PAOLO KENGO ZERMANI KUMA>>DISEGNO SKIN
Quadrimestrale in Italia € 12,00 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB FIRENZE Albania all. 2.400,00 · Austria € 22,90 · Belgio € 18,90 · Francia € 21,90 · Principato di Monaco € 21,90 · Germania € 22,90 · Grecia € 19,50 · Portogallo € 17,90 · Spagna € 18,90 · Svizzera Chf 27,90 · Svizzera Canton Ticino Chf 26,90 · Gran Bretagna £ 19,20
RIVISTA DI ARCHITETTURE, CITTà E ARCHITETTI
Designers & Manufacturers of Classical Furniture
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settembre maggio agosto dicembre
2011
KENGO ZERMANI PAOLO KUMA > > DISEGNO SKIN
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e d i t r i c e
intervista a kengo kuma abdr architetti associati dorte mandrup arkitekter architectkidd arhis architekts aus pasini ranieri
coordinamento comitato scientifico Alessandro Melis redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Federica Capoduri coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese, inglese-italiano Pierpaolo Rapanà, Fabio Rosseti crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Federica Capoduri, Davide Ciaroni direzione e amministrazione via XX settembre, 100 - 50129 Firenze www.and-architettura.it redazione via XX settembre, 100 - 50129 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via XX settembre, 100 - 50129 Firenze tel. +39 055 582401 info@dnaeditrice.it comunicazione e pubblicità DNA Editrice via XX settembre, 100 - 50129 Firenze tel. +39 055 582401 comunicazione@and-architettura.it
2011 maggio settembre agosto dicembre
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PAOLO KENGO ZERMANI KUMA>>DISEGNO SKIN
direttore editoriale Paolo Di Nardo
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direttore responsabile Francesca Calonaci
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AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°22 settembre/dicembre, 2011
e d i t r i c e
intervista a kengo kuma abdr architetti associati dorte mandrup arkitekter architectkidd arhis architekts aus pasini ranieri
in copertina/cover Kengo Kuma & Associates, Baisoin Temple, Tokyo, 2003 © Peppe Maisto
22 sommario/summary Kengo Kuma > Skin
NATURALIZZAZIONE DELL'ARTIFICIALE, Intervista a K. Kuma
STONE MUSEUM
HIROSHIGE ANDO MUSEUM
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NTT Aoyama Building Renovation Project
PLASTIC HOUSE
BAISOIN TEMPLE
WAkETOKUyAMA restaurant
NASU history MUSEUM
XfafX, Alfonso Acocella
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SKIN, Paolo Di Nardo
ABDR, Stazione Tiburtina
ABDR, Nuovo Teatro dell’Opera
DORTE mandrup arkitekter, Community Centre
ARCHITECTKIDD, Hard Rock Cafe
ARCHITECTKIDD, Lightmos
arhis architekts, Observation Tower
AUS PASINI RANIERI, Impianto di Compostaggio Anaerobico
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young
AN[D]esign
Random [09]
AND young, Francesco Ursitti
AN[D]esign, Federica Capoduri
RANDOM, Diego Barbarelli
EDITORIALE, Paolo Di Nardo
EDITORIALE
Skin
AND COMICS, Giorgio Fratini
EDITORIALE
PAOLO DI NARDO
Questo numero, parlando di ‘pelle’ in architettura, non poteva che accogliere un maestro dell’architettura giapponese come Kengo Kuma. Raccontare il mondo Kuma è stata una scelta facile e immediata, proprio perché il numero indaga non solo sugli aspetti formali dell’involucro, bensì più a fondo sul senso e il significato di ‘doppio limite’, di nuovo spazio architettonico fra l’esterno e l’interno, come si trattasse di un nuovo luogo di transizione capace di divenire un ‘test perpetuo’ nella percezione contemporanea dello spazio. Kengo Kuma in questo senso rappresenta la cultura poetica e spirituale del ‘doppio involucro’, come dello spazio del ‘tra’. Tadao Ando, in un’intervista di molti anni fa, a proposito di questa naturale vocazione della cultura giapponese tesa verso la ricerca dell’immateriale, dà alla parola KAHAI la responsabilità di rappresentare il senso di questo atteggiamento poetico: «Per me bisogna sentire qualcosa come una premonizione, un presentimento. Nel caso di un muro, ad esempio, bisogna che le persone sentano che cosa c’è dietro quel muro. È ciò che in giapponese chiamiamo KAHAI, premonizione». Il mistero, come la certezza del ‘limite’, in Kengo Kuma trova la massima espressione del KAHAI. La premonizione in Kuma è il mistero, le aspettative che si creano una volta venuti a ‘conoscenza’ delle sue opere. In questo senso l’architettura di Kuma fa sempre dialogare, con linguaggi e composizioni diverse, il ‘vuoto’ con il ‘pieno’, come tra architettura e immaginazione. Ma è lo stesso Kengo Kuma che ci esprime il senso di questo dialogo attraverso metafo re poetiche; come nel suo intervento al Congresso internazionale di Architettura a Torino nel 2008: «Il vuoto ha in architettura la stessa importanza che ha il silenzio in musica». Questo modo di affrontare la creazione architettonica spiega molte delle sue opere proprio perché «l’architettura deve essere come una finestra verso qualcos’altro, sempre nel rispetto dei fenomeni naturali». Spero che questo numero di AND, grazie anche alla ricchezza narrativa di Luigi Alini, possa introdurre il lettore nell’ennesimo sforzo di ‘raccontare’ in profondità questa ‘finestra verso qualcos’altro’.
This issue of AND about ‘skin’ as an architectural element, could not find a better interpreter then the Japanese master of architecture Kengo Kuma. Telling about Kuma’s world was an easy and immediate choice because this number investigates goes beyond the formal aspects of the envelope trying to investigate more deeply the sense and the meaning of ‘double limit’, a new architectural space between the outside and the inside, a place of transition that may become a ‘perpetual testing’ in the perception of contemporary space. Kengo Kuma in this sense represents the poetic and spiritual culture of the "double envelope’ as a space ‘in between’. Tadao Ando, in an interview dating back to many years ago, about a vocation of the Japanese culture for the immaterial, gives to the word ‘KAHAI’ the responsibility to represent the sense of this poetic attitude: «To me it is necessary to feel something like a premonition, a foreboding. In the case of a wall, for example, people must feel what is behind that wall. This is what japanese call ‘Kahai’, premonition». The mystery, as the
certainty of the ‘limit’ find the ultimate expression of Kahai in Kengo Kuma. The premonition in Kuma coincides with mystery, with the expectations that are created once we get in touch with his works. In this sense, Kuma’s architecture, always creates dialogue, with different languages and with different compositions, between ‘void’ and ‘full’ and between architecture and imagination. It is the same Kengo Kuma, who shows us the meaning of this dialogue through poetic metaphors in his speech at the International Congress of Architecture in Turin in 2008 «emptiness in architecture has the same importance as silence in music». This approach to architectural creation is a key to many of his works because «architecture should be like a window to something else, always respecting natural phenomena». I hope that this issue of AND, also thanks to the narrative richness of Luigi Alini, can bring the reader to this ‘window to something else’.
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in apertura/opening page: Stone Museum, Kengo Kuma & Associates Nasu, Tochigi, Giappone/Japan (2000)
Naturalizzazione dell’artificiale Luigi Alini
intervista/interviews
Kengo Kuma
foto di/photos by Peppe Maisto Luigi Alini Quando hai deciso che saresti diventato un architetto? Kengo Kuma Da ragazzo, durante le Olimpiadi di Tokyo del 1964. Entrai nel Gymnasium progettato da Kenzo Tange nel parco di Yoyogi e rimasi entusiasmato dalla forma dell’edificio e dalla forza che emanava lo spazio interno: la luce del sole che lo attraversava lasciò in me una profonda impressione. Da allora non ho mai smesso di frequentare quel luogo, dove vado a nuotare assiduamente. LA Hai studiato dai padri gesuiti. Perché hai scelto quella scuola e che ricordo conservi di quel periodo? KK Mi piaceva il luogo dove sorgeva la scuola, un convento in montagna. Il ricordo più vivo che conservo di quel periodo è l’esperienza della meditazione, del silenzio. Quando sono arrivato nel convento di Kamishakujii per tre giorni ho osservato il silenzio, ho letto libri e camminato nel giardino. LA L’architettura era qualcosa che avvertivi essere parte della tua vita, è stato un lento avvicinamento o una rivelazione improvvisa? KK Sono cresciuto in una casa di legno, molto piccola, costruita da mio nonno prima della seconda Guerra Mondiale. Prima che ci andassimo ad abitare noi la casa era molto semplice, mio nonno la utilizzava nel fine settimana quando si dedicava alla cura del giardino. Quando ci siamo trasferiti con la famiglia è stato necessario ingrandirla, cosicché abbiamo discusso tutti insieme del progetto, delle soluzioni possibili. Ero piccolo ed ho proposto a mio padre diverse opinioni: avevamo posizioni discordanti io e mio padre. Attraverso questa discussione mi sono appassionato all’architettura e l’architettura è diventata una parte importante della mia vita. LA Hai studiato alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Tokyo, dove ti sei laureato. Durante il percorso degli studi, quali sono stati gli architetti ai quali guardavi con più interesse e quali le discipline che più ti affascinavano? KK All’Università di Tokyo il professore che ha influito molto sulla mia formazione è stato Shoya Uchida. è stato lui che mi ha sollecitato a studiare fino al dettaglio costruttivo gli edifici di legno della tradizione giapponese - Kigumi. In quegli anni quasi tutti i professori rivolgevano il loro interesse al modernismo di matrice occidentale, solo il prof. Uchida mi ha insegnato e fatto comprendere l’eccellenza e l’importanza dell’architettura tradizionale giapponese. LA Altri architetti che hanno inciso sulla tua formazione? KK Il prof. Hiroshi Hara dell’Università di Tokyo ha esercitato una grande influenza sulla mia formazione. Negli anni ’70, il lavoro e l’approccio proposto da Arata Isozaki ha avuto una notevole influenza sulla cultura architettonica giapponese. Il punto di vista sostenuto da Isozaki individuava nell’estetica del classicismo (Esthetic of classicism) un modello primario dell’architettura.
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in queste pagine/in these pages: Stone Museum, Kengo Kuma & Associates Nasu, Tochigi, Giappone/Japan (2000)
Nature by artefact I Luigi Alini When did you decide to become an architect? Kengo Kuma When I was a boy, during the 1964 To-
LA You graduated in Engineering at the University of Tokyo. During the studies who where the architects you looked at with more interest and which
kyo Olympic Games: I entered the Gymnasium designed by Kenzo Tange in the park of Yoyogi and I was thrilled by the shape of the building and by the strength of the interiors. I was deeply impressed by the sunlight piercing through the building. Since then I keep going there very often for swimming. LA You have studied from the Jesuit fathers. Why did you choose that school and what are your memories about that period? KK I liked the location of the school, a convent on the top of a mountain. The most vivid memory about that time is the experience of meditation, of silence. Once I entered the convent of Kamishakujii: I kept the silence for three days, I read books and walked in the garden. LA You felt that architecture belonged to your life, was it a progressive approach or a sudden revelation. KK I grew up in a very small house made of wood, built by my grandfather before World War II. Before we moved in the house was very simple, my grandfather used to go there during the weekends to take care of the garden. When my family moved there we had to expand it, so we discussed the project all together, considering the possible solutions. I was very young. I suggested different options to my father: we had different positions my father and I. Since that discussion I have grieved to architecture and architecture became an important part of my life.
