1999-4 Oratorio di Anghiari

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PERIODICO DEL VICARIATO DI ANGHIARI E MONTERCHI N. 4 AGOSTO - SETTEMBRE 1999

Sped. in A.P. - art.2 comma 20c legge 662/96 Filiale E.P.I. 52100 AREZZO aut. Nr. 909 del 29/9/1997-Anno XXXIII-Periodico del Vic. di Anghiari e Monterchi Con approvazione della Curia di Arezzo - Aut. Tribunale di Arezzo n. 5 del 28 aprile 1967 - Dir. Resp. Renato Bertini - Stampa GraďŹ che Borgo, Sansepolcro

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I restauri delle nostre opere d'arte Dopo il restauro del Crocifisso di Badia sta per concludersi anche quella del quadro “Vergine con Santi” di Domenico di Michelino che contiamo di collocare nella sua sede definitiva nell'abside di destra della chiesa di Santo Stefano proprio in occasione della festa di quella Comunità, il 5 settembre. Per il Crocifisso della Badia nel mese di settembre verrà definita la sistemazione della sacra immagine e si provvederà per l'illuminazione. Prosegue intanto il restauro della tavola “La Lavanda” di Giovanni Antonio Sogliani nella chiesa di Propositura. Ricordo che tale restauro, finanziato con meritevole lungimiranza dalla Ditta Busatti di Anghiari, viene eseguito nella Propositura stessa. È terminato in questi giorni il consolidamento della parte lignea della tavola ed ora si procederà al restauro della parte pittorica. Ricordiamo anche che presso le nostre banche locali sono stati aperti dei libretti per contribuire al restauro del Crocifisso di Badia che ora vi chiediamo di utilizzare per il restauro del Michelino di Santo Stefano. Già da ora un grazie a tutti coloro che hanno contribuito in modo determinante perché questi importanti impegni della parrocchia si possano realizzare. Giovedì 26 agosto: Pieve di Micciano, Concerto di un coro intenazionale Venerdì 27 agosto: Pieve di Sovara, Concerto di un coro internazionale

Sommario I restauri delle nostre opere d'arte pag Stelle cadenti di Vera Cuccini I concerti del Polifonico Saluto ai nuovi parroci Le feste di luglio al Carmine Calendario Liturgico a cura di don Fabio Sante Messe festive e avvisi delle parrocchie Il Palterre: Gli anghiaresi caratteristici di Sergio Lombardi " Compromesso internazionale di Sergio Lombardi Parterre, oppure i ragazzi del muretto " Passaggio Giro d'Italia di Armando Zanchi Festa dell'Arma Sindaco nuovo a Monterchi Un importante dono all'Archivio La pulizia delle strade di Emmedipi La vignetta: Il cane non è l'amico del giardiniere ...e continuano a vivere nei nostri ricordi La pioggia di V. Franceschini Angolo della Missione a cura di Franco Cristini " Baldaccio e... Piero di Mario Del Pia L'angolo della poesia... e della prosa L'orologio di Maria Pia Fabiani " Addio! di Maria Pia Fabiani " Attimi di Vera Cuccini " La festa della famiglia di Laura Taddei " W la ricotta di Amedeo Vellati "

In copertina: La Pieve di Sovara

Note dalla Misericordia di Adriano Baccanelli Puntuali e sempre presenti " 11 Adozioni a distanza " 11 La festa a Santo Stefano " 11 Mandaci la tua foto... " 12 La Pieve di Sovara di don Ercole Agnoletti " 12 Ricordo di un prete inattuale di Teresa Bartolomei" 13 Chi è il promotore finanziario? " 21 Gruppo Donatori di Sangue Fratres di P. Ganganelli Un “caloroso invito” ai neo-diciottenni " 22 Un po' di statistica " 23 Donazioni del 1° trimestre '99 " 23 Da Tavernelle Chi ci avrebbe mai pensato di A. Bivignani " 24 La cronaca di Tavernelle di Alessandro Bivignani" 24 Alla ricerca del tesoro di Alessandro Bivignani " 25 La lavorazione del vinco di Mario Del Pia " 25 Il nostro caro, vecchio Anghiari di Loris Babbini Tragiche schioppettate nei fatti del '21 " 26 È ritornato il “Giro” di Flavio Mercati " 28 Peregrinatio Mariae della Madonna di Loreto " 30 La seconda Festa Estiva del Donatore Fratres " 30 Il beato Bartolomeo e san Bartolomeo " 30 Il campeggio ad Aboca " 30 Cronachetta dei fatti... " 31 Le transenne del disonore di Civis " 31 I “vasi” per la “Croce” di Civis " 31

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disegno di Luca Pucci (Vedi articolo a pag. 12)

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La Comunità di Anghiari saluta i nuovi parroci don Marco Salvi e don Juan Carlos Ardila Rios L’11 luglio, anniversario dell’Apparizione della Madonna al Carmine, è stato presente in mezzo a noi il vescovo e ha preso l’occasione per annunciare ai parrocchiani di Anghiari la scelta del nuovo parroco, anzi dei nuovi parroci dato che saranno due sacerdoti co-parroci. Il principale sarà don Marco Salvi, che conserva anche Tavernelle, e l’altro sarà don Juan Carlos Ardila Rios, che ultimamente era vicedirettore in Seminario. La scelta è fatta, però essi entreranno in servizio il 7 settembre prossimo e verrà il vescovo stesso a immetterli in possesso della parrocchia. Il vescovo ha poi ringraziato quei sacerdoti che nel frattempo hanno servito Anghiari, a cominciare da don Fabio, il fratello di don Vittorio, don Romano Manfredi, don Bruno Cortelazzi, padre Giovanni cappuccino, don Pietro Galastri, don Virgilio Ceccherini e gli altri sacerdoti del Vicariato che hanno aiutato la parrocchia di Anghiari nelle cose più importanti. Con il provvedimento preso non si tratta di unire due parrocchie, quella di Anghiari e quella di Tavernelle, ma sarà un’unica pastorale, un’unica unità di lavoro. Gli anghiaresi sono rimasti ben impressionati da questa notizia: don Marco lo conoscevano già e ora hanno conosciuto questo giovane prete di origine colombiana ma che è stato consacrato sacerdote in Valtiberina, nella cattedrale di Sansepolcro. La Redazione si rallegra per questa decisione che colmerà ben presto la mancanza di un sacerdote, che i parrocchiani hanno peraltro sentito in questi mesi, e dà a don Marco e a don Carlos un caloroso benvenuto. Le feste di luglio al Carmine L’11 è l’anniversario dell’apparizione del Carmine, che a quel tempo il luogo si chiamava Combarbio (confluenza di strade). Siccome per oltre due secoli i Padri Carmelitani hanno tenuto il Santuario, essi hanno aggiunto la devozione alla Madonna sotto il titolo del Carmelo. Quindi noi, ancora oggi, oltre all'anniversario dell'Apparizione 11 luglio, festeggiamo la Madonna del Carmine, che cade il 16 luglio. È dal 450° anniversario che abbiamo ripreso l’incontro serale in occasione dell’apparizione, con il pellegrinaggio da Anghiari e dal Bagnolo. Il 16 si continua a fare festa e c'è ormai la tradizione che la Santa Messa delle ore 11 venga celebrata dai preti giubilari della zona, cioè dei sacerdoti che festeggiano il 25°, il 50° o il 60° dell’ordinazione sacerdotale. Quest’anno vi erano 5 sacerdoti che festeggiavano il cinquantesimo anniversario: presiedeva padre Valentino Vuga cappuccino a Montecasale e concelebravano don Berardo Casini, don Fabio Comanducci, don Pietro Galastri, don Abramo Gori. 3


CALENDARIO LITURGICO a cura di Don Fabio

Mese di agosto

protettore della nostra parrocchia. S. Messe nella chiesa di Propositura ore 11 e 18.

1° agosto - Domenica XVIII del Tempo Ordinario. Sante Messe secondo l’orario festivo.

28 agosto sabato -. Sant’Agostino vescovo e dottore della Chiesa: nato a Tagaste in Africa nel 354, dopo una giovinezza inquieta e dissoluta, si convertì alla fede e divenne in seguito illustre Dottore della Chiesa. Morì nel 430.

3 agosto - Primo martedì del mese. In Propositura alle ore 17 “Ora di Guardia” con recita del Santo Rosario.

29 agosto - Domenica XXII del Tempo Ordinario. Martirio di San Giovanni Battista. Sante Messe secondo l’orario festivo. Ad Anghiari si ricorda il Beato Bartolomeo Magi.

5 agosto - Primo giovedì del mese. Si invitano i fedeli alla preghiera per le vocazioni. 6 agosto - Primo venerdì del mese. Nella pieve di Micciano alle ore 20 Santa Messa per il “Gruppo Uomini dei Ritiri di Perseveranza”. “Gesù al monte Tabor insieme agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni dove apparvero anche Mosè ed Elia quale testimonianza della legge dei profeti. Fu allora che Gesù si trasfigurò davanti a loro emanando una luce irreale e splendente segno della sua gloria e della nostra salvezza.”

Mese di settembre 2 settembre - Primo giovedì del mese. Si invitano i fedeli alla preghiera per le vocazioni. 3 settembre - Primo venerdì del mese. Nella pieve di Micciano alle ore 20 Santa Messa per il “Gruppo Uomini dei Ritiri di Perseveranza”.

8 agosto - Domenica XIX del Tempo Ordinario. Sante Messe secondo l’orario festivo.

5 settembre - domenica XXIII del Tempo Ordinario. Sante Messe secondo l’orario festivo. Festa nella parrocchia di Santo Stefano. Sante Messe alle ore 8,30 e 16.

10 agosto martedì - San Lorenzo diacono e martire. Festa nella parrocchia di San Lorenzo dove, alle ore 19, sarà celebrata una Messa solenne; farà seguito una merenda popolare per gli intervenuti.

7 settembre - Primo martedì del mese. In Propositura alle ore 17 “Ora di Guardia” con recita del Santo Rosario. Alle ore 21 ingresso dei due nuovi parroci.

11 agosto mercoledì - Santa Chiara Vergine: nata ad Assisi nel 1193 seguì il suo concittadino Francesco nella via della povertà e con lui fondò il secondo ordine francescano detto delle Clarisse. Morì nel 1253.

8 settembre mercoledì - Natività della Beata Vergine Maria.

15 agosto - Domenica XX del Tempo Ordinario. Assunzione della Beata Vergine Maria. Sante Messe secondo l’orario festivo. “È festa per gli angeli in cielo: Maria è assunta nella gloria”. A Micciano festa patronale.

12 settembre - Domenica XXIV del Tempo Ordinario. Sante Messe secondo l’orario festivo. 14 settembre martedì - Esaltazione della Santa Croce. “Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo: Con la tua croce hai redento il mondo.”

22 agosto - domenica XXI del Tempo Ordinario. Beata Vergine Maria Regina. Sante Messe secondo l’orario festivo. 24 agosto martedì - San Bartolomeo Apostolo Titolare della Parrocchia di Anghiari: nato a Cana di Galilea, fu condotto a Gesù dall’apostolo Filippo. Dopo l’Ascensione del Signore è tradizione che egli abbia predicato il Vangelo nelle Indie dove fu coronato dal martirio. San Bartolomeo è stato eletto

15 settembre mercoledì - Beata Maria Vergine Addolorata. “O Dio che hai reso forte Maria ai piedi della Croce e l’hai colmata di gioia nella resurrezione del Tuo Figlio, sostienici fra le prove della vita e rafforzaci nella speranza.” 19 settembre - Domenica XXV del Tempo Ordinario. Sante Messe secondo l’orario festivo.

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SANTE MESSE FESTIVE CELEBRATE NELLE CHIESE DEL VICARIATO DI ANGHIARI...

21 settembre martedì - San Matteo Apostolo ed Evangelista. Nato a Cafarnao, esercitava il mestiere di esattore delle imposte quando fu chiamato da Gesù. Scrisse un Vangelo in lingua ebraica e si dice che abbia predicato in Oriente. 26 settembre - Domenica XXVI del Tempo Ordinario. Sante Messe secondo l’orario festivo. 29 settembre mercoledì - Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.

Ore 8,00

Lunedì 2 agosto

Ore 8,30 Ore 8,40 Ore 9,00

In occasione della giornata del “Perdono di Assisi” la parrocchia di Tavernelle e le suore del Cenacolo danno appuntamento per le ore 8 presso il Cenacolo di Montauto. Pellegrinaggio alla Maestà di San Francesco e ritorno per la Santa Messa celebrata nella chiesa dei Cappuccini. Ricordiamo che la cappella, ultimamente risistemata è legata al passaggio di San Francesco che dalla Verna, dopo essere passato dai Conti Barbolani, si avviava verso Anghiari per tornare ad Assisi.

Ore 9,30 Ore 10,00 Ore 10,30 Ore 11,00 Ore 11,30

Martedì 10 agosto

Ore 12,00 Ore 18,00

La comunità di San Lorenzo accoglie tutti coloro che vorrano festeggiare san Lorenzo, patrono della parrocchia, con la S. Messa solenne alle ore 19.

-PIEVE DI MICCIANO -CHIESA DI SAN LEO -ANGHIARI: Chiesa di S. Stefano -PIEVE DI SOVARA -CHIESA DEL PONTE ALLA PIERA -CHIESA DI TUBBIANO -CHIESA DI CATIGLIANO -CHIESA DI CASALE -ANGHIARI: Chiesa di Propositura -SANTUARIO DEL CARMINE -CENACOLO DI MONTAUTO -CHIESA DI SAN LEO -ANGHIARI: Chiesa di Propositura -PIEVE DI MICCIANO -CHIESA DI TAVERNELLE -CHIESA DI VIAIO -CHIESA DI TOPPOLE -ANGHIARI: Chiesa della Croce

... E DI MONTERCHI Ore 8,30 S. Maria della Pace Le Ville Ore 8,45 San Michele Arc.lo a Padonchia Ore 9,30 CHIESA delle monache Monterchi Ore 10 CHIESA della Madonna Bella Pocaia Ore 11 S. Maria della Pace Le Ville Ore 11,15 San Simeone profeta a Monterchi Ore 16 (ore 18 estivo) San Simeone a Monterchi Ultima domenica del mese chiesa di San Michele Arc. lo a Pianezze ore 15 (ore 17 estivo).

A MICCIANO FESTA DELL'ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA Domenica 15 agosto 5


IL PALTERRE: dove gli anghiaresi parlano di Anghiari, e non solo Gli anghiaresi caratteristici Di Sergio Lombardi

Da questo numero inizia un vero e proprio percorso nell’analisi dei personaggi caratteristici di Anghiari. Infatti questo paese, oltre che avere una interessante storia, è anche prolifico di personaggi che rappresentano una novità nel contesto della vita moderna. È importante sapere che le situazioni si ripetono nel tempo, quello che cambia sono solo i mezzi tecnologici sempre più rapidi e più perfetti atti alla realizzazione della vita quotidiana, e quindi si ripete anche la “guerra di Anghiari” fra me e Antero Frulloni ma, preciso, guerra metaforica e fatta a colpi di battute. Il problema è che il barbiere suddetto ha una antenna sintonizzata su tele-Mosca per cui non è informato delle notizie diffuse dalla RAI e quindi ciò comporta ragionamenti diversi per ciò che concerne lo status esistenziale. Questo in altre parole è un appello a Franco Cortelazzi, esperto della regolazione dei ripetitori, che speriamo si decida a regolare anche l’antenna di Frulloni. Adesso infatti Maurizio, il figlio, per vedere gli avvenimenti Italiani è costretto a recarsi al bar perché tele-Mosca non parla di avvenimenti riguardanti lo sport Italiano o gli episodi importanti della politica Nazionale, quindi si trova costretto a delle imponderabili conseguenze derivanti da ciò, però tutto questo è momentaneo in quanto il problema televisivo cambierà con l’installazione di un amplificatore di segnale da me consigliato, comunque in realtà sono molto preoccupato per il caldo, infatti lo stesso Antero non portando alcuna protezione, è soggetto al corto circuito della soffitta (della testa) per cui possono avvenire sbalzi soprattutto in concomitanza di elezioni, naturalmente ciò è mitigato dalle condizioni meteo, perciò si deve sperare nella provvidenza cioè bisogna sperare nell’evoluzione della meteorologia specialmente adesso, infatti mentre scrivo sono prossime le elezioni europee e Antero è già in fibrillazione cercando indizi per eventuali risultati, comunque al di là di questo Antero rinnova il locale e la mia speranza è che dopo i suddetti risultati, quando faccio la barba non mi prenda le misure alla Milosevic!!

