronno prima dalla Sars e poi dal Terremoto! Ma avrebbe pagato lo stesso solo lui! “Vai a farti curare!” era stata l’ingiunzione del Parroco ed ora toccava a lui ad andare a farsi curare per forza! Ai tempi di Gesù non avevano detto forse “Crocifiggetelo!”? Non era stato forse crocefisso, Gesù? Poteva esserci pena maggiore inflitta al mondo per averla così inflitta a Gesù? Ebbene era accaduto lo stesso con Modè! E tutto come vaticinato! Alle 21 i Vigili erano andati a prenderlo e non l’avevano trovato… poi l’avevano prelevato alle 22 del 23, esattamente per eseguire la condanna gravissima, data allo Spirito santo da un Sacerdote con le parole “Ma vai a farti curare!… (tra i matti!)”


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Una precisazione è dovuta in relazione alla data in cui questi fatti sarebbero dovuti accadere. Amodeo aveva calcolato la distanza come lo stesso intervallo di tempo che aveva visto intercorsi tra la causa (Abbattimento delle due Torri Gemelle, 11.9.2001) e l’effetto (Guerra dell’Iraq, 20.3.2003). Se si fanno bene i conti si tratta di 555 giorni esatti. Ma Amodeo aveva fatto male i calcoli ed aveva contato 675 giorni, per cui si sarebbe dovuto sbagliare a fari i calcoli. Invece non si sbagliò semplicemente perché osservò che la data del tradimento delle intenzioni pacifiche del Papa era corrisposta ad un certo periodo di giorni dopo l’abbattimento delle due Torri, per cui aggiunse quei giorni alla data della guerra dell’Iraq. In tal modo il conteggio fu provvidenzialmente esatto e corresse automaticamente l’errore fatto da Amodeo. Le previsioni di Modè si erano evidenziate esatte. Non era venuta la Sars né il terremoto, in quanto Dio aveva deciso di dare ascolto alle preghiere fatte alla Madonna il 18 maggio dalla Comunità di Cassina Ferrara. In quanto alla temutissima caduta della maestra (Modè ne aveva parlato in confessione con Don Luigi, chiedendogli preghiere ed aiuto affinché Dio mutasse la sua intenzione di far giustizia in quel modo, sterminando la sua famiglia) il tutto si era ridotto alla caduta dei due maestri di quel 18 mattina. Con grande gioia di Modè e molto malumore scatenato in tutti quanti avevano inteso le comunicazioni di Modè come un suo tentativo di personale rivalsa contro le ingiustizie patite. Costoro erano in torto: Modè già in fine dell’anno aveva digiunato 45 giorni in favore di Tommi e della sua Maestra e di certo mai avrebbero potuto accusarlo, se gli avessero letto nel cuore. Ma chi è capace oggi di farlo? Modè non si era tuttavia scoraggiato e – pur a conoscenza del ferreo disegno del Dio degli Eserciti – aveva osato pregarlo di ricordarsi di essere il Padre Buono fatto conoscere da Gesù, fino ad essere riuscito a toccare il cuore di Dio. Ora sia chiaro: Modè non ha fatto nulla di tutto questo, perché siamo solo e sempre all’interno di un bel disegno di Dio che assume in se stesso parti contrastanti per far emergere poi una lotta interiore appartenente ai personaggi. Costoro non hanno mai nessun personale merito se non per averlo assunto interamente da Dio. Modè è come tutti gli altri e le sue apparenti libere preghiere sono state solo il frutto di un Dio che così ha disegnato la trama, apparentemente libera, della sua vita. Perciò Dio che fa conoscere a Modè che sarà sterminata una famiglia e poi lo disegna in preghiera affinché ciò non accada e poi che esaudisce la sua preghiera è solo un bello svolgimento di una trama frutto della pura ideazione del Dio sublime della storia umana. Il compito di Modè è proprio quello di svelare la presenza di Dio sotto tutti i gesti liberi dei personaggi da Lui disegnati in modo assolutamente deterministico.


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Pertanto Modè non si assunse nessun merito per aver salvato qualcuno, sapendo come il tutto fosse solo appartenente ad una trama così appositamente combinata da Dio, che, fin dall’inizio, sapeva che non avrebbe mandato né la Sars, né il terremoto, ma voleva che apparisse che questo non fosse accaduto solo per gli inesistenti meriti di Modè, fatti assolutamente esistere da Dio nel campo relativo alla vita da Lui progettata. Per far capire bene, quello di Dio è stato un intervento come quello del Manzoni che sapeva benissimo che Renzo e Lucia si sarebbero sposati, ma disegnò un intreccio di contrapposte volontà affinché sembrasse che fossero stati i personaggi e non il Manzoni ad avere fatto tutto. Restando solo all’intreccio, possiamo dire che Cassina Ferrara e Modè salvarono il Saronnese dalla peste della Sars e dal terremoto, per l’intercessione della Madonna. Ma possiamo anche dire che su Modè, invece che l’alea del salvatore, fu appioppato dalla gente il giudizio del facile profeta di sventure, poi tutte sbagliate. Il che non è assolutamente vero, in quanto tutta la previsione, fatta da Modè, fu rispettata ugualmente da Dio. Dal 16 al 23 ci fu una escalation di atti omicidi e suicidi nel mondo e il giorno 23 ci fu la conseguenza del “Vai a farti curare!” intimatogli dal sacerdote e Modè fu costretto ad andare a farsi curare, proprio nell’ora detta, cioè alle 21 e alle 22 del giorno 23 maggio 2003. Conseguenze simili a quelle del Cristo cui i sacerdoti dissero “Sia crocifisso!” e che Dio fece crocifiggere. Certo Gesù non suppose che sarebbero stati crocefissi tutti gli altri, non suppose un Castigo di Dio… ma Gesù era Dio e Modè era disegnato solo come un uomo indotto anche a sbagliare e a correggersi strada facendo, come se fosse in trattativa, con Dio, e come se egli stesso avesse chiesto a Dio “Fa che sia solo io a pagare!” Ora quello che descriviamo in questo secondo libro che tratta delle cavallette è descritto in quanto fino al 25 maggio 2004, se il Faraone di turno non darà retta a Modè il mondo seguiterà ad essere torturato sempre più, fino al sacrificio del Papa e di Modé stesso, in cui il primo andrà in Paradiso e il secondo sarà paralizzato. Questo è quanto Dio fa risultare oggi alla conoscenza di Modè e non è detto che accada, in quanto – come si è visto – Dio sembra comportarsi con i suoi personaggi in modo interlocutorio in quanto alle preghiere, anche se le conosce di già tutte e sa anche che cosa Egli acconsentirà e che cosa no.


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Ma Modè è tenuto a scrivere quello che conosce, a rischio di essere poi smentito da Dio. La sua onestà lo porta ad assumere questi rischi agevolmente, nella perfetta fiducia che la Provvidenza di Dio non lo pianterà mai in asso, anche se molti nel frattempo saranno indotti a crederlo… E – visto che a tutt’oggi Modè è convinto che il 25 maggio 2004 Papa Woitila morrà ed egli stesso, Modè, si avvierà alla morte, cui giungerà dopo 15 giorni di paralisi – coraggiosamente lo dice, a costo poi di magre paurose. A Modè non manca il coraggio di assumere quelle voci di Dio che sente gli parlano dall’interno della sua coscienza, attraverso numeri ed indizi profetici. Poiché anche ai tempi di Mosè occorsero 10 piaghe affinché il Faraone fosse convinto, Modè è convinto che occorrerà la sua morte stessa, il 9 giugno 2004, per convincere tutti. In quel tempo i Cardinali saranno chiusi in Conclave da diversi giorni, senza la capacità di trovare facilmente il futuro Papa. Ebbene Modè crede che il giorno 11, corrispondente alla sua personale Pasqua, come già accadde a Gesù egli pure risorgerà dalla morte e si presenterà tra i cardinali a porte chiuse, convincendo i nuovi apostoli che sono ritornati i tempi meravigliosi di quando Cristo apparve agli 11. Qui apparirà l’11 e darà una tale prova a tutti che faranno quando egli dirà: &lt;&lt; Dionigi Tettamanzi, tu sei mio padre Amodeo Luigi rinato sul suo finire del deo igi Neo Papa e papà; e sei mia Madre che mi allattò in lagrime con la sua tetta anzi Maria. Sulla tua tetta sarà fondata la Chiesa del terzo millennio, quella della Trinità di Dio: del Padre, della Madre e del Figlio, con lo Spirito Santo di Dio che li trascende tutti e tre. &gt;&gt; Fino a quel tempo nessuno crederà fino in fondo a Modè e semplicemente perché occorsero 10 piaghe già ai tempi di Mosè. Occorse l’ultima, della morte dei primogeniti. Nel caso di Modè sarà la morte del primogenito umano di Maria, dopo quello divino, di Gesù. Per l’intesa uomo-Dio occorrevano due figli di Maria: uno umano e uno divino. Gesù ci fu nei tempi fondamentali e Modè c’è in questi. Ma sarà come disse San Paolo: “Se Gesù non fosse risorto la nostra fede sarebbe vana”. Pertanto anche Modè risorgerà ed apparirà in Conclave a porte chiuse, facendo eleggere Papa il Cardinal Tettamanzi. E tutto questo sarebbe vano se non accadesse… ma accadrà. Solo a quel punto si accorgeranno fino in fondo che cosa di terribile fecero tutti, contro Modè, quando lo mortificarono non ritenendolo nessuno.


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Solo allora il Papa andrà a Cogliate a rimettere in divinis quel Paese, perché fino ad allora tutti gli annunci che dal 13.11.2001 Cristo ha abbandonato Cogliate, non saranno stati creduti, non avendo ovviamente riconosciuto nessuno una qualsiasi autorevolezza in Modè. Modè non era Gesù e, se parlava con autorevolezza, non aveva il fascino del Figlio di Dio, ma solo la bruttura di un apparente esaltato… Tuttavia aveva detto il vero. Questo riconoscimento che faranno a Cogliate sarà la Giustizia fatta a Modè e tutti si pentiranno perché avevano il Salvatore tra loro e l’avevano cacciato via, giudicandolo un impostore. E la sua Maestra, ex sposa di Cristo, aveva avuto l’affetto di un uomo così intimo al Cristo dall’essere fuso nel suo Spirito… Si era sentita dire “Mi sposi?” e l’aveva rigettato, pur essendo già sua Sposa nel cuore... Ora nel corso di questo libro vedremo come la situazione nel mondo degenererà sempre più e diverrà sempre più preoccupante. Tutti la leggeranno per quello che sembra e non per ciò che Dio vuole significare, pertanto nessuno la collegherà con la profezia di Modè, quella della Sars, per intenderci, che qui ripropongo laddove è scritto: Il giudicato “flagello” sarà tale che il 23 maggio saranno assunte in Paradiso centinaia e centinaia di persone. Apparirà una tale “ecatombe” che saranno abolite perfino le Sante Messe, in tutta la zona (eccetto che nella Chiesa di San Giovanni Battista, di Cassina Ferrara) e la vita per tutti, nella Città destinata da Dio ad essere la nuova Sion, diverrà invivibile. La pestilenza durerà e si spanderà finché la Chiesa non porterà il Santo Padre a Cassina, da me, Messia del Padre, e finché l’Amministrazione civile e la sua Polizia non accetteranno di rendere Giustizia alla mia persona. Da quello scritto, protocollato ai Comuni di Saronno e Cogliate, risulta chiaramente questa escalation della violenza e anche quale sarebbe stato il possibile rimedio richiesto da Dio a riguardo di Modè. Ma nessuno avrebbe creduto Modè così importante: non i suoi familiari, non i suoi amici, essendo tutti solo preoccupati che stesse dando i numeri… poveretto! Nel mondo avrebbero tentato di tutto ma nessuno avrebbe neppure lontanamente creduto e neppure per un solo momento che Modè fosse così importante agli occhi di Dio. Per questo Dio lo risusciterà al terzo giorno dalla morte, come già fece con Gesù, e sarà la gloria per l’uomo Modè, il solo che avrebbe creduto fino in fondo alle verità che Dio stesso gli diceva e che erano assolutamente ingiudicabili sotto il profilo umano.


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Ma come avrebbe potuto, Modè, arrivare da solo a quei limiti di conoscenza di cui egli solo (e poi quasi nessuno) si rendeva conto? Aveva surclassato il genio di Einstein, trovando risposte semplicissime a quesiti difficilissimi e complicatissimi! Come avrebbe potuto farlo da solo? A lui bastava questo per giudicare assolutamente un miracolo di Dio tutto quello che gli era e gli stava tuttora capitando. E le persone che non lo capivano, neppure il suo fratello fisico, avrebbero creduto possibile che fosse divenuto un simile genio per sua sola capacità? Aveva scritto bene uno scienziato che aveva intuito dove i discorsi di Amodeo andavano a parare, quando gli obiettò, su Internet: “E’ più probabile che una scimmia riscriva pari pari la Divina Commedia!” Era arrivato a conoscere la risposta alle domande impossibili… ma come avrebbe potuto arrivarci da sé? Pertanto Modè aveva tratto le sue ferree conclusioni: &lt;&lt; L’ha fatto solo Dio ed è assolutamente grandioso. Io mi sono trovato solo al posto giusto nel momento giusto… ed è stato il miracolo della comparsa della Verità di Dio, direttamente trasfusa in me! In me assolutamente indegno di tanto onore e pronto a sostenere, con tutta la mia vita, così tanto onere! &gt;&gt; Così, nel prosieguo del racconto, ci agganciamo a quanto Modè patì in seguito alla costrizione ad “Andare a farsi curare… (tra i matti)”


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La degenza tra gli ultimi al SPDC I deboli di mente sono gli ultimi, perché sono come reclusi. Non ci si può fidare di essi, perché l’instabilità della mente fa alternare momenti di grande slancio emotivo fondato su sentimenti decisamente buoni, con altri in cui tutto è dimenticato, tutto è ribaltato. Le persone che assistono questi malati, se lo fanno con vero scrupolo, sono lodevoli, devono avere un grande equilibrio personale ed essere pronte ad ogni tipo di reazione. Modè, alle 22 e rotti, scortato da due Vigili Urbani, fece il suo ingresso forzato al reparto accettazione, dove un medico gli avrebbe parlato. Il dottor Cristiano Nichini era un uomo di circa 35 anni, il volto aperto, simpatico; ricevette Modè con molta circospezione, per aver una idea prima che fosse possibile e svolgere un compito ingrato: togliere la libertà di azione ad uno Spirito sano, solo perché altri personaggi, con la coscienza sporca, temevano da Modè (più che dal Signore) dei castighi di Dio che, se anche egli avesse cominciato a comminarli, loro l’avrebbero compresi pertinenti! Quanto poco avevano imparato a conoscere Modè! Fin da quando cercarono di scacciarlo, non avevano capito come mai egli volesse restare tra loro, in un ambiente avverso. Per loro la persona è senza libertà sua, deve vivere solo del riflesso della maggioranza. Per cui se deve restare se stessa tra persone ostili ad essa, va incontro all’assurda scomodità di una vita disagiata… Perché allora il disagio e l’anticonformismo? Loro non lo capivano. Non si può accusare questa cultura paesanotta a persone che fino alla generazione dei nonni forse coltivavano solo la terra ed oggi si trovavano a fronteggiare uno sbalzo troppo grande per la loro indole atavica. Sta di fatto che la libertà consiste nel riuscire a convivere con chi ami, anche se non ti ama; nel rispettare chi ti disprezza; ma non dandogliela vinta, cioè togliendosi di torno, ma perseverando, con la pazienza e la fede, nel porgere sempre l’altra guancia. Per un poco queste persone non capiscono. Per loro chi è remissivo è un debole, ma poi si arrabbiano, nel vedere come il presunto debole offra l’altra guancia solo perché, spesso, non ha patito nemmeno il colpo che gli è stato inferto.


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Allora intuiscono una forza per loro insolita, di cui nemmeno avevano immaginato fosse possibile l’esistenza: la forza della pace da chi accetta e non sfugge la guerra, ma non ne adotta l’aggressività e non ne patisce la violenza. Diventa devastante, per il cosiddetto “cattivo”, l’incontro con un vero buono che non è vinto dalla cattiveria al punto da divenire egli pure malvagio. Qualcosa del genere deve essere accaduto ai Cogliatesi. Trovatisi di fronte Modè e la sua forza di bene, si sentirono forti nel far fronte comune e scacciarlo via, ma è possibile che poi nessuno si sia profondamente vergognato di quello che ha fatto? Ecco che allora, dopo due anni, Modè riaffiora, con presunte profezie di castighi divini, il che li disorienta. Pensavano di essersi sbarazzati di lui come di un fastidioso fuscello ed eccolo invece assumere posizione autorevole, con Sindaco, Parroco, autorità civili e religiose. Cominciano a temere che si scoperchino gli altarini, sono confusi, vedendo una imprevista baldanza in lui che avevano giudicato tanto mite e inoffensivo da ingoiare e digerire ogni rospo. Sta di fatto che si misero a far guerra ad una persona buona e forte e niente affatto remissiva, quando si tratta di far vincere il bene sul male. Modè è un combattente nato, che getta sempre nella mischia l’impatto della intera sua vita, ma non per ferire o colpire, ma per farsi ulteriormente colpire a livello sempre più alto ed al quale mai tutti gli altri avevano immaginato. Ciò perché Modè usa, in pace, quanto vale in guerra: l’estrema capacità alla rinuncia personale, la disponibilità a morire per vivere di un ideale. In pace nessuno è così, ma Modè è così proprio anche durante la pace e così turba i cuori dei conigli che solo desiderano non staccarsi dal branco per non essere mai costretti ad assumere rischi personali. Sentitisi pertanto “aggrediti” nella loro accidia, i Cogliatesi hanno cominciato a dare i numeri e sono divenuti violenti. Hanno preoccupato di se stessi un dottore al punto che questa brava persona, mossa a pietà di loro, ha disposto un accertamento coatto sul ben dell’intelletto (o meno) di Modè. Così, dopo di averlo scacciato dal coro, un sindaco sciocco pensò che si potesse scacciare un innocente dal Paese e, vero sciocco, ricevuto privatamente qualcosa che gli fu fornito come se fosse stato il campione del possibile veleno, che fece? Per dimostrare il suo risentimento e la sua vigilanza ne infettò tutto l’acquedotto comunale (dando alle stampe uno scritto riservato). Infatti, giudicata minacciosa la profezia di Modè e tale da spaventare la gente, questo sindaco che temeva la reazione delle persone più impressionabili, non trovò niente di meglio che dare al Notiziario e a La Settimana quel documento riservato solo a lui ed all’Assessore alla Sanità.