were the disciplines that fascinated you the most. KK Shoya Uchida is the one that most influenced my philosophy amongst the professors of the University of Tokyo. It was him who encouraged me to study the Kigumi, wood buildings of the Japanese tradition, down to the constructive detail. In those years most of the teachers turned their interest to western modernism, only prof. Uchida has been able to teach and communicate the excellence and the importance of Japanese traditional architecture. LA Are there other architects who may have affected your education? KK Prof. Hiroshi Hara of the University of Tokyo has had a great influence on my training. During the Seventies Arata Isozaki’s approach had a major influence on the Japanese architectural culture. Isozaki found in the aesthetics of classicism a primary model for architecture. Prof. Hara, instead, proposed and encouraged a different approach based on Asian and African traditional architecture. Hara has tried to abandon a univocal vision of architecture as only based on western modernist principles. LA After the degree and the Master, how did you get organized for learning the profession? KK After the Master I have collaborated with some Japanese architects. The most interesting experience during those years was the building management on site: I experienced communication, interaction with craftsmen, I have learned and investigated
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an aspect of the character of the architecture, the construction, that up to then I had abstractly studied at school.
are all in this work. The way I used the bathtub comes from the Water/Glass project, the idea of using wood boards as ‘particles’ or ‘fragments’ on the flo-
LA After the studies conducted in Japan you have spent some time in the United States, at Columbia University, where you have studied the work of Frank Lloyd Wright. What do you remember of that part of your life? What ‘lesson’ you have drawn from the work of Wright? KK During my journey in the United States I have seen a lot of interesting architectures, above all the works of F.L. Wright. His work has deeply marked me. The deep connection between space and form, natural and artificial in his work is impressive. The most exciting thing i’ve seen is Falling Water. When i saw that work i thought i was very lucky for being an architect. LA In 1987, one year after returning from the United States you have founded your first office: Spatial Design Studio. The production of those years seems anchored to an academic matrix, tied up primarily to the extensive use of reinforced concrete, to a frozen geometry, massive, with a rhetorical figuration. Nevertheless, the Small Bathhouse project, contains some themes and possibilities that you have developed later on in your career. The Small Bathhouse was probably a passage, a braking point. That project holds the premises for your later work, from 1994 onwards. KK Small Bathhouse has been an important experience for me. My ‘defeating architecture’ ideas developed in the project for the Kiro-san Observatory
or, on walls and ceilings, is also the origin of some following projects where the main theme was the use of natural materials (The Ando Hiroshige Museum, The Stone Museum). The basic idea of this architecture was to design the house as a whole, the act of submerging the body in water was the inspiration.Thinking architecture as a place where materials and body communicate is the founding idea of all my works at the moment. LA The material is a fundamental aspect of your research. We could say that ‘materials’ are the generating element of composition. According to the way you use it, I reckon you have a particular sensitivity for material, as if you could ‘listen’, or ‘sense’ its potential. Nevertheless this ‘sensing’ of matter is governed by a very rigorous working method. KK It is important not to rely on images or drawings but to ‘listen’ to the sound of materials. Once you have the material in front of your eyes, many things are defined. In order to take decisions it is important to use the material of the place where the building is going to be built, if possible. Each time I design a new building my main goal is to unveil some features of that specific place. A place is the result of nature and time, of modifications resulting both from man and from nature. This is very crucial for me. Architecture is a tool i use to reveal places. I do this by working on the possible relationships between materials and light, essential components
in queste pagine/in these pages: Hiroshige Ando Museum, Kengo Kuma & Associates Tochigi, Giappone/Japan (2000)
Il prof. Hara, invece, ha proposto e sostenuto un diverso punto di vista sull’architettura, la cui radice è individuabile nella cultura architettonica della tradizione, quella di matrice asiatica e africana. Hara ha cercato di abbandonare una visione dell’architettura univocamente rivolta ai principi del modernismo di derivazione occidentale. LA Dopo la laurea e il Master come hai cominciato, come ti sei organizzato per ‘imparare il mestiere’ di architetto? KK Dopo il Master ho collaborato con alcuni architetti giapponesi. L’esperienza più interessante che ho condotto in quegli anni è stata la direzione lavori: ho fatto l’esperienza della comunicazione, dell’interazione con gli artigiani, ho imparato e indagato un aspetto del carattere dell’architettura, il fare, che fin a quel momento avevo studiato astrattamente a scuola. LA Dopo gli studi in Giappone hai trascorso un periodo negli Stati Uniti, alla Columbia University, dove hai condotto un approfondito studio sull’opera di Frank Lloyd Wright. Che ricordi hai di quel periodo? Quale ‘lezione’ hai ricavato dal lavoro di Wright? KK Durante il soggiorno negli Stati Uniti ho visto molte architetture interessanti, soprattutto le opere di F.L. Wright. La sua opera mi ha segnato. è impressionante la profonda connessione che esiste tra spazio e forma, tra natura e artificio nelle sue architetture. La cosa più emozionante che ho visto è Falling Water (Casa sulla cascata). Quando ho visto quest’opera ho pensato di essere veramente fortunato a fare questo ‘mestiere’, ad essere un architetto. LA Nel 1987, un anno dopo essere rientrato dagli Stati Uniti, hai fondato il tuo primo ufficio: Spatial Design Studio. La produzione di quegli anni sembra ancorata ad una matrice accademica, legata prevalentemente all’uso estensivo del cemento armato, ad una geometria bloccata, massiva, ad una figurazione volutamente retorica. Tuttavia, il progetto Small Bathhouse contiene in nuce temi e possibilità che hai successivamente percorso. Small Bathhouse penso rappresenti un momento di passaggio, un elemento di ‘rottura’. è come se quel progetto contenesse in sè le premesse per quanto è accaduto nel tuo lavoro dal 1994 in poi. KK Small Bathhouse è stata per me un’esperienza molto importante. La mia idea di ‘defeating architecture’, che si è precisata e consolidata col progetto del Kiro-san Observatory, è tutta contenuta in questo lavoro. La soluzione che ho utilizzato per la vasca da bagno ha la sua origine nel progetto della Water/Glass, l'idea di usare assi di legno in forma di ‘particella’ di ‘frammento’ sul pavimento, sul muro, sul soffitto è un principio che ha originato alcuni progetti successivi, dove il tema principale era l’uso di materiali naturali (Ando Hiroshige Museum, Stone Museum). L’idea di base di quest’architettura era disegnare la casa nell’insieme, mentre la motivazione era legata all’atto di immergere il corpo
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particolare del rapporto interno-esterno del Museo Ando Hiroshige/detail of Hiroshige Ando Museum Tochigi, Giappone/Japan (2000)
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in queste pagine/in these pages: NTT Aoyama Building, Kengo Kuma & Associates Tokyo, Giappone/Japan (2004)
nell’acqua. Pensare all’architettura come ad un luogo dove il materiale e il corpo comunicano è uno dei presupposti su cui fondo i miei lavori in questo momento. LA Il materiale è un dato fondamentale della tua ricerca. Potremmo dire che per te ‘la materia è l’elemento generatore del comporre’. Dal modo in cui la usi penso tu abbia una particolare sensibilità per la materia, è come se ne ‘ascoltassi’, ne intuissi le possibilità. Questo ‘sentimento’ della materia è tuttavia governato da un metodo di lavoro molto rigoroso. KK ‘Sentire’ il suono dei materiali, è importante per non fare affidamento su immagini o disegni. Quando hai il materiale di fronte ai tuoi occhi, molte cose sono definite. Se è possibile, per prendere decisioni è molto importante utilizzare il materiale del luogo dove l'edificio sarà costruito. Ogni volta che progetto un nuovo edificio Il mio scopo principale è ‘rivelare attraverso l’architettura quel luogo’. Il luogo è il risultato di natura e tempo, di quello che ha fatto la natura e di quello che ha fatto l’uomo. Questo è per me un concetto fondamentale. L’architettura è solo strumento attraverso il quale cerco di ‘rivelare’ alcuni caratteri di quel luogo. Lo faccio agendo sulle relazioni possibili tra materia e luce, componenti fondamentali dell’architettura giapponese tradizionale. Utilizzo la luce e i materiali naturali per trovare un nuovo genere di trasparenza. Ed è anche in questa ottica che sono leggibili progetti come Stone Museum, Plastic House, Hiroshige Ando Museum. LA Quando cominci a lavorare ad un progetto, quali sono i dati su cui ‘costruisci’ la proposta. Da dove parti e come sviluppi la commessa all’interno dello studio? KK Lavoriamo contestualmente su più proposte. Nella fase iniziale confrontiamo diversi possibili soluzioni allo stesso problema elaborate dai diversi membri del team. Le proposte sono sempre accompagnate da modelli di studio e in questa fase di evoluzione del lavoro apro una discussione all’interno del gruppo di lavoro sulle proposte avanzate. Il confronto più che sulle immagini possibili avviene a partire dai modelli, a partire da una soluzione ‘concreta’ che è di fronte ai tuoi occhi. I modelli sono per me molto importanti in fase di progettazione. Sono necessari modelli dei dettagli, con materiali specifici, anche in scala 1:1. In ufficio sono solo dei plastici, ma in cantiere servono a verificare l’effetto della luce, la materialità ecc. La relazione tra materialità dell’intorno e quella dell’edificio è la cosa più importante, ma anche la scala di un’architettura è altrettanto importante. LA Il metodo, come un’impalcatura, sostiene il nostro agire. Giulio Carlo Argan ha proposto questa definizione di progetto: «Progettare è come attraversare un bosco per uscire dal quale quel che conta è dare coerenza ai movimenti». Il bosco e la coerenza dei movimenti. Una metafora molto interessante: esplorare mondi sconosciuti e contemporaneamente ancorare il nostro agire ad un metodo... KK I metodi che uso di solito sono molto semplici. Ridurre in particelle, frammentare in elementi sottili e far ‘sparire l’architettura’, seppellirla nell’ambiente. Questi sono i principi che stanno alla base del mio lavoro e che richiedono poi una complessa riflessione ‘intorno’ al progetto. Le soluzioni spesso richiedono un tempo lungo di riflessione. Prima di tutto, il lavoro comincia con la ricerca di un materiale che può essere ridotto in particelle. Se possibile, io tento di scegliere sempre materiali che ‘appartengono’ a quel luogo dove l’architettura sarà costruita. La fusione tra il luogo dove l’architettura verrà costruita e l’edificio è il metodo principale della mia architettura. LA Le tue architetture sono intimamente connesse al luogo. Sembrano essere una emanazione, una estensione di quel luogo. Ho avuto il piacere di seguirti durante un sopralluogo ad un’area oggetto di concorso ed ho notato che la tua attenzione era catturata dalla natura, dalle sua ‘forza’ primordiale. In che modo un luogo, la rivelazione di quel luogo, diventa il tuo scopo nel progetto? KK La cosa più importante in architettura è la relazione tra l’edificio e il luogo. Io voglio generare un’architettura che renda il luogo dove l’edificio è situato ancora più interessante. LA La ‘trasformazione’ segnata dal Kyro-san Observatory penso si sia conclusa col Museo Hiroshige Ando, un’opera che a mio giudizio contiene le premesse per un’altra fase del tuo lavoro. Le opere realizzate nel decennio 1995 – 2005 sono segnate da un uso prevalente di materiali ‘naturali’. A partire dal 2005, in forma sempre più estesa, accanto all’uso di materiali ‘naturali’ hai cominciato a
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in queste pagine/in these pages: Plastic House, Kengo Kuma & Associates Tokyo, Giappone/Japan (2002)
in queste pagine/in these pages: Baisoin Temple, Kengo Kuma & Associates Tokyo, Giappone/Japan (2003)
of traditional Japanese architecture. I use light and
Hiroshige Ando Museum, a work that in my opin-
traditional materials to find a new kind of transparency. It is also in this perspective that you can read
ion contains the premises for another phase of your works. Buildings dated between 1995 and 2005
some projects as the Stone Museum, the Plastic House, the Hiroshige Ando Museum.
are marked by a prevailing use of ‘natural’ materials. From 2005 on, you started to experiment the
LA When you start to work on a project, on which
possibilities of synthesic materials. I refer to NTT
bases do you ‘build’ your proposal. How do you start and how do you develop the work in the of-
and particularly to the Oribe Tea House, a work where you use polycarbonate in such an unusual
fice? KK We work on several proposals at the same time
way. This pavilion seems to become animated, ‘to breathe’ due to the way it meets light. The subject,
with different members of the project team and then compare them. We also make study models
nuisance, its weaving pushes ours ‘imagination’ beyond traditional boundaries.