Compromesso internazionale

di Sergio Lombardi Una incentivazione socio-culturale non può essere più ristretta nell’ambito nazionale, ma credo che al fine di allargare la conoscenza e la cultura esistenziale diventi sempre più importante conoscere gli 6

usi e costumi di altri popoli. Credo che Alessandra (di origine Boliviana) svolga benissimo questo ruolo. Infatti la stessa, a quello che di prammatica è l’esistere quotidiano, aggiunge un fattore umano che molto significherebbe per la realtà Italiana. La società Italiana richiamata dalla rincorsa al consumismo, dimentica l’incentivazione dei valori etici e detto chiaramente la società Italiana dimentica sé stessa al fine del raggiungimento di una chimera chiamata profitto. Tutto questo ci fa dimenticare di esistere come individui e quindi come conseguenza diretta assistiamo all’esaltazione della trasgressione perché c’è la continua ricerca di una pace interiore. Questa ricerca però è inutile a meno che non si risalga alle origini, ed esattamente è ciò che sta facendo l’Alessandra. Il modo aggressivo con cui si presenta, non è altro che una parvenza dettatagli da questa società che è totalmente diversa dalle sue origini!!

Parterre, oppure i ragazzi del muretto di Sergio Lombardi

Occorre premettere che in Anghiari, e precisamente in piazza Garibaldi, vi sono due luoghi di riunione atti ad analizzare gli avvenimenti locali. Uno è il parterre, che come leader ha Elvio Papini detto “Scucco”, e l’altro il muretto dove ci sono...“I ragazzi del muretto” i quali hanno come leader Panichi Gian Pietro detto anche “l’intellettuale Esistenziale”. Infatti lo stesso filosofa sull’origine umana relativa alla composizione delle stelle e all’allineamento dei pianeti. Premesso tutto ciò risulta evidente come ci si trovi di fronte a due realtà che se pur diverse manifestano due concezioni di vita. Una prende in considerazione solo il fatto esteriore e a volte montato ad arte, l’altra cerca di approfondire quello che è l’esistere sapendo che tutto è relativo perfino il nostro io. Insomma va detto chiaramente che è in questi due luoghi che viene analizzato tutto il certo e il contrario del certo della vita quotidiana Anghiarese. Ma ciò che fa scalpore è il fatto della differenza generazionale. Il medesimo fatto cioè viene visto in modo diametralmente diverso. Nel parterre infatti l’età media è di 70 anni, mentre al muretto abbiamo un’età media di 50 anni. Quindi si confrontano due modi e due usi e tutto dipende dall’angolazione ottica con cui si osserva l’accaduto. Comunque tutto ciò sarà oggetto di approfondimenti futuri e di considerazioni riguardanti le varie prese di posizione in seguito a eventi che si susseguiranno nel corso del tempo.


... Il Palterre

Passaggio Giro d’Italia ad Anghiari di Armando Zanchi

23/5/1999

Giro d’Italia con urlo di sirene valzer di ruote scricciolio di catene

Due più in alto sembravano farfalle mentre il più basso filmava lor di spalle

Sforzi di gambe salite mozzafiato gente che urla per strada ad ogni lato

Prima staffetta di moto di polizia chi in mezzo alla strada se ne correva via

Questi campioni di forza caricate con una potenza da tanti invidiate

Tante suonate richiami di venditori lì maglia rosa o pure tricolori

Vengono su in gruppo o accoppiata mangiano kilometri come una passeggiata

In prima fila il Direttore di gara lampeggiatori arriva anche la squadra

Ale di folla per tutto assiepata chi resta in piedi o pure lì sdraiata Passano macchine e sfilano a diecine sempre accanto lì belle signorine Ore di attesa sotto il cocente sole dell’elicottero il rombo del motore

Un importante dono all’Archivio di Emmedipi

“Sofia Bartolomei Buitoni figlia di un anghiarese, figlia di Ugo Testi e Sofia Arpinati, dona ad Anghiari i manoscritti del Taglieschi in memoria di mio figlio Massimo che tanto li apprezzò.” Questo il biglietto che è pervenuto al nostro Archivio Storico assieme a due tomi degli “Annali” della Terra di Anghiari e ad un volume sulla “Cronologia”, manoscritti di Lorenzo Taglieschi. L’importante dono onora il nostro paese e la Signora Sofia che, nonostante da tanti anni fuori di Anghiari, lo ha ancora nel cuore. La Redazione dell'Oratorio si fa interprete della cittadinanza e ringrazia la Signora Sofia per il suo nobile gesto. Ci auguriamo che questi ulteriori volumi, che arricchiscono ancor di più il nostro Archivio Storico, invoglino a dare quel giusto rilievo che l’Archivio stesso aspetta ormai da troppi anni.

La pulizia delle strade di Emmedipi

La pulizia delle strade è un compito di tutti i cittadini. Molti non assolvono a questo loro dovere e dovrebbero essere “multati”. Invece si lamentano se le strade sono sporche! Avrete capito che non intendo che ogni cittadino si armi di scopa e cassetta e vada a spazzare un pezzetto di Questi ciclisti strada. Intendo invece che ogni cittadino ha il dovere ben piegati ed ansimanti preciso di non sporcare le strade e tutti i luoghi pubblici. in un baleno Questo si può fare sia non gettando per terra carte o altro, spariti tutti quanti portando i propri animali domestici a fare i propri “bisogni” in luoghi idonei, non lasciando cartoni o immondizie se Dopo due ore non negli appositi contenitori e nei giorni stabiliti, non di attesa proverbiale svuotando i portacenere dove capita. In questo modo ognue con il caldo no di noi contribuirà in modo determinante a che si possa lì fermi a sudare essere orgogliosi del nostro paese. Sono poi da segnalare alcuni cittadini che (cito come esempio Via della Bozia o Via Ernesto Bruciamacchie) tranquillamente spazzano Giro d’Italia quest’anno ti ho guardato un pezzetto di strada davanti alla propria abitazione. Un altro fatto da segnalare sono le periodiche campagne di quando ci ritocca pulizia organizzate dal WWF o altre associazioni. Dato sarò assiderato: che questo non è un dovere, maggiormente è da segnalare e additare ad esempio per tutti.

Festa dell’Arma

Domenica 27 giugno, presso il Castello di Sorci, si è svolta l’annuale festa dell’Arma dei Carabinieri. Dopo la Santa Messa delle ore 12 l’incontro conviviale ha visto la presenza dei Comandanti delle Stazioni Carabinieri e il Capitano della Compagnia di Sansepolcro. Presenti i sindaci di Anghiari, Caprese e Monterchi.

La vignetta: Il cane non è l'amico del giardiniere!

Sindaco nuovo a Monterchi

Gabriele Severi, che guidava un raggruppamento di centrosinistra, è stato eletto Sindaco a Monterchi. Succede a Franco Landini. Al neosindaco, alla Giunta e al Consiglio comuale tutto i nostri auguri di buon lavoro.

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...e continuano a vivere nei nostri ricordi di Vandro Franceschini

La pioggia

-Va bene mercoledì? -chiese l’omino della Montagna. -Mercoledì no!- gridò la Togna de Maso- Facio la buchèta e ho da stendere i mi quatro straci! -E allora stabiliamo per giovedì- propose paziente l’altro. -E già! Proprio giovidì!- contestò Batilacio- El mi’ cetto apporta le lègne e gni se ‘nzuppon tòtte. Il mago propose il venerdì e non stava bene a Bistacia de Brocone perché doveva andare a Castelo col barocio. Il sabato venne scartato perché era il giorno di mercato al Borgo. Allora il mago, sempre calmo e gentile, fece l’ultima proposta: -La domenica è giorno di riposo e io santifico sempre la festa. Vi lascio tutto il tempo che vorrete per decidere. Quando vi sarete messi d’accordo, mi chiamerete ed io farò piovere. Ancora devono richiamarlo. -Una cosa è certa- dicevano gli Anghiaresi tanto per rincarare la dose- sicuramente non faceva piovere, ma conosceva molto bene i polli da spennare. A questa storia fece seguito il problema del duomo del Borgo: secondo la maggior parte dei paesani era stretto in confronto alla lunghezza, bisognava studiare il modo di allargarlo per farlo diventare più bello e per far crepare d’invidia gli Anghiaresi. Tutti ne parlavano e, in piazza, nelle bettole, al mercato, ognuno proponeva la sua idea sostenendo che era la più brillante. Quella di Bistacia de Cachino fu convincente: conosceva uno a Firenze, proprio adatto al caso da risolvere. Come al solito si organizzò una riunione popolare e si decise di chiamarlo. Questi giunse in una carrozza trainata da sei cavalli, indossava un vestito di lusso e si presentò con l’aria di quello che se ne intende. Ognuno pensò che un tipo così distinto non avrebbe rifilato fregature. Fissò il prezzo della prestazione, molto salato, perché il problema da risolvere richiedeva profonda concentrazione, lunga riflessione, calcoli molto complicati. Naturalmente pretese il pagamento anticipato, non per sfiducia, ma perché questo era il suo modo di lavorare. Fece una ricognizione al duomo e, con grasso di maiale, unse il pavimento lungo i muri che dovevano essere allargati, spiegando che, così lubrificati, sarebbero scivolati con facilità. Il giorno dopo, con cura, scelse, fra la gran folla in attesa, un centinaio di giovani robusti, scartando sistematicamente quelli

Un’altra storiella inventata dagli Anghiaresi per vendicarsi della magra figura fatta con il ratto del catorcio è anche quella della pioggia. Era tanto che non pioveva. Il Tevere era ridotto ad un rigagnolo striminzito e gli ortolani del Borgo, rinomati perché rifornivano tutti i mercati della vallata con le loro verdure, erano disperati. Avevano celebrato anche le Rogazioni. Queste erano processioni effettuate la mattina presto attraverso le strade campestri, durante le quali il prete, seguito dai fedeli che rispondevano in coro alle implorazioni, benediceva i raccolti e gli animali nelle aie. Tutto era stato inutile! Il cielo rimaneva sereno. Si organizzò un’assemblea in piazza per discutere sui rimedi da adottare. Furono ascoltati diversi consigli finché prese la parola Montin de Montone, uno che se ne intendeva. Nel silenzio generale annunciò: - A mèli estrémi, estrémi rimédi! Io so che a la Montagna, sopra el Bòrgo, c’è un mago che fa pióvere! Un urlo di liberazione accolse la notizia e, a furor di popolo, si decise di chiamarlo. Nella domenica seguente, all’uscita dalla messa, di fronte ad una folla che straboccava dalla piazza, si presentò un ometto con un vestito pieno di toppe, stretto e corto da tutte le parti. Aveva un’aria insignificante, dimessa e suscitava proprio compassione. Gli Anghiaresi dicevano che, osservandolo bene, si rivelava un furbo vestito da minchione, ma i Borghesi non se ne accorsero. Il mago salì sul sagrato della chiesa e, con una vocina sottile sottile,, cominciò a parlare: -Io farò piovere, ma prima voglio essere pagato perché non vorrei che avuta l’acqua nascessero discussioni. Detto questo fece la richiesta per la sua prestazione. -E come no!- esclamarono in coro i presenti e si frugarono tutti in tasca per mettere insieme la somma pretesa dal mago. -Allora -iniziò l’omino- domattina alle otto il cielo si rannuvolerà e pioverà tutto il giorno a catinelle. -Domèni no! -esclamò di botto Cecchin de Rondone- Domatina no, perché ho da falcère quel po’ de fiéno che m’è armasto! -Allora martedì -replicò il mago senza scomporsi. -No! No! -strillò Bepe del Trèbbio- Perché ho fato cònto de fère el paglieio!

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Angolo della Missione Rubrica a cura di Franco Cristini

Precisamente un anno fa, grazie all’incitamento e alla pressione di don Vittorio e della dottoressa Bartolomei, mi sono preso l’incarico di iniziare questa rubrica per portare a conoscenza dei lettori dell’Oratorio le estreme necessità delle Missioni, in particolare della missione dei frati cappuccini di Kibakwe in Tanzania. Proprio in questa località africana abbiamo contribuito a creare un ambulatorio-laboratorio dotandolo di macchinari e reattivi vari. Dobbiamo riconoscere che il bilancio di questo primo anno è estremamente positivo: abbiamo ricevuto donazioni in denaro per L. 13.880.000; abbiamo donato ai frati cappuccini L. 12.630.000 per l’acquisto di tutti i materiali; rimangono in cassa L. 1.250.000. Dobbiamo però considerare che i reattivi per gli esami di laboratorio tendono ad esaurirsi e vanno quindi rinnovati e che altre necessità sono sempre all’ordine del giorno in questa località dove tutto manca. Continuiamo quindi anche in questo periodo estivo in cui buona parte di noi si prenderà le proprie ferie, il giusto riposo, ad aiutare questi fratelli più bisognosi di noi ed i missionari che sono loro più vicini. Pace e bene a tutti. “BISTARONE E ALTRE STORIE”. È il titolo del compact disc dei canti popolari toscani realizzato dalla Compagnia dei Ricomposti di Anghiari. Chi fosse interessato lo può richiedere all’Ufficio Turistico della Ass. “Pro Anghiari”.

Baldaccio e… Piero di Mario Del Pia Nel numero scorso dell’Oratorio Walter Del Sere nell’articolo “Il Baldaccio del secolo XX” si augurava che lo spirito di Baldaccio, il nostro capitano di ventura, solleticasse perlomeno i piedi di coloro che ad Arezzo avevano deciso di dare il suo nome ad un parcheggio sotterraneo. Ora io mi domando che cosa dovrebbe fare Piero (Piero della Francesca) ai suoi concittadini (i borghesi) che da sé stessi hanno dato il suo nome ad un’area di sosta lungo la E45? Minimo minimo dovrebbe buttarli giù dal letto e farli meditare nel bel mezzo della notte sulla nefandezza compiuta. da pag 8 La

pioggia dall’aria più intelligente. Li sistemò tutti intorno al perimetro del duomo e gli

altri rimasero fuori in trepida attesa. Poi, parlò: -Attenti! Poggiate solo le spalle alla parete. Io conterò fino a tre e a quel punto spingete con tutta la forza che avete in corpo. La vignetta: Una visita accurata! -Uno… due… tre!!! I giovanotti spinsero, gonfiando i muscoli a più non posso, puntando i piedi sul pavimento unto e si ritrovarono tutti col sedere per terra. -È ito!!!- gridarono in coro, convinti di essere scivolati perché i muri si erano spostati. La gente rimasta fuori, udito l’urlo, entrò di corsa e ci fu l’invasione di campo con abbracci, baci e grida di gioia. Le feste si protrassero per una settimana. E gli Anghiaresi gongolando: -Anche oggi, dopo cento anni, i Borghesi sono convinti di aver allargato il duomo!

