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il futuro dell’edilizia
Quale eredità?
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Angelo Luigi Camillo Ciribini Università degli Studi di Brescia
Il cosiddetto Superbonus 110%, che ha goduto, negli ultimi anni, di una vasta popolarità e che, addirittura, ha avuto, almeno nominalmente un ruolo preminente sia nelle motivazioni relative alla crisi del Governo Draghi sia nel dibattito relativo alla crescita del Prodotto interno lordo (Pil), appare attualmente quale fonte di notevoli preoccupazioni sul futuro del settore delle costruzioni e sulla sorte di molti proprietari immobiliari. Per certi versi, dunque, se fossimo nell’ambito della storia contemporanea, dovremmo invitare alla prudenza nei confronti di un evento la cui storicizzazione appare prematura, in quanto non sussisterebbe la necessaria distanza temporale. Il punto, tuttavia, è che non ci possa esimere dall’interrogarsi, almeno sotto il profilo della digitalizzazione, sui lasciti che la misura possa lasciare. Per prima cosa, occorre affermare che, in vista della rigenerazione urbana, la principale eredità del Superbonus 110% sia stata assolutamente mancata: vale a dire, la possibilità di infra-strutturare reti inter-professionali e inter-imprenditoriali eterogenee e integrate. La ragione per cui tale obiettivo non sia stato raggiunto è data dal fatto che tali tipologie di operatori siano intervenute nei processi inerenti al Superbonus 110%, e alle altre misure correlate, in stretta sequenza, senza che vi fosse una vera e propria sinergia, che permettesse di generare gerghi e prassi realmente condivise, gerghi e prassi allo stato odierno difficilmente traducibili e inter-operabili. Non a caso, nonostante la presenza di diverse piattaforme digitali, tra cui quella della Agenzia delle Entrate, quella dell’Enea e, infine, quelle delle società di consulenza che hanno affiancato i cessionari attivi nel mondo assicurativo e bancario, è risultato assente un ecosistema digitale che mettesse in relazione e a sistema questa molteplicità di attori e ne favorisse il dialogo con il mondo finanziario, nella prospettiva, appunto, ben più impegnativa dei singoli interventi abilitati dal Superbonus 110%, della rigenerazione urbana. Non per nulla, ancora una volta, la gestione informativa, supportata dalla modellazione informativa, ciò che appelliamo sinteticamente, in maniera riduttiva, come Bim (ovvero come Building information modeling) non abbia brillato per frequentazione, nemmeno in termini meramente strumentali. Se, tuttavia, il Superbonus 110% si è contraddistinto per il forte carattere analogico, tradizionale e tradizionalista, entro cui sono accadute tutte le ben note vicissitudini, è altresì vero che sia in atto, almeno entro certi segmenti del mercato professionale e, parzialmente, imprenditoriale, una forte normalizzazione dei processi digitali e digitalizzati, che tende a banalizzare i processi e a semplificare gli strumenti o, almeno, a renderne autoreferenziale persino l’uso più avanzato. A fronte, perciò, di una sostanziale convergenza, nel senso del riduzionismo dei risultati e del conservatorismo degli assetti, tra approcci analogici e approcci digitali nel settore della costruzione e dell’im-
mobiliare, si pone un interrogativo cruciale attinente alla potenzialità di una digitalizzazione declinata in termini di circolarità, di de-carbonizzazione, di sostenibilità, di riconfigurazione del comparto e delle corrispondenti catene di fornitura, oggi così sollecitate non solo dal punto di vista, critico, della logistica. Sotto questo profilo, la rigenerazione urbana, specialmente nei tratti dei modelli organizzativi, finanziari e contrattuali di tipo partenariale, implicherebbe, da un lato, un’adesione convinta, anche se forzata dagli istituti finanziari, a loro volta costretti dalla regolamentazione comunitaria, alla compliance, agli Esg (Environmental social governance) criteria, da parte delle filiere del settore della costruzione e dell’immobiliare e, da un altro canto, a una ricomposizione delle logiche e delle identità delle categorie professionali e imprenditoriali, al proprio interno non necessariamente coese. In materia, il Superbonus 110% ha mostrato, ad esempio, in taluni casi, a una differenziazione delle remunerazioni tra le professioni, tecniche o meno, nonché a conflitti e a contrapposizioni all’interno del versante dei produttori, dei rivenditori e dei costruttori e impiantisti. Questa constatazione potrebbe sembrare paradossale, allorché si potrebbe facilmente immaginare che il legato principale del Superbonus 110% possa consistere nella variegata e ampia gamma del contenzioso, ma l’eredità di cui si accenna riguarda l’interiorizzazione della cultura del dato, ben oltre del cosiddetto Bim, che consenta di riconfigurare implicitamente alcune questioni sensibili: da quella della dimensione degli operatori a quella della loro integrazione, questioni impraticabili se poste esplicitamente. Sarà credibile un anelito di questa natura? Di primo acchito, la risposta non potrebbe che essere negativa, ma il delicato equilibrio tra una crisi recessiva incombente per il settore, a seguito del Superbonus 110% e non solo, e le straordinarie potenzialità della rigenerazione urbana, e della sostituzione edilizia, ne imporrebbero la discussione. Ritorna, a questo proposito, il tema originario di queste breve riflessioni, vale a dire la mancata integrazione e ri-composizione (digitalmente supportate?) degli attori, che si accompagna alla constatazione che la rigenerazione urbana, ancor prima dei tratti giuridico-amministrativi ed economico-finanziari, che spiegano la necessità di parlare sempre più di Legal4Bim e di Finance4Bim, si incentra sulla ri-generazione sociale e sulla possibilità che i cespiti immobiliari veicolino i servizi alla persona e alla immaterialità, generatori della maggiore marginalità.