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storia per il domani
Per costruire bisogna cuocere
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di Franco Robecchi ingegnere e autore
Architettura in Bolzano dello Studio MoDusArchitects, con calcestruzzo nudo, a vista i ha sempre incuriosito la realtà del mondo delle costruzioni sotto il profilo della semplicità e della povertà dei suoi materiali. Parlo naturalmente dei materiali tradizionali, che, comunque, interessano le costruzioni ancora per un buon 70-80%. In gran parte i criteri di produzione e uso dei materiali non hanno subito grandissime modificazioni, addirittura sull’arco di migliaia di anni. Se così è, evidentemente stiamo parlando di un mondo delle costruzioni basato su materiali di facile reperibilità, di basso costo, di facile trasporto, di facile confezione e di buona durata. Ovviamente si parla anche di materiali efficaci nello svolgere la loro funzione. Pensiamo alle costruzioni di 8.000 anni fa, e per certi versi anche anteriori. È evidente che le case venivano costruite con quanto vi era di più facile reperibilità: il legno, il fango, la pietra, la paglia, le pelli animali, le corde di vegetali. L’uomo, tuttavia, ebbe dai tempi anche più antichi, addirittura 30.000 anni fa, la conoscenza di un fenomeno che sarebbe divenuto centrale nelle costruzioni e cioè l’effetto del più elementare fuoco sul più elementare e diffuso dei materiali: la terra. Non a caso questo materiale si è spesso chiamato terracotta e con essa iniziamo a scorrere questa cucina delle costruzioni, dove una quantità di prodotti veniva e viene ottenuta cuocendo sostanze comunissime e diffusissime. Partiamo appunto dalla terracotta. La terra deve essere di un tipo particolare, tuttavia di facilissima reperibilità: l’argilla. Se ne trova scavando quasi ovunque pochi centimetri sotto il suolo o anche in superficie. Non a caso l’argilla è citata dalla Bibbia come fonte della vita umana. Dio modellò Adamo con l’argilla. È infatti uno dei materiali più affascinanti, per la sua facilissima modellabilità e per gli effetti più soddisfacenti, grazie al suo indurimento. Proprio questo indurimento, che si scoprì forse casualmente lasciando oggetti in argilla cruda dentro un falò, attribuì all’argilla cotta virtù straordinarie. Assumeva caratteristiche molto interessanti. Innanzitutto, moltiplicava la sua resistenza a pressioni, urti, cadute, mantenendo tali qualità per tempi molto lunghi, quasi eterni. Più malleabile della terracotta non vi era nulla. Era inoltre resistente, impermeabile, per cui poteva contenere liquidi, ed era anche relativamente leggera, certo più della pietra. L’argilla cotta fu usata per creare recipienti, statue, oggetti vari, elementi costruttivi che divennero basilari per l’edilizia, e ancora lo sono: i laterizi. Il loro mondo è sterminato e va dai mattoni ai forati, dai tavelloni alle tegole e ai coppi, dai tubi alle pavimentazioni e alle decorazioni, dai rivestimenti esterni ai rivestimenti di ambienti a contatto con il fuoco, come i forni. Le tavolette d’argilla con scritte incise costituiscono il patrimonio più importante delle civiltà medioorientali, dai sumeri ai babilonesi, cioè i genitori della nostra civiltà. Di terracotta sono gli antichi vasi greci, un patrimonio sterminato dell’intelligenza artistica dell’uomo. In terracotta sono le 6.000 figure del mausoleo imperiale sotterraneo cinese, l’esercito di terracotta, dove pare esistano ancora da scoprire altre 6.000 statue di guerrieri e cavalli. Tutto ciò a partire da un po’ di terra riscaldata e cotta. È davvero sorprendente. Non da meno è la facilità del legno. Si trova ovunque. Basta solo tagliarlo e un po’ rifinirlo e si ottengono, pali, travi di ottima e rara resistenza alla flessione, rivestimenti, pareti, pavimenti, mobili, utensili, sculture, archi e frecce, aste e parti di aratri, coltelli, badili, lance e interi edifici, rivestimento dei tetti compreso. Ricordia-