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Attimi

di Maria Pia Fabiani

di Vera Cuccini

Con poca spesa ho messo in casa un bosco con dodici uccellini variopinti che mi dicono l’ora coi dodici motivi ben distinti. Stan fermi sul quadrante, nell’attesa; che gioia hanno portato in casa mia! Anche se non li guardo le loro voci destano allegria. Cantano solo quando c’è la luce, i dolci menestrelli di Natura e mi fanno incantare con quella voce che è bellezza pura. E perfino l’allocco e il barbagianni, che cantano alle dodici e alle sei han nomi buffi, ma rendon gioiosi i sentimenti miei! Io rido lieta come un fanciullino a quei leggeri richiami armoniosi e il cuore si ristora e sogna boschi verdi e silenziosi. Oh, finalmente l’uomo ha realizzato Un oggetto che stimola il sorriso E porta al triste mondo Un’eco del lontano Paradiso.

Cos’è mai la vita? È lo sbatter d’ali d’una farfalla è l’aprirsi al sole d’un fiore profumato il guizzo della saetta nel grigio del cielo, è il trillo del telefono che rompe il silenzio della casa. È la lacrima innocente che bagna il viso d’un bimbo, è un sogno giovanile trroppo presto svanito è lo sguardo che vaga nell’azzurro infinito, una mano tesa che chiede aiuto, è l’amara solitudine d’un’anima smarrita… Sì, tutto questo è la Vita.

La festa della famiglia* di Laura Taddei

A Tavernelle, in occasione della festa, ognun ci tiene a mostrar le proprie gesta; chi fa la cuoca e chi l’artista, chi il falegname e il muratore, c’è l’idraulico e il dentista, che qui fa il presentatore. C’è chi taglia la porchetta, chi girar fa il coniglino, chi corre in bicicletta, e chi mesce del buon vino.

18 maggio 1999

Addio!

di Maria Pia Fabiani

Addio, piccola, cara, vecchia amica dalle mille avventure a me ben note che t’avevan segnata crudelmente ma che oramai erano storia antica. Ora portavi solo sulla pelle Qualche piccolo segno di ferita E coraggiosamente Andavi col tuo passo nella vita. Era segnata già la nostra sorte: sincera fedeltà fino alla morte. Hai conosciuto Carlo ragazzetto (univi la tua voce un po’ più roca alle nostre nel canto “Bella ciao”), hai ospitato amici e conoscenti, m’accompagnavi, sempre brava e buona, nei miei brevi o lunghetti spostamenti. Ora sei troppo vecchia e non puoi farlo E proprio mutilata, ora, mi sento. Non ti scorderò mai, stanne pur certa, mia vecchia, cara, amica “500”.

*Così comincia la lunga poesia dedicata alla festa della famiglia a Tavernelle.

W la ricotta (inno alla ricotta) di Amedeo Vellati

Nella vetrina di Marcellino una ricotta fa “capolino”. Bianca, “burrosa” e stimolante occupa un piatto molto abbondante e fa di sé, mostra grandiosa come suol farsi chi resta in “posa”. Quanto ti adoro, bianca e “burrosa” ricotta mia, che avidamente vorrei “ingoiarti” con bramosia, ridurti in niente. Col solo intento di assecondare il “grasso istinto” del buon mangiare.

5 giugno 1999.

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L'angolo della poesia... e della prosa

L’orologio


NOTE DALLA MISERICORDIA a cura di Adriano Baccanelli

“Puntuali e sempre presenti” Il 23 maggio u.s. la locale squadra di calcio denominata Baldaccio Bruni, vinceva il torneo di promozione ed approdava così di diritto, al girone di Eccellenza del Campionato Regionale Toscano. (Traguardo statisticamente importante perché mai raggiunto prima). Dove, se non al Castello di Sorci che è la residenza del fantasma dal quale la Polisportiva anghiarese ha rilevato il nome, il luogo più adatto per ricordare l’avvenimento? Così Sabato 12 giugno i dirigenti, la squadra, il “Mister” Chiasserini con molti sportivi a seguito, si sono lì incontrati per festeggiare. Tra gli invitati, oltre al Sindaco, figurava anche la nostra Confraternita di Misericordia alla quale veniva consegnata una targa d’argento per il servizio svolto con Ambulanza al campo sportivo, nell’intera stagione calcistica. Belle e significative le parole che vi erano incise: “Puntuali e Sempre Presenti”. Personalmente ho molto apprezzato la frase con la quale la società sportiva ha espresso riconoscenza verso la nostra Associazione. Per questo desidero ringraziare la Baldaccio, i suoi Dirigenti, il rieletto Presidente Fornacini (Omero) ed il Segretario Casula; formulando a mia volta gli auguri per i prossimi e più impegnativi confronti. Da parte nostra faremo tutto il possibile per garantire ancora la “Puntuale Presenza”.

Adozioni a distanza La Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia ci ha comunicato che ha avviato l’attività di adozione a distanza, denominata: “Adozione Arcobaleno”. L’iniziativa è rivolta ad assicurare con una spesa di 60.000 £ mensili per un anno, l’assistenza necessaria ad un bambino orfano di guerra. La Confederazione prevede di poter raggiungere le 2000 adozioni ed invita tutte le Misericordie a sostenere l’iniziativa umanitaria. Coloro che intendono aderire possono rivolgersi presso la nostra sede di via Matteotti, tutte le mattine

Domenica 5 settembre la Comunità di Santo Stefano vi aspetta per la festa della Madonna Quest'anno si prevede di poter mostrare il restaurato quadro della “Vergine con Santi” di Domenico di Michelino che verrà collocato nell'abside di destra. I festarini sono già al lavoro per la raccolta delle offerte che serviranno sia per la festa del 5 che per il pagamento del lungo restauro di questa importantissima opera che onorerà la nostra parrocchia e tutti i suoi parrocchiani. 11


Mandaci la tua foto... ...la metteremo in Archivio Continua l'iniziativa dell'Oratorio di Anghiari che si avvale della collaborazione dell’Associazione Micologica Bresadola, dell’Associazione Pro Loco e de “LA PINETA BEER GARDEN & PIZZA”. Per vedere le immagini e avere ulteriori informazioni consultate il giornale su Internet. Ricordiamo che i soggetti delle foto possono essere persone, paesaggi, scorci, attività artigianali ed economiche del territorio anghiarese nel formato minimo 10x15 e massimo 18x24 cm. Il materiale costituirà l’ “Archivio di Anghiari” e verrà immesso in rete e sarà disponibile e gratuito per tutti. Nuove adesioni: D. Amels, Paolo Gattari e Mario Del Pia.

Pubblichiamo l'elenco delle foto pervenute:

1 Venturini Giuliano, Anghiari visto da nord-est, aprile 1997 2 Venturini Giuliano, Anghiari visto da Maraville, maggio 1997 3 Venturini Giuliano, Anghiari con la neve visto dalla Maestà delle Forche, novembre 1998 4 Dragonetti Valerio, Marco (Minelli) 5 Benedetti Maurizio, Il Destino, 1985 6 Benedetti Maurizio, Il Borghetto visto dallo Sporto, 1985 7 Benedetti Maurizio, Il Teatro Corsi, 1985 8 Giabbanelli Fabiano, il bastione di Sant’Agostino, 12 aprile 1999 9 Giabbanelli Fabiano, La torre del castello di Pianettole, gennaio 1999 10 Giabbanelli Fabiano, La porta del Castello di Pianettole, gennaio 1999 11 Del Pia Mario, Anghiari panorama dalla via Nova, 4 gennaio 1999 12 D. Amels Veduta di Verazzano, 2 maggio 1996, 0re 14.07 13 D. Amels, Paesaggio con Toppole, 2 maggio, ore 14.26 14 D. Amels, Chiesa Sant’Agostino dal Corso Matteotti, 2 maggio 1996, ore 16.05 15 D. Amels, Veduta del centro storico, 2 maggio 1996, ore 16.10 16 D. Amels, Corso Matteotti, 2 maggio 1996, ore 16.50 17 D. Amels, Via Taglieschi, 2 maggio 1996, ore 17.22 18 D. Amels, Palazzo Pretorio, 2 maggio 1996, ore 17.30 19 D. Amels, Veduta di Toppole dalla via di Badia San Veriano, 6 maggio 1997 ore 15.32 20 D. Amels, Propositura e centro storico con l’Alpe della Luna, 6 maggio 1997, ore 17.08 21 D. Amels, Centro stoirico dalla strada per la porta S. Angelo, 30 aprile 1999, ore 12.28 22 D. Amels, Via Mura di sopra, 30 aprile 1999 ore 12.40 23 Paolo Gattari, Processione del Corpus Domini, 6 giugno 1999

La Pieve di Sovara di don Ercole Agnoletti*

La pieve di S. Maria della Sovara sorge sul fondovalle del corso d’acqua da cui prende il nome, sulle prime pendici della collina di Anghiari, a m. 334 s.m.. La chiesa ha il titolo di Maria SS. Annunziata. II suo nome, in documenti ufficiali, appare intorno al 1030. Ma i rilievi architettonici fatti negli ultimi restauri la fanno risalire tra la fine del VII e l’inizio dell’ottavo secolo. Assaggi esplorativi eseguiti dall’architetto Lumini hanno messo in luce una antica chiesa ad una sola navata, con presbiterio a croce latina e tre absidi. Queste tre absidi, a gloria della SS. Trinità, ci dicono che la chiesa è sorta in territorio ariano, come missione cattolica. Secondo il Salmi, invece, questa è la prima di cui ci siano rimasti dei resti architettonici e scultorei, risalente alla fine del sec. IX o agli inizi del X. Quale la storia dei primi suoi tempi? Fino al V secolo, la valle è la Suaria aretina, la zona di allevamento di suini. Più tardi diviene parte del territorio diocesano di Città di Castello, forse anche sotto l’amministrazione del municipio tifernate. Verso (a meta del sec. VII avviene l’invasione longobarda, che riconduce il territorio sotto la giurisdizione civile di Arezzo, ma riconosce l’autorità ecclesiastica del vescovo castellano su tutta la valle, permettendogli la costruzione di nuove chiese, accanto alle antiche da essi usurpate. Ciò fa pensare che tra le une e le altre ci fosse diversità di culto: a quello ariano viene contrapposto quello cattolico. Tra queste chiese di missione sorse la chiesa battesimale della pieve di S. Maria, con un collegio di chierici. Poi per tutto il sec. XII si assiste al rapido diffondersi dei monasteri e dei possessi di Camaldoli, che si incuneano, quasi una interdiocesi. Del collegio di chierici si ha memoria anche nel 1208, quando era formato dall’arciprete, da un canonico, da due preti e da un converso. Nel 1223 dall’arciprete, da un canonico e da quattro conversi. Questi ultimi erano certamente coloro che dovevano apportare quella riforma che papa Innocenzo III aveva affidato ai camaldolesi. * Tratto da “Viaggio per le valli altotiberine toscane” Ma nel sec. XIII troviamo i chierici sempre più residenti presso le varie chiese della pieve. Quindi il 12 collegio si andava sfasciando.


Ricordo di un prete inattuale di Teresa Bartolomei

C

inquant’anni sono tanti, mezzo secolo tondo. Il ci

I quaderni dell'Oratorio

clo della natura macina in quest’arco di tempo due generazioni umane. La ruota della storia può consumare in dieci lustri un bel tratto di strada; e poiché invecchiando il nostro mondo ha sempre più fretta, invece che rallentare il suo ritmo s’accelera: gli ultimi cinquant’anni hanno visto molti diademi cadere e Dogi arrendersi, come dice il poeta. Il volto del mondo si è completamente trasformato. L’Italia, Don Vittorio durante la celebrazione di un battesimo il 4 gennaio 1992 nella Pieve di uscita distrutta materialmente Micciano e moralmente da una lunga dittatura e da una rezza questi diversi fattori che Anghiari può trovare guerra catastrofica, è oggi una delle prime potenze una risposta aggiornata e progettualmente feconda mondiali, nazione all’avanguardia per coscienza e alla domanda sulla propria identità. prassi democratica, per qualità della vita, sviluppo Comunque vadano le cose, qualunque sia la ritecnologico e produttivo. Anghiari, che prima la guerra, poi il tragico passaggio del fronte, aveva- flessione che a questo riguardo riuscirà a prendere no messo in ginocchio, che pagava con una cruda corpo - a tutto campo o parziale, circostanziata o miseria il grave ritardo industriale di tutto l’Aretino approssimativa, di taglio storico o politico che essa e la propria perifericità rispetto alle grandi vie di sia -, una tale ricognizione non potrà prescindere comunicazione, è oggi un paese moderno, bene- dalla considerazione del ruolo pubblico e spirituale che nel paese ha avuto in questo ultimo mezzo secolo stante, completamente rimesso a nuovo. Alle soglie del nuovo secolo - che coincidono la Chiesa, a partire dalle due figure chiave di Don con quelle del millennio - non è perciò forse del Nilo e Don Vittorio. tutto improprio fare bilanci: scadenze esteriori di Che tale ruolo sia stato centrale, e positivo, credo tale solennità non possono non acquisire anche un significato interiore e quindi, nella coincidenza rara che sia ampiamente riconosciuto dalla popolazione dell’occasione esterna e interna, valenza simbolica. anghiarese, anche se (com’è inevitabile in relazione Perdere certi appuntamenti che dà la storia può a vicende di portata pubblica) le incomprensioni costare caro in termini di autocoscienza e quindi non sono mancate. Quello che tale riconoscimento non ha forse ancora maturato (mi posso sbagliare) di potenzialità di evoluzione. è tuttavia una coscienza complessiva e riflessa dei Chissà se Anghiari riuscirà a chiudere un attimo diversi aspetti e delle ragioni dell’attività pastorale gli occhi per guardare se stesso da dentro, per fare il dei due ultimi Proposti, delle implicazioni che essa punto della situazione: una ricognizione dello stato ha avuto per il paese, soprattutto quelle più profonde, delle cose, del percorso compiuto sin qui e di quello meno appariscenti. ancora da fare. Se cercherà di leggere la propria vicenda più recente, e di riconoscere cosa in essa La Chiesa anghiarese e le sue chiese vi sia di generale (perché essa è solo il tassello di La vita di Anghiari è stata segnata da questi un processo molto più grande, in cui il paese si è due sacerdoti, perché essa è stata per entrambi la trovato immerso) e cosa invece di peculiare, tipico, forse unico. E’ infatti solo individuando con chia-

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preoccupazione costante, primaria, del loro servizio parrocchiale. Molte cose hanno accomunato Don Nilo e Don Vittorio, che hanno lavorato fianco a fianco per venticinque anni -l’uno parroco, l’altro cappellano, perché una coesistenza di tale durata non può sussistere senza un’affinità profonda tra gli interessati, senza la condivisione se non di tutti, certo di buona parte degli indirizzi spirituali e operativi da imprimere alla vita della parrocchia. Ma al di là delle numerose affinità, soprattutto una passione comune ha unito Don Nilo e Don Vittorio: l’amore per Anghiari, l’orgoglio quasi di tale appartenenza; non un amore contemplativo, elegiaco, ma operoso, costruttivo (non solo in senso metaforico), tutto teso a realizzare, a promuovere il paese in tutti i sensi, a cominciare da quello urbanistico - culturale. Non è un caso che negli ultimi decenni il Proposto sia stato una specie di ministro dei Lavori Pubblici del paese, il promotore diretto o indiretto di molte delle più grosse opere di ristrutturazione e recupero del patrimonio architettonico anghiarese (primariamente, ma non solo, religioso). La fondazione dell’Istituto d’Arte, la creazione del Museo Taglieschi, il restauro di Santo Stefano, della Propositura, della Chiesa della Croce, della Maddalena, della Badia, l’avvio del restauro della chiesa di Sant’Agostino e di Palazzo Testi...... La catena delle iniziative strutturali per Anghiari e degli interventi di recupero e restauro (onerosi e spesso rischiosi dal punto di vista economico) inaugurato da Don Nilo, è stata portata avanti dallo zio Vittorio con tenacia infaticabile, abnegazione, sensibilità estetica, spirito pratico e al tempo stesso avventuroso utopismo. Fino all’ultimo. Ma per quanto positivo, concreto, fattivo, l’amore per Anghiari che ha nutrito quest’indomabile vis aedificandi di Don Nilo e dello zio Vittorio, è sempre stato un amore spirituale. Anghiari era la terra in cui Dio aveva chiesto al pellegrino di piantare la propria tenda. L’amore al paese era amore al comando di Dio che affida al suo pastore un piccolo gregge e gli chiede di incarnare in un luogo determinato della terra, in un tempo determinato della storia, la Chiesa universale. Senza quest’incarnazione concreta la Chiesa sarebbe tagliata fuori dalla vicenda terrena, sarebbe solo un testimone angelico, non la sposa di Cristo, Dio fattosi uomo per dare pieno compimento alla redenzione del mondo. In Anghiari lo zio Vittorio amava il volto terreno della propria vocazione spirituale di sacerdote. Lui, che - come sa chi ha avuto l’occasione di seguire le sue omelie - non è mai stato un amico delle astrazioni, del dottrinarismo, dei concetti, che nel suo servizio pastorale teneva sempre conto in primo luogo del lato umano, terreno, delle situazioni e delle anime, che dava importanza ad ogni piccola

foto emmedipi

Don Vittorio in occasione della visita alle Famiglie (l' “Acqua Santa”) nel 1994.