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Ma Modè capiva la sua reazione: messo in mezzo dagli accidiosi Cogliatesi, forti solo del numero, perché pieni di difetti in quanto a rettitudine di comportamenti, anche il primo cittadino fu costretto ad assumere i loro difetti. Ogni botte può dare solo il vino che ha. Sta di fatto che Modè aveva dalla sua una forza apparentemente colossale: aveva ragione. Tutti loro si comportarono con lui in un modo a dir poco infame. Non si preoccuparono nemmeno che potesse farsi del male, così malconcio come pensavano di averlo ridotto. Il Parroco che gli intimò “Ma vai a farti curare!” (perché Modè se la prendeva così per essere stato scacciato innocente dalla Chiesa – si la Chiesa, perché la Cantoria parrocchiale è espressione liturgica della Chiesa –) era quanto di più misero ed infelice potesse esistere. Credeva infatti egli di avere la forza e l’equilibrio (mentre diceva quella vera bestemmia), e intanto, proprio a causa di essa, la sua Chiesa meritò addirittura di essere estromessa dalle questioni divine. Questo risultava espressamente a Modè: cacciando lui avevano veramente scacciato lo Spirito santo dal Paese. Credevano di celebrare le messe di Gesù, ma Cristo non era più in quelle Ostie! Questo è stato il disastro fatto a Cogliate da queste cavallette della fede in Cristo. È chiaro come tutti costoro, udendo questo, si sentano attaccati da Modè, ma non lo sono da lui: lo sono da se stessi e sé soli e per le loro colpe. Modè riferisce solo come stanno le cose, perché egli le sa e loro no. Modè non è altro che una penna nelle mani di Dio e questo che qui è scritto così, è scritto da Dio. Tutti sono personaggi di Dio allo stesso modo di Modè, ma la loro figura è stata disegnata come di esseri balbettanti e pieni di ogni contraddizione. Non si può in casa di Dio scacciare nessuno e chi ci prova ne è scacciato, si scaccia da solo perché è sempre Dio che così disegna queste storie. Dio vuole immettere nelle trame sempre un salvatore sublime, contro il quale prima ne fa compiere di cotte e di crude. Ma poi, alla fine, lo risuscita. E vedrete che sarà così anche per Modè, al punto che Cogliate passerà alla storia sacra come la Chiesa che ne scacciò il Proprietario vero, credendosi forte di un numero senza nessuna qualità. “Due sono i casi – disse il dottor Nichini a Modè – o resta qui con noi per alcuni giorni di sua volontà o debbo trattenerla per forza”. Modè gli rispose che, a quelle condizioni, preferiva fermarsi “da sé”, tanto da dare la tranquillità a tutti i suoi persecutori. Chiese gli lasciassero prima


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sistemare il trasloco, lasciato a mezzo, ma inutilmente e dovette accettare di lasciarsi internare “sui due piedi e per sua volontà” (sic!). Così fu accompagnato al reparto Psichiatrico, al 5° piano e gli fu data la stanza 506 e il posto 15, numeri importantissimi. Non avendo portato nulla con sé, gli fu data una maglietta per la notte. Così si compì la profezia e il gesto più terribile fu fatto: Modè vide imprigionato, tra i presunti alienati mentali, il suo Santissimo Spirito di Verità. Il salvatore del mondo, lo Spirito santo che era entrato ormai in lui da molti anni, fu confinato tra gli Spiriti dei menomati. Di certo, tra loro, avrebbe trovato più umanità di quanta ne aveva vista a Cogliate, in ben tre anni di umile servizio ad una Chiesa non sua. Il 5° piano è ideale, per il mediatore tra Dio, posto quanto 10, e l’uomo, allora risultante 0. La stanza numero 506 rimanda a 500 +6, ove 500 è tutto il cammino unilaterale nel 1.000, pari a 103 e dunque al valore cubico sulla base dello Spirito santo posto 10 ed ove il 6 è tutta la versatilità della trinità di Dio. Il letto n. 15 è l’anticipo dei 15 giorni di agonia che Amodeo inizierà il 25.5.2004. A sottolineare questo annuncio di morte, il mio vicino di letto, lo apprenderò dopo, si chiamerà Angelo Muoio (angelo, annunzio di me che muoio) e sarà il perfetto sosia del Neo di Matrix. In questa lettura mistico-numerologica, il giaciglio di Modè fu il dimezzamento dello Spirito della Trinità di Dio (3×10=30), tutto il lato reale dei 15 giorni di una coppia di settimane entrate in atto unitario (7+7+1). La stanza 506 costituì, per il 500, il dimezzamento dello Spirito Santo nel suo volume globale 500, in cui il 15 apparteneva come 500:15= 33,33333… vita e morte del Cristo per sempre. Invece 506:15=33,73333… ha un altro e pur evidentissimo significato fisico, quale gli anni di Gesù, 33, cui si somma uno 0,73333… assimilabile in fisica alla Costante di Boltzman, valore unitario del calore (per me, nato a Felitto, bagnato dal fiume Calore). Il 5 di me, il mediatore, è il lato dell’area 25 (sezione del flusso di calore), flusso pari ad ¼ (l’unità reale) del 102, del “centuplo quaggiù di Gesù” da cui il 25 della sua nascita e di quella di Modè, l’ultimo Mosè… Pertanto la mia collocazione in quell’ospedale, per i numeri che le furono attribuiti dalla Provvidenza, corrispose davvero al puro simbolo dell’imminente sacrificio mortale che avrei patito. Il primo di tutti fu proprio questo vero e duro attentato al mio spirito, alla mia umana intelligenza, compiuto contro di me solo per via della mia fede in Dio reggitore del mondo, che lo fa dando ampi riferimenti e moniti all’intelligenza dell’uomo, attraverso gli eventi suscitati dalla Divina Provvidenza.


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Il rientro in trincea Durante la notte Modè pregò Dio di orientare per il meglio i suoi gesti e nacque in lui la convinzione che avrebbe dovuto assumere l’atteggiamento di una resistenza passiva al suo ricovero coatto. Decise che non avrebbe più assunto né cibo né bevanda. La mattina ebbe un lungo colloquio con una dottoressa giovane e simpatica e le espresse le sue conclusioni: si sentiva violentato nei suoi diritti civili. Nessuno, sulla base delle sue paure, può essere autorizzato a comportarsi come fu fatto contro Modè. Ammesso pure che una legge ci fosse, che passasse sopra e che calpestasse la libertà di credo religiosa, suo dovere civile e religioso era di non cederle. Per cui avrebbero fatto di lui come avrebbero creduto, ma egli non avrebbe più assunto né cibo né bevanda, in segno della violenza patita. La dottoressa gli spiegò che, a quel punto, avrebbero dovuto alimentarlo a forza con le flebo e che, se si fosse opposto, l’avrebbero legato per praticargliele. Modè ne prese atto e rispose che non sarebbe giunto fino a quel punto, ma che avrebbe dovuto assumere il segno della sua protesta. Modè cercò di spiegare alla dottoressa il suo punto di vista e lei cercò anche di seguirlo, ma è impossibile orientarsi immediatamente in questioni così nuove come le tesi di Modè. La dottoressa ci trovava contraddizioni che non c’erano, ma mancava il tempo per approfondire la questione e, forse, anche la voglia. Per tutto il primo giorno di permanenza, Modè chiamò al telefono il fratello, Maria Grazia, Giancarla e il suo amico Salvatore Mocciaro. Benito arrivò intorno alle 10 ed ebbe le chiavi di casa e la preghiera di portargli quella borsa che Modè aveva preparato la sera prima. Si assentò per due ore e quando tornò, altre a quello, aveva comperato un pigiama, una tuta, mutandine, canottiere e un borsone… il solito bravissimo ed amorevole fratello che ben conosceva! Benito era preoccupato: non condivideva l’atteggiamento di Romano. Ma era ben comprensibile. Come si fa ad accettare l’idea che Dio avesse fatto una tale particolarità proprio a suo fratello? Romano doveva rientrare nei ranghi da cui era uscito e togliersi quella pazzesca idea, che gli era entrata nella testa, di essere un eletto!


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È così difficile capire che l’elezione non è un fatto di libera scelta? Tutti siamo potenziali eletti ma lo è davvero chi, ad un certo punto, abdica proprio dall’intelligenza, per affidarsi all’intuizione che il Bene praticato non può tradire mai nessuno. Parlo del bene assoluto, quello che non ti dà scelta o possibile distinguo e che sei chiamato a compiere perfino a costo della vita: il bene espresso da Gesù. Gesù parla di un dover voler morire per il bene di un amico? E allora bisogna volerlo, anche se costa sempre un po’… morire alle proprie volontà di piacevolezze. Cristo ama e desidera gli eroi. Rivela che chi vuol seguirlo non si deve voler voltare indietro nemmeno per seppellire prima suo padre. Afferma: “Lascia che i morti seppelliscano i morti!” Gesù fa affermazioni estreme e bisogna seguirle con coraggio illimitato. Si muore e corre il rischio? Ben vengano! - Ma ti rendi conto che questo è l’estremismo dei Talebani? – lo provocò Benito. - Vuoi Scherzare? Se io muoio è perché gli altri vivano! – Si, perché Benito stava provando a convincere il fratello a mangiare, a non mettersi nuovamente su una posizione estrema. - Chi sceglie l’estremismo si mette fuori gioco, agli estremi, da se solo! – Modè gli rispose che così sarebbe se gli uomini avessero in mano veramente la scelta delle cose da fare accadere o No. Ma egli credeva che una estrema scelta a favore di Dio non poteva che trovare una giusta soddisfazione. E se in apparenza non l’avesse trovata subito sarebbe stato solo per condizioni rese poi ancor più favorevoli da Dio, il solo che decide quali siano le cose che debbano accadere davvero e quali No. Il pomeriggio del sabato venne a trovarlo Salvatore che era passato prima alla casa di Modè per ritirare sul suo veicolo, e conservare in un suo magazzino, i libri che erano accatastati all’aperto. Venne la domenica e Modè chiese di poter andare alla Messa. Ma un dottore gli spiegò come fosse una prassi del reparto che nessuno, nei primi giorni di ricovero, potesse allontanarsi dal reparto, per nessun motivo. Modè ci restò alquanto male: &lt;&lt; Che tipo di ricovero “volontario” era mai quello? &gt;&gt; Poche ore dopo gli fu applicata una flebo al braccio destro. Se egli non mangiava e non beveva era dovere dei medici di impedirgli di farsi del male. Passò nuovamente a trovarlo Benito e cercò di convincerlo a non insistere oltre nella sua protesta. Modè fu inflessibile.


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Venne al reparto, al numero 14 di letto di fianco a lui, un giovane, di nome Angelo Muoio, con i capelli rasati a zero e l’aspetto assolutamente simile a quello di Neo, il personaggio principale di Matrix. Una somiglianza sbalorditiva. Quando Modè era stato a Montesilvano, la settimana prima, ed aveva in mente quanto sarebbe accaduto il giorno 23, era andato una sera a zonzo ed era capitato alla Multisala della Warner Bross, ove aveva visto in programmazione il secondo episodio di Matrix, dal titolo Matrix relowded (Matrix riprogarammata). Per la strana influenza che il film aveva avuto su Modè (nel senso di proporgli il caso di una possibile elezione sua e di un Oracolo), la “riprogrammazione” era prevista proprio per il 23 (in tutta Italia) e gli era sembrata l’ennesima e stranissima coincidenza. Fu persuaso ancora una volta che a lui accadevano cose uniche, degne del “The Truman Show”. Ora che il suo vicino di letto fosse proprio Neo… questa condizione, aggiungeva spasso allo spasso (da parte di un Dio spiritoso, che sembrava sempre giocare con tutte le questioni di Modè, anche quelle apparentemente dure come il ricovero al SPDC)… Il suo cognome era Muoio invece che Neo (pronunciato Nio), ma siamo lì e c’era sempre quello strano accenno alla morte. Va detto che Angelo Muoio era nato il 2.10.1977, un giorno prima di MT Legnani e 17 anni dopo. Quando Muoio nacque, Modè aveva 10.220 giorni esatti e stranamente qui è indicata la funzione rivelatrice di un essere eletto in relazione a Romano, come di un doppione (22) nello Spirito Santo 10 del 10 e del 10×103, quel 104 che è la realtà intera del Dio Uno e Trino, nella sua potenza fondata sullo Spirito santo del 10 (così “santo” da essere una “pura” quantità). Accostamenti senza alcun altro senso tra realtà, finzione e simboli attribuiti ad una finzione che poi incideva sulla realtà; e il tutto come un giochino di Dio che, per attuarlo, aveva fatto nascere questo Angelo Nio-Muoio il 2.10.1977. Dopo un poco fu messo nella stessa stanza, al numero 13, Loris Lazzerini, un uomo con un braccio amputato all’altezza del gomito, barba lunga ed atteggiamento da profeta. Anche questo accostamento sembrava voluto: Loris era preparato nelle scienze, masticava un po’ di tutto ed attraversava momenti di intensa fede con altri di chiara ed allucinata irrealtà… ma qual è la realtà? Modè vide infatti Loris come probabilmente altri vedevano lui, tutte le volte che egli si avventurava nei campi minati della profezia. – Loris, credi in Dio? – – Certamente! –


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così: – –

Bene, allora ti prometto che, se potrò e se sono vere le mie premonizioni, il giorno 11.6.2004 tu avrai recuperato tutta la tua salute! – Ciò fu detto da Modè davanti ad infermiere e testimoni, che intervennero

Ma signor Amodeo, come fa a rinascere un braccio? – Forse Gesù non fece ricrescere dita ai lebbrosi? – rispose Modè. Tutto questo non contribuiva certo a far intendere Modè come una persona “sana di mente”, ma egli ci teneva a precisare: &lt;&lt; Che nessuno si permetta di giudicare matta una persona solo in base ad uno spinto credo religioso! In Italia c’è libertà di fede e nessuno può etichettare ufficialmente – se è un medico – “come matto” solo chi ha fede che i profeti siano esistiti e possano ancora esistere e che i miracoli siano possibili a Dio, su preghiera delle persone normali. &gt;&gt; Loris era un uomo generoso, dal cuore veramente buono, e – rispetto a Modè – era propenso ad assumere atteggiamenti chiaramente molto più anormali, più per le cose che faceva che per quelle che diceva. Proprio per l’esperienza già avuta con Sabato Lingardo e con quell’Umberto che Modè voleva prendere in casa nel 1994, Romano si era convinto che la cosiddetta “realtà comune” (una per tutti) proprio non esisteva come una cosa a se stante. Essa era la somma (simbolica) di tante singole concezioni diverse, tutte riferite allo stesso “oggetto”, ma senza l’oggetto “in se stesso”! Per cui quanto Loris vedeva, per quanto pazzesco o meno potesse apparire, per lui esisteva e veramente. Non era un travisare una vera realtà fisica, ma una cosa che con la realtà di un altro soggetto semplicemente differiva. Si, era più probabile la verità della condizione espressa dal “The Truman Show” che quella di “Matrix”. Per cui se Angelo Muoio serviva lì a far riflettere Modè su Matrix, la presenza di Loris Lazzerini serviva a farlo riflettere sulla condizione assolutamente virtuale, ed esistente solo in relazione ad ogni singolo soggetto, uno per uno. Insomma la realtà identica in cui tutti erano non esisteva, anche se appariva così esistere… Così è, ma solo se vi pare! Dio doveva essere con il suo Spirito Santo più in queste persone “menomate e fuori di testa” che in altre, le apparentemente dette “ben pensanti”. Se non altro per una questione di equità. Se a costoro Dio aveva dato uno strumento affidabile, ai cosiddetti “fuori di testa” aveva dato così poco che ora erano tutte in credito di amore e di sapienza vera. Per di più, i primi, grazie ai doni, tendevano a divenire arroganti, mentre i secondi, grazie alla spossatezza, si reggevano solo “in forza di Dio” ed era quanto tutti vedevano e consideravano cosa ben dappoco! In questo momento in cui scrivo sento Loris gridare in modo forsennato e bestemmiare, perché qualcuno o qualcosa non ha rispettato il suo mondo


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interiore… Come dubitare che Dio solo lo sorregga? Sì, un Dio controverso che all’uomo comune sembra avere assunto le fattezze del Diavolo! In altri momenti, accovacciato per terra, Loris piange come un bambino. Più di una volta Modè andò ad abbracciarlo, nel tentativo di trasmettergli una parvenza di solidarietà personale, ma gli trasmise solo l’abbraccio di Dio. Saputo che Modè non mangiava né beveva e quindi era costretto, nei movimenti, a portarsi in giro il trespolo della fleboclisi, più di una volta Loris gli si era avvicinato, a sua volta, nel tentativo di confortarlo. Quanto è edificante vedere l’assistenza reciproca che è in atto tra i cosiddetti “malati di mente”. Hanno momenti che sono, a dir poco, “sublimi”, perché vanno davvero oltre i limiti di una umanità in debito di tutto. Questi momenti sono talmente eclatanti da giustificare poi ogni altro gesto, perfino una caterva di bestemmie! Ci sono persone piene di problemi che riescono in certi momenti a caricarsi delle altrui difficoltà, e vien fatto di ringraziare Dio per questa “lode alla pazzia!” Romano non riuscì a farsi dare del “tu” da Loris. Egli diceva che Modè era il Signore… che sentiva in lui la presenza di Dio. Daniela era una ragazzona sulla ventina, confusa, immemore di se stessa. Mentre tutti erano a colazione, lei era davanti alla sua tazza e non si decideva a mangiare. Le si avvicinavano a turno delle ricoverate e cercavano di farle bere il caffelatte. – Daniela! Non ti ricordi? Sono io! Ieri abbiamo parlato, ti ricordi? – E lei chiusa in un mutismo ebete, con gli occhi trasognanti, gonfi e buoni. Andò, spinta da chissà che, al tavolo in cui Modè stava scrivendo e una ammalata le portò una tazza di cioccolata: – Te l’ho fatta prendere apposta! È buona, assaggiala! – Lei la guardava, attonita, confusa, indecisa, silenziosa. Era aiutata a prendere il bicchiere tra le mani, a portarlo vicino alla bocca, ma poi quello restava lì a due dita dalle labbra e lei non beveva. Ci provò allora anche Modè. – Daniela, che bel nome hai! È buono, assaggia il budino! – Daniela fissò gli occhi nei suoi e stette per una decina di minuti ad osservarlo, mentre egli cercava di riuscire, anch’egli, in un tentativo senza un possibile esito… – Sei buona, Daniela. Lo vedo dai tuoi occhi che sei buona. Vuoi Bene a Gesù? Sai, Gesù è buono e ti ama. – – Mi ama – rispose convinta, ma con una voce così flebile da essere quasi impercettibile. Allora Modè insistette, parlandole dell’amore di Gesù, per lei, ed ella sembrava capire, annuire.