I materiali tradizionali
L’antico gesto del modellare l’argilla Uno dei tanti, lussuosi impieghi della ceramica Le splendenti vetrate gotiche della cattedrale di Chartres
mo le scandole. Con il legno si poté costruire di tutto. Pensiamo solo alle navi, basilari nella civiltà umana, ma, restando nel settore fondamentale della civiltà umana, anche ai carri che, con le navi, aprirono l’uomo all’orizzonte immenso e centrale dei trasporti. Ma ritorniamo alla cottura, a questa interessantissima “gastronomia” delle costruzioni. L’uomo prese confidenza con il fuoco, non solo primitivamente aggiustando i fuochi naturali, intorno ai 125.000 anni fa, cioè circa 80.000 anni dopo la miracolosa, o quantomeno misteriosissima, apparizione dell’Homo sapiens. Da quella iniziale “domesticazione del fuoco” le fiamme furono usate per innumerevoli scopi, primo fra tutti la cottura dei cibi. Ma, come abbiamo visto, già dopo alcune decine di migliaia di anni, il fuoco fu impiegato, per la prima volta, per ottenere dei manufatti. Fu l’inizio di uno splendido cammino tecnologico. Pensiamo al bitume, che pare abbia costituito il primo legante (fango a parte) per costruzioni di già avanzata civiltà, come quella assirobabilonese. Le loro grandi costruzioni, pensiamo alle piramidi a gradoni, le ziggurat, erano costituite da mattoni di argilla non cotta, magari mischiata a paglia, spesso legati fra loro da un collante particolare e frequente in quei territori: il bitume. Anche il bitume, per essere usato, ha bisogno del fuoco.
Passiamo quindi all’altro immenso capitolo delle costruzioni, antiche e odierne: la pietra. Materiale pregiato per le difficoltà di estrazione e lavorazione, nonostante la facile reperibilità, la pietra fu impiegata per costruzioni di più alto rango rispetto al legno e all’argilla seccata o cotta. E ciò trascurando invece le civiltà mesopotamiche che ne fecero ampio e quasi esclusivo uso. La più antica costruzione in pietra, un probabile tempio, risale agli albori dell’epoca, appunto chiamata della pietra nuova, “Neolitica”, a 9.000 anni fa e siamo sempre nella nostra culla, il Medio Oriente, chiamato anche “Mezzaluna fertile”. Il trionfo della pietra nelle costruzioni si ebbe con la civiltà egizia, che possiamo fare iniziare intorno al quarto millennio a.C.. Esiste qualcosa, al mondo, di più straordinario delle piramidi d’Egitto, altari dell’orgoglio umano, degni di una sfida alla vita e ai cieli? Non seguiamo la via della pietra, ma, anche qui, vogliamo andare a parare nelle tecniche costruttive che videro la pietra, materiale poverissimo e diffusissimo, aggredito con il fuoco. Già, oltre l’argilla cotta, esiste anche la pietra cotta, e il risultato fu un materiale fondamentale per le costruzioni: la calce. Per almeno due millenni la calce fu il legante principe nelle costruzioni, per la sua straordinaria capacità di presentarsi, come malta di calce, allo stato fluido, per divenire poi, una volta seccata, dura come la roccia, come dimostra anche la sua formula chimica, che l’assimila totalmente al carbonato di calcio dei marmi. Si può immaginare un materiale più povero, dotato della fantastica caratteristica di poter essere usato come una crema collante e di divenire una roccia? Furono i romani a fare il passo ulteriore, sempre cuocendo qualcosa di povero e diffusissimo: il miscuglio di pietra e pozzolana. La pozzolana, ancora una volta, è una banale terra, di provenienza vulcanica. Cuocendo insieme pietra e pozzolana i romani ottennero la calce pozzolanica, sostanzialmente il primo cemento, che, per la prima volta nella storia, consentì di avere, non solo resistenze maggiori, ma anche l’indurimento subacqueo. Tutti sappiamo quanto importante sia nelle costruzioni il cemento. Dopo la prima invenzione romana, la conoscenza della calce pozzolanica si disperse, grazie al contributo delle civiltà emergenti, come quelle barbariche. Il miscuglio legante di cal-
