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PERIODICO DEL VICARIATO DI ANGHIARI E MONTERCHI N. 3/2019 MAGGIO 2019
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB/52/2004 - AREZZO - Tariffa pagata - Taxe perçue
Le prime parole del Vescovo Marco Ringrazio Dio che in questi giorni mi fa sperimentare che Lui ha stima di me, più di quanta io ne ho per me stesso ed è sempre pronto a donarti la Sua fiducia, il suo amore, la sua sollecitudine. Guardando indietro nella mia vita riconosco che questa sollecitudine di Dio, questa premura si è mostrata e avvicinata a me attraverso circostanze, fatti, avvenimenti non programmati e volti di persone e preti che mi hanno reso familiare Gesù Cristo. Grazie ai preti che con la loro vita mi hanno mostrato che donarsi a Cristo realizza l’umano, il nostro umano e rende la vita una bellezza infinita: don Battista, don Pietro, don Angiolino, don Valerio oggi in Kenya in missione, don Giussani che nel settembre del ‘79 a Nocera Umbra mi aiutò nel riconoscere la Chiesa e l’amore per essa come il luogo per me. Grazie alle tante persone nelle parrocchie dove sono stato parroco: Tavernelle e Anghiari. Con loro mi sono formato, sono cresciuto, e anche sofferto, e con loro ho sperimentato che la comunità è il volto di Cristo che si fa prossimo a tutti e nel cui luogo si lo può incontrare come presenza sempre attuale. Da ultimo, ma non ultima, ringrazio la mia famiglia, il mio fratello e le mie sorelle che sono ancora un porto sicuro a cui fare approdo. Ringrazio mio padre, mia madre la quale ancora oggi è riferimento e per quello che mi ha mostrato e insegnato con la sua vita. Anzi, Eminenza Bassetti, mia madre a 92 anni (da insegnante in pensione) vuole continuare a comandarmi e spero che Lei a Perugia, cara Eminenza, mi sappia difendere. A Maria (sotto i titoli del Conforto e del Carmine) affido oggi la mia persona perché mi accompagni e mi custodisca come Madre Buona (come ha sempre fatto) nel nuovo periodo della mia esistenza che mi appresto a vivere.
In copertina, la prima benedizione del Vescovo Marco (foto Claudia Pagliaroli). L'ORATORIO DI ANGHIARI - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB/52/2004 - AREZZO - Tariffa pagata - Taxe perçue Anno LII - Periodico del Vicariato di Anghiari e Monterchi. Con approvazione della Curia di Arezzo Aut. Tribunale di Arezzo n. 5 del 28 aprile 1967 - Dir. Resp. Enzo Papi - Stampa: Grafiche Borgo, Sansepolcro. Redazione:donmarcosalvienzopapiteresabartolomeimariodelpiailarialorenzinielisadelpiantagabrielemazzimassimoredentimichelefoni.
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Un pastore in mezzo al popolo di Dio
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i rallegra molto che il Papa abbia rivolto lo sguardo al nostro presbiterio aretino e abbia chiamato all’Episcopato uno dei nostri preti.
Don Marco Salvi è designato per il servizio di Vescovo ausiliare della vicina Chiesa di PerugiaCittà della Pieve. Il ruolo di successore degli Apostoli per Don Marco è decisamente nuovo, giacché ha scelto di essere ordinato nella nostra Chiesa Cattedrale ai Vespri della dominica laetare. Nessuno avrà da insegnargli come si fa il parroco, giacché a Tavernelle prima, poi nell’ampia e bella Propositura di Anghiari si è speso con generoso impegno di decenni. Mi piace ricordare la Pastorale familiare che ha saputo avviare con una metodologia nuova e molto efficace. È ben giusto che le famiglie cristiane aiutino le giovani coppie, che vogliono il sacramento del matrimonio, a saperlo vivere. Durante la visita pastorale sono rimasto incantato, passando di comunità in comunità con Don Marco, nelle venti aggregazioni in cui si articola l’Unità Pastorale della Propositura di San Bartolomeo. Era da aspettarsi che il popolo facesse festa al Vescovo; ma mi è rimasto in mente il modo sciolto e dialogico con cui il parroco di quelle piccole storie cristiane, non solo fosse in grado di chiamare tutti per nome, come i parroci di una volta, ma dovunque conoscesse sofferenze e aspirazioni della sua gente, di fatto pastore dei più poveri, senza alterigia o sufficienza.
Ricordo una sera del 10 dicembre, per la festa della Venuta della Madonna di Loreto, Anghiari e dintorni vollero fare la tradizionale processione mariana, che da secoli aggrega le zone montane dell’Italia centrale. Una tangibile pietà popolare si manifestava in quella gente. Ero arrivato appena quattro mesi prima in Diocesi: vidi, con meraviglia, il Proposto andare personalmente a collocare sulla portantina una bellissima immagine medievale di Maria, che mi parve di riconoscere. Era appunto la ben nota statua di Tino da Camaino. Alla fine del culto, l’architetto Proposto mi disse che non era giusto sottrarre alla pietà popolare l’immagine da secoli venerata nelle anguste vie di Anghiari. Don Marco mi rassicurò, senza ostentazione, di essere bene in grado di maneggiare l’opera veneratissima e preziosa e che non si fidava di farlo fare ad altri. Don Salvi ha insegnato per anni Storia dell’arte nei Licei, avviando un dialogo tra la Chiesa e il mondo giovanile, che gli è rimasto legatissimo. Le sue qualità professionali e i suoi titoli accademici in questi trentasei anni di presbiterato sono stati messi al servizio della Pastorale e della Chiesa. A lui si devono interventi straordinari sulla Propositura e su molti edifici sacri del territorio, senza aggravare sulle casse diocesane, anzi assumendosi personalmente l’onere delle spese fino a che non fossero rientrati i contributi di legge. A lui si deve tra l’altro la valorizzazione, il restauro e la riapertura al culto del Carmine, tornato a essere luogo santo per la popolazione della Valtiberina. Un amico Vescovo anglicano mi chiedeva se non vi fosse alcunché in contrario a consolidare i rapporti che Don Marco teneva con alcuni suoi preti da anni: mi rallegrò l’apertura mentale del mio prete. Visitando il territorio, ho potuto riscontrare, anche in Anghiari, la serena attenzione per l’ecumenismo. La Chiesa perugina ci aveva già sottratto il nostro Vescovo Gualtiero, ancora rimpianto in Arezzo, e ora ci porta via uno dei più validi parroci per farlo successore degli Apostoli. I nostri sentimenti hanno il sapore dell’agrodolce: da una parte la gioia della grazia del Signore, che guida la Chiesa, dall’altra il rammarico di una madre, che vede i suoi figli legati di rapporto sponsale con una Chiesa sorella. A San Donato, nella cui Chiesa Don Marco va a essere ordinato, a San Bartolomeo, ma anche a San Costanzo e a Sant’Ercolano affidiamo questa bella storia, perché ottengano sui nostri cari ogni benedizione del Signore.
+ Riccardo Fontana 3
Don Marco Vescovo
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Dall’esperienza vissuta alla pastorale di Enzo Papi
on Marco è nato il 4 aprile del 1954: la mamma Tina è maestra elementare, e il babbo Salvio un piccolo imprenditore un po’ particolare, a metà strada fra il commercio e i servizi. Nel ‘68, allora, quando Marco va alle superiori, è un ragazzotto di 14 anni la cui sorella maggiore ha già preso a frequentare, col ragazzo che la fila, un gruppetto di studenti che si autodefiniscono Gioventù Studentesca. Si rifanno ad un prete milanese, don Luigi Giussani. Il fatto è importante perché Marco è un ragazzetto ancora molto giovane e la mamma lo affida spesso alla sorella maggiore, che se lo porta dietro con gli amici e le persone che frequenta, alla recita di vespri che tutti insieme fanno alle 19:00, alle riunioni di Palazzo Graziani. Ex sede della gioventù maschile di A.C., adesso è una sede giovanile mista: maschi e femmine. In città si… chiacchiera, ma il pretino che segue quei giovani, don Battista Gregori, è bravo e vivacissimo, parroco e segretario/autista del vescovo Conigli. Che quei giovani chiamano… padre Abele! Mamma e papà insomma si fidano dell’ambiente e danno… corda ai figlioli. In quegli anni non era da tutti fidarsi in questo modo! Quei giovani fanno incontri nei quali parlano uno alla volta sul testo di un foglietto pieno di domande. Non discutono, si confrontano: e come è bravo quel don Battista a riprendere, recuperare, sottolineare, estendere, precisare. Marco sarà pure un po’ ingenuo ancora, ma è certamente curioso. L’ambiente gli piace e non va più dietro alla sorella, ma dietro alla propria decisione. Per tutte le superiori, che frequenta presso l’Istituto per Geometri a Città di Castello, segue, diventa parte attiva e cresce in personalità umana e cristiana proprio con quel gruppo di giovani. Ormai cammina con le sue gambe nel mondo della comunità. Inoltre ha stretto una specie di rapporto di figliolanza spirituale con un amico di don Battista, che nel frattempo è morto di pancreatite, don Pietro Zazzeri. Prete anziano, saggio, cappellano dell’ospedale, famelico lettore di quotidiani e di politica, accanito cultore di saggistica e teologia, romagnolo, collegamento fra il mondo di Sansepolcro e quello di Forlì, dove Gioventù Studentesca va alla grande. Una sorta di direttore spirituale, per Marco.
Un’esperienza singolare insomma che, col senno di poi, potremmo definire esperienza dell’incontro e della sequela, Si diventa coscienti a livello di fede se si incontrano persone interessanti; e se la grazia ci dona la curiosità di un giocatore di poker che ha il coraggio di andare a vedere la posta in gioco. Questo il parroco don Marco se l’è sempre ricordato. In parrocchia il prete deve stare così, ripetere cioè il metodo di vita che è stato così interessante per lui, quel metodo che ha seguito e gli ha cambiato la vita. I progetti pastorali sono importanti, ma la vita viene prima. * * * el ’73 d o n Marco affronta bene la maturità. È geometra, ma vuole l’università. Architettura a Firenze. Altro passaggio fondamentale per la sua personalità. Vive in appartamento con altri amici, romagnoli, marchigiani… tutti aspiranti architetti. Non sono anni facili: si preparano gli esami per affrontare il colloquio e incrementare i risultati del libretto. Ma ci sarà l’appello? Anni decisamente difficili; anni in cui la contestazione domina incontrastata nelle università; il ’68 si è ideologizzato ed è controllato dalla sinistra. Chi non è di sinistra è brutto e cattivo. Don Marco vive in un appartamento in Via della Chiesa, a Firenze. La vita comune ha i suoi ritmi: la preghiera, le lezioni, l’impegno in facoltà, lo studio; i momenti comuni a tutti i giovani distribuiti in altri appartamenti e in altre facoltà. Direi un ritmo ordinario; che tutti gli universitari dovrebbero darsi! Gli esami? Calendarizzati certo, ma se qualcuno decide di occupare la facoltà? Sei fregato. Ma non hai studiato per niente; si riparte da capo, sempre con quel ritmo, quel metodo. Cioè quella coscienza di essere e di porsi in università. Così fino alla laurea affrontata brillantemente, assieme agli amici dell’appartamento, nel 1979. Ma voglio sottolineare la difficoltà di quegli anni. Una difficoltà che affina e consolida la coscienza. Mi spiego con un paio di episodi. Elezioni universitarie, consigli di facoltà: quelli che vive don Marco a Firenze sono gli anni clou dei decreti delegati e dei comitati di gestione. Mobilitazioni di massa in tutta Italia. In questi anni però, anche se la mobilitazione è per tutti, c’è un problema di agibilità per i cattolici. L’università è di tutti, certo, anche la tua; però la tua fede deve rimanere fuori dalla facoltà. Non facile per chi
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A sinistra: Enzo Papi e, sotto, Fai della Paganella, 1971. A destra: l’appartamento a Firenze.
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è cresciuto con l’urgenza che un fatto bello, l’incontro con Cristo, non è solo personale, è anche un fatto comunicabile a tutti, pure nella facoltà! Non ricordo in quale anno, ma la sinistra universitaria, per la tornata di elezioni di quell’anno aveva lanciato il boicottaggio: nessuno doveva presentarsi al seggio e votare. Anzi, boicottaggio attivo. Un problema di agibilità per don Marco e tutti i suoi numerosi amici! Ma a proposito: che vuol dire attivo? Ecco: chi avesse avuto la voglia di votare comunque avrebbe dovuto forzare il blocco, superare cioè il corridoio umano di contestatori che stazionava di fronte alla porta del seggio. Spintoni, sputi in faccia, offese brutali, calci negli stinchi ed anche qualche ‘labbrone’. I maschi, va beh! Ma le ragazze? I più grossi in testa, e don Marco anche allora era abbastanza massiccio, e dietro… loro; diamine, tutto non si poteva evitare, probabilmente, ma un minimo di protezione era doveroso garantirla anche alle donne! Queste sono cronache di quegli anni: le liste cattoliche fecero cappotto in tutta Italia e Montanelli dedicò una famosa pagina del suo quotidiano all’ ‘esercito di Dio’ che aveva vinto contro un boicottaggio attivo. Un altro episodio. In Via della Chiesa c’era… la stamperia. Avevano trovato un vecchio ciclostile un po’ malandato e stampavano i volantini per le attività del movimento; debitamente firmati e datati come da legge! Una sera, era l’ora di cena, mi sembra, sentono bussare in modo un po’ sguaiato e vedono entrare dentro una squadra di poliziotti che inizia una perquisizione a muso duro. Rovistano, buttano all’aria, frugano dappertutto nel silenzio dei ragazzi, immobili e un po’ spaventati. Non trovano quello che cercano e, finito il lavoro, se ne vanno senza chiedere scusa. Dai ciclostilati conoscevano l’indirizzo. Allora tutti i gruppi, gruppuscoli e sottogruppi avevano il ciclostile e sfornavano i loro volantini; molti erano rivoluzionari, quasi incendiari. Probabilmente quella sera, quella che poi sarebbe diventata la DIGOS, aveva fatto irruzione in tutte le sedi organizzate per cercare chi sa cosa! Erano anni così: la rivoluzione era dietro l’angolo, ma -nonostante questo- grazie ad una presenza come comunità la rivoluzione di Cristo contagiava di persona in persona sempre nuovi giovani. Anche l’esperienza di questi anni ha sempre custodito dentro di sé don Marco. Che, forse, già maturava la decisione di fare il prete. Gli anni di Firenze, comunque, lo hanno consolidato: forse era di
carattere determinato fin da piccolo, ma dagli anni di Via della Chiesa ha sicuramente ottenuto una tenacia molto forte e un uso del tempo che gli ha sempre permesso una non comune capacità di lavoro e di concentrazione. Ecco il suo metodo: la parrocchia come luogo di presenza e di lavoro; non una pura pastorale di sacramentalizzazione, ma una pastorale comunitaria: aggregazione, convocazione delle persone, coinvolgimento in un’opera, mobilitazione delle coscienze, tutto è occasione per avvicinare ed estendere l’annuncio agli uomini ed alle donne del nostro tempo. * * * rima di passare al parroco don Marco è utile un’altra sottolineatura sull’università; perché l’università ha dato un altro grande lascito alla personalità del futuro prete: il piacere del bello e lo stupore che ne consegue, il gusto di muoversi ed impegnarsi per conoscere la bellezza. È stata la preparazione della tesi di laurea che ha fatto emergere con esplicitezza questi tratti: Don Marco e il suo gruppo di amici dovevano porre a tema la progettazione di un quartiere popolare nella periferia di Rimini. Si faceva un gran parlare in quegli anni della nuova edilizia di periferia di Parigi, vere e proprie villes nouvelles per civile abitazione. Andiamo a Parigi, allora! Il gusto del viaggio, della scoperta; alla ricerca del bello e del buono nasce allora! Così fanno una vera e propria indagine sul territorio, per verificarne il modello, la vivibilità: edilizia modernissima, modulare, ma impressionante scarsezza di luoghi di aggregazione! Bella intuizione: allora non c’erano i casseurs di fine millennio e le banlieues un po’ ghetto che sono diventate problema per i politici francesi del nuovo millennio. Ma tutto questo era già scritto in quella edilizia. Tecnicamente il peep progettato poteva tener conto dei nuovi materiali, degli elementi prefabbricati, ma ad una condizione: fornendolo di anima, di quei luoghi comuni che gli architetti delle villes nouvelles avevano dimenticato! Misura d’uomo e anima: la bellezza ha questi tratti: e oggi affascina più dell’etica. Qualcuno -e sono teologi e filosofi, in anni recentissimi- ha cominciato a dire che sarà l’estetica a salvare il mondo; l’etica non basta più, il dovere è moralistico, il bello invece attira. E l’estetica, cioè il fascino della bellezza, è intrinsecamente legata col buono; è l’estetica che recupera nel quotidiano l’etica, ciò che è buono e giusto. L’esperienza maturata con lo studio e la vita è un buon riferimento per chi si appresta a entrare in seminario. Come la sequela continua, puntuale della catechesi del CLU; che insiste da sempre sull’incontro personale con Cristo, e sulla generazione di una personalità nuova. Opere nuove nella missione, nella cultura, nella carità. Con questo patrimonio personale l’architetto entra in seminario. È la tarda estate del 1979. Quando dice la sua intenzione al padre, che pensava a lui per continuare l’a-
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In alto: agosto 1978, sera a Parigi.
