Bus Magazine n. 2/2019

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BIMESTRALE DI POLITICA E CULTURA DEI TRASPORTI n.2• 2019 • Mar/Apr

ART, NUOVE REGOLE PER IL TPL Le proposte ANAV

MASTER SAPIENZA

III Edizione per il corso di Alta Formazione sul TPL

Welfare aziendale

L'esperienza del Gruppo Zoncada

Interviste

Il percorso di Stefano Malorgio nella CGIL



editoriale

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di GiuseppeVinella [Presidente Anav]

NUOVE MISURE ART SUL TPL: IL PRESUPPOSTO DI FONDO È UN MERCATO PIÙ APERTO ALLA CONCORRENZA

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affidamenti effettuati senza gara, e il complesso di quella importante riforma che ci aveva visto tutti fattivamente coinvolti sembra oramai aver perso slancio e destinato a restare sulla carta ancora per un po'. Diventa quindi difficile come dicevo coniugare le due anime dell’impresa che in un mercato “normale” costituirebbero invece due facce della stessa medaglia: incumbent in un ambito territoriale, new comer in un altro. Ma se, semplificando, gli ambiti territoriali sono soltanto due, uno aperto alla concorrenza di tutti gli operatori interessati, e l’altro chiuso perché l’ente rinnova l’affidamento diretto alla impresa controllata oppure all’impresa monopolista in grado di offrire condizioni da altri difficilmente replicabili, ebbene in questo contesto l’impresa incumbent non compete per il mercato, ma lotta per restarci, lotta per la sopravvivenza. Da tempo l’ANAV è impegnata in una battaglia volta a creare condizioni eque e diffuse di competizione e continueremo a farlo. È con questa visione, principalmente, che abbiamo elaborato le nostre osservazioni all’Autorità chiedendo: coerenza con il quadro normativo di riferimento, così da non ostacolare processi faticosamente avviati come quello di transizione ai costi standard; applicazione delle nuove regole solo alle nuove procedure di affidamento con gara, sì da non rallentare procedure già avviate che dovrebbero altrimenti essere riviste per tenere conto delle nuove misure; una equa competizione tre incumbent e new comers evitando l’introduzione di obblighi informativi o di messa a disposizione dei beni sproporzionati e con possibili effetti di alterazione “al contrario” di una corretta dinamica competitiva. Per noi l’orizzonte non può essere limitato alla sopravvivenza, ma vogliamo competere in posizione di parità e, soprattutto, in uno spazio più ampio, guardando allo sviluppo del settore ed al miglioramento del servizio offerto ai cittadini.

a consultazione dell’Autorità dei Trasporti sullo schema di nuovo atto regolatorio in materia di TPL ci ha impegnato a fondo in questo inizio 2019 e, come di consueto, attraverso il confronto aperto e sincero, ritengo che anche in questa occasione abbiamo elaborato un documento di osservazioni e proposte che opera una corretta ed equilibrata sintesi delle istanze associative. Nel sistema della rappresentanza datoriale del TPL la nostra Associazione è l’unica a saper coniugare due anime delle imprese: quella di impresa incumbent, che giustamente e legittimamente difende la posizione acquisita tramite esperienza, sacrifici, investimenti, e quella di impresa “new comer”, che altrettanto giustamente e legittimamente desidera competere equamente per estendere il proprio spazio di mercato e reinvestire gli utili, l’efficienza, il background acquisito nella gestione dei servizi in altri ambiti territoriali. Non è semplice pervenire a questa sintesi e non lo è, io credo, per una ragione di fondo: gli spazi di reale concorrenza per l’aggiudicazione dei servizi sono estremamente limitati. Lo abbiamo evidenziato in più occasioni, trovando il pieno sostegno di Confindustria sulla esigenza primaria di un ricorso generalizzato alle gare per l’affidamento dei servizi. Lo abbiamo ribadito lo scorso 14 marzo innanzi al Consiglio dell’Autorità dei Trasporti: ancora oggi su un fatturato complessivo di settore di circa 12 miliardi di euro solo il 30% risulta aperto alla concorrenza e, guarda caso, è quel 30% dove è maggiormente sviluppata la presenza di capitale privato. Il mercato ferroviario è caratterizzato dalla posizione di sostanziale monopolio di Trenitalia che, dopo le recenti sigle dei contratti con le Regioni, si protrarrà almeno fino al 2033. Nel TPL su gomma continua il diffuso ricorso agli affidamenti in house che anzi, negli ultimi anni si è ancor più esteso. Rispetto agli stimoli al processo di liberalizzazione introdotti con il D.L n. 50/2017 il legislatore ha fatto un passo indietro, rinviando al 2021 l’entrata a regime del meccanismo di penalizzazione finanziaria degli

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n.2• 2019 • Mar/Apr

eDIToRIALe

Nuove misure ART sul TPL: il presupposto di fondo è un mercato più aperto alla concorrenza

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Le criticità del salario minimo legale

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Nuove regole per il TPL

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Venezia: nessun prelievo per chi viaggia in autobus

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Fondo TPL

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Giuseppe Vinella

LeggI

Roberto Magini

TPL

Antonello Lucente

MoBILITà E REGOLE ART, NUOV PER IL TPL te ANAV Le propos

MASTERZA SAPIEN

per III EdizioneAlta il corso dine Formazio sul TPL

endale Welfare azi za

L'esperien Zoncada del Gruppo

Interviste so di

Il percor lorgio nella CGIL Stefano Ma

Nicoletta Romagnuolo

TPL

Antonello Lucente

LeggI

Alla ricerca di regole certe per la trasparenza delle erogazioni pubbliche

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Fari puntati sulle imprese

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Welfare Aziendale

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Il fisco aiuta la formazione

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Pacchetti mobilità un’occasione persa?

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età dei bus e norme regionali

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Intervista Stefano Malorgio

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Master TPL via alla III edizione

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Il rapporto temporaneo nella nuova normativa del lavoro

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Nicoletta Romagnuolo Paola Galantino

AzIeNDe

Silvio Balduzzi

FISCo

Nicoletta Romagnuolo

uNIoNe euRoPeA euRoPeA Roberta Proietti

NoLeggIo

Nicoletta Romagnuolo

ATTuALITà

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CuLTuRA LeggI

La disciplina del contratto a tempo determinato tra disposizioni di legge e contratti collettivi

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euRoPA

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NCC le proposte di ANAV in commissione parlamentare

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una politica di sostegno del TPL

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Il codice della strada verso la riforma

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Tiburtina obiettivo riqualificazione

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100 anni di attività per il grupp STAT

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NoLeggIo

Nicoletta Romagnuolo

TPL

Antonello Lucente

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LeggI

Francesco Romagnoli

ATTuALITà AzIeNDe

ASSoCIAzIoNe

Concorso fotografico Imprese in Movimento 39

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LeggI

Tempi di guida e di riposo chiarimenti dal Ministero dell'Interno Paola Galantino

AzIeNDe

Autostazioni d'Italia Tpbus - Tebus - Tcbus

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Brexit gioco dell’oca infinito Roberta Proietti

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BIMESTRALE DI POLITICA E CULTURA DEI TRASPORTI

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Motori Bus & Sport La Sentenza Tecnologia Info Flash

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LE CRITICITÀ DEL SALARIO MINIMO LEGALE

Il Governo punta a introdurre una misura per regolamentare le retribuzioni, ovvero la paga minima che ogni lavoratore dovrebbe ricevere. Ecco la posizione di Confindustria

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i chiama salario minimo legale e presto potrebbe concretizzarsi anche in Italia. Dopo la partenza ufficiale del reddito di cittadinanza, il M5S con il ddl A.S. n. 658/2018 ha dato impulso alla discussione parlamentare per introdurre anche nel nostro Paese il salario minimo. Analogo ddl è stato recentemente presentato anche dal Partito Democratico con A.S. n. 310/2018.

In altri Paesi europei, il salario minimo legale è previsto da anni. A luglio 2017, 22 stati dell’Ue (su 28) avevano una paga oraria minima nazionale. In testa c’è il Lussemburgo (con retribuzione minima di quasi 2mila euro), in coda la Bulgaria (con 235 euro mensili). Ne sono rimasti fuori, invece, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia, Svezia e, appunto, Italia. Oggi è il nostro Governo a porlo tra le priorità. Con il termine salario minimo legale si intende la paga minima che ogni lavoratore dovrebbe ricevere, all’ora, al giorno, al mese. Si tratta di una misura che il Governo punta a introdurre per regolamentare le retribuzioni e inserire in ogni contratto di lavoro delle fasce sotto le quali non scendere mai. Il “salario minimo orario” non dovrebbe essere inferiore ai 9 euro l’ora. Il salario minimo legale spetterebbe ai lavoratori subordinati e a quelli parasubordinati, ossia tutti quei lavoratori le cui prestazioni si avvicinano in parte al

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[RobertoMagini] Funzionario Servizio sindacale e lavoro

lavoro subordinato e in parte a quello autonomo, come per esempio i lavoratori a progetto, i collaboratori continuativi e quelli occasionali. La paga minima fissa riguarderebbe i dipendenti privati, ma, indirettamente, anche coloro che, nel pubblico, sottostanno ad un contratto collettivo nazionale: la retribuzione minima fissata – in caso di istituzione di un salario minimo legale – non potrà essere inferiore a quella prevista dalla legge. Il legislatore, quindi, con la finalità di tutelare ogni forma di lavoro, introdurrebbe un salario minimo “universale”, che non tiene specificamente conto del sistema della contrattazione collettiva vigente, e il cui rispetto da parte del datore di lavoro assolverebbe agli obblighi fondamentali che derivano dalla Costituzione e dal sistema delle leggi a tutela del lavoro. È del tutto evidente come una scelta di tal genere ben potrebbe ingenerare nelle imprese la tentazione di “liberarsi” dal complesso di obblighi che derivano dal rispetto dei contratti collettivi, a favore di una regolamentazione unilaterale del rapporto di lavoro che troverebbe, però, nel rispetto del salario minimo, la sua tutela fondamentale. Si tratta del cosiddetto fenomeno della “fuga” dal contratto collettivo che si sta registrando, già da tempo, in vari paesi europei che hanno adottato il sistema del salario minimo legale, pur in presenza di una consolidata tradizione di contratta-

zione collettiva. È opportuno, infatti, sottolineare che il perimetro delle garanzie e delle tutele offerte al lavoratore dai CCNL è ben più esteso del mero trattamento economico minimo. Una scelta di tal genere, in ogni caso, comporterebbe di affrontare e risolvere non indifferenti problemi tecnici, ad esempio, in ordine all’individuazione della giusta misura di un salario minimo legale e, in questo senso, i ddl citati in premessa non contengono precise disposizioni. A mero titolo di cronaca, l’applicazione dei ccnl degli autoferrotranvieri e del noleggio autobus con conducente, entrambi stipulati dall’ANAV insieme alle Organizzazioni sindacali dei trasporti, comporta una retribuzione oraria proprio intorno ai 9 euro, considerando i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità. In particolare, nella scelta del livello ottimale del salario minimo sarebbe comunque necessario che il legislatore tenesse conto di varie considerazioni, tra le quali, a titolo d’esempio: ✔ allo scopo di non avere un impatto negativo sulla domanda di lavoro e quindi sull’occupazione (regolare), il salario minimo non dovrebbe essere troppo alto rispetto a quello medio/mediano; ✔ un salario minimo troppo elevato correrebbe, inoltre, il rischio di diminuire la


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percentuale di lavoratori effettivamente coperti, perché potrebbe aumentare l’area del non lavoro e/o il lavoro irregolare; ✔ il salario orario minimo dovrebbe comunque tener conto della distinzione tra retribuzione oraria diretta - applicabile eventualmente ad ogni tipo di collaborazione con l’impresa - e retribuzione oraria complessiva che, prendendo in considerazione gli elementi indiretti e/o differiti, quali ferie, mensilità aggiuntive, tfr, dovrebbe applicarsi solo al lavoro subordinato; ✔ il salario minimo dovrebbe prevedere meccanismi di adeguamento al costo della vita che non determinino spirali inflazionistiche.

Confindustria

Sulla questione, nel corso della audizione tenutasi lo scorso 12 marzo 2019, presso la Commissione Lavoro del Senato, Confindustria ha suggerito la proposta di prendere a riferimento, per la determinazione del salario minimo, il sistema della contrattazione collettiva vigente, salvo a individuare un vero e proprio livello minimo di garanzia per i settori e le attività prive di contrattazione di riferimento. La vera questione, secondo Confindustria, diventerebbe quella di individuare criteri obiettivi per individuare quale dovrebbe essere il contratto collettivo di settore da pren-

Il legislatore introdurrebbe un salario minimo “universale”, che non tiene specificamente conto del sistema della contrattazione

dere a riferimento. Proprio perseguendo tale finalità si ricorda che Confindustria e Cgil Cisl Uil hanno sottoscritto l’accordo interconfederale del 2011 e l’accordo interconfederale del 2014 - che ha preso il nome di Testo Unico sulla Rappresentanza, e che ha incorporato, confermandoli, i contenuti dell’accordo del 2011 - ove sono state definite le regole per selezionare gli agenti contrattuali e rendere, così, i processi negoziali più certi e volti a garantire la piena esigibilità degli accordi conclusi sia a livello nazionale che a livello aziendale. La piena “democraticità” dei criteri adottati in quegli accordi ha la sua controprova nell’elevatissimo numero di organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori che hanno aderito a quegli accordi. E sempre in quest’ottica Confindustria e Cgil Cisl Uil hanno sottoscritto, nel 2018, l’accordo denominato “Patto per la fabbrica” nel quale la Confindustria si è, anzitutto, impegnata a misurare la propria rappresentatività e a condividere criteri di misurazione della rappresentanza datoriale con le altre organizzazioni di rappresentanza delle imprese, sempre al fine di identificare, nel modo più corretto possibile, quale potrebbe essere il contratto collettivo di riferimento, per ogni settore produttivo. Di riferimento per il settore perché stipulato dalle organizzazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori che risulterebbero essere maggiormente

rappresentative e che, pertanto, dovrebbero essere in grado di interpretare al meglio quel complesso equilibrio di interessi che viene realizzato con la sottoscrizione di un contratto collettivo. Solo l’osservanza del contratto collettivo di riferimento dovrebbe, quindi, consentire alle imprese l’accesso ai benefici economici e normativi previsti dall’ordinamento (ad es: sgravi contributivi, detassazione) e la possibilità di partecipare alle gare d’appalto pubbliche. Nel corso dell’audizione Confindustria ha altresì sottolineato che – in aggiunta agli impegni contenuti nei citati Accordi Interconfederali del 2011 e del 2014, con il patto del 2018 (Confindustria e Cgil Cisl Uil) si sono anche impegnate a determinare nei contratti il Trattamento economico minimo (TEM), considerandolo equivalente al salario minimo inderogabile, da distinguere dal Trattamento economico complessivo (TEC). Dunque, la finalità principale che viene perseguita dai disegni di legge in esame ben potrebbe essere assolta con l’osservanza, da parte delle imprese, del TEM. La questione, come abbiamo visto, assume grande rilievo e forte impatto economico per il sistema economico e delle relazioni industriali. Ci auguriamo quindi che il tema venga trattato con la necessaria cura e attenzione.

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Confindustria ha suggerito la proposta di prendere a riferimento per la determinazione del salario minimo, il sistema della contrattazione collettiva vigente

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NUOVE REGOLE PER IL TPL L’Autorità dei trasporti lancia una consultazione e ANAV non fa mancare le sue proposte.

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distanza di quasi quattro anni dal precedente intervento l’Autorità di Regolazione dei Trasporti ritorna a occuparsi a 360 gradi di regolazione del TPL con uno schema di delibera, sottoposto alla consultazione degli stakeholders, che ha come obiettivo dichiarato quello di integrare ed aggiornare la nota Delibera n. 49/2015 alla luce sia del monitoraggio sulla sua applicazione, sia delle nuove competenze regolatorie che sono state attribuite all’Autorità dal D.L. n. 50/2017. E l’ANAV, come di consueto, ha partecipato alla consultazione elaborando un corposo e approfondito documento di osservazioni e proposte migliorative redatto grazie al fattivo contributo delle Aziende associate e di tutti gli Organismi associativi coinvolti nel processo decisionale. I temi principali sono stati poi illustrati dall’ANAV innanzi al Consiglio dell’Autorità nel corso dell’audizione di tutti i soggetti interessati tenutasi lo scorso 14 marzo. L’Associazione ha innanzitutto ribadito la propria convinzione circa lo stimolo fondamentale che una buona regolazione può costituire una configurazione industriale e di mercato del settore del TPL. A tal fine i presupposti da osservare per garantire la massima efficacia dell’atto regolatorio sono: la coerenza con il quadro normativo di riferimento; la chiarezza, semplicità ed essenzialità rispetto agli obiettivi perseguiti; l’attuabilità in concreto e congruità dei tempi di appli-

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[AntonelloLucente] Dirigente Area TPL

cazione; la sintesi equilibrata degli interessi contrapposti regolati. Indirizzi che vengono adeguatamente considerati dall’Autorità nello schema di atto sottoposto a consultazione, ma che possono essere ancor meglio perseguiti attraverso l’adozione di alcune modifiche mirate.

ANAV ha ribadito che una buona regolazione può costituire una configurazione industriale e di mercato del settore del TPL

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Il costo standard

Circa la necessaria coerenza con il quadro normativo di riferimento, l’Associazione ha richiamato l’attenzione dell’Autorità sull’esigenza di sostenere la concreta applicazione del costo standard. Nel quadro normativo vigente il costo standard è infatti l’elemento obbligatorio di riferimento per il calcolo delle compensazioni da riconoscere agli operatori e dei corrispettivi da porre a base di gara. L’introduzione di nuovi strumenti similari al costo standard creerebbe invece incertezza e confusione ritardando l’implementazione di uno strumento faticosamente costruito. Tanto più che il “costo operativo efficiente”, proposto dall’Autorità come strumento alternativo al costo standard, è ancora privo di metodologia e disciplina per tutti i servizi con modalità diverse da quella ferroviaria. Una riflessione, poi, andrebbe fatta anche con riferimento alla disciplina della clausola sociale per la quale l’Autorità propone un punto di equilibrio comprensibile con l'obiettivo di favorire la contendibilità delle gare e di contenere gli oneri del servizio per la collettività, discostandosi però dalla norma di legge posta a fondamento della specifica competenza attribuitale in materia, con il rischio di alimentare un rilevante contenzioso, considerato peraltro che una disciplina articolata sul tema è comunque contenuta nel CCNL autoferrotranvieri.


Per quanto concerne i requisiti di chiarezza, semplicità ed essenzialità delle misure regolatorie, è apprezzabile lo sforzo fatto dall’Autorità al fine di chiarire le modalità di applicazione delle regole tanto alle procedure di affidamento ed ai contratti di servizio in concessione che alle procedure ed ai contratti in appalto, tematica questa estremamente dibattuta e complessa che purtroppo ha sin qui consentito la messa in discussione di regole che devono essere necessariamente comuni. Proprio partendo da tali considerazioni, al fine di limitare al massimo disomogeneità applicative e catalogazioni meramente strumentali di procedure e contratti come “appalti” o come “concessioni”, l’Associazione ha suggerito di estendere anche alle procedure ed ai contratti di appalto alcune misure che l’Autorità propone invece di applicare solo in caso di concessione: così per la matrice dei rischi, considerato che anche nei casi di appalto e di contratti gross cost il corrispettivo di servizio non garantisce la piena compensazione degli investimenti effettuati e/o dei costi sostenuti; così per l’obbligo di adozione del PEF simulato, in quanto strumento di chiara definizione ed allocazione dei rischi e di necessaria valutazione previsionale degli aspetti economico-finanziari della gestione lungo il periodo di vigenza del CdS; così per la determinazione del ragionevole margine di utile, visto che la normativa comunitaria di cui al Regolamento CE 1370/2007 non fa alcuna differenziazione a riguardo tra servizi in appalto e servizi in concessione. Con riferimento alla attuabilità ed alla congruità dei tempi di applicazione, l’Associazione ha evidenziato come la mancanza di una necessaria gradualità attuativa dell’atto regolatorio finirebbe inevitabilmente per comprometterne gli obiettivi di implementazione corretta, omogenea e generalizzata. Procedure di affidamento concorsuali già avviate si arresterebbero, o verrebbero comunque fortemente rallentate posto che il bando

di gara o l’atto di approvazione dell’affidamento diretto non costituiscono gli atti iniziali di una procedura ma, al contrario, presuppongono una consistente attività amministrativa a monte con la quale devono essere coerenti, attività che pertanto dovrebbe essere riavviata o rivista per tenere conto delle novità. Allo stesso modo, l’applicazione obbligatoria delle misure a contratti di servizio già in essere finirebbe inevitabilmente per alterarne il sinallagma tra le parti e anche l’equilibrio economico definito: ciò vale in particolare per gli obblighi di contabilità regolatoria che comportano complessità tecnico-operative e connessi costi rilevanti per le imprese nei termini previsti dall’Autorità e che per ciò stesso dovrebbero più correttamente, a parere di ANAV, interessare i contratti di servizio sottoscritti successivamente all’entrata in vigore dell’atto regolatorio, dando così la possibilità di disciplinare nei contratti stessi i connessi oneri ed obblighi reciproci tra le parti.