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– Signore, se mi vuoi bene e speri in me (e io lo so) fa’ star bene subito questa ragazza, ti prego! – esclamò Modè ad alta voce, ‘sì che anche Daniela sentisse. Ma non successe nulla: ormai lei solo non staccava più gli occhi da lui, quasi fosse restata ipnotizzata. Il giorno dopo, mentre Modè era in corridoio, gli venne incontro Daniela e gli chiese: – Come sta? – Modè si emozionò. La ragazza si era ricordata, si era evidentemente ripresa e, vistolo nel corridoio con il trabiccolo della flebo in una mano, aveva voluto lei far qualcosa per lui: – Dove sta di letto? – – Qui vicino – rispose Modè. – L’accompagno – E, posta una mano sul trabiccolo della flebo, Daniela lo spinse fino davanti all’uscio della stanza 506. Modè la ringraziò, le disse che era stata veramente gentile ed entrò nella sua stanza, commosso dal modo scelto da Dio per confortarlo, per bocca della stessa ragazza che egli aveva cercato di sollevare nello spirito la mattina prima. Tra le ammalate c’era una sola persona che si era interessata a Modè e che lo aveva interrogato e seguito con attenzione, in relazione ai motivi per cui non mangiava e non beveva: si chiamava Alma Insoli, nata a Tradate il 20.1.1956. A conti fatti lei nacque quando Modè aveva 6.570 giorni che significavano libertà nello spirito (70) in tutto il moto in linea (500) nell’intero intorno (6.000). Anche il suo nome sembrava fatto apposta per Modè, indicando un’anima che dà luce (insoli) in un momento in cui lo Spirito di Modè era costretto tra altri che non gli davano molta libertà espressiva. Infatti medici, infermieri, deviati professionalmente ed abituati a sentirne di tutti i colori, non erano in grado di distinguere le cose serie dalle altre strampalate. Serie in quanto erano motivazioni filosofiche poggiate sulle verità della fisica… Serie per il metodo seguito, scientifico. Un’altra ragazza, sui 28 anni, di nome Micaela Romano, era bersagliata dagli accertamenti sanitari dei servizi sociali che, con frequenza assillante, entravano in casa sua e di sua madre e costringevano entrambe e il fratello, Cristiano Romano, a periodi di cura. Quando chiamavano Romano non si sapeva mai con chi volessero parlare se con lui o con lei…


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Sapute le sue traversie, gli aveva chiesto aiuto, in quanto ella stessa sentiva che era finita ingiustamente in una serie di accertamenti non voluti e che le correvano il rischio di farle perdere un anno di scuola. Lunedì Modè aveva telefonato ad Informazona e alla Settimana che aveva pubblicato un servizio in prima pagina dal titolo “Sono il Messia”. Il giornalista di la Settimana disse che sarebbe passato. Modè voleva che correggessero il taglio dell’articolo che qui vi riproduciamo.


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Luisa, di Informazona, gli disse che l’avrebbe fatto contattare il giorno dopo dalla Direttrice. Modè attese alle 14 e 30 il giornalista di la Settimana, ma non venne. Lo richiamò la mattina dopo, e seppe che non l’avevano fatto passare. Modè gli spiegò la stanza e il numero e gli indicò di passare a trovarlo come se fosse un suo parente. Alle 15 stavolta venne, fece anche una foto e rivelò che avrebbe pubblicato l’articolo scritto da Modè. Romano lo riteneva necessario in quanto su La Settimana erano apparse notizie inesatte e senza dubbio da puntualizzare. Nella sera del martedì passò prima Barbara Baratta e poi vennero Gianni Mammone (editore) e Lucia Benenati (l’attuale Direttore di Informazona). Modè dette loro copia di tutto e raccontò ogni cosa. Mentre erano lì ad intervistarlo, si accorsero che la flebo piazzata da quel pomeriggio nel braccio sinistro era andata fuori vena, tanto che il braccio era gonfio e si era strozzato contro la manica del pigiama, che faceva da laccio emostatico… una situazione pericolosa fu così grazie a loro sistemata, in quanto Mammone corse a chiamare subito le infermiere che tolsero l’ago ed aspettarono che il braccio di sgonfiasse, prima di rimettervelo. La camicia fu scucita nella manica, a togliere di mezzo quella strozzatura ingenerata con l’aumentato volume del bicipite. Il mercoledì fu duro da passare. Verso le 14, dopo una iniezione, a Modè si affaticò talmente la vista che non riusciva più a tenere aperti gli occhi né ad addormentarsi. Provava tanta ansia e disturbo, dalla flebo, dalle punture che non riuscì nemmeno a gustarsi la finale di Coppa dei Campioni tra il Milan e la Juventus. A pochi minuti dalla fine dei tempi regolamentari se ne andò a letto e questo è tutto dire, in quanto a lui, tifoso milanista da tutta la vita! A letto non riuscì a dormire e seppe dal clamore che il Milan aveva vinto ai rigori e non riuscì nemmeno a provarne la gioia che avrebbe pensato! Finalmente riuscì ad addormentarsi, dopo le 24. L’indomani, 29 maggio, sarebbe stato per lui un giorno particolare. Dette l’incarico, al mattino, di comperare La Settimana (per leggere l’articolo riparatore), più il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport (per leggere del Milan). Sul settimanale saronnese non trovò l’articolo che aspettava. Dopo l’enfasi data la settimana prima ora non c’era neppure un rigo ad evidenziare il suo imprigionamento nell’Ospedale Psichiatrico! Evidentemente c’erano state pressioni per tener nascosta una notizia piuttosto scottante.


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Modè si tagliò definitivamente la barba restata incolta fino a quel momento e, anche per ringraziare Dio della vittoria del Milan (che gli sembrava di aver tradito, data la poca festa che gli aveva fatta), decise che era giunta l’ora per una grande svolta: avrebbe smesso la sua astensione da cibo e bevanda e se ne sarebbe andato via da questa Città di Saronno, di grandissimi prepotenti e violentatori delle libertà dei più piccoli ed indifesi. Il medico glielo aveva detto: non lo faceva uscire solo a causa del suo astenersi dal mangiare e dal bere. Il suo Giuramento di Ippocrate gli impediva di lasciarlo andare a casa a farsi del male da solo. Pertanto, smessa la protesta, tra breve Modè avrebbe riacquistato la sua libertà. Allora se ne sarebbe andato a Montesilvano, se Maria Grazia veramente lo voleva. Le telefonò e glielo disse. Lei ne fu contenta. Si parlò di matrimonio. Ne avrebbero parlato meglio al più presto. I medici furono contenti della apparente resa di Modè al buon senso. Infatti che scopo c’era a tentare uno sciopero così spinto se poi loro glielo vanificavano di tutto punto? A che scopo il disturbo di movimenti impacciati, sonno disturbato e tanti altri legati alla flebo perennemente piazzata nel suo braccio? Aveva resistito dal 24 al 29, cinque giorni esatti e bastavano a dar prova di una protesta. Se avesse proseguito non avrebbe aggiunto che martirio al martirio già fatto da tutti contro di lui. Così Modè decise di mettersi in azione e chiese alle infermiere che aprissero l’armadio in cui nella sala soggiorno c’erano i colori, in quanto avrebbe passato volentieri parte del suo tempo disegnando. Fu così che si stabilì un qualcosa che ben aveva visto durante il servizio militare: cominciò ad eseguire a memoria il ritratto a gessetti di cera, per il suo amico Loris. Angelo Muoio ne volle subito uno e ne fu entusiasta. Ne volle uno anche Alma Insoli e furono tali le ovazioni di tutti che Modè poco dopo ricevette la visita di una bella donna che era entrata da due giorni in reparto. – Desidero 4 ritratti, per me e per la mia famiglia; ad olio e li pago, costino quel che costino – Modè vide in lei una somiglianza con qualcuno che aveva visto a lungo, ma che al momento non individuò. Lo avrebbe fatto solo dopo essere uscito dall’Ospedale, molti giorni dopo e nel momento il cui Matrix relowded fu programmato a Saronno: era Trinity, senza alcun dubbio! Il personaggio femminile che era la compagna di Neo. Il Signore seguitava insomma a giocare con lui, mandandogli messaggi strani tra il vero e il simulato, tra la realtà nostra e quella dei film di pura fantasia.


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Ma Modè sapeva bene che anche questa realtà nostra esisteva allo stesso livello agli occhi del Dio supremo Soggettista e Regista.: come una simulazione, come quella di “Matrix” per noi, o del “The Truman Show”. Infatti, questa donna, il cui nome era Franca Boccia (e rimandava all’affrancamento da una bocciatura) si rivelò presto per Modè come la figura di Trinity per Neo: chi apriva il futuro e ridava (in un certo senso) all’eletto la sua funzione di particolare elezione. Nel film è Trinity chi strappa Neo alla morte simulata in Matrix e lo porta a risuscitare e a bloccare perfino il tempo e il moto delle pallottole. Nel nostro racconto (in questa Matrix di Dio, disegnata così dal Signore per Amodeo e per Franca Boccia), Modè è stato reintrodotto dall’Angelo Muoio nei panni di Neo ed ora compare Trinity ad aprirgli la via del Papa. Infatti questa Trinity aveva uno zio che lavorava in Vaticano ad un posto di prestigio, ma che ne era stato scacciato quando, risposatosi, la Chiesa non aveva voluto accettare la cosa e l’aveva estromesso. Sembrava come se, in questo disegno, Modè-Neo dovessero andare contro il Sistema di Matrix per tentare di distruggerlo, avvalendosi tutto e solo di argomenti e strutture controlegge, illegali. Egli e Franca erano due rinchiusi per lo stesso motivo di un abuso della Società e suo zio era un escluso da una Chiesa che era incapace a seguire lo sviluppo dei tempi. In Paradiso, come spiegò Gesù, non ci si sposa, né si assumono legami privilegiati e così dovrebbe essere anche qui. Ma se esiste una legge essa va rispettata, fino a quando non la si cambia. La Chiesa dovrà sciogliere i matrimoni perché presto la famiglia aprirà i suoi confini e diverrà una famiglia di tutti e non solo chiusa attorno alla sua esclusiva sacralità. Bisognerà intervenire modificando il Sacramento del Matrimonio, precisando che tutti gli uomini sono già sposati l’un l’altro e che ogni chiusura all’amore è valida in un campo avverso, ma non in quello di un Paradiso Terrestre, quello che la Terra presto diverrà. Conosciuto l’interesse di Modè a trasmettere un suo messaggio al Papa, Trinity si dichiarò pronta ad attivare suo zio e lo fece, gli fece parlare con Modè, tanto da inquadrare per bene l’argomento: semplicemente una comunicazione che riuscisse a perforare la griglia di protezione che impedisce poi allo stesso Papa di essere libero. Per una incombenza di questo tipo Modè doveva riuscire a violentare tutti i divieti di accessi che tenevano il Papa lontano dai bambini, andando contro a quanto detto ripetutamente da Gesù ai suoi discepoli: &lt;&lt; Non allontanate da me i bambini! &gt;&gt;.


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In particolare il Papa ne aveva chiamato uno e questo desiderava rispondergli, ma le strozzature del Sistema (Matrix, la Matrice) impedivano alla risposta di arrivare. Ebbene Dio ci sarebbe arrivato attivando le linee di una strategia tutta avversa e forse questo era lo scopo anche nascosto per questa forzosa reclusione presso l’Ospedale Psichiatrico: &lt;&lt;Che Neo e Trinity si incontrassero in Matrix, per portare, grazie all’Oracolo, all’uomo delle Chiavi (lo zio di Trinity) e infine all’Architetto vestito di bianco che appare in Matrix relowded (il Papa) &gt;&gt;. Il tutto come se davvero questa storia, che ci sembra reale, non fosse altro che una avventura identica a quella di Matrix !!! Lo aveva già affermato Pirandello scrivendo “Così è se vi pare” o anche “6 personaggi in cerca di autore”. Pirandello il cui stesso nome Pira…randello è la chiara definizione di un randello attizzafuoco! Il randello di Modè era una certa Legnani ed era stata la causa profonda di tutto questo fuoco così incredibilmente, fantasiosamente e fantasticamente attizzato… Modè volle conoscere la data di nascita della sua Trinity e seppe che ella vide la luce quando egli aveva 9.545 giorni di vita. Essi indicavano nel 45 l’angolo di visuale tale da bloccare l’attimo fuggente, di tutto il moto della massa (54) e di tutta l’energia di spostamento dello Spirito santo (9.000, ossia 9×103)... insomma “Trinity”! Una persona in grado di fargli bloccare l’attimo fuggente… Ma a che tipo di realtà di arriva – così – in quanto a questa vita? A quella di Matrix, in cui, alla base della vita, c’è un progetto. Il Primo, perfetto, non fu accettato dall’uomo che rifiutò il Paradiso Terrestre, da cui il secondo, adattato ad un uomo imperfetto che, se non conosce prima la delusione o la sofferenza, non può gradire ed apprezzare il Bene e la vittoria. L’imperfezione dell’uomo è il suo bisogno di arrivare al Bene attraverso la via del Male, quando invece è il Bene ad essere per prima, essendo il male solo una sua visibile diminuzione. Non essendo perfetto l’uomo, egli, per arrivare al Bene doveva necessariamente partire dal Male, per cui in un originale Paradiso Terrestre, egli non stava bene. Chi leggerebbe un libro senza paura di sconfitte, senza crolli, morti e risurrezioni? Allora occorse una seconda edizione di una Matrix imperfetta che però contenesse in se stessa un Oracolo di successo, al fine di averne speranza. E – affinché fosse poi una speranza motivata – occorreva che alla fine si pervenisse davvero al bene. Le stesse macchine avevano piazzato in essere il loro stesso superamento: questa era la verità dell’Architetto vestito di Bianco, del secondo episodio di Matrix. Questa era anche la figura del terzo segreto di Fatima,


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di quel Papa cui si attentò la vita ma che poi l’avrebbe persa, come sacrificio a Dio, il 25 maggio del 2004. Dio l’ha rivelato inserendo il film Matrix tra gli interessi dell’uomo e chi l’ha scritto ed ideato (i fratelli Ciakowsky) sono stati i moderni profeti di Dio, così pure come chi ha scritto “The Truman show”. I profeti d’oggigiorno sono gli scrittori che usano la fantasia perché è la fantasia la facoltà libera davvero che più avvicina a quella perfetta di Dio. Quelle tre pile di persone, i cui corpi erano accumulatori per l’esistenza delle macchine, sono realmente i nostri corpi di adesso, finalizzati all’energia della macchinazione di Dio… una vera e propria “macchinazione”! Modè sta tentando davvero di compiere quanto Neo compie: trasformare quei corpi morti in corpi vivi. Ma è la stessa interpretazione di Pinocchio, in cui ad un corpo di legno va sostituito un corpo vivo e di carne. Quando l’uomo avrà capito l’intero sviluppo della sua vita, allora sarà riscattato dalla macchinazione di Dio. E sarà proprio la macchina messa in atto da Dio a liberarlo del tutto. Tutti gli interventi prodigiosi che sono visti oggi, nel campo medico, portano alla possibilità di un uomo perfettibile per via genetica. E quando anche questa prassi sarà stata introdotta da Dio, la Terra diverrà il Paradiso Terrestre originario, del primo progetto di Matrix. Lo diverrà vincendo una sola cosa: le coscienze dell’uomo, nel loro resistere al bene, nel loro non volere affidarsi ciecamente. Quando l’uomo si affiderà del tutto al sistema e comincerà a capire come sia un bene ogni azione che gli tocca (per brutta o bella che gli sembra) allora farà immediata esperienza di bene e la fiducia si sostituirà alla sfiducia di prima e al bisogno di un intervento personale. In sostanza noi oggi siamo degli attori che non accettano la bontà della trama in cui sono inseriti. Come un Pavarotti che dissentisse in ogni istante dalla partitura del gran Maestro Compositore. Ciò perché Pavarotti è impaziente e vorrebbe fare solo acuti e gran do di petto… Invece la musica è bella solo perché quei momenti sono una eccezione. Un Cantante, pur bravo, che l’ignora e che cerca di modificare invano quello che deve cantare, è un cantante infelice. Solo alla fine, arriverà a quel momento esaltato ed esaltante che avrebbe voluto e solo allora gli diventerà tutto bello, ma solo in quanto portato pazientemente per mano da un gran Regista che gli ha impedito tutti i guasti che egli avrebbe introdotto per voler emergere sempre, sempre e sempre. Una luce anche pallida, se è contornata di nero sembra brillare, ma se è contornata da parti ancora più luminose sembra essere un’ombra.


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Quando i cantanti si convinceranno come l’opera sia bella proprio così come è scritta e che debbono anteporre la fiducia, solo allora potranno togliere di mezzo la loro imperfezione e vedranno sparire del tutto ogni negatività di giudizio sull’opera della vita: una cosa infinitamente, assolutamente bella, piena di sapienti chiari e scuri che mettono il tutto in estrema bellezza, il chiaro facendo il chiaro e lo scuro facendo lo scuro. Ma chiaro e scuro allora partecipano tutti al chiaro! E sarà una vita perfettamente gustata, da ogni punto di vista che sia possibile. Il Creatore ha ottenuto tutto questo poco alla volta, partendo dalla perfezione e poi togliendone parti sempre più rilevanti. Questo muoversi va dal cosiddetto futuro (il Paradiso Terrestre) verso il cosiddetto passato (l’anarchia assoluta e la pura lotta per la sopravvivenza). Ma Dio ha messo in atto una percezione rovesciata per la quale, data l’azione, si osserva in atto la reazione. In tal modo tutti vedranno una umanità andare sempre più verso il progresso, a mano a mano che vanno verso il passato. Ed è tutto ridotto ad una infinita staffetta delle vite, in cui ogni singola anima occupa solo un piccolo tratto all’interno della soluzione globale. In tal modo ciascuno farà tesoro di una esperienza inversa per il fine di quella veramente diritta. Quella diritta porta ciascun vivente al punto iniziale di tutto, il tutto compresente in Adamo, perfino Eva “clonata” da una sua costola. In Adamo tutto coesisterà in uno ed egli sarà l’erede di Dio in cui ogni singola anima presente, all’interno di una pressoché infinita moltitudine, si avvarrà delle vittorie altrui per soddisfare eternamente la propria fame e la propria sete acquisite come il necessario “interesse” al prestito delle varie vite pregresse, di tutti come di un tutt’uno. Dunque l’uomo e la sua storia stanno evolvendo verso questo Paradiso Terrestre, così disegnato dalla matrice di Dio e Modè è il definitivo salvatore, perché sta apportando la conoscenza di tutto quanto manca all’uomo ancora da conoscere. L’uomo crede se stesso molto sapiente, ma ignora ancora la risposta alle domande fondamentali: “Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?”. Non conoscendo questo è come se ignori l’esistenza del rubinetto che versa acqua e che sta allagando l’ambiente, perché il lavandino si è ingorgato di carta… Questa esperienza fu fatta assumere da Dio a Modè proprio tra i cosiddetti “deficienti di buon senso”, che si ostinarono a mettere cartaccia nel lavandino, per tapparlo finché si lavavano le mani. Restato tappato, qualcun altro lo lasciava aperto e un sistema sprovvisto del troppo pieno (che dovrebbe impedire all’acqua di tracimare), inondava di acqua il pavimento. Se quelle persone avessero disatteso di osservare l’acqua derivante dal lavandino, giudicando incomprensibile un


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lavandino che versava acqua, e fossero divenute esperte nell’asciugare… secondo voi… sarebbero state intelligenti? Ecco l’arbitrio dei nostri giorni! Appartiene a chi ignora di dove viene, cosa fa e dove va e crede di essere saggio perché durante il giorno sembra che si dia da fare per il meglio a tenere asciutto il pavimento con un aspiratore dell’acqua che seguita a cascare dal lavandino ingorgato! Quando l’uomo darà retta alle motivazioni apportate da Modè, sarà finalmente possibile il Paradiso Terrestre, perché sarà stato sgorgato il lavandino, avendo rimosso l’ostruzione data dalla carta… Dunque un incarico dato a Modè degno di migliore accoglienza di quanta avutane, ma di questo la colpa non era di nessuno, in quanto ciò era solo la trama di Dio, voluta da Lui per dare poi a ciascuno la percezione dei meriti personali dei vari personaggi… come avviene in ogni teatro. Perché questo è sorprendentemente bello: nessuno ha veri meriti, ma Dio vuol darcene, vuol metterci in condizione di vivere il suo progetto come se vi avessimo partecipato fattivamente e non solo interpretativamente.