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cominci a conoscere, ti fai amici, ti poni come guida spirituale e maestro. E la gente non viene più ai sacramenti perché è tradizione, comincia a seguire un luogo, prima una persona, poi delle persone, si fa comunità, diventa Chiesa, cioè una compagnia di salvati. Coloro che rispondono con il loro sì alla convocazione crescono, si assumono anche impegni e responsabilità a loro volta missionari. La Chiesa si fa presenza nell’ambiente.
zienda, il padre non fa ostacoli, ma certamente sente ciò come uno shock se è vero che disse al figlio più giovane “Segui tuo fratello, aiutalo sempre: nella vita sarà un disgraziato!” Oggi che è vescovo, dal cielo sorriderà certamente, contento di essersi sbagliato! La famiglia vicina, la famiglia come pietra miliare; importante come la comunità, il gruppo. Sottolineare questi elementi è utile a capire la pastorale di don Marco. Perché il Centro Parrocchiale di Tavernelle è intestato alla Famiglia? Perché è stato progettato come luogo di aggregazione, di incontro, dove si fa catechismo, dove si fa catechesi per gli adulti, dove si fanno incontri conviviali, dove si aggregano adulti, giovani e bambini, maschi e femmine, di tutte le età. Un punto di riferimento per il popolo. Così le sale dell’oratorio di Anghiari, che don Marco ha trovato invece già pronte. Anche se quella di don Marco è una vocazione adulta, sono importanti nella sua formazione pure gli anni del seminario: l’esperienza non insegna tutto; ci vuole anche la scuola. E il seminario è scuola di scienza e di vita: la patristica, tutte le teologie, la storia della Chiesa, la liturgia, la teologia fondamentale, quella sacramentale, la disciplina della vita comune. Altri quattro anni di formazione e poi, nel 1983, l’ordinazione sacerdotale: ora è prete e parroco. Cappellano, per breve tempo, presso la chiesa di S. Giuseppe in Sansepolcro; poi subito l’insediamento in quel di Anghiari: dal 1984 parroco a Tavernelle e dal 2000 anche proposto di Anghiari. In tutto una ventina di chiese comprese le cure di villaggio e di campagna. * * * oncentrazione, Anghiari è ormai una cittadina, e dispersione nel territorio, le molte chiese di nuclei e villaggi; un ambiente sociologicamente misto quello affidato a don Marco. Come muoversi? Se si parte dall’ambiente c’è da mettersi le mani nei capelli: troppo vario. Partire dagli uomini e dalle donne: questi sono uguali dappertutto, stesse esigenze, stessi bisogni spirituali, stesse necessità e stessi sentimenti. Più o meno! La stoffa umana è sempre fatta dello stesso filato; può cambiare la tinta, lo stile, ma il filato è sempre la base comune. Così è partita la missione del nuovo parroco. La missione: i sacramenti e la liturgia sono momenti fondamentali, ma non un servizio abitudinario. Viene gente, il popolo si aggrega; diventi punto di riferimento,
Certamente la tradizione pesa e don Marco l’accoglie e la rianima: le confraternite con le feste patronali, le Quarantore, i ritiri degli Uomini di Perseveranza, il Santuario Mariano del Carmine e lo Scapolare, come impegno e dedizione ad una vita santa. Valorizzazione della fede popolare. Poi i campeggi per i giovani assieme ai giovani di altre realtà e parrocchie: sottolineatura di movimento, non siamo soli; altri, tanti altri fanno come noi. E questo per crescere col cuore più grande! I più piccoli? Ecco il GREST: ancora l’idea del movimento, una forma di oratorio che raccoglie educatori e bambini, fa gruppo e fa comunità perché si lavora, si gioca, si fanno visite guidate, si fanno i compiti delle vacanze. Sempre tutti assieme. Pasti comuni, convivenze formative ed educative: uso delle case diocesane per ritiri. Invenzione della Scuola di Comunità per la formazione degli adulti. La carità. La carità è diventata il Centro di Ascolto con la Caritas parrocchiale; con il sostegno e la partecipazione di una istituzione secolare come la Misericordia. Che aveva ed ha il suo magistrato e il suo presidente. I mezzi non mancano, una rete di volontari esiste, cresce e si consolida con nuovi volontari. È bastato aggregare un gruppo che in Propositura abbia dato vita ad una presenza stabile: ascolto dei bisogni, raccolta di alimenti, rapporto con commercianti e aziende alimentari e i congelatori del Centro sono sempre ben forniti di pasta e alimenti di prima necessità. Anche prodotti per l’igiene; articoli non deperibili che sono prossimi alla scadenza e i negozi devono togliere dagli scaffali sono raccolti in
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In alto a sinistra, giugno-luglio 1979, il gruppo prima della tesi e, a destra, la processione del mattino del Venerdì Santo sta dirigendosi verso la Propositura. La Croce e i chierichetti precedono Don Marco e Don Adalberto, anno 2015.
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Propositura. Singoli e famiglie in stato di necessità hanno ora un punto di riferimento, degli orari di accesso e di incontro con i volontari. Confezionamento di pacchi che vengono portati a casa, partecipazione alle giornate del Banco Farmaceutico e di quello Alimentare. Impegno e partecipazione: ritiro delle donazioni e organizzazione del magazzino. Coinvolgimento e impegno per condividere il bisogno di chi è in stato di necessità attraverso la donazione del tempo dei volontari che tengono viva ed operosa la presenza della carità in città. Un’altra chiave dell’impegno pastorale di don Marco è quella convinzione già detta che la bellezza, nel chiamare e nel formare le coscienze, sia più efficace dell’invito ad essere e basta; il bello è più affascinante dell’obbligo a… Nasce così la “Catechesi con l’Arte”, una forma ordinata di comunicazione della dottrina e della fede cristiane presentate col ricorso alle grandi opere di maestri del passato. Del resto l’arte antica non era commissionata per istruire, per educare gli analfabeti alla fede? Tornare a leggere il bello per quello che dice, non solo per la maestria o la tecnica che usa. In fondo recuperare il vero significato di un’opera non è anche riappropriarsi di una lettura che la cultura laica ha espulso da troppo tempo? Non solo fede dunque, ma anche lavoro culturale. E le conviviali? È proprio piacevole dopo la catechesi una cena in comune, fra decine di persone, nella struttura familiare di Tavernelle, con alcune donne che guidano le operazioni e gli stessi invitati che danno una mano. Una esperienza piuttosto anomala per le abitudini e la norma di oggi; un modo nuovo di essere, quindi, che cresce attorno all’annuncio ed alla familiarità. È il divenire della comunità. La Chiesa prima di strutturarsi in forme visibili, si consolida e si struttura dentro il cuore. E i pellegrinaggi-tour del settembre? La comunità parrocchiale va via, anche molto lontano, in giro per il mondo: Europa, Asia, luoghi di pellegrinaggio, grandi santuari. Purché assieme e seguendo la pedagogia del bello. Itinerari organizzati dall’agenzia certo, ma costruiti dalla comunità, con percorsi che tengono assieme due elementi formativi fondamentali: la comunicazione della fede cristiana e la contemplazione della bellezza nella storia e nell’arte. In genere una settimana, 10 giorni che ruotano attorno a un paio di liturgie dove don Marco -come una volta, quando era ragazzino, don Battista- riorienta, legge, imposta, recupera la bellezza vista e le testimonianze delle persone incontrate. La Messa presso la tomba di S. Teresina del Bambin Gesù o l’incontro al patriarcato armeno di Echmiadzin, il timpano scolpito dell’abbazia di Conques o alcune opere di Caravaggio e Lotto. Il Mulino mistico della chiesa, un capitello di Vezelay, o il Duc in altum (sciogli le vele e prendi il largo) che don Marco ha scelto come motto per il nuovo incarico episcopale. Un’urgenza: formare, sostenere la conversione, facilitare l’incontro personale con Cristo. Ci sarebbe da dire altro, molto altro: come don Marco, per esempio, abbia svolto il proprio compito di
responsabile dell’Ufficio del Sostentamento del Clero al tempo del vescovo Bassetti. O come, in ossequio allo statuto che rende il proposto pro tempore membro del consiglio di amministrazione della Cassa di Credito Cooperativo, abbia contribuito a gestire una banca. In entrambi i luoghi una convinzione precisa: il denaro è utile per il bene della Chiesa e della società, va utilizzato e orientato quindi nella direzione del servizio all’uomo e di una economia nuova, più etica. Entrambi criteri molto interessanti: il denaro serve, ma non appartiene alla persona; la finanza non è buona di per sé, ma va resa più morale. Tanto altro ancora, ma è bene oramai, dopo tanto raccontare, mettere insieme dei punti fermi conclusivi. Eccoli. L’uomo di fede è colui che, per un atto di fiducia, prende di nuovo il largo e getta le reti, sulla Parola, là dove non aveva pescato nulla fino a poco prima; costruire la chiesa oggi, nel 2019, come nel 1968, è di nuovo gettare le reti. Per raccogliere il frutto che non le nostre forze, ma il Signore, per grazia, ti dà. Come dice mamma Tina a chi in queste settimane le chiede ‘e ora? Come fa con questo figliolo?’. “Non l’ho fatto per me” è la risposta, “ma per il Signore!” Affermazione che non è molto diversa dal “Non nobis, Domine, sed nomini tuo da gloriam”, che il coro ci ha abituati a sentire durante le liturgie! Don Marco in poccasione di due pellegrinaggi: in alto, Turchia 2010, a Efeso davanti alla casa della Madonna e, sotto, Georgia 2018, nella città rupestre di Vardzia.
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Convivialità, condivisione, passione per l’arte
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di Carlo Cabassi
o conosciuto don Marco nel 1973, a Firenze. In quell’anno abbiamo iniziato gli studi di architettura, che abbiamo terminato nel luglio del 1979. Preparammo la tesi insieme ad altri amici di Rimini, mettendo a tema la progettazione di un nuovo quartiere, a Rimini per l’appunto. La cosa piacque alla commissione di tesi, che ci premiò con un bel 110 e lode. Durante l’ultimo periodo trascorso all’università, don Marco cominciò a frequentare il seminario di Arezzo. La cosa all’inizio apparve un po’ “strana” a me ed agli amici del gruppo, ma poi pian piano la compagnia fece spazio a questa nuova dimensione/prospettiva che uno di noi aveva scelto per sé (è un “per sé” che non va inteso assolutamente in senso riduttivo, tant’è che questo per sé si è rivelato nel tempo un fatto positivo “per noi”, per tutti noi). Le prime tre parole che mi vengono in mente pensando a don Marco, o meglio a mons. Salvi, sono: convivialità, condivisione, passione per l’arte (arte nella sua accezione più ampia, che comprende a pieno titolo anche l’architettura).
una persona sempre disposta ad ascoltare ed aiutarci nell’ infinito repertorio dei problemi dell’esistenza. Ognuno di noi, in diversi momenti della vita, personale e familiare, ha trovato in don Marco una persona disposta a condividere, spendendo tempo ed energie, i tormenti e le fatiche, così come ad accompagnarci nelle scoperte di nuovi incontri ed esperienze. Tutto ciò è avvenuto mettendo da parte qualsiasi preconcetto, nella certezza che c’è un cammino buono da compiere per ciascuno di noi.
Passione per l’arte
Condivisione
Il terzo elemento che mi viene in mente è la passione per l’arte, un imprinting creativo che ha contraddistinto tutti questi anni. Penso che per don Marco la ricerca del bello abbia sempre coinciso con la ricerca del vero. Andare a vedere una pieve romanica, una cattedrale, il dipinto di una crocifissione o di una resurrezione, è chiaramente per lui la possibilità di un approfondimento della fede. Questa particolare sensibilità è risultata evidente a chi ha avuto occasione di vivere con lui momenti di visita ad alcuni luoghi d’arte, e tale modalità di sguardo profondo sulle cose si è trasmessa per osmosi. In una realtà in cui le immagini transitano sempre più velocemente spingendoci all’ indifferenza per saturazione, stare con qualcuno che ti fa andare “oltre l’immagine” è una possibilità enorme di ricchezza.
Strettamente legato alla convivialità, in don Marco, ho visto all’opera l’aspetto della condivisione. La mia esperienza personale, e quella di diversi amici che con lui hanno vissuto gli anni dell’università ed i periodi successivi, è stata di avere accanto
In alto a sinistra, Carlo Cabassi e, a destra, un momento di relax del gruppo dei laureandi in architettura, durante un viaggio di studio nel 1978. Qui sopra, il “Volto Santo” di Sansepolcro, scelto dal Vescovo Marco come immagine per il ricordino della sua ordinazione episcopale (foto di E. Mattei).
Convivialità Per tanti anni (ben più di quaranta, ormai) ho avuto modo di condividere con don Marco momenti di lavoro, di preghiera, di festa ed in alcuni casi di vacanza. Don Marco ha sempre vissuto queste dimensioni della vita con grande apertura di cuore, sperimentando e facendo sperimentare a chi era con lui la dimensione della convivialità. Si è “insieme” per passare utilmente del tempo insieme, per aiutarsi nei problemi, e per spezzare insieme il pane fatto di fatiche e di gioie, di desideri e di scoperte. Lo stare insieme per lui non si percepisce come una modalità accanto ad altre, ma come “la modalità”. Modalità necessaria per capire chi si è, per vivere con positività le circostanze della vita, per avere sempre presente un destino buono.
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L’incontro con don Marco
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Ti sarò vicino con la preghiera al Signore
er me l’incontro con don Marco è legato all’incontro con don Battista Gregori e con gli amici di G. S. (Gioventù Studentesca) di Sansepolcro alla fine degli anni ‘60. I l Ve s c o v o d i Sansepolcro Abele Conigli voleva iniziare un’esperienza di vita comune di sacerdoti, e propose a 4 preti la cura della parrocchia della cattedrale: don Giacomo Babini, don Pietro Zazzeri, don Battista Gregori ed io (dopo pochi mesi don Battista è partito per Teramo con il Vescovo ed è arrivato don Zeno Gori). Questi primi mesi sono stati per me decisivi sia per la mia esperienza cristiana che per la mia esperienza di prete, per l’incontro con il gruppo di giovani, guidati da don Battista, che seguivano il movimento di GS (poi Comunione e Liberazione). Un’esperienza molto vivace e affascinante (e anche molto criticata…) che ha visto molti giovani frequentare Palazzo Graziani, che poi hanno creato una presenza di adulti che molto hanno contribuito alla vita della Città di Sansepolcro, nelle scuole, nel lavoro e fino in politica. È in questo periodo che ho conosciuto, fra i tanti amici di Sansepolcro, la famiglia Salvi-Del Furia, e in particolare Giuliana e Marco e poi i fratelli più giovani, Laura e Alessandro. Marco frequentava la scuola dei geometri a Città di Castello e assieme seguivamo il movimento di GS. Poi il trasferimento a Firenze per seguire la facoltà di architettura. Anch’io ho lasciato Sansepolcro a metà degli anni 70 per trasferirmi a Perugia: il Vescovo Lambruschini desiderava avere un prete che seguisse la comunità ormai numerosa di CL a Perugia ed in Umbria. Don Giussani mi ha proposto di seguire queste comunità. Ora gli incontri con don Marco avvenivano all’interno del CLU (Comunione e Liberazione Universitari) quando con gli studenti della Toscana e dell’Umbria avevamo momenti comuni, come uscite o ritiri. Ma il momento più emozionante per me è stata l’ordinazione di don Marco a prete nella cattedrale di Arezzo: dopo l’ordinazione di don Angelo, avvenuta pochi anni prima a Sansepolcro, ora l’ordinazione di don Marco era la conferma di come la nostra esperienza in questo movimento fosse capace di maturare persone nella loro vocazione cristiana sia nel matrimonio che nella dedicazione della propria vita a servire la Chiesa nel sacerdozio o nella vita consacrata. Poi le nostre storie si sono ulteriormente allontanate: ho lasciato Perugia e sono partito per il Kenya nell’aprile 1986. Ma un altro miracolo è stato constatare come le amicizie iniziate a Sansepolcro o a Perugia non siano
scomparse per la lontananza, ma anzi si siano rafforzate. Con don Marco gli incontri sono continuati durante l’estate a Sansepolcro oppure in Romagna, dove quasi ogni anno ci siamo ritrovati per passare una giornata assieme (spesso anche con don Zeno) in qualche ottimo ristorante. Poi spesso don Marco ha coinvolto amici e parrocchiani e soprattutto la comunità di Sansepolcro, nel sostenere la mia missione qui a Nairobi, inviando offerte per varie iniziative. Ho ancora negli occhi e nel cuore la festa di S. Bartolomeo, passata assieme l’anno passato. È stata una grande grazia trovarmi ospite in questa bella comunità di Anghiari, e con tanti amici venuti da Sansepolcro, e sperimentare ancora una volta la bellezza della ospitalità toscana e la generosità di don Marco e degli amici. Quando alcuni amici mi hanno comunicato la notizia della nomina di don Marco a Vescovo ausiliare di Perugia, immediatamente gli ho scritto questo breve messaggio: “Carissimo Marco, ti sono molto vicino con la preghiera in questo momento in cui il Signore ti sta chiamando a una sequela particolare, come è successo a Pietro: “Quando eri giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; quando sarai vecchio un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Sono grato al Signore per la storia che lui ha costruito e che ci ha coinvolti assieme: non posso non pensare a don Angelo, che ora ti sarà più vicino con la sua preghiera. Sono anche contento che nel Cardinale Bassetti tu possa avere un Padre e un Vescovo da cui imparare”. Caro don Marco, non potrò essere presente alla tua ordinazione episcopale, come lo sono stato alla tua ordinazione sacerdotale, ma ti sarò vicino con la preghiera al Signore in questo mese di preparazione e in quel giorno. Ti affido alla “Madonna delle Grazie” della Cattedrale di Perugia. Don Valerio Valeri Nella foto in alto, don Valerio con i bambini della parrocchia, in Kenya e, sotto, in visita ad una missione fra i Pokot, Nord del Kenya.
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A nome mio e dell’intero Consiglio di Amministrazione della Banca, rivolgo a Mons. Marco Salvi le più sincere felicitazioni per la prestigiosa nomina. La sua presenza in seno al nostro CDA è per tutti noi motivo di orgoglio e soddisfazione e testimonia, ancora una volta, la capacità della Banca di riconoscersi in quei princìpi ispiratori previsti all’art. 2 dello Statuto Sociale, che recita “Nell’esercizio della sua attività, la Società si ispira ai princìpi dell’insegnamento sociale cristiano e ai princìpi cooperativi della mutualità senza fini di speculazione privata”. Auguriamo di cuore a Mons. Salvi un proficuo svolgimento del cammino pastorale intrapreso, nella certezza che egli saprà, grazie al suo instancabile impegno e alle sue doti di magnanimità e benevolenza, illuminare la vita delle comunità che gli sono state affidate. Il Presidente della Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo Paolo Sestini
Sopra: Prima Comunione dei ragazzi della parrocchia con Don Marco, i diaconi, i chierichetti e le catechiste, nella chiesa della Croce, domenica 3 giugno 2018 (foto Studio F10). Sotto, a sinistra. Don Marco dopo la benedizione del restauro della maestà della Palaia (28 maggio 2018, foto Emmedipì). A destra, conclusione della Processione del Gesù Morto nella piazza di Sant’Agostino. Don Marco impartisce la benedizione finale prima che le Compagnie rientrino in chiesa (22 aprile 2011, foto Luca Del Pia).