Il gesso e gli stucchi: anche qui una pietra cotta Un elegante esempio di impiego del vetro in un’architettura
ce, pozzolana e sabbia costituì la malta grazie alla quale oggi abbiamo ancora in vita nientemeno che il Pantheon. Ma non finisce qui! Pensiamo al gesso. Anche per questo importantissimo materiale per le costruzioni, ma anche per la scultura e le decorazioni a stucco, è sufficiente cuocere alcune pietre, diverse da quelle per la calce, ma altrettanto facilmente reperibili. Il capitolo sterminato dei materiali poveri cotti, fondamentali nell’edilizia, continua. Pensiamo ai nostri progenitori, di 5.000 anni fa, che si trovarono, per caso, ad abbrustolire la sabbia che si trovava sul pavimento dei fuochi. Fra la cenere trovarono dei grumi di un materiale curioso, lucido, resistente, spesso trasparente: era il vetro. La capacità di produrre il vetro in forma evoluta, nonché di lavorarlo con abilità artigiana e artistica, risale però ai romani. Quante volte, nelle loro tombe troviamo fialette, ampolle, coppe, vasi in vetro? Naturalmente all’essenziale silicio, presente nella comune sabbia, furono nel tempo aggiunte altre sostanze, che migliorarono le qualità del prodotto, ma sempre siamo nel campo della cucina edilizia, con le sue cotture. Qui siamo alla sabbia cotta. Che ne sarebbe dell’edilizia, dell’architettura moderna, ma anche gotica, senza il vetro? Un po’ di sabbia e un po’ di soda cotte… Il fuoco è anche alla base dell’altro immenso capitolo dell’edilizia: il capitolo del ferro, dell’acciaio, dell’alluminio e di altri metalli, dal piombo all’ottone, dal bronzo allo stagno e al rame. Nel settore metallurgico il reperimento delle materie prime e le tecniche produttive sono decisamente più complessi, ma sempre al fuoco amico bisogna fare ricorso. Ritornando invece ai materiali poveri, dallo straordinario successo, incontriamo la ceramica e la porcellana. Anche qui si tratta di materiali poverissimi, però cotti. I rivestimenti decorativi della ceramica erano basati su polveri minerali e anche oggi si basano su sostanze che si fissano grazie al fuoco. Occorre sottolineare l’importanza della porcellana nella vita domestica e nell’edilizia? Siamo ancora nel campo di una banale terra, il caolino, cotta. E veniamo al cemento, materiale principe dell’edilizia contemporanea, divenuto centrale negli ultimi 170 anni. Ancora si tratta di cuocere materiali poveri, mescolandoli: argilla, calcare, gesso e altri additivi. Siamo ancora alla cottura di ingredienti poveri. Fu una modesta invenzione, di un muratore, che mise a punto il primo cemento moderno: il Portland, all’inizio
Il fuoco è alla base dell’altro dell’Ottocento. Erano 1.500 anni che nessuno sapeva più ricostruire la formula delimmenso capitolo dell’edilizia: la calce pozzolanica romana. Il cemento, il capitolo del ferro, dell’acciaio, da solo o nella sua formula del calcestruzdell’alluminio e di altri metalli, dal piombo all’ottone, dal bronzo allo stagno e al rame zo (basta anche qui aggiungere un po’ di banale ghiaia e sabbia) divenne sempre più importante, sino all’esplosione del successo quando, abbinato a barre di acciaio, diede luogo al cemento armato, che ebbe i suoi precursori a metà Ottocento. La base dei materiali da costruzione resta, da millenni di anni, in poche e povere sostanze naturali: la sabbia, l’argilla, la ghiaia, la pietra, il legno. E su tutte, incombe, come tramite essenziale, il fuoco, per il quale il legno, che ne va esente, però fu per millenni essenziale nella creazione della fiamma.