cosa (anche la più modesta, anche la più insignificante agli occhi degli altri), non poteva non vedere anche la propria personale vicenda in questa luce, amandone le contingenze esteriori come un dono significativo, annodandone le sparse fila materiali a un disegno divino. Molti, la maggior parte in realtà, dei sacerdoti, hanno la ventura di emigrare di ruolo in ruolo, di missione in missione, di parrocchia in parrocchia, e sono dunque, per forza di cose, obbligati a distinguere il proprio ministero sacerdotale dalle funzioni e dai luoghi in cui questo successivamente si esercita - a mantenere dunque sempre una dimensione ‘personale’ del proprio essere sacerdote, distinta dalla veste di volta in volta assunta. A differenza di questi sacerdoti lo zio Vittorio era ‘nato prete’ ad Anghiari ed ha dedicato al paese i suoi cinquant’anni di vita sacerdotale (e non per forza di cose, ma per scelta: a suo tempo rifiutò il ‘gran salto’ di carriera a Roma, dove gli era stato offerto di andare in qualità di musico, nel coro della Sistina). Il suo essere sacerdote era indissociabile dal luogo in cui questo si esercitava, si realizzava interamente nel servizio cui era stato chiamato dall’inizio, prete della Chiesa di Anghiari. Delle chiese per l’esattezza, come evidenzia in modo eloquente la precisione quasi pignola con cui nel suo testamento spirituale elenca ad una ad una tutte le sue chiese, con la tenerezza e l’orgoglio di una madre che chiama per nome le sue creature. Una 14 madre che dice: “ Ho tutti nel mio cuore: Anghiari,


Santo Stefano, San Lorenzo, San Martino, Santa Croce.” Perché il suo amore non era ‘generico’, ma specifico, circostanziato, non era l’anonimo senso di responsabilità di un buon amministratore, ma sollecitudine affettuosa e premurosa. Direi passionale, se questa parola non stonasse in relazione a un uomo così schivo, pudico, riservato, estremamente contenuto nella manifestazione dei suoi sentimenti. Ma se la parola non stonasse, ripeterei che era passionale un amore in cui avevano poco spazio i calcoli del buon senso, la ragionevolezza economa degli accomodamenti compromissori. Fino alla fine, contro le esortazioni dei medici, le suppliche dei parenti, i consigli stessi dei confratelli, mettendo a dura prova le proprie forze infiacchite, giocando quasi a rimpiattino con la morte, lo zio si è ostinato a mantenere la messa domenicale nelle varie chiese del Vicariato. Ore 7,00 - Propositura; ore 8,30 - Santo Stefano; ore 8,50 - San Lorenzo; ore 9,30 - Propositura; ore 10 - San Martino; ore 11 - Propositura; ore 18 - Chiesa della Croce. L’elenco delle messe domenicali suona quasi come un bollettino di guerra. Contro il nemico personale del proprio declino fisico, dovuto all’avanzare degli anni e alla malattia, ma anche contro il nemico comune di una modernizzazione ecclesiale che con la crisi delle vocazioni, la penuria dei sacerdoti, impone alla Chiesa una riorganizzazione severa, tagli e prepensionamenti a tappeto delle comunità marginali, periferiche. Era una guerra anacronistica (coscientemente e programmaticamente tale) contro questo processo ineluttabile della concentrazione territoriale delle attività parrocchiali e soprattutto liturgiche, con l’accorpamento delle piccole chiese di campagna sotto un’unica giurisdizione. Una guerra contro la chiusura delle canoniche, la rarefazione delle pratiche di culto nelle singole chiese, sbarrate per la maggior parte del tempo, perché il parroco

non ce la fa ad arrivare dappertutto e più di qualche rara visita occasionale non è in grado di garantire. La chiesa resta sbarrata; il tempo, incontrastato, affretta la propria opera di corrosione. La chiesa abbandonata comincia a deperire, si ammala. Un giorno diventa impraticabile, poi inagibile. Contro questa lenta agonia del tempio di Dio, che viene ferito ogni volta che si spegne una chiesa edificata dalla pietà popolare, si ribellava passionalmente lo zio Vittorio, combattendo la sua battaglia orgogliosamente anacronistica; inattuale agli occhi stessi di tanti confratelli : quanti di loro non avranno in privato giudicato antiquata e ‘paesana’ quella pastorale di vecchio stampo, tutta condotta a colpi di Funzioni, tridui, rosari e novene, di una sfilza interminabile di messe - incastrate l’una con l’altra come in un domino? Quanti confratelli non avranno in privato giudicato anacronistica quella questua di preti ricominciata ogni volta, in occasione della ricorrenza nel calendario liturgico della festa legata a una delle tante chiese del territorio ? Ma per nulla al mondo lo zio Vittorio avrebbe rinunciato alla sua questua: perché una festa è una festa. Non basta il parroco da solo a renderle onore. Ci vuole una bella concelebrazione, la più nutrita possibile. Le Funzioni, le messe, le feste, divenivano perciò ai suoi occhi anche un poco le armi della sua battaglia. Così come lo erano, su un altro fronte, ma nello stesso, identico spirito, le mille trafile burocratiche per ottenere un finanziamento, le innumerevoli visite alla Sovrintendenza, a chiedere un permesso, un aiuto - comprensione, attenzione -, il faticoso barcamenarsi tra incalzanti scadenze di pagamento e la riscossione di sussidi promessi e sempre rinviati, l’attivismo ‘imprenditoriale’ per il risanamento delle tante chiese della parrocchia (così come di tanti, piccoli e grandi - beni immobili della Chiesa anghiarese). Le interminabili procedure

Don Vittorio mentre dirige la "sua" corale in occasione del Concorso Polifonico Guido Monaco ad Arezzo.

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burocratiche, le faticose operazioni bancarie, i laboriosi tira e molla con le amministrazioni locali, non erano altro che una forma di culto, i mezzi ‘temporali’ per far trionfare le ragioni di un amore ‘mistico’. “Allora i suoi discepoli ricordarono la parola della Bibbia che dice: L’amore per la tua casa è come un fuoco che mi consuma”. (Gv.2, 17) Davanti a quest’amore, tutto il resto era secondario. Che la battaglia fosse anacronistica, inattuale, sicuramente perdente, che cosa importa? Lo zio era uno spirito Don Vittorio in gita con i ragazzi della parrocchia, metà degli anni '60. libero e anticonvenzionale (come sono tutti i grandi reazionari e i grandi rivoluzionari), è disponibile. Una chiacchierata su quello che ci sta ascoltava tutti, non dava retta quasi mai, quasi a a cuore e si riattacca. nessuno. Andava per la sua strada, convinto di non Ma il dialogo con Dio - che è quanto di più sempoter divenire un altro, di non poter rendere altro plice vi sia al mondo -, non è affatto così immediato, servizio al Signore se non quello germinato dalle così banale. La Sua Presenza è un mistero che non proprie convinzioni più profonde. La sua missione può essere compreso, ma può essere accolto. Se era custodire, accudire, mantenere tutte vive e in soltanto Essa è rispettata nella Sua diversità - nella salute le Chiese che il Signore gli aveva affidato. La Sua incommensurabilità rispetto alla contingenza chiusura definitiva di una di queste creature sarebbe gratuita e arbitraria della nostra vita materiale. stata per lui come la morte di un figlio per una madre Contro l’autosufficienza arrogante e sprovveduta (se la riapertura della Cappella della Maddalena, di chi pensa di non aver bisogno della Chiesa per nell’agosto ‘96, era stata per lui una gioia grande trovare Dio e rifondare la convivenza con gli altri quanto quella di una nascita, uno dei grandi crucci nel segno della Salvezza, lo zio Vittorio esortava il con cui se ne è andato, è di non avere concluso suo popolo: “Amate le vostre chiese come luogo di l’agognato restauro di Sant’Agostino). Pace e Riconciliazione”. E si impegnava perché nella Chiesa divenisse il più possibile ed efficace questa consacrazione, la grazia dell’incontro con Dio. La centralità della liturgia Non meno forte che l’amore per la Chiesa come L’incarnazione storica più immediata, concreta e Tempio Santo, luogo del culto, era infatti per lo zio visibile della Chiesa è l’edificio in pietra, legno e il culto stesso: la Liturgia, che è stato l’altro grande mattoni, che sulla terra Dio elegge a propria dimora, fulcro della sua azione pastorale ad Anghiari. La messa è l’anima di una chiesa (la chiesa in cui in cui gli uomini si raccolgono per pregarlo e incontrarlo, per celebrare il memoriale del sacramento eu- non si celebra, è come una candela spenta), perché la caristico. Luogo santo e perciò santificante, immenso Liturgia è l’anima della Chiesa: “il culmine verso cui dono di grazia di Dio agli uomini, che spesso non tende la sua azione’ e “la fonte da cui promana tutta sanno riconoscerlo ed esserne abbastanza grati a Dio. la sua virtù” (Sacrosantum Concilium., III, 10a). La celebrazione della messa quotidiana e di quella A tutti i livelli predomina oggi l’atteggiamento di una, spiritualmente ingenua quanto intrinsecamente domenicale, la recita del Santo Rosario, l’ora di Adoarrogante, autosufficienza del (quasi)credente, che razione, le Funzioni, i Tridui e le Novene, il Primo ritiene di poter regolare in proprio i propri conti con Venerdì del Mese, la sollecita e intensa comunione Dio, cioè senza far ricorso a mediazioni, supporti, con le varie tappe del calendario liturgico (che lo comunanze, tutti i molteplici doni che la Grazia gli ha zio seguiva con amorosa assiduità nel giornalino messo a disposizione nel corso della plurimillenaria dell’Oratorio), culminante nell’appuntamento - una vicenda della Rivelazione. Il (quasi)credente non volta tanto sentito e partecipato da tutto il paese fa ricorso ai Sacramenti, non legge la Bibbia, non - della Settimana Santa, l’impegno instancabile va in Chiesa, ignora la riflessione del Magistero; per assicurare decoro e solennità alla celebrazione semplicemente (crede di) parla(re) con Dio, quando delle principali feste liturgiche. Queste erano le sue ne ha voglia o necessità, come si parla per telefono prime preoccupazioni di pastore, in un’insistenza con un amico lontano. Basta fare il numero e l’amico quasi accorata sulle priorità assolute del servizio

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liturgico rispetto alle altre attività parrocchiali; in un’insistenza che non da tutti è stata compresa e condivisa, che ha indotto non pochi parrocchiani (praticanti, im-praticanti e non credenti) a giudicarlo - ancora una volta- come un sacerdote ‘inattuale’. Inattuale era davvero quest’amore, ‘passionale’ anch’esso, alla celebrazione liturgica, in tutta la ricchezza delle sue simbologie e delle sue ritualità, consolidatasi e affinatasi in secoli di vita ecclesiale; un amore che si manifestava ogni volta nella grazia unica, irripetibile, con cui si accostava al mistero e ne rendeva partecipe l’assemblea: le sue erano sempre celebrazioni intense, ma essenziali, misurate, prive di enfasi o di gravità, piuttosto asciutte che protratte - mai una celebrazione ‘tirata per le lunghe’, ma neppure mai una celebrazione sciatta o ‘tirata via’, anche nella stretta di certi orari risicati -. Perché esse erano sostanzialmente (può sembrare un paradosso solo a chi non abbia avuto l’occasione di assistervi) celebrazioni ‘silenziose’, in cui cioè la parola del sacerdote aveva un ruolo secondario rispetto all’intrinseca rilevanza del rito; in cui il sacerdote si faceva come da parte, per lasciare in primo piano esclusivamente l’evento comunitario della preghiera, e del mistero che ad essa si dona nella messa. Nella grande comunità del Popolo di Dio molti e diversi sono i carismi, molti e diversi sono gli stili del pastore, tutti egualmente legittimi, tutti portatori di un benedizione speciale, quando nascano dall’incondizionata accoglienza della Grazia. Lo

zio Vittorio non era sicuramente il predicatore che doma le folle con lo splendore della parola : la sua vocazione non era proclamare le lodi del Signore, ma cantarle; la sua forma d’espressione non era la retorica ma la musica. Il canto non era infatti per lui (a differenza che per tanti confratelli) una componente accessoria, ‘ornamentale’ del rito, ma la manifestazione, piena ed autentica e perciò imprescindibile, della sua essenza: la rivelazione diretta del sentimento comunitario di gioia per l’incontro con Dio. In questo senso anche il suo amore per la liturgia era quello di un sacerdote inattuale, perché questo primato ‘arcaico’ della bellezza e del sentimento della celebrazione (che tanto deve alla musica) è oggi rovesciato, nel comune sentire ecclesiale, in funzione del primato dei contenuti : la fede consapevole e razionalmente critica dei nostri tempi non confida, qualche volta anzi ne diffida, nella partecipazione ‘estetica’ al suo annuncio. Quello che spesso va tuttavia perduto in questo giusto (ma a volte frettoloso) appello al primato della coscienza argomentativa, è la percezione della dimensione spirituale, ben al di là di quella estetica, della bellezza, la sua valenza mistica di esperienza di Dio. Che le messe delle nostre chiese siano sempre più deludenti, da questo punto di vista. Che la superficialità e il pressappochismo dell’improvvisazione, educata solo dalla trivialità della musica commerciale, prevalgano nell’accompagnamento musicale (quando ancora c’è) e nei rarissimi tentativi di animare in modo innovativo la messa. Che la produzione di musica sacra di qualità sia oggi praticamente inesistente. Questi sono tutti segni non positivi dell’esaurirsi di una cultura liturgica millenaria, di cui forse ci si preoccupa troppo poco a livello ecclesiale, tutti presi come si è da priorità pastorali, sociali e politiche che fanno apparire tutto il resto secondario e Piazza Baldaccio, la “Piazza”, in un disegno di AMT

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non urgente. Ma si dimentica così che la musica, come insegnano i mistici, è la forma d’espressione umana più vicina (quella che meno la tradisce) all’esperienza della presenza di Dio. La bellezza del rito che nella musica trova pieno compimento, è in effetti per il credente un’esperienza spirituale, non estetica. Non a caso l’organo si è consolidato nel tempo come lo strumento più appropriato per accompagnare le celebrazioni liturgiche (anche se a volte sembra che pochi anni di chitarra siano bastati a spazzare via un primato sancito da secoli di selezione non naturale, ma culturale). Perché l’organo non è lo strumento dal suono più bello, ma quello dal suono più potentemente evocativo degli stati di un’anima che si sente chiamata in presenza di Dio. E l’organo era infatti per lo zio, insieme al coro, l’autentica anima della liturgia. La sua passione musicale, intensa e versatile (perché non è stato solo fondatore e direttore di una corale, che per molti anni - finché gli impegni parrocchiali gli hanno permesso di seguirla - ha raggiunto ottimi livelli -, ma anche eccellente organista e fine compositore), era in questo senso il compimento della sua vocazione sacerdotale, scaturiva dal cuore stesso della sua missione di prete: la celebrazione eucaristica. Per lui era impensabile una semplice messa senza canto (anche breve, anche solitaria intonazione del celebrante), come era inconcepibile una messa solenne senza coro e senza organo : sarebbe stata una ‘messa nuda’, priva di quella manifestazione anche spiritualmente visibile (o meglio udibile) in cui l’assemblea partecipa la sua gioia di incontrare Dio e poterlo lodare. La musica non è un ornamento della messa, ma una sua componente essenziale. Per affermare, o meglio per praticare questa convinzione, lo zio si è impegnato senza riserve, con coerenza, spesso fino alla rinuncia di sé : qual è il parroco che, potendo scegliere, tiene per sé tutte le messe ‘secondarie’ della domenica (quelle delle sette, delle otto, delle nove e mezzo) per delegare al cappellano, o comunque a un coadiutore, precisamente la messa socialmente ‘più importante’, quella di fine mattinata? Qual è il parroco che, potendo scegliere, nelle cerimonie solenni prende posto dietro l’altare, nel ruolo ‘invisibile’ dell’organista ? Uomo di servizio, mai di ribalta, lo zio seguiva semplicemente la sua convinzione che il parroco è più necessario dietro che davanti all’altare, se questo serve ad assicurare alla messa la sua ‘veste liturgica’: una musica che possa essere chiamata tale, una bellezza che deve scaturire spontanea dall’atto comunitario di glorificazione di Dio.