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L’incontro con don Marco
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La porta sempre aperta, la voglia di incontrare e aiutare le persone
i chiamo Mario, sono un sacerdote polacco che ha passato con gli anghiaresi e il loro pastore quattro anni. Ecco la mia breve esperienza sulla terra italiana e, in modo particolare, nella Valtiberina. Nel 2004 sono venuto a studiare diritto canonico a Roma. Dopo un certo tempo, arrivò in Italia pure il mio amico Don Stanislao, che tutti conoscete bene! E proprio lui mi invitò a trovarlo ad Anghiari, dove faceva il vice parroco. così conobbi anche il suo parroco! Don Marco, ancora camminava con il braccio al collo per via di una frattura, sembrava un uomo molto severo e di poche parole. Ecco il nostro primo incontro. Avevo chiesto a don Stanislao: «Dove ti hanno messo a lavorare?», e Stani mi aveva risposto «Non ti preoccupare! Don Marco è un uomo in gamba!!» Era proprio così, come diceva Stani. Piano piano ho scoperto che don Marco era veramente un uomo in gamba. Era lui che chiedeva a don Stani di invitarmi ancora e così cominciavo a venire sempre più spesso alla sua parrocchia; è grazie a lui che ho conosciuto persone che ancora oggi porto nel mio cuore, a cui sono molto grato per tutto il bene che mi hanno fatto. Oggi sono parroco anche io e so che la vita parrocchiale dipende tantissimo dal modo di stare del parroco; era così anche nella parrocchia di Don Marco e il suo sigaro! La porta sempre aperta, la gente che passa, la voglia di incontrare e aiutare le persone, le sue battute fatte sempre con il sorriso. Guardandolo, la sua vita mi ricordava il cero pasquale che si brucia per dare luce e calore. Ogni volta che venivo si interessava a me e al mio studio. L’ultimo anno, mentre il mio vescovo voleva richiamarmi perché non avevo più la borsa di studio, lui mi aveva chiesto di restare ad Anghiari, qui, in Valtiberina. “Ci pensiamo noi ad aiutarti a finire il tuo dottorato!” E voi sapete bene che senza il vostro aiuto non avrei potuto finirlo davvero e non finirò mai di ringraziarvi! Grazie a questa bellissima comunità mi sono
laureato, ho vissuto un bel periodo con persone care e in un posto straordinario dove torno sempre con grande gioia. Oggi, mentre sto pensando che cosa scrivere, la mia testa è piena di bei ricordi: posti, parole, persone. Una volta don Marco mi ha fatto il piacere di venire con me in Polonia, e persino durante l’inverno polacco! Siamo venuti nella mia diocesi, a casa dei miei, abbiamo incontrato tante persone, abbiamo visto i luoghi caratteristici della mia terra; una volta siamo andati a vedere i bisonti europei con una temperatura di -20 gradi e la strada ghiacciata! Per noi tutto era normale, invece Don Marco, al ritorno, raccontava la sua esperienza come se fosse una favola sull’inverno per i bambini! Neve... ghiaccio... mancava solo la slitta con Babbo Natale! C’è ancora una cosa importante che voglio dire. Don Marco mi trattava come uno della sua famiglia: mi sentivo come a casa, anche se la mia casa era lontana; lui capiva che significa stare lontano dalla terra materna. Dopo la grande notizia arrivata dalla cattedrale aretina, ringrazio Dio per il dono di essere stato con Don Marco e i suoi parrocchiani e a lui auguro un buon lavoro nella vigna del Signore, lavoro che certamente sarà ancora piu intenso ora che è Vescovo. Eccellenza, Ti accompagno con la mia preghiera Grazie di tutto. Con affetto
don Mario Nella colonna di sinistra, Don Mario e, a destra, la Compagnia di Galbino pronta per la Processione del Venerdì Santo, anno 2010. Con loro Don Marco e don Mario.
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Don Marco vescovo, il prete di Tavernelle
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di don Alessandro Bivignani
iuscire a raccontare in poche righe le sensazioni che dal 15 febbraio ad oggi sono passate nel mio cuore non è impresa facile. Soprattutto senza rischiare di cadere in un florilegio di elogi che, se pur meritati da don Marco, non rispondono a quanto richiestomi da questo articolo. D’altronde, essendo cresciuto sotto l’ombra di don Marco ne avrei di storie da raccontare, tuttavia cercherò di guardare tra le pieghe di una storia che ha segnato così tanto la mia vita tanto da voler assumere anche la stessa forma di vita di questo prete “del Borgo”, giunto a Tavernelle appena un anno dopo la sua ordinazione sacerdotale. Avevo quattro anni all’epoca, e quindi dell’arrivo di don Marco a Tavernelle da me non saprete nulla di che, se non in maniera indiretta: ed è esattamente questo il punto di partenza della mia riflessione. Accanto alle attività di catechismo e di chierichetto in parrocchia, e di amicizia in famiglia, la mia conoscenza del prete avvenne tramite alcune persone che in quei primi anni di ministero in Valsovara accolsero don Marco e ne furono prime collaboratrici: la Santa era quella che si vantava di “aver insegnato a don Marco a fare il prete”, e poi vi erano la Celestina, l’Assuntina, e anche altre carissime signore. Ho imparato molto più avanti che quelle persone rappresentavano per don Marco una paternità di cui non si può fare a meno se si vuole essere cristiani e tantomeno sacerdoti. Le signore della prima ora col tempo invecchiarono e lasciarono il posto alle nuove leve, che andarono a formare il gruppo delle catechiste ed altre aggregazioni parrocchiali… erano gli anni in cui davanti a me si svolse lo spettacolo della fede, cioè la testimonianza del valore che la presenza di Cristo genera nella vita di ognuno. Questo in fondo cercava di dire a tutti il prete di Tavernelle, che partoriva continuamente svariate iniziative per i suoi ragazzi e giovani. Ma si sa, le cose si comprendono sempre dopo, ed adesso è chiaro: si genera se si è generati. Tanti anni dopo ho capito che don Marco stava generando alle fede tante persone, anche me, e questo lo faceva non per una sua particolare capacità (anche, certo) ma soprattutto per la coscienza di dipendere da una storia, da una paternità, che continuamente genera. Forse ho avuto modo di sperimentare “sul campo” questa verità, quando, arrivando il nuovo incarico nella Propositura di Anghiari, don Marco mi coinvolse nella animazione dei ragazzi e nel gruppo dei giovani; in tal modo mi fece vivere la consapevolezza che l’avventura della fede cristiana, prima ancora che esser fatta di pratiche religiose od organizzazione pastorale, è il vivere quell’incontro che ti ha cambiato la vita, da cui scaturisce l’urgenza di raccontarlo ad altri. È proprio la vita, insomma, il terreno di verifica della fede. Si capisce ora perché ho preferito titolare il mio
ricordo celebrativo di don Marco riferendolo a Tavernelle: non me ne vogliano, vi prego, gli anghiaresi! Quella minuscola parrocchia, dove dalla morte del vecchio parroco esorcista nessuno voleva andare a motivo di difficoltà economiche e pastorali, fu invece assegnata -quasi a punizione (anche se queste cose non si devono dire)- al giovane prete biturgense don Marco, il quale seppe profittare di quella circostanza, apparentemente negativa, per verificare come Dio si serve di tutta la realtà. Ma tengo a sottolineare che don Marco non si basò sul criterio delle proprie capacità personali, ma affidandosi alle persone che la provvidenza mise sulla sua strada: ecco la Santa e le altre donne, ecco le prime suore del Cenacolo, ecco altre persone che poi arrivarono nella sua vita. Nello stesso tempo erano le persone della parrocchia, generate alla fede da un sacerdote che a sua volta viveva costantemente il suo essere generato. Ora faccio un salto temporale, ma estremamente significativo; mi riferisco alla fine della Messa di ordinazione episcopale, quando il novello vescovo Marco, dopo aver ringraziato il Padreterno, ha fatto alcuni nomi legati alla sua vita: don Battista, don Pietro, don Angiolino, don Valerio e don Giussani. Ecco alcune figure che hanno segnato la vita di don Marco, ma più propriamente “generato”, ed accanto a loro ce ne sono molte altre, tante che è impossibile farne memoria. Ma questo accade per la vita di ognuno di noi. C’è, insomma, una sorta di “catena di paternità”. Questa definizione ci è venuta in mente con alcuni amici nei giorni successivi all’annuncio che don Marco sarebbe diventato vescovo, poiché in molti, saputolo, hanno fatto memoria di certi preti e poi hanno pensato a me. Sì, è una “catena di paternità” che esiste perché ha origine da Dio Padre. Pensavo in quei giorni: “io quei sacerdoti ricordati da don Marco ne ho conosciuti solamente due”. Come dire che gli altri dovrebbero non appartenermi. Invece, quando ho saputo per la prima volta che don Marco sarebbe diventato vescovo (alcune settimane prima del 15 febbraio), il mio pensiero è andato a don Battista, forse
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il più lontano temporalmente da me, ma che ho sentito vicino proprio in questo legame di paternità. Lui generò alla fede una intera generazione di biturgensi, compreso don Marco, e tutti allora pensavano che presto sarebbe diventato vescovo: ma la provvidenza aveva pensato diversamente ed il Buon Dio lo prese presto con sé. Vescovo ci è diventato invece un suo figlio. Forse potrebbe essere scontato, a questo punto, dire che io mi sento figlio di don Marco. Preferisco infatti dire che mi sento in questa “catena di paternità” che passa da tante persone, tanti volti, di cui don Marco per me è stato terribilmente significativo, tant’è che fin da giovane iniziai a fumare il sigaro come lui! Mentre dai balconi del Paradiso, il 31 marzo, erano affacciati in molti a godere di quel figlio che diventava successore degli apostoli, anche noi eravamo colmi di orgoglio e gratitudine, perché se don Marco ci è stato (ed è) padre, nello stesso tempo è anche nostro figlio, figlio di una comunità che lui ha amabilmente servito per tanti anni, come pastore. Adesso Tavernelle, la mia parrocchia, vive la “luna di miele” con il suo parroco-vescovo, ma assapora già l’amarezza del distacco. Così in questi giorni mi sono trovato a ripetere più volte quello che diceva il mio bisnonno Santino, il Chiochi: quando ci si lamentava della mancanza dei preti, lui diceva di stare tranquilli, perché Dio non ci avrebbe mai abbandonato. In fondo è vero, vivendo nella logica dell’affidamento al Padre, c’è la consapevolezza di un nuovo tutto da scoprire, e dal quale Dio farà sorgere frutti molto buoni, come fece con quel pretino del Borgo mandato in una scalcinata parrocchia di campagna. A don Marco auguro buon cammino; mi ha confidato la sua serenità, poiché adesso sperimenterà una nuova figliolanza con il cardinale Gualtiero. E penso tra me e me, che a sessantacinque anni non è così scontato mettersi in discussione fino al punto di dover scoprire di essere ancora figlio! Questa la grandezza di don Marco, a cui Dio ha chiesto aiuto per trasmettere al Suo Popolo (di Dio) la buona notizia del Vangelo. Beh, se Dio chiede aiuto, don Marco non avrebbe potuto rispondere diversamente. Il Signore benedica i tuoi passi ed il tuo ministero don Marco: ad multos annos, feliciter in Domino! Nell’altra pagina, la chiesa di Tavernelle. In questa pagina, nella colonna a destra e dall’alto. * Tavernelle: Cresima 2003. Monsignor Giacomo Babini è con Don Marco, don Juan Carlos, il diacono Fabio, la catechista Marinella e i ragazzi Luca Bartolomei, Marco Fragai, Nicola Natalini, Sara Rossi e Silvia Giuliattini * Gita in Costa Azzurra con don Marco e un gruppo di parrocchiani/collaboratori. * Don Marco e il diacono Alessandro in occasione della benedizione delle foglie di giglio il 25 aprile 2014, festa di San Marco, presso la cappella della Misericordia. * Santuario del Carmine, foto ricordo nell’anniversario dell’Apparizione, il Vescovo Riccardo è con i sacerdoti, il diacono, il ministrante; anno 2018. Da sinistra: il ministrante Andrea Marzi, don John Pullan, don Enzo Bigiarini, il diacono Fabio Mondani, don Marco Salvi, don Quinto Giorgini e, per finire, don Alessandro Bivignani tornato appositamente dalla Valle.
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Mons. Marco Salvi di don Quinto Giorgini
Mons. Marco Salvi, ultimo vescovo nativo della Città e Diocesi di Sansepolcro, la cui storia va dal 23 settembre 1515 al 30 settembre 1986.
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rima della nomina vescovile di Marco Salvi, avvenuta lo scorso 15 febbraio 2019, nella storia della città e Diocesi di Sansepolcro, ne abbiamo avute altre, tra cui quella di Graziani mons. Anton-Maria (1537-1611), Vescovo di Amelia, dove morì all’età di 74 anni il 16 marzo 1611; di Pichi mons. Paolo (1567), che fu Vescovo di Volturara nel Regno di Napoli; di Gherardi mons. Aloisi (1685-1754), per 28 anni Vescovo di Cortona, che morì a 69 anni il 3 aprile 1754. Nativi tutti e tre della città di Sansepolcro. Possiamo inoltre aggiungere altri due vescovi della Diocesi biturgense: mons. Ermenegildo Ricci (18861931), originario di Montelabreve di Badia Tedalda, morto martire in Cina, nonché mons. Giacomo Babini, novantenne, originario di Alfero di Verghereto, dove nacque il 22 febbraio 1929, Vescovo Emerito di Grosseto, ordinato a Sansepolcro il 19 settembre 1987. *** Vediamo ora i principali dati biografici del nostro novello Vescovo Marco. Eravamo all’inizio della primavera dell’anno mariano 1954 ed esattamente la domenica 4 aprile, quando venne alla luce alle ore 19:30 il piccolo Marco, secondogenito dei quattro figli dei coniugi Salvi Salvio e Del Furia Tina. Il Battesimo fu celebrato sabato 10 aprile al Sacro Fonte della parrocchia della cattedrale di San Giovanni Evangelista in Sansepolcro dal sacerdote don Arduino Comanducci, alla presenza della madrina Alda Del Furia e gli furono scelti i nomi di Marco Guido. L’atto è stato sottoscritto, oltre che dal celebrante, anche dall’arciprete pro-tempore don Giovanni Panichi. Gli altri Sacramenti dell’Iniziazione cristiana furono celebrati successivamente nella stessa comunità cristiana. Frequentate le scuole elementari e medie a Sansepolcro, il giovane Marco si è iscritto alle scuole superiori di Città di Castello conseguendo il diploma di geometra. È passato poi alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, dove ha conseguito la laurea in Architettura nel 1979 con il massimo dei voti e lode per cui i giornali lo hanno chiamato “il Vescovo architetto”. Negli anni dell’Università si è avvicinato al movimento di Comunione e Liberazione di don Giussani,
che già aveva conosciuto attraverso la “Comunità Studentesca” a Sansepolcro, animata dai sacerdoti don Battista Gregori, don Pietro Zazzeri, don Angelo Chiasserini e d o n Va l e r i o Valeri. Marco lascia la sua professione di architetto per entrare nel Seminario vescovile di Arezzo e prepararsi al sacerdozio frequentando per 4 anni i corsi di teologia a Firenze, dove ha conseguito il baccalaureato. Terminata la preparazione spirituale e pastorale, riceve l’ordinazione sacerdotale il 27 maggio dell’Anno Santo della Redenzione 1983 nella basilica cattedrale di Sansepolcro, dal Vescovo Giovanni Telesforo Cioli, quando ancora la Diocesi biturgense non era stata annessa a quella di Arezzo. La prima Messa solenne fu celebrata nella chiesa parrocchiale di S. Giuseppe Artigiano alle Forche, dove rimase per breve tempo come cappellano di don Pietro Pilotti. Nel 1984 fu nominato parroco a Tavernelle-Galbino di Anghiari, nel Vicariato di Pieve Sovara, succedendo al sacerdote esorcista don Gino Lazzerini da Sestino, morto il 28 aprile 1984. A mons. Cioli, dimessosi nel 1983 dalla sua qualità di vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro, subentrò mons. Giovanni D’Ascenzi, che fece il suo ingresso a Sansepolcro il 12 giugno 1983, come ultimo Vescovo di questa Diocesi biturgense, smembrata e soppressa e annessa nella parte toscana a quella nuova di ArezzoCortona-Sansepolcro, in data 30 settembre 1986. Morto il proposto di Anghiari don Vittorio Bartolomei il 22 settembre 1998, don Marco, conservando il titolo di parroco di Tavernelle, fu nominato nel 1999 da mons. Bassetti, allora Vescovo di Arezzo, proposto della parrocchia di S. Bartolomeo in Anghiari, dove per 20 anni ha svolto con zelo e dedizione l’attività pastorale nei vari settori della numerosa comunità cristiana anghiarese. È stato correttore della locale Misericordia e inoltre moderatore del nostro vasto Vicariato di Anghiari e Monterchi che abbraccia 14 parrocchie e tante numerose altre chiese ex-parrocchiali.
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Nella colonna di sinistra, don Quinto. In questa colonna, Ritratto di mons. Anton Maria Graziani (1537-1611), vescovo di Amelia e Nunzio Apostolico a Venezia, copia del sec. XVII da un originale di Domenico Tintoretto.