of these proposals. I don’t rely on images or draw-
KK In the first place, I don’t believe in the opposition
ings; I make a discussion referring to the models. Models are very important to me. Since there is
between natural and artificial materials. If oil was generated by a living thing buried underground, I
a real object in front of your eyes, the discussion does not turn to be conceptual. LA The method sustains our actions just like a
think that it is possible to consider it natural. However, I do like your definition: ‘naturalization of the artificial’. Perhaps, that's what i'm trying to do. My
scaffolding. Giulio Carlo Argan has proposed this definition of designing: «To plan is like walking
criterion when I choose materials is that they don’t threat the body’s nature. When the body is close
across a forest. To get out of it, what counts is to give coherence to the movements». The forest and the coherence of movements. A very interesting metaphor: explore unknown worlds and keep our actions anchored to a method... KK The methods I usually use are very simple. Reduce it to particles, fragmenting to thin elements and make architecture disappear, burying it in the landscape. These are the basic principles of my work and require a complex understanding of design. Solutions may require a long time. First of all work begins with finding a material which can be reduced to particles. If possible I try to use materials which belong to that specific place where architecture will be built. The fusion between the place and the building is the basic method of my architecture. LA Your architectures are deeply connected to the place. They appear to be an extension of that place. I’ve had the pleasure to follow you to a survey to a competition site and I noticed that you were focused on nature, on its primary force. How does a place, the unveiling of a place, become the scope of the project? KK The most important thing to me is the relationship between the building and the place. I want to generate architecture which can make a place even more interesting. LA The project Kyro-san Observatory opens a phase that we may consider concluded with the
to something strong and hard like concrete it feels threaten. That’s why I prefer ‘soft’ materials. Iron or steel with sharp edges that seems to hurt, or other materials that appear to be cold to your touch, they all threat the body in some way. Even wood when used as a mass of glued laminated timber threatens the body as concrete does. Depending on the way you cut the material, design the details, it can be gentle and comfortable for the body. LA You have declared you want to be a gardener of the XXI century: «Building means making people aware of the nature that surrounds them. My dream is to integrate architecture to the landscape». You invert the point of view. KK There is a basic difference between American and Japanese on this behalf: in the US landscape architects consider gardens as artworks but there is no relationship with architecture. In Japan, instead, the gardener is the designer of a garden including all elements included in the space of the garden, as well as architecture that becomes part of the garden itself. This point of view is my starting point after the Kyro-san Observatory. This is the same reason I would like to be a ‘panorama designer’. A designer of panoramas is a designer of forms and patterns. A gardener takes care of a more delicate work. For example: to cut the lower branch of a tree, to uniform the edges of the gravel in the garden. This type of work is very important and the quality of the space depends on it.
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in queste pagine/in these pages: Waketokuyama Restaurant, Kengo Kuma & Associates Tokyo, Giappone/Japan (2004)
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in queste pagine e nella pagina seguente/in these pages and the next page: Nasu History Museum, Kengo Kuma & Associates Nasu, Tochigi, Giappone/Japan (2000)
sperimentare le possibilità offerte dai materiali di sintesi, una sorta di ‘naturalizzazione dell’artificiale’. Penso a NTT e in particolare ad Oribe Tea House, un’opera dove utilizzi il policarbonato come materiale unico ed in maniera inusuale. Agendo sulla relazione tra materia e luce questo padiglione sembra animarsi, ‘respirare’. Luce e materia sono gli elementi di un sistema di relazioni molteplice, fatto di mille sfumature, in cui la materia, la sua grana, la sua tessitura, la sua ‘stupefacente ricchezza’ spinge la nostra ‘immaginazione’ ad andare ‘oltre’. KK Non credo nell’opposizione tra materiali naturali e materiali artificiali. Se il petrolio è il risultato della fossilizzazione di organismi viventi seppelliti, allora penso che è possibile considerarlo ‘cosa vivente’. Mi piace moltissimo l’accezione di naturalizzazione dell’artificiale che proponi. Forse è proprio quello che sto tentando di fare. Il mio criterio fondamentale che adotto quando scelgo i materiali è che non rappresentino una minaccia per la ‘natura’ del corpo. La materia agisce sulla fisicità corporea. Se utilizzi un materiale forte e duro come il calcestruzzo, i sensi, la percezione tattile del corpo a mio giudizio è come se fosse ‘minacciata’. Per questa ragione prediligo materiali ‘morbidi’ e porosi. Ferro o acciaio con orli acuti che sembrano fare male, o altri materiali che sembrano trasmettere una sensazione tattile di freddo quando li tocca ‘minacciano’ il corpo nello stesso modo. Anche il legno se utilizzato come massa di legname laminato e incollato minaccia il corpo. Non è solo una questione materica, ovviamente. Molto dipende anche dal modo in cui tagli il materiale, dalle soluzioni di dettaglio, che devono essere gentile e comodi per il corpo. LA Hai dichiarato di voler essere un giardiniere del XXI secolo: «Costruire per me significa fare in modo che le persone siano consapevoli della natura che li circonda. Il mio sogno è integrare l’architettura al paesaggio». Ribalti il punto di vista. KK La tua osservazione rinvia a quella più generale distinzione, a quella diversa posizione rispetto all’ambiente in base alla quale in America gli ‘architetti paesaggisti’ considerano i giardini come opere d’arte, ma non esiste nella loro progettazione una relazione fra il giardino e gli elementi architettonici. In Giappone, invece, il ‘giardiniere’ è colui che progetta il giardino e tutti gli elementi in esso presenti, incluse le architetture che entrano in tal modo a far parte del giardino stesso. Questa diversa matrice culturale è uno dei motivi per i quali ho cominciato, dopo l’esperienza del Kyro-san Observatory, a modificare il mio punto di vista sulla relazione tra architettura e ambiente. Ed è anche per questo motivo che mi piacerebbe essere un ‘disegnatore di panorama’. Un disegnatore di panorama è una persona che disegna forme e modelli. Un giardiniere si prende cura, svolge un lavoro più delicato. Per esempio: tagliare il ramo più basso di un albero, uniformare gli orli della ghiaia nel giardino. Questo tipo di lavoro è molto importante: la qualità dello spazio dipende da esso.
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Ferrara’s Faculty of Architecture
To Design Today
di/by Alfonso Acocella
FacoltĂ di Architettura di Ferrara
graphic design: Veronica Dal Buono
La Facoltà di Architettura di Ferrara compie nel 2011 vent’anni. Quattro lustri di vita istituzionale intensa lungo i quali si sono succedute, ma anche sovrapposte nel tempo, varie fasi: atto costitutivo e fondazione della Scuola, avvio delle attività formative e di ricerca, creazione di una comunità scientifica, sessioni di tesi con giovani laureati ferraresi che si sono progressivamente inseriti nel tessuto professionale del Paese, affermazione della Facoltà a livello nazionale (otto volte prima, negli ultimi dieci anni, nelle graduatorie di qualità CENSIS), celebrazione culturale del Decennale di fondazione, ampliamento degli spazi con il recupero di Palazzo Tassoni, varo del Corso di laurea in Disegno industriale. Con il 2011 – e qui siamo all’oggi – la Facoltà giunge al suo ventesimo anno di vita in un momento particolare per l’Università italiana con un progetto di trasformazione generale in atto e una forte riduzione delle risorse economiche statali disponibili per formazione, ricerca, progetti culturali. La riforma, insidiando le tradizionali componenti fondative e di governance dell’Università italiana, spinge il mondo accademico ad una ridefinizione del proprio ruolo, ad una riscrittura del concetto di autonomia, ad un ripensamento dei modi stessi di intendere formazione, ricerca, produzione e disseminazione di conoscenza. Tale processo rompe equilibri consolidati, spinge a discutere in via non pregiudiziale, sollecita ad accettare la sfida per superare le ristrettezze e le criticità indotte da una crisi economica più generale, indica l’opportunità di mettere in relazione dialogica e collaborativa l’interno con l’esterno dell’Università. Viene sottolineata la necessità di ricollegare l’Istituzione accademica a contesti, scopi, bisogni della società che si sono venuti modificando ed evolvendo recentemente a fronte di una Università sempre più statica ed autorefenziale. In questo nuovo quadro all’Università si chiede di offrire il proprio contributo mettendo a fattore comune ricerca, conoscenza, creatività, innovazione quali scenari di potenziale spinta alla crescita e allo sviluppo del Paese. La presunta inconciliabiltà fra cultura ed economia, fra università pubblica e imprese private – declinata stancamente fino ad oggi da parte di molte componenti del mondo accademico – appare sempre più risibile sul piano teorico ed insostenibile sul piano delle condizioni materiali in cui si trovano ad operare le strutture di formazione e di ricerca finanziate dallo Stato. Le Università, le Facoltà, i Dipartimenti le singole unità interne di ricerca sono poste di fronte alla necessità di delineare, in tempi brevi, strategie per diversificarsi, specializzarsi, sostenersi economicamente attraverso progetti istituzionali di fund raising legandosi in modo sinergico al mondo dell’economia e delle imprese, a quello delle Istituzioni e dei Centri di servizio. I poli universitari sono oramai spinti a ridefinirsi per diventare ‘attrattivi’ rispetto all’economia reale e proporsi non più come settore, comparti pubblici di sola spesa ma come strutture, asset immateriali di investimento in quanto fattori di sviluppo della conoscenza e dell’innovazione. Promuovere la ricerca e la cultura come leve competitive dell’economia significa operare una riconversione della visione interna dell’Università – simile a quella compiuta dal settore manifatturiero uscito dalla logica della fabbrica chiusa in se stessa per attrezzarsi rispetto alle logiche dinamiche e fluide dell’economia globalizzata – portandola progressivamente ad aprirsi rispetto al mondo civile e produttivo. Le Università che sapranno innovare puntando su aggiornati modelli di ricerca e formazione, sulla disseminazione delle acquisizioni culturali e scientifiche, su conoscenze avanzate ed interscambio continuo con il mondo vivo e mutante dell’economia reale riusciranno ad avere un futuro sostenibile contribuendo, allo stesso tempo, a generare sviluppo per il Paese. Solo se inscritto in questa visione di apertura verso interlocutori e partner esterni l’ipotesi di un evento culturale per celebrare il Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara può non apparire, ad una prima e subitanea valutazione, ‘fuori luogo’ o quantomeno ‘velletario’ visto il clima di crisi e di sfiducia che aleggia nel Paese e nel mondo universitario in particolare.
In 2011 the Ferrara Architecture Faculty celebrates the 20th anniversary since its foundation. Four lustrums of intense institutional life, which have seen a variety of phases, even overlapping at times: Certificate of Incorporation and Foundation of the School, the start of training and research activities; creation of a scientific community, thesis sessions with young graduates from Ferrara, who gradually made their way into the professional fabric of the country, the establishment of the Faculty at a national level (topping the CENSIS classifications eight times first in the last ten years), cultural celebration of the 10th Anniversary of the Foundation, expansion of the rooms with the renovation of the Tassoni Estense Palace, the launch of the Degree Course in Industrial Design. With the arrival of 2011 – and here we are today – the Faculty has reached its twentieth year of life at a special time for the Italian university with a general transformation project underway, and a severe reduction in the available economic resources for training, research, and cultural projects. The reform, holding on to the traditional foundation elements and governance of the Italian University, pushes the academic world redefine its own role, to rewrite the idea of autonomy, to rethink how training, research, production and spread of knowledge should be understood. This process breaks consolidated staples, it leads to unprejudiced discussion, it encourages the acceptance of the challenge to overcome the restrictions and criticalities brought about by a more general economic crisis, it points out the opportunity to harmonise the dialogue and collaboration relations inside and outside of the university. It is underlined the necessity of reconnecting the university institution to background, targets, needs of the society, which have been recently changing and evolving in view of an even more static and self-referential university. In this new framework the university is asked to provide its own contribution placing, as a common factor, research, knowledge, creativity, innovation, as scenarios of potential motivation towards the growth and the development of the country. The presumed divergence between culture and economy, between public university and private enterprises – wearily turned down until today by many components of the academic world – seems increasingly laughable from a theoretical standpoint and unsustainable in regards to the material conditions in which the structures for formation and research financed by the State are operating. The individual research units within Universities, Faculties, and Departments are faced with the need to set out strategies, in short term, in order to diversify, specialise, to support themselves economically through institutional fundraising projects, by getting involved synergically with the world of economy and enterprise, institutions and service Centres. At this stage the University poles are pushed to redefine themselves in order to become ‘attractive’ to the real economy and put themselves forward no longer as mere public expense departments, but as intangible investment assets in the form of knowledge and innovation development. Promoting research and culture as competitive levers of the economy means operating a reconversion of the in-house vision of the University – similar to that carried out in the manufacturing field, which has come out its closed factory logic to equip itself in regards to the dynamic and fluid logic of the global economy – causing it to gradually open itself in relation to the civil and productive world. The universities that will be able to innovate by focusing on updated research and training models, on spreading cultural and scientific learning, on advanced knowledge and continuous interchange with the vibrant and evolving world of real economy will succeed in securing a sustainable future, all the while contributing to generating development. The only way this hypothesis of a cultural event to celebrate twenty years of the Ferrara Architecture Faculty will not appear out of place or ‘over ambitious’ in this climate of recession and mistrust that lies over the country and the world of universities particularly, is if it is part of this vision of openness towards interlocutors and outside partners.