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Durante la piaga delle cavallette Su Informazona il 30 maggio 2003 uscĂŹ il bellâ&amp;#x20AC;&amp;#x2122;articolo, che riproduciamo.


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All’ospedale non furono molto contenti, soprattutto della fotografia… che però era stata autorizzata da Modè e quindi in contrasto con le idee dei medici che, se uno è ricoverato al SPDC deve essere senza dubbi ammalato e deve essere costretto a fare le terapia. Poiché il tutto è costruito come un castello di carta sulla prima dichiarazione di un medico che, senza neppure aver fatta una visita, decide di fare l’opinionista e di farsi promotore di una cosa ingiusta, chiunque stia poi al gioco ha le sue brave colpe. Infatti Modè fu visto agitato dal dottore e – secondo lui – non avrebbe dovuto esserlo… Ma come? Sei prelevato a casa da due vigili e costretto ad una visita medica e non dovresti essere profondamente irritato? Modè fu costretto ad assumere una terapia che non avrebbe voluto, dato la sua estrema e fondata convinzione dell’inefficacia di molte medicine, alcune delle quali sono considerate valide se solo danno una risposta positiva del 30% in più rispetto a chi ha assunto solo un placebo! 1/3 determina una medicina che funzione… e gli altri 2/3? Hanno certamente gli effetti collaterali! Modè spiegò inutilmente ai medici l’avversione motivata ad assumere farmaci e, poi, disciplinatamente, essendo sotto la loro responsabilità, volle dargli la prova di che cosa sarebbe successo ad un tipo come lui: che le medicine avrebbero sortito un effetto contrario. Ne avrebbero avuto la prova e – sperava – che dopo si sarebbero comportati meglio, con gli altri pazienti. Insomma Modè era disposto a fare come al soluto: la vittima e la cavia per il progresso degli altri. Lo avrebbero visto! Ne era certo: quelle medicine, per quanto blande (20 gocce di Serenaze due volte al giorno), su un fisico acerbo a tutte le medicine, come il suo, avrebbero prodotto un effetto devastante… Quanti primitivi Hawaiani morirono, addirittura – nella loro vita tutta natura e sole – di morbillo, orecchioni e di tutte le malattie infantili dell’uomo bianco? Vennero infine tre giorni, sabato, domenica e la celebrazione del 2 giugno, in cui i medici latitarono alquanto e il 3 giugno Modè fu finalmente dimesso, con la goccia che gli avrebbe fatto tracimare il vaso: una puntura i cui effetti dovevano durargli un mese… tant’è che il primo luglio avrebbe dovuto ripeterla. Ponete l’attenzione a questa violenza, o lettori. Amodeo, persona in se stessa come poche, semplicemente perché era entrato in questa struttura doveva ricevere le cure… Il colpevole era il primo medico che, senza neppure conoscerlo né visitarlo aveva deciso l’accertamento coatto. Così Modè preparò la sua difesa. Per prima cosa andò a La Settimana e si dichiarò deluso del fatto che non avessero pubblicato il suo pezzo, che avrebbe raddrizzato la idee, poi gli disse chiaro che se non lo facevano li avrebbe denunciati per violazione della Privacy, perché avevano fatto nome e cognome ed era finito nei guai. Lo rassicurarono: avrebbero pubblicato il suo pezzo. Venne però il giovedì 5 e non ci fu nessuna notizia su La Settimana, mentre Informazona pubblicò questo servizio.


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Venerdì 6 Modè si recò dai carabinieri, con una duplice denuncia al giornale e al medico e – sicuro del fatto suo – chiese di depositarla. Il maresciallo lesse tutto con attenzione e lo pregò di aspettare lunedì, perché non aveva tempo quel giorno, essendo di pattuglia. Ecco, nella vita le cose dipendono da dettagli simili. Infatti con una copia della denuncia passò dalla Settimana e li rese edotti di come, se i Carabinieri avessero avuto tempo, sarebbero stati già denunciati. Il caporedattore e il Giornalista Ross si dichiararono spiacenti: non avevano pubblicato l’articolo solo perché volevano pubblicare anche la foto, ma l’avevano cercata e non l’avevano trovata… Comunque Modè non doveva temere e gli fecero già vedere il suo pezzo presente nella pagina del numero seguente: volevano che ci fosse le foto e gliela fecero di nuovo, cogliendo la palla al balzo. Venne il lunedì e Modè presentò questa denuncia ai Carabinieri: AL COMANDO DEI CARABINIERI DI SARONNO Io sottoscritto Romano Amodeo, nato il 25.1.1938 ed abitante a Saronno in via Larga n. 12, porgo denuncia di grave violazione della mia libertà ad un medico che non conosco (ma che risulta dagli atti) ed al Sindaco Gilli, di Saronno. Premetto che sono sempre stato un cittadino integerrimo, esemplare e geniale, di cui Saronno farebbe bene ad andar fiera, come risulta dal Curriculum che allego. Premetto anche che la legge 180/1978 all’articolo 1 recita, all’ultimo comma, che &lt;&lt;Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di un medico. &gt;&gt; Io ritengo che la proposta MOTIVATA di un medico sia il possibile risultato solo di una visita medica, non esistendo ancora la medicina “per corrispondenza” o “per opinioni altrui”. Questa diretta visita medica , invece, non c’è mai stata e un medico (che neppure mai mi ha incontrato né conosciuto), violando la sua etica professionale, ha osato esprimere giudizi “per sentito dire o per averli letti e fatti suoi ”. Io denuncerò tale comportamento anche all’Ordine dei Medici, avendo avuto l’onore di essere per 4 anni Consigliere del mio Ordine professionale degli architetti ed intendendomi molto bene di qual sia l’ETICA PROFESSIONALE. Un medico pratica la medicina e non la cultura delle idee interpersonali, non è un “opinionista” (tanto per intenderci). Denuncio anche il Sindaco Gilli che sulla base di una proposta IMMOTIVATA di un medico, il 23 maggio corrente ha operato affinché fossi prelevato dai Vigili per una visita coatta INAMMISSIBILE. Avendo già in corso, presso i Carabinieri di Saronno, due denunce (febbraio 2002 e gennaio 2003) contro l’Amministrazione locale, sia del Comune, sia della sua Polizia Municipale, come non sospettare che sia in atto il tentativo di discreditare un cittadino troppo poco propenso ad accettare supinamente i torti subiti? Per tutto quanto il Magistrato intenda essere un reato, chiedo che si intervenga affinché finalmente mi sia fatta giustizia (dal febbraio 2002 sono già 15 i mesi trascorsi! Quanto è “lenta” la giustizia per gli umili e quanto “sollecita e prepotente” è quella dei “potenti”? Il medico, se lo voleva, poteva visitarmi…). In relazione al presente caso chiedo, sia al medico, sia al Sindaco Gilli, un risarcimento civile pari alla violazione della mia grandissima dignità, che appare dal “curriculum” che allego: almeno un milione di euro. Saronno 9 giugno 2003 Romano Amodeo


724 CURRICULUM di una persona geniale: Romano Amodeo. Figlio di un Direttore Didattico e di una nobile insegnante (sorella di un Marchese), mi laureai nel 1969 e appena l’anno dopo vinsi un concorso al massimo livello tecnico del CIMEP (80 comuni in Consorzio, tra cui Milano, nel Consorzio Intercomunale Milanese per l’Edilizia Popolare) equiparato a 12 anni di anzianità nel corrispondente ruolo del Comune di Milano. In questo ambito nel 1974 diressi per il CIMEP le trattative con la Gescal per il Piano Straordinario di centinaia di migliaia di alloggi, che seguii nella sua attuazione; diressi la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria in tutti e 80 i Comuni, essendo a tu per tu con Sindaci e Amministratori, che mi stimavano tutti e rispettavano. A due anni soli dalla mia laurea fui eletto Consigliere dell’Ordine degli Architetti di Milano, Pavia e Sondrio e nel 1973 fui il più votato in assoluto, tanto da sfiorarne la Presidenza e sarei stato, a 35 anni, il più giovane Presidente della storia dell’Ordine di Milano. Nel 1975 fondai il mensile tecnico “Architettura e Pianificazione in Lombardia”, da Editore e Direttore. Diressi inoltre per 10 anni l’esecuzione di AeP, il mensile degli Ordini Architetti della Lombardia e preparai centinaia di libri per Pirola, Gruppo Editoriale Fabbri, il Sole 24 Ore, Mondadori, ed altri minori... Nel 1985 mi cimentai con l’intelligenza artificiale e con l’industria ed ideai ed attuai in prima persona un Programma di Innovazione Tecnologica, per 1,2 miliardi di stanziamento statale, volto a far dialogare tra loro i Computer; intervento felicemente collaudato dalla commissione ministeriale. Da questo la mia “sventura”, perché il dialogo tra i Computer dava noia all’industria e guastatori devastarono lo stabilimento e rubarono 28 miei prototipi. Dovetti chiedere il Fallimento, nel 1988, in quanto i Carabinieri di via Moscova, a Milano, chiusero le indagini senza alcun risultato. Mi ritrovai con la mia mamma ammalata del Morbo di Alzheimer e – sull’onda di un Cristianesimo operativo che da decenni determinava tutte le mie scelte – lasciai tutto per accudire lei. Giunsi a Saronno in quei momenti, come un poveretto, divenuto tale per risolvere gli altrui problemi. Ma qui, per i miei studi relativi all’intelligenza artificiale ed umana, fondai una scuola di Filosofia della Fisica. Non un qualcosa di propositivo del pensiero altrui, non una storia della Epistemologia, ma scienza diretta, osservazioni di prima mano. Ce ne sono state forse mai altre, in Saronno? Giunsi a dare plausibile risposta scientifica alle domande “impossibili” tipo “Chi siamo? Da Dove veniamo? Ove andiamo?”. Nessun altro al mondo ha saputo ancora farlo… Come potrei esserci arrivato da me solo? Così non mi detti arie ed ammisi di averlo potuto ricevere solo in dono e senza alcun merito, per esser voluto come un puro “messia” della Verità (Spirito S anto), il che significa “messaggero” del Padre e non “Gesù Cristo” (tanto per intenderci). Stavo conducendo, inoltre, studi e sperimenti per attuare la fusione fredda dell’atomo, per la quale fin dal 1994 avevo presentato una Domanda di Brevetto, restata senza esito essendo allora solo poggiata sulle idee. Avevo realizzato, con industrie compartecipi, 4 miei prototipi e stavo per iniziarne la sperimentazione quando il 29.1.2002 fui investito da un pullman e per un pelo non morii. C’è qualcun altro in Saronn o che si sia mai accinto, spinto da sé solo, a questioni di così alto profilo ed interesse mondiale? Io sono stato l’unico ad aver potuto rispondere operativamente, con un Convegno (di cui Saronno dovrebbe andare fiera), al Papa che auspicava “altre vie” che portassero a Gesù Cristo, ma, oltre a non esserne fiera, Saronno ha talmente ostacolato il risarcimento di questo incidente stradale da avermi costretto a due denuncie ai Carabinieri: una contro il Comune e una contro i Vigili urbani, denunciati entrambi per “falso volontario” (febbraio 2002 e gennaio 2003). Infatti mi son visto passare – per vere bugie documentate da fotografie – dalla parte della ragione a quella del torto e ne discuteremo presto in Tribunale, in cui Comune e Vigilanza saranno finalme nte costretti alla Giustizia dell’Uomo.


725 Non contenti già di questa ingiustificabile vessazione, lo spirito più indipendente e libero che mai ci sia stato in Saronno è stato costretto in ultimo a visita presso l’Istituto Psicosociale in quanto, per tutte queste malefatte io sospetto il pericolo che sia Dio (che m’ha sempre aiutato) ad aiutarmi ancora, facendomi Egli Giustizia e lo dico: &lt;&lt; Dovete temere ed attendervi un Castigo di Dio! &gt;&gt; Di Dio e non certo mio! E’ un reato fare un “Oracolo”? E’ pura attività profetica, protetta dalla Costituzione italiana che protegge ogni “Credo” religioso. Ma se “veri stupidi” non sanno nulla, né di lingua italiana, né di filosofia, né di “profezia” e scambiano ancora un Profeta per uno che minaccia (con che arma? Dio? La Giustizia di Dio è una minaccia?) cosa dire della violenza patita per mano di chi ora mi ha tolto 12 giorni di libertà nel tentativo di farmi chiudere tra i matti? Dire che sono persone “democratiche”? No, solo che sono “ceffi da galera”, e che di questa e delle altre affermazioni, io, Romano Amodeo, mi assumo ogni responsabilità, dichiarando che gli farò causa, in quanto ho visto calpestata fino in fondo la mia intelligenza da veri “faciloni” che, pur di avere consenso popolare, violano la libertà di “Credo” religioso in un Paese che, grazie a Dio, ha ancora questa libertà! Qui non opera né Komeini, né chi è come lui. Romano Amodeo

Il giorno 11 giugno Modè scrisse all’Arcivescovo Tettamanzi, inviando a lui a ad altri, per conoscenza, la seguente lettera. Al Cardinale Tettamanzi, futuro Papa Giovanni Paolo III, eletto l’11.6.2004 E per conoscenza a: Don Carlo, al Sindaco di Cogliate, alla Presidentessa e Maestra del Coro parrocchiale, a Don Luigi Carnelli Caro Arcivescovo, tra un anno esatto lei sarà eletto Papa e credo da me: morto io il 9.6.2004, Vi apparirò, per grazia di Dio risorto in conclave, e lei sarà fatto Papa. Se avesse dubbi a suo tempo li dirimerà: a cominciare dal 25.05.04, data in cui Papa Woitila andrà in Paradiso e io mi paralizzerò al 100%. Spero non intendiate anche questa profezia una minaccia, come si usa a Cogliate… Per adesso stiamo a guardare i “cattivi” che, dopo di essere riusciti a crocifiggere me, amico di Gesù, fanno festa per il loro Crocifissore, che il 29.6 compie 50 anni di Sacerdozio. Queste brave persone hanno trovato un medico che si è assunto un pesantissimo compito: senza avermi visitato né mai conosciuto, si è fatto autorizzare dal Sindaco ad un ricovero coatto, di cui io ho porto la denuncia che allego alla presente! Da chi sarà stato mosso questo “Medico”? E da chi altro se non da coloro che già m’intimarono di andare a farmi curare? Non occorrono i nomi. Queste persone credono di fare molto, festeggiando in Chiesa il loro Parroco, ma Lei, futuro Papa, sappia che dal 23 novembre 2001 Cogliate è divenuto come latte Cagliato agli occhi di Dio: una Chiesa DISSACRATA, dopo che ne cacciò, per la prepotenza di tutti, un giusto che li amava e che per loro non contava niente. È divenuta una Chiesa di PREPOTENTI e Lei dovrà ricordarsi di riconsacrarla, quando sarà fatto Papa, perché veramente in quelle Ostie da allora non c’è più Gesù.


726 Dunque io non imparo la lezione?… Oh, non l’imparo mai dai chiaramente cattivi. Al massimo, dopo di avermi fatto rinchiudere tra i matti, potranno proprio crocefiggere anche me… Ma l’hanno già fatto perché mi dettero già un dolore superiore alla morte quando il 13.11.2001 mi cacciarono ingiustamente dal Coro della Chiesa che avevo eletto da tre anni come mia. Che tutti seguitino a far festa, anche l’intelligentissimo sindaco che hanno a Cogliate! Tutte persone che, sapendo che avrei potuto morirne, se ne sono fregati ed oggi faranno festa, avendo inimicizia per me nel loro cuore, per me che gli voglio invece sempre e solo bene. Se costoro hanno scambiato l’avviso “ATTENTI ALLA GIUSTIZIA DI DIO!” per una minaccia è solo il segno del loro duro cuore. Dio punisce il giusto per il peccatore e all’intimazione “Vai a farti curare!” del Parroco ha fatto seguire che io fossi costretto ad andare a farmi curare e proprio nell’ora esatta e nel giorno che avevo preannunciato! Anche al &lt;&lt;Crocifiggetelo!&gt;&gt; detto a Gesù fece seguire la Sua crocifissione. Paga sempre il giusto per il peccatore… così gli rimorde la coscienza e si pente. Con affetto Saronno, 11.6.2003 P.S. Una copia di uno dei tanti libri che ho scritto e sul quale si descrivono le belle gesta accadute a Cogliate. Ritiene che io abbia rancore? No, pena: in 2 anni nessuno si è preoccupato di chiedermi delle semplici scuse. Han trattato da nemico me, un grande amico!

Lo stesso mercoledì 11, su La Settimana, dopo che Modè aveva denunciato medico e sindaco per la vessazione dovuta subire, fu corretta la brutta idea che era stata data con il primo articolo, quello in prima pagina con il testo “SONO IL MESSIA”. Modè non era stato però contrariato da quel titolo e neppure dal fatto che avessero pubblicato argomentazioni distorte: gli premeva soprattutto che certe sue affermazioni nette fossero apparse su un giornale e appartenessero pertanto a documentazione certa. La sua lettera ai Sindaci, quella fatta protocollare, lo era stata per lo stesso fine supremo di lasciare chiare tracce storiche, prima che i fatti successivi poi avrebbero potuto far pensare a macchinazioni. La stessa apparente sfida lanciatagli dal giornale non gli era dispiaciuta proprio a quel fine. Intanto poi gli aveva dato modo di raddrizzare le idee, come fu fatto e come risulta nelle prossime due pagine.


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E il venerdì ci fu quest’altro, pubblicato su Informazona.