Dal 1993 al 2005, per due mandati, è stato Presidente dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero. Don Marco, oltre la parte spirituale-pastorale delle sue parrocchie, ha curato anche quella amministrativa e materiale, restaurando diversi edifici sacri, tra cui il Santuario del Carmine, affidatogli in qualità di rettore nel 1991 dal Vescovo D’Ascenzi. In quest’ultimo anno della sua permanenza ad Anghiari ha realizzato completamente il rifacimento del tetto della Propositura, nonché delle pareti dell’annesso oratorio e casa canonica, restauri inaugurati appena lo scorso venerdì 5 aprile. La domenica pomeriggio 31 marzo si è svolta con grande solennità e partecipazione di Vescovi toscani e umbri, sacerdoti e diaconi e del popolo cristiano di Anghiari e della Valtiberina, l’Ordinazione Episcopale di mons. Marco Salvi, presieduta dal Card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI e Arcivescovo di PerugiaCittà della Pieve, assistito dai consacranti Card. Francesco Coccopalmerio, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, e dal nostro Arcivescovo Riccardo Fontana. Era presente nella cattedrale aretina anche il Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo Metropolita di Firenze, con numerosi amici e parenti del novello Vescovo, tra cui in prima fila, commossa, la novantenne mamma Tina, la sorella Giuliana con il marito Enzo, il fratello Alessandro, la sorella Laura e gli altri nipoti e parenti. Accompagnato dai sacerdoti don Alessandro Bivignani e don Severino Bernardini, il Vescovo eletto Marco si presenta al celebrante Card. Bassetti che richiede il Mandato del Papa per procedere all’Ordinazione. Letto dal cancelliere vescovile il Mandato e invocato lo Spirito Santo, l’Eletto si prostra a terra mentre vengono cantate le Litanie dei Santi. Alzatosi e inginocchiato di fronte al Cardinale celebrante, questi gli impone le mani sul capo e dopo di lui i due Vescovi consacranti e tutti gli altri Vescovi presenti. Recitata la preghiera consacratoria, il Cardinale unge con il Sacro Crisma il capo del nuovo Vescovo, consegnandogli l’Evangelario, l’Anello, la Mitria e il Pastorale. Nel frattempo, l’organo e la corale Schola Cantorum “Don Vittorio Bartolomei” di Anghiari esprime con il canto l’esultanza per l’avvenuta consacrazione. Don Marco Salvi, sacerdote della nostra Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, è ora Vescovo della Chiesa Universale, nonché Titolare di Termini Imerese e Vescovo Ausiliare di Perugia-Città della Pieve scelto dal nostro Cardinale Gualtiero Bassetti. Al termine della Messa il novello presule, mentre viene cantato il Te Deum, scende a benedire il popolo. Nell’interessante stemma di mons. Salvi, si ricorda il passaggio di S. Francesco d’Assisi ad Anghiari, dove pose a protezione del paese un’umile croce, presso la quale sorgerà nel secolo XVI l’attuale Chiesa della Croce. La stella a otto punte ricorda la Devozione Mariana alla Madonna del Carmine, mentre la palma sempre verde, segno di Cristo Risorto di Piero della Francesca, ricorda il paese di nascita dell’artista e del novello Vescovo. La
frase evangelica DUC IN ALTUM è rivolta da Gesù non solo al novello Vescovo Marco, a cui auguriamo un ricco apostolato in terra umbra, ma anche a tutti noi semplici cristiani, perché non ci scoraggiamo nel vivere e testimoniare la Fede in tempi così difficili. Il Vescovo Marco non dimenticherà certamente il Vicariato di Anghiari e Monterchi e anche noi rimarremo uniti a lui nella reciproca preghiera.
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In alto, il giovane Marco Salvi nel piazzale antistante il Convento del Cenacolo a Montauto. Sotto, sono raffigurati: a sinistra don Marco e, dietro, don Pietro Zazzeri; al centro, dietro, don Valerio Valeri; e poi don Silvano Seghi di Firenze e, a destra, don Angiolo Chiasserini. La foto si riferisce al matrimmonio di Giovanni Papi (seminascosto dietro don Pietro) e Anita nella chiesa di S. Margherita a Montici a Pian dei Giullari (FI), anno 1981.
Don Marco, e ora nuovo Vescovo,
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Letterina a Don Marco
lavoratore della vigna del Signore
Caro Don Marco che diventi Vescovo, sei stato per tanti anni il nostro sacerdote: tu parlavi, spiegavi e cantavi, tutto con tanto amore! Tu che hai vissuto con noi, ora non te ne andare, ti preghiamo! Tu ci mancherai così tanto perché eri bravissimo. Tu ci dicevi sempre che non dobbiamo pensare soltanto per noi, ma che dobbiamo pensare anche agli altri. Noi ti vogliamo tanto bene e ti auguriamo un cammino bellissimo!
ono venuto ad Anghiari quando avevo tre anni di sacerdozio, senza grande esperienza pastorale, perché avevo lavorato come vicario parrocchiale soltanto per un anno, subito dopo l’ordinazione sacerdotale. La prima parrocchia in cui ho servito come prete era grande, con 14.000 abitanti, con il parroco e 6 altri preti. Quando sono venuto qui ad Anghiari ho incontrato altra realtà. La parrocchia anghiarese mi sembrava come una grande famiglia. Don Marco, in questo momento della mia vita, era per me come mio padre. È difficile sintetizzare in poche righe le grandi doti di questo sacerdote dall'animo umile e generoso: la sua accoglienza, il suo sorriso per tutti, l'interesse sincero per ogni singola persona; la sua disponibilità verso i bisogni di ognuno; la sua presenza costante che costituiva un grande punto di riferimento; la sua capacità di ascolto. È stato sempre vicino alla gente, sempre pronto a dar una mano. Era il parroco di tutti e trattava tutti allo stesso modo. Prima che un prete, lui è stato il mio vero amico e il fratello nel sacerdozio. Nessun parroco mi ha emozionato come lui con le sue parole e l'esempio della vita. Ho mille ricordi di Don Marco, le Messe, le confessioni, le omelie, le raccolte che lui faceva fare per i ragazzi del catechismo, le gite del Grest, l'arte: la sua passione. In qualche occasione sono state vicine anche le nostre famiglie. Nella mia memoria rimane la Pasqua che è stata vissuta con i miei genitori e la famiglia di Don Marco. Lui mi ha visitato in Polonia almeno due volte. Festeggiavamo insieme con lui il sessantesimo compleanno di mia mamma. Credo che don Marco, come il nuovo Vescovo, rimarrà semplice lavoratore della vigna del Signore. Sono sicuro che lui ha un forte legame con il Signore, un rapporto vivo, da discepolo a maestro, da fratello a fratello, da povero uomo a Creatore. Dio lo benedica e lo custodisca come un buon pastore per tutti.
In alto, don Bartłomiej Koziej, Don Bartolomeo, e, qui sopra, Don Marco, Don Bartolomeo e il diacono Fabio con un bel gruppo di ‘accompagnatori’, sono pronti a far visita alle famiglie di Anghiari. È l’anno 2014.
Adele, Daniele, Emma, Gioele e Irene Classe II B Primaria di Anghiari
Lettera aperta a Sua Eccellenza… Don Marco! Caro Don Marco, anzi, Sua Eccellenza, ma veramente ci lasci!? Ti ho conosciuto quando ero ancora una piccola bimba del periodo estivo del Grest. La prima volta che ti ho visto ho avuto un po’ di timore per te; nei miei confronti eri un “omone” con la barba e pensavo che eri il sosia di Babbo Natale da giovane. Durante i vari Grest, quante gite, quante camminate ci hai fatto fare (anche se te venivi sempre in macchina…)! Inoltre quante merende assieme, dove tu mi promettevi le fragole con la panna… (ancora le sto aspettando!) Sei sempre stato presente, ci hai fatto divertire, ci hai insegnato il valore dell’amicizia e soprattutto ci hai fatto conoscere e riflettere sulla Parola di Dio. Sono contenta per te e un po’ dispiaciuta per me a causa della tua partenza. Ringrazio Dio per avermi permesso di incontrarti. Sarai sicuramente un ottimo vescovo come sei stato un ottimo parroco. Torna a trovarci presto! Con affetto. Alessia Alberti
La mamma Tina e alcuni familiari presenti all’ordinazione episcopale di don Marco (31 marzo 2019, foto Luigi Leonardi).
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Il canto, componente essenziale della liturgia
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di Luigi Leonardi
el giorno in cui tutte le Parrocchie e le Associazioni del Comune di Anghiari si stringono intorno al loro caro Parroco Don Marco e gli esprimono i loro più sentiti auguri per l’Ordinazione Episcopale, non poteva certo mancare la voce della Corale di Anghiari. La Corale di Anghiari nasce nel 1948 per opera dell’allora Cappellano Don Vittorio Bartolomei. Fu fondata principalmente per il servizio alla Chiesa, infatti, era chiamata a cantare per tutte le principali festività religiose nella Propositura ed anche nelle altre Chiese della parrocchia quando vi si svolgevano le celebrazioni religiose. Sotto la guida di Don Vittorio, la preparazione del coro cresceva e, con essa, il livello delle esecuzioni diventava sempre più alto. Nel 1952 il Direttore decise che il suo coro era pronto per partecipare al Concorso Polifonico Nazionale “Guido d’Arezzo”, che nasceva proprio in quell’anno. La Corale di Anghiari si classifica al secondo posto assoluto nella categoria Cori Misti ed al primo posto nella categoria Cori Femminili. Per molti anni la Corale parteciperà al Concorso Internazionale “Guido d’Arezzo” conseguendo grandi successi: • Nel 1953 secondo premio nella categoria Cori Femminili: • Nel 1954 terzo premio nella categoria Canti Popolari; • Nel 1956 terzo premio assoluto (primo dei cori italiani) nella categoria Canti Popolari; • Nel 1957 primo premio assoluto nella categoria Premi Speciali per due cori italiani; • Nel 1958 primo premio assoluto nella categoria Canto Gregoriano • Nel 1959 primo premio assoluto nella categoria Canto Gregoriano; • Nel 1960 secondo premio assoluto nella categoria Canto Gregoriano; • Nel 1961 terzo premio assoluto nella categoria Canto Gregoriano. La Corale ha partecipato anche ad altre importanti Rassegne Nazionali ed Internazionali di Polifonia Corale, raccogliendo ovunque successi e grandi attestati di stima. Nel 1960 fu invitata alla sfilata di apertura delle Olimpiadi di Roma, alla quale partecipò con entusiasmo cantando al Circo Massimo insieme a tanti altri cori presenti. Il 23 maggio 1993 la Corale ha cantato in occasione
della visita pastorale di S.S. Giovanni Paolo II ad Arezzo. La morte di Don Vittorio avvenuta il 22 settembre 1998, una grande perdita per tutta la comunità parrocchiale, gettò nello sconforto tutti i componenti della Corale, tanto da temerne il suo scioglimento. Dopo un certo periodo di tempo, i coristi presero la decisione che la Corale doveva andare avanti nel nome di Don Vittorio Bartolomei e decisero di affidare la direzione del coro al corista e Maestro Bruno Sannai. Da quel momento la Corale ha assunto un altro nome “Corale Don Vittorio Bartolomei” e nel suo nome prosegue l’impegno in parrocchia in stretto accordo con il nuovo parroco Don Marco Salvi. Don Marco ha sempre sostenuto che il canto è una componente essenziale della Liturgia, parte integrante della vita e della preghiera della Chiesa. Probabilmente è per questa sua profonda convinzione che ha voluto che si formasse anche un coro parrocchiale che la domenica animasse la celebrazione della Santa Messa. A prima vista, sembrava che queste due realtà corali fossero in contrasto l’una con l’altra e, forse, l’intimo desiderio del parroco, era quello di vedere un coro unico in piena armonia. Nel settembre dell’anno scorso ci fu un incontro tra i Direttori ed i componenti dei due cori ed in piena armonia fu deciso di dare vita ad un unico coro sotto il nome di “Corale Don Vittorio Bartolomei”. Crediamo che questa sia anche una conquista del nostro caro parroco ed un bellissimo regalo per la sua Ordinazione Episcopale. La Corale, tutta nuova, ha animato la celebrazione liturgica che si è svolta nel Duomo di Arezzo domenica 31 marzo 2019. A Don Marco va il nostro più caro ed affettuoso augurio per questo suo nuovo ed importante incarico, anche se la nostra gioia è offuscata dal pensiero di perdere un ottimo parroco ed un carissimo amico. Ma non mettiamo i limiti alla Provvidenza e chissà che un domani lo potremo riabbracciare come “Nostro Vescovo”, il Vescovo della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro!!! Con questo augurio la “Tua Corale” si stringe attorno a te in un fortissimo abbraccio. In alto, Luigi Leonardi e, in questa colonna, la “Corale” in occasione del concorso a Langollen (Inghilterra) nel 1962.
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Il prete costruttore
È
di Teresa Bartolomei
insolito trovare riunite nella stessa persona la vocazione dell’architetto e quella del sacerdote: costruire edifici di pietra e l’edificio spirituale della Chiesa sembrano scelte alternative, che richiedono competenze, responsabilità, impegni profondamente diversi, eventualmente incompatibili. In Don Marco, parroco di Anghiari per buona parte di questo convulso inizio del terzo millennio, queste due strade vocazionali sono invece confluite armoniosamente, continuando nel corso della sua esistenza a correre insieme, complementari e interdipendenti, portando frutti distinti ma affini, dando testimonianza concreta della verità dell’Incarnazione: dell’unità profonda della vita umana, nella sua realtà terrena e nella sua comunione filiale con la trascendenza divina. Edifici di pietra ed edificio spirituale della Chiesa sono realtà diverse, ma il principio del costruire, che scaturisce dalla potenza creatrice del Signore, ubbidisce ad una medesima legge di armonizzazione virtuosa e potenziamento unitario della molteplicità: ex pluribus unum. Tutto è da ascoltare, da ripensare, e per quanto ci è possibile, da comprendere. Scegliamo ora un solo vocabolo: «Io, il Signore (cfr. Is. 9, 4-6), edificherò . . .». Edificare, che cosa significa? Vuol dire costruire, prendere dei materiali informi e dispersi, e, conservandone la struttura essenziale, modellarli, unirli, compaginarli in un piano architettonico, e conferire ad essi l’utilità e la dignità d’unico disegno, che rispecchi un pensiero, una finalità, una bellezza, ch’è di tutti i singoli materiali componenti, e di tutto insieme l’edificio. Questa è l’idea di Cristo circa l’umanità, circa il regno di Dio, circa la costruzione. (Discorso di Paolo VI all’Udienza Generale del 7 luglio 1976) https://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/audi ences/1976/ documents/hf_p-vi_aud_19760707.html
È vocazione sacerdotale che nei presbiteri si sublima in servizio ministeriale, ma che è aperta ad ogni cristiano nel sacerdozio comune di cui sono investiti tutti i figli del Popolo di Dio, quella di essere costruttori di umanità, nel servizio di consacrazione di tutto quanto è umano nella Grazia redentiva di Dio. “Ascoltare, ripensare, comprendere” questa vocazione è impegno cui i credenti sono chiamati quotidianamente e che non è affatto di facile identificazione: che cosa significa costruire l’umanità come Chiesa, come popolo di Dio in cammino nella storia perché ha una direzione, una meta, un sogno di unità, una “finalità”? Il sacerdote testimonia quotidianamente questa possibilità, nella sua pazienza di costruttore, che raccoglie materiali esistenziali dispersi e disgregati dal peccato, dall’emarginazione, dalla sofferenza, per “compaginarli” nella nuova dignità che dà loro il ritrovarsi redenti dall’amore di Cristo, accolti nella carità dei fratelli.
È un fatto che la logica della costruzione ecclesiale è per certi aspetti antitetica a quella mondana: la pietra scartata dai costruttori terreni, diviene mattone portante della Chiesa, che è la casa degli ultimi e di tutto ciò che è ultimo nella vita di ciascuno: il dolore, la malattia, la morte, la sconfitta, la colpa in cerca di perdono. Tutte le realtà rifiutate dalla logica mondana del successo, della felicità a tutti i costi, della prestazione, trovano un senso e un riscatto nell’edificio spirituale di cui il sacerdote è segno e strumento, parte e costruttore nella sua fedeltà a Cristo, il primo dei sacerdoti. Ma il principio di fondo dell’edificare è lo stesso, e il sacerdote architetto sa mettere a frutto come pochi altri la passione dell’unità, dell’opera da realizzare, e l’umiltà e la sapienza necessarie a realizzare l’assemblaggio
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Gli incontri di catechesi
occasioni di riflessione e crescita culturale e religiosa
Q d e i m ater iali disponibili per dare corpo visibile all’idea architettonica, alla finalità. C o s ì Don Marco ha saputo lavorare costruttivamente e pazientemente con le pietre, la calce, i mattoni di Anghiari, i cuori e le menti dei suoi parrocchiani, le circostanze storiche e le contingenze situazionali in cui si è svolto il suo servizio pastorale. Ha lavorato efficacemente e infaticabilmente, restando ben radicato alla realtà delle cose, con la concretezza tenace di chi sa che per costruire una casa bisogna partire dalle fondamenta. Ora che Don Marco se ne va a Perugia, chiamato a far parte della successione apostolica come Vescovo, Anghiari perde un parroco forte e importante, innamorato della propria terra e della sua gente, della sua bellezza e della sua antica spiritualità. Ma la casa che lascia dietro di sé, edificata dalla perizia del bravo architetto sulle solide fondamenta della fede, esce arricchita da questa chiamata, che onora il suo parroco e il suo lavoro di decenni nelle chiese di Tavernelle e Anghiari. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». (Mt 7, 21-28) Nell’altra pagina, la facciata della nuova chiesa di Subbiano (in versione notturna) realizzata, su progetto di don Marco e Carlo Cabassi, nel 2013 e realizzata nel 2015/16; sotto, il presbiterio (Foto E. Mattei). In questa pagina, veduta della navata e della controfacciata e, sotto, l’altare maggiore (Foto E. Mattei).
uando Don Marco ha annunciato la sua ordinazione a Vescovo e il suo conseguente trasferimento a Perugia, sono rimasto dispiaciuto ma, allo stesso tempo, contento e orgoglioso. Negli anni trascorsi nella nostra comunità ha portato avanti una intensa attività pastorale, ha saputo promuovere gli aspetti storici e culturali con una preziosa e competente attività di salvaguardia e valorizzazione dei beni artistici della nostra parrocchia. Ricordiamo con gioia e gratitudine gli incontri denominati “Arte e catechesi”, che ci hanno offerto occasioni di riflessione, osservazione, crescita culturale e religiosa. Lascia un ricordo unico nei nostri cuori per i momenti ai quali ha partecipato: matrimoni, battesimi, perdita di persone care. Nella gioia e nel dolore è sempre stato presente, ha raccolto confidenze, condiviso momenti felici e ci ha consolato nel dolore. Ricorderemo di lui la semplicità di vivere il Vangelo e, soprattutto, le omelie con le quali ha saputo diffondere cultura e conoscenze in modo concreto e semplice. Lo ringrazio perché in lui c’è sempre stato, oltre al parroco, la persona, l’amico, capace di ascoltare. Faccio tanti auguri a Don Marco e sono certo che avrà la capacità e l’esperienza pastorale per essere un ottimo Vescovo. Giovanni Valbonetti
Nella foto in alto, Giovanni Valbonetti e, qui sopra, don Marco guida la processione verso il cimitero di Anghiari nel giorno dei Morti, con partenza da Santo Stefano, anno 2014.
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Don Marco ci lascia?