L’Associazione ha richiamato l’attenzione dell’Autorità sull’esigenza di sostenere la concreta applicazione del costo standard

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Una equa competizione

Infine, quanto alla sintesi equilibrata degli interessi contrapposti, l’ANAV ha condiviso il giusto obiettivo di abbattimento di barriere all’ingresso e di superamento delle rendite da monopolio nell’ottica di garantire una equa competizione tre incumbent e new comers, obiettivo che non deve però tradursi in obblighi informativi o di messa a disposizione dei beni sproporzionati e con possibili effetti di alterazione “al contrario” di una corretta dinamica competitiva. In tal senso, in assenza di vincoli normativi o contrattuali ovvero connessi alla fruizione di contributi pubblici per l’investimento, il dovere degli enti affidanti di garantire all’impresa affidataria la disponibilità dei beni essenziali ed indispensabili all’effettuazione dei servizi non può comportare un illegittimo esproprio di beni autofinanziati di proprietà del gestore uscente o di soggetti terzi. Parallelamente, l’impresa affidataria dovrebbe essere sempre messa nelle condizioni di valutare gli obblighi di rilevare determinati beni preordinatamente alla formulazione dell’offerta in sede di gara. Parimenti, per quanto riguarda il tema delle informazioni da rendere disponibili, è fondamentale che l’ente affidante garantisca ai soggetti interessati le informazioni essenziali e indispensabili per consentire la partecipazione alla gara e la contendibilità della stessa, ma proprio a garanzia di una corretta competizione, nel caso in cui il gestore uscente partecipi alla gara, ciò non può comportare un obbligo indiscriminato di messa in disponibilità di informazioni commercialmente ed industrialmente sensibili ove non soggette a specifici obblighi di rendicontazione previsti nei contratti. Le raccomandazioni di ANAV non hanno trovato pareri contrari in audizione. Vedremo ora se saranno accolte dall’Autorità ai fini dell’adozione dell’atto definitivo di regolazione.

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VENEZIA:

nessun prelievo per chi viaggia in autobus

Deroga per i passeggeri al contributo di accesso per tutto il 2019. Vinella: Premiati i nostri sforzi nel portare avanti le giuste istanze delle imprese associate.

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razie ad una specifica deroga i viaggiatori che, nel 2019, arriveranno a Venezia con autobus di linea o di noleggio, già assoggettati al pagamento delle tariffe di accesso alla ZTL Bus, non dovranno versare anche il nuovo ‘contributo di accesso’. Lo prevede una norma transitoria del regolamento approvato dall’amministrazione comunale, il 26 febbraio scorso, in applicazione del famoso comma 1129 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2019, che autorizza il comune di Venezia ad operare un prelievo fino a 10 euro nei confronti dei viaggiatori che arrivano in città “con qualsiasi vettore”. Un’apertura frutto del richiamo allo ‘smarrito’ senso della misura delle amministrazioni comunali che il Presidente ANAV, Giuseppe Vinella, ha giustamente rivendicato: “La decisione del comune di Venezia di venire incontro alla nostra richiesta di escludere anche solo per il 2019 dal contributo di accesso i passeggeri che utilizzano autobus di linea o privati per arrivare in città premia i nostri sforzi nel portare avanti le giuste istanze delle imprese associate …..in maniera efficace e tempestiva abbiamo evidenziato all’amministrazione comunale come le nostre imprese, già da anni, contribuiscano in misura importante al sistema di regolazione degli ingressi alla città e come l’applicazione di un doppio prelievo a carico della nostra clientela rischi non solo di essere iniquo e discriminatorio,

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[NicolettaRomagnuolo] Dirigente Area noleggio autobus ma disincentivare fortemente i flussi turistici, con inevitabili ricadute sull’economia locale”.

Un doppio prelievo rischia non solo di essere iniquo e discriminatorio, ma disincentivare fortemente i flussi turistici, con inevitabili ricadute sull’economia locale Se certamente condivisibili sono le finalità che ispirano l’iniziativa dell’amministrazione comunale (come negare le pressanti esigenze di salvaguardia del decoro urbano, dell’ambiente e del patrimonio naturale ed artistico-culturale della città?), è altrettanto incontestabile che il tema della regolazione dei flussi turistici necessiti di una visione globale e di un complesso coordinato di misure che – evitando sovrapposizioni e stratificazioni di prelievi – assicuri massima efficacia, equilibrio e proporzionalità alla politica di tutela della città nell’interesse comune di tutte le parti coinvolte. Giustamente, a più riprese, il Ministro per il Turismo Centinaio ha messo in guardia dal rischio che simili iniziative, a Venezia come a Roma o

Firenze, seppur apprezzabili, si traducano in un ostacolo, se non in un vero e proprio disincentivo economico, ai flussi incoming con immaginabili danni agli operatori della filiera turistica e all’economia locale. Proprio le dichiarazioni del Ministro Centinaio hanno offerto ad ANAV un utile spunto per sollecitare alla città di Venezia l’introduzione per il 2020 ed i successivi anni a venire l’individuazione di un unico sistema di regolazione degli accessi degli autobus e dei relativi viaggiatori, tale da evitare appesantimenti sotto il profilo degli adempimenti burocratici e da garantire un prelievo non solo proporzionato, ma anche equo ed uniforme per entità e meccanismi applicativi rispetto a quello posto a carico di altre modalità di trasporto. Nessun tentativo, quindi, delle imprese di trasporto con autobus di sottrarsi all’impegno di concorrere alla tutela dell’ambiente e del patrimonio artistico-culturale di Venezia, ma solo il richiamo all’amministrazione a garantire alle imprese di trasporto con autobus e ai loro clienti pari condizioni di accesso alla città, non discriminatorie rispetto ad altre modalità di trasporto. I prossimi mesi vedranno l’avvio della programmazione della stagione turistica 2020: sarà un banco di prova per testare il reale interesse della città di Venezia per la promozione e salvaguardia del turismo, oltre che per l’equilibrio del proprio bilancio.

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FONDO

TPL

T P L

Ancora assente una soluzione definitiva al problema dell’accantonamento.

porterebbero gravi impatti occupazionali. Ma il problema è che il rischio connesso all’accantonamento è molto più esteso e trasversale: due miliardi di euro suddivisi tra vari Ministeri e settori di spesa che, accantonati in legge di bilancio come posta “meramente figurativa e prudenziale” per soddisfare le richieste dell’Europa e far accettare il progetto di bilancio nazionale senza incorrere nella

" Anav e le Organizzazioni sindacali sono tornate con forza a chiedere garanzie di finanziamenti che, se sottratti al settore, metterebbero in crisi le Imprese

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procedura d’infrazione, sono oramai diventati l’ultimo scudo per scongiurare il rischio di una nuova manovra finanziaria d’emergenza. Lo stesso Ministro Tria ha ribadito più volte il concetto che, anche nel caso gli economics del Paese dovessero essere più negativi di quelli ipotizzati a dicembre 2018 – ciò che purtroppo sembra ormai aver perso ogni connotato ipotetico, i due miliardi accantonati in bilancio consentirebbero di evitare manovre aggiuntive. Sono in molti però a pensare che due miliardi non sarebbero oramai sufficienti a rimettere i conti in equilibrio. Ad ogni modo anche il Governo sembra ormai “orientato” a dare fondo a riserve che solo due mesi fa erano descritte come “meramente figurative”, e si è aperta la disputa interna tra i vari Ministeri sulle voci di spesa da salvaguardare. 300 milioni di euro sono vitali per il TPL ed il Ministro dei Trasporti giustamente ne chiede la salvaguardia. Ma non è il solo Ministero a lanciare un giustificato grido di allarme: a rischio, infatti, sono anche 160 milioni di euro per la competitività delle imprese di pertinenza dello Sviluppo economico; 158 milioni per la Difesa; 100 milioni per l’Università; 40 milioni per le Politiche sociali a sostegno della famiglia; eccetera. Insomma, qualcuno ne uscirà sconfitto se il Governo non troverà una soluzione diversa e più ambiziosa. Aprile è mese di DEF. Staremo a vedere.

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’annuncio della firma del decreto di riparto per la quota di anticipazione del Fondo TPL di competenza 2019 da parte del Ministro Toninelli, nel mese di febbraio, sembrava essere il preludio alla individuazione in tempi brevi di una soluzione definitiva del problema generato dall’accantonamento di 300 milioni di euro a valere sulla dotazione del Fondo in sede di legge di bilancio 2019. Le rassicurazioni del Sottosegretario all’Economia, Massimo Garavaglia, avevano poi rafforzato la convinzione che la soluzione fosse a portata di mano e che il Governo, a giorni, l’avrebbe annunciata. A distanza di due mesi circa le nuvole tornano ora ad addensarsi e l’orizzonte appare meno sereno. Le Regioni in più di un occasione hanno sollevato nuovamente il problema al Governo, evidenziando i gravissimi impatti che deriverebbero sul trasporto pubbico e sui servizi resi ai cittadini da un taglio così rilevante sulla dotazione del Fondo TPL applicato in corso d’anno. Lo stesso Ministero dei Trasporti ha lanciato l’allarme e sensibilizzato il Tesoro sulla necessità di una rimodulazione dell’accantonamento che salvaguardi le risorse destinate a garantire il diritto alla mobilità degli Italiani. Anav, insieme alle altre rappresentanze datoriali, e le Organizzazioni sindacali sono tornate con forza a chiedere garanzie di finanziamenti che, ove sottratti al settore, metterebbero in crisi le Imprese e com-

[AntonelloLucente] Dirigente Servizio economico


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ALLA RICERCA DI REGOLE CERTE PER LA TRASPARENZA DELLE EROGAZIONI PUBBLICHE

Le imprese dovranno interpretare in maniera estensiva la norma che impone di pubblicare informazioni relative a sovvenzioni e contributi: previste pene molto severe per errori ed omissioni.

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iù trasparenza nelle erogazioni pubbliche: questo l’obiettivo della norma dettata dalla legge sulla concorrenza del 2017 (n. 124) che impone alle imprese di pubblicare nelle note integrative dei bilanci di esercizi o dei bilanci consolidati informazioni relative a “sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e vantaggi economici di qualsiasi genere” percepiti da pubbliche amministrazioni, società a partecipazione pubblica e altri soggetti pubblici. Nessun obbligo informativo solo per erogazioni inferiori a 10mila euro. Ma se la norma c’è, mancano ancora le istruzioni applicative, mentre si avvicina la scadenza dei termini per l’approvazione dei bilanci. Un’applicazione “distratta” della norma neppure è pensabile, visto che la sanzione prevista per le imprese sarebbe quella della restituzione, entro tre mesi, ai soggetti eroganti di quanto ricevuto. Massima cautela, quindi, per evitare di pagare “a caro prezzo” (è il caso di dirlo!) eventuali errori o omissioni, sperando che alcuni necessari chiarimenti arrivino in tempo dai dicasteri competenti. Per il settore trasporti si tratterebbe dei Ministeri dei Trasporti e dello Sviluppo Economico, già sollecitati da ANAV. Lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico, peraltro, nei mesi

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[NicolettaRomagnuolo] Dirigente scorsi, nel sollecitare un parere del Consiglio di Stato su alcuni aspetti della nuova disciplina, aveva rappresentato la necessità che venissero definite apposite “linee guida per porre rimedio alla scarsa chiarezza della formulazione e assicurare così un uniforme rispetto delle regole da parte dei soggetti interessati”. Una richiesta senza alcun esito, che oggi crea non poche difficoltà alle imprese. Anche l’intervento attuato, ad inizio anno, in sede di conversione in legge del decreto “Semplificazioni” (d.l. n. 135 del 2018) non si è rivelato risolutivo: l’aver previsto che, per gli aiuti di Stato e gli aiuti de minimis annotati nel Registro nazionale degli aiuti di Stato, tale annotazione sostituisca gli obblighi di pubblicazione posti a carico delle

La formulazione ampia della norma solleva dubbi circa la portata effettiva dell’adempimento richiesto

Servizio fisco, societario e commerciale

imprese beneficiarie (a condizione che nella nota integrativa del bilancio ne sia comunque dichiarata la percezione) lascia intatto il problema. E’ di tutta evidenza, infatti, che gli aiuti di Stato e gli aiuti de minimis non esauriscono tutte le categorie di “vantaggi economici di qualunque genere” cui il legislatore fa riferimento e per i quali deve essere assolto l’obbligo di pubblicazione in nota integrativa.

Un perimetro applicativo incerto.

Proprio la formulazione ampia della norma solleva dubbi circa la portata effettiva dell’adempimento richiesto, che – in assenza di una relazione illustrativa e di eventuali chiarimenti ministeriali – le imprese dovranno giocoforza interpretare in maniera estensiva, vista la severità delle sanzioni contemplate dalla norma. E i dubbi sono davvero tanti! Si pongono, ad esempio, per le somme percepite dalle imprese quale corrispettivo per lavori, servizi e forniture rese alle pubbliche amministrazioni: il legislatore, infatti, parla testualmente di “incarichi retribuiti” evocando, quindi, rapporti economici di tipo sinallagmatico, ma – come ha autorevolmente sottolineato l’Assonime - in presenza di prestazioni regolarmente effettuate,


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Alla necessità di definire con chiarezza le erogazioni pubbliche da inserire in nota integrativa, si accompagna l’esi-

genza di chiarire anche altri aspetti applicativi. Innanzitutto, mancano indicazioni in merito alle modalità di assolvimento degli obblighi di pubblicazione da parte degli imprenditori individuali, delle società di persone e delle micro-imprese di capitali (articolo 2435-ter c.c.) che non redigono un bilancio di esercizio accompagnato dalla nota integrativa. Difficilmente tali soggetti potrebbero ritenersi esclusi da tale adempimento, considerato che la norma fa generico riferimento alle ‘imprese’ (senza operare alcuna distinzione in merito alla forma giuridica rivestita e/o alle dimensioni) e che comunque sarebbe alquanto arduo individuare la ratio di un diverso tratta-

Alcune lacune della legge dovrebbero essere compensate dai dicasteri competenti per consentire alle imprese un’applicazione della norma corretta

mento riservato a tali soggetti. E allora l’interrogativo è se questi debbano redigere una nota integrativa o una relazione ad hoc, dalla quale far emergere le erogazioni pubbliche ricevute e, nel caso, quale forma di pubblicità/comunicazione a terzi dare a tale documento. Andrebbe, poi, specificato come calcolare la soglia dei 10mila euro al di sotto della quale, per ragioni di semplificazione, è stato escluso l’obbligo di segnalare in nota integrativa le erogazioni pubbliche ricevute e quindi: se occorre aver riguardo all’ammontare delle erogazioni effettuate da ciascuna amministrazione pubblica ovvero considerare complessivamente tutti i benefici pubblici ricevuti, come pure se rilevano le sole erogazioni eccedenti la soglia di 10mila euro ovvero se, una volta superato tale limite, vadano indicate tutte le voci che hanno concorso al raggiungimento e superamento dello stesso, anche se il valore della singola erogazione sia inferiore a 10mila euro. Inoltre, occorrerebbe chiarire quali siano le informazioni che per ciascuna erogazione devono essere riportate in nota integrativa. Tutte lacune della legge che responsabilmente i dicasteri competenti dovrebbero colmare al più presto, per dare riferimenti e certezze alle imprese consentendo un’applicazione della norma corretta e rispettosa della legge.

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sembrerebbe del tutto iniqua e tale da ingenerare “….dubbi circa la compatibilità della disposizione non solo con il principio della proporzionalità delle sanzioni ma anche rispetto alle norme costituzionali a tutela del lavoro e dell’attività di impresa” l’applicazione della sanzione della restituzione degli importi ricevuti prevista per il caso di inosservanza degli obblighi di pubblicazione. Ma perplessità emergono anche e soprattutto in relazione a tutta quella serie di agevolazioni e benefici economici di natura e origini diverse che le imprese ricevono a livello nazionale, regionale e locale nello svolgimento della propria attività e che, se considerate come rientranti nella definizione di “vantaggi economici di qualunque genere” e, perciò, nel perimetro applicativo della norma, amplierebbero a dismisura gli oneri di pubblicazione a carico delle imprese. In alcuni casi, poi, si tratterebbe di benefici che – ad altri fini – già sono oggetto di dichiarazione/pubblicità, come accade ad esempio per i contributi/agevolazioni fiscali ricevute sotto-forma di crediti d’imposta che devono essere indicati in dichiarazione dei redditi.

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FARI PUNTATI sulle

IMPRESE

Operativa da maggio la classificazione del rischio legata alle infrazioni alla disciplina sociale del trasporto su strada.

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ell’ormai lontano 2011, l’ordinamento nazionale ha adottato un sistema di classificazione del rischio da applicare alle imprese di autotrasporto, sulla base del numero e della gravità delle infrazioni commesse. Il decreto – Decreto Ministero dei Trasporti 24 ottobre 2011, GU 2.4.2012 n. 78 - come si legge nel suo primo articolo “ha per scopo la determinazione dei criteri per l’adozione di un sistema di classificazione del rischio da applicare alle imprese di autotrasporto, di viaggiatori e merci, in conto proprio o per conto di terzi, sulla base del numero relativo e della gravità delle infrazioni commesse con veicoli in disponibilità delle imprese stesse, alle disposizioni di cui ai regolamenti (CE) n. 561/2006 e (CEE) n. 3821/85.” Ma facciamo un passo indietro. Già nel 2008 – con il Decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 144 di attuazione della direttiva 2006/22/CE, sulle norme minime per l'applicazione dei regolamenti n. 3820/85 e n. 3821/85 relativi a disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada - il legislatore aveva previsto l’istituzione di un “Sistema di classificazione del rischio” (art.11, comma 1) che, poi, con un successivo decreto ministeriale, sarebbe dovuto essere corredato di criteri e modalità per individuare, appunto, il livello di rischio delle imprese. Lo specifico comma è stato però abrogato per mano del D. Lgs. n. 245 del 23.12.2010. magazine

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[PaolaGalantino] Dirigente Servizio legale e internazionale

NORME DI RIFERIMENTO

✔ Regolamento CE 561/2006 ✔ Regolamento UE 165/2014 ✔ Direttiva 2006/22/CE ✔ D.Lgs 4.8.2008, n. 144 ✔ Allegato III D.Lgs 4.8.2008, n.144 ✔ D.Lgs. 23.12.2010 n. 245 ✔ DM 19.5.2017 n. 215

Ma quali sono queste infrazioni?

Parliamo chiaramente delle infrazioni alla disciplina sociale del trasporto su strada, ed in particolare alle violazioni dei regolamenti 561/2006 e 165/2014 (già 3821/1985). Il D.Lgs 144/2008, richiamato in premessa, infatti, ha dato attuazione alla direttiva 2006/22/CE relativa ai controlli sui conducenti, le imprese e i veicoli cui trovano applicazione questi regolamenti comunitari. Parliamo, pertanto, di servizi nazionali o

internazionali di linea con percorso superiore ai 50km o servizi occasionali svolti in ambito nazionale e/o internazionale. Nel momento in cui vengono contestate alle imprese le infrazioni indicate nell’allegato III del D.Lgs n. 144/2008, accertate su strada dagli organi di polizia stradale, tale contestazione è registrata da parte degli stessi agenti accertatori con annotazione che contiene la denominazione e la sede dell’impresa (per le imprese stabilite all’estero, invece, deve essere aggiunto lo stato di stabilimento dell’impresa), il numero di targa del veicolo o del complesso veicolare per mezzo del quale è stata commessa l’infrazione, l’indicazione dell’infrazione e della sua gravità secondo le prescrizioni riportate dal medesimo allegato III. I dati delle infrazioni vengono poi comunicati, con modalità telematiche, dall’organo da cui dipende l’agente che ha accertato l’infrazione, al Centro elaborazione dati del Dipartimento per i trasporti, che, entro i successivi trenta giorni darà definizione alla contestazione con gli stessi criteri stabiliti per il sistema della patente a punti. In pratica, quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi, ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei ricorsi medesimi. Il termine decorre dalla conoscenza, da parte dell’ufficio da cui dipende l’agente accertatore,


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dell’avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza dei termini per la proposizione dei ricorsi ovvero della conoscenza degli esiti dei ricorsi medesimi. Al fine di rendere effettiva la portata della norma, è stato istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici – l’elenco delle imprese aventi la disponibilità dei veicoli con i quali sono state commesse le infrazioni, diviso in due sezioni: quella italiana e quella estera. La sezione italiana è articolata in autotrasporto merci e autotrasporto viaggiatori e, per ciascuna articolazione, in autotrasporto in conto proprio e in conto terzi. La sezione estera è articolata per nazionalità dell’impresa ed è suddivisa in autotrasporto merci e viaggiatori. L'indicatore di rischio di un'impresa di autotrasporto è determinato annualmente, in modo automatico, dal Centro elaborazione dati del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base di un punteggio che viene attribuito all'impresa.