Un sacerdote e il suo paese

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Hanno capito e accolto gli Anghiaresi il messaggio contenuto nella dedizione silenziosa e tenace del loro parroco? Hanno capito e accolto il dono che essa ha racchiuso per il paese? Riconoscere e valutare il significato dell’azione pastorale dello zio Vittorio è il risultato di un giudizio complesso, che probabilmente solo il tempo aiuterà a formulare con sicurezza ed equilibrio. Forse certe cose si chiariranno e si potranno valutare solo con la venuta di un nuovo parroco, con l’apertura di una nuova epoca, nella percezione di quanto di nuovo e di diverso comincerà. La nuova stagione darà altri frutti, magari più grandi. Ma sono certa che non andrà per questo perduto il sapore di quelli maturati dall’azione pastorale di Don Nilo prima e dello zio Vittorio poi, nell’arco degli ultimi cinquant’anni del paese. Altri, che hanno vissuto da vicino, quotidianamente, la vita della parrocchia, sapranno molto meglio di me indicare qual è l’eredità morale che questi due sacerdoti lasciano ad Anghiari. Cosa resta del loro operato, ben al di là dei pur consistenti risultati materiali. Se un’osservazione a caldo, sul filo delle emozioni, mi è tuttavia permessa, vorrei sottolineare qui un aspetto che mi coinvolge particolarmente nella mia veste di ‘anghiarese stagionale’, di un’anghiarese, insomma, che sta fuori per la maggior parte dell’anno e torna ad Anghiari con periodica regolarità. La cosa che ad ogni ritorno colpisce più di tutto il resto, e colpisce positivamente, come la conferma di una buona notizia, è che non c’è notizia. Tutto è rimasto lo stesso, tutto è al suo posto, esattamente come lo si è lasciato, qualche settimana o qualche mese prima, senza che per questo il paese trasmetta, come avviene a certi piccoli centri periferici, un greve sapore di stantio, di immobilismo e antiquata malinconia. Anghiari è sempre lo stesso, ma è al tempo stesso vitale, aggiornato, moderno. Chi viene da dieci, da venti, da trent’anni, ritrova sempre lo stesso paese, in cui i cambiamenti esteriori più o meno eclatanti (un nuovo hotel, un parcheggio sotto le Mura, un ricco programma estivo di musica e teatro...) restano funzionali, interni all’identità del paese, non la stravolgono. La sostanza umana, il tessuto sociale, il linguaggio, sono certo mutati nell’arco degli anni, ma senza cesure traumatiche, senza quegli sconvolgimenti profondi che altrove hanno travolto intere comunità. Anghiari non è divenuto una vetrina turistica (come tanti bei centri della Toscana, in cui il mettersi in mostra, il fare della propria realtà - artistica, gastronomica, culturale - una merce di qualità, finisce per svuotare quest’identità ad articolo commerciale, per raggelarla in una rigidità artificiosa). Non è divenuto il sobborgo industriale di una neonata area produttiva. Non è divenuto il dormitorio residenziale


di una popolazione perennemente in trasferta. Non è regredito a realtà marginale, arretrata, anacronistica, come è accaduto a tanti piccoli paesi che non sono riusciti a fare il gran salto e si sono rinchiusi in un malinconico isolamento, in cui la conservazione fine a se stessa diviene pura difesa del passato, arcaismo ascetico e perdente. Certo, i problemi non mancano, e coinvolgono prima di tutto i giovani, che vorrebbero un paese più dinamico, che si lamentano giustamente della stagnazione economica e culturale, di una politica amministrativa più attenta alla conservazione che alla promozione di iniziative industriali e imprenditoriali. Il paese - si lamentano i giovani - non favorisce, anzi scoraggia ogni progettualità, è troppo innamorato di sé stesso per mettersi in gioco e rischiare. Ma poi questi stessi giovani non se ne vanno, come promettono, e se qualcuno alla fine - quasi sempre a cuore pesante - si convince ad emigrare, quasi sempre fa - presto o tardi - il possibile per tornare. O perlomeno va ad infoltire il gran popolo di anghiaresi stagionali (come me), che non possono mancare le ferie d’agosto e i fine settimana prolungati all’ombra del Campanone. Perché Anghiari è un casa: un paese di fortissima, solida identità, cui l’evoluzione frenetica degli ultimi anni non ha tolto l’anima come a tante altre, piccole e grandi, realtà urbane e che se forse, effettivamente, non guarda al futuro, tuttavia non è neppure rivolto al passato. Anghiari vive il presente, orgoglioso di dove viene, poco preoccupato di dove va. Nella costituzione di questa preziosa alchimia tra vecchio e nuovo, continuità e aggiornamento, non ha forse avuto un ruolo fondamentale la Chiesa? La Chiesa anghiarese prima di Don Nilo, poi dello zio Vittorio? Questa Chiesa non ha forse contribuito puntigliosamente a mantenere vivi nel paese la

memoria storica e l’orgoglio della propria identità, non ha contribuito a far sì che la rete dei rapporti umani e sociali non si smagliasse, restando una forte griglia di identificazione per i suoi membri,? Non ha contribuito a mantenere una continuità spirituale che fungesse da punto di riferimento comune a vecchi e giovani, che fornisse una koinè interiore, un comune linguaggio morale a quanti restavano e a quanti andavano ? Che per cinquanta anni la parrocchia abbia potuto contare sulla presenza ininterrotta dello stesso sacerdote, prima cappellano poi parroco, ha indubbiamente garantito alla Chiesa di Anghiari una continuità spirituale che non poteva mancare di avere forte rilevanza per tutto il paese. La sensazione di chi arriva ad Anghiari, dopo un’assenza più o meno prolungata, la sensazione di trovare tutto in ordine, al proprio posto, ma non a causa di una situazione di immobilismo passatista, bensì in un contesto sempre vitale, partecipato e cosciente, questa sensazione si conferma, anzi si rafforza, entrando in Chiesa, per assistere ad una messa, a una Funzione, al Rosario. L’atmosfera, il sentimento, i gesti, sono rimasti, di anno in anno, gli stessi: il Gesù morto coperto di fiori, gli incappucciati della Misericordia, il percorso della processione per il Venerdì Santo. Le file al confessionale, il repertorio ‘classico’ della Corale e la voce potente dell’organo per le grandi feste di Natale e di Pasqua. Le adunate di sacerdoti concelebranti per i riti solenni in omaggio ai protettori del paese: il Crocifisso, San Bartolomeo, Santo Stefano. Nell’arco degli anni nulla cambia - il rito, le voci, le scansioni dei tempi, le immagini -, ma non invecchia. Resta tutto miracolosamente fresco, attuale, parte del presente comune. I mutamenti - perché ovviamente anche qui ce ne sono, piccoli e grandi sono comunque di portata secondaria, ininfluenti alla percezione, dal momento che quello che conta, la sostanza, non muta. Certo, gli anni passano. La Chiesa si trasforma. Ma è davvero così importante? Nella Chiesa di Anghiari, i grandi cambiamenti affrontati nel corso degli ultimi decenni dalla Chiesa universale e italiana in particolare sono stati assorbiti senza contraccolpi clamorosi, senza evoluzioni spettacolari. Perché da sempre ciò che conta, è l’essenziale. Don Vittorio durante la celebrazione di un battesimo il 4 gennaio 1992 nella Pieve di MicCosì, come non ha avuto

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spazio la sperimentazione avanguardistica in campo religioso, non si è mai nemmeno sentito, nella Chiesa di Anghiari, il respiro greve del conservatorismo ideologico. È sempre stata una chiesa festosa, misericordiosa, tollerante. Costruttiva e aperta. Una Chiesa che non promulgava sentenze o emetteva condanne, ma cercava sempre in primo luogo la riconciliazione e la pacificazione. Se la vicenda politica di Anghiari (guidato ininterrottamente per cinquant’anni da giunte di sinistra) ha precluso strutturalmente qualsiasi indebita sovrapposizione con il potere locale, circoscrivendo rigorosamente il ruolo pubblico della Chiesa nella vita del paese, non per questo tale limitazione è stata vissuta (come in altre realtà) come un condizionamento, fonte di conflittualità gratuita e di alzate di scudi plateali; in primo piano sono sempre stati il dialogo e la collaborazione per il bene del paese. Anghiari non ha avuto né una Chiesa di destra né una Chiesa di sinistra (il che non vuol dire nemmeno aver avuto una Chiesa impolitica, come ben sa chi ha conosciuto lo zio Vittorio), ma una Chiesa fedele al proprio ruolo esclusivamente religioso, anche nelle attività di più concreto rilievo pubblico, nelle iniziative più incisivamente sociali. Una Chiesa che si è sempre adoperata perché nel paese le differenze ideologiche non divenissero fratture, perché i dissensi amministrativi non degenerassero in lacerazioni, perché ci fosse spazio per il contributo e il ruolo di tutti. Una Chiesa che è sempre stata vicina al suo popolo, a cominciare dai più piccoli, dagli ultimi. Chi ha sofferto di più la mancanza di Don Vittorio, non è stato l’Anghiari più in vista, l’Anghiari di chi ha avuto successo (materialmente e professionalmente), ma quello che un tempo si chiamava in tono dispregiativo il popolino: la gente semplice. Perché la Chiesa di Anghiari aveva il loro volto e in essa si riconoscevano. Anche a livello di collaboratori la Chiesa di Don Vittorio non era una Chiesa ‘borghese’ (cosa che gli è stata qualche volta rimproverata), ma essenzialmente, genuinamente popolare. Le colonne

laiche della Propositura non erano dame (Vincenziane, dell’Apostolato..., della Congregazione....), ma semplicemente la Lucia, l’Anna, la Lidia, l’Armida, la Vittorina e le altre. Non erano tanto imprenditori, professionisti, intellettuali, quanto artigiani, operai, piccoli impiegati, insegnanti. Lo zio Vittorio se ne è andato. Il suo sorriso - timido, ma mai indeciso; ironico, ma mai distaccato; riservato, ma sempre affettuoso - non accoglie più i parrocchiani al loro ingresso in Chiesa. La sua voce, sottile e aggraziata, quasi fanciullesca, non intona più il Sanctus. Per Anghiari - credo che questo lo sentano tutti con chiarezza - è finita un’epoca. Per una misteriosa, significativa coincidenza, l’arco dei suoi cinquant’anni anghiaresi si chiude con il secolo, addirittura con il millennio. La continuità che la sua figura ha così esemplarmente incarnato e promosso, inevitabilmente si spezza. Domani, niente potrà essere più uguale. È giusto che sia così. La storia nasce dal mutamento, è mutamento. Ma chi resta, e ha amato il tempo che ormai ci troviamo alle spalle, non può che guardare con un brivido e una fitta di rimpianto alla fine di questo lungo ciclo. Aprendo nuovi orizzonti, il nuovo ne chiude sempre qualcuno, e l’ora del tramonto porta sempre con sé un’ombra di malinconia.

Panorama di Anghiari disegnato da Loris Babbini

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Chi è il Promotore finanziario? Potremmo definire il Promotore come “Esperto di Finanza & Promozione Finanziaria Assicurativa”, ossia un professionista che ha come prospettiva, dopo il diploma di maturità, o preferibilmente la Laurea, di lavorare nelle imprese come esperto di Finanza e Assicurazioni. La figura del Promotore finanziario è attualmente una delle figure professionali più richiesta da Banche, SIM e Assicurazioni e ciò, da un lato a causa del vincolo giuridico dell’iscrizione in un apposito albo tenuto dalla CONSOB, previo superamento di un esame di Stato, per l’esercizio dell’attività di promozione di servizi finanziari e dall’altro per la competenza finanziaria, assicurativa e giuridica che il superamento dell’esame impone per l’esercizio della professione. Se consideriamo l’esigenza di tutti, di costituire la previdenza integrativa come forma di tutela pensionistica e il fatto che la sua promozione veda nel Promotore finanziaria il perno centrale del sistema pensionistico ciò, ci lascia immaginare come il Promotore finanziario diventerà presto il pilastro su cui le famiglie poggeranno la sicurezza e la difesa del proprio tenore di vita presente e futuro. Oltre a ciò, la globalizzazione dei mercati finanziari, richiederà alle famiglie e ancor più alle imprese, l’utilizzo di esperti finanziari che sappiano cogliere nei prodotti dell’ingegneria finanziaria e assicurativa le opportunità per una sana gestione dei flussi di cassa e delle fonti di finanziamento sia a breve che a medio o lungo termine. Infine, cosa di primaria importanza, l’acquisizione delle tecniche di vendita e marketing necessarie allo svolgimento della professione di Promotore finanziario, consentono di operare con profitto anche in altri settori commerciali e quindi con possibilità notevoli di inserimento nel mondo del lavoro. Il Promotore finanziario, è un professionista altamente qualificato ed esperto di Finanza, Economia finanziaria, Assicurazioni e Diritto sia civile che fiscale attinente ai mercati finanziari, che tiene i rapporti tra un intermediario autorizzato: SIM o Banche e i clienti. Lavora in un ambito di alta autonomia lavorativa e deve essere in grado di costruirsi un piano di marketing, dargli esecuzione e verificarne la validità nel tempo, e apportare le opportune modifiche. Deve conoscere le più raffinate tecniche di comunicazione, e saper instaurare con i clienti un rapporto molto vicino a quello che lega il medico al paziente. Infatti, una volta instaurato il rapporto con il cliente, il Promotore finanziario, deve saper gestire anche i complicati rapporti che spesso si generano all’interno delle famiglie, i cui membri, vedono in lui l’unica persona con cui confidarsi. Ciò può sembrare di poco conto, ma è una capacità che inconsciamente il cliente chiede come condizione indispensabile per mantenere un rapporto di lavoro duraturo. Il Promotore finanziario, ha il compito di analizzare le esigenze del cliente e dopo attenta analisi dei suoi bisogni e tenuto conto dell’andamento dei mercati, consiglia e offre la ricetta più giusta per soddisfare i bisogni di previdenza, investimento e finanziamento, sia che il cliente sia un’azienda o un privato. Inoltre aggiorna periodicamente l’analisi della situazione finanziaria, assicurativa e previdenziale del cliente e consiglia le variazioni suggerite dal cambiamento dei mercati o dalle esigenze dello stesso. La vastità delle conoscenze a lui richieste dal severo esame di Stato, lo mette in grado di espletare per induzione e futura scelta, sia l’assicuratore che il consulente finanziario. Infatti, il Promotore finanziario oltreché proporre prodotti, la legge lo autorizza ad espletare la consulenza finanziaria per conto dell’intermediario per cui lavora.