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pagina seguente/next page: Palazzo Tassoni Estense, Salone d’Onore
© Enrico Geminiani
L’idea di fondo per la celebrazione del Ventennale si lega all’organizzazione di una serie numerosa e significativa di eventi culturali di respiro internazionale distribuiti in un arco temporale di un anno: da maggio 2011 a giugno 2012. All’interno di tali manifestazioni si intende perseguire l’obiettivo di avvicinare e far dialogare le componenti creative dell’architettura, del design, della comunicazione, delle arti più in generale, con quelle accademiche, istituzionali, produttive. Il format di riferimento a cui si è guardato è quello dei festival culturali di approfondimento. È da almeno un decennio che in Italia si sono affermati festival organizzati in città di medie dimensioni caratterizzate dalla presenza di centri storici, di palazzi mirabili, di piazze e spazi in cui si respira l’aria d’Italia; luoghi capaci di accogliere piacevolmente un pubblico interessato alla fruizione di contenuti culturali eminentemente ‘live’, incentrati su focus tematici precisi e di attualità. Il pubblico affollato dei festival – figlio di quella cultura che l’istruzione di massa ha contribuito a ‘forgiare’ – è indubbiamente interessato all’approfondimento di temi e, allo stesso tempo, attratto dalla possibilità di trascorrere piacevolmente il proprio tempo libero ascoltando dal vivo studiosi, scrittori, cineasti, filosofi, architetti ecc. capaci di parlare con competenza e in forma coinvolgente; figure a cui è possibile rapportarsi anche per rivolgere una interlocuzione, per confrontarsi in forma diretta. Questi festival contemporanei sono ‘fondati’ generalmente su una unità di tema, di luogo, di tempo e i protagonisti assoluti di tali manifestazioni sono la parola e i concetti, legati alla reputazione e all’opera dei relatori presenti. Per il Ventennale – indicato sinteticamente mediante l’acronimo XfafX, in sillogismo ed evoluzione rispetto all’Xfaf, Decennale di fondazione della Facoltà svolto nel 2003 – ci siamo ispirati a tali manifestazioni. Permane nell’XfafX l’unità di tema [To design today] mentre si reinterpretano e adattano all’occasione specifica quelle di tempo e di luogo. Alla declinazione del tema centrale del festival (‘Design’) abbiamo assegnato un orizzonte vasto di esplorazione legando le possibili occasioni di approfondimento al significato che il termine inglese porta implicitamente con sè a seconda che lo si riguardi come sostantivo (‘intenzione’, ‘proposito’,
The basic idea for the celebration of the twentieth anniversary is linked to the organization of numerous and significant cultural events of international standing, spread across space of one year: from May 2011 to June 2012. The aim of these events is to approach the creative components of architecture, design, communication, arts in general, and have them converse with the academic, institutional, productive components.The reference format that has been considered is the one of the cultural development festivals. It has been at least a decade since festivals organised in mid-sized towns have found their place. These festivals are marked by the presence of historical centres, impressive palaces, squares and spaces, where one can breathe in the air of Italy: places that open their arms to a public interested in the use and enjoyment of outstanding ‘live’ cultural contents, focused on specific and current themes. The crowded public of the festivals – the child of the culture that mass-education contributed to ‘create’ – is undoubtedly interested in further investigation into themes, all the while being attracted by the possibility of enjoying some free time, listening to engaging and informed live talks by historians, writers, film-makers, philosophers, architects, etc., people who can also be drawn into direct conversion. These contemporary festivals are usually based on a unit of theme, place, time (the latter is increasingly concentrated in few days, as a result of the current economic crisis) and the absolute players of these events are word and concepts, clearly linked to the reputation and the work of the present speakers. For the 20th anniversary – concisely indicated through the acronym XfafX, following on from the Xfaf, 10th anniversary of the foundation of the Faculty that took place in 2003, – we drew our inspiration from those events. The theme unit [To design today] is still in place in the XfafX, the themes of time (through a schedule of events expanded throughout a whole year) and place (Ferrara, Tassoni Estense Palace, but also prediction of developing individual initiatives of the festival in other cities and spaces of the cultural, institutional or productive geography of the country) are reinterpreted and adapted to the specific occasion. We have assigned a wide horizon of exploration to the declination of the central theme of the festival (‘Design’), linking the potential declinations for
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Š Enrico Geminiani
pagina precedente/previous page: Palazzo Tassoni Estense, aula seminari
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‘piano’, ‘intento’, ‘figura’, ‘struttura di base’) o come verbo (‘architettare’, ‘simulare’, ‘ideare’, ‘abbozzare’, ‘organizzare’, ‘agire in modo strategico’). Design – quindi – come attività visionaria di ideazione, di creazione e di progetto calata all’interno delle tendenze della società fluida contemporanea. L’asse portante del festival è costituito da una serie numerosa di Conferenze tematiche, intese come rivisitazione attualizzata delle ‘Lectio magistralis’. Lezioni dotte ed eccezionali rispetto alla didattica universitaria ordinaria, riguardabili come momenti istituzionali rilevanti, occasioni di incontro e confronto della comunità accademica rispetto alle personalità di chiara fama interpreti del design discourse e al mondo esterno coinvolto nelle iniziative del Ventennale con ruoli di Patrocinanti, Sostenitori, Partner. L’idea di fondo è la rivalutazione della tradizione delle Lectio magistralis all’interno dell’istituzione universitaria – visto che lungamente ne è stata unica depositaria – invitando numerosi protagonisti internazionali e impegnandosi nell’innovare i format di presentazione, di svolgimento, e comunicazione-condivisione degli eventi stessi rispetto ai vari pubblici di riferimento. La declinazione del tema del festival To design today – scandito dallo svolgimento discontinuo e puntuale delle Lectio magistralis – sarà tenuto vivo ed arricchito, negli intervalli temporali fra una conferenza e l’altra, attraverso una serie di iniziative culturali di diversificato format: mostre, installazioni, workshop, seminari, premi, presentazioni di libri.
closer examinations to the meaning that the English word implicitly brings with it, whether you look at it as a substantive (‘intention’, ‘purpose’, ‘plan’, ‘aim’, ‘figure’, ‘basic structure’) or as a verb (‘to devise’, ‘to simulate’, ‘to imagine’, ‘to sketch’, ‘to organize’, ‘to act strategically’). Design, therefore, as a visionary creation activity and, generally, as a project within the trends of fluid contemporary society. The central and fundamental axis of the festival is formed by a numerous series of thematic Conferences, considered as an updated reworking of the ‘Lectio magistralis’. Erudite and exceptional lessons in relation to ordinary university didactics, seen as significant institutional moments, opportunities for meeting and discussion with the academic community in respect to the eminent personalities invited and the outside world involved in initiatives for the 20th Anniversary with roles of Sponsors, Supporters, Partners. The basic idea is to revaluate the Lectio magistralis tradition within the university institution – since it has been the only depositary, for a long time – inviting numerous international leading figures and committing to the innovation of the format of development, presentation and communication – sharing the events related to the different audiences of reference. The declination of the theme of the To Design Today festival – marked by the discontinuous and punctual development of the Lectio magistralis – will be lively and enriched during the intervals between one conference and the next, by means of a series of cultural initiatives with different formats: exhibitions, installations, workshops, seminars, awards, and book presentations.
Skin
di/by
Paolo Di Nardo 48
Il termine SKIN non può limitarsi al solo aspetto bidimensionale di finitura esterna architettonica, bensì deve ampliarsi semanticamente facendo quel salto dimensionale che porta la ‘pelle’ ad assumere in architettura un ruolo tridimensionale di spazio vero e proprio. Un nuovo spazio aggiuntivo fra la struttura o il tessuto connettivo di un edificio e lo spazio esterno assumendo in questo senso il ruolo di transizione fra l’architettura e la città e viceversa: un vero e proprio spazio semantico, uno spazio del ‘tra’, spazio quindi di passaggio, l’in between di Van Ejck. Roland Barthes in ‘Semiologia e Urbanistica’ intravede, nel tessuto della città, la presenza non di elementi uguali, ma di presenze forti e presenze neutre. Non vi può essere una via di mezzo nella lettura della città perché solo attraverso gli elementi forti esso può trasformarsi nel tempo «come dicono i linguisti, di elementi segnati e di elementi non segnati: è evidentissimo che una città possiede questa specie di ritmo» (Maciocco-Tagliagambe, La città possibile). Le architetture che adottano nella loro composizione la pelle come spazio tridimensionale sono senz’altro presenze ‘forti’. Senza prendere ad esempio architetture recenti e forse ormai sintesi esse stesse di istanze culturali sovrapposte, per dare il senso di ‘doppio involucro’, mi collego a quattro opere architettoniche diverse non solo cronologicamente, ma soprattutto formalmente e culturalmente, che però hanno un tratto comune che le lega: una diversa declinazione dello spazio ‘doppio involucro’. La Casa del Fascio di Terragni, la Biblioteca Exeter di Louis Kahn, il Centro Festival di Tadao Ando, la Fondazione Cartier di Jean Nouvel hanno, senza per questo voler dire eresie, un comune percorso caratterizzato da due aspetti nella definizione contemporanea di ‘limite’: la presenza di uno sdoppiamento dell’involucro esterno e contemporaneamente la capacità, anche se in epoche diverse e con finalità diverse, di riassumere in un solo edificio le problematiche di un’intera città e della sua storia. Il tratto comune di queste opere è sintetizzato da Armando Sichenze che intravede nel ‘doppio involucro’ quel rapporto fra il maximum delle mura della città e il minimum del recinto come se ogni singolo edificio riuscisse a condensare in sé le problematiche relative alla mancanza di un limite oggettivo e la contemporanea necessità di identificazione urbana. La ‘pelle’ non assume quindi più il ruolo di semplice rivestimento e questo nuovo ordine ‘struttura-involucro’ diventa il nuovo elemento fisico in cui si manifesta il limite dell’edificio e attraverso il quale, come in una sorta di radar del progetto, proietta all’esterno ogni elemento regolativo interno. The word SKIN cannot just be referred to the two-dimensional architectural exterior finish, it needs to expand semantically. It needs a dimensional shift that leads the ‘skin’ to assume a role in the three-dimensional architectural space. A new additional space between the structure, or the connective fabric of a building, and the exterior space assuming, in this sense, the role of transition between architecture and the city and vice versa: a truly significant space, a space ‘ in between’, a passage, the in between described by Van Ejck. Roland Barthes in ‘Semiology and Urbanism’ sees, in the fabric of the city, the presence of different elements, strong presences and neutral presences. There cannot be a middle ground in the reading of the city because only through strong elements it can transform in the time «as the linguists say, of marked and unmarked elements: it is very evident that a city has this kind of rhythm» (Maciocco-Tagliagambe, The possible city). Architectures that include among their compositional elements the skin as a three-dimensional space are indeed ‘strong’ presences. I will avoid using recent architectures as examples of the ‘double envelope’ since they themselves are synthesis of overlapping cultural issues. Instead, to give the sense of ‘double envelope’, I will refer to four different architectural works not only chronologically, but mainly formally and culturally, which nevertheless have something in common: a different variation of the ‘double envelope’. Terragni’s Casa del Fascio, Louis Kahn’s Exeter Library, the Festival Centre by Tadao Ando, Jean Nouvel’s Cartier Foundation have, without wanting to say heresies, a common path characterized by two aspects in the contemporary definition of ‘limit’: the presence of a splitting of the outer envelope and at the same time the capacity - given that times and purposes where different - to summarize in a single building, the issues of an entire city and of its history. The common feature of these works is summed up by Armando Sichenze who sees in the ‘double envelope’ the same relationship existing between the maximum of the city walls and the minimum of the fence, just as if every single building could condense in itselve the problems regarding the lack of an objective limit and the concurrent need of urban identification. The ‘skin’, more then a simple coating, assumes this new order of ‘structure-envelope’ and becomes the new physical element which manifests the limit of the building and through which, as a sort of radar of the project, communicates to the city all the inside patterns and regulating elements.