L'attribuzione del punteggio

Ogni anno, quindi, il Centro elaborazione dati, al ricevimento delle comunicazioni attribuisce un punteggio all’impresa correlato all’infrazione, con una successiva classificazione del rischio da

applicare alle imprese di autotrasporto, sulla base del numero e della gravità delle infrazioni commesse con i veicoli in disponibilità di ciascuna singola impresa. Le imprese di autotrasporto che superano l’indicatore di rischio stabilito sono assoggettate a controlli più rigorosi e frequenti. Le imprese che esercitano l’autotrasporto di merci o di viaggiatori, in conto proprio o per conto di terzi, che superano, entro l’anno solare, il punteggio di 100 punti, sono considerate a rischio elevato. Per le imprese aventi sede all’estero, l’Ufficio di coordinamento provvede, ogni anno, a comunicare alle competenti autorità di ciascun paese l’elenco delle imprese che presentano un indice di rischio elevato. Lo scorso anno è stato emanato un nuovo decreto, il Decreto Ministeriale 19 maggio 2017, n. 215 (GU Serie Generale n.139/2017) di recepimento della direttiva 2014/47/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici su strada dei veicoli commerciali circolanti nell'Unione e che abroga la direttiva 2000/30/CE. Il Decreto stabilisce i requisiti minimi per i controlli tecnici su strada dei veicoli commerciali circolanti nel territorio nazionale, al fine di migliorare la sicurezza stradale e l'ambiente. Il provvedimento del 2008, nasceva dall’esigenza, rilevata dalla Commissione Europea, di rafforzare i controlli e le sanzioni per quanto riguarda in particolare la legislazione sociale nel settore dei trasporti su strada, e in modo specifico di aumentare il numero di controlli, di incoraggiare lo scambio sistematico di informazioni tra Stati membri, di coordinare le attività di ispezione e di promuovere la formazione dei funzionari incaricati dell'applicazione di detta legislazione. Finalità, se vogliamo, condivise e attuate proprio dal Decreto 215 le cui disposizioni, per quanto attiene alla classificazione del rischio delle imprese, sarà in vigore proprio dal prossimo 20 maggio. L’importante novità del DM 19.5.2017 riguarda proprio l’istituzione, ai sensi di quelle norme, di tale sistema, associato alla singola azienda, basato sui dati riguardanti le carenze riscontrate in fase di controllo (periodico e tecnico): qui in esame che individua un sistema di controlli tecnici (solo) su strada che comprende i controlli tec-

nici “iniziali” e i controlli tecnici “più approfonditi”, rispettivamente disciplinati dall’art. 10, comma 1 e commi 3 e 4 DM in parola. Il sistema di classificazione del rischio forma la base per la selezione mirata dei veicoli utilizzati da imprese che evidenziano uno scarso rispetto degli obblighi relativi alla manutenzione e alle condizioni dei veicoli. Il DM del 2017 prevede, quindi, che per i veicoli M2 e M3, l'autorità competente provvede affinché le informazioni riguardanti il numero e la gravità delle carenze (di cui all'allegato II e, se del caso, all'allegato III) rilevate nei veicoli gestiti dalle singole imprese siano inserite nel sistema di classificazione del rischio. Per l'attribuzione ad un'impresa di un profilo di rischio, l'autorità competente può avvalersi dei criteri di cui all'allegato I (numero di carenze; gravità delle carenze; numero di controlli tecnici su strada o controlli tecnici periodici e volontari; fattore tempo). Ciò si applica esclusivamente al calcolo della classificazione generale del rischio. Per i curiosi, il DM riporta anche le diverse formule per la classificazione del rischio. Non di poco rilievo la novità, se si pensa che l'autorità può prevedere controlli tecnici volontari supplementari e le informazioni sul rispetto degli obblighi di conformità relativi alle condizioni dei veicoli risultanti dai controlli volontari possono essere prese in considerazione per migliorare il profilo di rischio di un'impresa.

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Le imprese di autotrasporto che superano l’indicatore di rischio stabilito sono assoggettate a controlli più rigorosi e frequenti

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I dati delle infrazioni vengono comunicati dall’organo da cui dipende l’agente che ha accertato l’infrazione, al Centro elaborazione dati del Dipartimento per i trasporti

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TUTTI A BORDO DEL

WELFARE AZIENDALE AZIENDE E LAVORATORI UNITI VERSO IL FUTURO

L'esperienza del Gruppo Zoncada

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l nostro approccio al tema del welfare aziendale si è basato su due principi cardine che ci hanno portato a valutare l’indifferibilità dell’introdurlo nel tessuto organizzativo, gestionale e retributivo delle aziende. Da un lato l’ ottimizzazione dei costi del lavoro, l’ aumentare il senso di appartenenza e il grado di soddisfazione dei lavoratori puntando all’effetto di una maggior efficienza e di una conseguente incrementata redditività; dall’altro affermare il ruolo sociale dell’impresa nel riportare certezze sul presente ed aspettative positive sul futuro riattivando la fiducia persa per effetto dei risultati degli anni antecedenti al nostro ingresso nella compagine societaria. È il caso, in particolare, dell’esperienza in Amag Mobilità Spa. Riteniamo che il costo del lavoro cui le aziende sono sottoposte abbia raggiunto livelli di gravosità, per la forte incidenza degli oneri sociali derivanti da politiche pensionistiche ed assistenziali nazionali retaggio del passato, tali da imporre l’adozione di strumenti che consentano un rilancio, anche della competitività economica oltre che del clima aziendale complessivo e dei benefici che possono derivare da un miglioramento dello stesso. In particolare, la crisi del 2008 ha reso evidente quante risorse per il settore (in modo miope ritenute infinite e “dovute”) fossero destinate a progressiva contrazione pur a fronte della conferma

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[SilvioBalduzzi] Responsabile Risorse Umane e Relazioni Industriali Gruppo Zoncada

di un livello di prelievo contributivo e fiscale tanto gravoso quanto progressivamente insufficiente a far fronte ai bisogni della Spesa Pubblica. Abbiamo ritenuto che occorresse cambiare il livello qualitativo delle relazioni industriali per cercare di intraprendere una strada che consentisse ad azienda e lavoratori di considerarsi un’entità coesa ed artefice del proprio futuro, da costruire con gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per realizzare un impianto normativo aziendale ad hoc sulle specificità delle singole realtà del nostro Gruppo. Abbiamo cercato, fin dalla contrattazione aziendale di secondo livello in Pmt srl, nel lontano 2012, di mettere a frutto gli effetti di un mutato approccio anche da parte sindacale, attestato dalla firma degli accordi interconfederali del 2011, rispetto alla vetusta contrapposizione non collaborativa e permeata dal conflitto di classe. Sono state messe così le basi per un diverso modo di relazionarsi fondato sul confronto costruttivo, non contrapposto, aperto all’analisi congiunta delle rispettive istanze e su soluzioni condivise e, per questo, maggiormente coinvolgenti e stimolanti. La contrattazione aziendale di Pmt srl nell’accordo del giugno 2012 ha posto il focus sull’esigenza di abbandonare il confronto sindacale volto al sedersi al tavolo per discutere di aumenti e/o premi che incrementino i costi aziendali, per spostare i termini del confronto

sul discutere dell’incremento di produzione e del miglioramento dei processi organizzativi, creando, così, le condizioni per recepire anche gli spunti successivi offerti dalla disciplina di legge nazionale, con particolare riguardo all’attenzione rivolta al welfare aziendale dalle due leggi di stabilità del 2016 e 2017.

Benessere e produttività

Lo stile della contrattazione aziendale che abbiamo progressivamente introdotto nelle nostre aziende ha cercato di migliorare lo standard qualitativo della vita del personale dipendente pur confermando l’inevitabilità del lavorare sodo per conquistare quanto gradito: la consapevolezza che il proprio livello di benessere è direttamente proporzionale allo specifico impegno individuale sul lavoro, crediamo motivi il nostro personale e generi senso di appartenenza in quanto laddove i destini dell’azienda transitano dal mio apporto individuale da ciò mi ritorna la soddisfazione salariale e, attraverso il welfare, la risposta a bisogni concreti. Trovare una definizione che racchiuda appieno il concetto di welfare aziendale non è semplice, tant’è che anche nell'ordinamento non la troviamo: con questo termine noi abbiamo cercato di comprendere l’insieme delle iniziative, di natura contrattuale o unilaterale, da parte del datore di lavoro, finalizzate ad incrementare il benessere del lavoratore


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A Z I E N D E

Abbiamo ritenuto che occorresse cambiare il livello qualitativo delle relazioni industriali per intraprendere una strada che consentisse ad azienda e lavoratori di considerarsi un’entità coesa operante sui sistemi del fornitore dei gestionali paghe in uso nelle nostre società.

Il potenziale del welfare

Le forme di retribuzione cui abbiamo principalmente sensibilizzato parti sociali e lavoratori godono di incentivi fiscali (fondi pensione, sanità integrativa) definiti dal TUIR e, successivamente, valorizzati dalle Leggi di Bilancio: ne deriva che le dinamiche del welfare aziendale che stiamo progressivamente proponendo nelle nostre realtà stanno assumendo, anche per la leva della convenienza, sempre maggiore importanza anche per i lavoratori dipendenti che ne colgono, seppur a fatica, le potenzialità. Al tempo stesso, siamo pienamente consapevoli anche dell’utilità che certe dinamiche generano per lo Stato, da cui la “spinta normativa” di questi ultimi anni ad abbracciare il sistema welfare: maggiori coperture complementari dei lavoratori rendono minore il rischio per la collettività di dover intervenire, soprattutto in un periodo, come gli anni recenti, caratterizzato da forti difficoltà sul piano economico e sociale (crisi finanziaria, riallineamento tra domanda e offerta di lavoro, disgregazione dei nuclei familiari, invecchiamento della popolazione, etc); abbiamo creduto che l’azienda dovesse cogliere l’opportunità per confermare il proprio ruolo sociale e

stringere un rinnovato rapporto di fiducia col personale dipendente. Consapevoli che il rapporto tra impresa e lavoratori non può fondarsi unicamente sulla mera componente salariale o monetaria e che, al fine di migliorare le condizioni di lavoro e, di conseguenza, la produttività dei lavoratori, l’impresa possa farsi carico di supportare e integrare il cosiddetto Stato Sociale a condizione che ciò non vada a scapito delle propria competitività ma sia, piuttosto, occasione per rilanciarla attraverso un motivato apporto diretto delle maestranze. In concreto, porre attenzione al benessere dei propri collaboratori riscontriamo essere ritenuto anche dai diretti interessati come un fattore integrante di un’organizzazione che sia percepita moderna e vincente nel promuovere, appunto, anche attraverso le potenzialità del welfare, il senso di appartenenza. Il sistema welfare in azienda rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione per favorire la conciliazione lavoro-vita privata dei dipendenti, nonché un mezzo tramite il quale aumentarne il potere d'acquisto e, attraverso il miglioramento del clima sul posto di lavoro, favorire anche la diminuzione di turnover ed assenteismo, indicatori che, infatti, usiamo nella valorizzazione delle risorse da destinare al sistema. Alla luce dello scenario descritto il wel-

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e della sua famiglia attraverso una ripartizione innovativa di parte del montante retributivo orientandolo a benefits di rimborso delle spese sostenute ma anche nella fornitura diretta di servizi o in un mix delle due soluzioni. Ci siamo rivolti, quindi, ad un universo potenzialmente infinito di servizi e prestazioni disponibili, non monetarie, che passa dall’ assistenza sanitaria integrativa alla previdenza complementare dal sostegno economico alle famiglie all’istruzione, giusto per citare gli ambiti principali. Una serie di “soluzioni pratiche ai problemi quotidiani”, che non solo si traduce, per il lavoratore, in un pacchetto di possibilità da affiancare alla classica retribuzione, ma che, più in generale, implica per tutti i soggetti coinvolti un'ottimizzazione del vantaggio fiscale in ottemperanza alla normativa vigente (art. 51 e 100 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi). La determinazione degli importi destinabili a welfare aziendale è stata, inizialmente (vedasi il caso dell’accordo Movibus srl del marzo 2017) collegata a premio di risultato (PdR) definito sulla base degli andamenti aziendali (incrementi di produttività, redditività, ottimizzazioni gestionali, miglioramento della qualità fornita attraverso specifici indicatori), successivamente rivolta all’ introduzione di apposita piattaforma


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fare aziendale è, ormai, elemento di novità che sta andando sempre più consolidandosi nel panorama delle relazioni industriali anche delle nostre aziende. La contrazione delle risorse destinate al settore rende imprescindibile, in primis per la leva di contenimento dei costi, indirizzare il tavolo di confronto delle politiche retributive di secondo livello, già da un paio di anni, come accennato, verso l’erogazione di parte della retribuzione in forma di beni e servizi. Il sistema di welfare che abbiamo proposto in questi anni si sostanzia in interventi che consentono da un lato, di aumentare il reale potere di acquisto dei lavoratori e, dall’altro, di migliorare le condizioni di benessere psico-fisico come, ad esempio, attraverso servizi per la salute, la genitorialità e il tempo libero cercando di abbracciare tutti gli ambiti che la normativa di legge consente.

Un sistema win-win

In conclusione, nel sistema welfare riscontriamo le descritte positività per l’azienda (contenere il costo del lavoro, incrementare la produttività, incentivare i collaboratori, ridurre assenteismo e fidelizzare la forza lavoro) ma conseguenze virtuose anche per la forza lavoro: aumenta il potere d’acquisto assicurando vantaggi fiscali e contributivi, migliora l’ambiente lavorativo e attesta l’attenzione aziendale all’equilibrio tra lavoro e vita privata. Si tratta, in fondo, di una revisione radicale dell’approccio filosofico al rapporto tra azienda a lavoratore non più considerato risorsa da sfruttare in un progressivo esaurimento fino al termine della vita lavorativa, ma una potenzialità da valorizzare al meglio e “relazionare” con il core business aziendale in

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Lo stile della contrattazione aziendale che abbiamo progressivamente introdotto nelle nostre aziende ha cercato di migliorare lo standard qualitativo della vita del personale una spirale virtuosa di mutuo apporto positivo. Per il nostro gruppo di aziende, da anni rivolto alle dinamiche del premio di risultato come strumento per costruire salario aggiuntivo attraverso il conseguimento di obiettivi in cui il personale sia concretamente coinvolto a fornire apporto diretto da cui derivino oggettivi benefici all’azienda, appare facilmente comprensibile come l’interesse per le potenzialità offerte dalla normativa sul welfare aziendale abbia, dunque, costituito naturale evoluzione. Consapevoli, infatti, dell’importanza che i lavoratori si percepiscano non come meri prestatori d’opera avulsi dai destini dell’azienda ma come parte integrante della stessa in un unicum chiamato ad unire le rispettive competenze per il miglioramento quotidiano richiesto dall’evoluzione, anche specifica, del settore, le nostre aziende hanno scelto di costruire relazioni industriali moderne e funzionali improntate, appunto, a logiche partecipative, seppur nel rispetto dei ruoli. E’ del tutto evidente, peraltro, l’utilità anche prospettica di questo approccio in quanto il ritrovarsi parte di un percorso condiviso favorisce la prevenzione di potenziali derive conflittuali stante che, psicologicamente, si tende a lottare contro quanto si percepisce imposto da altri mentre si è portati a dialogare per cambiare quanto si è costruito insieme: non occorre sottolineare che il mantenimento di un buon clima relazionale permette di focalizzare gli sforzi aziendali verso il proprio core business ed è, quindi, preferibile, anche solo utilisticamente, al disperderli nella gestione del conflitto. Il welfare aziendale nella sua accezione più ampia, cogliendo l’intero ventaglio delle possibilità di impiego che la relativa disciplina di legge consente, costituisce nelle nostre realtà, oltre che uno strumento che permette di accedere attraverso la piattaforma Ubi Banca cui ci siamo appoggiati e l’interazione fun-

zionale con i software gestionali Zucchetti - a servizi che migliorano la qualità della vita del personale e rispondano a concrete esigenze della quotidianità, anche uno stile relazionale di base da cui andiamo a declinare l’applicazione tarandola su quanto possa favorire il miglior andamento delle singole aziende. Ecco, dunque, che in Movibus srl, sin dal 2017, come accennato, quanto annualmente colto come risultato raggiunto in base al vigente accordo sul Premio di Risultato è previsto confluisca nella piattaforma welfare, massimizzandone i benefici per i lavoratori e trasmettendo agli stessi la misura concreta dell’essere artefici diretti del miglioramento della qualità della propria vita. Diverso il taglio d’impiego introdotto per le nostre realtà più rivolte ai servizi per l’utenza privata dove il sistema welfare è stato impostato per andare a riconoscere l’impegno del personale nell’incrementare la produttività aziendale complessiva impegnandosi, anche, nel favorire la penetrazione e il consolidamento in nicchie di mercato specifiche e collaterali all’attività già svolta. La più intrigante evoluzione di welfare aziendale che abbiamo tratteggiato è, però, rivolta all’ultima azienda acquisita, Amag Mobilità Spa, dove abbiamo ritenuto fosse strumento fondamentale per il rilancio delle prospettive aziendali seriamente compromesse dalla situazione pregressa alla nostra acquisizione: qui il sistema welfare è stato concepito anche con finalità “educative” nell’incentivare il personale a correggere abitudini consolidate volte a contrarre la miglior produttività a favore di un diverso approccio al lavoro che consenta la maggior fruizione delle potenzialità del welfare proposto a chi, con logiche di oggettiva meritocrazia, fornisca il suo miglior apporto alla causa aziendale. Crediamo che i tempi che stiamo attraversando impongano sempre più la coesione delle diverse componenti aziendali, l’abbandono di logiche di contrapposizione e la trasparente presa di coscienza di quanto si possa costruire insieme, con senso di responsabilità e con la consapevolezza che, uniti, azienda e lavoratori possono guardare, con fiducia, al futuro come a un orizzonte stimolante, pur nelle difficoltà.

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F I S C O

IL FISCO AIUTA LA FORMAZIONE 4.0 Proroga al 2019 per il bonus fiscale per le attività di formazione destinate all'acquisizione delle conoscenze in ambito tecnologico.

[NicolettaRomagnuolo] Dirigente Servizio fisco, societario e commerciale

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nche per quest'anno il fisco premia gli investimenti delle imprese nella formazione 4.0 di dipendenti e apprendisti, grazie alla proroga al 2019 del credito d’imposta per le spese di acquisizione e consolidamento di competenze nel settore delle tecnologie rilevanti ai fini della trasformazione tecnologica e digitale delle imprese in chiave “Impresa 4.0”. Rispetto al 2018 l’intensità del bonus è

a ➜ big data e analisi dei dati b ➜ cloud e fog computing c ➜ cyber security d ➜ simulazione e sistemi cyber-fisici

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grandi imprese è previsto un limite ridotto di 200mila euro. Il bonus fiscale compete per le attività di formazione destinate all’acquisizione/consolidamento delle conoscenze relative alle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0 (cfr. tabella) applicate in tre specifici ambiti: vendita e marketing, informatica, tecniche e tecnologie di produzione.

e ➜ prototipazione rapida i ➜ manifattura additiva (o stampa tridimensionale) f ➜ sistemi di visualizzazione, j ➜ internet delle cose e delle macchine realtà virtuale (RV) e realtà aumentata (RA); k ➜ integrazione digitale dei processi aziendali g ➜ robotica avanzata e collaborativa h ➜ interfaccia uomo macchina

e spese ammesse sono quelle sostenute per formatori esterni qualificati e per il personale dipendente sia discente che docente/tutor. In quest’ultimo caso, le spese vanno calcolate sulla base del ‘costo aziendale’ del lavoratore riferito alle ore/giornate di formazione. Rileverà, quindi, la retribuzione lorda, inclusi i ratei di TFR, mensilità aggiuntive, ferie e permessi, maturati in relazione al periodo di formazione svolto nel periodo d’imposta agevolabile, nonché le indennità di trasferta erogate al lavoratore per le attività formative fuori sede. Nel caso di dipendenti impegnati come docenti/tutor le spese ammissibili

al beneficio non possono comunque eccedere il 30% della retribuzione complessiva annua agli stessi spettante. Per accedere al credito d’imposta l’impegno ad investire nelle attività formative agevolabili deve essere formalizzato attraverso un contratto collettivo aziendale o territoriale da depositare in via telematica presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente. Inoltre, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal revisore legale dei conti. La certificazione è obbligatoria anche per le

imprese non tenute al controllo legale dei conti, che a tal fine possono beneficiare bonus aggiuntivo fino ad un massimo di 5mila euro. Tutta la documentazione contabile e amministrativa idonea a dimostrare le attività di formazione svolte e la corretta quantificazione del credito spettante dovrà essere conservata, insieme ai registri nominativi di svolgimento delle attività formative sottoscritti congiuntamente dal personale discente e docente o dal formatore esterno all'impresa. Inoltre, le imprese sono tenute a conservare una relazione che illustri le modalità organizzative e i contenuti delle attività di formazione svolte.