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Dal Gruppo Donatori di Sangue “Fratres” Anghiari Un “caloroso invito” ai neo-diciottenni Tutti i giovani, che nel corrente anno compiranno il diciottesimo anno di età, riceveranno in prossimità di tale importante “momento” della propria vita, la seguente lettera-invito, con la speranza che, unitamente ai numerosi impegni che l’età adulta comporta, mettano in calendario anche quel gesto di solidarietà e di amore fraterno, concretizzabile nella donazione volontaria, gratuita e responsabile del proprio sangue. Carissimo giovane, come certamente saprai, sono ormai tanti anni che in Anghiari è presente ed opera attivamente il GRUPPO DONATORI DI SANGUE “ FRATRES”, fondato nell’ormai lontano 1976, su iniziativa della locale CONFRATERNITA DI MISERICORDIA. In Italia mancano ancora , ogni anno, circa un milione di unità di sangue, per cui il Servizio Sanitario è costretto a ricorrere a forniture internazionali, con tutti i rischi che queste comportano (il temibile virus dell’AIDS si è diffuso dall’Africa, in tutto il mondo, proprio per questo motivo!). Tutto questo avviene perché, ancora, solo un italiano su cento, purtroppo, è un abituale donatore di sangue, contro i necessari cinque abitanti su cento, che assicurerebbero l’autosufficienza. Anche se la realtà di “Anghiari” è in questo campo sicuramente più rosea ( Il nostro Gruppo conta oggi, dopo 23 anni di attività, 350 donatori che, ogni anno, assicurano all’Ospedale di zona più di 400 donazioni, cioè il 7% della popolazione!), siamo comunque chiamati non solo a mantenere ma anche ad ampliare tali importanti risorse, pensando non solo al “proprio orticello”, ma a quello più ampio nazionale e ( perché no!) internazionale. È per questo che mi permetto di rivolgere a te, nell’importante momento del compimento della maggiore età, un caloroso invito a diventare UNO DEI NOSTRI, compilando l’allegata scheda di adesione e recapitandola presso gli uffici della Misericordia (DI MATTINA SEMPRE APERTI!) o presso la nostra solerte collaboratrice, signora VESTA VELLATI, nella sede della PRO-LOCO. Certo di averti presto tra i donatori di questo gruppo, mi è gradita l’occasione per inviarti distinti saluti nonché i migliori auguri per un sereno futuro. IL PRESIDENTE Pietro Ganganelli ANGHIARI lì, 19/06/’99

IL MOTTO DEL DONATORE “Una stilla del mio sangue per un palpito del tuo cuore” 22


Un po’ di statistica Abbiamo ricevuto, nelle settimane passate, il resoconto delle donazioni di sangue e di emocomponenti che i gruppi “Fratres” della provincia di Arezzo, hanno promosso presso i centri trasfusionali di loro competenza nell'anno 1998. Come si può vedere, se da un lato il gruppo di Anghiari occupa le prime posizioni per quantità e qualità delle donazioni, altrettanto non può dirsi relativamente all’indice (vedi ultimo colonna) che esprime il numero di donazioni annuali per donatore. Che ciò sia di stimolo per tutti i nostri iscritti, compatibilmente ovviamente con il proprio stato di salute, a contribuire all’innalzamento di tale parametro, con la doppia donazione annuale di sangue intero. Ancora un grazie a tutti i donatori, per la generosità dimostrata nei confronti delle necessità inderogabili dei nostri malati. GRUPPO FRATRES 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

Anghiari Arezzo Badia Tedalda-Sestino Camucia Capolona-Subbiano Caprese Michelangelo Castiglion Fibocchi Chitignano Laterina Loro Ciuffenna Monterchi Pian di Scò Pieve S. Stefano Poppi Pratovecchio Soci Stia Terontola TOTALI

Sangue

Plasma

Piastrine

333 151 70 222 397 91 126 104 87 77 86 40 267 327 143 156 207 395 3.279

4 8 19

2 1

34

Donatori attivi

84 15 17 67 36 26 22 48

299 130

60 26 7 79 139 47 63 69 73 878

88

193 348 80 131 80

43 239 239 105 148 330 2.453

TOTALI

Indice don. 417 1,4 170 1,3 87 289 1,5 441 1,3 117 1,5 167 1,3 152 1,9 87 137 1,6 112 47 1,1 346 1,4 468 2,0 191 1,8 219 276 1,9 468 1,5 4.191 1,5

Donatori che hanno effettuato donazioni nel 1° trimestre 1999 Festini Assunta Cherici Silvia Iacopucci Francesco Mariani Fabio Acquisti Alessio Buricchi William Valbonetti Giovanni Valbonetti Giampiero Talozzi Katia Mencarini Laura Russo Marco Ganganelli Pietro Leonardi Carlo Leonardi Roberto Del Pia Michele Gnaldi Coleschi Monica Dragonetti Maria Pia Casacci Moreno Romanelli Enzo Nicchi Sonia Finzi Andrea Zanchi Maria

Manfroni Maria Sbragi Alessandro Manfroni Cosetta Locci Emanuela Donati Alessandro Piantedosi Pietro Gai Fabrizio Scortecci Andrea Ceradini Livia Rondoni Marco Meucci Anselmo Brondoli Enzo Memonti Alberto Cesari Ivano Bulletti Fosco Acquisti Giuseppa Palazzeschi Daniela Poderini Roberto Marconi Giampiero Piccinelli Cristina Puleri Massimo

Romolini Faliero Tuti Tuzio Banelli Maurizio Graziotti Francesco Boriosi Massimo Rubini Adelmo Graziotti Angelo Fabbri Francesco Poderini Luca Vichi Alessandro Carboni Vasco Bartolomei Guido Cangi Ottavio Foni Giovanni Gabrielli Domenico Dragoni Fabio Mondani Agnese Pozzoli Giampaolo Marini Antonio Matteucci Giorgio Poggini Francesco Scartoni Rossana

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Cirri Monia Acquisti Fabiano Piccini Massimo Piccini Luciano Antonelli Antonella Macchiavelli Stefano Banelli Mirco Calogeri Elisa Fantoni Roberto Giorgeschi Alfiero Papini Mario Bonarini Graziella Cherici Silvano Guiducci Elisabetta Lacrimini Domenico Del Pia Silvia Paterni Silvano Magrini Anna Maria

Il Consiglio Direttivo


Da Tavernelle

Rubrica a cura di Alessandro Bivignani

Chi ci avrebbe mai pensato!

portare i propri dolci allo stand gastronomico, già attrezzato con la porchetta di Leo e piena di bibite al fresco, compreso il vino offerto da Ripalta. E la festa comincia. Quest’anno, il Baggi e il “professore” avevano messo come oggetto di cui indovinare il peso, un vecchio aratro, fatto di legno, deviando tutte le conoscenze di chi conosce il peso dei vari animali. Infatti il peso non è stato indovinato da nessuno, l’unico che gli è andato vicino è stato Fabio Panichi, facendo suscitare un po’ di vergogna nei tanti lavoratori di terra presenti alla manifestazione. Si è poi fatto il tiro alla fune femminile, con la vincita della squadra del Tavernelle di sotto, capitanata dalla Nerella e dalla Natalina del Braccini. Il momento più seguito è stato sicuramente quello della estrazione della lotteria. Gran finale con ballo per tutti gli intervenuti, questa volta al Centro, perché al campo faceva troppo freddo. Si è svolta così anche questa ultima festa della Famiglia del secolo e del millennio, con la speranza che anche nel 2000 potremo dire con meraviglia: “chi ci avrebbe mai pensato, abbiamo fatto la festa anche quest’anno!”.

Già, chi ci avrebbe mai pensato che si sarebbe svolta regolarmente anche quest’anno la Festa della Famiglia, visto che la sera prima pioveva a dirotto, per cui abbiamo dovuto fare il recital in Chiesa. La domenica mattina, io e Gianni (il Natalini), verso le nove, siamo andati a vedere le condizioni del campo sportivo poiché dalle undici della sera prima, non aveva ancora cessato di piovere, e pioveva tuttora, tant’è che la pioggia aveva distrutto il telone preparato il giorno prima in caso di pioggia. Dopo dieci minuti sono arrivati nell’ordine: Lorenzo (il Franchini), il professore (Clemente Camaiti), il Rossi (Adriano, della Scarpaia) e Luciano (Piomboni). Tutti i presenti hanno detto che sicuramente quest’anno la festa non si sarebbe svolta, anche perché, guardando verso il Rio, il cielo era tutto coperto e non accennava a smettere di piovere. Quando, alle undici e mezzo sono andato alla messa, ho subito detto a don Marco che aveva perso la scommessa (don Marco aveva infatti detto che per la festa ci sarebbe stato sicuramente bel tempo, e ci avrebbe anche scommesso), ma lui non era preoccupato e alla messa a cercato di mettere rimedio alla delusione di tante persone che fino ad allora si erano impegnate per la buona riuscita della festa, dicendo che ci saremmo trovati ugualmente al centro parrocchiale, almeno per mangiare la porchetta ed estrarre la lotteria. Durante la messa mi sono anche preso delle occhiatacce, perché ho fatto cantare alle ragazze del coro una canzone con le seguenti parole : “dite grazie a Dio, per il sole che splende”, mentre fuori pioveva a dirotto. Come se il canto avesse fatto effetto, appena siamo usciti dalla chiesa il tempo si era improvvisamente rasserenato, lasciandoci tutti, me compreso, a bocca aperta. Ma ormai, pensavo tra di me, la festa non si potrà fare più al campo sportivo, perché è ridotto in una grande pozza di acqua. Ma alcuni uomini, improvvisamente, azzardano la proposta di andare al campo, perché, diceva il Baggi : “ormai non piove più”. Anche altre persone si convincono della possibilità di fare la festa al campo, ma ancora c’è da preparare tutte quelle cose che stamattina non si sono fatte, e che ormai non c’è più tempo per fare. Niente da fare, ormai la decisione è presa. All’una e mezzo il camion del Natalini partiva per fare il giro degli animali, mentre uno sciame di api faceva il solco nella via tra la chiesa ed il campo sportivo. Alle quattro del pomeriggio incominciava ad arrivare (io non ci avrei mai creduto) gente di fuori, mentre i paesani di Tavernelle facevano a gara per

Altre notizie in breve da Tavernelle Lo scorso 3 maggio, c’è stata festa anche a Tavernelle, come ad Anghiari, per il conferimento della cresima. Il vescovo di Grosseto, mons. Giacomo Babini, ha amministrato il sacramento ad alcuni ragazzi della nostra parrocchia, apprezzando la preparazione della celebrazione sia da parte del coro che del servizio liturgico, curato principalmente da Diego e da Giuliano. L’otto di giugno, mentre stavo tornando a casa da Anghiari, appena svoltato il dosso della Doretta, mi sono trovato davanti uno spettacolo che mi ha lasciato a bocca aperta. Ad un grosso camion si era rovesciato il rimorchio, carico di legna, proprio davanti alla casa del Camaiti e dello Zineddu, bloccando le macchine che arrivavano da tutti e due i sensi. Appena arrivati i carabinieri hanno fatto sbro- gliare la legna per verificare che non avesse preso qualcuno. Per fortuna è andata bene, anche se molte volte vediamo passare sia camion che macchine per Tavernelle, a fortissime velocità, senza tenere conto che sono luoghi sempre pieni di gente, soprattutto anziani e bambini.

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Ancora appunta-

menti al


...altre notizie continua

circolo “La famiglia”; lo scorso sabato 12 giugno la Lorena e la Laura hanno preparato una buonissima cena per tutti i soci, che sono accorsi numerosi a mangiare le prelibatezze preparate dalle due esperte cuoche, aiutate naturalmente dal “dotto” e dagli altri uomini che hanno cotto la carne ai ferri. Sabato 26 giugno, è ricorso il 55° anniversario dell’uccisione dei cinque giovani, in cima al passo della Scheggia. Durante la S. Messa nella chiesa di Tavernelle, celebrata da p. Pier Maria, sono intervenute molte autorità, compresi i sindaci di Anghiari e Monterchi, con i rispettivi gonfaloni. I partecipanti si sono poi recati al cippo che ricorda la strage avvenuta nel ’44, hanno deposto una corona e si sono fermati in raccoglimento.

Alla ricerca del tesoro! di Alessandro Bivignani

Una di queste sere, parlando col Baggi, è venuta fuori la storia del famoso tesoro di Sagresto. Allora dovete sapere, raccontava Giandomenico, che ‘sto Sagresto era un brigante esistito realmente negli anni ’30 circa; questo brigante aveva rubato molte cose e possedeva quindi un considerevole bottino. Il brigante Sagresto era solito dormire nascosto, insieme col suo tesoro, si dice sotto un grande sasso, ma nessuno sapeva dove nascondesse veramente il suo tesoro. Il fatto sta che quando Sagresto fu arrestato, non aveva con sé nemmeno uno spicciolo, e non rivelò a nessuno il luogo del tesoro. Dopo aver raccontato la storia, il Baggi proseguì indicando il luogo dove, molto probabilmente, dormiva il brigante Sagresto e quindi dove si dovrebbe trovare ancora oggi il suo tesoro. Ha detto però di non essere sicuro che il luogo fosse proprio quello, anche se le caratteristiche combacerebbero. Il luogo menzionato si trova vicino al “campo del lupo”, più lontano della Scarpaia, in un luogo, hanno detto chi ci è stato, pieno di serpi e vipere. Fatto sta che il giorno dopo ci siamo ritrovati, io e Diego (il citto del Robba), pieni di entusiasmo ed esaltati al massimo, per andare a cercare il famoso tesoro al campo del lupo. Dopo pochi minuti ci abbiamo invece ripensato e siamo andati, visto che faceva molto caldo, a mangiare un bel gelato.

a lavare e riportarli a casa, cioè per la “bucata”, o che in estate serviva per portare da mangiare agli uomini, e anche alle donne e ai ragazzi, che lavoravano ai campi e che, in occasione della mietitura, per non perdere tempo mangiavano direttamente sul campo. Altri oggetti erano il “cistone” per portare il fieno o la paglia tagliati a piccoli pezzi al bestiame nella stalla, il famoso “seghèto”. Ancora la cesta per raccogliere la foglia o addirittura il “ciovaione”, una specie di cassone che si poggiava sopra il carro o la treggia fatto di grossi vinchi, di vitalbe o anche di rovi. Un altro oggetto fatto col vinco era la fuscella piccolo recipiente allargato in alto che serviva per preparare la ricotta. La fuscella veniva realizzata anche con il giunco che è un’erba palustre.

L'intervista

di Mario Del Pia ad Andrea Del Barna

La lavorazione del vinco

Continua nelle nostre zone, se pur in tono minore, la lavorazione del vinco. Dobbiamo fra l'altro ricordare che la lavorazione del vinco, grazie all'esperienza del prof. Giuseppe Tofani, ha dimostrato essere un materiale adatto anche per realizzare opere d'arte. Come è giunta fino a noi questa tradizione?