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Progettare a tutto volume ABDR Architetti Associati, Nuova Stazione Tiburtina, Roma
testo a cura di/text by Pierpaolo Rapanà foto di/photos by Studio Maggi/Moreno Maggi
Designing at full volume The construction of a new
L’edificazione di una nuova stazione ferroviaria ha un notevole impatto sulla struttura urbana di qual-
railway station has a great impact over the urban structure of any city since, unlike an airport or oth-
siasi città poiché a differenza di aeroporti o altre infrastrutture rappresenta un ‘porto’ nel cuore stesso della città. In Italia le stazioni sono sempre state considerate dei veri e propri monumenti, pertanto la
er infrastructures, it constitutes a port within the very heart of the city. In Italy stations have always
costruzione delle stazioni ha segnato le tappe della modernizzazione del paese. Le nuove stazioni in fase di progettazione per l’implementazione del trasporto su rotaia ad alta velocità sono dislocate nelle
been considered as authentic monuments there-
città secondo criteri diversi dal passato, spesso per riunificare parti delle città separate dalla ferrovia
for station construction has marked the stages in the modernization of the country. The new stations
per contribuire alla loro integrazione in una dimensione metropolitana. È il caso della nuova Stazione Tiburtina di Roma progettata dallo studio ABDR a seguito di un concorso
that are emerging due to the advent of high-speed rail transportation are being located in the cities
internazionale del 2002. Uno snodo metropolitano, regionale e internazionale prende la forma di una stazione-ponte tra i quartieri Pietralata e Nomentano, storicamente separati dai binari della ferrovia.
according to different criteria than in the past,
L’imponente blocco è un prisma di vetro di 240 metri sospeso a nove metri d’altezza sulla linea dei
often being designed to reunite parts of the city separated by the railway lines and to contribute to
binari esistenti, profondo cinquanta metri con un’altezza costante di 10,5 metri e diviso in otto volumi per servizi a viaggiatori e cittadini locali. Il layout è studiato per superare l’idea di stazione come sem-
their redevelopment and enhancement. This is indeed the case of the new Tiburtina Station
plice luogo di transito, anonimo ‘non luogo’, per diventare spazio d’aggregazione, dialogo e svago, per incarnare l’idea di vita comunitaria nonostante l’entità delle cifre: oltre 140.000 visitatori e passeggeri
in Rome designed by ABDR as a result of an international architecture competition dating in 2002. An international, regional and metropolitan node
al giorno, una superficie di circa 50.000 metri quadri, 20 binari per 400 km di linee ferroviarie interconnesse. Un investimento complessivo di circa 332 milioni di euro. La caratteristica più interessante di questa operazione tanto complessa è la sua duplice vocazione: un
designed as a bridge-station between two districts, Pietralata and Nomentano, which have been historically separated by the railway line. The huge block is a 240m long glass parallelepiped suspended at nine metres above the existing
luogo d’incontro e socialità alla scala interurbana unita ad un’infrastruttura metropolitana oltre ad un nodo vitale nei collegamenti nazionali ad alta velocità. Per quanto riguarda i materiali il progetto è basato sull’evanescenza di acciaio, alluminio, vetro, accostati a pannelli di cemento. Una combinazione di grande forza estetica in un design lineare. L’apertura è avvenuta il 28 novembre 2011.
prospetti nord e sud/north and south elevations in apertura: Atrio Pietralata, vista generale dall’esterno/opening page: Pietralata Hall, external general view
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50 m
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nome progetto/project name Nuova Stazione Alta Velocità di Roma Tiburtina/The New Tiburtina HighSpeed Rail Station in Rome progetto/design ABDR Architetti Associati committente/client Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. luogo/place Roma/Rome concorso/competition Concorso internazionale di progettazione, primo premio: ‘Il nodo Stazione Tiburtina. Una nuova centralità urbana’/International Competition, first prize: The New Tiburtina Highspeed Rail Station data progetto/design date 2002-2011 superficie area/area 92,5 ha www.abdr.it
planimetria generale
general site plan
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100 m
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sopra: Atrio Nomentano, ingresso ovest alla Stazione/above: Nomentano Hall, west entrance to the Station
rail tracks, measuring fifty meters in width at a constant height of 10.5m and divided into eight volumes for the services offered to travellers and local citizens. The layout is studied overcome the concept of station as a simple point of transtit, an anonymous ‘non-place’, to encourage aggregation, dialogue and leisure, in order to embody the very concept of community life in spite of its impressive numbers: over 140,000 visitors and passengers a day, more than 50,000 square metres of area, 20 platforms for 400 km of interconnected railway lines. An overall investment of around 332 million euros. The most interesting feature of this complex operation is in its double soul: a meeting point at a neighbourhood level and a metropolitan infrustructure as well as a vital node of the italian high-speed train system. Coming to materials the project is based on the evanescence of glass alluminium and iron next to concrete panels, a very strong aesthetic combination in a very linear design. The station officially opened on November 28th 2011.
in queste pagine: Galleria ponte/on these pages: Bridge Gallery nelle pagine seguenti: Atrio Nomentano, collegamenti verticali con la Galleria ponte on the next pages: Nomentano Hall, vertical circulation to the Bridge Gallery
sotto: l’accesso ai binari below: access to platforms
a fianco: vista generale on the side: general view sotto, a destra: i volumi sospesi below, right: hanging volumes
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Š Davide Ciaroni
ABDR Architetti Associati, Nuovo Teatro dell’Opera, Firenze
In the project for the new Teatro dell’Opera in
Nell’intervento per il nuovo Teatro dell’Opera di Firenze lo studio ABDR è chiamato a dare risposta a un
Florence, Paolo Desideri and his ABDR Studio are called to give an answer to a complex func-
programma funzionale e simbolico complesso, applicato a una parte della città, finora marginale. L’area lungo la linea di faglia che separa la Firenze verde da quella di pietra gioca infatti un delicato
tional and symbolic program, applied to a part of Florence that has been so far considered mar-
ruolo d’integrazione tra diverse parti della città a ridosso del centro storico. Il progetto si propone di aumentare la dotazione di spazio pubblico e operare un’efficace riconnessione con il parco delle Cascine
ginal. The area, placed along the borderline that
attraverso la realizzazione di un vasto sistema di aree aperte che a varie quote mette a sistema le nuove
separates the green part of the city from the stone one, plays a delicate role of integration between
volumetrie dei due auditorium e della cavea all’aperto con il polmone verde della città. Il sistema del palco artificiale costituito dalle coperture praticabili dell’edificio si raccorda a quello natu-
different parts of Florence lying next to the historic center.
rale delle Cascine attraverso un piano inclinato pedonale che a sudovest attraversa il fosso Macinante. L’insieme degli spazi e dei luoghi espressamente dedicati alla musica descrive un luogo di grande
The project intends to increase the allocation of
valore urbano e paesaggistico, un sistema di terrazze e di spazi aperti destinato a raccordarsi sul piano
public space and to reconnect the area to the Cascine Park through the creation of a vast sys-
urbanistico, architettonico e visivo con l’immediato intorno costruito e con l’intera città di Firenze. Alla scala del contesto locale il nuovo progetto è pensato per realizzare un ampio complesso culturale
tem of open areas on different levels, integrating the new massing of the two concert halls and of
di livello europeo, all’interno del quale sono inseriti i volumi imponenti degli auditorium e dei servizi connessi con le importanti preesistenze (Stazione Leopolda) sino a costituire una nuova centralità
the open air auditorium with the city’s green lung.
urbana dedicata alle attività culturali e musicali.
The artificial stage consisting in the practicable roof of the building is connected to the natural
Il principio architettonico è ispirato alla massima chiarezza: una sorta di ampio basamento, una zoccolatura inclinata dove sono inserite le due grandi sale da musica e l’enigmatico volume della torre delle
landscape of the Cascine Park through a pedestrian slope that crosses the Macinate ditch.
scene. Basamento, massività e stereometria insieme ai rimandi materici sono tutte scelte orientate a una piena integrazione nell’orizzonte sensibile del costruito fiorentino. Tuttavia il profilo dell’impianto
The set of spaces and places specifically dedicated to music defines a place of great value for its mix of urban and landscaping features creating a system of terraces and open spaces designed to link up to
s’impone sullo skyline senza timore reverenziale mettendo in crisi, insieme al nuovo palazzo di giustizia di recente costruzione, il sistema di landmarks cittadini e le relative mappe mentali dei cittadini. Sulla piazza dell’Auditorium si stagliano, perfettamente allineate, sette grandi vetrate che fuoriescono dal suolo. Il numero dei vetri è l’unico richiamo alla scala musicale. In ognuno di loro c’è una forma di
the entire city of Florence from the urban scale to the architectural and visual ones. At the scale of the local context the new project is designed to achieve a broad cultural complex, which includes the
colore che si libra nel vuoto. Si tratta di pigmento compresso, e si alternano tre colori: un’ocra limone, un rosso pozzuoli, una terra verde di Nicosia. Sono terre naturali, le stesse terre che usavano i maestri della tradizione per gli affreschi. La distanza tra ogni vetro è di due metri: il pubblico potrà passeggiare tra l’uno e l’altro, entrando nello spazio della scultura e in qualche modo facendone parte.
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prospetto nord-est/north-east elevation
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20 m
nome progetto/project name Nuovo Teatro dell’Opera progetto/design ABDR Architetti Associati committente/client SAC Società Appalti Costruzioni spa + IGIT spa progettazione strutturale/structural design ITALINGEGNERIA srl progettazione impiantistica/installations ENEC srl consulenza per l’acustica/acoustic consulting services MÜLLER - BBM. Ing. Jürgen Reinhold progettazione scenotecnica/design staging S.A.C. + IGIT + Biobyte luogo/place Firenze/Florence data progetto/design date 2008-2011 superficie dell’area/area 30.000 mq/sqm www.abdr.it
a
pianta foyer, ingresso platea foyer plan, entrance to the halls
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10 m
© Davide Ciaroni
Š Davide Ciaroni sopra e nella pagina precedente: cavea per 2400 spettatori/above and on the previous page: auditorium for 2400 spectators sotto: teatro lirico, galleria below: opera house, gallery
Š Marco Dolfi
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section aa/section aa
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20 m
Š Marco Dolfi
sotto: teatro lirico, platea below: opera house, stalls
Š Davide Ciaroni
foyer galleria teatro lirico foyer gallery opera house
volumes of the massive auditoriums, its services, and the important pre-existing Leopolda Station and forms a new urban center dedicated to cultural activities and music. The architectural principle is the maximum clarity, a sort of huge base, a sloping plinth housing the two large concert halls and the enigmatic volume of the tower for the scenes. Base, mass, and stereometry together with materials are all choices oriented to a successful integration in the sensitive horizon of the Florentine context. However, the profile clearly emerges on the skyline without awe, challenging, together with the new court house built recently, the system of landmarks and the local points of reference. On the piazza created next to the concert hall seven large windows protrude from the ground perfectly aligned. The number of windows is the only reminder of the musical scale. In each of them is a form of color that hovers in the air. Its a complex pigment with three alternate colors: lemon yellow, Pozzuoli red, Nicosia green. They are natural colors, the ones used by masters of the frescos’ tradition. The distance between each glass is two meters in order tpo let the public pass through, entering into the realm of sculpture and somehow becoming part of it.