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TECNOLOGIE ABILITANTI

stata, tuttavia, rimodulata in relazione alla dimensione aziendale (la norma rinvia al regolamento comunitario n. 651/2014) e così, mentre le piccole imprese possono ricevere a copertura delle spese sostenute un credito d’imposta pari al 50% delle spese, la percentuale scende al 40% per le medie imprese e al 30% per le grandi imprese. Inoltre, mentre per le PMI il limite massimo del beneficio è 300mila euro, per le


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E U RO P E A

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PACCHETTI MOBILITÀ

un’occasione persa?

Una battuta d'arresto - forse irreversibile - ha messo in discussione anni di lavoro. Improbabile, ormai, una discussione in aula a Strasburgo prima delle elezioni europee.

È

indubbio che sull’esito dei Pacchetti pesi ormai come un macigno l’ombra delle elezioni europee. La bocciatura delle proposte contenute nella prima parte del Pacchetto mobilità da parte del Parlamento europeo ha incagliato in maniera sembra irreversibile le discussioni e reso alquanto improbabile, ormai, una discussione in aula a Strasburgo prima delle elezioni europee del prossimo mese di maggio. E se anche l’onda populista dovesse sovvertire gli equilibri del prossimo Parlamento, la tendenza a proteggere gli interessi nazionali emersa nel corso della crisi sui migranti dà ben poche chance di successo alle spinte iperliberiste gradite a paesi come la Polonia, Romania, Slovacchia, Lituania. Due anni di duro lavoro, mesi di trattative, altolà di associazioni imprenditoriali e sindacati, piroette dei potenti lobbisti che si dividono tra Strasburgo e Bruxelles. Tutto in fumo. La controversa proposta di riforma del trasporto su strada è stata affondata da un siluro che ha messo a nudo le contraddizioni in cui si dibattono le istituzioni comunitarie: da un lato i Paesi del gruppo di Visegrad che puntano alla liberalizzazione strisciante del settore, dall’altro lo schieramento dei firmatari della Road Alliance (dall’Italia alla Francia, dalla Germania alla Spagna) contro il cabotaggio illegale, stremati dal dumping sociale e dalla concorren-

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[RobertaProietti] Funzionario za sleale dell’Est Europa. Un ruolo importante nel far naufragare il primo Pacchetto lo hanno avuto le deroghe per il turismo in pullman all’interno del dossier sui tempi di guida e di riposo. Come Associazione, anche di concerto con l’IRU, abbiamo ripetutamente evidenziato l’esigenza di non cedere sulla questione delle deroghe per il nostro settore, in quanto i pacchetti mobilità

ANAV continua a ribadire che al settore del trasporto passeggeri deve essere riconosciuta vita autonoma rispetto al trasporto merci sono pensati come un complesso corpus normativo contenente disposizioni riguardanti sia il settore del trasporto merci che quello del trasporto viaggiatori. La perdita di queste deroghe e, più in generale, l’assenza di specifiche disposizioni in materia di trasporto con autobus, danneggerebbe tutto il comparto europeo della mobilità e del turismo in Europa. Come Associazione, portiamo avanti la nostra battaglia

Servizio legale e internazionale

sull’argomento - anche a prescindere dalle sorti del Pacchetto - continuando a ribadire in varie sedi che al settore del trasporto passeggeri deve essere riconosciuta vita autonoma rispetto al trasporto merci. Peccato perché ora l’occasione era quella giusta – e i tempi più che maturi diremo – per arrivare a questo risultato per il quale non resta ora che sperare nei nuovi parlamentari che si insedieranno dal maggio prossimo dopo l’ondata delle elezioni. A meno di un ultimo colpo di coda del vecchio Parlamento.

Il Pacchetto mobilità 2

Un sospiro di sollievo hanno fatto registrare invece i progressi ottenuti nell’ambito del Pacchetto mobilità 2. Il Parlamento europeo, nel febbraio scorso, ha infatti approvato una Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento che modifica il regolamento n. 1073/2009 sull’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus, contenuta nella seconda parte del Pacchetto Mobilità. La Risoluzione adottata, in linea con alcuni degli emendamenti da noi proposti, pur ampliando il campo di applicazione del vigente Regolamento 1073 ai servizi regolari di trasporto interurbano, esclude espressamente la sua applicazione ai centri urbani o suburbani o agglomerati urbani e in modo tale da lasciare impregiudicate le disposizioni del regolamento n. 1370/2007. Come


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U N I O N E

E U RO P E A

Alimentazione alternativa ltre a quanto appena descritto, il 2° pacchetOmodifica to contiene anche un’importante proposta di delle Direttiva 2009/33/CE relativa alla

forma di trasporti di cabotaggio siano subordinate al possesso di una licenza comunitaria e all’utilizzo di un tachigrafo intelligente. Il cabotaggio perde il carattere della “temporaneità” e le autostazioni perdono il riferimento alla superficie minima (600 mq) contenuto nella proposta originaria della Commissione, rimanendo vincolate unicamente alla presenza di un’area di parcheggio utilizzata dagli autobus per l’imbarco e lo sbarco di passeggeri. Una Risoluzione legislativa è stata adottata anche sulla proposta di direttiva concernente l’interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale e intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sul mancato pagamento dei pedaggi stradali nell’Unione, contenuta nella seconda parte del Pacchetto Mobilità. La direttiva, che armonizza il sistema di telepedaggio in Europa, rende obbligatoria per gli Stati la convivenza delle diverse tecnologie accreditate disponibili, come unità di bordo con tecnologia microonde, satellitare e comunicazioni mobili, pena l’impossibilità di imporre il pedaggio, consentendo, inoltre, di recuperare i mancati pagamenti dei viaggiatori e dei trasportatori provenienti da altri Paesi membri, problema oggi grave e irrisolvibile. Dal punto di vista procedurale, le proposte di questa seconda parte del Pacchetto sono ora pronte per la discussione con il Consiglio UE che tuttavia, prima del prossimo autunno, non metterà in agenda il dossier.

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Associazione ci siamo battuti sia a livello internazionale, per il tramite dell’IRU e di Confindustria, sia a livello nazionale di concerto con le principali sigle sindacali, per ribadire la necessità che ogni Stato membro mantenga la propria competenza a regolare e organizzare il funzionamento dei mercati interni e per sottolineare la pericolosità di alcune disposizioni contenute nella nuova proposta, come la soppressione del requisito dello stabilimento suscettibile di produrre potenzialmente nel nostro settore le stesse distorsioni della concorrenza di quelle esistenti nel trasporto merci. La Risoluzione approvata a febbraio prevede inoltre che gli Stati membri possano limitare il diritto di accesso al mercato internazionale e nazionale dei servizi regolari effettuati con autobus se il servizio regolare proposto trasporta passeggeri su distanze fino a 100 chilometri di percorso e se comprometterebbe l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico, o su qualsiasi distanza se viene effettuato in un centro urbano o suburbano o in un agglomerato urbano o soddisfa le esigenze di trasporto fra detto centro o agglomerato e le periferie, o, ancora se il richiedente non ha rispettato le disposizioni in materia di trasporti su strada e/o altre disposizioni pertinenti del diritto nazionale, internazionale o dell’Unione. Per quanto riguarda il cabotaggio, altro argomento spinoso in ambito europeo, il testo prevede inoltre che le operazioni di servizi regolari in

promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada. In particolare la proposta prevede a livello nazionale percentuali di acquisizione minime da parte degli stati membri di veicoli ad alimentazione alternativa adibiti ad alcuni servizi, fra cui quelli, nell’ultima versione, di trasporto pubblico locale urbano. Ma nell’ultima versione appunto, perché nella versione iniziale del testo licenziata dalla Commissione Europea erano incluse tutte le tipologie di autobus, anche dunque quelli di classe II e di classe III per le quali, in particolare la seconda, le alimentazioni alternative sono ancora un miraggio lontano. Durante l’iter di approvazione l’Associazione, tramite Federtrasporto, ha così segnalato la problematica e l’ultimo testo uscito dalla procedura di approvazione è risultato essere rispondente a quanto segnalato. Altra criticità riscontrata inizialmente quella dei valori di tali percentuali: 50% come primo step e 75% come secondo. Step che, inoltre, nel testo sono stati anticipati in quanto le date indicate inizialmente (2025 per il primo e 2030 per il secondo) erano da intendersi come le date “a partire dalle quali”, mentre nell’ultima versione del testo sono state trasformate in date finali del rispettivo periodo di adeguamento, con le date iniziali che sono diventate nel secondo caso il 2026 (dunque periodo 20262030) e nel primo caso da due anni dall’entrata in vigore della nuova Direttiva ad appunto il 2025. Tornando alle percentuali queste risultavano e risultano tutt’ora essere critiche. Come detto nel testo iniziale i due step prevedevano 50% e 75%, valori abbassati al 45% ed al 65%. Tali valori, raggiungibili conteggiando l’acquisizione di veicoli alimentati secondo le opzioni indicati dalla Direttiva DAFI (elettricità, idrogeno, biocarburanti, combustibili sintetici e paraffinici, metano fossile e bio in forma gassosa e liquefatta, GPL) risultano essere critici in quanto già in se troppo elevati. Se poi aggiungiamo a tali valori percentuali l’ulteriore vincolo di raggiungimento di un sotto-obbiettivo consistente nel 50% di veicoli a zero emissioni (veicoli elettrici nelle varie forme e veicoli ad idrogeno) risulta che di quel 45% e 65% almeno il 22,5% e il 32,5% dei veicoli acquisiti su base nazionale devono essere a zero emissioni. Un ulteriore vincolo non da poco. Ed è per questo che l’Associazione si è attivata anche a seguito del licenziamento dell’ultima versione del testo, segnalando a Federtrasporto le criticità riscontrate. Ma i tempi di approvazione non sono certi. Vedremo.


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ETÀ DEI BUS

e norme regionali

Il Consiglio di Stato boccia una norma della Lombardia in materia di limiti all'immatricolazione dei bus da noleggio.

do implicitamente al complesso della normativa statale in materia di requisiti tecnici dei veicoli) e, in tema di concorrenza, ha di fatto vincolato l’esercizio del potere legislativo regionale, stabilendo che le regioni stesse devono adottare atti normativi «rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza di cui alla presente legge» . Nella sentenza n. 5/2019 la Consulta aveva chiaramente affermato che “La logica e la lettera delle disposizioni statali …. precludono alle regioni di introdurre un ulteriore requisito attinente all’efficienza tecnica del veicolo, che finisce per limitare l’esercizio dell’NCC da parte degli operatori “interni” e per creare dunque una distorsione della concorrenza su base territoriale”. Un indirizzo che il Consiglio di Stato fa proprio sottolineando anche né il reg. (CE) n. 1071/2009, né la L. n. 218/2003 dettano alcuna prescrizione in merito alle carat-

Il Consiglio di Stato ha rilevato come le materie della sicurezza e tutela della concorrenza fossero di esclusiva competenza statale

teristiche e all’utilizzo degli autobus da noleggio. I principi affermati nelle sentenze della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato, come si è già avuto modo di sottolineare, hanno naturalmente portata generale valida per tutte le norme regionali che prevedono limiti all’età dei bus non previsti a livello nazionale. Il varco è stato aperto e consente agevolmente di far valere un analogo principio di tutela di libera e corretta concorrenza tra gli operatori anche nelle altre regioni dove sono previsti analoghi limiti. Non si può peraltro non rilevare come le stesse argomentazioni che hanno indotto i supremi giudici a bocciare le normative regionali limitative dell’età degli autobus potrebbero fondare ulteriori riflessioni riguardanti le disposizioni che, sempre a livello regionale, individuano un rapporto minimo tra numero di conducenti e numero di autobus in disponibilità dell’impresa quale requisito di accesso all’attività di noleggio. Anche in questo caso vengono in rilievo considerazioni sull’incidenza che tali disposizioni hanno sul confronto concorrenziale tra gli operatori e, quindi, sulla necessità che la disciplina di tale requisiti – ove prevista – sia rimessa alla competenza del legislatore nazionale, come stabilito dalla Costituzione e come chiaramente anche una logica di omogeneità e parità di trattamento impone.

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i consolida l’orientamento giurisprudenziale sfavorevole alle disposizioni regionali recanti limiti all’immatricolazione degli autobus da destinare a servizi di noleggio con conducente. Dopo le sentenze n. 30/2016 e n. 5/2019 con cui la Corte Costituzionale, in due riprese, ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’intero articolo 12 della L.R. Piemonte n. 22/2006 recante limiti all’età degli autobus da noleggio, è intervenuto anche il Consiglio di Stato. Questa volta nel mirino dei giudici è finito il regolamento della regione Lombardia n. 6/2014 (novellato dal regolamento n. 1/2017) che stabiliva di norma in 17 anni dalla prima immatricolazione i limiti massimi di anzianità degli autobus da impiegare nello svolgimento di servizi di noleggio. Con la sent. 823/2019 il Consiglio di Stato si riallaccia direttamente alle due pronunce della Consulta, che pervenivano ad un giudizio di illegittimità costituzionale della norma della legge regionale del Piemonte, rilevando come le materie della sicurezza e tutela della concorrenza fossero di esclusiva competenza statale. Una competenza che il legislatore nazionale aveva in effetti esercitato con la legge-quadro n. 218/2003 che, in tema di sicurezza, ha prescritto l’utilizzo di “autobus rispondenti alle caratteristiche tecniche di esercizio, dei quali hanno la disponibilità” (con ciò rinvian-

[NicolettaRomagnuolo] Dirigente Area noleggio autobus


AT T U A L I T À

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STEFANO MALORGIO

La qualità del sistema dei trasporti determina la competitività di un territorio

Proseguono le interviste ai protagonisti del mondo sindacale. Stefano Malorgio, Segretario generale Filt-Cgil racconta di un mestiere che si fa “quasi esclusivamente per passione”.

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a Confederazione generale italiana del lavoro è un’associazione di rappresentanza dei lavoratori e del lavoro. È la più antica organizzazione sindacale italiana e la sua storia è profondamente intrecciata alla storia del Paese. Stefano Malorgio, attuale Segretario generale della Filt-Cgil, ha spiegato a Bus Magazine i dettagli del suo percorso professionale

lavoro e la mia passione. La mia attività si è svolta tutta in categoria, dagli incarichi regionali a quello di segretario generale di Brescia, poi di Milano, della Lombardia ed infine, dopo la tragica scomparsa di Sandro Rocchi, di segretario generale della Filt Nazionale.

Un territorio che è in grado di offrire modalità di spostamento di persone e merci rapido ed efficiente, attira investimenti economici e talenti

Come si è avvicinato al settore trasporto e al Sindacato? Sono nato a Tricase (LE) il 27 dicembre del 1973. Vivo da sempre nella provincia di Milano e porto in me il mix di queste due culture. Sono sposato dal 2003 e ho due splendidi figli, Giulia di 13 anni e Matteo di 10. Mi sono diplomato nel 1992 da Perito Elettrotecnico con studi in ingegneria mai, ahimè, completati Da sempre grande appassionato di Storia e di politica. Una passione che mi ha portato ad una lunga militanza politica e poi sindacale, quest’ultima a partire dal 1996, anno di assunzione nell’allora FS e di prima tessera sindacale. Dopo una esperienza come RSU nel settembre 2002 sono stato contattato dalla Filt Cgil Lombardia per un progetto di collaborazione che sarebbe dovuto durare pochi mesi e che invece mi ha portato a fare del sindacalista il mio

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Come si diventa segretario generale della Cgil e quanto tempo bisogna dedicare a questa attività Questo è un mestiere che si fa quasi esclusivamente per passione. Al di là delle tante “fake” che permeano il mondo dell’informazione, la molla non sta certo nei trattamenti economici. Il mio stipendio mensile netto è di 2500€

mensili circa, per un lavoro che mi tiene lontano da casa 5 giorni su 7, che non ha orari ed ha ritmi molto difficili da sostenere. Allo stesso tempo questa funzione ha perso ogni riconoscimento sociale soprattutto per una politica, sempre alla ricerca di capri espiatori, che ha provato a scaricare sui corpi intermedi ogni sua incapacità. Personalmente ho voluto fare sindacato per non essere solo spettatore dei fatti e perché penso che rappresentare i lavoratori significhi stare dalla parte giusta, senza arroganza e riconoscendo sempre il valore di tutti i soggetti in campo. A questo aggiungo che questo lavoro mi consente di leggere il mondo in maniera diversa e di avere relazioni con persone che da ferroviere non avrei mai potuto costruire. Tutto questo non ha valore.

La più grande soddisfazione che è riuscito ad ottenere? E la più grande delusione? Ci racconti anche un aneddoto... In realtà soddisfazione, delusione ed aneddoto convivono in una stessa vicenda. Nel 2015, da segretario generale della Filt di Milano ed assieme ai colleghi delle altre organizzazioni sindacali, mi sono trovato ad essere coinvolto, per la parte di mia competenza, nella gestione Expo 2015. Una sfida enorme per la città, per il sistema dei


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AT T U A L I T À

Questo lavoro mi consente di leggere il mondo in maniera diversa e di avere relazioni con persone che da ferroviere non avrei mai potuto costruire. Tutto questo non ha valore

Qual è la visione della Cgil sui trasporti in generale e sul TPL in particolare?

La Cgil è fortemente convinta che la qualità del sistema dei trasporti determini la competitività di un territorio. Lo dimostrano i dati e l’esperienza empirica. Un territorio che è in grado di offrire modalità di spostamento di persone e merci rapido ed efficiente, attira investimenti economici e talenti. Continuare a considerare il TPL un elemento di spesa pubblica e non un investimento significa non aver colto questo legame. Abbiamo bisogno di favorire un modello industriale che coniughi in alleanza i grandi soggetti imprenditoriali, sia Italiani che stranieri, con le imprese medie e piccole che rappresentano l’ossatura, seppure fragile, del sistema. Questo significa avere decisori pubblici che siano in grado di progettare e regolare mettendo a disposizione risorse idonee e regole uniche per i lavoratori che garantiscano, aldilà della azienda dalla quale si è dipendenti, diritti universali e non comprimibili. La sfida più grande oggi è quella di costruire sistemi di trasporto integrati che intercettino una domanda sempre più “atipica” sia per orario che per direttrice.

Che impressione ha delle prime attività del MIT, del MISE e del Ministero del Lavoro? La verità è che non esiste un rapporto

vero con il Governo se non su specifiche emergenze (Alitalia, crisi particolari). Questo deriva da una cultura sbagliata per la quale la politica è sufficiente a se stessa ed in grado di leggere i fenomeni senza alcuna necessità di contribuiti da parte di soggetti che, rappresentando interessi differenti, sono proprio per questo in grado di portare esperienze che rendono le scelte politiche più aderenti alla realtà. Questa però è solo una parte della verità. Siamo di fronte ad un Governo che non discute perché non ha una idea di Paese e che, esaurita la spinta iconoclasta rispetto ai governi precedenti, si trova in crisi non sapendo che prospettiva dare alla sua politica

Quali sono le priorità e prossimi obiettivi della Cgil? La Filt Cgil, ed il sindacato tutto, si trova di fronte alla necessità di ragionare su come si riunifica un mondo del lavoro estremamente diviso. La contrattazione rimane per noi lo strumento principe da utilizzare perché in grado di tenere assieme complessità, storie, diritti e doveri e territori diversi. Un metodo da contrapporre a chi crede che il lavoro sia solo un rapporto di natura commerciale e in cui tutto può essere risolto magicamente solo sul piano economico ad esempio con il reddito minimo per legge. [RED]

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trasporti ed in particolare per Atm. Abbiamo definito un accordo importante che consentiva di gestire il servizio con il contributo dei lavoratori, realizzare un importante piano di assunzioni facendo mantenere allo stesso tempo all’azienda un equilibrio economico positivo ma assolutamente non scontato. A pochi giorni dalla firma dell’Accordo, durante la commemorazione degli scioperi dei tranvieri Milanesi del 1943, nella storica officina di via Teodosio nel corso dell’intervento che, a nome unitario, ero stato chiamato a fare, mi sono trovato di fronte ad una dura contestazione. Per me, da sempre iscritto all’Anpi è stato un colpo molto duro. Quell’accordo però ha permesso a molti giovani di essere assunti allora ed ancora oggi presenti in azienda, ha consentito ad Atm di rendere un grande servizio alla città durante Expo (riconosciuto da tutti). Questo però, dagli stessi lavoratori, ci è stato riconosciuto solo dopo. La morale è che ogni tanto si devono compiere scelte difficili che non pagano immediatamente e che comportano invece difficoltà immediate. Quelle scelte richiedono coraggio e consentono di raggiungere i risultati più duraturi.