Un prete architetto
Carissimo Don, si avvicina sempre più il tempo che ti vedrà consacrato vescovo, cioè persona che, avendo ricevuto l’Ordine Sacro dell’Episcopato, ha la pienezza del sacerdozio. Sant’Ignazio d’Antiochia indicava con il termine “Episcopus” una figura preminente, autorevole della comunità. Sarai un successore degli Apostoli nella S. Chiesa incaricato, per diritto divino, di reggere una parte del popolo di Dio (Diocesi) che ti sarà affidata ed avrai, sotto la suprema autorità di Papa Francesco, il potere d’Insegnare (magisterium), Santificare (ministerium), Governare (imperium). Pensa, carissimo Don Marco, quale carico sovrumano, responsabilità ti vengono affidati, quale onere e onore che riconosce il tuo operare nella Santa Chiesa e per il popolo a te affidato; del tuo instancabile fare con i giovani, i fidanzati, gli sposi, i malati, gli anziani; del tuo amore per l’arte e il bello, per tutti gli edifici di culto e non, insomma per la tua Parrocchia dove hai saputo essere, anche facendo tesoro di quanto ti avevano lasciato i sacerdoti che ti avevano preceduto, pastore, amico, fratello per tutti i parrocchiani che ti erano affidati. È con sentimento di amicizia, rispetto, affetto assieme a tutti i fratelli in Cristo, che credo di poter affermare tu sia il frutto cresciuto e maturato anche con l’apporto della comunità che ti era stata affidata e che ti ha seguito. Personalmente ho avuto modo di godere della Tua fiducia e poter apportare il mio modesto contributo nel gestire le cose che avevi creduto di potermi affidare e nel partecipare al Consiglio per gli affari economici, questo mi ha consentito di avere un osservatorio privilegiato e di poter vedere con attenzione il tuo operare, il modo di condurre le cose per la nostra Comunità riscontrando la coerenza e la fedeltà al tuo credere che riversi poi nelle omelie domenicali, nella catechesi e nella quotidianità. Sei una persona onesta, fedele ai tuoi principi etici e religiosi che ha saputo parlare a tutti e sono certo tutti avranno capito. Personalmente, ho ricevuto per il mio spirito e la mia crescita di cristiano veramente tanto e di questo ti sarò sempre grato. Rispondendo alla domanda iniziale dico che Ella, Eccellenza, non ci lascerà mai perché sarà sempre nei nostri cuori. Dio ti benedica e ti assista nel tuo cammino. F. Testerini Sabato 11 agosto 2018: Giornata dell’anziano e del malato. Celebrazione della S. Messa presso il parco della Comunità di Santo Stefano con Don Marco e il diacono Fabio.
S
crivo due parole per omaggiare Don Marco che presto lascerà la Comunità di Anghiari per apprestarsi a seguire l’importantissima nuova esperienza in quel di Perugia. Don Marco, che in tutti questi anni oltre ai suoi doveri di uomo di Chiesa si è prodigato con grande passione per lasciare ad Anghiari un patrimonio di immobili ecclesiastici restaurato e conservato. E qui viene fuori l’architetto attento e innamorato di questa terra e della sua storia che con rigore sia filologico che metodologico, ma soprattutto non dimenticando mai la memoria, lascia un segno ad Anghiari e alla sua popolazione. Cito alcuni restauri eseguiti da me e da altri. Le Chiese del Carmine, Santo Stefano, la Badia, Casale, Valialle, Tavernelle, Tubbiano, Papiano, San Lorenzo e fabbricati ad uso civile come Palazzo Fontana, Il Mammalucco, Via Della Bozia, Via Garibaldi e molto altro.
Tutti noi che abbiamo contribuito con il nostro lavoro siamo orgogliosi di aver incrociato nella nostra vita questo Prete, burbero e gentile, con cui abbiamo dialogato, discusso ma mai litigato per raggiungere dei risultati la cui inoppugnabile qualità sia estetica che funzionale ci gratifica! Il restauro della Chiesa della Propositura, l’ultimo in ordine di tempo, è stato il lavoro a cui Don Marco teneva di più e a cui ha dedicato più del suo tempo. Il caso ha voluto che il cantiere si concludesse in contemporanea con l’ordinazione a Vescovo di Don Marco. Due regali al paese di Anghiari che inorgoglisce i suoi abitanti e tutti noi che abbiamo vissuto questa esperienza con emozione e grande giubilo. Buona Fortuna Don Marco. Andrea Pecorelli
In alto, Andrea Pecorelli, e, sotto, foto ricordo sul tetto restaurato della Propositura, anno 2018.
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Da Santo Stefano
A Don Marco io ho dato una mano e mi sono messa a disposizione per aprire e chiudere la chiesa e l’oratorio al bisogno (sempre controllando quando si usa per qualche festa). Mi mancherà molto Don Marco come Sacerdote, amico, confidente; mancherà non solo a me ma anche alla comunità. Felice per Lui ma triste per me.
Dopo che i miei figli non mi impegnano più tanto, mi sono occupata della nostra chiesa di S. Stefano con la mia amica Meri. Da allora ad adesso sono passati diversi sacerdoti: Don Giovanni De Robertis, Don Vittorio Bartolomei, Padre Giovanni ed infine Don Marco Salvi. È con lui che abbiamo passato molte domeniche ascoltando volentieri e con attenzione le sue omelie. Sempre socievole e sorridente con tutti i parrocchiani e attento ai problemi delle persone. Tutti quanti siamo preoccupati per il dopo LUI. Con LUI potevi parlare di qualunque cosa, aveva sempre una parola per confortarti. Che DIO gli dia la forza di continuare così anche per il prossimo ed onorato incarico. Fausta
Maris
Chi mi conosce sa che parlo molto, ma in questa circostanza invece non riesco a trovare le parole! Ebbene sì, so che per voi è difficile da credere, ma mi trovo in difficoltà, perché combattuta tra la felicità per il suo nuovo incarico e il dispiacere per la sua partenza. Ovviamente il primo pensiero è rivolto alla piccola comunità di Santo Stefano della quale faccio parte, ma sono certa che a tutto il paese verrà a mancare la sua guida. Il mio rapporto con lui non è mai stato troppo confidenziale, pur essendo io un po’ ribelle, ho sempre avuto soggezione di Lui, e in diverse circostanze siamo stati una sorta di don Camillo e Peppone (senza riferimenti politici). Voglio sperare che nonostante tutto abbia apprezzato il mio impegno! Pur essendo molto dispiaciuta, voglio augurarGli ogni bene perché possa svolgere al meglio le sue nuove mansioni! Spero che ogni tanto si ricordi dei fedeli di S. Stefano e di me!! Meri In alto, la Fausta e la Meri, collaboratrici della parrocchia di Anghiari per la Comunità di Santo Stefano. Sant’Antonio 2012. Don Marco, con l’assistenza di Gastone Mafucci, si appresta a benedire i panini della festa.
Dall’alto. * Conclusione della processione del Venerdì Santo nella Piazza di Sant’Agostino. Don Marco impartisce la benedizione finale prima che le Compagnie rientrino in chiesa (venerdì 22 aprile 2011, foto Luca Del Pia). * Don Marco, don Bartolomeo, il diacono Fabio, le compagnie in ascolto della Filarmonica Pietro Mascagni che sta eseguendo il brano finale prima della benedizione dei fedeli (venerdì 6 aprile2012, foto Paolo Rossi). * I maestri Bruno Sannai e Cesare Ganganelli che hanno diretto il “Coro del Vicariato” in occasione dell’ordinazione episcopale di don Marco (domenica 31 marzo, foto Luigi Leonardi).
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Che Dio ti benedica, Don Marco
I
Chierichetti
Grazie per tutto ciò che ci hai insegnato
l 15 febbraio alle ore 12:15 tutte le campane di Anghiari e frazioni hanno suonato a festa per l’avvenuta nomina a Vescovo del nostro caro Don Marco. S a r à Ve s c o v o d i Perugia e Città della Pieve. La notizia ha colto tutti di sorpresa e, all’iniziale stato di gioia e soddisfazione, un riconoscimento importante che merita sicuramente, è subentrata una infinita tristezza. Che tristezza pensare che non sarà più il nostro pastore! La mia vita mi è passata davanti come un film. Il ricordo degli anni in cui mio figlio alle medie andava ai campeggi che ogni anno organizzava e io, con altre di Tavernelle a far loro il mangiare, Larniano, Poggio a la Lastra, ecc. ecc. Poi, nel 1991, nominato Rettore del Santuario del Carmine, lo ha riportato al suo antico splendore in occasione del Giubileo. Arrivato ad Anghiari nel settembre 1999 ha avuto il suo bel da fare... la canonica da ristrutturare, la chiesa della Croce che era un magazzino con dentro ancora mobili del vecchio ospedale. Lo stesso vale per S. Agostino, poi S. Lorenzo, Toppole, Valealle e via via ristrutturare case, tetti, ecc. ecc. Arricchendo e impreziosendo di arredi e paramenti le varie chiese... un altare... un tappeto... un quadro, ecc.ecc. T u t t o questo senza mai farci mancare il suo sostegno o la sua presenza nei momenti particolari della vita. Don Marco, a cui dico GRAZIE: grazie per tutto ciò che ci hai insegnato, grazie con tutto il cuore. Alla Madonna del Carmine, alla quale tu sei particolarmente devoto, noi ti affidiamo, certi che saprà consigliarti, guidarti e proteggerti in questo nuovo incarico che, credo, porterai avanti con la tua solita energia e sarai anche per i perugini il “buon pastore” che sei stato per noi. Ti saremo sempre vicini con la preghiera. CHE DIO TI BENEDICA. Francesca Madiai Nella foto in alto, Francesca Madia e, qui sopra, il nuovo altare per il Santuario del Carmine realizzato nel 2015 con la consolle seicentesca regalata dalla signora Ventura.
A me mancherà tanto Don Marco, perché in chiesa prima del catechismo è sempre molto gentile e a volte ci fa ridere tanto, poi alla fine della Messa ci dà tre o quattro ostie da mangiare. Sono molto contenta che abbia ricevuto questo nuovo incarico molto importante, perché se lo merita proprio tutto!!! Lui è bravissimo!!! Irene Margherita Cardelli Caro Don Marco sono Rocco. So che hai sposato i miei genitori e che mi hai battezzato. Quando ho iniziato il catechismo e a fare il chierichetto, tu mi hai insegnato tante cose. La prima volta ero un po’ impaurito, ma tu mi hai tranquillizzato. Sono molto contento che sei diventato Vescovo e che sei salito di grado, ma sono triste perché non ti potrò più vedere. Sei diventato una figura importante per me e perciò mi mancherai molto. Non ti dimenticherò e ti saluto insieme ai miei genitori. Rocco Spinosi
Nella foto in alto, il nutrito gruppo di chierichetti, dopo la novena del 20 dicembre 2018, posa per una foto ricordo con Don Marco e il diacono Fabio. Qui sopra, i chierichetti, rientrati in sacrestia, attendono l’arrivo di Don Marco, che infatti sta arrivando.
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Presi per mano
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di Patrizia Tavernelli
ra che si avvicina il momento in cui Don Marco, proprio lui il nostro parroco di “campagna”, diventerà Vescovo ausiliario di Perugia, successore degli Apostoli, chiamato da Papa Francesco in persona, tornano tutti insieme in mente gli anni trascorsi insieme a lui, fatti di tanti momenti intensi e profondi, spesso belli e spensierati, a volte difficili e dolorosi ma comunque umanamente significativi e portatori di cambiamento e crescita. La bella espressione usata più volte da Don Marco nelle sue omelie, “presi per mano”, sta a indicare la profondità e la vicinanza dell’amore che Dio ha per ogni uomo che viene portato, guidato e sorretto come un bimbo per mano alla mamma, e proprio da questa prendo lo spunto per cercare di dire quello che questo sacerdote e uomo ha significato per la parrocchia di Tavernelle nei lunghi anni in cui è stato il pastore di questa comunità e anche dopo quando è stato nominato Proposto di Anghiari, mantenendo comunque sempre gli stessi legami con le persone e la comunità di origine. Nel lontano 1984, da giovane prete, architetto, nominato in questa piccola realtà non lontana dal suo Borgo, ma comunque di periferia, incontra un gruppo di famiglie giovani sposate da poco con figli ancora piccoli che iniziavano proprio allora il percorso del catechismo. Nasce un’amicizia e un rapporto di familiarità intenso e proficuo che consente una crescita per tutte le persone coinvolte. Proprio così, ha “preso per mano” una comunità di famiglie facendola crescere nei tanti aspetti fondamentali della vita: nella fede, nella partecipazione liturgica, nella vita comunitaria e familiare e nella cultura. Fioriscono una serie di iniziative ed esperienze che cambiano le persone e rendono la piccola comunità di Tavernelle portatrice di rinnovamento e di novità come le catechesi familiari mensili insieme alle suore del Cenacolo, il catechismo fatto dalle mamme e la festa della Famiglia. Ancora l’esperienza di scuola di comunità con un piccolo gruppo che accetta di incontrare l’esperienza e la riflessione di Don Giussani, la progettazione e costruzione del centro parrocchiale come luogo fisico di incontro per la comunità, la riscoperta della Compagnia di Galbino e la festa di S. Andrea con tutti i capifamiglia della comunità. Decisive nel suo ministero saranno la sua formazione da architetto e la sua passione per l’arte e la cultura in tutte le sue forme che ha cercato di condividere
con tutte le persone che ha incontrato. Attraverso le omelie, gli incontri di scuola di comunità e le catechesi ma anche viaggi e gite, convinto che ogni uomo è “ontologicamente” (così direbbe lui) costituito per percepire la bellezza e la profondità della verità, ha dato a tutti la possibilità di comprendere il rapporto stretto tra arte, fede e cultura e ci ha arricchiti non escludendo mai nessuno dalle sue bellissime e ricche proposte di riflessione. Soprattutto Don Marco rinnova il rapporto prete-parrocchia e istituisce, uno dei primi preti della nostra Diocesi, il Consiglio pastorale e il Consiglio per gli affari economici con cui condividerà il suo ministero di sacerdote e parroco. Con quest’ultimo realizzerà una serie di interventi per recuperare il nostro patrimonio di chiese sparse nel territorio e dare dignità anche alla nostra chiesa di Tavernelle che lui dice quando arrivò “aveva la statua della Madonna sopra un frigorifero”. Con lui scopriamo “l’ecclesiologia di comunione” per dirlo con le grandi parole della teologia e del Sinodo, ma è proprio così la realtà di Chiesa diventa familiare con un pranzo e una festa insieme, dove intessiamo rapporti nuovi e possiamo sperimentare sia i nostri limiti sia la possibilità grande dell’apertura all’altro offerta da Cristo che trasforma: la fede si vive in un rapporto di relazione e amicizia. Quante volte ti abbiamo sentito dire questo nelle omelie e all’inizio si diceva “ma questo prete ripete sempre lo stesso concetto!!” La speranza che noi abbiamo nel cuore, gruppo delle giovani famiglie di un tempo e ora di nonni dai capelli bianchi, è che ci sia stato uno scambio reciproco nel cammino fatto insieme e che questo sia stato possibilità di crescita umana e di fede nella tua vocazione sacerdotale che ora sta per giungere, con nostra grandissima gioia, alla pienezza del grado episcopale. Nella foto a sinistra, Patrizia Tavernelli. A destra, Don Marco, con un gruppo di parrocchiani, a Torino in occasione dell’ostensione della Sindone, anno 1998. Il gruppo è davanti al Cenacolo delle suore di Torino, dove è stato possibile salutare suor Giuseppina e suor Giovanna. A destra, in ginocchio, si vede don Alessandro, allora magrissimo.
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La vita è un continuo cammino
Grazie don Marco
e non bisogna aver paura
per il tuo ministero sacerdotale
I
l mio cammino con Don Marco è iniziato nel lontano 1986, quando sono venuta ad abitare a Tavernelle. Sono arrivata in un periodo particolare della mia vita, ma la domenica ascoltando l’omelia di Don Marco riuscivo a capire che il Signore c’era anche per me. Piano piano mi ha chiamato a fare il catechismo, ho scoperto come stare con i ragazzi, tante novità, come i campeggi, le gite, i pranzi con la comunità, la festa della famiglia e i ritiri dalle suore, lui coinvolgeva sempre tutti! Poi è iniziato il cammino di scuola di Comunità, ci trovavamo un’ora la settimana, ma era un momento molto ricco. La cosa che mi ha colpito subito è stata quando Don Marco diceva che agli occhi di Cristo anche l’azione più semplice (ad esempio lavare i piatti) era molto gradita a Dio. Ancora oggi continuiamo con la scuola di comunità perché si cresce stando insieme. Altra grande novità, la liturgia animata, con letture proclamate dall’assemblea, canti sempre inerenti al vangelo, la cura dell’altare, i fiori con i colori dell’anno liturgico. Il triduo pasquale, iniziando con la messa in “Cena Domini” e la “Lavanda dei piedi”, l’adorazione della Croce. Il mese di maggio con il rosario animato dai ragazzi. Ancora, far servire la messa dai bambini; è bello vederli intorno all’altare anche se a volte fanno un po’ di confusione; mi viene alla mente quando Gesù diceva “lasciate che i bambini vengano a Me”. Grazie ancora per tutto quello che ci hai insegnato. Quando è arrivata la notizia che il nostro Don Marco è vescovo ho pianto, anche se sono contenta per lui; se lo merita perché veramente lui dedica la sua vita al Signore. Ci ha sempre detto che la vita è un continuo cammino e cambiamento e non bisogna aver paura, perché attraverso la preghiera siamo vicini. Ringrazio il Signore per tutti gli anni che Don Marco è stato nella nostra comunità. Vanna In alto, Vanna Meazzini e, qui sopra, Don Marco con suor Maria Letizia, la catechista Anna e i ragazzi della Prima Comunione, anno 1998: Silvia Franchini, Irene Caporali, Lorenzo Piomboni e Marco Donati Sarti.