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La pena delle cavallette

Successe quanto Modè temeva: egli, del tutto vergine alle droghe, ai calmanti ed alle medicine, sottoposto ad una cura pure blanda, impartitagli dai medici, fu messo in una tale condizione di nevrosi da sfiorare un vero e proprio dramma. Aveva sempre creduto di essere in grado di resistere a tutte le situazioni di nevrosi, forte di un animo sempre dominato dal suo autocontrollo e invece si rese conto che, quando motivi di chimica si immettono, sono veramente poco controllabili dallo spirito dell’uomo. Si scoperse comminare a fatica, con una andatura quale quella che egli in passato aveva vista in Maria Teresa Mazzola, una ragazza completamente plagiata dalla farmacologia: come se anziché camminare rotolasse su pattini a rotelle. Le giunzioni gli doloravano e ogni passo era fonte di una percezione disagevole. Anche senza avere un solo dolore, da nessuna parte, aveva dentro come una tremarella di fondo che gli ingenerava uno stato ansioso diffuso per il quale si sarebbe messo a gridare, a ferirsi, a schiaffeggiarsi, per provare dolore, almeno nella concretezza di una sensazione vera e propria. Era soprattutto stress, era uno star male diffuso, senza altro possibile rimedio che quello di mettersi a curarsi dell’effetto di quei farmaci con altri farmaci. Modè, che voleva recuperare la sua stabilità ed autosufficienza, si trovava così come se fosse stato un drogato che avesse crisi di astinenza e che assolutamente non voleva ricorrere ad altro, palliativo o no che fosse. L’unica cosa naturale che trovò per calmarsi fu quella del sesso ma, essendo una pratica autoctona arrecava disturbi di altro genere anche se aveva una certa qual funzione calmante. Altra piccola soddisfazione era il cibo: allorché il suo stomaco era gonfio la nevrosi si alleviava, ma i chili tendevano poi ad aumentare. Ci si aggiungano 10 gradi oltre la solita temperatura ambientale e si ha il quadro di un vero tormento indotto in Modè da quel bravo medico che volle punirlo, spinto da altri che volevano punirlo per le minacce che avevano inteso che egli aveva loro fatte.


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In corrispondenza al suo malessere c’era quello del mondo: terrorismo, omicidi e suicidi, malattie, terremoti ed ingeneravano nell’uomo uno stesso fondamento di ansia e di timore. La tensione ad Israele era divenuta altissima, con attentati e condanne a morte tra AMAS ed Ebrei ed attorno una umanità sempre più allarmata e preoccupata. Per darsi una mossa e non stare ad aspettare gli eventi, con un simile atteggiamento mentale, Modè pensò fosse il caso di mobilitare i suoi parenti e gli amici che intendessero alzare il tono della protesta con il comune di Saronno e di Cogliate. Preparò una sottoscrizione di un esposto che in sostanza imponesse ai due Sindaci di tenere le mani lontane da Romano Amodeo e dalla sua intelligenza. Nel testo c’era un attestato di stima per le condizioni di salute e per le capacità razionali del malcapitato, unite alla preoccupazione per la sua salute e la sua stessa vita. Infatti va detto che se Modè fosse stato nelle condizioni normali di un uomo senza grandi obiettivi morali e senza una grande fede, arrivava a momenti di tale disadattamento che, se avesse avuto un’arma, l’avrebbe puntata contro se stesso. L’alto profilo della sua mente, solo quello erano una garanzia assoluta per la sua vita, ma le tensioni indotte dalla chimica dei farmaci dovuti assumere a forza senza che ce ne fosse il bisogno avevano creato una tale dipendenza che non riusciva più a dormire senza alzarsi una cinquantina di volte dal letto ogni notte… Quando questo testo sarà ultimato, lo pubblicherò, perché i nomi che vi saranno allegati saranno poi oggetto di grandi meriti agli occhi di Dio ed è giusto che essi siano noti. Con quest’elenco andò a Milano per raccogliere le prime firme. La prima in assoluto fu però a Saronno: la sua amica Antonia Bruzzese, la panettiera e sua compagna di Coro: una persona bellissima e dotata di una grande quantità e qualità di buon senso, che gli era stata sempre vicina in tutte le sue rivendicazioni fatte in passato, con una massima sensibilità ed una grande stima e fiducia. Poi Modè andò da suo cugino Gen Baratta, in via Varese e incontrò la famiglia: Guido, il figlio più giovane, Ettore, sentito per telefono e Giusi Fiadino, la moglie di Gen, che per un certo periodo della sua vita era stata sua dipendente, ai tempi dell’ufficio in via Colletta 65. Qui notò una cosa: se si fosse scaricato fisicamente avrebbe avuto qualche giovamento; infatti Guido aveva tirato di box ed aveva due paia di guantoni; ne piazzò uno ai polsi di Modè ed uno sul suo e dettero luogo ad un piccolo tentativo di un allenamento pugilistico. Da esso risultava che Modè era tuttora vivo nei suoi riflessi e pronto, quando la grinta e l’adrenalina lo soccorrevano. Si rese conto che la raccolta delle firme gli giovava, perché scatenava le sue risorse in un certo modo


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secondo lo stesso schema di quella sfida pugilistica, ovviamente finta, senza colpi portati: una sorta di pugilato-karate, con tutte le mosse ma senza nessuna violenza sulla persona. Gli misurarono la pressione e notarono che variava con una massima frequenza, passando la massima da 145 a 120 nel giro di pochi minuti. Assunse due kiwi e due bei bicchieri di succo di frutta, ma soprattutto si fermò a parlare con Guido, studente universitario di Teologia alla Cattolica di Milano. Si accorse, anche qui, che – allo sbrigliarsi della sua emotività – restava certo un qualche inceppo nella parola, ma la nevrosi si affievoliva in relazione al credito che egli riusciva a dare alle sue tesi. Uscito da via Varese cercò di rintracciare suo suocero, Mario Scaglioni, ma non ne riuscì a trovare l’abitazione e, alle 12 e 45 fu dal suo amico Salvatore Mocciaro, che lo accolse con la solita signorile affezione. Mangiarono insieme e, come al solito, Salvatore volle offrire lui. Poi, rientrati, udirono Vittorio, che propose di far conoscere quella sua questione ad organismi di difesa nazionale. Se ne incaricò Salvatore. Salutato l’amico e restato solo iniziò il solito calvario: Modè non riusciva a stare fermo. Il trasporto sulla Metropolitana milanese e quello sulle Ferrovie Nord si rivelarono un assoluto tormento, anche per il caldo insopportabile. Comunque un qualche cosa di fondamentale era scattato, da parte di Modè: il proposito reattivo e quello si fece sentire presto coi suoi benefici effetti. L’indomani si recò da La Settimana ed espose il suo attuale tormento, poi fece la stessa cosa con Informazona, lasciando depositato uno scritto. A La Settimana presero appunti, lo intervistarono e gli dissero che avrebbero composto un articolo, che sarebbe uscito giovedì 19 giugno. Ad Informazona non gli dissero nulla ma, se avessero dato spazio a far conoscere il suo stato, l’articolo sarebbe stato pubblicato il giorno dopo, venerdì 20 giugno. Modè si mise in attesa. Che piazzasse nel suo tempo delle scadenze gli giovava, perché riusciva a dar ritmo, sviluppando nel tempo, la sua carica emotiva che, se restava concentrata tutta in un attimo, rischiava di farlo esplodere. Parlò al telefono con Benito, che gli raccomandò di cambiare aria: secondo lui il suo problema era la permanenza in Saronno. Che se ne andasse a Montesilvano, da Maria Grazia. Per Modè le cose non stavano esattamente così: egli stava bene a Saronno. Per lui l’ambiente avverso non era mai stato un handikap, ma sempre uno sprone, per cui le difficoltà attuali avevano la capacità di dare un grande aiuto proprio per la carica di reazione positiva che riuscivano ad infondergli. Modè era fatto così. Solo il grande affronto fattogli da MT Legnani aveva potuto esercitare su di lui tutta quella leva per produrre conseguenze pressoché


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miracolose. Ma questo, pur se noto a Benito, per lui non aveva una grande importanza proprio per non essersi mai messo – egli – decisamente a nuotare controcorrente. Aveva scritto l’Arcivescovo che il cristiano non dovesse nuotare sempre dove si toccava, ma la verità per Modè era che il Cristiano non poteva fare altro che nuotare controcorrente, calato nella attuale società che lo trascina dove non si dovrebbe: verso l’agio e la mollezza di un disimpegno sempre più grande, avendo ridotto ogni cosa, nella vita, a mercede. Nella vita d’oggi più quasi nessuno fa le cose gratis et amore dei. Perfino i molti che operano nelle associazioni sono mossi dal proposito efficientistico, nel senso che credono che è il loro lavoro che paga, più che l’amor di Dio che desidera che a buoni propositi fattivi corrispondano azioni buone compiute solo da Dio. Non esiste infatti uno che sia in grado, da sé, di fare il bene; il solo “buono”, ossia “capace” di fare qualsiasi cosa (il bene e il male) è Dio e – quando Dio lo fa – lo fa sempre bene, mosso dai suoi fini superiori di salvare tutta la sua costruzione esistenziale e non solo alcuni. Dunque in un simile contesto, chi crede che sia Dio il solo che può “fare” è senza armi personali per fare alcunché e non gli resta che nuotare contro-corrente, perché tutti, invece, credono di “fare”, di “poter” fare, anche a dispetto di Dio, come se ne avessero avuto, inoltre, il mandato operativo!

Intanto sulla stampa locale la vicenda trovava ampio seguito. Questo fu quanto pubblicato da La Settimana, che dette notizia del difficile stato di salute di Modè. Nella pagina seguente c’è cosa ne scrisse Informazona. Intanto si sta palesando un giallo: Amodeo fu internato in modo coatto prima che esistesse il dispositivo idoneo, approntato solo per il 26, mentre il ricovero coatto ci fu il 23, andando contro ad ogni norma di legge.


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I risvolti successivi della piaga delle cavallette SARONNO, 23 giugno 2003. Oggi sono andato a confessarmi da Monsignor Centemeri e non ha voluto farlo. Mi ha accolto gelidamente dicendomi che così non andava bene: io sarei il Messia e Lui non si sentirebbe all’altezza, il tutto detto con aria di grande riprovazione… ma intanto l’ha detto: “Non mi sento all’altezza”. Ha attribuito a me la solita accusa: la superbia, ma chi l’ha davvero avuta? Ammetto pure che io mi senta un messaggero importantissimo di Dio, il “Messia” che Egli dice… ebbene io, nonostante ciò, ho fatto il gesto di “abbassarmi” fino a lui confessore, mentre egli ha fatto quello di ergersi su di me con l’immensa altezzosità di chi non voleva avere più nulla a che fare con me. Dopo alcuni minuti sono tornato alla carica e gli ho detto: – Monsignore, se io avessi commesso un omicidio avrei fatto un peccato forse superiore a questo così imperdonabile? – – Non stanno così le cose: sono io che non mi sento all’altezza di confessare te – Come è difficile la vita! Eppure è un bravo sacerdote... Che sia io in errore? E in relazione a che cosa di così imperdonabile che un sacerdote non voglia più nemmeno udire? Eseguo un controllo numerico: oggi ho esattamente compiuti 23.890 giorni di vita. Secondo schemi di calcolo che ho motivati in altri libri (“Anticristo e poi l’ultimo eletto”), questo numero indica il corpo (23) in tutta la realtà complessa (8) del moto (9) dello spirito (10) ed indica veramente il senso di quanto è accaduto oggi tra me e Monsignor Centemeri. Indica l’estrema difficoltà del corpo umano a seguire il complesso articolarsi delle questioni dello spirito: un corpo che ti segnala “io sono io” (un io di carne) e non riesce a riconoscere come ciascuno di noi si regga sulla divinità che abita in lui e che lo comprende. Se io valgo, come tutti, per la parte divina in atto in me come è possibile che proprio un sacerdote non la riconosca e, sentendomi affermarla con certezza, accusi di superbia proprio me che rifiuto il senso di me per riconoscere nel massimo modo quello di Dio? Capisco a questo proposito allora anche perché mai il Signore abbia voluto figurativamente vendere la mia casa, posseduta da Gianni Flocco, sosia del Mons.


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Centemeri, capo della Chiesa di Saronno e farla finire ad Aldo Caputo, sosia del Cristo in croce del Crocefisso della Chiesa della Sacra Famiglia: Dio mi ha tolto dalle dipendenze del Centemeri e della sua Chiesa così come egli la concepisce, tant’è l’odierna sua rivelazione. Il mio unico intestatario, da ora fino alla fine, sarà direttamente il Cristo e la sua Croce… una personale prospettiva bellissima, ma umanamente, concretamente dolorosa e terribile. Secondo le corrispondenze notate tra gli eventi toccati a me e quelli analoghi che accadono nel mondo, voglio verificare, osservare le cose accadute oggi nel mondo, perché esse pure dovrebbero rivelare di essere nel segno del corpo in tutta la complessa realtà del moto dello spirito. Accendo il televisore per le notizie del Telegiornale, per seguire gli eventi nel loro accadere, per quel simbolo che sto cercando. Lo faccio perché io credo che siano veramente in atto dei Castighi di Dio e, in particolare, in questo momento, quello delle cavallette. Il segno che rileverò, se vi è corrispondenza, è e sarà quello di un progressivo guastarsi della situazione mondiale, nel segno della devastazione portata dalle cavallette. Faccio solo presente come le cavallette siano da ricercare in tutte le persone che hanno potere e sono voraci del loro personale successo, ma che, in questo caso, agiscono in sciami e diventano una piaga assoluta che distrugge tutto il raccolto dell’uomo. Come una cavalletta ha agito con me Monsignor Centemeri, perché con il suo comportamento di rifiutare la confessione a chi gliela chiedeva, ha distrutto tutto il raccolto della sua vita di sacerdote, negandosi alla sua funzione. Pertanto il corpo in tutta la realtà del moto dello spirito, per quanto è accaduto oggi in Italia e nel mondo, riguarda lo sbarco a Lampedusa di 40 persone e di 102 a Porto Palo e riguarda l’immigrazione clandestina, che, in questi giorni, ha assistito alla morte di 200 persone in una carretta del mare travolta dalle onde. Domani è il giorno 23.891 della mia vita e, rispetto ad oggi, in esso si attua l’unità del tutto ossia del corpo in tutta la realtà del moto dello spirito, di una persona in tutto: la mia. Vedremo in che modo. Mancheranno 351 giorni alla mia morte fisica e 336 a quella spirituale… numero molto significativo. Vedremo che cosa di significativo mi accadrà domani, perché domani si attuerà, per quando indicato dai numeri, un colmo… 24 giugno 2003. I miei gesti odierni sono stati di andare dai Vigili a farmi rilasciare copia dell’ASO (accertamento Sanitario Obbligatorio), e poi di comperarmi un paio di sandali. Ai Vigili ho chiesto:


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Spettabile Polizia Municipale di Saronno. Io sottoscritto, Romano Amodeo, abitante a Via Larga 12, Saronno, ho già ricevuto, avendone fatta domanda, la pratica del TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), ma necessito anche di quella relativa all’ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio), che mi fu costretta da due Vigili il giorno 23 maggio 2003 alle ore della sera. Cordiali saluti. Saronno 24 giugno 2003 Ai Vigili mi faranno sapere oggi pomeriggio se possono consegnarmi i documenti, considerato il mio appuntamento, poi, con i Carabinieri di Saronno, per il supplemento della denuncia. In un giorno in cui i numeri descrivono il corpo in tutta la realtà del moto dello spirito della mia persona, mi sembra naturale ci si attrezzi con delle scarpe (la coincidenza non è stata un atto volontario). Poi, in mattinata, mi sono attrezzato anche per mangiare, comperando scatolette e pane da Antonia e alle 11 ho fatto colazione con una scatola di borlotti, una di Condiriso ed un panino di pane all’olio. Al pomeriggio mi sono finalmente recato a pagare due rate della luce alla posta. Al Comando dei Carabinieri, invece, il maresciallo Ferrari non c’era e non ho potuto dargli il supplemento della denuncia, così me ne sono andato in Piscina. Appena tornato ho incontrato Barbara, mia cugina e mi sono recato a casa sua a cena, ove ho raccontato le mie recenti vicissitudini, riaccompagnato a casa poi da Gigi, alle 22. Messomi a letto mi sono addormentato subito, per svegliarmi alle 12 e non riuscire più a prender sonno… ma questo è un altro giorno. 25 giugno, mercoledì, 23.892 giorni di vita. L’“oroscopo” di oggi, diciamo così, riguarda la pienezza dello spirito (2) in tutto (8) il moto (9) del suo corpo (23). Se il buon giorno si vede dal mattino, l’insonnia intervenuta alle 24 farà di questo giorno un qualcosa di molto vivo e desto spiritualmente e vedremo poi come… per ora provo a dormire, essendo quasi l’una di mattino. Sono stato buon profeta, infatti ho trascorso la giornata mettendo i cosiddetti punti sulle lettere i. Ho iniziato scrivendo al Cardinal Tettamanzi la seguente lettera: Al Cardinale Arcivescovo Dionigi Tettamanzi, Arcivescovado, Milano. Eminenza,


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se io seguito a scriverLe, con tutto il rispetto, è per un suo scritto che lessi, in cui sollecitava tutte le sue pecorelle ad aver fiducia nel Pastore. Io cerco il contatto, rispettoso, con il mio Pastore e so che Lei il giorno 11 giugno del prossimo anno avrà l’incarico di essere il Pastore di tutti gli uomini. Con le Sue belle intenzioni di non ergere steccati tra la base dei fedeli e Lei, io son corto che Ella sarà il Papa ideale e mi batterò affinché ciò sia, con tutto quanto sta in me: le preghiere a Dio. Sto vivendo un caso che molto mi addolora: un sacerdote, che io ammiro, di fronte ai gesti che mi hanno coinvolto negli ultimi tempi, ha per ben due volte rifiutato di confessarmi. Io vorrei che si ristabilisse meglio il ruolo di chi ha la responsabilità nella Chiesa: quello del servizio. Se un sacerdote si rifiuta di lavare la coscienza, con la motivazione di non sentirsi alla pari, per le “sbruffonate” di chi abbia affermato ed affermi di essere un messaggero eletto di Dio, è come un’acqua che non vuole aspergergli i piedi in un cammino autentico di fede, è come un servitore che non espleta il suo servizio, ed è – al limite – come un Giovanni Battista che rifiuta il Battesimo al Cristo, per il suo non sentirsi alla pari… La questione è stata posta a riguardo del peccato chiamato “SUPERBIA”. Questo sacerdote è convinto che tutti i miei gesti, mossi da una autentica fede, siano mossi solo da una smisurata superbia. Vorrei discuterne con lei. Io credo che tutti si sia “messia” di Dio, e lo si diventi nel momento della “Cresima”, in cui si diventa “soldati” di Dio. Un soldato è a tu per tu con il nemico e deve muoversi con autonomia, perché in un contrasto testa a testa con il nemico ne va di mezzo la sua persona e non può appellarsi all’autorità dei capi per sconfiggere il suo avversario. Ciascuno di noi, con la Cresima, ha ricevuto il compito di difendere Gesù Cristo. C’è chi lo fa in un modo “da trincea”, protetto dal filo spinato della Chiesa e c’è chi il nemico se lo va a cercare, facendo sortite, sorprendendo l’avversario per fiaccarlo a casa sua. Io appartengo a questa seconda specie di credenti e credo che la Chiesa non debba limitarsi ad essere come uno stagno di acqua che rischi di imputridire, ma debba mettersi in moto, per portare acqua agli assetati, ai campi, e dar ristoro all’arsura della sete di chi ama la vita. C’è invece chi gestisce il suo orticello e non crede compito suo occuparsi dei credenti di altra fede e li lascia a quei lacunosi Credo, delegando ai Missionari questo compito. Oh, io credo di essere un missionario e che nessun soldato debba mai delegare ai soli capi la difesa delle anime, perché la verità si gioca nei rapporti personali e non in quelli che esistono grazie agli schieramenti. Credo che il Cresimato che resti a coltivare il suo orticello faccia anche bene, se questa è la sua vocazione. La mia No. Da 30 anni io ho cessato di essere Romano AMODEO, per concedere le mie membra alla presenza viva dei valori del Cristo. La vita mi ha esercitato a farlo al punto che chi si muove oggi in me non sono più io, Romano Amodeo, ma i Valori di Chi seguita a mandarmi allo sbaraglio, soprattutto contro la Chiesa stagnante.