C U LT U R A

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MASTER TPL

VIA ALLA III EDIZIONE

“Investire nei giovani per formare i manager di domani”. Si è aperto a marzo a Roma il Master in Management del Trasporto Pubblico Locale organizzato dal DIAG dell'Università “Sapienza” di Roma, in collaborazione con ANAV e giunto oramai alla sua terza edizione.

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’ANAV ha aderito anche questa volta con grande convinzione al progetto formativo ideato dal Professor Giuseppe Catalano volto a creare professionalità in grado di gestire le nuove sfide del trasporto pubblico locale e della mobilità sostenibile.Alla terza edizione sono stati ammessi 79 allievi (+41% rispetto alla precedente). Nel corso della giornata di apertura che si è svolta nell’Aula Calasso della facoltà di Giurisprudenza nella Città Universitaria, importanti rappresentanti delle Istituzioni e stakeholders del settore hanno partecipato ad un interessante dibattito sulle prospettive per il TPL insieme al Presidente Vinella presente in qualità di membro del Comitato scientifico del Master. E quello del Presidente è stato un intervento a 360 gradi nel quale è stata innanzitutto evidenziata l’importanza di investire nei giovani attraverso un percorso multidisciplinare ed altamente formativo per l’acquisizione di competenze importanti per i manager di domani, in un settore che è in con-

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[AntonelloLucente] Dirigente Area TPL

tinua e rapida trasformazione grazie alle nuove tecnologie. Sono le Imprese – ha affermato il Presidente Vinella – il motore di questa trasformazione, i soggetti che hanno concretamente dimostrato di sapere e volere affrontare le sfide di innovazione e qualità dei servizi imposte dal traguardo della mobilità intermodale, interconnessa e sostenibile. Ma per raggiungere rapidamente e bene questo traguardo occorre che ciascun soggetto coinvolto, a cominciare dalle Istituzioni, svolga al meglio il proprio ruolo. Il Presidente Vinella ha ammonito gli allievi del Master a non studiare la regolazione come una materia fine a sé stessa ma ad analizzarla nella sua funzionalità, a supportare in concreto i processi di crescita industriale di un settore e di corretto funzionamento del relativo mercato. Le regole esistono, sono regole moderne e condivise, ancorate alla cornice normativa del D.Lgs. n. 422/1997 come bene ringiovanita con la riforma del 2017, portata avanti dalla struttura tecnica di missione del MIT allora coordinata dal Prof. Catalano con il coin-


I I I C U LT U R A Gli interventi

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a prof. Tiziana Catarci, Direttrice del DIAG, ha sottolineato che la gestione dei sistemi di trasporto pubblico locale comporta l’integrazione contestuale di competenze tecnologiche e manageriali e necessità di un approccio sistemico e interdisciplinare, una delle caratteristiche fondamentali del Dipartimento secondo le originali intuizioni del suo fondatore Antonio Ruberti. Il prof. Alessandro Avenali e il prof. Giuseppe Catalano, Direttore e Condirettore del Master, hanno illustrato le caratteristiche e gli obiettivi del Master, ringraziando gli ospiti presenti, gli uffici di Sapienza e dipartimento, lo staff e tutti gli stakeholders che hanno contribuito alla crescita del Master.

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volgimento costruttivo degli stakeholders del settore. Il problema è semmai quello della concreta applicazione delle buone norme esistenti, applicazione ostacolata da una permanente contaminazione tra funzioni regolatorie e funzioni di gestione ma anche dall’assenza di idonee professionalità all’interno delle amministrazioni competenti per implementare le riforme sui territori. L’augurio, anzi la convinzione, è che il Master alla cui organizzazione l’ANAV collabora, contribuirà a formarle queste professionalità, anche se la rapida evoluzione del settore e le grandi sfide a cui siamo chiamati impongono di individuare soluzioni anche per l’immediato. E tra gli obiettivi da perseguire il Presidente ha ricordato la concorrenza, e quindi le gare, e la dimensione industriale del settore, e quindi una modalità di quantificazione dei costi efficienti di servizio, che può essere anche diversa da quella individuata attraverso il decreto del Ministero dei trasporti, ma che deve essere comunque “standard”, nel senso che deve rispondere a criteri omogenei ed oggettivi. In quest’ottica, la riforma di settore adottata con il D.L. n. 50/2017 costituisce una base valida da cui ripartire ribadendo principi di liberalizzazione, di equità concorrenziale, di miglioramento dei servizi offerti ai cittadini, principi essenziali per rilanciare il trasporto pubblico nel nostro Paese e recuperare il gap accumulato. Le imprese, ha concluso il Presidente Vinella, sono pronte a fare la loro parte, a raccogliere la sfida della sostenibilità e della modernità ed a dare risposta con un servizio di qualità alle esigenze manifestate dai cittadini. Auspichiamo che le Istituzioni, e in primo luogo il Parlamento e il Governo, assumano il ruolo che loro spetta e guidino questo processo che è ineludibile per il Paese e per le nuove generazioni.

Il Magnifico Rettore di Sapienza Università di Roma, prof. Eugenio Gaudio, ha descritto le caratteristiche dei nuovi allievi che partecipano al percorso multidisciplinare, pensato per sviluppare nuove professionalità e preparare i partecipanti alle nuove sfide poste dai cambiamenti in corso nella gestione del TPL. Il Master rappresenterà per gli iscritti un momento di approfondimento e di sistematizzazione delle esperienze e delle conoscenze maturate sul campo, grazie ad un robusto quadro metodologico arricchito da numerose testimonianze professionali. A questo contribuisce la diversificazione stessa della classe appena formatasi. Il 15% degli allievi possiede una laurea in ingegneria dei Trasporti, il 40% in altre materie ingegneristiche (e.g., ambiente e territorio, civile, elettronica, meccanica, gestionale), ma non mancano laureati in giurisprudenza (14%), economia (18%) o in alte discipline come chimica, scienze della formazione, scienze politiche, architettura, scienze ambientali (13%). Gli allievi provengono maggiormente da aziende esercenti il servizio di trasporto pubblico locale (67%), dal Ministero dei Trasporti e Infrastrutture, dell’Economia e Finanze, e della Difesa (6%), da Regioni (9%), Comuni (5%), Autorità di Regolazione (5%), Associazioni di categoria (4%) o altre importanti imprese, come IVECO – CNH e istituti di ricerca, quale ISFORT – Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti (4%).


La consegna dei diplomi

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opo aver sottolineato l’importanza della formazione executive post-laurea nell’attuale contesto economico e sociale il Magnifico Rettore ha consegnato i diplomi ai 54 allievi della seconda edizione, conclusasi lo scorso anno. Per loro il Master ha rappresentato un percorso di sviluppo di competenze confluite in un progetto di innovazione per la realtà del TPL. In questo senso, la Community del Master, un network per tutti gli Alumni, Studenti e Faculty, contribuisce a creare costanti momenti di confronto e discussione su temi innovativi per il management del trasporto pubblico locale, organizzando eventi/convegni/seminari, promuovendo lo scambio continuo di informazioni, nonché mantenendo un forte collegamento con il programma master, anche attraverso la possibilità di richiedere agli ex-studenti un intervento per il miglioramento del funzionamento del settore e la formazione dei nuovi protagonisti. Andrea Camanzi, Presidente dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, ha tenuto la prolusione con cui è stato avviato il percorso formativo, delineando il quadro delle principali sfide per il trasporto pubblico locale nei prossimi anni. L’intervento del Presidente si è concentrato sulla necessità di partire dalla analisi della domanda e dell’obiettivo di promuovere la crescita della mobilità condivisa rispetto a quella privata. L’obiettivo è quello di costruire un sistema di mobilità pubblica che abbia al centro il cittadino e che punti al riequilibrio della ripartizione modale degli spostamenti puntando sulla qualità del servizio. Nel pomeriggio, le prospettive per il trasporto pubblico locale in materia di sostenibilità, concorrenza e qualità dei servizi sono state illustrate nella tavola rotonda alla quale hanno partecipato Elisa Grande, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Giuseppe D’Angelo, Regione Campania, Marco Granelli, Comune di Milano, Giuseppe Vinella, Presidente di ANAV, Andrea Gibelli, Presidente di ASSTRA, Arrigo Giana, Presidente di AGENS.

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Il Comitato Scientifico del Master

✔ Alessandro Avenali, Sapienza Università di Roma (Direttore) ✔ Andrea Boitani, Università Cattolica del Sacro Cuore (Condirettore) ✔ Carlo Cambini, Politecnico di Torino ✔ Carlo Carminucci, Direttore Scientifico ISFORT ✔ Ennio Cascetta, Università degli Studi di Napoli Federico II ✔ Luca Cascone, Presidente della IV Commissione Consiliare (Urbanistica, Lavori Pubblici, Trasporti), Regione Campania ✔ Giuseppe Catalano, Sapienza Università di Roma (Condirettore) ✔ Tiziana D'Alfonso, Sapienza Università di Roma ✔ Francesco Filippi, Sapienza Università di Roma ✔ Arrigo Giana, Presidente AGENS ✔ Andrea Gibelli, Presidente ASSTRA ✔ Elisa Grande, Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ✔ Orazio Iacono, Amministratore Delegato Trenitalia S.p.A ✔ Massimo Malena, Massimo Malena & Associati

✔ Giorgio Matteucci, Sapienza Università di Roma ✔ Angelo Mautone, Direttore Generale per i Sistemi di Trasporto ad Impianti Fissi ed il Trasporto Pubblico Locale, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ✔ Luca Persia, Sapienza Università di Roma ✔ Enrico Sciarra, S.O. Modelli di mobilità, Integrazione tariffaria, Contratto di servizio, Anticorruzione e Trasparenza, Risk e Sicurezza sul Lavoro, Agenzia Roma Servizi per la Mobilità s.r.l. ✔ Giuseppe Vinella, Presidente ANAV Il comitato scientifico del Master è costituito da figure provenienti dal mondo accademico, dagli enti pubblici nazionali di riferimento, dalle maggiori associazioni di categoria e dalle aziende più grandi del settore dei trasporti italiano. Tale caratteristica permette di erogare un corso di alto livello e con il giusto grado di multidisciplinarietà che il management del trasporto pubblico richiede. Per queste ragioni e non solo il Master in questione rappresenta un unicum in Italia.

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Il percorso didattico, presentato nell’ambito della giornata inaugurale, è stato curato dal Comitato Scientifico del Master che riunisce non solo docenti esperti ma anche i rappresentanti di Enti, Istituzioni, Associazioni ed Imprese protagonisti nel settore:


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IL RAPPORTO TEMPORANEO NELLA NUOVA NORMATIVA DEL LAVORO

La gestione del personale da parte delle Aziende è hiamata a riporre particolare attenzione nella applicazione della nuova disciplina

Il 24 gennaio presso la sede Anav si è svolto il seminario sulla nuova normativa sui contratti a termine. Ecco gli interventi del Prof. Avv. Giampiero Proia e di Paolo Stern, consulente del lavoro e presidente NexumSTP SpA.

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l decreto “dignità” (d.l. n. 87 del 2018) opera un nuovo “cambio di rotta” nella disciplina dei rapporti di lavoro temporaneo (contratto a termine e somministrazione). Dalla legge Biagi sino ad oggi, tutte le maggioranze parlamentari che si sono alternate nel tempo si sono fronteggiate ampliando o restringendo gli spazi per l’utilizzo dei rapporti flessibili, sulla base di una contrapposizione, in parte ideologica, tra i sostenitori della flessibilità e quelli della stabilità

dell’occupazione. Per restare alle vicende più recenti, nella passata legislatura il Jobs Act, con l’obiettivo di dare uno choc al mercato del lavoro italiano, aveva inteso favorire il lavoro a termine (in particolare prevedendo la totale acausalità del contratto), ma allo stesso tempo aveva perseguito anche l’espansione del lavoro a tempo indeterminato mediante un’ulteriore dilatazione della flessibilità in uscita (attirandosi, peraltro, su quest’ultimo versante, la critica di

La disciplina del contratto a tempo determinato tra disposizioni di legge e contratti collettivi

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l Decreto Legge 87/2018 entrato in vigore il 13 Luglio 2018 (cd Decreto dignità), convertito con la Legge 96/2018 entrata in vigore il 12 agosto 2018 ha modificato velocemente e integralmente la normativa in materia di contratti a termine. La precedente disciplina, contenuta del D.lgs 81/2015, prevedeva la possibilità di stipulare contratti a termine senza la necessità di inserimento di una causale giustificativa. La durata massima per questi contratti era stabilita in 36 mesi con la possibilità di effettuare 5 proroghe. Tutto questo era frutto di uno dei decreti attuativi del Jobs act, appunto il D.lgs 81/2015, che compendiava l’evoluzione legislativa degli ultimi anni volta ad una rivisitazione del D.lgs 368/2001 che pre-

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vedeva invece la necessità di connettere la stipulazione di un contratto a termine ad una specifica motivazione oggettiva (il cosiddetto causalone). Infatti dalla Legge 92/2012 (Riforma Fornero) fino ad arrivare al decreto n. 34/2014 (cd decreto Poletti), il Legislatore aveva cominciato a smantellare la rigidità delle disposizioni normative prevedendo la possibilità di stipulare contratti a termine senza causale e quindi senza necessità di rifarsi a ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive. Dal 13 luglio 2018, ci troviamo di fronte ad uno scenario completamente diverso in relazione alla durata, alle proroghe, ma soprattutto con riferimento all’obbligo della causalità al superamento dei

primi 12 mesi di contratto. Vediamo cosa è successo. Le novità. La legge 96/2018 ha riformulato gli articoli 19,21 e 28 del D.lgs 81/2015, sulla disciplina del contratto a termine, introducendo le seguenti novità: Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: 1) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività; 2) esigenze sostitutive di altri lavoratori; 3) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.


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Incertezze interpretative D’altro lato, la nuova riforma, pone una serie di dubbi e di questioni interpretative che collidono con l’esigenza di certezza del diritto di cui gli operatori avrebbero bisogno per programmare e regolare la loro attività. La circolare ministeriale n. 38/2018 chiarisce alcuni dei dubbi, ad esempio precisando che i contratti collettivi già

Paolo Stern

L’obbligo di inserimento di una causale, che a parere di chi scrive, con l’esclusione della motivazione sostitutiva, riguarda esclusivamente casi limitatissimi, ha di fatto ridotto la durata del contratto a termine a 12 mesi realizzando così la chiara scelta dell’attuale Legislatore. La circostanza più critica, e forse non ben ragionata dall’estensore della norma, riguarda l’obbligo di inserire la causale contrattuale anche

Giampiero Proia

sottoscritti in materia di durata massima e di limiti quantitativi dei contratti a termine restano validi fino alla loro naturale scadenza; ma non prende posizione su molte delle altre incertezze interpretative, come quelle che riguardano le questioni di diritto transitorio legate al passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina. La circolare pone, anzi, anche qualche questione ulteriore. Ad esempio, nel tracciare la distinzione tra la nozione “proroga” e quella di “rinnovo”, afferma che la proroga “presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine”, senza considerare, però, che la legge non prevede l’obbligo di indicare la ragione giustificativa né del primo contratto a termine di durata inferiore a 12 mesi, né della proroga che non determini (unitamente al primo contratto) il superamento del periodo complessivo di 12 mesi. In questo contesto, la gestione del personale da parte delle Aziende è, quindi, chiamata a riporre particolare attenzione

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nell’ambito dei 12 mesi, ove il contratto sia stato rinnovato. Quindi un lavoratore che abbia svolto la sua attività presso un’azienda anche per soli 3 mesi non potrà essere richiamato con contratto a termine se non prevedendo una specifica causale. Di fronte alle nuove rigidità contrattuali appare interessante valutare quali siano gli strumenti a disposizione dell’impresa per adattare le norme alla propria realtà lavorativa. La soluzione passa per le trame, non sempre semplici, delle relazioni industriali, della contrattazione collettiva. Per prima cosa sarà opportuno precisare cosa il Legislatore affidi alla contrattazione collettiva e cosa invece definisca in modo definitivo. In termini generali possiamo ricordare come la contrattazione collettiva sia primario soggetto di normazione nei seguenti casi: ✔ Limite complessivo di 24 mesi ✔ Limite di contingentamento ✔ Definizione di attività stagionali ✔ Diritto di precedenza

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voler favorire il lavoro formalmente stabile riducendo l’effettivo grado di tutela del posto di lavoro accordato al lavoratore). Il d. l. n. 87 del 2018, come detto, inverte la rotta, nel senso che le sue disposizioni sono tutte nella direzione di reintrodurre limiti e vincoli ai principali modelli contrattuali di lavoro temporaneo, di cui viene disincentivato l’utilizzo anche con l’incremento del contributo addizionale già previsto dalla legge Fornero. Allo stesso tempo, viene anche incrementata la tutela indennitaria contro i licenziamenti. Come è esplicitato nelle premesse del decreto stesso, il convincimento del legislatore è che tali disposizioni siano necessarie “per contrastare fenomeni di crescente precarizzazione in ambito lavorativo”, e con esse si persegue l’obiettivo ultimo di tutelare la “dignità dei lavoratori”. Vanno, però, segnalati due ordini di problemi. Da un lato, da parte di molti esperti viene espresso il timore che le nuove norme possano causare, più che una spinta alla stabilizzazione dei lavoratori “precari”, una perdita secca di opportunità di lavoro o, quantomeno, un semplice turn over tra quegli stessi lavoratori senza migliorare la loro condizione soggettiva individuale di precarietà, ma, semmai, accentuandola.