N
essuno avrebbe pensato, forse nemmeno lui stesso, che Don Marco avrebbe rimosso le sue solide radici da Anghiari. Invece eccoci qui, pieni già di rimpianto, a doverlo salutare e accompagnare con la preghiera la sua bella promozione a Vescovo. Dobbiamo essergli profondamente grati per come lascia la parrocchia: tutte le chiese, a cominciare dalla più piccola del Bagnolo, alla Chiesa Madre di Propositura, sono state decorosamente rimesse a nuovo insieme ai loro spazi adiacenti. Amante dell’arte ha saputo trasmettere anche a noi il gusto della Bellezza; delle opere attraverso le quali svolgeva la catechesi, faceva cogliere non solo il lato estetico, che da soli non avremmo apprezzato, ma profonde riflessioni sul Vangelo. Quante volte ci siamo rispecchiati nell’inquietudine dei vari personaggi, ma anche nella serenità di altri; quante volte abbiamo attinto al ricordo di certe frasi di incoraggiamento per vivere da cristiani migliori! Alla Scuola di Comunità quanta umiltà devo riconoscere in Don Marco nel cercare il contributo e l’appoggio di tutti, nel privilegiare la concretezza dei gesti quotidiani rispetto ad uno sterile devozionismo silenzioso. Si cresce nella comunità, attraverso empatici rapporti interpersonali, non con formalismo o correttezza etica, ma nell’aiuto scambievole nel momento del bisogno. Certo la preghiera è alla base di tutto ciò, da soli con le nostre presunzioni non arriviamo da nessuna parte, se non affidando nelle mani di Dio la nostra vita. Per questo ricordo con grande gioia i momenti di adorazione durante il Primo Venerdì del Mese al Carmine: Don Marco celebrava una Messa per pochi è vero, ma in verità vissuta intensamente: il suo amore verso la Madonna era palpabile e visibile nel suo sguardo adorante. Ho avuto la grazia di partecipare a numerose gitepellegrinaggi da lui organizzati, primo fra tutti quello in Terra Santa; non lo ringrazierò mai abbastanza per questa opportunità che mi ha fatto toccare con mano i luoghi della vita di Gesù. E che dire della Turchia dove la città di Efeso ricorda il Concilio ivi tenuto e l’ultima dimora di Maria? E ancora Fatima, le bellissime chiese armene, le ricche icone russe ed altri ancora dimorano nei miei ricordi più belli. Grazie Don Marco per il tuo ministero sacerdotale che lascia un segno profondo ad Anghiari: continueremo ad esserti vicini con la preghiera fin da ora, perché tu possa svolgere, con l’aiuto di Dio, il tuo ministero di Vescovo, con la speranza che ogni tanto tu possa tornare fra noi. In alto la foto di Marida Mammoli.
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Marida
Un prete con idee innovative
E
ra il novembre del 1984 quando è iniziata la conoscenza con don Marco come parroco. Ha portato da subito idee innovative con omelie che ti coinvolgevano e ti aiutavano nella vita quotidiana perché semplici, profonde e comprensibili per tutte le età. Nel 1994 don Marco e suor Augusta hanno pensato di invitarmi per il catechismo. È iniziato un nuovo cammino più interessante. All'inizio pensavo di non farcela, poi con insistenza ho provato, devo dire (come dice il don) è più quello che riceviamo che quello che diamo, e… ancora una volta ha avuto ragione. Un particolare che ricordo quando mi ha costretta a guidare il pulmino, senza avere il tempo di pensarci, mi sono trovata alla guida per la strada delle suore (la più impervia del comune). Gli anni passavano e il coinvolgimento e gli impegni aumentavano, mi ha reso partecipe di molte iniziative (Grest, campeggi) e da ultimo la cura della chiesa, aiutata da altre persone. Tutte le esperienze vissute hanno valorizzato la mia persona, soprattutto a vivere la Chiesa come realtà viva, è una cosa che affascina, coinvolge e fa vivere con serenità...
Carla In alto, nell’altra colonna, Carla Biancheri e, sotto, la Prima Comunione, anno 1988, con don Marco, don Gianni e suor Giuseppina. Qui sopra, Don Marco nella foto ricordo per la Prima Comunione, anno 1987.
Don Marco Salvi promosso Vescovo di Armando Zanchi Arezzo, 19/03/2018
Ma sono sicuro la sua presenza non rimarrà in penitenza
Gli Anghiaresi saranno orgogliosi ma perderanno delle voci preziose
Per gli Anghiaresi un ramo di olivo per il nuovo Vescovo che è in arrivo
Da tanti anni in Propositura un vero uomo di grande cultura
Lo ritroveremo spesso tra noi perché da Vescovo sarà anche con noi
E il caro Don Marco mi portava il saluto perché per lui non ero sconosciuto
Anche don Marco vita serena è arrivata la nuova carriera
Sempre attaccato ai suoi parrocchiani sarà dispiaciuto lasciare Anghiari
Qui ad Arezzo verrà incoronato e si aprirà il nuovo Dottorato
Come Anghiarese fuori di zona faccio il mio augurio a questa persona:
Uomo dotato di intelligenza certo dispiace la sua partenza
Tanti amici e conoscenze lui sempre in mezzo alla sua gente
Facciamogli gli auguri stringiamo la mano a questo Vescovo per noi paesano
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Lo Scapolare
Una bella celebrazione ripristinata da Don Marco
Oggi
Fin dai primi anni della sua istituzione ho partecipato alla consegna dello Scapolare, rinnovando il mio impegno a crescere nella sequela di Maria; Ella mi chiama con un invito libero, non gravoso, anzi, con accogliente amore per farmi sentire vicina a Gesù, attraverso la sua materna protezione. Ma cos’è questo Scapolare e da dove proviene?
Indietro nel tempo; breve storia
A
partire dal XIII sec. si sviluppa la devozione alla Vergine del Monte Carmelo, inizialmente non legata ad un’immagine particolare, ma centrata esclusivamente sulla preghiera e sulla meditazione della Parola di Dio, da parte di religiosi eremiti. In seguito, questi, rifacendosi all’episodio biblico del profeta Elia e prefigurando nella pioggia benefica della “nuvoletta” sul monte Carmelo l’intercessione di Maria, sperimentano, attraverso il suo materno aiuto, una vicinanza profonda con Dio. Nel XVI secolo si diffuse, in Europa e oltre, la commemorazione liturgica di Maria, che gradualmente assunse il carattere di “festa dell’abito”, così detta a motivo dello “scapolare” che aggregava molti fedeli, non solo religiosi. Negli scritti dei Padri Carmelitani si parla di Simone Stock, inglese, che chiedeva nelle sue preghiere un segno dalla Vergine; questa gli sarebbe apparsa (il condizionale è d’obbligo), mostrandogli lo “scapolare” come mezzo di salvezza. Dalla “Bolla Sabbatina” di Papa Giovanni XXII del 1322 si ha notizia che Maria sarebbe apparsa in visione anche a lui, promettendo la liberazione dal Purgatorio ai confratelli dell’Ordine che avessero indossato l’abito del Carmelo, inizialmente inteso come il mantello, ma ben presto riconducibile allo “scapolare”. Aumentarono i confratelli associati tanto che la festa del 16 luglio (B.V. Maria del Carmine) divenne la festa dell’ “abito”. Avevano raggiunto il numero di 5.000 intorno agli anni della seconda guerra mondiale, quando la società della Madonna del Carmine temporaneamente si dissolse.
Don Marco, dal 1994, ascoltando il suggerimento dell’Isolina, la compianta nonnina ultracentenaria del Bagnolo) che ne serbava il ricordo e la devozione, ha rinverdito e proseguito annualmente la consacrazione a Maria attraverso lo “Scapolare”. Coloro che manifestano il desiderio di approfondire la propria crescita spirituale con l’aiuto di Maria, partecipano ad alcuni incontri preparatori con il Rettore del Santuario, in uno spirito di preghiera e accoglienza della Parola. Quindi la Domenica in Albis, durante la S. Messa pomeridiana, si ricevono l’Abitino e si impegnano ad intensificare la preghiera. Il rito di consacrazione non è un gesto formale o segno esclusivo di una tradizione; i quasi 2000 nuovi iscritti mostrano una devozione genuina e un vivo desiderio di imitare Maria nella sequela a Cristo. Alcune parole finali del rito di consacrazione suggellano l’impegno assunto con gioia: “Prendi questo Scapolare... portalo come segno della materna protezione della Vergine… portalo con dignità perché Cristo viva in te…” Il Santo Papa Giovanni Paolo II avvalorando il significato della consacrazione ebbe a dire: “affidandosi a Maria il cristiano… accoglie la Madre di Cristo e la introduce nella propria vita interiore”.
Perché
C
on Maria, contemporaneamente discepola ed educatrice, che con il suo esempio ci orienta nella tensione verso Dio, impariamo a custodire e meditare nel cuore la PAROLA, a stare ai piedi della Croce nella prova, a citare la gioia della Resurrezione. Chi più di una Madre che ha vissuto la drammaticità dell’esistenza, può condividere la fatica del nostro cammino? “Donna feriale”, piena di sollecitudine nell’umiltà, ma esempio mirabile di pedagogia nell’Eccomi di Nazaret, nell’obbedienza a Cana e nell’accoglienza di una nuova maternità sul Calvario. Il FIAT di Maria non è una rassegnazione supina, ma desiderio libero e gioioso di collaborare al progetto di Dio. Dunque, la B. Vergine del M. Carmelo, da cui eravamo partiti, quale compagna fedele, buona e sollecita, ci aiuta quotidianamente nella salita che ci conduce a Cristo, il vero monte cui tendere.
Marida In alto, il momento della Consacrazione alla Scapolare di un gruppo di nuovi iscritti nel 2016.
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Un parroco diventato vescovo
P
Lo riconosci come un amico
e il bilancio economico della comunità
rendo spunto dalla recentissima nomina a Vescovo del nostro parroco Don Marco per tracciarne succintamente l’attività sotto il profilo economico ed organizzativo in favore della nostra comunità, senza pretese esaustive. Ha iniziato il suo Ministero nel nostro comune nella parrocchia di TavernelleGalbino dove ha rivitalizzato l’attività comunitaria con la costruzione di un centro parrocchiale, che raccoglie tutt’ora tanti consensi, ospitando periodicamente la catechesi coniugata con l’arte, della quale Don Marco è maestro. Dagli anni ‘90 è stato incaricato di amministrare anche la parrocchia di Anghiari ed il Santuario della Madonna del Carmine, dove ha operato con competenza e saggezza, introducendo notevoli migliorie agli edifici di culto di cui era responsabile. Da non trascurare il prestigioso incarico di Presidente dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, che ha diretto egregiamente per un decennio, umanizzando l’istituzione con interventi volti anche al miglioramento dell’edilizia sociale. In tale ottica, convenzionandosi con il comune di Anghiari, ha restaurato gran parte degli alloggi di proprietà della parrocchia, i cui proventi di affitto hanno permesso una conduzione economica dell’unità pastorale del territorio (derivante dalle parrocchie di Anghiari, San Lorenzo, Viaio, Micciano, Toppole, Catigliano, Gello, Tavernelle, secondo i principi del sinodo diocesano) con spirito solidaristico e mutualistico. E che dire della progettazione del complesso parrocchiale di San Giovanni Battista in Subbiano in cui ha coniugato le sue conoscenze architettoniche con la sua cultura evangelica? Per ultimo, e non di poco momento, ha improntato la gestione parrocchiale alla massima trasparenza, coinvolgendo i fedeli in tutte le attività in piena sintonia con i principi del nuovo codice di diritto canonico. Vada a Don Marco un profondo ringraziamento per quello che ha fatto per noi ed un caloroso augurio che, dall’alto del prestigioso saranno, chiamato a ricoprire, si ricordi qualche volta della comunità che per molti anni ha contribuito a far crescere nello spirito Cristiano.
In alto, Mario Redenti.
Mario R.
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a prima volta che l’ho incontrato era il 20 settembre 1991, un venerdì pomeriggio. Da quel giorno è iniziato un cammino personale molto impegnativo ma ricco di esperienze veramente grandi. Don Marco sicuramente è un uomo con grande carisma e una grande umanità ed è questo che affascina e ti fa avvicinare ad un ambiente che è quello della Chiesa. Quello che più mi ha attirato è il suo modo di fare con le persone e prima che un prete lo riconosci come un amico. Non che abbia un carattere docile anzi, spesso è autoritario e deciso, e le sue motivazioni si possono discutere ma alla fine riconosci che la sua intransigenza è dovuta al fatto che il suo primo pensiero è farti riconoscere ciò che è vero per te e per la tua vita. Pensando ai momenti passati con lui potrei raccontare le giornate ai campeggi, Don Alessandro, le lodi la mattina con i ragazzi d’estate al Grest (le fragole con la panna), i ritiri con i ragazzi, gli incontri con i genitori, le gite, i balli che faceva con i bambini durante le camminate (poche a dire la verità) e la felicità negli occhi dei bambini, oppure quando ride guardando i bambini che servono la Messa. Le catechesi con le opere d’arte che, spiegate come fa lui, appena puoi vai a vedere il quadro di persona, per quanto ti è rimasto nella mente. Il giorno che ho saputo che era stato nominato Vescovo ne sono stata felicissima, fino a che ho realizzato che questo lo avrebbe portato via da Anghiari, ed io sono stata fortunata ad averlo conosciuto ed averlo avuto vicino nei momenti tristi (quando abbiamo dato l’ultimo saluto a qualche amico), e nei momenti più felici (ho in mente il Grest). È sempre stato un punto di riferimento per tutta la mia vita e la mia famiglia e, quando verrà a trovarci ad Anghiari lo inviteremo a mangiare fragole con panna!!! Linda Pacini
In alto, Linda Pacini; qui Don Marco, dopo la recita dell’Ora Media per il Venerdì Santo, distribuisce caramelle e cioccolatini ai ragazzi presenti.
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Campeggi, GREST, gite
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tante iniziative per i giovani e non solo
i è stato chiesto di trattare, per questa edizione straordinaria de L’Oratorio, il tema relativo alle svariate proposte di aggregazione e di formazione per bambini e ragazzi che don Marco ha costantemente proposto ed organizzato. Si tratta di una moltitudine di esperienze nate fin dal suo arrivo in parrocchia, realizzate soprattutto nei mesi estivi, che testimoniano il suo particolare impegno nella pastorale giovanile e nella formazione umana e cristiana delle giovani generazioni: campeggi, Grest, escursioni, gite… È sempre stato giugno il mese in cui, ogni anno, subito dopo la chiusura delle scuole, si mettevano in moto i “potenti mezzi della parrocchia”, come lui era solito definirli, per dare vita al cuore delle nostre attività, con i campeggi per i ragazzi della scuola media e per quelli delle superiori, dove il don dava ogni volta il meglio di sé, con entusiasmo e passione, facendosi spesso “piccolo” tra i piccoli per meglio interloquire con loro. Ed ecco sfrecciare l’inseparabile pulmino per le vie del paese, con destinazioni ogni volta diverse, “carico”, o meglio, “stracarico” di festante gioventù, spesso seguito da una lunga colonna di auto private, con i genitori al volante che davano una mano… Altre volte ci si affidava ai più capienti autobus turistici, partendo tassativamente dal Campo della Fiera. E dopo i campeggi, solo pochi giorni di riposo! Era la volta del Grest, forse il momento più impegnativo per durata e per articolazione, che potremmo definire come la “versione estiva” dell’oratorio che, durante la bella stagione, non andava in ferie ma usciva all’aperto nelle piazze, nei parchi, nelle città. Giocare, ballare, ridere, viaggiare, pregare, cantare, mangiare…erano i suoi principali ingredienti, nella condivisione di un’esperienza significativa di vita ed amicizia, insieme a Gesù! Minimo tre settimane, piene di belle iniziative, a volte al limite dell’avventura, con decine e decine di partecipanti, provenienti anche da fuori parrocchia. Ogni anno un tema diverso che dava l’impronta a tutto, con l’obiettivo principale di guidare i bambini alla scoperta del loro vero Amico, cercando ogni volta di rendere concreta e vicina alla propria esperienza di vita la Sua Parola. Costante la presenza di don Marco, dalla partenza del mattino fino al rientro nel tardo pomeriggio, con le sue direttive, i suoi consigli e le sue puntuali raccomandazioni. Momento privilegiato quello della preghiera, della riflessione e del confronto su svariate
tematiche, con l’immancabile “lezione di vita” finale. Tante ore passate al volante o a camminare insieme ai suoi bambini e ragazzi per chilometri e chilometri, sotto la calura estiva, mangiando solo qualche volta un pasto caldo e riposandosi per brevi momenti all’ombra di un albero… Un impegno sicuramente faticoso, sostenuto ogni volta dalla profonda convinzione di dover testimoniare agli altri la bellezza della sequela divina. E poi le gite, per grandi e bambini, con mete ogni volta accuratamente scelte, in mezzo alla natura o nelle più importanti città d’arte, sempre ricche di emozionanti esperienze, scandite dalle appassionate ed acute considerazioni che le vaste conoscenze ed il profondo amore per il “bello” gli suggerivano. La cosiddetta gita dei presepi, quella del martedì di Pasqua, il viaggio a chiusura delle tante catechesi e le varie uscite estive: ogni volta un’occasione di socializzazione e di reciproca conoscenza per tutti i partecipanti. Ho avuto spesso il piacere di collaborare con lui nella realizzazione pratica di tutto questo. Al suo fianco ho potuto apprezzare tanti aspetti positivi ed acquisire conoscenze storico-artistiche che altre volte, visitando gli stessi luoghi, non ero riuscito a cogliere. Come non ricordare il pellegrinaggio del 2006 a Lourdes, in occasione del trentennale della fondazione del Gruppo Fratres che allora presiedevo o il viaggio in Germania nel 2011, attraverso la Strada Romantica, costellata sì di castelli fiabeschi ma tanto ricca di edifici storici e religiosi (chiese, abbazie, pievi) che solo lui riusciva a “scovare” ed a descrivere nei minimi dettagli. Ed allora: grazie don Marco per tutte queste occasioni di “crescita” e di vera amicizia che hai voluto regalarci, nella tua lunga e feconda permanenza in Anghiari. Che il Signore te renda merito e possa sostenerti durante questo nuovo “viaggio” che ti accingi ad affrontare!
Pietro Nella foto in alto a sinistra, Pietro Ganganelli e, a destra, campeggio 2015: don Marco mentre distribuisce il “rancio” ai ragazzi in fila.