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Credo che sia ben stagnante una Chiesa in cui un sacerdote, credendosi chissà che cosa d’altro se non un servitore, si rifiuta di offrire un servizio. Allora questo Sacerdote si svesta, perché questo ruolo va ai servitori e non alle persone veramente superbe che rifiutano la confessione a chi vi accede sentendosi in colpa e sentendosi bisognoso di essere lavato proprio da chi più di tutti è stato messo in discussione. Con osservanza, Romano AMODEO P.S. La invio copia di tutto quanto ho scritto in un anno di questa mia missione… la chiamiamo di un “messia”? Inviato, “messo” da Chi? Come Saulo di Tarso: direttamente dal Cristo di Dio. Per cui ho messo in un pacco tutti i miei libri e messo l’indirizzo: domani li spedisco per posta prioritaria. Sono poi andato dai Vigili a ritirare il documento riguardante la mia ASO (Accertamento sanitario obbligatorio) ed ho finalmente saputo a chi devo le recenti pene… Indovinate? Ai Cogliatesi e ad alcuni Saronnesi! Si affermano delle bugie, per cui ho preparato questa denuncia e nel pomeriggio mi son recato dai Carabinieri: AL COMANDO DEI CARABINIERI DI SARONNO In relazione al mio ricovero coatto, io sottoscritto, Romano AMODEO, abitante a Saronno, via Larga 12 e residente a Milano, p.le Cuoco 8, denuncio i “cittadini di Cogliate e di Saronno” che – come scritto sull’allegato – hanno segnalato al Centro Psicosociale di Saronno un disturbo psichiatrico di rilievo del sottoscritto. Denuncio di calunnia chi ha citato “ripetuti invii di lettere minacciose e per lo più incomprensibili a privati cittadini e persone di Chiesa”. Poiché “verba volant” ma “scripta manent” queste persone tirino fuori queste lettere e siano sottoposte ad una lettura seria. Si vedrà che non contenevano nessuna minaccia se un “Castigo di Dio” per dei torti subiti non è giudicabile una minaccia o la giustizia GRANDE, quella che recide i rami che si sono staccati dalla vigna di cui Gesù è lo spirito. Io non conosco queste persone, ma senza alcun dubbio esse risultano ai medici del Centro Psicosociale che, immagino, non hanno agito su sollecitazioni verbali da parte di persone anonime. Chi colpisce alle spalle venga fuori e vengano fuori gli scritti minacciosi che io avrei scritto… Pertanto io chiedo che sia fatta una severa inchiesta, in quando questa che ho subito si chiama solo INGIUSTA DIFFAMAZIONE. Se una persona è “paesanotta” e non sa leggere l’italiano non lanci accuse infondate. Ma, visto che l’hanno fatto, determinando addirittura un ASO (Accertamento


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Sanitario Obbligatorio) e molti disturbi per il sottoscritto, io, in difesa della dignità oltraggiata dalla mia persona esigo che escano fuori le cosiddette lettere minacciose e siano lette da chi conosce l’italiano. Per tutto quanto compreso in questa vicenda che il Magistrato intenda degno di essere perseguito, io chiedo che lo si faccia: a difesa della mia dignità umana, messa in crisi da illetterati prepotenti e irrispettosi delle idee altrui. Chiedo che sia stabilito il danno civile, che io valuto moltissimo: un milione di euro. Saronno 25 giugno 2003 Dopo di ciò ho scritto una lettera per informarne gli amici Cogliatesi: Caro Don Carlo e Cantoria, sembra che proprio noi non ci si intenda. Stavolta l’avete fatta grossa ed ho porto denuncia ai Carabinieri per Diffamazione e violenza privata. Poiché – come da allegato documento – risulta la mano che ha tentato di colpirmi al buio e di nascosto, essa dovrà venire alla luce. Ogni cosa verrà alla luce e preparate tutti i documenti scritti nei quali io vi avrei minacciati… Non esistono! Voi, con la coscienza sporca mi cacciaste innocente dalla cantoria. Vi chiesi una motivazione scritta ma la vostra vigliaccheria non ne ebbe il coraggio. Io ho invece registrato ogni cosa ed ogni parola detta e la mia memoria è a prova di bomba… Oh, ho parlato di “bomba”… non è una minaccia, sapete? È un modo di dire. Ora se credete che la maggioranza faccia la forza anche quando si va contro legge, siete in errore. “Verba volant ma scripta manent”! Ignorate il latino? “Le parole sfuggono, ma gli scritti restano”. Trovate un solo scritto nel quale io vi abbia minacciati, se siete capaci. Voi invece avete attentato davvero alla mia vita e il fatto è che non ve ne siete minimamente pentiti. Avreste meritato che io ne fossi morto, ma Dio non l’ha voluto, affinché divenissi un tormentone per voi. Sapevate di darmi un dolore più che se mi aveste ammazzato e l’avete fatto… Che cosa sareste? Persone per bene? No, siete come i Sacrdoti definiti da Gesù come “Sepolcri imbiancati”: belli fuori e dentro carogne di morti imputriditi”. E neppure questa è una minaccia, ma un giudizio e sarà lo stesso giudizio di Dio su di voi. È scritto nel vangelo che Dio disconosce tutti coloro che l’anno calpestato, ingiuriato, discriminato… - Ma quando mai, o mio Signore? – - Tutte le volte che lo avete fatto ad un piccolo lo avete fatto a me. Pertanto via da me! – Voi avete avuto tutto il tempo per pentirvi ma siete come le tombe descritte da Gesù a proposito dei Sacerdoti del suo tempo: siete morti. E nemmeno questa è una minaccia, ma


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la parola di Dio. Siete morti davanti a Dio e seguiterete a portar canti all’altare di Dio, uno restato senza Dio da quando cacciaste me da Cogliate. Il Tettamanzi, divenuto papa, verrà a rimettervi “In divinis”, perché dal 13 novembre 2001 la vostra chiesa è restata senza Dio: lo avete scacciato via voi, scacciando me pieno di amor per Lui. Cominciate a preparare un milione di Euro: tanto sarete costretti a pagare per questa diffamazione fatta a me e a Dio. Peccato, perché io vi voglio bene, ma voi siete la causa dei vostri mali e dovrete piangere solo su di voi stessi. Eravate la cantoria più bella nella quale io mi fossi mai trovato e Cogliate era divenuta una mia seconda residenza… che terribile peccato! Sarebbe bastata una semplice parola: “Mi dispiace, perdonaci!” ma non l’avete voluta dire. Non avete voluto ascoltare Dio che non consiglia mai di mettersi in guerra, specie contro chi non ha più nulla da perdere e che avete reso disperato… Ma non dovreste aspettarvi male da me. Come vi è saltato per la mente? Io ho pregato perché Dio tenesse lontano il suo castigo da voi che ve lo sareste meritato. E non son certo pentito di averlo pregato. Io non amo le vendette, io amo il perdono e vi ho già perdonato da tempo, io. Ma Dio No. Il peccato compiuto da voi è stato contro il Suo Spirito ed è di quelli che Dio non perdona… lo disse Gesù ed è vero. Pertanto arrivederci in Tribunale… quello di Dio. Romano Amodeo P.S. Allego copia della denuncia ai Carabinieri di Saronno. Pertanto mi sembra che si sia avverato proprio quanto avevo predetto: la pienezza dello spirito in tutto il moto del suo corpo. Pienezza dello spirito… non sono infatti riuscito a mettere in atto nulla di tutto questo, ma solo a fare affermazioni che saranno poste in atto domani ed è quanto risulta dai 23.893 giorni compiuti che avrò domani, che significano: la concretezza dello spazio (3) in tutto (8) il moto (9) del suo corpo (23). Con oggi mi restano esattamente 11 mesi di vita spirituale, poi, il 25 maggio 2004 io mi paralizzerò e il mio Spirito Eletto volerà in Paradiso con quello di Papa Woitila. Resterò in vita grazie allo spirito paralizzato di Romano Amodeo, che è così dal 4.6.1940, da quando dovevo morire e la Madonna aggiunse al mio Spirito bloccato quello del Gesù che volerà in Paradiso il 25.5.2004. Tutti vedranno chi sono stato io, Romano Amodeo, per oltre 64 anni: un puro contenitore, per 23.367 giorni esatti; 23 come corpo, 36 come elettromagnetismo 6×6, 7 come libertà, pertanto come l’intera libertà del corpo elettromagnetico. 26 giugno 2003. Età 23.893 giorni compiuti e in questo giorno ho dato spazio quasi a tutto quanto preparato spiritualmente il giorno prima: spedito il plico al Cardinale e presentata la denuncia ai Carabinieri.


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Riprendo a scrivere queste note oggi 7 settembre. Avendo riletto quanto scritto, non ricordo se poi ho inviato veramente a Don Carlo quest’ultima lettera, perché la mia memoria mi racconta di non averlo infine fatto, per non seguitare a rimestare il coltello in una vera piaga. Invece ho spedito il plico al Cardinale e, a tutt’oggi, non ho ricevuto alcuna risposta. Ho trascorso gli ultimi giorni di giugno completando un libretto dal titolo “Epistemologia della Perfezione”. Ho smesso di scrivere questo diario perché mi sono recato a Montesilvano, il giorno 1 luglio. Il giorno prima ero andato a Milano, dal mio medico, affinché supportasse la mia intenzione di non farmi fare quella puntura prenotatami per l’1 luglio dagli psichiatri. Ad evitare poi altre sorprese, collegate a questa vicenda, mi son voluto allontanare da Saronno, tanto da essere irreperibile per altri gesti tipo quello dovuto subire, della visita coatta. A Montesilvano mi sono ristabilito perfettamente. Finito l’effetto dell’iniezione fattami ai primi di giugno e a contatto con la paziente vigilanza di Mariagrazia, ho smaltito gli ultimi residui dei farmaci fattimi assumere e dei quali non avevo alcun bisogno. Mi sarei fermato fino al 19 ma la mia ospite ha cominciato, stranamente (considerata la sua solita cordialità) a dar segni di insofferenza, facendomi pesare, una sera in cui era di malumore, il disturbo che la sua vita riceveva dalla mia presenza, così ho tolto immediatamente, il mattino dopo, questo disturbo, una settimana prima del tempo stabilito. Ho l’impressione che il Signore abbia approntato, a Montesilvano, un luogo nel quale io mi rigeneri nelle mie forze e dal quale debbo velocemente distaccarmi, appena io l’abbia fatto. Stando in questo luogo ho cominciato a riscrivere quel poema che avevo iniziato e che avevo lasciato sospeso, nella prima parte degli anni novanta. Tornato a Saronno, questa opera è proseguita per tutto il mese di luglio ed i primi di agosto, completandolo e dandogli il titolo “Il gioco-giogo di Dio”, poi ho posto mano alla scrittura di altri due libretti, uno scientifico, dal titolo “Il perché dei numeri” ed uno teologico dal titolo “Il pane disceso dal cielo”. A Saronno ho ripreso la mia vita quotidiana, partecipando alle Lodi e, ogni giorno, alla successiva messa delle 9. Quasi sempre io sono chiamato a leggere la “preghiera dei fedeli”. Importantissimo quanto è accaduto il 14 agosto, a 300 giorni esatti dal 9.6.2004, data prevista per la mia morte.


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300 è un numero tondo tondo, che simboleggia il 3 della Trinità di Dio e il “centuplo quaggiù” promesso a tutti da Gesù. 100 è 102, la sezione assoluta sulla base dello Spirito Santo valutato 10, quanto il ciclo della numerazione delle nostre dimensioni vitali e concettuali. Ebbene 300 giorni prima di quella data che, in una replica delle 10 piaghe d’Egitto, corrisponde a quella della “morte dei primogeniti”, è iniziato il tempo della nona piaga, quella “del buio”: così è accaduto un fatto inatteso ed inspiegabile, che molto ha sorpreso tutto il mondo. Gli Stati Uniti d’America sono restati improvvisamente nel buio generale, secondo un “effetto domino” subito dalle Centrali Elettriche, che si sono spente una dopo l’altra, lasciando senza energia metà degli Stati Uniti ed anche una parte del Canada. La nona piaga d’Egitto, attesa dopo l’ottava delle cavallette, era quella del buio, e buio c’è stato. Anche in Italia intercorrono tempi in cui si teme di restare al buio, anzi in Italia il fenomeno è iniziato addirittura prima, quando ne mancavano non 300, ma forse 333. Dunque il 14 agosto, il giorno prima dell’ascensione al Cielo della Madonna, il mondo si è messo ad osservare l’avvento del buio, che culminerà il 25 maggio 2004, quando il Papa morrà ed ascenderà al cielo quello Spirito del Cristo che mi anima, lasciando in essere solo il povero corpo di una vita restata interamente paralizzata. Questo buio durerà, pertanto, 285 giorni fino alla morte del Papa e alla paralisi mia, 300 giorni fino alla morte dei primogeniti (in cui ci sarà la morte del mio corpo) e 302 fino al giorno 11 giugno, in cui ci sarà la risurrezione del Cristo e l’avvento della nuova Pasqua, con l’elezione al soglio pontificio del Cardinale Dionigi Tettamanzi, il nuovo Vicario di Cristo che recupererà il significato delle cose fatte intraprendere da Dio, grazie a Gesù Cristo, mediante l’intercessione della mia umile persona. Si, umile. Non dimenticate mai che io – e la prova è quello che vi sto scrivendo – ho in un certo senso abdicato alla mia ragione, assumendo l’atteggiamento di un profeta che la logica di tutti hanno giudicato degna di uno stupido. Se io non fossi umile e senza pretese, non assumerei volentieri un atteggiamento chiaramente denunciato stolto da tutti. Se io non fossi umile ci terrei alla stima degli altri per me. Ma sono modesto e credo più alla Divina Provvidenza e alle azioni che Essa compirà più che alla mia ragione, che mi dice che il futuro sta solo nelle mani di Dio ed è imperscrutabile. Nel preciso momento in cui io assumo un comportamento irragionevole, poggiandomi sulla assoluta fede nella Divina Provvidenza di Dio, io accetto il suo primato e non quello della ragionevolezza della mia persona e – comunque la


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pensiate – sono certamente umile e modesto, perché sottometto la mia ragionevolezza e la stima che gli altri abbiano di me solo alle decisioni di Dio. Se qualcosa vi è che manca di arrendevolezza è la forza della Divina Provvidenza, che è implacabile e che io riconosco. Se da una molteplicità di indizi io sono portato a credere ad eventi già chiaramente indicati, per simboli e per numeri, io umilio la mia ragionevolezza, credendo molto di più in questi simboli ed in questi numeri. È allora che accade che un Monsignor Centemeri mi allontana, definendomi “superbo”. Ma quale superbia? Quella di chi non crede al valore di se stesso ma a quello dei simboli e delle chiare indicazioni lasciate a me dalla Divina Provvidenza? Non era scritto che Gesù ritornasse nella sua gloria, alla fine dei tempi? E allora come è una Chiesa che non si mette a cercare i segni di questo Gesù ritornato? Essa è superba, perché seguita a recitare nel suo Credo “E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”… ma non crede nella reale possibilità di questo evento, collocato davanti alla realtà dei loro occhi e solo da vedere, distinguendolo con lo sguardo della fede. Quello che confonde questa Chiesa è la gloria con cui Gesù sarebbe tornato. Essa è seguitata ad essere creduta come tutti considerano la gloria: “Un essere serviti, come da chi ti collochi ai primi posti, per la stima che si abbia di te”. Invece questa gloria sta nell’umiltà di un servizio realmente fatto e senza che per esso si goda di alcuna stima. È la gloria dei diseredati e dei poveri. Il ritorno glorioso del Cristo iniziò nel momento stesso in cui Gesù stava per salire al cielo, con l’ultima cena, quando istituì la Comunione. Con essa il Cristo si consegno interamente agli uomini, tanto da abilitare tutti a chiamare Dio col nome di Padre Nostro. Accettando di morire in Croce, Gesù accettò di finire come sepolto nell’esistenza di tutti gli uomini, a fondare in loro la stessa figliolanza di Dio. Da quel momento Gesù pose fine alla sua apparente gloria che aveva quando faceva i miracoli ed era visibilmente il Figlio Unigenito di Dio ed assunse la gloria della Croce di se stesso. Gesù sarebbe come annegato in tutti gli uomini, assumendo la croce ancora più grande di essere messo in cuori pieni di desideri di peccato, mortificando con ciò la sua essenza pura, al punto da salvare poi tutti i peccatori. Nel momento in cui si avviava al suo Calvario, iniziò con la Comunione questo altro Calvario pieno ancor più di gloria, perché il Cristo avrebbe reso Figli di Dio tutti gli uomini e nessuno se ne sarebbe nemmeno accorto. Solo i santi avrebbero desiderato che lo Spirito del Cristo li convertisse e guidasse, ma nessuno sarebbe stato così “audace” da riconoscere di essere divenuto Cristo, grazie al sacrificio di Gesù.