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nella applicazione della nuova disciplina e, ancor prima, ai fini della valutazione della scelta dei modelli contrattuali e degli strumenti giuridici più appropriati per fare fronte alle esigenze di lavoro flessibile, imposte dal settore in cui operano e dall’ingresso di nuovi operatori che rendono sempre più agguerrito il confronto competitivo. Da questo punto di vista, un

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Quanto detto significa che in questi casi le disposizioni legali opereranno esclusivamente in assenza di determinazioni della contrattazione collettiva, pertanto non è corretto, in tali circostanze, definire “derogatorie” le disposizioni contrattuali saranno infatti le norme legali ad essere cedevoli rispetto alle prime. E’ opportuno precisare che, ai sensi dell’art. 51 del D.lgs 81/2015, qualunque livello di contrattazione collettiva sia abilitato a disciplinare gli istituti ricordati. L’art. 51 così recita «Salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria» Per esempio già parte della contrattazione collettiva nazionale aveva stabilito, in vigenza di precedente legislazione, una durata maggiore rispetto ai precedenti 36 mesi, Metalmeccania (44 mesi), Chimici (48 mesi). Tali disposizioni sono da ritenersi tutt’ora valide. Questa almeno la posizione del Ministero del Lavoro espressa con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 che conferma la validità della diversa durata prevista dai contratti collettivi, sottoscritti prima del 14 luglio 2018, fino alla loro naturale scadenza. Le organizzazioni sindacali L’azienda pertanto attraverso una accurata gestione delle proprie relazioni di lavoro con le organizzazioni sindacali potrà “cucire su misura”, per gli istituti sopra ricordati, la gestione dei contratti magazine

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ruolo importante può essere rivestito dalla contrattazione collettiva che, attraverso l’esercizio dei poteri di specificazione e di deroga che la legge le attribuisce, su molti aspetti può adattare la disciplina legale alle specifiche esigenze delle singole Aziende, consentendo così di recuperare importanti spazi di flessibilità. Prof. Avv. Giampiero Proia

a termine. Potrà per esempio definire come “stagionali” delle attività periodiche posizionando al di fuori dell’ordinario regime regolatorio i contratti connessi a tali attività. Per esempio l’art. 19 del CCNL Autoferrotranvieri individua come stagionali quelle attività che per finalità e caratteristiche si svolgono, o sono intensificate, in determinate stagioni o periodi dell’anno come i servizi di trasporto scolastico. Ovviamente l’azienda potrà intervenire in modo più specifico collegando al criterio della stagionalità (intesa come periodicità) specifiche attività quali il trasporto verso centri commerciali, l’intensificazione in determinati periodi dell’anno se in zone turistiche, particolari modalità di trasporto di utenze particolari di soggetti (es. dipendenti di aziende stagionali). Con i medesimi accordi sindacali aziendali si potrà aumentare la durata legale del contratto a tempo determinato e, elemento ancor più significativo, determinare diversi criteri di contingentamento. Su questo fronte l’azienda potrà definire specifiche percentuali, modalità di calcolo diverse da quelle previste dal Legislatore ovvero escludere dal computo i lavoratori impiegati in specifici servizi. Infine la contrattazione con le RSA/RSU potrà definire anche criteri specifici per l’attivazione dei diritti di precedenza. Per esempio potrebbe essere legittima una disposizione di un contratto aziendale che escludesse i diritti di precedenza per lavoratori che avessero maturato sanzioni accertate in via definitiva, ovvero non opposte, superiori a certi parametri. Ove l’ordinaria contrattazione non ha sponda per intervenire è nella definizione delle causali per superare i 12 mesi

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ovvero per avviare anche solo il primo rinnovo contrattuale. In questo caso l’unica possibilità in mano alle parti contrattuali, questa volta solamente a livello aziendale o territoriale, è quella di attivare una contrattazione di prossimità o adattativa. Una contrattazione che, in determinate occasioni, ha la possibilità di superare, in una sorta di inversione delle fonti di diritto, le disposizioni di legge in una cornice di rispetto delle norme costituzionali e comunitarie e degli accordi internazionali. Tramite il contratto di prossimità, disciplinato dall’art. 8 del D.L. 138/2011, le parti sociali a livello aziendale o territoriale sono abilitate a derogare disposizioni di legge e contrattazione superiore (CCNL), purchè in presenza di requisiti soggettivi (rappresentanza qualificata) ed oggettivi (finalità di cui al comma 1 dell’art. 8). Ovviamente si tratta di una materia delicata da gestire con molta attenzione. L’art. 8 rappresenta una norma speciale i cui contenuti sono perentori e quindi non estensibili per analogia ad altre fattispecie. Occorrerà quindi valutare bene le finalità dell’accordo e soprattutto qualificare la parte contraente che rappresenti i lavoratori. Potranno sottoscrivere validamente detti accordi esclusivamente le associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero le loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Paolo Stern consulente del lavoro e presidente NexumSTP SpA

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BREXIT

GIOCO DELL’OCA INFINITO

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A Bruxelles si respira un'aria pesantissima contro Londra: i Paesi europei si preparano a seguire il Piano di emergenza e il calendario comune elaborato dalla Commissione europea e dal Parlamento.

inerenti la Brexit. Nel documento del Governo le misure sono divise per aree ma, relativamente al trasporto stradale, è contemplato solo il trasporto merci per il quale lo scenario che si profila è quello del contingentamento, in linea con quanto è previsto dagli attuali Accordi bilaterali con i paesi terzi. E il trasporto viaggiatori? Nessun cenno nel documento del nostro Governo. Anche il Contingency Plan della Commissione europea prevede un lungo elenco di misure che l’Esecutivo UE ritiene auspicabili in un determinato numero di aree per le quali uno scenario “no deal” potrebbe avere effetti dirompenti per i cittadini e le imprese europee. Tuttavia, sebbene identificato tra le aree prioritarie e per le quali sono necessarie misure di emergenza, al momento il Piano dell’Esecutivo UE non contiene misure specifiche per il trasporto viaggiatori su strada. Qualora non venissero adottate queste misure, è presumibile ipotizzare che gli scenari per il nostro settore siano i seguenti: per i servizi occasionali, la loro continuazione dipenderà dalla ratifica dell’Accordo Interbus da parte del Regno Unito (ratifica che avverrà molto probabilmente la prossima estate); per le linee regolari, la situazione sarebbe quanto mai incerta: nell’ipotesi peggiore, si prevede una loro interruzione a partire dal 29 marzo prossimo. Stando ai dati che ci ha fornito l’IRU, sono attualmente attive circa 60 linee regolari con una frequenza media di 4 viaggi di andata e ritorno alla settimana tra l'UE e il Regno Unito. Questo dato non considera le rotte tra il Regno Unito e l'Irlanda del Nord. Su queste tratte, è operativo solo un vettore del Regno Unito. La stragrande maggioranza sono imprese dell'UE. La stima non tiene inoltre conto del traffico proveniente dai paesi limitrofi verso l'UE (ad esempio Serbia, Macedonia, Moldavia, Turchia, ecc.). Quanto ai passeggeri interessati da questi servizi, si stima che il numero complessivo si aggiri intorno al milione all’anno (escluso il traffico dell'Irlanda del Nord). Insomma, un settore comunque importante che rischia di finire sotto contingentamento se la Gran Bretagna, con un recesso senza accordo, diventasse un paese terzo tout court.

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a Brexit è diventata un massacro politico e il Parlamento britannico il tragico palco di un Paese allo sbando, che ormai non ha più alcuna certezza. E’ di questi giorni la richiesta di rinvio. Il Parlamento di Londra ha approvato la mozione May. La premier, a questo punto, riporterà in Parlamento il suo bistrattato accordo di uscita con l'Europa per la terza volta e qualora il suo piano dovesse passare (ed è ancora molto improbabile), tutti tirerebbero un sospiro di sollievo, a Londra e a Bruxelles: a quel punto, la premier britannica chiederà all'Europa solo un'estensione tecnica della scadenza del 29 marzo (oltre la quale c'è ancora il pericolosissimo No Deal, cioè l'uscita senza accordo), che l'Europa le concederà. Ed entro il 30 giugno il Regno Unito sarà fuori dall'Ue e inizierà i negoziati per le relazioni future con l'Europa. Se invece l'accordo di May non ottenesse l'ok dal Parlamento, la premier dovrebbe chiedere all'Europa un'estensione più lunga, fino a fine anno, che però Bruxelles si è detta pronta a concedere solo "per un motivo valido" (e occorre l'unanimità dei 27 Paesi Ue). A quel punto potrebbe succedere di tutto: nuove elezioni o magari un secondo referendum. Quel che è certo è che a Bruxelles ormai si respira un'aria pesantissima contro Londra. I paesi europei, dal canto loro, si preparano a seguire il Piano di emergenza e il calendario comune elaborato dalla Commissione europea e dal Parlamento. E’ evidente, tuttavia, che le misure di emergenza messe in campo da più parti non attenueranno e non possono attenuare l'impatto complessivo di un eventuale mancato accordo, né compenseranno in alcun modo la mancanza di preparazione o replicheranno tutti i benefici dell'adesione all'UE. Sul fronte di casa nostra, il 21 dicembre scorso, il Governo italiano ha pubblicato le sue linee di intervento per affrontare, in caso di recesso senza accordo, tre questioni prioritarie: la prima, la tutela dei diritti dei cittadini; la seconda, la stabilità finanziaria; la terza, le conseguenze economiche, in particolare sul commercio tra Italia e Regno Unito. Il Governo italiano ha inoltre istituito un coordinamento Brexit a Palazzo Chigi per seguire e coordinare le attività

[RobertaProietti] Funzionario Servizio legale e internazionale


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LE PROPOSTE DI ANAV IN COMMISSIONE PARLAMENTARE Il legislatore ha riscritto una parte importante delle norme che regolano

l’attività di noleggio con conducente con autovetture. Le considerazioni dell'Associazione presentate alla Commissione Trasporti.

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ttesa per circa dieci anni, è oggi in vigore la riforma del noleggio vetture con conducente. Dopo le alterne vicende degli anni scorsi, che hanno visto messa sistematicamente in discussione l’efficacia delle modifiche alla legge n. 21 /1992 prospettate dall’art.29, co. 1-quater del decreto legge n. 207 del 2008, il legislatore ha messo un punto fermo riscrivendo una parte importante delle norme che regolano l’attività di noleggio con conducente con autovetture. Una riforma accompagnata, per la portata restrittiva di alcune misure, da non poche polemiche trasferite anche nelle aule parlamentari, dove le rappresentanze di categoria sono state audite dalla Commissione Trasporti e lavori Pubblici della Camera dei Deputati. Anche ANAV ha partecipato alle audizioni cogliendo l’opportunità, nell’illustrare le proprie considerazioni sulla riforma, di allargare lo sguardo all’intero settore del noleggio con conducente evidenziando la necessità di rivisitazione anche del quadro di regole che governano il settore del noleggio autobus. Due, in particolare, le criticità segnalate ai componenti la Commissione Trasporti. Innanzitutto, il tema delle tante discipline che, a livello locale, assoggettano a restrizioni ed oneri l’accesso degli autobus alle zone a traffico limitato dei centri urbani e che, secondo ANAV, dovrebbero essere ricondotte a criteri applicativi comuni improntati a principi di equità, proporzionalità ed effettiva necessità

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[NicolettaRomagnuolo] Dirigente Area noleggio autobus

rispetto agli obiettivi di razionalizzazione della circolazione perseguiti dalle amministrazioni locali. L’altra questione rilevante – segnalata da ANAV anche al fine di sollecitare l’attenzione dei parlamentari sulla necessità di innovare il settore e ripristinare regole di corretta ed equili-

ANAV chiede di superare inique disomogeneità determinate da alcune discipline regionali

brata concorrenza tra gli operatori del noleggio autobus - della riforma della legge quadro di settore n. 218/2003 nell’ottica di superare talune inique disomogeneità determinate da alcune discipline regionali. Anche sul tema specifico della revisione della legge n.21/1992 non sono ovviamente mancate le osservazioni di ANAV, che ha rilevato la criticità di alcune

disposizioni suscettibili di ostacolare il libero esercizio dell’attività di noleggio di autovetture pregiudicando lo sviluppo e la crescita del settore. Il riferimento è alla previsione dell’obbligo generale di rientro in rimessa al termine di ogni servizio (di poco alleggerito da alcune deroghe, comunque insufficienti), alle complicazioni connesse alla compilazione dei dati di dettaglio del foglio di servizio poco compatibili con le esigenze di flessibilità dell’attività, al sistema sanzionatorio che risulta in taluni casi sproporzionato in quanto non graduato in relazione alla gravità della violazione. Ma accanto a tali aspetti si è voluta anche rappresentare la necessità di un coordinamento della legge n. 21/1992 con la legge n. 218/2003 nella parte in cui prevede che le imprese di noleggio di autobus, in qualsiasi forma costituite, si considerano abilitate all'esercizio dei servizi di noleggio di autovetture con conducente: ANAV ha chiesto una modifica dell’articolo 6 della legge n. 21/1992, tesa a riconoscere l’idoneità professionale dei conducenti di autobus alle dipendenze di un’impresa di noleggio con conducente ai fini della relativa iscrizione al ruolo dei conducenti. L’auspicio ora è che l’opera di sensibilizzazione dell’Associazione possa stimolare l’iniziativa parlamentare favorendo l’avvio di un iter legislativo di modifica del quadro normativo di riferimento anche per l’attività di noleggio autobus.

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T P L

UNA POLITICA DI SOSTEGNO DEL TPL

Anav audita dalla Conferenza delle Regioni: al centro i fondi per gli investimenti e il divieto di circolazione dei bus euro 0.

cofinanziamento dei mezzi, individuando canali diversi di finanziamento per le infrastrutture di supporto alla diffusione delle alimentazioni alternative. Sul tema del rinnovo autobus l’Associazione ha poi segnalato la necessità di differire i termini attualmente previsti per concludere gli ordinativi di fornitura degli autobus sovvenzionati nel triennio 2017-2019 e acquisiti tramite procedura Consip, favorendo in questo modo il processo di sostituzione dei bus. L’occasione è stata utile per confrontarsi con la rappresentanza delle Regioni anche su altre questioni e, in particolare, sulle problematiche derivanti dal divieto di circolazione dei bus euro 0 a partire dal 1° gennaio di quest’anno e sui tagli alle risorse disponibili per il settore. Le richieste di ANAV non sono cadute nel vuoto e hanno trovato, anzi la piena condivisione della Conferenza delle Regioni che nei giorni successivi, dando seguito agli impegni assunti nel corso dell’audizione, ha approvato due ordini del giorno attraverso i quali ha formalizzato al Governo la richiesta di una deroga al divieto di circolazione euro 0 per gli autobus impiegati sui servizi di TPL e di una soluzione delle criticità riscontrate nell’utilizzazione delle risorse statali destinate agli investimenti per il rinnovo del parco autobus di TPL. Con riferimento al divieto di circolazione per gli autobus euro 0,

[AntonelloLucente] Dirigente Area TPL

le Regioni hanno chiesto l’adozione di un provvedimento che differisca di 12 mesi il termine del 1° gennaio 2019 vincolando le Regioni e le Province autonome a procedere, con i propri piani di investimento, nel periodo di proroga alla sostituzione prioritaria dei mezzi euro 0 ancora in servizio. Circa i fondi per gli investimenti in nuovi autobus, le Regioni hanno evidenziato i forti ritardi della procedura centralizzata da parte di Consip e gli ulteriori rallentamenti delle procedure di ordine e di fornitura, anche a causa delle difficoltà finanziarie di uno dei due costruttori aggiudicatari. La Conferenza ha pertanto richiesto al Governo l’adozione di un provvedimento che riordini l’intera tempistica del programma di investimenti tramite Consip, prevedendo una clausola di salvaguardia che impedisca il disimpegno dei fondi, nei casi superamento dei termini ultimi di rendicontazione per cause non imputabili alla Regione o ai soggetti attuatori. Le Regioni hanno anche chiesto al Governo di promuovere in sede di Conferenza Stato Regioni l'istituzione di un tavolo tecnico permanente tra il MIT e le Regioni, e con l’eventuale partecipazione di Consip, che garantisca una gestione condivisa delle problematiche operative legate all’attuazione degli investimenti fino al loro completamento. Insomma diverse priorità condivise tra il mondo delle imprese e la rappresentanza delle Regioni. Convitato di pietra al momento resta il Governo.

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on l’inizio del nuovo anno l’Associazione ha ulteriormente implementato iniziative finalizzate a portare avanti un confronto costruttivo con il Governo e con le Regioni per individuare ed attivare le necessarie politiche di sostegno allo sviluppo del trasporto pubblico locale. E dalle Regioni è arrivata una risposta di massima apertura e disponibilità al dialogo. Già nel mese di gennaio l’ANAV è stata audìta, infatti, dalla Commissione trasporti della Conferenza delle Regioni che ha in questo modo accolto la richiesta di incontro avanzata dall’Associazione con l’obiettivo primario di condividere gli opportuni correttivi al Piano strategico della mobilità sostenibile per l’utilizzazione dei fondi strutturali destinati a sostenere gli investimenti nel rinnovo del parco autobus TPL. In tale sede l’Associazione ha ribadito come l’obiettivo di fondo del Piano dovrebbe essere quello di abbattere con la massima rapidità ed efficienza l’età media del parco autobus destinato ai servizi in base a corrette analisi costi/benefici sulle differenti ipotesi di rinnovo dei mezzi relativamente alle tipologie di alimentazioni finanziabili. In quest’ottica l’Associazione ha sollecitato le Regioni su una possibile modifica dell’intesa raggiunta il 20 dicembre dello scorso anno che contempli il finanziamento, almeno in una prima fase, anche degli autobus a gasolio euro 6 e la destinazione di tutte le risorse del Piano al

L’Associazione ha ribadito come l’obiettivo di fondo del Piano dovrebbe essere quello di abbattere con la massima rapidità ed efficienza l’età media del parco autobus


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IL CODICE DELLA STRADA verso la riforma

L’Associazione ha inviato un documento, anche in vista di un eventuale audizione, per commentare e segnalare criticità e suggerire modifiche su quanto oggetto della procedura legislativa.

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attualmente in fase di discussione alla Camera dei deputati una serie di disegni di legge (16 per la precisione) di modifica del codice della strada. Un nuovo tentativo di riforma del D.Lgs. 285/1992 dunque, o comunque di modifica in molte parti, dopo quelli della precedente legislatura, rimasti però bloccati prima della loro approvazione. Le materie oggetto di tentativo di modifica sono molte: dalla mobilità con sistemi non tradizionali (come i monopattini elettrici, gli skateboard e gli hoverbopard) alle caratteristiche tecniche dei veicoli, da specifiche novità riguardanti le biciclette all’innalzamento dei limiti di velocità in autostrada. In questa spaziosità di materie toccate, vi sono alcuni temi che, direttamente o indirettamente, riguardano il trasporto con autobus: la possibilità di accesso per le biciclette alle corsie preferenziali, l’innalzamento dell’età massima per guidare gli autobus da 60 a 65 anni e da 68 a 70 nel caso di conseguimento dello specifico attestato sui requisiti fisici e psichici, l’allungamento della sagoma per gli autosnodati ed i filosnodati a 18,75 metri e l’obbligo per gli autobus di essere dotati di segnalazione acustica nel caso non venga azionato il freno di stazionamento. Sulla base di quanto proposto l’Associazione ha inviato un documento, anche in vista di un eventuale audizione, al fine di commentare e segnalare

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[FrancescoRomagnoli] Funzionario Servizio tecnico

Un innalzamento dell’età massima pone forti dubbi sull’affidabilità del conducente e dunque il rispetto degli standard di sicurezza

criticità su quanto oggetto della procedura legislativa nonché suggerire modifiche aggiuntive rispetto a quanto attualmente già in discussione.

I commenti di ANAV

In particolare sono state espresse perplessità rispetto all’innalzamento dell’età massima per la guida. Oltre a mal conciliarsi con gli attuali orientamenti

politici generali circa l’età pensionabile, un innalzamento dell’età massima pone forti dubbi sull’affidabilità del conducente e dunque il rispetto degli standard di sicurezza, che fanno attualmente dell’autobus il mezzo di trasporto su strada più sicuro. Sicurezza alla circolazione che viene inoltre chiamata in causa dalla proposta di provvedimento che prevede la possibilità di accesso alle corsie preferenziali da parte delle biciclette. Il provvedimento prevede in realtà che l’accesso sia autorizzato solo dove sussistano idonee condizioni di sicurezza, ma il quesito che nasce naturale è proprio circa l’improbabile esistenza delle condizioni di sicurezza nella convivenza tra autobus (e ambulanze, auto delle forze dell’ordine, ecc.) e le biciclette. Fatto aggiuntivo altrettanto importante poi, il decadimento della qualità della circolazione (intesa come velocità commerciale) data dalla presenza nella medesima sede stradale di veicoli con velocità profondamente diverse. Scopo della circolazione in sede protetta è infatti quello di aumentare la velocità commerciale del Trasporto Pubblico Locale che rispetto all’auto privata è già fortemente penalizzato dalle fermate necessarie al carico ed allo scarico dei passeggeri, rendendolo così da un lato maggiormente attrattivo, in quanto il gap di velocità commerciale si riduce, e dall’altro maggiormente sostenibile dal punto di vista economico.


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Autosnodati e filosnodati

Infine, positivamente l’Associazione ha colto la proposta di modifica dell’art.61 riguardante la sagoma limite di autosnodati e filosnodati che prevede l’aumento dall’attuale lunghezza massima da 18,00 a 18,75 metri, anche se è opportuno precisare che la proposta riguardante i primi risulta essere di fatto un mero raccordo formale con la disci-

STOP plina comunitaria, in quanto tale previsione è già contenuta nella Direttiva 96/53/CE. Oltre a suggerire modifiche a quanto previsto dai disegni di legge presentati l’Associazione ha ritenuto opportuno individuare alcuni temi che in tali contesti di modifica del Codice della Strada potrebbero essere a loro

L'Associazione ha suggerito di prevedere delle Linee Guida comuni a livello nazionale che disciplinino la materia dei ticket bus secondo principi di uniformità e soprattutto di proporzionalità

volta oggetto di revisione. In particolare l’accesso degli autobus alle città ed il noleggio di autobus senza conducente. Nota infatti è la non proporzionalità e la varietà con cui viene affrontato il tema dell’accesso degli autobus alle città nelle varie realtà italiane. L’Associazione ha dunque suggerito da un lato la totale esclusione da questa imposizione economica per i servizi di linea, ad oggi considerati al pari dei servizi da noleggio in molte città, e, dall’altro, di prevedere delle Linee Guida comuni a livello nazionale che disciplinino la materia dei ticket bus secondo principi di uniformità e soprattutto di proporzionalità. In merito al tema del noleggio di autobus senza conducente, è stato reputato invece opportuno suggerire di intervenire in quanto a seguito dell’introduzione nel 2017 della possibilità di locare senza conducente anche gli autobus e i filobus destinati ai servizi di linea per il trasporto di persone, la nuova norma non è stata seguita da un processo regolatorio di attuazione, in particolare in merito all’immatricolazione ed al rilascio delle carte di circolazione, lasciando di fatto ferma tale importante nuova possibilità di gestione del rinnovo del parco veicolare. L’associazione ha dunque provveduto a sollevare la problematica, in modo che la nuova fattispecie, attesa da molti anni, possa finalmente diventare operativa.

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La circolazione promiscua con un numero elevato di biciclette, oltre ad una questione di sicurezza, andrebbe notevolmente a ridurre l’efficacia intrinseca della corsia preferenziale stessa. Un provvedimento che invece va sicuramente nella direzione dell’aumento della sicurezza quello dell’obbligo dell’attivazione sugli autobus di una specifica segnalazione acustica nel caso in cui il conducente a veicolo spento non azioni il freno di stazionamento. Proposta sicuramente condivisibile dunque. Premesso però che i veicoli in molti casi già sono dotati di tale dispositivo, comunque non obbligatorio ai fini dell’omologazione del veicolo, è quantomai opportuno che ad essere coinvolti nel campo di applicazione della proposta siano solo i veicoli di nuova costruzione, al fine di non obbligare le aziende di trasporto a vedersi costrette a procedere a costose (nonché a volte impossibili) operazioni di retrofit.