Da noi è arrivata tramandata dai nostri vecchi. Consiste nel fare cesti e tanti altri oggetti utilizzando il materiale che si trovava, e in parte ancora si trova, lungo il Tevere. Qui siamo proprio a un passo dal fiume però oggi siamo a un punto che chi fa questo materiale non c’è più perché le cose sono un po’ superate. C’è un’importazione che viene dai paesi come la Cina e la Tailandia e lì questi oggetti costano quattro soldi. Noi in Italia non si può competere con quel tipo di commercio.

Oggi la lavorazione del vinco realizza oggetti per l’arredamento o ha anche un uso pratico?

Ancora oggi c’è chi chiede il paniere per i funghi o la paniera, magari perché gli ricorda i tempi passati, ma certo sono oggetti in parte superati per l’avvento di altri materiali meno costosi e per la concorrenza dei paesi stranieri. Quindi gli oggetti che vengono realizzati hanno un uso per l’arredamento o come soprammobili. Diciamo che tutto sommato oggi come oggi c’è un po’ di ritorno a questo tipo di oggetti che in parte vengono ricercati.

La lavorazione del vinco è nata però per usi pratici?

Prima non diciamo che fosse indispensabile ma evidentemente era senz’altro molto utile. C’era il paniere che si usava per la vendemmia, per la semina, per raccogliere le patate e tantissimi altri usi. Poi c’era la paniera in vinco sbucciato che le donne portavano in equilibrio sulla testa per portare i panni

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di Loris Babbini

Un pallido e triste ricordo… alle soglie del 2000: Tragiche “schioppettate” nei fatti e misfatti del “21” anghiarese. Amministrazioni comunali dell’epoca Tempi difficili gli anni 1920 e 21 soprattutto in seguito all’agitatissima situazione politica dell’intera Provincia. Era in carica l’Amministrazione Comunale eletta nel 1921 la cui maggioranza socialista resultava così composta. Sindaco: Ezio Vitellozzi; Assessori: Alberto Locci, Angioloni Pietro, Arcangiolini Alfredo, Franceschini Luigi, Mondani Domenico, Leonardi Ricciardetto; Consiglieri: Primodo Cacioli, Incevero Cambi, Pasquetti Beniamino, Angiolo Santi, Belloni Giov. Batta, Francesco Zeta, Sonnini Adamo, Catacchini Pietro, Bruciamacchie Amerigo. Già nel 1920 nel Comune era operante l’amministrazione commissariale Prefettizia (Commissario Regio Cav. Ferruccio Marraccini) fino che in detto anno ritornò l’Amministrazione, a maggioranza socialista, già prima nominata, presieduta dal Sindaco Ezio Vitellozzi, cessando le sue funzioni in seguito a dimissioni con lettera sottodatata 2 giugno 1921 trasmessa al Prefetto della Provincia di Arezzo. La conseguente gestione commissariale del Comune di Anghiari, viene insediata dal 7 giugno successivo con il Dott. Celso Accatino come Commissario Prefettizio e dal 3 ottobre come Commissario Regio. Lo stesso rimarrà in carica fino al 7 marzo 1922, sostituito da Clemente Stefanelli,

cittadino anghiarese, come Commissario Prefettizio. Sempre nello stesso anno 1922, la gestione commissariale seguirà con i Commissari Prefettizi Cav. G. Ambrogi e A. Barsanti. Dal 17 dicembre 1922, dopo la consultazione elettorale, riprende l’Amministrazione Comunale con il Dott. Fernando Bartolomei, cittadino anghiarese, Sindaco dal 17 dicembre 1922, il quale dimissionario, cesserà dalla carica l’11 gennaio 1923. A lui succederà il già nominato Clemente Stefanelli, Sindaco dal 17 gennaio successivo al 1927, anno in cui fu nominato Podestà, carica che ricoprirà fino al 1935: fu il primo Podestà del Comune di Anghiari. Dalla RELAZIONE sulla Amministrazione Straordinaria del Comune di Anghiari del Dott. CELSO ACCATINO Consigliere Aggiunto della R. Prefettura di Arezzo. Dal 7 Giugno 1921 al 2 Ottobre 1921 Commissario Prefettizio, dal 3 ottobre 1921 al 7 Marzo 1922 Commissario Regio. Ill/mo Sig. PREFETTO - AREZZO Quando chiamato dalla fiducia del predecessore di V.S. Ill/ma, il Comm. Limongelli, assunsi la temporanea Amministrazione del Comune di Anghiari in seguito alle dimissioni dell’Amministrazione SociaLa piazza del Comune di Anghiari, la Piazzola, in una foto degli anni '30. Nella facciata di destra, vicino all'ingresso dell'Ufficio Tecnico, si può notare la grossa lapide in marmo apposta in occasione delle "Sanzioni". Nella pagina di destra la facciata del Palazzo come appare oggi.

18 NOVEMBRE 1935 XIV A RICORDO DELL' ASSEDIO PERCHÉ RESTI DOCVMENTATA NEI SECOLI L' ENORME INGIVSTIZIA ALLA QVALE TANTO DEVE LA CIVILTÀ DI TVTTI I CONTINENTI

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e della pacificazione degli animi, più nulla si deve temere per le elezioni, le quali riusciranno certamente calme, serene, libere e degne di una popolazione forte e laboriosa, seria e mite come quella di Anghiari. Questo risultato spero, sia per V.S. Ill./ma la più sicura dimostrazione dell’opera pacificatrice che io, con tutte le forze dell’animo mio e con l’ardore di colui che si accinge per la prima volta all’onorifico e delicato incarico di reggere un’Amministrazione, ho tentato di svolgere. Dagli atti e carteggi d’epoca, esistenti nel locale Archivio Storico Comunale, si rileva che il Cav. G. Ambrogi nell’anno 1922 per soli nove mesi, svolse la funzione di Commissario Regio del Comune di Anghiari, insediato per autorità della Prefettura di Arezzo. La documentazione fa trasparire con quanta intraprendenza e competenza abbia adottato i necessari provvedimenti per far fronte, sia pure provvisoriamente, ai gravi problemi, alcuni dei quali divenuti d’inderogabile soluzione, dell’ormai malridotto Comune. C’è poi da aggiungere, anche se son trascorsi settantasette anni, che oltre all’espletamento dei suoi difficili compiti, il Cav. Dott. G. Ambrogi, con suo atto commissariale deliberativo del 7 novembre 1922, devolse l’intero ammontare delle competenze spettantegli per 15 trasferte e rimborso spese compiute ad Arezzo, a BENEFICIO DEI BAMBINI POVERI e precisamente per UN ALBERO DI NATALE !!!

foto D. Amels

lista dovute “alle condizioni finanziarie del Comune, rese più difficili per la resistenza e l’ostruzionismo degli Istituti di credito, e del potere legislativo ed esecutivo” diceva il manifesto l° Giugno 1921 dell’Amministrazione Vitellozzi ed io aggiungo, ed anche in seguito alla agitatissima situazione politica in cui versava dall’Aprile 1921 la Provincia tutta, trovai il paese in grave fermento. Un primo sintomo di questo fermento lo ebbi subito fin dalla stessa sera del 7 giugno (nel qual giorno ricevetti la consegna degli Uffici da parte dell’ex Sindaco Ezio Vitellozzi), in cui in località S. Stefano un'automobile di Anghiaresi, presunti fascisti, di ritorno da S. Sepolcro, veniva fatto segno ad alcuni colpi di fucile, sparati da individui nascosti dietro una siepe. Due giorni dopo, la sera del 9 Giugno, in seguito a fatti successi al mattino alla fiera del limitrofo Comune di Pieve S. Stefano, fra cittadini di partiti opposti, una vivissima e accanita agitazione si manifestò fra una parte della Cittadinanza, e verso le 22 si ebbero a deplorare alcuni ferimenti di fascisti venuti di fuori mentre dalla stazione ferroviaria salivano al paese che diedero luogo al mattino del giorno successivo “ad una spedizione punitiva fascista”. E così ancora una volta la lotta fraterna divampò e la bella e ubertosa Val Tiberina fu macchiata di sangue. Per questi tristi fatti tre furono i morti sei i feriti più gravi che si dovettero curare all’Ospedale. Ma dopo alcuni giorni di orgasmo e di panico, la calma e la quiete tornarono presso la popolazione. La vita e il lavoro furono ripresi, io per parte mia cercai in tutti i modi di fare opera di pacificazione, l’odio fraterno fu a mano a mano assopito, così che, durante il carnevale, nei frequenti ed affollatissimi balli che quale Ufficiale di P.S. ho creduto opportuno concedere, ho constatato come essi fossero frequentati dai cittadini dei più opposti partiti e regnasse la più schietta familiarità e tranquillità; e quando il 7 marzo chiamato dalla fiducia del Prefetto Comm. Garzaroli, lasciai Anghiari per assumere la più importante Amministrazione del Comune di Cortona ed i buoni Anghiaresi hanno voluto dimostrarmi la loro simpatia accompagnandomi alla stazione, ho avuto la grande consolazione di vedere a me uniti, nella più cordiale intimità gli stessi cittadini che nove mesi avanti si erano combattuti e che erano considerati gli esponenti dei vari partiti in lotta. Credo inoltre doveroso accennare a tutto vanto del popolo di Anghiari, che in nove mesi di gestione straordinaria del Comune, dopo i dolorosi fatti testè accennati dei primi giorni, non è stato mai segnalato nessun fatto di sangue, di rapina, di violenza, non ci fu nessuna rissa, ad eccezione di un leggero ferimento dovuto a cause di amore. Oggi per quanto si riferisce al lato politico

Palazzo Pretorio, sede comunale, in occasione della Mostra dell'Artigianato il 2 maggio 1996.

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È ritornato il “Giro” Anche quest’anno per le strade d’Italia si è rinnovato lo spettacolo sportivo del passaggio del Giro ciclistico d’Italia. Questa è stata l’82ª edizione. La prima si svolse nel 1909 e fu vinta da Ganna. Purtroppo (e non solo perché è mancata questa festa sportiva) vi sono state due interruzioni, una dal 1915 al 1918 compresi, l’altra dal 1941 al 1945 compreso, e ciò a causa delle due guerre mondiali. Anche quest’anno si è rinnovato lo spettacolo di gente assiepata lungo le strade, soprattutto sui percorsi più impegnativi e decisivi ai fini della vittoria finale, per vedere, incoraggiare, applaudire e magari anche per offrire qualche borraccia d’acqua ai propri idoli, o comunque a chi l’accetta. Vedere tanta gente sulle montagne accalcata sui tornanti della strada, quasi a disegnare una serpentina umana, e vedere i corridori procedere in uno strettissimo passaggio lasciato appena dalla folla acclamante sono spettacoli difficili da dimenticare. Ma tanta gente vociante e plaudente intorno ai girini che, a volte, dà loro delle pacche sulle spalle, o leva loro il berrettino per tenerlo come ricordo, o gli getta addosso dell’acqua non gradita, può costituire, talvolta, anche un fastidio e, perché no, anche un pericolo poiché può far perdere loro l’equilibrio con il rischio di sbandate o cadute. D’altra parte però non si possono transennare tutte le strade di montagna! C’è solo da far affidamento sulla buona educazione e sulla sportività degli spettatori. Il Giro è stato duro perché comprendeva molte montagne da scalare ma, forse, non tanto duro come quelli degli inizi, dell’era pionieristica, quando la partenza avveniva anche a mezzanotte e nelle ore piccole, per tappe lunghe anche 400 chilometri ognuna. C’erano inoltre il disagio e la sofferenza del percorrere strade ghiaiose e polverose, causa anche di frequenti forature, a cui il corridore doveva far fronte in proprio, utilizzando i tubolari che portava a tracolla. Le ammiraglie con le ruote di ricambio pronte erano ancora di là da venire! C’era anche la fatica di dover spingere biciclette pesanti, al confronto di quelle attuali, perché fatte con altro materiale ed anche perché, come avvenne nella 1ª edizione del 1909, erano normali biciclette con tanto di parafanghi, fanale e campanello. E il cambio? Oggi il corridore con le sue levette piazzate sulle leve dei freni può scegliere tantissime combinazioni, anche se, se le gambe non vanno, non c’è combinazione che tenga. Ma un tempo non era così, il cambio semplicemente non esisteva, non era stato inventato! Sino ai primi anni venti esisteva un rapporto unico nella bici, cioè una sola corona davanti ed una dietro, più piccola. Poi, verso la fine degli anni venti, sulla ruota posteriore vennero applicate due corone diverse. I corridori per passare da un rapporto più lungo a quello più agile scendevano di bicicletta toglievano la ruota posteriore e la giravano dall’altra parte dove era stata montata l’altra

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di Flavio Mercati

corona. Questa operazione avveniva in genere ai piedi di una salita, arrivati in cima si dava corso alla manovra inversa. Tutto ciò avveniva fino agli anni trenta, allorché un corridore vicentino, Tullio Campagnolo, in seguito diventato meccanico, inventò il sistema di spostare la catena sul pignone desiderato senza togliere la ruota. Il corridore però era pur sempre costretto a scendere di sella per spostare la catena. Finalmente verso la fine degli anni trenta si riuscì a trovare il modo di cambiare senza mettere piede a terra. Il cambio subì poi altre modifiche, ma fino all’immediato dopoguerra consentiva due sole velocità, poiché prevedeva ancora due sole corone posteriori ed una davanti. Il passo decisivo verso i cambi attuali fu compiuto verso la fine degli anni ’40 quando fu inventato il cosiddetto cambio Simplex, con due levette sul tubo obliquo anteriore, due corone davanti, tre o quattro stellini dietro. Attualmente gli stellini posteriori possono essere anche otto e, come detto sopra, le levette per cambiare sono piazzate sul manubrio, sui corni dei freni. La storia del Giro è anche costellata di personaggi, quasi divi del pedale, che hanno dominato a lungo la scena ciclistica in un certo periodo. Il primo fuoriclasse fu certamente Alfredo Binda, vincitore di ben 5 giri dal ’25 al ’33. La sua supremazia era tale che nel 1930 “La Gazzetta dello Sport” organizzatrice del Giro, tramite la Legnano, che era la sua squadra, gli pagò 22.500 lire, come se avesse vinto, affinché non partecipasse alla gara, altrimenti sarebbe stata disertata da molti corridori. Poi brillò la stella di Gino Bartali, il re della montagna, vincitore di 3 giri e 7 volte della classifica finale del Gran Premio della Montagna (premio istituito nel 1933, anno in cui si corse anche la prima tappa a cronometro, la Bologna Ferrara). Venne poi l’era del “campionissimo”, Fausto Coppi, dominatore della scena, con qualche intermezzo per gli altri, sino al 1953, vincitore di 5 Giri. Avvicinandoci ai nostri tempi un altro grande dominatore è stato il belga Eddy Merckx che, come Binda e Coppi, ha fatto suo il Giro per ben 5 volte dal ’68 al ’74, però il nostro Felice Gimondi (3 Giri vinti) gli è stato un valido antagonista. Negli anni ’80 ha dominato la scena il francese Bernard Hinault. Poi, i primi anni ’90 hanno visto il dominio dello spagnolo Miguel Indurain. La storia del Giro annovera anche epici duelli sportivi che appassionavano e dividevano i tifosi. Nei primi anni ’30 era celebre l’antagonismo Binda-Guerra. Il primo era complessivamente superiore al secondo, ma Guerra soprannominato “la locomotiva umana”, per la sua possanza fisica era formidabile in pianura. Poi dal ’40 al ’50 all’incirca si ebbe la forte rivalità Bartali-Coppi, ed in questo caso al tifo si immischiava, forse, anche la politica; si diceva infatti che i democristiani “fossero” per Bartali poiché era un fervente cattolico (fu ricevuto anche dal Papa) e i comunisti per Coppi. Nel clima di forte contrapposizione clericalismo-anticlericalismo degli anni del dopoguerra, forse, ciò era in parte vero. Stando sempre ai confronti più famosi si ebbero poi i duelli sportivi Coppi-Koblet, Merckx-Gimondi, Saronni-Moser.