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Š Davide Ciaroni
Cotto d’Este
Cotto d’Este
Cotto d’Este per la nuova casa del Maggio Fiorentino e la Stazione Tiburtina Cotto d’Este for the Home of the Maggio Fiorentino and the Tiburtina Railway Station
Per il Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze e la Stazione Tiburtina di Roma lo Studio ABDR ha scelto Cotto D’Este.
The ABDR Studio selected Cotto D’Este for the projects Nuovo Teatro dell’Opera, in Florence, and Tiburtina Station
In particolare per i rivestimenti esterni, l’anfiteatro e le
in Rome. Cotto d’Este has studied in collaboration with
pavimentazioni del Teatro dell’Opera, Cotto d’Este ha
the designers of the ABDR Studio, some ad hoc solutions,
studiato, in collaborazione con i progettisti dello studio ABDR di Roma, soluzioni ad hoc, in grado di rendere unica
especially for external cladding, for the floors and the amphitheater in the Teatro dell’Opera, in order to realize a
la struttura. Grazie alla tecnologia produttiva Cotto d’Este
unique piece of architecture. The Cotto d’Este production
che prevede direttamente in fase produttiva, un sistema di
technology provides directly during the production process
stampa e decorazione digitale HD unico al mondo, è stato possibile realizzare Kerlite versione Auditorium, un gres
of laminated stoneware, a unique printing system for HD digital decorations. Thanks to this technology Cotto d’Este
laminato leggero dal formato originario di 3metrix1x3mm
could create Kerlite Auditorium, a light laminated stoneware
di spessore e dalle caratteristiche tecniche ed estetiche eccezionali: inattaccabile dagli acidi, dagli agenti
with a basic format of 3 metersx1meter, 3mm thick, with exceptional technical and aesthetic characteristics: acid-
atmosferici, resistente, facile da posare, tagliare e forare.
resistant and weatherproof, resistant, easy to install, cut
Dopo una prima fase di ricerca nella quale sono state scelte
and drill. After an initial phase of research, during which
dallo studio le migliori lastre di marmo cipollino naturale,
the architects chose some of the best natural cipollino
sono state prodotte 28 lastre una diversa dall’altra, rinforzate con una fitta stuoia in fibra di vetro, tagliate nel
marble slabs, 28 Kerlite Auditorium slabs were produced after the natural marble texture so that each one was unique.
formato ‘su misura’ 50x150cmx3,5mm, conferendo così alla realizzazione un effetto perfettamente naturale e integrato con l’ambiente circostante.
The plates, cut in customized size such as the 50x150 cm 3,5 mm thick, were reinforced with a thick fiberglass mat. The effect of the ceramic coverings is perfectly natural
Le caratteristiche intrinseche di Kerlite lo rendono oggi il prodotto maggiormente ecocompatibile sul mercato
and blends into the surrounding environment. The intrinsic properties of Kerlite make it the most Eco-compatible
ed hanno permesso di ottenere un ridottissimo impatto ambientale e performance ineguagliabili da qualsiasi altro
product currently available on the market. Its environmental impact has been reduced to a minimum and its perform-
materiale lapideo naturale. Per la versione da pavimento in 14mm sono stati effettuati molteplici calchi da pietre bocciardate originali fino a conferire una forma strutturata al gres porcellanato di formato 40x100 cm spessore 1,4 cm. Per la nuova Stazione Tiburtina dell’Alta Velocità di Roma lo studio ABDR ha scelto la collezione in gres porcellanato Buxy Cendre, un prodotto dalle caratteristiche tecniche ed estetiche eccezionali realizzato con un processo produttivo unico: 1,4 cm di spessore, pressato 3 volte, cotto a 1230° per oltre 90 minuti, un processo produttivo che conferisce caratteristiche, prestazioni tecniche e caratteristiche estetiche superiori. In particolare per le pavimentazioni della nuova stazione sono stati impiegati oltre 40.000 mq di Buxy nel formato 30x60x1,4cm. La qualità tecnica ed estetica di BUXY dimostra la grande capacità di Cotto d'Este di produrre prodotti altamente innovativi, ottenuti tramite una precisa ricerca estetica e soprattutto tecnologica. Solo una grande struttura produttiva, può garantire un prodotto di qualità e affidabilità così elevate: un gres porcellanato a tutta massa che garantisce una bellezza ineguagliabile, durata nel tempo, facilità di manutenzione e pulizia.
ance cannot be equaled by any natural stone. The 14mm thick floor tiles, size 40x100cm, were made of porcelain stoneware casts of several bush-hammered natural stones that give them a structured pattern and natural texture. For the new high-speed Tiburtina Railway Station in Rome, ABDR Studio selected the porcelain stoneware collection Buxy Cendre. A product with exceptional technical and aesthetic characteristics made with a unique manufacturing process: 1.4 cm thick, pressed 3 times, fired at 1230°C degrees for 90 minutes, a manufacturing process that gives features, technical performance and superior aesthetic characteristics. In particular for the floors of the new station have been used more than 40,000 square meters in size 30x60x1,4cm Buxy tiles. The technical and aesthetic quality of BUXY shows the great ability of Cotto d’Este to produce highly innovative products, obtained through a precise aesthetic and, first of all, technological research. Only a large manufacturing facility, can guarantee a product of such high quality and reliability: a full body porcelain stoneware tile that provides unparalleled beauty, durability, ease of maintenance and cleaning.
www.cottodeste.it - www.kerlite.it
nome progetto/project name Community Centre progetto/design and process architects Dorte Mandrup Arkitekter ApS committente/client Freja Ejendomme A/S contractor chiavi in mano/turn key contractor N. H. Hansen og Søn A/S strutture/engineer, construction Jørgen Nielsen A/S impianti/engineer, electricity and plumbing Jens-Peter Madsen ApS sistemazioni esterne/landscape Svend Kierkegaard A/S luogo/address Robinievej 202, 2620 Albertslund fine lavori/completion June 2009 superficie realizzata/extent 408 mq/sqm superficie lotto/plot 875 mq/sqm www.dortemandrup.dk
Trasparenze Dorte Mandrup Arkitekter ApS, Community Centre Herstedlund
di/by Lapo Muratore foto di/photos by Adam Moerk
Il Community Centre Herstedlund rappresenta una struttura per attività collettive in una nuova zona residenziale che ospita circa 600 famiglie. è un centro culturale gestito dagli stessi utilizzatori che può essere vissuto da molteplici fruitori allo stesso tempo. Una rampa da skateboard si appoggia a una parete esterna mentre un’altra è attrezzata per l’arrampicata artificiale. La cucina del piano terra è connessa con l’area esterna per il barbecue e il pic-nic. In estate la cucina è il cuore degli eventi all’esterno; in inverno invece può essere utilizzata come una cucina di supporto per gli eventi privati che si svolgono nella zona, oltre a quelli che avvengono nell’edificio. Lo spazio Performance al primo piano dilata la sagoma dell’edificio aggiungendo al volume una gradonata per gli spettatori; la parete inclinata verso l’esterno enfatizza lo spazio scenico. Lo spazio polivalente al secondo piano è il più ampio e può funzionare indipendentemente dagli altri piani. La terrazza in copertura ha accesso diretto dalla scala principale e dall’ascensore. Qui si trova uno spazio racchiuso per giocare a palla. Le facciate cieche sono realizzate con pannelli sandwich autoportanti in acciaio. I pannelli vetrati sono realizzati con vetri termici con telai in alluminio/legno. Il rivestimento esterno è risolto con una combinazione di lastre in alluminio anodizzato microforato e pieno. Il progetto risponde alle specifiche Tier 2 Energy, e utilizza diversi sistemi eco-compatibili come i pannelli solari sulla copertura delle scale in combinazione con il riscaldamento del suolo o i sistemi di ventilazione differenziati.
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ACTIVITIES A polyfunctional rather than monofunctional commonhouse
sopra: spazio polivalente above: multipurpose space in apertura: facciata principale opening page: main faรงade
Transparencies Community Centre Herstedlund provides the framework for joint activities for a new residential area, housing approximately 600 families. It will be a local user-driven house of culture where it is possible for multiple independent users to use the building at the same time. A skateboard ramp climbs the wall on one side, mountaineering wall on the other and through a hatch in the wall the indoor kitchen is connected to an outdoor barbequing area and eating facilities. In summer time, the kitchen is the heart of outdoor events. In the winter the kitchen could also be used as a satellite kitchen for private events in the settlement in addition to events in the building. The Performance Space on the first floor extends the building's layout by adding a staircase for audience to the volume. The walls lean out and emphasize a stage floor. The multipurpose space on the second floor can function independently of the other floors and it is the largest common space in the building. The Roof terrace on the third floor has direct access from the main staircase and lift and contains a small enclosed court yard for ball playing. The closed faรงades are self-supporting sandwich elements in steel. Glass panels consist of energy glass with wood/alu-frames. External cladding is carried out in a combination of solid or perforated anodized aluminium plates. The project meets the Tier 2 Energy and has several environmental initiatives included solar panels on top of the staircases in combination with soil heating and differential ventilation principles, for examples.
sezione trasversale/cross section
0
5m
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Pelle bianca/Pelle nera ARCHITECTKIDD, Bangkok
di/by
Fabio Rosseti
White Skin/Black Skin Many of Bangkok’s build-
Molti degli edifici di Bangkok in genere nascono come costruzioni in cemento a cui i proprietari, suc-
ings usually begin as concrete constructions, but owners would later add secondary layers over ex-
cessivamente, aggiungono degli strati secondari sulle facciate esistenti per proteggersi dal sole e dal caldo. Spesso usano dei materiali metallici leggeri ritagliati in pannelli e pezzi vari per creare un dise-
isting surfaces in order to block out heat and sun. Often the owners would use lightweight metal ma-
gno generale. Due recenti progetti dello studio Architectkidd di Bangkok riguardano la ristrutturazione di due tipiche shophouse della città, tipici edifici del sud-est asiatico con spazi commerciali al piano
terials and cut them into panels or pieces to create
terra e residenziali ai piani superiori, spesso con un portico sulla strada.
an overall pattern. Two of Architectkidd’s recent projects involved renovations of the tipical Bang-
Hard Rock Cafe
kok shophouse structure (shophouses consist of shops on the ground floor, opened up to a public
Il ristorante esistente è nel quartiere di Siam Square a Bangkok. Pur considerato una zona della città molto alla moda e di tendenza, la maggior parte dei nuovi interventi, in particolare gli spazi commer-
arcade, and residential accommodation upstairs. Commonly seen in Southeast Asia urban areas).
ciali, sono trasformazioni delle modeste shophouse di quattro piani esistenti. Il disegno diagonale delle facciate originali ha ispirato quelle di progetto. Mentre nel progetto Lightmos la facciata era realizzata ritagliando lo strato più esterno, per la facciata dell’Hard Rock si è proceduto per addizione,
Hard Rock Cafe The existing restaurant is located in the Siam
aggiungendo dei singoli pannelli per riempire l’area della facciata. Rimuovendo aree del precedente rivestimento e della sua struttura, è stato ricavato uno spazio di 2 metri fra l’edificio esistente e la linea
Square district of Bangkok. While considered a fashionable and trend-setting part of the city, most of the new developments such as the retail shops
di confine. La nuova struttura occupa questo spazio e la nuova facciata consiste in una parete ondulata realizzata da centinaia di piccoli pannelli in fibrocemento, neri, tenuti in posizione da un leggero telaio. La curvatura del telaio di supporto fa sì che la facciata appaia diversa a seconda del punto di
evolved from modest four-storey shophouses. The original diagonal pattern of the façades informed the direction of the new façade for the project. Whereas in the Lightmos project the façade was produced from cutting out the exterior layer, for the Hard Rock façade, an additive approach was taken whereby individual panels were aggregated to fill in the façade area. By strategically removing areas of the former cladding and structure, a twometer wide space between the existing building and the property line was created. The new construction occupies this volume and the new façade consists of an undulating wall of hundreds of small black fiber cement panels, held in place by narrow horizontal and vertical trusses. The curvature of the supporting trusses results in an effect such that the façade appears different depending on where the viewer stands. At times the new façade reveals the concrete surface of the existing shop house, allowing views of the surface underneath, while at others angles the overall elevation appears as a solid black wall.
vista. A volte la nuova facciata mostra la superficie in cemento dell’edificio esistente mentre ad altre angolazioni appare come una nera e solida parete.