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Carissimo Don Marco, sono passati quasi 20 anni da quando sei arrivato nella nostra parrocchia, in punta di piedi sei entrato nella Chiesa della Propositura e piano piano hai saputo riportare in vita la comunità che vi girava intorno. Sei sempre stato il punto di riferimento per ragazzi, giovani e meno giovani, hai sempre avuto spirito organizzativo per tenere unito il tuo popolo da buon pastore, con il catechismo il sabato, gli incontri di catechesi, il Grest, i campeggi... quante opportunità per i nostri ragazzi!! Hai avuto proprio in questi giorni grande dimostrazione del segno profondo che hai lasciato nei cuori di tutti coloro che ti hanno conosciuto è avvicinato. In te c’è stato oltre il Parroco la persona, grazie per la tua capacità di ascoltare. Grazie per aver condiviso momenti tristi e momenti di gioia. Ora cercheremo di essere terreno fertile per il seme che hai piantato così come tu ci ripeti in ogni occasione, questo è il nostro impegno e quello che tu vuoi. La preghiera che mi sento di fare è chiedere a Nostro Signore che ti sostenga sempre e ti sia vicino in questo nuovo cammino! Annunziata Sciadini
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icordo di un pellegrinaggio di dieci anni fa in Terrasanta, a Cafarnao. Don Marco sul piedistallo accanto alla statua di S. Pietro, come sempre sotto lo sguardo vigile della Fanny. Dice la tradizione che per diventare Papa è necessario salire su questo piedistallo accanto al primo Capo della Chiesa. Quindi attenti a Don Marco, perché la storia... potrebbe non essere finita qui.” armababb
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La domenica andando alla Messa...
apita, a volte, che qualcuno che non sia della tua parrocchia partecipi alla Messa che tu frequenti abitualmente. E, allora, accade una cosa salutare: attraverso gli occhi, per così dire “nuovi” dell’altro, guardi con una prospettiva diversa quelle esperienze che ormai ti sembrano consuete, normali, quasi scontate. Probabilmente sarà accaduto anche a tanti anghiaresi... di sentire qualcuno che, venendo da fuori, sia rimasto colpito per la preparazione e la cura che don Marco, da sempre, dedica alla liturgia. Una cura, per altro, insegnata e condivisa. Cosicché, ormai, la preparazione della messa, delle letture, dei canti, dei chierichetti, è diventato parte essenziale di quel “protocollo” che ogni domenica tanti “addetti ai lavori” si preoccupano di mettere in pratica o di assegnare a qualcuno in caso non possano essere presenti. Stessa cura per la preparazione dei segni, nei tempi forti di Quaresima ed Avvento: anche questa diventata ormai una buona “abitudine” che aiuta i fedeli a concentrare l’attenzione su un pensiero, un richiamo, un valore, riassunto in un oggetto o in una parola. Segni che costituiscono, prima di tutto, un aiuto per chi li progetta e li prepara. In questa cura ci sta anche l’attenzione per il canto. Don Marco ha sempre detto: “io canto sempre, anche quando sono solo, non c’è né coro e né musica”. La musica e il canto aiutano la preghiera perché fanno da cassa di risonanza a tutti quei pensieri e sentimenti che sono la nostra piccola via per incontrare il Mistero Infinito dell’Amore di Dio. Un canto mai “spettacolo”, perché deve essere in primis il canto di tutti: il canto del popolo che anche in questo modo partecipa più pienamente alla liturgia. Un canto sempre scelto con attenzione rigorosa al testo. A volte richiamato durante la liturgia stessa, proprio perché la parola proclamata e quella cantata siano quel “tutt’uno” che fuori della Chiesa diventa Vita. Anche per questo “don” ti diciamo Grazie. Per averci insegnato la cura dei segni. Che, quando vanno al di là del formalismo e del “doverismo” (quante volte ce lo hai detto nelle tue omelie!!!), diventano quell’alfabeto essenziale, con cui abbiamo bisogno di balbettare i significati più profondi del nostro Vivere. Norma Meazzini
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Il Don... e il catechismo
È
di Donatella Bernardini
stato nell’Ottobre 1999 che ho incontrato per la prima volta Don Marco Salvi: io ero una giovane catechista della Parrocchia di Anghiari e lui era il sostituto del Proposto, don Vittorio Bartolomei, deceduto da poco più di un anno. Frequentavo la Parrocchia da sempre, ma in maniera particolare dal 1991, anno in cui iniziai a prestare il mio servizio come catechista all’iniziazione cristiana dei bambini. Il catechismo è sempre stato per me un Dono straordinario maturato incontro dopo incontro, anno dopo anno, che ha segnato ed arricchito profondamente il mio essere persona. Dal 1999 ad oggi, credo sinceramente di aver ricevuto molto di più di quanto io abbia dato. In modo particolare devo moltissimo a tutte le esperienze che, sotto la guida paterna di Don Marco, ho potuto condividere con i Gruppi di bambini e ragazzi che il Signore ha messo sulla mia strada. Potrei parlare di duemila attività che insieme a Don Marco sono state realizzate, ma dovendone citare solo alcune, per ragione di spazio, non posso non ricordare i RITIRI in occasione dei Sacramenti, le GITE ai Presepi e non solo, gli INCONTRI DI CATECHESI con i genitori che puntualmente terminavano con un’agape fraterna, le ANIMAZIONI della S. Messa nei tempi forti di Avvento e Quaresima. Grazie a Don Marco, solo con gli anni e passo dopo passo, ho capito che per essere più che per fare la catechista non basta dedicare un’ora settimanale ai bambini, ma ciò che serve è soprattutto passione. Era proprio durante le riunioni tra Catechisti che Don Marco ci diceva sempre che “per far vibrare gli altri dobbiamo prima di tutto vibrare noi stessi”. Ricordo anche con immenso piacere i Giovedì di Quaresima, quando alle 20:30, con il pulmino parrocchiale strapieno di chiassosi ragazzi, si partiva per le Chiese del nostro Vicariato per prendere parte alle Stazioni Quaresimali e poi via, tutti al Bar per un gustoso gelato offerto dal Don! Ricordo anche le RECITE di Natale, quando Don Marco, stanco morto da tutti i suoi numerosi impegni, era “costretto a sorbirsi” anche i canti e le drammatizzazioni di tanti bambini festosi. Negli ultimi due Natali poi, le recite sono state sostituite dai CONCERTI MEDITAZIONE, nei quali, con i bambini, abbiamo raccontato il Natale dei Cristiani tramite Opere d’Arte e Musica, attività anche questa, scaturita da quella passione e quell’amore per l’Arte che Don Marco, da valente architetto e bravo Sacerdote ha saputo trasmetterci. Difficile per me raccontare in poche righe tutto quello che, in quanto Catechista, ho potuto vivere in più
di vent’anni sotto la guida di Don Marco e ancora più difficile pensare che dal 31 Marzo 2019, il nostro Don non ci sarà più, ma la tristezza del distacco lascia subito il posto a tanta gioia nella certezza che questo è ciò che il Signore ha voluto e questo è il Suo disegno al quale noi dobbiamo solo essere lieti di poter partecipare. E, serbando tutto ciò che Don Marco ci ha trasmesso con la Fede e l’entusiasmo che lo hanno sempre contraddistinto, il nostro compito sarà quello di continuare la missione che ci è stata affidata aiutando i bambini a conoscere, celebrare e vivere il Mistero di Cristo, forti di tutto quanto quel Parroco un po’ burbero, ma affettuoso ed amico, in vent’anni e oltre ci ha, con tanto ardore, trasmesso. Donatella Nella colonna di sinistra, Donatella Bernardini. In questa colonna, dall’alto. L’incontro con Don Marco dei ragazzi del catechismo prima di iniziare le loro attività; la gita ai presepi del 29 dicembre 2016 nel Valdarno e, qui sopra, uno dei concerti meditazione in Propositura.
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N
Invitati a prendere il coraggio a quattro mani
Da “Oh, alèle...” a Vescovo di Perugia
ei giorni scorsi, appena è trapelata la notizia che Don Marco Salvi -proposto di Anghiari- il 31 Marzo prossimo riceverà la pienezza del sacerdozio con la consacrazione episcopale, ho provato grande gioia ed emozione. Gioia, perché il suo buon operare come sacerdote nella vigna del Signore viene esteso ad un’area vastissima della vicina Umbria; emozione, perché mi pare di scorgere in lui la continuazione del modus operandi di due giganti nell’apostolato: Don Gerico Babini -deceduto nel 1993e Mons. Giacomo Babini, vescovo emerito di Grosseto. Nella persona di Don Marco viene valorizzata tutta la cristianità della Valtiberina. È un’altra prova che il Signore non ci abbandona e che sa scegliere chi gli è vicino e lo testimonia con cuore grande e sincero. Mi vengono in mente le parole che la madre di Don Marco, la Signora Tina, mi disse molti anni or sono alla mia domanda di come stessero i suoi figli -non ricordo se Don Marco ancora studiasse alla Facoltà di Architettura o se fosse già diventato Architetto-: “Il mio Marco mi ha fatto capire chiaramente di voler seguire Gesù”. Entrato in seminario, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed ha portato Gesù nelle parrocchie che gli sono state assegnate: Tavernelle ed Anghiari. La mia amicizia con Don Marco risale all’epoca dei campeggi che si svolgevano a Colcellalto di Sestino, su iniziativa dell’allora parroco del Duomo di Sansepolcro: Don Giacomo Babini. La mamma di Don Marco era, insieme ad altre mamme volontarie, una delle cuoche per i ragazzi del campeggio. È venuta quassù per tanti anni portando anche i suoi figli come ragazzi campeggiatori. Alla sera, nella piazzetta in discesa di fronte alla piccola bottega, si svolgevano i giochi tutti inventati dai capigruppo e dai ragazzi e si cantavano canti allegri o di montagna. Uno di questi diceva: “Oh alèle, alèle cicatonga, ambassa ambassa ambassa, oh alé baloà baloé...” Non lo avevo mai sentito prima, ma mi piaceva per le parole scherzose e per il ritmo. Marco cominciava “Oh, alèle...” e gli altri ripetevano, rispondendo. Che momenti belli! Nel nuovo incarico non avrà tempo di ricantare “Oh alèle..”, ma avrà modo di trasmettere la freschezza della sua anima ai tanti sacerdoti ed al vasto popolo cristiano di Perugia che gli verranno assegnati. Avrà, comunque, una guida sicura nel Cardinale Bassetti che è stato nostro vescovo e del quale ricordiamo i grandi doni: l’umiltà, la laboriosità ed il grande amore per il Signore e per l’uomo. Noi accompagneremo il Vescovo Marco con la preghiera. Con stima ed affetto, Dino Donati
È
stato davvero un fulmine a ciel sereno quando si è diffusa la notizia che il nostro parroco Don Marco, è stato scelto dal Signore perché continui ad esercitare il suo ministero sacerdotale come Vescovo e quindi farà parte del collegio apostolico nella Chiesa. È stata una gioia, ma alla sorpresa è subentrato il pensiero di quanto mancherà la sua presenza, non solo ad Anghiari ma anche alle persone che gli vogliono bene e lo stimano per la sua capacità di incontro e di preparazione culturale. Il Signore non finisce mai di stupirci e quando crediamo di avere raggiunto una certa meta, ECCOLO!... ti chiede altro e non ti è permesso di dirgli “no”, ma ci invita a prendere il coraggio a quattro mani, rimboccarci le maniche e ricominciare, assicurandoci la sua presenza che precede sempre il nostro fare. Questo è successo anche a Don Marco al quale però non mancano né l’ottimismo né la capacità di adattamento e neppure la generosità di dare il meglio di sé con lo stile che gli è proprio. Sul piano oggettivo ogni cristiano è chiamato ad essere credibile e, non è questione di eroismo, ma di fede e di grazia di Dio, anche se con ruoli diversi. Così Don Marco si trasferirà a Perugia che però non è al Polo Nord, per cui avrà modo e occasione di ritornare ad Anghiari dove senza dubbio, lascerà un pezzetto di cuore e ci farà partecipi di questa sua nuova esperienza. Noi lo accompagneremo con la nostra preghiera e con l’augurio che ci viene dettato da Santa Caterina da Siena che suona così: “Nessuno si allontani da te senza sentirsi migliore”. Ora sorge l’interrogativo: chi sostituirà Don Marco in questa comunità parrocchiale? Chiunque sia, è il benvenuto e noi continueremo il nostro cammino di cristiani come meglio potremo, perché la fedeltà nel bene, è la ricchezza di ogni famiglia, di ogni paese, e della Chiesa intera. Con questo spirito ci prepareremo a vivere il clima pasquale ormai vicino, insieme a Monsignor Marco al quale esprimiamo ancora: BUON LAVORO! Le Suore Agostiniane
Nella foto le suore assieme a don Quinto nella loro chiesetta.
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Don Marco
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visto da Armando Babbini
arra il Taglieschi che il 24 giugno del 1502 l’artiglieria di Cesare Borgia, agli ordini di Vitellozzo Vitelli, Capitano di Città di Castello, spianò l’antica Torre di Anghiari, l’attuale Campano, dopo una trattativa con gli Anghiaresi perché si arrendessero per evitare la distruzione che sarebbe poi ricaduta su tutto il paese intorno, come poi avvenne. Invece S. E. il Cardinale Bassetti, Arcivescovo di Perugia, il 15 febbraio 2019 ha rimosso l’ultima Torre di Anghiari, il Proposto Don Marco senza trattative né avvertimenti agli Anghiaresi. Eppure Don Marco, dopo vent’anni, era diventato una Torre inamovibile per Anghiari. Pensare che le premesse non erano delle migliori. Don Marco consapevole del suo DNA di “Borghese”, non particolarmente favorevole da queste parti, da buon stratega aveva evitato l’azione di sfondamento prendendola alla larga, aggirando Anghiari da Arezzo, dalla Curia; poi, percorrendo la Libbia, con solida base a Tavernelle, quasi dalla porta di servizio, fatalmente entrava al Fosso. Io inizialmente l’avevo preso per uno di quei preti (ma non solo preti) che intendono il Cristianesimo come una squadra di calcio, o un partito politico, o una fazione per cui tifare, e divide la gente fra quelli di dentro (da difendere comunque) e quelli di fuori (i nemici da combattere): di questi soggetti sono sempre stato molto diffidente. Le guerre tipo il Crocifisso dentro le scuole o simili non mi appartengono. Don Marco, prete di formazione tradizionale, pur non negando di essere anche “un tifoso”, è però molto altro. Il suo studio, ma anche il suo computer, non è mai chiuso a chiave e non c’è campanello per entrare: si entra semplicemente. La sua fiducia ed amicizia non è vincolata al tuo modo di pensare. Non ci sono parrocchiani di serie A e parrocchiani di serie B; i malati, i vecchi sono sempre stati accolti in prima fila; la cura della vita e organizzazione della parrocchia è scrupolosa in tutto il territorio, la campagna come il centro, Tavernelle come Anghiari… La Parrocchia, oltre che luogo riservato ad una intensa attività dei Parrocchiani, giovani e vecchi, è diventata il centro della solidarietà e dell’aiuto alle famiglie più povere ed emarginate, senza distinzione di razza e religione. Gli appartamenti di proprietà della Parrocchia sono aperti anche ad immigrati arabi, indiani... Nell’Oratorio si organizzano lezioni di lingua italiana per stranieri extracomunitari spesso di religione non cattolica. La richiesta di aiuto di questa gente, anche per il loro soggiorno, è stata sempre molto ascoltata e spesso soddisfatta.
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Nell’altra colonna, Armando Babbini. In questa colonna dall’alto: * Don Marco, rilassato, con il suo sigaro, dopo il pranzo per la camminata a Pietramala nel 2004. * Giordania 2009, arrivo alla città antica di Petra. Don Marco doveva scegliere se andare a piedi oppure in mulo; ha scelto il mulo, povero mulo, 3 chilometri con 120 chili sopra....!!!! * In occasione del 50° di sacerdozio di don Zeno e don Quinto, nel 2013, diversi sacerdoti si sono ritrovati a Tavernelle. Nella foto si vede don Marco che sta ‘scarrozzando’ Monsignor Giacomo Babini.
La presenza di Don Marco in Enti ed Istituzioni anghiaresi è ormai diventata autorevole, a volte quasi autoritaria. Sotto la regia sua e di Enzo suo cognato, l’Oratorio, rivista frutto del grande impegno dell’Anghiarino MDP, ad Anghiari ha la diffusione del Telegiornale. Ha un carattere, come si dice, “tagliato con l’accetta”, brusco e permaloso, e i principi e regole basilari della Religione Cattolica si applicano indiscutibilmente e alla lettera, ma… se si esce da quest’ambito, molte regole, regolamenti, leggine, procedure, soprattutto burocratiche, si allentano o scompaiono e può persino comparire l’anticristo Machiavelli a dettare il modo di operare. Qualche volta m’è toccato far finta di non vedere o non sentire (tipo… trovare tutti i giorni sul suo tavolo dello studio una copia de “Il Giornale”, oppure… quella predica al Carmine in cui criticò l’avvento del Rinascimento rimpiangendo l’età del Medio Evo), ma troppe più volte ha fatte cose che andavano a “toccare le mie corde”. Il Cristianesimo è qualcosa di molto radicato sia nella Cultura che nella Storia del nostro paese (Anghiari) come nel mondo. Con Don Marco abbiamo pellegrinato parecchio alla ricerca di radici comuni e differenze anche in regioni lontane (Cappadocia, Armenia, Israele, Giordania, Romania…) apprezzando sempre in ogni caso le cose belle, arte e paesaggio, che ci aiutano a vivere e ci avvicinano a Dio. Anche lì, comunque, le sue “certezze” venivano prima di tutto: ricordo che in un viaggio in Turchia, in una zona molto islamizzata, volle dir Messa in un pianerottolo delle scale di un albergo. Essendomi formato alla scuola di Don Nilo, ho sempre avuto un’idea di Proposto molto addentro ed interessato alle cose di Anghiari, con l’obiettivo concreto di incidere sulla realtà paesana, compresa la valorizzazione del nostro patrimonio che è insieme religioso e artistico. Senza stare ad elencare ciò che è stato fatto negli ultimi vent’anni, mi basta dire che non ci poteva essere miglior erede di Don Nilo. Don Nilo aveva iniziato la sua attività di Proposto, dopo pochi mesi dal suo insediamento, nel 1936 con i grossi lavori strutturali, di ammodernamento e finitura della Propositura, profittando anche dell’Ordinanza Podestarile di chiusura (chissà che non l’abbia in qualche modo provocata…) e dimostrando una grande capacità di padroneggiare
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la macchina amministrativa della Parrocchia, compresi i rapporti con le autorità varie del tempo (Soprintendenza, Comune, Vescovado, Enti e Organizzazioni Anghiaresi…). Don Marco, con strana inversa simmetria, ha chiuso la sua attività di Proposto ad Anghiari con altrettanti grandi lavori alla stessa Propositura, usufruendo di sostanziosi contributi che dimostrano una singolare capacità di rapportarsi con gli Organi istituzionali centrali della Chiesa. Ed ambedue i parroci hanno dimostrato una forte capacità di promuovere una grande sensibilità presso gli Anghiaresi. Conclude il Taglieschi, a proposito della distruzione della Torre del 1502: “e quella torre rimase così demolita sino all’anno 1602 che si rifece su’ medesimi fondamenti, ma non di quella grandezza né fortezza e né con quell’ordine.” Ci vollero esattamente cent’anni per rifarla, e comunque mai come la precedente. Chissà se ad Anghiari per fare un altro Proposto alla stessa altezza della Torre oggi rimossa, basteranno cent’anni. Auguri Don Marco per la tua nuova, difficile, esaltante missione. L’immagine in alto riproduce la ‘Pietà’ di Giovanni Bellini, conservata presso la Pinacoteca di Brera a Milano e che don Marco ha analizzato nell’incontro “La pietà nell’arte”, tenuto venerdì 27 ottobre 2017.