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Ciascuno avrebbe conservato un pizzico di rispettosa distanza tra se stesso e Cristo, come se essa fosse una virtù, invece di un peccato. L’amore vero porta al desiderio di confondersi in vera unità. Chi ama veramente Cristo desidera esserlo, più che essere assieme a lui. Nessuno ha veramente capito che cosa sia la Comunione. Essa veramente mette in comune la vita, tanto da non potersi più distinguere quale sia il mio e quale il tuo. Due amanti che desiderano essere in Comunione assoluta tra loro desiderano essere una cosa sola. Ecco, per duemila anni nessun vivente ha veramente desiderato essere una cosa sola con Cristo, perché, nell’ottica di Monsignor Angelo Centemeri, questo sarebbe stato un insopportabile peccato di orgoglio… Ma se Gesù vuole comunicarsi, egli vuole darsi; come ha potuto l’uomo intendere se stesso come uno che non l’avesse ricevuto a tal punto da essere diventato veramente Lui? Oh, Monsignor Centemeri, tu non ha mai ricevuto veramente, integralmente il Cristo, per quante volte ti sia comunicato, perché hai sempre tenuta esistente la distanza, seppur rispettosa, tra il tuo io e la persona del Cristo! Io che vi scrivo, invece, mi riconosco nel Cristo. Dico chiaramente che sono il Gesù Cristo ritornato, proprio quello che era atteso, perché io solo sono andato oltre a quanto fatto dai santi, io solo non ho inteso peccaminoso il lasciarmi prendere talmente da Gesù Cristo da essere veramente divenuto Lui. Oh, non vi sembri un peccato! Gesù voleva e vuole veramente darsi a tutti, ma nessuno l’ha mai ricevuto veramente del tutto, integralmente, perché tutti hanno sempre talmente rispettato quell’io che si son sentiti di essere nella loro persona, da non essersi mai sentiti tanto invasi da Gesù da essere divenuti veramente, integralmente Gesù. Se vuoi dare tu, uomo, ad un tuo figlio tutti i doni (anzi di più, giacché vuoi dar loro addirittura l’essenza di te stesso), allora ti offri chiaramente. Ora se ti trovi di fronte ad un tuo figlio che timidamente ti chiede “posso avere anche questo? E questo? E questo?…” che dite? Tu uomo ti offenderesti se ti sentissi chiedere “posso avere tutto e perfino te stesso, al punto da essere te stesso?” Oh no, se tu veramente ti sei offerto così, sarai grato a chi dimostra di averti veramente capito ed accetta il tuo dono. Chi saresti, tu, se pensassi “ma questo che cosa vuole? Non si contenta di un dono, di due, li vuole tutti? E vuole anche me!”? Chi saresti? Saresti uno che ha offerto tutto, e perfino se stesso…, ma solo per modo di dire. No, Gesù non si è offerto per modo di dire! Gesù voleva chi gli dicesse “ecco io ti amo al punto che veramente ti voglio, o Gesù! Voglio essere talmente con te da essere te!”.


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Ebbene nella storia voluta da Dio per gli uomini, tutti avrebbero conservato il primato della fede in se stessi, perché tutti si sarebbero accorti di essere se stessi e non avrebbero creduto a quel Gesù che si sarebbe offerto a tutti, offrendosi veramente fino al punto da essere loro! Tutti avrebbero seguitato a credere a quello che gli sarebbe parso. Oh che, credete forse che a me sembri di essere Gesù Cristo, invece che questa povera persona del Romano Amodeo che io seguito a vedere come il mio io? Oh io vedo di essere Romano Amodeo, allo stesso modo con il quale tutti voi seguitate a vedere di essere voi stessi. Ma la differenza, con voi, ma anche con tutti i santi della storia voluta da Dio, è che io, pur vedendo di essere me stesso, non credo a quello che vedo ma a quanto Gesù Cristo mi ha offerto. Io gli credo al punto di credere che se Egli si è veramente offerto a me egli si è talmente dato a me che io sono Gesù Cristo e non me ne accorgo. Me ne accorgo dunque nella fede vera alla sua promessa, più che per le risultanze della mia piccola consapevolezza di me. E non sono divenuto superbo, anzi mi accorgo di avere del tutto rinunciato all’idea di essere me stesso, e non per essermi “appropriato” di Gesù Cristo ma per essere stato conquistato da Lui. Egli ha conquistato me e non certo io Lui. Io, nella mia persona, sono stato talmente sconfitto, nell’idea di una mia gloria personale, da esservi in me solo la Gloria del Cristo. E c’è: si è abbassato fino a me, tanto da essere divenuto un povero Cristo, esattamente come me, del tutto simile a tutti gli uomini. Tutti noi siamo “poveri Cristi”, ma si può esserlo come sconfitti o come vittoriosi. Io mi sento un vittorioso e non per avere conquistato Cristo, ma per essere stato così tanto amato da Dio che Egli ha voluto assumere la mia piccola natura, trasfigurandola fino al ruolo, comune a tutti, di Figlio di Dio fino al punto da poterlo chiamare Padre Nostro. Ecco come Cristo è ritornato nella gloria: in me che l’ho amato, voluto e riconosciuto, nell’umiltà di un “io” che ha assistito alla sua personale esistenza e non si è più dato alcun valore personale, intendendosi come soppiantato in tutto da quel Cristo così tanto amato da averlo voluto veramente tutto per sé. E non certo per privarne gli altri, ma per indicare a tutti la verità: “Siete tutti Gesù Cristo, perché Egli si è veramente donato a tutti voi. Accorgetevi! Quel vostro &lt;io&gt; che conoscete, e che vi sembra separato dal Cristo, è una pura parvenza. Umiliate questo vostro &lt;io&gt; così presuntuoso e cominciate a vivere, finalmente, dei valori che veramente vi sono stati comunicati. Assumete i valori del Cristo e siate veramente quello che siete!”


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Io, Gesù Cristo, sono ritornato e mi mostro a voi con la coscienza di me e non di Romano Amodeo. Si è compiuta del tutto la mia gloria, perché “costui”, Amodeo, ha avuto bisogno che io lo convertissi davvero. È nato il 25 gennaio, quel giorno stesso della conversione a me di San Paolo, quel primo rivale cui mi presentai e che conquistai al principio dei tempi miei. Ma San Paolo non si è mai creduto me. Solo Amodeo è mio fino al punto che si crede me, perché solo in lui io dovevo concretamente ripresentarmi in tutto e per tutto. Anche Amodeo è stato un mio rivale. A differenza di San Paolo, che non riconosceva il mio valore ma solo quello della fede ebraica, Romano Amodeo ha sempre apprezzato il mio valore, è stato un Cristiano, battezzato e cresimato che, percependo esattamente il mio valore e vivendolo, messo di fronte alla sua incapacità di esprimere il 100% della fattibilità del mio Vangelo, lo ha apprezzato, ma lo ha definito un bel sogno irrealizzabile, una “utopia”. Amodeo si è posto con me come un concorrente, che esisteva ed era forte della stessa “mia merce”, ma che – incapace di essere perfetto – attribuiva la sua imperfezione a me e definiva “utopico” me anziché se stesso e la sua capacità, tutta esistente solo per virtù della mia. Questo “io concorrente” io l’ho talmente sconfitto che ora Amodeo, vedendo se stesso nella sua consapevolezza, afferma: “Non sono &lt;io&gt; ma esisto solo grazie a Gesù e come Gesù”. Se Amodeo si è messo ad un certo punto a profetare è stato perché questo doveva fare, per volere di quella Divina Provvidenza che regola tutta la vita dell’uomo e niente escluso. Il superbo vero è chi crede di essere capace di fare qualcosa senza che Dio l’abbia fatta per primo. Il superbo vero è chi ha attribuito al suo &lt;io&gt; quella capacità fattiva che è solo di Dio e che – avvertendo in se stesso un &lt;io&gt; – lo attribuisce a se stesso e alla sua capacità invece che al progetto assolutamente insormontabile, di Dio. Ecco, quando io, Amodeo, mi sono reso conto di come tutto quello che mi sembra che io faccio non lo faccio veramente io, ma è Dio, con la sua Divina Provvidenza che regola ogni cosa, allora io ho assunto veramente il senso profondissimo della mia umiltà. È umile chi si crede un assoluto inetto, incapace di fare qualsiasi cosa prima che Dio stesso l’abbia fatta. Io mi accorgo di essere un assoluto schiavo di Dio, con il mio &lt;io&gt; e lo accetto, umilmente, come il mio bene e la mia stessa autentica e vera libertà. Chi invece ha un’altra idea della superbia, arroga a se stesso la sua capacità fattiva e, sentendo dire a me che “quando &lt;io&gt; faccio è Dio che fa” lo arroga a superbia anziché ad umiltà.


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È superbo il Centemeri, quando si oppone a confessarmi, e non si rende conto. Egli crede in quello che gli racconta il suo &lt;io&gt;, che è lui che fa. Ha assunto tutta la gloria e l’autorità della sua posizione, perché crede che Dio l’abbia delegato a fare nella sua casa. E allora si permette, nella casa di Dio, di rifiutare di confessare chi umilmente glielo chiede, convinto di essere un puro strumento nelle mani di Dio. “Strumento?” pensa Centemeri... “ma che presuntuoso!” e abbraccia (come se fosse egli a farlo) come suo quanto il Progetto di Dio gli sta mandando solo da vedere e condividere, affinché si educhi con gli avvenimenti che il Signore di tutto gli sottopone. Sì, perché sembra che sia Monsignor Centemeri chi si opponga a confessare Amodeo… No, lo fa il suo personaggio e questo si comporta solo come Dio vuole e non il Centemeri stesso. Ma il Monsignore volontariamente si identifica come il soggetto attivo di quella parte, la fa sua sembrandogli sua, e così non dà il primato, volontariamente, nella sua vita, alla Divina Provvidenza di Dio. Nessuno fa niente da se solo! È solo Dio che ha preparato tutte le storie della vita ed anche quella del Monsignor Centemeri. Costui ci resterà molto male quando si accorgerà di aver “condiviso” delle sciocchezze, solo perché gli sembravano plausibili. E Dio l’ha fatto, gli ha dato cioè delle sciocchezze da condividere, per dare delle lezioni di modestia al suo orgoglio di capo della Chiesa di Saronno. È certo che se Dio scrive racconti di uomini liberi, i personaggi di questo racconto sembrano di avere le libertà che gli sono state attribuite. Ma l’uomo è chiamato, nella sua storia, all’umiltà di accorgersi di essere solo una pedina di un gioco scritto tutto da Dio. Pertanto non bisogna condannare nessuno, nemmeno il Centemeri, per come si comporta e ciascuno, all’interno di se stesso, dovrà educarsi a riconoscere che il suo famoso &lt;io&gt;, creduto così libero di andare anche contro Dio – se lo voleva – non era per niente indipendente, ma era la &lt;IO&gt; stessa di Dio che così voleva che la storia fosse. Accorgersi che in ciascuno la propria &lt;io&gt; non è quello che sembra, ma la IO grande del Dio creatore, non è fosse accorgersi del dono vero ricevuto da tutti, della figliolanza di Dio? Non è qualcosa che deve portare la &lt;io&gt; di tutti a concepirsi, nel suo vero e concreto “fare”, come l’immagine riflessa della IO grande che veramente fa? Solo acquisendo questa conoscenza sublime ciascuno entrerà nel regno di Dio, ma Amodeo c’è già entrato, perché Dio ha voluto fargli accorgere che tra la sua &lt;io&gt; e la Sua non c’era nessuna vera differenza, perché la &lt;io&gt; piccola, che faceva le cose, era la stessa IO grande che veramente le faceva. Questo processo si chiama “identificazione personale” e porta a quella vera, secondo la quale ciascuno si accorge di essere “Figlio di Dio”, fino al punto


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da essere veramente un Gesù Cristo così glorioso da essersi come annegato negli ultimi, ossia in tutti noi. A questo punto non dovete più sorprendervi nell’apprendere che lo Spirito del Cristo si è realmente ripresentato. Lo ha fatto nella sua consapevolezza, dopo di averlo fatto nella concretezza di tutti gli uomini. Però, per arrivare a crederlo, dovete anche voi umiliare la vostra creduta capacità fattiva. Credetemi, anche se vi sembra di essere capaci di fare le cose, la vostra piccola &lt;io&gt; agisce solo come in un tandem di un complesso &lt;io-IO&gt; in cui voi solo compartecipate (e vi sembra volontariamente) delle cose che solo Dio ha progettato per persone volute libere nella loro apparenza. Voi sperimentate solo l’apparenza della Verità ed essa è che dovete fare atto di sottomissione al volere della Divina Provvidenza, se volete che le cose del mondo migliorino fino al punto da esservi l’avvento di un reale Paradiso Terrestre. Manca poco: il tremila è il millennio dell’attuazione del Paradiso terrestre e tutto ciò sarà realizzato quando l’uomo avrà anteposto al suo creduto libero arbitrio fattivo, quello del Dio Padre e di tutti i suoi comandamenti di Bene. Quando l’uomo avrà finalmente imparato a chiedere al Padre tutte le virtù, allora il Padre veramente gliele darà. È sulla via di farlo, ma l’uomo deve solo capire che non sta arrivando a tutte le conquiste della scienza per merito suo ma solo perché proprio così Dio vuole che sembri. Quando avrà assunto la &lt;modestia del fare&gt;, l’uomo seguirà i valori universali, che rimandano tutti al supremo equilibrio tra tutte le istanze. Si dovrà abbandonare l’idea delle decisioni a maggioranza, al punto che sia creduto giusto ed ammissibile che uno solo paghi per il benessere di tutti. Quando questo uno e solo sarà difeso dalla prepotenza della maggioranza, in quanto ultimo, solo allora sarà veramente fatta la volontà del Padre e la Divina Provvidenza così farà che appaia. Solo quando ciascuno talmente amerà gli altri da essere disposto addirittura a morire per loro solo allora più nessuno sarà fatto morire, da Dio, per questo, e il Signore farà apparire finalmente una umanità tanto altruista che più nessun ultimo veramente vi sarà in essa. L’uomo non si scoraggi: il futuro non dipende dalla bravura dell’uomo. Ciascuno si atteggi con la modestia di un credersi parte vera di un Dio così rispettoso e disposto al servizio che ciascuno voglia servire il prossimo &lt;sentendosi Dio&gt;. Se tutti noi riuscissimo a ritrovare in noi le vere ragioni di Dio, al punto da essere convinti nel nostro essere Dio, allora faremmo assolutamente il bene anche noi. Allora non saremo più irretiti dalla piccolezza del nostro &lt;io&gt; e vivremmo della sublime condizione di Dio.


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Dio è sublime perché esiste secondo il senso profondo insito nelle ragioni stesse della vita, più che in come essa provvisoriamente appare, nella realtà semplicemente in atto. Io, Romano Amodeo, convinto veramente che la mia natura è quella di Dio, cerco di esistere &lt;come&gt; Dio e non come il mio piccolo e stupido &lt;io provvisorio&gt;, calato in una apparente lotta affinché io poi possa apparire vittorioso. Io ho capito che sto esistendo in un progetto di sublime vittoria perché la mia natura è quella di un Dio che mi comanda, per fortuna, ed al quale debbo supremo ascolto e rispetto. Che io non mi confonda, negli sforzi di essere &lt;secondo una piccola storia relativa&gt;, perché il mio vero IO sta al di sopra di ogni storia, ma le ha volute, ad una ad una, così come un compositore vuole che ci siano tutte le musiche che prima non c’erano: perché IO in definitiva possa fruirne, ad una ad una e nel loro insieme. L’uomo non lo sa, ma è già in se stesso l’infinita Comunione del Tutto in Tutti. Deve solo completare il suo processo di riconoscimento, allo stesso modo che Romano Amodeo lo ha già completato, fino al punto da essersi veramente riconosciuto nel Figlio Unigenito di Dio, sì in Gesù Cristo in persona. Ora non resta che scorgere una conferma, in tutto ciò e essa ci sarà tra non molto: siamo ai tempi della nona piaga, del buio e la decima ed ultima, prima dell’esodo definitivo verso la condizione sublime, è imminente. Bisogna solo aspettare fino all’11 giugno 2004, quando saranno finalmente arrivati i tempi nuovi della definitiva conoscenza di come veramente fin da ora stanno realmente tutte le cose. Il futuro esiste già ed è riconoscibile: Dio lascia dei segni, ai suoi profeti, affinché essi anticipino il corso degli eventi.

Alla fine di agosto, come era già accaduto nel 2001, decisi di andare a trascorrere l’ultima settimana del mese a Montesilvano. I soci del Centro Sociale avevano stranamente stipulato un accordo con l’Hotel Montesilvano di Montesilvano e avrebbero trascorso le due settimane a cavallo della fine di agosto in quella che io identificavo come la mia Montesion del presente. Volevo condividere una permanenza con loro, così approfittati di una telefonata fattami da Maria Grazia per dirle che se lo voleva sarei andato da lei. “Fai come vuoi”, mi rispose, e senza altro indugio fui da lei. Non avrei immaginato che quello, dopo due giorni molto felici, dovesse poi essere il mio addio con lei. Ma la Provvidenza volle così. Si incrinò una costola


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e io fui premuroso con Maria Grazia, cercando di fare del mio meglio per pulire le stoviglie della cena. Le portai il caffè a letto, le portai da bere quando lo chiese, feci tutto quello che mi pregò di fare. Al mattino si alzò e, trovata la cucina non come se lo sarebbe aspettato, si mise a protestare ad alta voce: “Io non so che intelligenza è mai questa! Guarda un po’ se è questo il modo di aver messo a posto!”. Io fui molto sorpreso da questo atteggiamento, corsi da lei e le dissi che avevo fatto del mio meglio e che non mi sembrava che quello fosse l’atteggiamento più giusto nei miei confronti. Lei rispose che avevo fatto tutto quello che mi aveva chiesto con malanimo, e che dovevo capirla: era molto innervosita dal suo stato! Io decisi sui due piedi che era il caso di mettermi a digiunare. Non avrei più tratto profitto da quanto era stata lei sempre ben disposta a fare per me. Quando glielo dissi cercò di farmi recedere dal proposito, ma inutilmente. Le dissi di lasciarmi agire per il meglio, in modo che stemperassi tutto quanto mi era entrato nel cuore per il suo improvviso atteggiamento di critica proprio nel mentre io avevo prodotto il mio sforzo. Non volevo andare via. La sera lei mi portò un caffè, con uno stuzzichino che aveva preparato apposta, ma rifiutai. Passato un giorno così, a far penitenza, decisi che tutto dovesse rientrare nella normalità e la mattina seguente fui io a portarle il caffè e a prepararmi la colazione. Consumatala, le dissi che sarei andato al mare, alla ricerca dei miei amici di Saronno. “Sì, ma lavati prima, perché sei in casa mia e non voglio che i vicini abbiano a fare osservazioni!” Non dissi nulla, rinunciai al mio proposito di andare alla spiaggia e mi recai nella stanza a fare il bagaglio. Mi rivide vestito di tutto punto e restò sbalordita, quando capì che avevo cambiato idea e me ne tornavo a Saronno. “Vado proprio via. Non voglio che tu riceva critiche a causa mia. Ti ringrazio di tutto ma, a quanto pare, le cose devono proprio finire tra noi in questo modo. Avevo appena cercato di superare l’ostacolo messosi tra di noi per delle tue critiche inopportune, e tu hai ritenuto di dover ricominciare immediatamente. Addio Maria Grazia, e grazie di tutto.” Restò assolutamente senza parole, nel mentre uscii per l’ultima volta da quella che era stata la mia Monte Sion. Ebbene, preso l’autobus e giunto a Pescara, sentii la necessità di pulirmi, di lavarmi, ma non il corpo, l’anima. Andai a confessarmi. Fu l’ultimo vero lavaggio che subivo, ne ero sicuro. Sarei riuscito, una volta per tutte e finalmente a non peccare più! Il rimprovero di Maria Grazia (omesso) era giunto nella profondità della mia anima e vi aveva risvegliato un tale bisogno di pulizia che sarebbe stato il dono