Hard Rock Cafe, particolare della facciata/detail of the façade
Lightmos Per la facciata dello showroom Lightmos, l’obiettivo del progetto era creare una nuova pelle dell’edificio per bloccare la trasmissione diretta del calore e della luce esterna, pur mantenendo una certa permeabilità. Dopo aver definito la destinazione e gli spazi interni del progetto, che consistono in uffici e gallerie commerciali, i progettisti si sono concentrati sulla facciata esterna sperimentando materiali e tecniche costruttive e realizzando delle simulazioni d’illuminazione, plastici e modelli a scala reale. Per la facciata fu selezionato come materiale l’alluminio composito, bianco, che risultava essere più economico comparato ad altri materiali, oltre ad essere facilmente lavorabile. Da un lato può essere tagliato con precisione, dall’altro è un materiale facile e i costruttori sanno già come lavorarlo, cosa questa che diventa molto importante nella fase d’installazione. La nuova pelle bianca, esterna, dell’edifico è progettata per fermare il caldo e il sole. Allo stesso tempo però la facciata possiede delle doti di trasparenza che permettono alla luce naturale di filtrare dall’esterno, riflettendosi sulla facciata e invadendo gli spazi interni, creando un effetto luminoso.
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vista della facciata/view of the faรงade sotto/below: interno/interior
nome progetto/project name Hard Rock Cafè architetto/architect Architectkidd proprietà/owner Hotel Properties Limited team di progetto/project team Luke Yeung, Vichayuth Meenaphant, Jariyawadee Lekawatana, Tammarat Rodpul, Manassak Senachak, Peerawin Sawattanawanit ingegnere/engineer Montree Sayabovorn progetto luci/lighting design Nopporn Sakulwigitsinthu facciata/façade fabricator Times Enterprise interni/interior design Prinda Puranananda luogo/site Soi 1 Siam Square superficie realizzata/building area 550 mq/sqm realizzazione/completion date 2011 destinazione/program ristorante e negozio/restaurant and retail www.architectkidd.com
schema della composizione della facciata composing façade schema
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nome progetto/project name Lightmos Showroom architetto/architect Architectkidd proprietà/owner Lightmos team di progetto/project team Luke Yeung, Jariyawadee Lekawatana, Pailin Paijitsattaya, Tammarat Rodpul, Artith Chotitayangkoon, Pisit Jindapatanakul ingegnere/engineer Boonsaeng Siriratchuwong progetto luci/lighting design Nopporn Sakulwigitsinthu facciata/façade fabricator Thaipat Ponkittiphan luogo/site Soi Thonglor 55 Sukhumvit superficie lotto/site area 170 mq/sqm superficie realizzata/building area 630 mq/sqm realizzazione/completion date 2009 destinazione/program Showroom, Uffici/Offices www.architectkidd.com
assonometria esplosa del progetto design exploded axonometry
Lightmos For the façade of the Lightmos showroom, the design objective was to create a new building layer to block the direct transmission of heat and outside light, while maintaining permeable qualities. After developing the program and interior spaces of the project, which consisted of retail galleries and office spaces, the architects began to focus on the exterior façade and experiment with building materials and techniques. They conducted a series of design experiments that included lighting simulations, models and full scale mockups. The selected façade material was white aluminum composite, which was inexpensive compared to other materials, and very workable. On the one hand, it can be cut by precise techniques. At the same time, it is also a very tolerant material and contractors already knew how to work with it, which became very important during the installation process. The new white building exterior is designed to block out the heat and sun. At the same time, the façade possesses permeable qualities by letting daylight filter from the outside, reflect off the facade and ‘spill’ into the interior spaces, creating a luminous effect.
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Vertigine ARHIS Architekts, Observation Tower, Jurmala
di/by Fabio Rosseti foto di/photos by Arnis Kleinbergs
A seguito delle decisioni della Città di Jurmala, il progetto della torre di osservazione per il Ragakapa Park fu spostato, nel 2004/2005, in una nuova collocazione e successivamente realizzato nel 2010. Considerato che i luoghi erano diversi, furono apportate alcune modifiche sia nel colore che nelle dimensioni. Lo spostamento della torre dalla cima di una collina con pini sparsi ad una pianura boscosa richiese un aumento dell’altezza fino a 33,5m da terra, che con l’antenna degli operatori di telefonia cellulare arrivano ai 38m. Il resto del progetto è rimasto invariato, una torre a parallelepipedo, semplice e leggera, con una struttura metallica rivestita di elementi di legno incollati. Un’ampia e confortevole scala metallica si avvolge attorno al nucleo strutturale centrale e conduce a una piattaforma asimmetrica e in aggetto posta in sommità. Lungo la salita, 12 balconate permettono di riposare e godersi la vista, apprezzando l’isolamento del luogo e la natura circostante con un punto di vista inusuale. L’idea strutturale definisce la forma e l’aspetto della torre; sobria, quadrata, snella. La trasparenza è voluta e nasce dall’idea progettuale di leggerezza. In questo caso il rivestimento con una griglia di elementi di legno permette alla torre di essere una presenza discreta e di minimizzare il proprio impatto sulla natura circostante mimetizzandosi in mezzo alla foresta. Anche i pavimenti dei balconi e delle scale sono trasparenti, realizzati con un grigliato metallico che aumenta la sensazione di essere in un luogo aperto oltre ad aggiungere un elemento di emozione per i visitatori che salgono avendo la sensazione di essere sospesi nel vuoto. Vertigo Following the City of Jurmala’s decision, the designed observation tower for the Ragakapa Park in 2004/2005 was moved to a new location – the Dzintaru Mezaparks – and built in the year 2010. Taking into consideration the differences between the two locations, some changes in colors and dimensions were necessary. Moving the tower from a hilltop, a location with common pines, to a forest flat land demanded an increase in height, which after the re-design, jumped up to 33.5 meters from ground level. Including the cellular operator antenna, the tower’s total height is 38 meters. The rest remained as it was designed. A light, simple parallelepiped tower with a metal structure clad with glued wooden elements. The wide metal staircase, quite comfortable, whirls around the squared structural core and takes visitors to an asymmetric overhanging platform at the very top. Along the way, 12 balconies allow the visitors to rest and to enjoy the view feeling the loneliness of the place and watching nature from an unusual point of view. The structural concept defined the tower’s visual appearance – a basic, quadrilateral and elongated tower. The wanted transparency of the tower is achieved by designing it light. The outer skin, made by a framework of wooden elements cladding the metal structure, let the tower maintain a delicate presence and camouflage in the forest, minimally imposing on the natural surroundings. Also the floors are transparent: Industrial metal grids maintain the feeling of being in an outdoor space and let the people experience a vertigo inducing look ascending to the top.
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5m
prospetto laterale/side view
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nome progetto/project name Observation Tower progetto/design ARHIS Architekts architetto/architect Arnis Kleinbergs team di progetto/project team Ieva Stale, Andrejs Gorodnicijs ingegnere strutturale/structural engineer Grigorijs Kameneckis committente/client Jurmala City Council luogo/location Jurmala, Lettonia/Latvia anno di progetto/project year 2004-2005 realizzazione/completion 2009-2010 www.arhis.lv
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pagina precedente: i balconi e la terrazza in copertura/previous page: balconies and the roof platform
A maglie composte AUS Pasini Ranieri, Impianto di Compostaggio Anaerobico, Cesena
testo a cura di/text by
Federica Capoduri
Anaerobic Composting Plant This innovative com-
L’intervento, progettato dallo studio italiano Architecture/Urbanism Service di Roberto Pasini e Andrea
posting plant – designed by Architecture/Urbanism Service directed by Roberto Pasini and
Ranieri, consiste in un innovativo impianto di compostaggio immerso nel verde della valle appenninica del Rio Busca. Il processo di fermentazione anaerobica ricicla il rifiuto organico in compost, fertilizzante
Andrea Ranieri – is plunged into the greenery of the Apennine valley of Rio Busca. Its anaero-
naturale per scopi agricoli e giardinaggio, e utilizza i biogas residui per la produzione di energia elettrica soddisfacendo il 10% del fabbisogno residenziale della città di Cesena. L’impatto paesaggistico del
bic fermentation process is deviced to recycle
complesso, con una superficie costruita di circa 10.000m2 distribuita su un’area di circa 20.000m2,
organic refuse into compost, a natural fertilizer for agricultural and gardening purposes, and uti-
è mitigato verso valle da tre fronti schermanti distinti che avviluppano i numerosi volumi tecnici eterogenei: un’alta siepe di photinia che disegna un cerchio vegetale attorno alle cabine di controllo
lize the residual biogas for electricity production. The plant supplies the city of Cesena for up to
esterne, uno sperone angolare rivestito per tutta l’altezza in fitte doghe di larice che racchiude le aree di conferimento dei materiali cellulosi, una facciata con pannellature in maglia di alluminio stirata a
10% of its residential requirements. Looking up from downhill, the environmental impact of the
modulo variato alta 10m che corre per una lunghezza complessiva di 180m raccordando i fronti sud
complex, with a built surface of about 10.000m2 scattered on an area of about 20.000m2, is buffered by three distinct screening elements enveloping several diverse technical volumes: a high hedge of Photinia drawing a green circle around external control boxes, an angular buttress clad with close larch louvers up to the top containing the cellulosic stocks storages, a 10m high semitransparent curtain in stretched aluminum panes of varying module running all along the south and west fronts for a total length of 180m, intended to dissolve the masses of the main processing buildings. The entrance to the office area and to the didactical precincts is located on the curved joint between the two fronts with an ironic zoomorphic corner solution with oculi symmetrically disposed on both sides of the deep vertical passage. In the next years, the rambling Wisterias planted along the south front will climb the metal frames contributing to dissimulate the built cubages amid the foliage of Robinias in the valley.
pagina precedente: ingresso previous page: entrance in questa pagina: concept di progetto in this page: design concept
e ovest, con lo scopo di dissolvere la massa dei volumi principali di lavorazione. L’ingresso all’area direzionale e alle sale didattiche è localizzata sul raccordo curvo tra i due fronti con una soluzione d’angolo ironicamente zoomorfa con oculi simmetrici rispetto al profondo varco verticale. I glicini rampicanti piantumati lungo tutto il fronte sud scaleranno nel giro di alcuni anni la maglia schermante contribuendo a dissimulare la presenza dei volumi edificati tra il fogliame delle robinie della valle.