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TIBURTINA GH OBIETTIVO RIQUALIFICAZIONE

Un progetto urbanistico di iniziativa popolare è arrivato in Campidoglio con l'obiettivo di riqualificare la zona attorno alla stazione Tiburtina, integrando il terminal Tibus in una nuova veste completamente rinnovata.

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opo l'abbattimento della Tangenziale est - una sopraelevata che occupa 460 metri - il quartiere che sorge attorno alla stazione Tiburtina vivrà una grande occasione di rinascita. E riqualificare la zona nel nuovo scenario, tenendo conto in primo luogo delle esigenze degli abitanti, è l'obiettivo di un progetto urbanistico creato dal coordinamento dei comitati Associazione Rinascita Tiburtina, Cittadinanzattiva assemblea territoriale Nomentano, Comitato Cittadini Stazione Tiburtina e Vento di Cambiamento Fenix, supportati dallo Studio di Architettura Partecipata AUP. “Cosa succederà sulla circonvallazione e sul piazzale della stazione Tiburtina dopo la demolizione? - ha chiesto Nella Vecchia, presidente di Associazione Rinascita Tiburtina, in apertura della presentazione ufficiale del progetto che si è

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Il progetto propone un “circuito ecologico” non interrotto dalla viabilità automobilistica, che collega gli elementi esistenti attorno al fascio ferroviario svolta a Roma giovedì 14 marzo nella sala cittadina di via Boemondo per lanciare la raccolta di cinquemila firme, requisito indispensabile per presentare proposte di delibera in Assemblea Capitolina. “Il piazzale ovest - ha spiegato la presidente - senza Tibus finirebbe nel degrado totale. Presentiamo oggi quindi un nuovo progetto, diretta espressione dei comitati cittadini coinvolti che rinnova la viabilità ma soprattutto restituisce spazi a tutti gli abitanti”.

Il comitato promotore ha predisposto un progetto di riqualificazione che è il frutto di precise esigenze emerse da numerosi incontri e assemblee pubbliche e istituzionali. Uno degli obiettivi principali dell'iniziativa, è evitare uno sviluppo ulteriore del degrado di quella che potrebbe diventare una “terra di nessuno”, senza trascurare un corretto equilibrio nella ridistribuzione dei benefici fra pubblico e privato. ”Circa un anno fa – ha spiegato Ettore Pellegrini di AUP, illustrando la parte tecnica del progetto - su invito dei comitati cittadini, analizzai i problemi dell'area. Si tratta di una zona potenzialmente ricchissima di architetture e spazi verdi, ma l'operare disorganico e l'assenza di un piano che armonizzasse gli interventi in corso era il vero problema. In genere i cittadini non sanno cosa succede sotto casa loro, per questo è nato il coordina-


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fi. Una stazione bus rinnovata, non più “aperta”: il nodo intermodale, uno dei più importanti d'Italia, vive così l'occasione di diventare un terminal chiuso, ecologico, funzionale e con servizi moderni, mantenendo la funzione di nodo di scambio all'interno di una città strutturata e vissuta. Una sfida per la progettazione di un'infrastruttura nuova e necessaria proprio nel luogo in cui sta”. “Questo progetto nasce dai cittadini, fatto dai cittadini e per i cittadini – ha precisato Lorenzo Mancuso, rappresentante del Comitato Cittadini Stazione Tiburtina -, con la collaborazione degli architetti di AUP. In questa zona, nonostante i nuovi progetti portati avanti, restano sempre in sospeso gli spazi pubblici come spesso accade per tutto ciò che è destinato ai cittadini. Questa volta, anziché aspettare che il Comune faccia un progetto, ce ne siamo occupati noi: ci siamo visti con tre comitati e abbiamo realizzato una proposta di sintesi senza lasciare indietro quelle zone che spesso vengono trascurate e abbandonate nel degrado. Ci siamo riproposti di progetta-

re laddove nessuno ha progettato mai”. Mancuso ha spiegato che per il finanziamento è prevista una forma di partenariato pubblico-privato: i soggetti privati costruiscono o riqualificano strutture già esistenti (come nel caso di Tibus) prevedendo degli oneri rispetto alla gestione e manutenzione dello spazio circostante. Si pensa a soggetti come il Pup, Piano urbano dei Parcheggi, e alle attività commerciali che si collocheranno nelle nuove zone verdi e si impegneranno anche loro nella manutenzione. “Un progetto realistico a costo zero per l'amministrazione: tutto questo affinché la Tiburtina diventi finalmente la zona bella che merita di essere”, ha concluso Mancuso. Il coordinamento ha depositato la proposta di iniziativa popolare all'Assemblea Capitolina: se si raggiungerà il target delle 5000 firme entro 90 giorni (il termine per il deposito è il 6 giugno 2019), il progetto verrà messo nell'agenda dell'Assemblea comunale che avrà 180 giorni per esaminarlo e approvarlo così com'è, senza possibilità di modificarlo. [RED]

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mento dei comitati. I numerosi incontri e le indagini sul territorio hanno focalizzato cosa non funziona: la mancanza di realismo dell'urbanistica classica. Noi mettiamo in campo un altro tipo di urbanistica, a servizio dei cittadini. Una nuova connessione tra cittadini e urbanistica”. Il progetto propone un “circuito ecologico” non interrotto dalla viabilità automobilistica, che collega gli elementi esistenti attorno al fascio ferroviario: una continuità di percorsi fra le recenti realizzazioni architettoniche esistenti nell’area: Stazione Tiburtina, sede BNL, Citta del Sole fra le recenti realizzazioni, e la casa ICP a gradoni di Innocenzo Sabbatini, deposito Atac-pensilina, il quartiere ICP tiburtino II, per quanto riguarda gli elementi storici. Al centro del progetto vi è una vera e propria “promenade architecturale” attraverso piazze, percorsi pedonali alberati, aree verdi e parchi attrezzati, inglobando le alberature esistenti, in filare o a “bosco urbano” (ex Istituito Ittiogenico) e aiuole ormai “boschive” della viabilità a grande scorrimento di cui è imminente la demolizione. La nuova dimensione integra l'attuale terminal bus in una veste completamente nuova e con vie d'accesso che evitano la parte abitata del quartiere sfruttando la consolare: “Il nuovo progetto – ha spiegato a Bus Magazine l'architetto Pellegrini - amplia il precedente project financing presentato dalla Tibus. L'area di interesse si è semplicemente allargata a tutto il quartiere, comprese le nuove edificazioni di Fs Italiane, il parco est e il nuovo collegamento fra le due zone. Il gestore del terminal bus ora sito nel piazzale ovest, rimane inquadrato nella nuova visione proprio per espressione dei cittadini in virtù del suo indispensabile ruolo nel sistema della mobilità romana, nazionale ed internazionale, e nel controllo degli spazi pubblici limitro-


A Z I E N D E I

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Ospiti prestigiosi, autorità e soprattutto una grande famiglia riunita. Ecco gli ingredienti principali dei festeggiamenti per i cento anni del Gruppo Stat che si sono svolti sabato 26 gennaio al Teatro Municipale di Casale Monferrato ed al Castello.

100 ANNI DI ATTIVITÀ per il Gruppo STAT

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’azienda, che opera dal 1919, ha festeggiato l’importante ricorrenza con una giornata ricca di eventi: un commovente musical evocativo, premiazioni e un concerto di Tullio de Piscopo. Lo spettacolo scritto da Gabriele Stillitano e Maurizio Carandini, che ha registrato il tutto esaurito nel tardo pomeriggio, è cominciato “invitando” sul palco i protagonisti della storia Stat a cominciare dai suoi fondatori. Ricordati da immagini d’epoca e da un toccante testo hanno dato il loro saluto i fratelli Pia, Silvio Pia, figlio di Evasio Carlo Rombelli figura che unisce le due famiglie oggi alla guida del gruppo, ma anche Giorgio Vignolo collaboratore storico dell’azienda scomparso nel 2010. Finale con brindisi con il nuovo cocktail Blu Stat con la presenza di una madrina speciale: Benedetta Parodi. Poco prima delle 22, gli invitati si sono trasferiti al Castello per la cena curata dall’Artusi e un bell’omaggio, il volume “Una passione che viene da lontano”: 168 pagine che ripercorrono i 100 anni di storia del Gruppo, ma anche ricordi delle attività più recenti, come ad esempio le Crociere (con molte immagini). Sul libro un’ultima chicca: l’annullo filatelico speciale concesso dalle Poste Italiane per il centenario.

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UNA PASSIONE CHE VIENE DA LONTANO In occasione dei suoi 100 anni il Gruppo Stat ha riassunto la sua lunga storia in “Una passione che viene da lontano”, un volume di oltre 160 pagine curato da Luigi e Alberto Angelino, autori anche dei testi insieme ad Alessandro Razze. E' una narrazione che ripercorre le tante vicende di questa azienda, a cominciare proprio da quel fatidico 1919 in cui Evasio e Virgilio Pia acquistarono i primi FIAT BL 18 residuati bellici con cui inaugurarono la linea San Germano - Popolo. Nasceva quella che sarebbe diventata per tutti i casalesi “La Stat”. Sarebbe però sbagliato vedere la pubblicazione solo come un libro storico. Ci si appassiona a vicende che si intrecciano con quelle di un'Italia in profonda trasformazione negli ultimi 100 anni un cambiamento documentato anche attraverso una lunga serie di immagini, molte delle quali inedite. Un libro capace persino di diventare corale, raccogliendo decine di aneddoti di viaggiatori, autisti e collaboratori che sottolineano come questo marchio abbia accompagnato la vita e lo sviluppo di un intero territorio. Completano la pubblicazione dettagliate schede tecniche sui mezzi, approfondimenti e documenti raccolti con pazienza attraverso i decenni. Tutti materiali destinati ad entusiasmare i ricercatori del settore.


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A S S O C I A Z I O N E

CONCORSOFotografico

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Nel corso dell’Assemblea ANAV 2019, il 26 e 27 giugno prossimo a Maranello presso la sede della FERRARI, si terrà la II^ edizione del Concorso Fotografico “Imprese in movimento”.

La novità

L’iniziativa, che ha registrato un ottimo successo nella prima edizione del 2017, si arricchisce per questa seconda edizione di una novità: alla categoria “Fotografica” sarà affiancata, infatti, anche la categoria “Emotional Video”, che darà la possibilità alle imprese di presentare in formato video momenti della propria attività lavorativa e testimonianze dirette di imprenditori, dipendenti ed utenti dei servizi di trasporto: i video concorrenti saranno brevi ma emozionali e rappresenteranno l’attività di trasporto persone, la storia aziendale e in generale l’attività imprenditoriale nella più ampia libertà di espressione. I video realizzati dalle imprese saranno veicolati dall’Associazione, ai fini di una maggiore visibilità, su tutti i canali social, blog e siti web.

Il materiale per la categoria “Fotografica” dovrà avere le seguenti caratteristiche ed essere trasmesso con le seguenti modalità:

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Per partecipare

per ogni concorrente sono ammesse al massimo 2 fotografie e un video;

le fotografie devono avere un formato di 30x20 a 300 DPI ed essere inviate esclusivamente in formato elettronico JPEG in alta definizione tramite il programma WETRANSFER. Sono ammesse sia immagini scansionate scattate su pellicola (negativa o diapositiva), sia immagini realizzate direttamente con apparecchi digitali, compresi smartphone, purché in grado di scattare anche foto in alta definizione;

La partecipazione al concorso è gratuita. Ai fini della partecipazione i concorrenti devono compilare l’apposito ➤ ogni fotografia, a pena di esclusione dal con“modello di partecipazione”, indicando corso, deve essere contrassegnata da un titola categoria o entrambe le categorie di lo, eventualmente anche riportato nella denoconcorso cui intendono partecipare e minazione del file contenente la fotografia fornendo il consenso al trattamento dei stessa inviata tramite il programma WETRANdati personali, nonché la liberatoria SFER; all’uso delle immagini foto/video e l’ac➤ le fotografie non devono essere state premiacettazione del presente regolamento in te in altri concorsi; ogni sua parte. Il modello di partecipazione (reperibile su www.anav.it), insie➤ sono ammessi modifiche e ritocchi grafici. me al materiale fotografico, dovrà essere inviato ad ANAV, entro venerdì 14 giugno 2019, via mail a cesari@anav.it o Il materiale per la categoria “Emotional Video” via fax al n. 06 4821204. dovrà avere le seguenti caratteristiche ed essere trasmesso con le seguenti modalità:

Premiazioni

La cerimonia di consegna dei premi si svolgerà in occasione dell’Assemblea annuale dell’ANAV del 26 e 27 giugno 2019 che si terrà a Maranello presso la sede della FERRARI. Ai vincitori sarà consegnata una speciale targa-premio con inciso il nome sia dell’autore della fotografia o del video premiati che dell’impresa di appartenenza. I video e le fotografie vincitrici della selezione saranno pubblicati sulla rivista Bus Magazine e altresì, per almeno un anno, sui siti internet, blog e Social di ANAV e PROMOBUS. Con le stesse modalità le fotografie e i video vincitori della selezione potranno essere oggetto di esposizione e proiezione anche in occasione di eventi pubblici organizzati da ANAV e/o PROMOBUS. L’esito della selezione sarà comunicato tramite posta elettronica.

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durare massimo 90 secondi; avere una risoluxione di 16:9 1920 X 1080 – HD;

essere inviati e consegnati in un formato file MOV o MP4 (wetransfer o supporti usb - cd); avere una compressione codec video H.264; avere un Framerate di 25p /50p /;

avere un AUDIO STEREO codec audio AAC;

essere di una dimensione massima di 1 GB; essere girato in orizzontale.

Il Regolamento è consultabile su www.anav.it.

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l concorso è nato per raccontare, attraverso le immagini, il lavoro delle imprese associate ad ANAV che da sempre svolgono servizi di trasporto di persone con autobus con grande passione e professionalità. L’obiettivo è arricchire il patrimonio di immagini dell’Associazione e implementare l’archivio fotografico e video che possa poi essere messo a disposizione di tutti gli Associati ANAV che ne faranno richiesta e che potrà essere utilizzato dall’Associazione e dagli Associati per ulteriori progetti e iniziative volte a promuovere, anche presso stakeholder esterni, l’attività, il ruolo e l’immagine delle imprese associate e del settore tutto.

Consegna e caratteristiche del materiale


MoToRI

TUTTA LA FLESSI [a cura di FrancescoRomagnoli]

Una

categoria di veicoli non ancora affrontata è quella degli autobus di dimensioni intorno agli 8 metri. Utili in tutti quei casi in cui alcune possibili esigenze quali domanda debole oppure architettura stradale rendono sufficiente, oppure rendono obbligatori, veicoli di più ridotta capacità e dimensioni. Per quanto riguarda la classe e l’allestimento, alcuni costruttori offrono il pianale ribassato con pochi posti a sedere privilegiando lo spazio per i passeggeri in

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piedi, mentre altri optano maggiormente per una configurazione più di tipo extraurbano, con un normal floor e con allestimento interno che prevede una maggio re presenza di posti a sedere. Da sottolineare come a differenza delle altre tipologie di veicoli, questa sembra essere considerata dai costruttori molto di nicchia, tale dunque da non meritare l’attenzione di tutte le case. Non tutti i costruttori infatti presentano nella loro offerta autobus di questa famiglia dimensionale.


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BuS & SPoRT

[a cura di AlessandroCesari]

LA SAMPDORIA VIAGGIA CON GENOVARENT

Prosegue il nuovo appuntamento dedicato allo sport. Oggi puntiamo l'obiettivo sull'esperienza ultratrentennale di Genovarent, l'azienda fondata da Renzo Balbi nel 1996.

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unto di forza di Genovarent è sempre stato lo sport, la società mette a disposizione la propria passione per lo sport diventando un punto di riferimento di Federazioni Italiane, CONI e moltissime società sportive dilettantistiche Liguri per il trasporto degli atleti, non solo squadre di calcio ma anche tante altre discipline meno conosciute ma comunque altrettanto fondamentali per la crescita dei bambini e ragazzi.. nuoto, basket, pallavolo, rugby, tennis, boxe, atletica, danza, canottaggio, hockey, arti marziali solo per citarne alcune. A tal proposito Genovarent collabora ormai da diversi anni con l’associazione “Stelle nello Sport” che ha l’obiettivo di sostenere e promuovere la cultura e i valori dello sport tra i giovani di tutto il territorio ligu-

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re, con un importante fattore educativo e di presidio socio culturale. Genovarent trasporta con i propri pullman la quasi totalità delle società professionistiche Italiane ed europee che si recano in Liguria con aerei o treni per disputare gli incontri sportivi. Nel calcio è fornitore ufficiale di U.C. Sampdoria, Genoa e della prima squadra dello Spezia Calcio. Per la prima squadra della U.C. Sampdoria è stato messo a disposizione dal 1 Luglio 2018 un nuovissimo pullman Irizar I8 “Top di Gamma” dotato di comodissimi sedili in pelle e tutti i comfort richiesti da una squadra con questo blasone (parabola sky, 4 monitor, prese 220 e usb, poggiagambe per i giocatori infortunati, mobiletti personalizzati, minibar con frigo, macchina caffè, microonde).


BuS & SPoRT

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UN VEICOLO PER OGNI OCCASIONE

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n'azienda in grado di trasformarsi negli anni: con il contributo dei figli Andrea e Marco, da piccola ditta a conduzione familiare Genovarent è diventata oggi un'affermata realtà, riconosciuta tra le società più professionali, organizzate ed affidabili nel settore dell’autonoleggio in Italia e all’estero. Questo è stato possibile grazie a continui investimenti per il rinnovamento del parco auto, alla qualità, l’esclusività, la competitività, l’incessante aggiornamento dei servizi offerti e la costante attenzione per l’evoluzione delle esigenze della clientela. Attualmente la società conta 60 dipendenti e un parco mezzi ad oltre 100 unità tra auto, minibus, pullman e furgoni. Si presenta sul mercato con una vasta gamma di offerte: SERVIZI CON AUTISTA di auto, minibus e pullman, NOLEGGIO SENZA AUTISTA di auto, minibus e furgoni, AGENZIA VIAGGI “GERENT TRAVEL”. Seguendo l’evoluzione delle richieste della propria clientela, Genovarent ha messo a punto un efficiente servizio di noleggio con autista, a disposizione 24 ore su 24 per 365 giorni, con un’ampia offerta di mezzi: dalle lussuose auto ai minibus 7-8 posti fino ai pullman G.T. da 19 a 60 posti. Tutti i mezzi sono di recente immatricolazione, dotati di tutti i comfort: climatizzatore, abs, telefono, tv lcd, lettore dvd, microfono, frigo bar e macchina del caffè. Negli ultimi anni Genovarent ha incrementato notevolmente il servizio di trasporto per gite scolastiche grazie agli elevati standard di qualità e sicurezza oltre alla copertura assicurativa con massimali tra i più alti del settore.

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TEMPI DI GUIDA E DI RIPOSO CHIARIMENTI DAL MINISTERO DELL’INTERNO La Direzione Centrale Polstrada del Ministero dell’Interno ha fornito chiarimenti sull’organizzazione dei periodi di attività lavorativa tra due periodi di riposo settimanale. Il Regolamento 561/206 tra disciplina Ue e contesti nazionali.