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finale che avrei ricevuto da quella mia casa che era stata sempre per me il luogo della mia rigenerazione. Dieci giorni dopo mi giunse una lettera da Torino. Era di Maria Grazia che mi spediva una delle sue predizioni, avuta da mia madre. In essa mamma mi incitava a proseguire sulla mia strada, che era la via maestra. Ritenni allora che fosse il caso di risponderle e il 9 settembre le inviai la seguente lunga lettera: Cara Fiordaliso, rasserenati: non siamo noi gli autori dei nostri pensieri, parole ed opere. Quando Gesù Cristo fondò la Comunione e disse che sarebbe stato sempre presente nel mondo, si consegno alla sua Chiesa, come il suo Corpo. Non diede luogo ad una astrazione ma, da quel momento, rese ciascuno di noi Gesù Cristo, ossia così talmente figlio di Dio da poterci permettere tutti di chiamarlo “Padre Nostro”. Tutti, con il sacrificio di 2.000 anni or sono, sono divenuti “membra del Cristo”, ossia “Corpo di Gesù”. Tutti. Ma io solo, a differenza persino di tutti i Santi, ho voluto talmente abbattere ogni separazione tra il mio &lt;io&gt; e il Suo, che ho dato assoluto valore al Suo e ne ho tolto, in assoluto, al mio. A tutti è parso “doveroso” tenere in piedi una certa distanza, rispettosa, tra se stessi e Gesù, Figlio Unigenito di Dio. I Santi sono stati lieti di aver convertito al Cristo il loro &lt;io&gt;, ma non vi hanno rinunciato al punto da dire: “Io sono veramente Gesù Cristo perché Egli davvero si è messo in Comunione con me, e – stante questa Comunione – chi sono io per aver conservato una certa qual parte importante e separata?” Tutti hanno trattato con tanta riverenza Gesù da averlo tenuto discosto, seppure a causa di un profondo rispetto. Ma la verità è che non è consentito tenere in essere le distanze, quando Dio vuole comunicare se stesso. Chi le tiene è come uno che guarda l’ostia consacrata e – vedendo concretamente un cerchietto di pane – non ne riconosce l’Entità sublime, che travalica quel pane. Ciascuno di noi, vedendo allo stesso modo noi stessi, ci comportiamo allo stesso modo e ci comprendiamo per quello che vediamo terra-terra, invece che per quello che veramente siamo: Figli di Dio, appartenenti alla sua stessa natura. Ecco in che modo esclusivo sono giunto io, sulla fine del secondo millennio: uguale del tutto agli altri, io non ho inteso un peccato il credermi Gesù Cristo, per essersi Egli dato a me in Comunione sacramentale. Dio ha voluto tutti questi miei pensieri, parole ed opere, allo stesso modo con cui ha voluto dare a te la tua parte ed a ciascuno la sua. Alcuni finiscono per sembrare santi, altri peccatori, ma né i primi né i secondi hanno veri meriti o


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demeriti per come Dio e Dio solo ha disegnato tutto, ma veramente tutto, in quella loro vita. Tra me e te è andata come hai visto perché sono iniziati per me gli ultimi tempi, quelli del buio. Sono iniziati esattamente a 300 giorni dalla mia morte, con il buio sceso sull’America. Erano già iniziati in Italia a 333 giorni dalla mia morte. Tu hai parlato di “puntiglio”, da parte mia. Ma io ti ho da sempre descritto la mia difficoltà a che qualcosa mi restasse attaccato. Ti ho sempre detto di essere stato fatto divenire una punta così acuta che nessun grumo poteva esservi a incrostarsi, tanto che fosse meno punta. I grumi, per me, sono le convenzioni. Ti invio il foglio domenicale seguito immediatamente alla mia dipartita da Montesilvano. A dimostrazione che la liturgia della Chiesa segue puntualmente le mie vicissitudini, nel Vangelo si parla infatti di Gesù che va contro alle consuetudini ed alle disposizioni del tempo, secondo le quali bisognava lavarsi, prima di mangiare e lavare le suppellettili. Come vedi il Vangelo stesso ha posto in evidenza come la purezza non stia in quello che entra nel corpo, ma in quello che esce dalla bocca, a sembianza delle idee. Il compito, importantissimo, destinato alla tua persona da parte del Dio che realizza gli eventi è stato quello addirittura di salvarmi la vita. È accaduto quando ho iniziato un digiuno assoluto (astinenza dal cibo e anche dall’acqua) e mi sono messo interamente nelle mani della Provvidenza di Dio. O mi dava un chiaro segno che non tutto quello che facevo era incompreso o non avrei compiuto più nessun gesto che mi facesse vivere. Ebbene ricevetti quella tua lettera di posta prioritaria, quella che non arrivava mai e giunse proprio in quel momento, mettendoci 22 giorni invece di due. Hai salvato anche la mia mente, tutte le volte che avevo bisogno di sapere che esisteva qualcuno che mi capiva davvero e mi voleva bene per questa mia “essenza” e non per la mia consistenza (economica e d’altro genere). Ora però il tempo di tutto ciò è giunto al termine e, nella Provvidenza di Dio era scritto che io e te si assumesse gli atteggiamenti che hai visti. Affinché io mi allontanassi da te ne sono successe di tutti i colori, da puzze di sudori a costole doloranti a mancanze di delicatezza da parte tua. Improvvisamente Dio ti ha fatto assumere la figura piuttosto ingrata di chi, assistita con amore, non l’ha più visto e si è messa invece a vedere le piccole cose fatte male nella quotidianità, quelle legate alle consuetudini dell’uomo ed alle quali io non assegno ormai il minimo valore. Sì, non ti ho pulito a dovere le stoviglie.. e allora? Dovevi per questo metterti a scorgere gli aspetti terra-terra del mio essere quando tutto, ogni cosa del mio essere si rimanda ormai solo alle cose del cielo? Ti sei voluta mostrare con me come una persona che misconoscesse tutto il mio apporto, che sai benissimo è rivolto alle questioni del Padre mio, al punto da


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dirmi che con tutto il mio atteggiamento ti ho fatto talmente perdere la fede che mai più saresti andata alla messa. Se volevi ferirmi, a morte, l’hai fatto con queste parole. Ma non ti sei fermata a questo: ti sei isolata, hai voluto passare la notte orgogliosamente per conto tuo. Io, dopo un giorno di digiuno, affinché il Signore perdonasse i nostri gesti fattici assumere in discordanza dal suo Vangelo, ho cercato di riannodare i nodi tranciati da te e mi son trovato improvvisamente di fronte alla frase: “Lavati perché sei in casa mia e non voglio che chi ti veda…”. Insomma hai compiuto quello che mancava ad allontanarmi nuovamente da te: un certo senso di vergogna che avresti provato, a causa della mia sporcizia… Oh, due che si vogliono bene cercano di lavarsi l’un l’altro senza infangare chi si vuol lavare! Mi hai fatto sentire improvvisamente uno che avevi respinto, quando ti aveva chiesto di legare a sé la sua vita, per questioni economiche. Ho visto 2.000 euro al mese più importanti di me. Ho visto una persona che si lava più importante di me che desidero lavarmi soprattutto l’anima. Ho visto una persona che ti aiuta schiacciata sotto la mancanza di riconoscenza dei veri valori, perché valevano di più tre piatti lavati male o bene di quanto potessi valere io. Gesù disse a Marta, che stava preparando da mangiare a lui, e che chiedeva di rimproverare Maria che preferiva invece stare a parlare con lui, invece di aiutarla a preparare per la mensa: “Marta Marta, che ti preoccupi per le cose di poco conto! Maria si è scelte le cose migliori e non le saranno tolte”. Tu, in relazione a me, hai scelto le cose minori e – volendo io darti quelle che contavano di più – mi sono trovato messe di fronte le cose terra-terra che io non potevo o non volevo fare: darti soldi per gestire un menage familiare oppure braccia per lavare me stesso e i piatti, al fine di non farti fare brutta figura con gli amici. Come ti sei permessa di darmi del “sudicio”? Sì, perché l’hai fatto. E allora rileggiti il foglietto del Vangelo che ti ho allegato e cerca di renderti conto di quali siano i veri valori, in un rapporto umano. Io te lo scrivo, ma non ne faccio una colpa a te, ma a quel personaggio che solo così Dio ha voluto disegnare, secondo i suoi evidenti fini: io dovevo distaccarmi da te.

Sì, perché per me è iniziato il tempo del “buio” nel quale io principi a distaccarmi ad una ad una da tutte le cose terrene, riducendo all’osso, talmente la mia essenza che io non so in che modo più sarò costretto a passare le mie giornate da oggi al 25 maggio 2004. Cerco di stare più vicino che sia possibile alla mia Chiesa. Sì, perché io – per i motivi che ti ho detto prima, mi riconosco nel Gesù Cristo che doveva ritornare alla fine dei tempi e che, annullando del tutto me (quindi avvalorandomi al massimo) ha preso il posto di me. Sì, è la mia Chiesa e tu fa’ quel che vuoi, in relazione alla tua fede, tanto non ti riuscirà di essere diversa da quello che Dio solo vorrà che tu sia.


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Il tuo compito resta per me essenziale. Io ti voglio bene ma, da ora in poi, non ci vedremo più, con il corpo. Non ci saranno più gesti concreti: sei tu che, con il tuo negare l’importanza di quanto esisteva di terra-terra tra noi hai finito per richiamarmi a quanto poteva esistere solo nello spirito, senza che vi fossero macchie o compromissioni di sorta. Rasserenati. Non è dipeso da te né da me, ma dal Dio che ci vuole perfetti ed ha voluto ridurre il rapporto tra te e me a quell’essenza che io vivevo anche in presenza del corpo ma che tu non potevi vivere, essendoci tra te e me questa fondamentale differenza: io già mi sono allontanato veramente dai valori del mondo e so distinguere dell’oro perfino nei rifiuti. Tu No. Pur vedendo i miei valori, sei stata irretita dalle questioni terrene, fino al punto da avere profondamente deluso la qualità del bene che sentivo tu avevi per me. Hai infatti preferito badare agli aspetti negativi di una concretezza di vita più che a quelli sublimi che prescindevano assolutamente da essa. Ecco, questa è la differenza, profonda, che esiste tra me e tutti: io non sono più contaminato dalle brutture del mondo, posso andare in giro maleodorante e malvestito e non aver perso proprio nulla delle cose per cui io valgo (che sono poi quelle di Gesù e non le mie, le mie sono quelle che vedi e che non ti sono piaciute, ma nelle quali io più assolutamente non mi identifico). Tu in me hai voluto vedere questa figura modesta, invece che quella radiosa di Cristo, e ti sei sbagliata, al punto da avermi costretto ad andar via, scuotendo la polvere dai sandali, anzi lasciandoteli del tutto, di proposito. Non è con quelle scarpe che io voglio camminare, anche se sto usando ancora i tuoi pantaloni per andare in giro. Infatti io non mi dimentico delle cose buone che ho ricevuto, anche se assisto all’umana incapacità a comprendermi da parte di chi, dando così peso al se stesso visto terra-terra in ciascuno, finisce per comportarsi così anche riguardo a me, tanto da non scorgere più in me l’essenziale ma quanto non conta veramente nulla. Io sono veramente il Gesù Cristo che doveva ritornare, perché mi rendo conto che ho compiuto del tutto il gran balzo di avere abbandonato la fede nel mio io ed avere assunto solo quella in Lui: ho raggiunto questa vera consapevolezza, tanto che io solo riseco a scorgere valido per me quello che è davvero valido per tutti ma che nessuno riesce a scorgere e neppure tu. Tu resti abbarbicata ancora alle cose da fare perché Dio non ti ha concesso di essere una consapevole Figlia sua allo stesso modo. La tua figliolanza deve fare i conti con il ruolo concesso a te. Al mio ruolo ha concesso l’identificazione personale in Gesù Cristo, anche se, guardandomi dentro, io seguito a vedere solo Romano. Ma io vedo Romano e credo Gesù allo stesso modo con il quale vedo il terra-terra dell’Ostia consacrata e credo sia Gesù. Io vedo me e credo di essere Gesù perché egli si è comunicato


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realmente a me. Ma lo ha fatto anche a te e a tutti, solo che Dio non vuole che tu e tutti vi identifichiate personalmente con Lui, per ora, perché per ora Dio distingue tra loro i Personaggi, dando a ciascuno i suoi carismi. Non mi esalto, in tutto ciò, anzi abbatto del tutto il mio personale &lt;io&gt; quando nego essenza al mio &lt;io&gt; e riconosco che ciò che vi vale è solo Cristo, la figliolanza di Dio. Non mi esalto perché mi rendo conto che questa mia è solo una parte attribuita per ora a me dalla Provvidenza buona di Dio e che poi concederà a tutti coloro che si vorranno immedesimare nella stessa parte, come ora è toccato, per attribuzione del Signore, alla mia anima. Non mi esalto, ma ringrazio Dio per avermi consentito una tale rinuncia a me stesso da far vivere nella mia persona solo i valori veri del Cristo. Presto vedremo che cosa Dio vorrà veramente da me, se le cose che mi ha lasciato intuire e che io vado dicendo o altre. Pensando di essere nel giusto e che il 25 maggio mi paralizzerò, per morire poi il 9 giugno, io ne sono lieto, veramente lieto. Se questo è il sacrificio che Dio chiede a me per salvare tutti io sono veramente al settimo cielo, per tutto questo. Se questo “buio” è già cominciato e sono guidato in modo da restare quella punta acuminatissima che penetri tutti i residui misteri, ne sono contento, anche se il buio talora può portare ad affermazioni del tipo “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”! No, io non lo dirò perché mi ha fatto capire che, con questo buio e poi con la morte dei primogeniti, che verrà, Dio avrà fatto compiere il definitivo esodo dell’uomo verso quello che vi è di sublime nella vita: non lavarsi il collo o le stoviglie, ma esprimere la riconoscenza, al Signore, per aver voluto un mondo così bello, in cui ciascuno raggiungerà il massimo della sua gioia, secondo i concetti personalmente e liberamente assunti in materia di gioia. Nella Comunione dei Santi io – che presagisco la gioia assoluta dell’assoluta identificazione con il Cristo – lo sarò davvero e io e Gesù saremo veramente una cosa sola al punto che io mi accorgerò e tutti si accorgeranno che quel bambino che, nel duemila dopo Cristo, “sognò, vagheggiò” di essere Cristo come il suo massimo successo personale… lo sarà veramente, perché quel Bimbo ha chiesto a Dio solo una cosa bellissima e non gli sarà tolta. Tu, pertanto, sei entrata in contatto con chi – quando rientrerà nella Comunione dei Santi – sarà talmente una cosa sola con Cristo da essere Cristo. Pertanto, se ora lo credo, se ora lo presagisco così chiaramente, io non mi sto sbagliando: tra me e Lui non c’è nessuna altra differenza che il ruolo diverso voluto dare da Dio Padre a suo Figlio: di quando era dotato dei suoi poteri di Figlio di Dio, e si vedevano, a quando li ha talmente donati a tutti gli uomini che non si sono visti più.


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La gloria toccata al Cristo, quando si è calato in me e in tutti gli uomini, è stata ancora maggiore di quella di un tempo: allora conservò la sua apparente grandezza, adesso l’ha vista del tutto mortificata. Gesù doveva così calarsi negli uomini affinché – dopo di averlo fatto – potesse riportarli tutti verso il solo Dio che fa tutte le cose, sconfiggendo la presunzione umana che siano gli uomini a far tutto. Ebbene Gesù Cristo lo avrà potuto attraverso l’immedesimazione nel personaggio di Romano Amodeo, entrambi una cosa sola e differenti solo per i differenti ruoli voluti conferire da Dio. Io sono insomma un “povero Cristo” al quale una donna, perfino sensibile come te, all’atto pratico ha rifiutato di legarsi, perché non ha soldi, non si lava, manda cattivo odore e fa fare brutte figure. Un “povero Cristo davvero!” Ma rassegnati: non è dipeso da te. Tu mi hai giovato e Montesilvano è stata la Sion della Bibbia, per le importanti cose che il tuo personaggio doveva apportare al mio, senza che né la mia anima né la tua ne avessero la benché minima colpa o merito. Ce ne accorgeremo allorché nella Comunione dei Santi la Comunione sarà tanto approfondita da essere tutti tutto: chi direttamente, chi indirettamente ma in modo concorrente. Io ti ringrazio dei sentimenti provati per me, perché ho letto l’essenza del tuo comportamento e non mi sono fatto demolire dai modi. Questi modi sono serviti solo a fare assumere anche a me, alla mia punta, quella scartavetratura che vi eliminasse tutte le concrezioni che vi si fossero aggiunte a rendere meno “puntigliosa” la mia opera. Essa non se lo può permettere. Tutte le cose vi si possono attaccare ma a condizione che siano “omnia munda mundis”, il che non è stato. Hai cercato di sporcarmi e mi son dovuto ritrarre… grazie a Dio che ha voluto che così fosse. Allontanatomi da te sono andato a confessarmi e, sul treno, Dio mi ha fatto incontrare una suora con la quale ho avuto un bellissimo incontro spirituale durato 4 ore. Alla fine lei ha voluto darmi una torta che loro suore avevano preparato e che lei aveva con sé. Come vedi, ridotto senza il tuo “viatico”, Dio non me l’ha tolto, anzi ha voluto che mi fosse dato preparato dalle spose del Cristo e donato a me da quella che ha fatto incontrare proprio a me “povero Cristo”. Tutto mi conferma che sono veramente un “povero Cristo”, riconosciuto da te e dagli altri, al punto da non essere voluto come un reale compagno ma da essere privilegiato come quello sposo dell’anima che io sarò per tutti, tanta è la mia tensione ed intenzione di aiutare tutti con il dono della mia vita reale. Grazie, Maria Grazia e a Dio. Romano


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Come ho già scritto in questa lettera, con il 14 agosto 2003 è iniziata la nona piaga, quella del buio e, per me, si è spenta la luce che brillava a Montesilvano, ma che, nell’ultimo sprazzo del suo giorno, credo mi ha tolto ogni ombra dall’anima.

Fiordaliso Amodeo Venturelli, il primo amore dei miei 10 verdi anni

Fiordaliso Venturelli fu oracolo della Fiordaliso ventura, l’ultimo reale amore del mio mondo reale (nella seconda delle mie 3 Sion), conosciuta grazie a Padre Magni… e si vede! Buon appetito! Addio! Ci rivedremo in Paradiso! È stato bello vivere in mezzo a Voi!


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Mi allontano felice, da questa vita, perché io già vedo quello che accadrà!

Saronno, 10 settembre 2003


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