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nome progetto/project name Impianto di Compostaggio Anaerobico/Anaerobic Composting Plant progetto architettonico e coordinamento valutazione impatto ambientale/architectural design and environmental impact assessment coordination AUS Pasini Ranieri (Roberto Pasini, Andrea Ranieri) collaboratori/collaborators Chiara Canali, Martina D’Alessandro, Alice D’Andrea, Alice Ranieri, Sara Vespignani ingegneria di processo/process engineer Enrico Piraccini studio di impatto ambientale/environmental impact statement AUS Pasini Ranieri, Enrico Piraccini, Marco Francia, Francesco Polini, Saverio Benvenuti, Camilla Simonetto, Camilla Bacchiocchi
strutture/structural design Angelo Farneti, Marco Francia opere elettro-meccaniche/electro-mechanical works Studio Associato Giorgini Zanuccoli gestore/management Romagna Compost srl impresa costruttrice/general contractor BEKON Holding AG, UnterfĂśhring (D) luogo/place Tessello, Cesena (FC) data progetto/design date 2007-2008 inizio lavori/start on site date 2008 fine lavori/completion 2010 superficie area/land area 18.970 mq/sqm superficie utile/floor area 9.430 mq/sqm www.a-u-s.it
sopra/above: sperone angolare di contegno dei conferimenti, in costruzione/stocks containment angular buttress, under construction a destra, in confronto: rivestimento in doghe di larice/on the right, compared to the image above: larch louvers cladding sotto: vista totale della facciata metallica below: overall view of the metal courtain
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2A+P/A
2A+P/A via di Monte del Gallo, 26
a cura di/edited by Francesco Ursitti
young
00165 - Roma, Italia tel. +39 06 64400145
2A+P/A è uno studio associato di architettura con base a Roma, fondato da Gianfranco Bombaci e Matteo Costanzo. Lo studio si occupa di architettura, urbanistica e paesaggio, sviluppando progetti di edifici pubblici, abitazioni e spazi urbani con l’obiettivo di attivare una riflessione sul valore della ricerca architettonica e urbanistica nei confronti della società. Un impegno che nasce dalla consapevolezza di un ritorno ai fondamenti etici e collettivi, per proporre visioni sul futuro degli spazi urbani contemporanei – calzante esempio il progetto Bosco d'Arte. Ad aprile hanno inaugurato una scuola elementare ad Herat, in Afghanistan, promossa dalla fondazione Maria Grazia Cutuli, in collaborazione con Mario Cutuli, ma0 e IaN+. Il progetto è stato esposto al Netherland Architecture Institute all’interno della mostra Testify! The consequences of architecture. Hanno recentemente realizzato per il Festarch Lab a Terni, l’installazione urbana temporanea The Ring, uno spazio dedicato agli incontri della manifestazione, concepito per diventare un dispositivo disponibile ad un uso pubblico da parte dei cittadini. Parte della loro ricerca si concentra sul tema dell’housing sociale: nel 2010 hanno ricevuto una menzione d’onore al concorso AAA Architetti cercasi, per la realizzazione di un complesso residenziale a Milano, e vinto il primo premio al concorso per la formazione del masterplan residenziale dell’area di via Vallenari a Mestre.
www.2ap.it office@2ap.it
2A+P/A is a group practice of architecture based in Rome, founded by Gianfranco Bombaci and Matteo Costanzo. The practice deals with architecture, urban planning and landscaping, developing projects of public buildings, housing and urban spaces with the aim of provoking a wide discussion on the role of urban and architectural research for our society. This commitment arises from the awareness of a return of the fundamental ethical and collective values, and offers new visions on the future of contemporary urban spaces – the Art Forest Project is a good example. In April, they opened a school in Herat, Afghanistan, sponsored by the Maria Grazia Cutuli foundation, in collaboration with Mario Cutuli, ma0 and IaN+. The project was exhibited at the Netherland Architecture Institute as part of an exhibition titled Testify! The Consequences of architecture. They recently finished a temporary urban installation at the Festarch Lab in Terni: The Ring, a space dedicated to the meetings of the event, a device designed to be available for public use by citizens. Part of their research is focused on social housing: in 2010 they received an honorable mention for the construction of a residential complex in Milan for the AAA Architects wanted competition, and won the first prize in the competition for the masterplan of the residential area of Via Vallenari in Mestre.
Bosco d'Arte/Art Forest Art Museum, Maribor con/with Andrea Branzi
© Festarch Lab
© Roberto Bertolle
© Roberto Bertolle
The Ring, Installazione/Installation, Festarch Lab, Terni
© Giovanna Silva
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Scuola/School, Herat con/with Mario Cutuli, ma0, IaN+
nome progetto/project name Annika progetto/design Creativeans_Khairul Hussin committente/client autoproduzione/self-production data progetto/design date 2011 www.creativeans.com
nome progetto/project name Re+ progetto/design Di.Segno_Stefano Giovacchini committente/client Mariplast data progetto/design date 2009-2011 www.repiu.it
AN[D]esign
a cura di/edited by Federica Capoduri
nome progetto/project name Digga progetto/design Creativeans_Khairul Hussin committente/client autoproduzione/self-production data progetto/design date 2011 www.creativeans.com
The innovation of the hanging lamps Digga and Annika – both designed by designer Khairul
La novità delle lampade a sospensione Digga e Annika – entrambe progettate dal designer Khairul Hussin del gruppo Creativeans, che ha sede a Singapore e Milano –, sta nel fatto che sono nate
Hussin of the Creativeans group, which is based in Singapore and Milan –, consists in the fact that they were inspired by traditional aviaries, using the structure as the main body and wrapping
ispirandosi alle tradizionali voliere, usandone la struttura come corpo principale e avvolgendole da un particolare tessuto, morbido e colorato. Così queste ‘gabbie’, a differenza di quanto farebbero con degli uccelli, concedono agli utenti alcune libertà: cambiare l’angolazione della luce e il colore del paralume.
it in a particularly soft and colourful fabric. So these ‘cages’, contrary to what they would do with birds, give users the freedom to change the angle of light and colour of the lampshade. The main difference between the two projects
La differenza sostanziale fra i due progetti consiste appunto in queste libertà; il tessuto di Digga può essere modellato a piacimento così da indirizzare la luce nel punto desiderato, rendendola più o meno intensa, mentre nel caso di Annika il paralume è reversibile, e si hanno due colori in uno.
consists precisely in the degree of freedom. The fabric used on Digga can be moulded at will in order to direct light to a desired spot, making it
di Prato, Re+ nasce dalla collaborazione tra il designer Stefano Giovacchini e Mariplast, azienda produttrice di accessori in plastica per l’industria tessile da oltre quarant’anni. Quest’originale lighting concept – che oggi è una ‘famiglia allargata’ di lampade LED che comprende
more or less intense, while in the case of Annika the lampshade is reversible, so you can have two colors in one.
piantane, da tavolo e sospensione – ha come anima una rocca di plastica, originariamente nata per la tintura dei filati, trasformata in una luce versatile ed ecosostenibile, disponibile in 13 colori intercambiabili per adattarsi a ogni ambiente e a ogni umore.
Re+ is the winning project of the third edition of the competition ‘The House of the Third Millennium’ organized by CNA of Prato. It's the result of the collaboration between the designer Stefano Giovacchini and Mariplast, a manufacturer of plastic accessories for the textile industry for over forty years. This original lighting concept – that today has become an big family of LED lamps including floor lamps, table and suspension lamps – has its soul in a plastic distaff, originally created for the dyeing of yarn, and turned into a versatile and environmentally friendly lamp, available in 13 interchangeable colours to fit every room and every mood.
Progetto vincitore della terza edizione del concorso ‘La Casa del III Millennio’ organizzato dalla CNA
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COMICS
Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue
Luigi Alini
architetto/architect
Napoli, 1968. Architetto, professore associato in Tecnologia dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura di Catania. Svolge attività di ricerca sulle connessioni tra costruzione e progetto, con particolare riferimento all’opera del maestro giapponese Kengo Kuma, col quale ha in corso ricerche e sperimentazioni sull’uso innovativo di materiali tradizionali/Naples, 1968. Architect, Associate Professor of Architectural Technology at the Faculty of Architecture at the University of Catania. Conducts research on the connections between construction and design, with particular reference to the work of Japanese master Kengo Kuma, with whom he is currently experimenting innovative use of traditional materials
Diego Barbarelli Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses
Federica Capoduri
designer/designer
Castelfiorentino (FI), 1983. Diplomata all’Istituto d’Arte di Siena, nel 2006 si laurea in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Contemporaneamente agli studi universitari s’interessa al mondo editoriale e giornalistico frequentando corsi specifici e avviando collaborazioni con testate e riviste incentrate su design e architettura. Fa parte della redazione di And/Castelfiorentino (FI), 1983. She takes a diploma at the Art School in Siena, in 2006, and then graduates in Industrial Design at the Faculty of Architecture in Florence. Along with university studies she is interested in journalism and publishing world, attends specific courses and gives many contributions to newspapers and magazines focused on design and architecture. She is on the editorial staff of And
Paolo Di Nardo
architetto/architect
Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista And, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; lavora con Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten con cui partecipa a concorsi e progetti internazionali. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of And magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he works with Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten partecipating to competitions and international projects. He is a temporary professor of Design at the Faculty of Architecture in Florence and has written many articles and essays on contemporary architecture
Giorgio Fratini
architetto/architect
Prato, 1976. è architetto, illustratore e autore di fumetti. Vive e lavora a Firenze. è stato pubblicato in Italia e Portogallo il suo primo romanzo grafico Sonno elefante – I muri hanno orecchie, Edizioni BeccoGiallo (It) e Campo das Letras (Pt)/Prato, 1976. He is an architect, illustrator and comic-book writer. He lives and works in Florence. His first graphic novel, Sonno elefante – I muri hanno orecchie (Edizioni BeccoGiallo (It) and Campo das Letras (Pt)) was published in both Italy and Portugal
Santino Limonta
giornalista/journalist
Monza, 1940. Dopo una ventennale attività in una grande azienda editoriale si rivolge al mondo dell’editoria di nicchia contribuendo al lancio di nuove testate. Segue l’evoluzione del design, dei materiali e dell’architettura da un osservatorio privilegiato viaggiando intensamente nei mercati tradizionali e in quelli emergenti/Monza, 1940. After two decades of collaboration with a large publishing company, he now turns to the world of exclusive publishing and contributes to launching new periodicals. Limonta follows the evolution of design, materials and architecture from a privileged observation point by traveling with intensity though traditional and well as emerging markets
Lapo Muratore
architetto/architect
Bagno a Ripoli (FI), 1964. Dopo la laurea svolge numerosi programmi di ricerca in prestigiose università straniere. Da sempre interessato alla pubblicistica, scrive abitualmente per le riviste di settore, sia italiane che straniere. Vive e lavora a Siena/After earning his degree he participated in many research programmes at prestigious universities abroad. He has always been interested in activities of the publicist and often writes for national and international magazines of the sector. He lives and works in Siena
Pierpaolo Rapanà
architetto/architect
Lecce, 1978. Redattore esecutivo di And dal 2003. Classe 1978, laureato magna cum laude in Architettura presso l´Universitá di Firenze, Dipartimento di Progettazione, dove ha condotto attività di ricerca dal 2007 al 2011. Guest Critic e assistente didattico presso la Roger Williams University (Florence Program). Ha collaborato progetti internazionali presso lo studio ARX di Firenze e la sede Berlinese di Baumschlager-Eberle. Svolge attualmente la professione di architetto e interior designer presso Studio10/Lecce, 1978. Executive editor since 2003. Born 1978, graduated magna cum laude in architecture at the University of Florence, Italy, where he has done research activities from 2007 to 2011. Guest critic and teaching assistant at Roger Williams University (Florence Program). Has worked on international projects in partnership with ARX studio (Florence) and Baumschlager-Eberle (Berlin). Now works as architect and interior designer at Studio10
Fabio Rosseti
architetto/architect
Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di And con cui ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per And e per altre testate/ Viareggio (LU), 1961. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of And, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for And and for other publications
Francesco Ursitti
architetto/architect
Bollate (MI), 1976. Nel 2006 fonda FuGa_officina dell’architettura, uno studio-laboratorio di ricerca e sperimentazione compositiva. Lo studio si occupa di sistemi che trascendono dalla macro struttura urbana al micro elemento del prodotto d’arredo e design. Partecipa ed è invitato a concorsi di progettazione nazionali ed internazionali, workshop e seminari ottenendo segnalazioni e premi/Bollate (MI), 1976. In 2006 he founded FuGa_officina dell’architettura (architecture workshop), a research and experimental composition study-laboratory. The study deals with systems that transcend from macro urban structure and micro element of the furniture and design product. He attends and is invited to national and international design competitions, workshops and seminars obtaining mentions and awards