Ma quali erano una volta i mezzi a disposizione della gente per seguire il Giro, appassionarsi alle sue vicende ed ai suoi personaggi? Più andiamo a ritroso nel tempo, più scarsi erano i mezzi. Dall’inizio e per molti anni l’unico sistema, all’infuori del seguirlo concretamente, ma pochi potevano permetterselo, erano i servizi e le foto dei giornali. Poi nel 1923 il progresso fece un timido passo in avanti: entrò in scena la cinematografia per la ripresa degli arrivi a Torino, Roma e Milano. La prima volta della radio fu nel 1932, quando dall’Arena di Milano venne trasmessa la prima radiocronaca in occasione dell’ultima tappa Torino-Milano. L’approccio della TV con il Giro avviene nel 1953, quando la RAI riprende il raduno della partenza in piazza Duomo a Milano che poi trasmette nel telegiornale. Nel 1954 altro passo in avanti: vengono trasmesse in diretta TV alcune tappe. Poi nel 1966, il Giro debutta sul palcoscenico dell’Eurovisione con collegamenti con 12 nazioni. Come ho detto sopra il Giro è un avvenimento capace di attirare l’interesse e suscitare entusiasmo in tantissime persone. Ma, affinché rimanga nel cuore della gente occorre che sia pulito, senza ombre, e ciò significa soprattutto “no al doping” che falsifica i valori in campo e reca danni alla salute. In Parlamento è in discussione da mesi una legge contro il doping, è auspicabile che prima possibile si arrivi alla regolamentazione della materia, che dica quali sostanze possono essere assunte e quali no, che trovi i mezzi per scoprire nelle analisi e controanalisi le sostanze vietate. Però questo potrebbe non bastare: come si dice: fatta la legge trovato l’inganno! Allora non sarebbe forse meglio porre la questione su di un piano educativo? Predisposizione naturale per qualche disciplina sportiva, allenamenti e preparazione atletica, stile di vita ordinato, autocontrollo, intelligenza in gara, capacità di reagire alle difficoltà e superarle, lealtà, fiducia e rispetto verso gli altri, sono questi i fondamenti su cui soprattutto dovrebbe far leva, per intima convinzione, lo sportivo e chi gli sta vicino. Chi non ce la fa ugualmente, cambi sport o mestiere! Anche questo è un gesto sportivo e che fa onore. Inoltre i propri talenti e le proprie capacità si possono anche scoprire con i fallimenti ed i cambiamenti.

le strade esterne al paese dove passeranno i girini c’è un clima di allegria, di euforia, di trepida attesa per un evento che raramente accade da queste parti. L’ultima volta infatti che il Giro è passato nel nostro paese è stato nel 1992 in occasione della tappa a cronometro Arezzo-Sansepolcro, la 4ª del Giro, per il cinquecentesimo anniversario della morte di Piero della Francesca, tappa vinta dallo spagnolo Miguel Indurain. Però il Giro era già passato da noi un’altra volta, nel 1990, durante la 7ª tappa, Fabriano-Vallombrosa con Gianni Bugno in maglia rosa. Prima di allora, che io sappia, mai. Questa volta, forse, il passaggio è più importante poiché su al Campo della Fiera c’è il Gran Premio della Montagna, seppur di 3ª categoria (429 metri). L’elettricità che pervade la gente si fa via via più forte mano a mano che passano i minuti e qualche radiolina trasmette che i corridori sono sempre più vicini. Poi il passaggio di macchine al seguito si fa più frequente, passa qualche macchina della polizia, passano anche alcuni poliziotti in sella alle grosse Moto Guzzi, infine si intravedono in alto, con il loro procedere non uniforme, gli elicotteri per le riprese dall’alto e per il ponte radio, ed allora si capisce che i girini sono veramente vicini. Si sa che da diversi chilometri sono in fuga tre corridori, i russi Ekimov e Gontchenkov e l’austriaco Glomser, che hanno raggiunto un vantaggio massimo di 5’ e 50’’. Da una macchina al seguito una voce femminile annuncia che il vantaggio è sceso a 3’. Gli elicotteri ora sono sopra di noi quasi immobili, uno, invece, gira così basso da sfiorare i tetti delle case, ed ecco che da una curva in lontananza appare un nugolo di poliziotti in moto, dietro ci dovrebbero essere i corridori, ed ecco infatti apparire dopo qualche attimo i tre in fuga. Quando passano davanti, in fondo appare il gruppo, altro che tre minuti di vantaggio! Saranno sì e no 15 secondi. Il gruppo passa molto più velocemente dei fuggitivi in un fruscio frenetico di catene e moltipliche che girano velocemente. I tre di testa riescono ad arrivare al Gran Premio della Montagna, in quest’ordine: primo l’austriaco Glomser, seguito da Ekimov e Gontchenkov; dopo poco verranno ripresi. Passata la carovana del Giro, la gente si disperde rapidamente in tanti rivoli, probabilmente molti andranno a vedere l’arrivo alla televisione, altri, considerata la vicinanza, lo andranno a vedere direttamente a Sansepolcro (1° arrivato sarà Mario Cipollini). Dopo un’ora circa ripasso per le strade d’Anghiari dove è passata la corsa. Spariti i segnali rosa, le transenne ed il traguardo del Gran Premio della Montagna, sparite l’allegria, l’euforia ed il clima di festa, nell’aria c’è un senso di vuoto…, si ritorna al tran tran quotidiano.

Anghiari 24 maggio. Una giornata particolare Primo pomeriggio: un’atmosfera irreale è calata nel paese, pochi i passanti; un silenzio inusuale pervade strade e stradine, piazza e piazzette all’interno del paese; per l’aria immota di questo abbastanza caldo pomeriggio di fine maggio si sentono quasi solamente le voci dei telecronisti Adriano De Zan e Davide Cassani provenienti dai televisori di qualche bar e di qualche abitazione. Cosa è successo? Semplicemente che gran parte degli abitanti si è riversata su per Via della Battaglia, Via Nova e al Campo della fiera per assistere al passaggio del Giro d’Italia. Altri invece, più esigenti, con molta probabilità saranno andati a Sansepolcro ad assistere all’arrivo della tappa, la decima del Giro da Ancona a Sansepolcro. Per

MODERATA DVRANT

Palazzo Stefanelli

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Peregrinatio Mariæ della Madonna di Loreto

Il Vicariato di Pieve Santo Stefano e Caprese ha organizzato nel mese di maggio la Peregrinatio Mariae con l’immagine della Madonna di Loreto. Il percorso della sacra immagine, iniziato a Pieve, è proseguito per Baldignano-Madonnuccia, San Cristoforo, Fragaiolo, Lama, Caprese capoluogo, Gregnano, Montalone, Compito, Bulciano ed è terminato a Pieve Santo Stefano il giorno 28 Maggio per il saluto finale. Tutte le comunità attraversate dal pellegrinaggio hanno fatto festa e accesso fuochi lungo le strade.

A Fragaiolo

A dire il vero quando siamo arrivati a San Cristoforo (c’era mia moglie con me), per accompagnare l’immagine della Madonna di Loreto a Fragaiolo, pensavamo di aver letto male i programmi perché non c’era molta gente in giro. In effetti siamo giunti un po’ in anticipo ma niente lasciava intravedere l’attesa per questo avvenimento. Poi invece, piano piano, sono giunti i parrocchiani dai vari casolari sparsi in tutti il territorio e la chiesa e il piazzale antistante si sono riempiti. Il parroco don Bigiarini ha iniziato le Sacre funzioni. Abbiamo così pregato e cantato assieme al coro di Caprese. La piccola chiesa di Fragaiolo era già riempita e altra gente aspettava di fuori. Dopo i solerti preparativi la Madonna di Loreto prendeva il via seguita da numerose macchine. La sensazione che ancora oggi la gente voglia esprimere la gioia per la festa in modo non molto dissimile da cinquant’anni fa o più, è risultata evidente quando abbiamo attraversato i vari luoghi della Comunità di Caprese. Gruppi di persone davanti a casa o “in fondo” alla strada che conduce alla propria abitazione che acclamava e faceva festa al passaggio del corteo. Fuochi accesi lungo le strade e nei punti più panoramici. Molta festa a Borgonovo, al Ponte Singerna e anche a Lama (anche se qui si sono trattenuti per la festa che forse avevano già programmato per la sera dopo). Poco prima di Fragaiolo il corteo si è fermato ed è proseguito a piedi soffermandosi in alcuni punti dove la gente e i ragazzi di Fragaiolo avevano preparato dei quadri viventi. Belle realizzazioni che hanno dato lo spunto per delle brevi riflessioni. Quindi ancora preghiera in cammino e tanti canti alla Madonna. Una festa molto bella e sentita dagli abitanti di quelle zone

Domenica 27 giugno, alla “Pineta” si è svolta la Seconda Festa Estiva del Donatore. La giornata, ricca di avvenimenti, ha visto un momento importante di partecipazione alla Santa Messa delle ore 11, celebrata da padre Pier Maria, cappuccino e animata dai bambini della parrocchia. Si ricorda anche che parte del ricavato della manifestazione è stato destinato dai Fratres, organizzatori della manifestazione, all’acquisto di un aspirapolvere per la pulizia delle chiese. Un’altra parte della somma era stata donata dai bambini della Prima Comunione.

La Fiera Antiquaria vi aspetta domenica 22 agosto ad

Anghiari

Il beato Bartolomeo e san Bartolomeo

L’altare dove è conservata la reliquia del Beato Bartolomeo Magi (anghiarese) attualmente è inaccessibile per l’importante lavoro di restauro alla pala della “Lavanda” del Sogliani; il giorno 29 agosto comunque sarà festeggiato con una messa solenne alle ore 18. San Bartolomeo Apostolo, titolare della nostra parrocchia, è ricordato in una tela sul secondo altare di destra della Propositura e verrà festeggiato il giorno 24 agosto: S. Messe alle ore 11 e 18.

Il campeggio ad Aboca

Dal 5 al 10 luglio si è svolto ad Aboca il campeggio con una quindicina di ragazzi della parrocchia di San Leo. È un'esperienza molto importante per i giovani da rivalutare ancor di più. In agosto, sempre a San Leo, c’è la festa della Madonna Assunta in cielo, che prima veniva effettuata anche a Corsano. Auguriamoci che presto possa essere rifatta in quella bellissima chiesa. In settembre infine ci sarà il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, da Padre Pio, e visiteremo anche la Calabria con Metaponto, Sibari e altre luoghi. Per i programmi più precisi e altre notizie rivolgersi in parrocchia.

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Appunti di Cronaca

La seconda Festa Estiva del Donatore Fratres


CRONAC HETTA

Mese di giugno

dei fatti più strani, più importanti o più semplici, avvenuti ad Anghiari e narrati da me Anghiarino Anghiarese.

Lunedì 2. Oggi è morta Ada Benucci suora della Ripa di anni 84. Era originaria di Montevarchi. Mercoledì 4. Oggi è morta Maddalena Bernardini, suora della “Ripa” di anni 77. Era originaria di Arezzo. -Oggi è morta Gina Pieggi vedova Morvidoni di anni 85. Abitava al Campo della Fiera ed era originaria di Città di Castello. Domenica 7. Oggi è morta Cesira Donnini vedova Marconi di anni 88. Abitava a Loggiano del Ponte alla Piera. -Oggi è morto Giuseppe Biancucci di anni 75. Abitava a Mezzavia. Lunedì 8. Oggi sono andato con mia moglie a Cul di paiolo e abbiamo rifatto l’ “Omo morto”. Era stato disfatto diversi anni fa. Giovedì 10. Oggi con Frido e Giovanni abbiamo scelto il percorso per la camminata della battaglia attraverso i Monti rognosi. -Oggi è morta Elda Cangi, moglie del “poro Menchino Mariani” morto poco tempo fa, di anni 72. Abitava alle case delle Strosce. Lunedì 14. Oggi è nato Marco Leprai di Sauro e Paola Casi. La sua famiglia abita a San Leo. Mercoledì 16. Oggi, verso il tocco, ha cominciato a piovere e quattro rondinini nati da poco stavano stretti stretti appollaiati sotto la terrazza. Giovedì 17. Oggi è morto Ermindo Chiarini di anni 65. Abitava al Ghetto di San Leo. Domenica 20. Oggi c’era la Fiera Antiquaria ma ha piovuto tutta la mattina Mercoledì 23. Oggi è morta Luce Meozzi vedova Ghignoni di anni 88. Abitava per la Bozia. Giovedì 24. Oggi, festa di San Giovanni, abbiamo preso le noci per fare il nocino. Domenica 27. Oggi è morto Pietro Dini di anni 89. Abitava al Ghetto di San Leo. Lunedì 28. Oggi è morta Sefora Quercioli in Monini di anni 84. Sefora abitava a Toppole. Martedì 29. Oggi era l’anniversarioo della Battaglia di Anghiari.

Il 22 febbraio scorso a Nizza, dove abitava con la famiglia , è morto Achille Cangi iscritto nell’elenco degli Italiani residenti all’estero. Achille è il fratello del nostro concittadino Giuseppe.

Mese di maggio Domenica 2. Stasera ho portato mia moglie a mangiare una pizza dallo Sciadini. Nel piano della Sovara gli agricoltori avevano già messo le croci nei campi. Venerdì 7. Oggi è morto Tersilio Falsetti di anni 74. Abitava per la “Calabria” e tutti lo ricordano di quando era postino. -Oggi è morta Lucia Innocenti di anni 77. Lucia abitava a Carboncione e per tantissinmi anni ha portato il latte alle famiglie anghiaresi. Martedì 11. Oggi è morta Angela Giannella di anni 81 suora della Ripa. Era originaria di Barletta. Mercoledì 12. Oggi è nato Andrea Cherici di Silvano e Cinzia Rumori. La sua famiglia abita nella zona della Giardinella. Giovedì 13. Stamani ho visto “Neno” che piantava il granturco per la “polenda” nel suo campo vicino a “Fico”. Sabato 15. Stasera, alla Maestà di Corte, abbiamo acceso il fuoco per la festa dell’Ascensione al Carmine. Domenica 16. Oggi è nata Sofia Gabrielli di Fabrizio e Catia Zafferani. La sua famiglia abita a Casolari. Martedì 18. La gente si lamenta che da qualche giorno svolazzano per aria i semi degli "alberi". Lunedì 24. Oggi è passato il giro d’Italia da Anghiari, ma io sono rimasto in casa. Martedì 25. Oggi è nata Francesca Draghi di Massimo e Marina Cianfrani. La sua famiglia abita in fondo a via Cupa. Giovedì 27. Oggi è nato Francesco Crociani di Attilio e Barbara Mearini. La sua famiglia abita a Carletto.

I “vasi” per la Croce di Civis Pensavo di farci l’occhio ma anche dopo qualche mese dalla loro sistemazione, non mi piacciono. Sono i vasi dislocati lungo il lato sinistro (per chi scende) del Borgo della Croce. E non tanto perché ogni tanto qualcuno ci va a sbattere o cose simili. Ritengo non corretto tale “arredamento” per quella strada. Purtroppo debbo anche dire che è solo grazie alla loro presenza che quel lato del marciapiede non viene “occupato in permanenza” dalle auto in sosta.

Le transenne del disonore di Civis

In cima alla “Croce” e all’imbocco della piazza, stazionano le transenne che di volta in volta vengono sistemate per chiudere il “Borgo della Croce” o la piazza negli orari stabiliti. Questo perché, nonostante gli svariati cartelli gli automobilisti (noi) non guardiamo in faccia a nessuno e… entriamo. Disonore, quindi, per noi utenti della strada.

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