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[PaolaGalantino] Dirigente Servizio legale e internazionale

a disciplina sociale del settore del trasporto su strada ha visto la luce più di trenta anni fa e da allora, sulla scia del progresso tecnologico e degli “aggiustamenti” legislativi in nome della armonizzazione delle regole nel contesto europeo, ha subito non poche modifiche. Il regolamento europeo n.561 del 2006 è, ormai da più di dieci anni, la regolamentazione di riferimento per la disciplina dei tempi di attività e di riposo del personale mobile addetto ai servizi regolari di linea (con percorso superiore ai 50 km) e ai servizi di noleggio autobus con conducente, entrambi svolti in ambito sia nazionale che internazionale. La disciplina, chiaramente, si sposa con le discipline nazionali di riferimento in materia di orario di lavoro e tempi massimi di attività. Non si può tralasciare di evidenziare che, in più di dieci anni di vigenza, il regolamento 561/2006 è stato oggetto di innumerevoli “letture” e “interpretazioni correttive” da parte degli ordinamenti dei diversi Stati membri. Gli stakeholders e i relativi conducenti, si confrontano, in occasione dei controlli su strada ci sono soggetti i propri conducenti, con le prassi consolidatesi nei diversi Paesi. Non è un caso, forse, che le proposte contenute nel Pacchetto Mobilità presentato dalla Commissione Europea nel 2017 (e miseramente naufragato nelle discussioni a livello di Parlamento europeo proprio il mese scorso, ndr) contengano tentativi, fra magazine

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l’altro, di miglioramento delle norme; di armonizzazione delle interpretazioni a livello europeo e una più evidente differenziazione fra l’applicazione di queste regole al settore del trasporto merci da quelle che trovano applicazione al trasporto passeggeri? Recentemente, la Direzione Centrale Polstrada del Ministero dell’Interno (nota prot. 300/A/366/19/108/71 del 15/01/2019) rispondendo ad un quesito specifico per il settore del trasporto merci (ndr), ha fornito chiarimenti sull’organizzazione dei periodi di attività lavorativa, tra due periodi di riposo settimanale, secondo le disposizioni contenute nell’articolo 8 del Regolamento (CE) n. 561/2006. La norma, fra l’altro, prescrive che nel corso di due settimane consecutive i conducenti effettuano almeno due periodi di riposo settimanale regolare, oppure un periodo di riposo settimanale regolare ed un periodo di riposo settimanale ridotto di almeno 24 ore. In quest’ultimo caso, la riduzione è tuttavia compensata da un tempo di riposo equivalente preso entro la fine della terza settimana successiva alla settimana in questione. Il periodo di riposo settimanale comincia al più tardi dopo 6 periodi di 24 ore dal termine del precedente periodo di riposo settimanale.

Chiarimenti dal Ministero dell’Interno

La nota ministeriale esamina alcune

definizioni contenute nel regolamento europeo e sembrerebbe chiarire – ma riteniamo si tratti più che altro di ribadire una lettura della norma che non di una vera a propria “scoperta”! - che “il riposo giornaliero deve iniziare obbligatoriamente dopo aver guidato per nove ore (ovvero dieci, due volte alla settimana) anche se frammentate”. E che “il conducente può iniziare il riposo giornaliero anche prima delle nove ore”. A noi appare abbastanza evidente la conclusione cui giunge la nota ministeriale, vale a dire che “in questa ultima ipotesi (i periodi di) attività di guida possono arrivare ad essere superiori a sei nell’arco della settimana, pur se ciò avverrà a prezzo di effettuare un numero di ore di guida settimanali inferiori rispetto a quelle massime consentite”. L’assunto deve essere letto ancora una volta in combinazione con i disposti del regolamento comunitario. Il periodo di 24 ore nell’arco del quale calcolare i tempi massimi di guida, di lavoro e le rispettive pause e interruzioni nonché i necessari riposi giornalieri, ha inizio dal momento in cui termina il precedente periodo di riposo (giornaliero o settimanale) il che significa che non è detto che nell’arco delle 24 ore il conducente “effettui” tutta la guida/attività consentita e che, pertanto, i 6 periodi di cui all’art. 8 sopra richiamato, non necessariamente coincideranno con 6 giornate di 24 ore. Semmai, quel che la nota rammenta è che “a certe condizioni, i periodi di attività lavorativa tra due periodi di riposo settimanale, possono essere anche superiori a sei” e che il periodo di guida, ai fini della norma in commento, deve essere calcolato – per evitare il superamento dei tempi massimi fissati in 56 ore settimanali e 90 nell’arco delle due settimane prese a riferimento – nell’arco temporale “settimanale”, vale a dire dal lunedì alla domenica, a differenza della c.d. “cadenza” del riposo settimanale del personale mobile che, non essendo vincolato alla domenica, può cadere in qualunque giorno della settimana. Auspichiamo che – come dimostra l’ennesimo chiarimento ministeriale – le peculiarità del settore del trasporto passeggeri con autobus vengano riconosciute a livello comunitario con una disciplina ad esse espressamente dedicata. Il che, certamente, non significa, pretendere meno sicurezza e livelli massimi di guida e livelli minimi di riposo in spregio dei conducenti, ma al contrario che proprio le esigenze di questi ultimi siano garantite con regole ad hoc.

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A Z I E N D E

AUTOSTAZIONI D’ITALIA

TPBUS - TEBUS - TCBUS Ecco i servizi delle Autolinee Curcio nella provincia di Salerno

Una vera e propria esigenza scaturita dall’immedesimarsi nella propria clientela, nell’essere prima viaggiatore e poi vettore. L’azienda ritiene di fondamentale importanza offrire alla clientela infrastrutture strumentali all’attività di trasporto per garantire la massima sicurezza ai propri utenti e non solo, oltreché, migliorare i servizi.

La prima esperienza Il terminalbus di Polla (SA) “TPbus” La realizzazione all’interno della nostra autorimessa in Polla (SA) di un vero e proprio terminalbus nel pieno rispetto dei dettami del Regolamento UE 181/2011, nonché, del Decreto Ministeriale n.84/2015. Quest’ultimo è dotato di n. 5 corsie bus, accesso/corsie persone con disabilità e mobilità ridotta, sala d’attesa, self bar, toilette, biglietteria, punto informazioni, parcheggio auto clienti sorvegliato e gratuito. Funge, inoltre, da nodo di interscambio non solo per il Vallo di Diano ma anche per una parte dei servizi che in Polla vedono coincidenze assistite dalle diverse ramificazioni provenienti dalla Val D’Agri, dalla Valle del Mercure (Lauria-Lagonegro) e dal Golfo di Policastro per poi proseguire verso il centronord Italia ovvero Lazio, Toscana, Umbria e Marche.

La terza esperienza Il terminalbus di Sicignano degli Alburni (SA) “TCbus”

Questa terza esperienza rientra nei progetti aziendali sviluppati da pochi giorni. La gestione affidata sempre alla società Autolinee Curcio dovrebbe iniziare nel prossimo mese. Questo terminalbus, a pochissimi metri dall’uscita autostradale di Sicignano, è dotato di due corsie coperte, 5 stalli lunga sosta, biglietteria, accesso disabili, bar e ristorante (quest’ultimi non gestiti dalla Autolinee Curcio). Esclusa la gestione interamente aziendale del terminalbus (di proprietà) di Polla (SA), le altre due autostazioni (affidate in gestione), ovvero, quelle di Eboli e Sicignano, vedono impegnata l’azienda nella unica fase logistica; in particolare gestione stalli/flussi di transito, aggiornamento orari e avvisi alla clientela.

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La seconda esperienza Il terminalbus di Eboli (SA) “TEbus”

Il giorno 28 novembre scorso, alla presenza del Presidente della IV Commissione Regionale della Campania Luca Cascone, è stato inaugurato nella città di Eboli il Terminal Bus (denominato "TEBUS"), punto fondamentale nel programma di integrazione del sistema dei trasporti pensato dall’amministrazione del Comune di Eboli. Due, gli obbiettivi primari che hanno motivato la creazione di questa infrastruttura. Innanzitutto, ridurre la congestione del traffico privato che costituisce uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo economico e qualitativo della città e del territorio della Piana del Sele. Poi, garantire una razionalizzazione dei servizi e un'integrazione delle linee con i comuni del Vallo di Diano e degli Alburni, in modo da ottenere livelli di frequenza elevati con tempi di attesa ridotti e collegamenti continui e diretti con il capoluogo e sulle connessioni con le reti provinciali, regionali e nazionali. Il Terminalbus, attualmente è gestito dalle Autolinee Curcio: ogni giorno, nei sette stalli presenti (quattro per la sosta breve tre per la sosta lunga), vi sono circa 164 transiti effettuati da aziende partecipanti al consorzio Unico Campania (Sita Sud, Curcio, Buonotourist e Mansi Snc) e non solo.

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a società Autolinee Curcio srl, esercente servizi di TPL in tutta la Provincia di Salerno, servizi di linea Interregionali di competenza Statale e noleggio con conducente, ha deciso, negli ultimi anni, di focalizzare l’attenzione sull’aspetto meramente strutturale e funzionale ai servizi offerti, attraverso la realizzazione e gestione di terminalbus nella provincia di Salerno.


LA SeNTeNzA

[a cura di PaolaGalantino]

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CoNTRAVVeNzIoNI: Le MuLTe ARRIVANo ANChe DALL’eSTeRo

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onviene pagarla, oppure opporsi, se si ha un valido motivo. Ma non conviene far finta di nulla come spesso accadeva in passato: ora non solo la contravvenzione arriva, ma viene anche messa in riscossione come se provenisse dall’autorità italiana. Questi sono gli effetti dell’entrata a regime del sistema europeo di notifica all’estero delle multe stradali (direttiva 2015/413, la ex 2011/82) e applicazione delle sanzioni pecuniarie in generale (decisione quadro 2005/214). E ormai la maggior parte degli Stati europei ha recepito le due norme (l’Italia lo ha fatto con i Dlgs 37/2014 e 37/2016). Il sistema, è vero, funziona solo per otto tipi di infrazione: eccesso di velocità, mancato uso della cintura di sicurezza, mancato arresto al semaforo rosso, guida in stato di ebbrezza, guida sotto l’influsso di sostanze stupefacenti, mancato uso del casco protettivo, circolazione su una corsia vietata, uso illecito del telefono cellulare o altri dispositivi di comunicazione. Ma soprattutto, ora chi ha ricevuto la lettera di notifica prevista dalla direttiva e non paga né presenta ricorso riceve una busta verde come quelle delle multe italiane. Ad inviarla è la Corte d’appello competente del luogo di residenza o domicilio: indica la data per la quale è fissata l’udienza in camera di consiglio e nomina un difensore d’ufficio, sostituibile da uno di fiducia. Ma nell’udienza ci si limita a controllare se le procedure sono state seguite correttamente e a valutare se l’importo della sanzione giustifichi una costosa procedura internazionale come quella avviata dall’autorità estera. Quindi non è improbabile che la Corte arrivi al «riconoscimento» della multa. A quel punto si attiva la riscossione coattiva secondo le regole penali italiane (anche quando la sanzione è solo amministrativa), per cui interviene l’ufficiale giudiziario. E l’incasso va allo Stato italiano, salvo diverso accordo con lo Stato estero. Chi invece paga già dopo aver ricevuto la lettera dall’estero rinuncia al “filtro” della Corte. Ci sono anche meccanismi premiali simili allo sconto del 30% magazine

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concesso in Italia per chi paga entro cinque giorni: un esempio è quello previsto in Austria per le infrazioni autostradali. Le modalità di pagamento più diffuse sono quelle su piattaforme telematiche. A volte, come nel caso della Spagna, sono solo pagine web su cui si trovano gli estremi dell’infrazione e la relativa foto, quando esiste: niente homepage, niente presentazione dell’operatore che gestisce la transazione, per cui può venire spontaneo il sospetto di una truffa telematica. In questi casi, meglio contattare l’ambasciata italiana per una verifica. Attenzione, quindi, a infrangere le regole all’estero… e soprattutto attenzione al momento in cui si hanno in mano una lettera con gli estremi dell’infrazione e un modulo di risposta con cui chiedere entro 60 giorni un’eventuale correzione o contestare la multa. Nel modulo è indicata anche l’autorità competente a decidere sulla contestazione, il cui esito sarà comunicato entro i 60 giorni successivi all’invio. Non bisogna pensare né che la notifica non sia valida perché la lettera è arrivata per posta ordinaria (dipende dalla legge dello Stato mittente, che non sempre prevede una raccomandata) né che, se sono trascorsi più di 90 giorni dall’infrazione, la multa sia prescritta, come in Italia: i tempi di notifica variano da Paese a Paese, da uno (che è lo stesso termine italiano, se il destinatario è all’estero) fino a cinque anni. In Portogallo non c’è nemmeno un termine per la notifica: basta che essa avvenga entro i cinque anni (!) dopo i quali scatta la prescrizione per la riscossione. Se l’invio del modulo non basta per farsi annullare la multa, occorre un ricorso. Che non è facile: la direttiva 2015/413 prescrive che sia inviata nella lingua dell’interessato solo la lettera di notifica. Quindi occorre scrivere nella lingua del Paese della violazione (tranne poche eccezioni, come in Francia, dove sono ammessi anche italiano e tedesco). L’invio spesso va fatto in tempi brevi e con raccomandata. Non è facile nemmeno difendersi in Italia, cosa prevista in una seconda fase della procedura. Insomma, ne vale la pena?!

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TeCNoLogIA

[a cura di FrancescoRomagnoli]

IRu: L’ASSoCIAzIoNe PARTeCIPA AI LAVoRI DeLLe CoMMISSIoNI SICuRezzA STRADALe eD AFFARI TeCNICI

gato alla sicurezza), ma appunto non è chiaro il tema delle responsabilità. Nel campo degli ausili automatici alla guida è tra l’altro bassa sia la conoscenza sia la fiducia dei conducenti stessi di questi sistemi. Su un campione analizzato in Gran Bretagna, il 42% di loro non ha mai ricevuto nessuna istruzione sul loro utilizzo, il 36% li disattiva quando possibile e solo il 42% pensa un sistema come l’AEBS (Advanced Emergency Bracking System) porti dei vantaggi sostanziali. Altra questione riguardante i veicoli autonomi oggetto della riunione quella della proprietà dei dati e quindi del loro accesso in caso di necessità, come ad esempio la ricostruzione di un incidente. Successivamente è stato poi discusso circa una nuova proposta in fase di discussione in sede di Commissione Europea riguardo nuovi criteri di progettazione della cabina di guida dei veicoli (in particolare per i camion) al fine di migliorare le criticità da cui da sempre i veicoli pesanti sono affetti, come ad esempio la visibilità laterale. In questo contesto di discussione un rappresentante di ACEA ha poi portato i risultati di un’analisi che ha dimostrato come la tecnologia applicata ai veicoli possa essere maggiormente di supporto ai conducenti ai fini del rilevamento egli ostacoli piuttosto che un ridisegno completo della cabina di guida, ridisegno che comporterebbe una riprogettazione sostanziale della parte anteriore del veicolo, con tutte le conseguenze ed i costi del caso. Infine il tema ambientale, con l’illustrazione da parte di alcuni rappresentanti dell’IRU della nuova Direttiva sui veicoli puliti e il nuovo Regolamento sulla certificazione delle emissioni di CO2 per i nuovi veicoli pesanti (riguardante però al momento esclusivamente i camion).

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el mese di febbraio si sono svolte le riunioni delle commissioni IRU per la sicurezza stradale (CSR) e per gli affari tecnici (CIT), a cui per ANAV ha partecipato il Servizio Tecnico associativo. Il tema che è stato maggiormente oggetto di discussione da parte delle due commissioni (sotto aspetti in realtà diversi tra loro a seconda delle peculiarità delle commissioni) quello dei veicoli automatici ed i relativi problemi che comportano nelle loro forme mediamente avanzate (livello 3, in una scala da 0 a 5) e molto o totalmente avanzate (livello 5). Durante i lavori è emerso come il tema principale da affrontare sia quello della responsabilità del conducente piuttosto che del veicolo stesso in caso di incidente. Tale questione ad avviso dei membri delle commissioni è spesso affrontata (anche se mai in modo veramente organico) per i veicoli di livello 5, dunque quelli che non richiederanno in futuro la supervisione del conducente, ma quasi mai per i veicoli con un livello di automazione intermedio. Il tema della responsabilità anche per tali veicoli è invece comunque importante perché, nonostante per loro sia necessaria comunque la supervisione del conducente, non è chiaro a chi potrebbe essere attribuita la colpa nel caso di sinistro in cui magari un sistema atto a garantire automaticità per una certa funzione non ha regolarmente lavorato. Ciò che infatti è da definire è se il conducente può sentirsi totalmente demansionato da quei compiti svolti da una certa tecnologia di cui l’autobus è dotato, risultando dunque il conducente esente da eventuali danni provocati dal malfunzionamento di quella tecnologia, oppure se nonostante la presenza della tecnologia il conducente abbia in un certo senso “l’ultima parola”, dunque sia responsabilizzato nonostante tutto. È intuitivo come lo sia nelle mansioni (se non funziona una data tecnologia è evidente come il conducente sia chiamato quando possibile a sostituirsi ad essa, soprattutto se si tratta di qualcosa colle-


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i è chiusa il 18 marzo la possibilità di iscriversi a CapAcademy, una vera e propria scuola del trasporto pubblico che, attraverso l’attivazione di tirocini, offrirà la possibilità ai 20 giovani iscritti di conoscere questa realtà e di approcciarsi al mondo del lavoro dopo un percorso formativo di qualità. L'iniziativa è stata lanciata da Cap (Cooperativa Autotrasporti Pratese) alla vigilia del 74° anno dalla nascita della Cooperativa. CapAcademy è un progetto pensato per 20 giovani tra i 21 e i 26 anni che siano in possesso di un diploma di maturità, che non siano occupati e siano disposti a intraprendere il percorso per il conseguimento dei titoli abilitanti alla professione (patente D e Certificato Qualificazione Conducente). Il tirocinio avrà durata di 6 mesi con sessioni di formazione in classe ed esperienze sul campo grazie alla disponibilità dei tutor aziendali che

metteranno a disposizione il proprio know-how in un periodo di affiancamento operativo. Al termine dei 6 mesi, alcuni tirocinanti saranno inseriti in azienda con un contratto di 12 mesi. Per gli altri ci sarà la possibilità di presentarsi nel mondo del lavoro con un diploma referenziato e con patenti e titoli necessari allo svolgimento delle mansioni di autista e manutentore. CapAcademy è una novità assoluta nel settore del trasporto pubblico ed è conferma dell’impegno che la Cooperativa ha voluto prendere nei confronti del territorio e delle generazioni future, per formare autisti e manutentori ad alta professionalità. Servizi realizzati da personale qualificato hanno un valore aggiunto per il territorio e la comunità. CapAcademy investe su qualità e competenza, lavorando su risorse da poter inserire in azienda che possiedano titoli e conoscenze di alto profilo al servizio del cittadino cliente.

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CAPACADeMy, uN PRogeTTo RIVoLTo AI gIoVANI e AL FuTuRo

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BIMESTRALE DI POLITICA E CULTURA DEI TRASPORTI

Bimestrale di politica e tecnica dei trasporti a cura di ANAV Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori Edito da Promobus s.r.l Anno 19 - Numero 2 Marzo - Aprile 2019

DIRETTORE EDITORIALE Tullio Tulli

DIRETTRICE RESPONSABILE Claudia Montoneri

COORDINAMENTO REDAZIONALE Elisabetta Paris

COMITATO SCIENTIFICO

Giuseppe Alfieri Alessandro Cesari Paola Galantino Antonello Lucente Roberto Magini Roberta Proietti Francesco Romagnoli Nicoletta Romagnuolo Stefano Rossi

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE

ARRIVA ITALIA SPoNSoR DI eNeRgyMeD, IL CoNVegNo SuLLe FoNTI RINNoVABILI

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rriva Italia è Sponsor Gold della 12esima edizione di EnergyMed, convegno sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica nel Mediterraneo che si è svolto a Napoli dal 28 al 30 marzo. EnergyMed è la Fiera del centro sud Italia sulle tendenze del comparto verde in materia di energia rinnovabile, mobilità a bassa emissione, circular economy, Industria 4.0 e digitalizzazione. Una panoramica merceologica completa e ricca di novità in tutti i comparti: dal Riscaldamento alla Componentistica, dal Condizionamento dell’aria alla Refrigerazione e Ventilazione, dalle Energie rinnovabili alla Home & Building Automation fino alla mobilità elettrica e alla riduzione a monte dei magazine

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rifiuti. Arriva Italia Srl è la holding italiana del Gruppo Arriva. Dal 2002 è presente nel mercato italiano, del quale detiene circa il 5%, fornendo servizi di trasporto passeggeri sia a livello urbano sia interurbano principalmente nel nord Italia, oltre a servizi di collegamento con gli aeroporti di Torino e Milano. Arriva Italia ha consolidato la sua posizione attraverso l’acquisizione di aziende di trasporto pubblico locale (TPL) o tramite partecipazioni in joint venture con partner pubblici. Attualmente gestisce un portfolio composto da 9 aziende operative, servizi di trasporto pubblico per circa 100 milioni di bus/km annui, 2.500 mezzi e 3.500 dipendenti.

Alessandra Nelli [info@alessandranelli.it]

STAMPA

Eurograf Sud s.r.l. Uffici e stabilimento: Via delle Grotte, 11 00040 Zona Industriale Ariccia (RM) Tel. (+39) 06 9344741 (6 linee r.a.) info@eurografsud.it

EDIZIONI PROMOBUS s.r.l. AMMINISTRAZIONE PUBBLICITÀ E ABBONAMENTI

Responsabile Tullio Tulli 00185 Roma, Piazza dell’Esquilino, 29 Tel (+39) 06 4879301 Fax (+39) 06 4821204 [promobus@anav.it]

Finito di stampare nel mese di marzo 2019 Registrazione presso il tribunale di Roma n.336 del 26 luglio 2001 sped. in abb. post. 70% Roma


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