La Fratres anghiarese saluta don Marco
on solo Assistente Spirituale del gruppo, con tanto di decreto vescovile, ma soprattutto parroco e poi… nostro donatore di sangue, a testimoniare l’importanza e la forza dell’esempio concreto più che delle parole… Questo è stato, in estrema sintesi, per tutta la Fratres anghiarese don Marco, fin dal suo arrivo nell’ormai lontano millenovecentonovantanove. Una presenza continua, fraterna, feconda e discreta… Tante le iniziative che come Fratres abbiamo condiviso con lui. In questi quasi venti anni, non c’è stata festa o ricorrenza che non abbia previsto la Celebrazione Eucaristica, quasi sempre presieduta da don Marco. E poi le gite, organizzate insieme e da lui guidate, ricche ogni volta di emozionanti esperienze nel campo dell’arte e dell’architettura, grazie a quell’ amore profondo per il “bello” che traspariva dalle sue puntuali descrizioni. Grazie davvero, don Marco, e che il tuo nuovo “viaggio” in terra umbra possa regalarti ancora emozioni e soddisfazioni! La Fratres Anghiarese
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La Misericordia e Don Marco
C
di Massimo Redenti
on il solito ritardo con il quale ho sempre inviato a Mario Del Pia gli articoletti per il giornalino dell’Oratorio riguardanti la Misericordia e la Caritas, anche questa volta mi sono accinto in ritardo a mettere nero su bianco alcuni pensieri nati e cresciuti spontanei in riferimento alla figura e alla guida del nostro (ex) parroco Don Marco Salvi all’interno della Confraternita di Misericordia di Anghiari; in ritardo perché mi ero prefissato di preparare l’elaborato entro il 31 marzo, ieri, giorno dell’ordinazione del Vescovo Marco Salvi. Se avessi rispettato l’impegno, avrei senza dubbio parlato della preziosa guida spirituale di Don Marco, che da quando sono Governatore della Confraternita di Misericordia di Anghiari (e lo sono ormai dal lontano 2001) è stato sempre particolarmente attento alle vicende, alle necessità ed all’operato della nostra Associazione. Avrei certamente rammentato a me stesso e a chi sta leggendo queste poche righe, che ogni volta che ho avuto bisogno di lui come correttore spirituale o anche come attento conoscitore della nostra comunità, non si è mai negato e mi ha sempre aiutato nelle scelte di carattere morale, umano e tecnico. Avrei rammentato il suo incoraggiamento quando per una nuova legge regionale emerse la possibilità di adibire la nostra cappellina di San Marco anche a luogo di accoglienza per un ultimo saluto terreno ai concittadini che erano appena tornati alla “Casa del Padre”; mi incoraggiò e mi disse di procedere per adeguare la cappellina anche a questa finalità, nel rispetto comunque della religione cristiana e mantenendo la funzione prioritaria di chiesa, e non certamente di stanza mortuaria. Avrei ricordato anche che mi incoraggiò nel momento in cui decisi, naturalmente assieme a tutto il Magistrato, di arricchire la cappella di San Marco con tre riproduzioni di opere cinquecentesche strettamente legate a motivi religiosi; la chiesetta si abbellì così di un “Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria”, di una “Annunciazione” e di un “Cristo risorto con la Maddalena”. La stessa collaborazione di idee, Don Marco la espresse favorevolmente quando gli comunicai che avrei voluto mettere un “segno forte di carattere religioso” all’interno del salone di rappresentanza; la scelta cadde sulla “Creazione di Adamo”, copia fedele dell’opera di Michelangelo che abbellisce la volta della Cappella Sistina in Roma. E così è stato, peraltro, con una bellissima introduzione dello stesso Don Marco al momento della
presentazione dell’opera alla nostra comunità. Se avessi scritto l’articolo prima dell’ordinazione del vescovo Marco Salvi, mi sarei sicuramente soffermato anche sul suo aiuto di architetto; in più occasioni, ho dovuto e voluto provvedere alla ristrutturazione del museo di via Nenci, o quando a più riprese la ristrutturazione ha coinvolto la sede della Confraternita in via Matteotti, entrambi palazzi sotto la tutela della Sovrintendenza e per questo motivo sottoposti a progetti con obbligo di firma da parte di un architetto, e Don Marco ha sempre provveduto. E come si dice in certi casi, “a gratis”. Mi sarei soffermato poi sulla preoccupazione per i giorni futuri in riferimento all’attività parrocchiale, alla Caritas, al Grest, ai campeggi estivi; avrei sottolineato il timore per un futuro parrocchiale colmo di incertezze. Avrei probabilmente espresso una forte preoccupazione, o quantomeno incertezza, per l’arrivo di un nuovo parroco forse non all’altezza di reggere il confronto con quello che ci stava lasciando. Ma l’ordinazione del Vescovo Marco Salvi, celebrata ieri in cattedrale ad Arezzo, alla quale ho assistito con la cappa, la veste storica dei confratelli di Misericordia, ha scombinato i miei pensieri. Non nascondo la commozione che mi ha pervaso per tutte le due ore della cerimonia religiosa, con due momenti, fra tutti, particolarmente intensi; il primo, personalissimo, quello eucaristico nel ricevere dalle sue mani l’ostia consacrata, ed il secondo, quello del suo breve intervento di ringraziamento al termine dell’ordinazione, espresso con voce rotta dall’emozione. Da quel momento, nel tornare a casa e per buona parte della serata, prima di addormentarmi, i pensieri per l’articoletto dell’Oratorio hanno preso un’altra direzione. È vero che permane nel mio cuore un po’ di preoccupazione per l’operato del nuovo parroco che verrà al servizio della nostra comunità (ma d’altronde non dovrò iniziare a paragonarlo a Don Marco, mentre dovrò capirne prima possibile lo spirito, il modo di vivere la parrocchia, il miglior metodo di interazione, e così via…). Ma ciò che prevale oggi nei miei pensieri è il ringraziamento al Signore per aver predisposto nella mia vita più punti di contatto con il parroco Don Marco Salvi.
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Nella colonna di sinistra, Massimo Redenti e, a destra, don Marco nel suo intervento di ringraziamento dopo l’ordinazione episcopale (foto Luigi Leonardi).
Sono grato al Signore per aver potuto condividere con il mio parroco tanti momenti belli, e qualcuno brutto, sia comunitari che personali. Personali, il matrimonio di mia figlia Elena, il battesimo di mio nipote Lorenzo, la morte della mia mamma, e per ognuno di questi momenti, belli e brutti, l’umanità di Don Marco, ha avuto per me belle parole di gioia o di consolazione, senza retorica, schiette, sincere. Ringrazio il Signore per aver avuto l’opportunità, assieme a tanti altri amici della parrocchia, di assistere alla catechesi per gli adulti attraverso l’arte, catechesi che, oltre ad avvicinarmi sempre più al mistero della fede, attraverso l’impegno e la capacità di Don Marco, ha generato tanta curiosità da farmi diventare non certamente un esperto, ma sicuramente un curioso sull’arte in generale e sulla pittura in particolare. Ringrazio il Signore per avermi dato la possibilità di partecipare alla scuola di comunità che puntualmente Don Marco ha portato avanti con costanza e profondità. Ringrazio il Signore per avermi permesso di frequentare la parrocchia sotto la guida del mio parroco, impegnandomi per quanto mi è stato possibile nelle attività del Grest e del gruppo Caritas ben presente nella nostra comunità. Ringrazio il Signore per aver trasformato il mio ascolto della Sua Parola, da molto saltuario e discontinuo, a puntuale, attento e costante. E tutto ciò, anche se probabilmente non ne sono mai stato consapevole fino in fondo, è maturato in me con gli insegnamenti di Don Marco. Ringrazio il Signore per aver condiviso con Don Marco più momenti conviviali, in famiglia e fuori, da parroco e da amico. Non so quante volte avrò la fortuna di incrociare ancora il mio cammino con quello del Vescovo Marco Salvi; spero che ciò possa accadere di frequente nei prossimi anni, fin da domani. Sono certo però che gli insegnamenti e l’esempio del parroco Don Marco, dell’amico Marco, non cadranno nel vuoto. Cercherò di ricordarmi che il mio impegno in parrocchia non dovrà venir meno anche se non troverò nel nuovo parroco segni di continuità di pensiero e di amicizia rispetto al suo predecessore. Cercherò di ricordarmi che se il Signore ha voluto interrompere il percorso di Don Marco ad Anghiari a vantaggio di un nuovo percorso del Vescovo Marco Salvi a Perugia, una buona ragione ci dovrà pur essere. Al momento è forte il dispiacere di una separazione di strade che il Signore ha voluto, ma è altrettanto forte la consapevolezza che una comunità ben più numerosa, quella di Perugia e Città della Pieve, avrà da domani un Vescovo brillante, dinamico e consapevole della propria nuova missione. In definitiva, non devo essere triste per la sua partenza, ma devo essere riconoscente al Signore Gesù per aver regalato a me ed a tutta la comunità anghiarese, dietro le orme dei suoi passi, tanti anni di guida sicura e salda nella fede; dovrò anche sforzarmi di evitare paragoni critici a carico del nuovo parroco che verrà a guidare la nostra comunità cristiana, cercando anzi e soprattutto di aiutarlo nei modi e nei tempi che lo stesso parroco indicherà.
Infine, al Vescovo Marco Salvi auguro che, quando lascerà Perugia, per un ruolo ancora più importante e prezioso, lacrime di gioia e commozione di tutta la comunità perugina lo accompagnino quel giorno, così come lacrime di gioia e commozione di tutta la comunità anghiarese lo hanno accompagnato ieri 31 marzo 2019 in Arezzo dalle panche della bella Cattedrale dei santi Pietro e Donato, nella casa della Madonna del Conforto. Dall’alto, un momento della catechesi del novembre 2018; * il gruppo dei ragazzi del GREST ha raggiunto il Carmine dove don Marco fa conoscere anche la storia del Santuario; * i volontari della Caritas in una foto ricordo.
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Un cambiamento... che spaventa?
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Bisogna non aver paura di nuove esperienze
l cambiamento è da sempre e per tutti noi, motivo di destabilizzazione e molto spesso causa di paura, paura di non sapere cosa ci riserverà il futuro: sappiamo bene cosa abbiamo fatto nel passato, ma non sappiamo cosa faremo poi, in poche parole non sappiamo a cosa andremo incontro. Questo il mio primo pensiero venerdì 15 febbraio 2019, alle ore 12 circa, quando l’Arcivescovo Fontana ha annunciato nella Cattedrale di Arezzo, al termine del Solenne Pontificale della Madonna del Conforto, che il nostro don Marco sarebbe diventato Vescovo Ausiliare della Diocesi di Perugia-Città della Pieve. Inutile dire che la giornata ha assunto improvvisamente un altro tono, un altro colore, un colore non definito e ben chiaro da capire, ma indefinito e incomprensibile. Vi chiederete, perché? La risposta è semplice: un senso di felicità per la bella notizia (il proprio parroco che diventa Vescovo deve essere causa di gioia per tutti noi suoi parrocchiani), si contrapponeva però ad un po’ di tristezza dovuta al fatto che, almeno per me, ma credo anche per tanti di noi, da lì a poco si sarebbe conclusa una bella parte di vita della durata di circa venti anni e caratterizzata da tanti momenti belli ed importanti. Questi momenti mi hanno accompagnato costantemente nel mio cammino di crescita. Ricordo perfettamente che all’arrivo di don Marco ad Anghiari ero un bambino di poco più di dieci anni che “strimpellava” poche note fatte male ed insicure all’organo della Propositura, con la paura di essere sgridato e rimproverato dall’orecchio attento del nuovo parroco che poco conoscevo. È però sicuramente bello che, a distanza di venti anni, mi trovi qui a curare, insieme ad altri colleghi, l’aspetto musicale della sua Ordinazione Episcopale, una degna conclusione di questo cammino fatto insieme. Tante sarebbero le cose da ricordare dal punto di vista dell’aspetto liturgico-musicale della Parrocchia: il restauro dell’organo della Badia, il nuovo organo al Santuario del Carmine, il preventivo per il restauro dell’organo della Chiesa della Croce, il “Coro del Vicariato” da don Marco, e il restauro dell’organo della Propositura (attualmente in pieno svolgimento) che ci restituirà, a breve, uno strumento perfettamente funzionante ed adeguato alle esigenze liturgiche delle celebrazioni. Inutile dire che, per noi che ci dedichiamo in prima persona a fare musica in chiesa, avere un parroco che tiene al decoro musicale delle liturgie è estremamente importante e fonte di entusiasmo sempre maggiore: a don Marco sono sempre piaciute le “liturgie belle, partecipate, coinvolgenti e mai banali” anche dal punto
di vista musicale (ricordo a tal proposito le Novene di Natale in Propositura, le celebrazioni dell’Ascensione al Carmine, i brani per organo e tromba che spesso chiedeva, i “Concerti-Meditazione” di Natale e Pasqua…). L’elenco dei momenti da ricordare qui sarebbe certamente lungo, ma voglio concludere questa mia riflessione ringraziando don Marco per tutto quello che mi ha trasmesso, sia come parroco che come amico, contribuendo sempre a rinvigorire il mio entusiasmo nel collaborare al decoro musicale delle liturgie della Parrocchia. Questo cambiamento che ci aspetta spaventerà quindi? Come già detto, un pochino certamente sì. La cosa bella che don Marco a tutti noi ha insegnato è però quella di provare a camminare con le proprie gambe, di esser noi in prima persona a coinvolgerci nelle cose alle quali crediamo e di non aver paura di proporre esperienze che riteniamo possano esser utili per noi e per gli altri. Forse questa è la prova del nove per vedere se i suoi insegnamenti daranno frutto nei numerosi aspetti belli ed importanti dei quali la nostra Parrocchia è ricca. Grazie don Marco e buon cammino a te e a tutti noi!
Cesare Ganganelli Nella foto a sinistra, Cesare Ganganelli e, a destra, il Coro del Vicariato esegue un brano per la Santa Messa al Santuario del Carmine per la festa dell’Ascensione, anno 2018 e, sotto, il coro si sta preparando ad accompgnare la celebrazione della Santa Messa a Tavernelle in occasione della Festa della famiglia nel 2018.
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Da San Lorenzo
A
Chissà che non senta la nostalgia!
nche nella nostra comunità la notizia che Don Marco era stato nominato Vescovo è stata accolta prima con stupore, poi con gioia. Ed infine con preoccupazione. Ritornando con la mente a quel 15 Febbraio, la notizia ci è stata portata dal bravo Mario Del Pia, con una mail. Notizia vera, non c’era dubbio alcuno. Allora abbiamo subito capito il perché di quelle campane che suonavano a festa. Vescovo ausiliare di Perugia e Città della Pieve. Due località caratteristiche e sinceramente molto belle. Grande soddisfazione per Don Marco, che sicuramente sarà all’altezza del suo nuovo incarico. Lentamente però ha preso forma dentro di noi una preoccupazione, che con il passare dei giorni si è fatta sempre più grande. Cosa succederà ora, specialmente per la nostra comunità? Ricordo molto chiaramente quando, durante la festività del nostro Santo Patrono, San Lorenzo, celebrando la messa, Don Marco, in maniera molto plateale, di fronte ai fedeli, quando li ringraziavo per la loro presenza alla celebrazione a nome della nostra parrocchia di San Lorenzo, ebbe a dirmi che la Parrocchia di San Lorenzo non esisteva più da tempo, e che tutt’al più si poteva chiamare piccola comunità. Sono rimasto senza parole, sinceramente un poco dispiaciuto per questa precisazione. Poi, neanche a farlo apposta, sapete chi è il Santo Patrono di Perugia? San Lorenzo, un grande santo, venerato in tante città d’Italia.
Questo vuol dire che il 10 agosto prossimo difficilmente Don Marco verrà qui da noi per celebrare la Messa alle sette di sera come di consueto. Tutti gli anni è stato presente, ritornando a volte anche dall’estero, arrivando stanco e trafelato, pur di essere presente alla cerimonia. Ed ora? Al limite, la sera alle sette a Perugia le celebrazioni saranno finite, dicevo, ma proprio al limite, potrebbe fare una capatina anche qui da noi. Chissà che non senta la nostalgia di ritornare nella nostra piccola chiesa, di quella festa così alla buona, ma così spontanea e sincera. Ancora qualche speranza l’abbiamo. Ricordo chiaramente, e lo comunico a tutti, che Don Marco, al termine della Messa della domenica, in Propositura, quando ha annunciato a tutti i presenti della sua nomina a Vescovo. La notizia è stata accolta da un lunghissimo e commovente applauso e quando siamo andati in sacrestia ad abbracciarlo, tutti quanti, commosso per l’affetto che gli abbiamo dimostrato, alla mia domanda: “Adesso come faremo a San Lorenzo?” mi ha risposto: “Tranquillo Andrea, ce la faremo ugualmente”. Ed allora di cosa ci preoccupiamo? Auguriamo a Don Marco di raggiungere in questa nuova avventura in Umbria tante soddisfazioni e nuovi traguardi. Noi pregheremo per lui. Andrea Dellacasina.
Don Bartolomeo ha voluto essere presente all’ordinazione episcopale di don Marco e, dalla Polonia, è giunto quindi ad Anghiari (era presente anche don Mario). Ecco il post pubblicato nella sua pagina FB. Jeszcze dzisiaj Don Marco już jutro Sua Eccellenza biskup Marek. Dzień przed swoimi biskupimi święceniami jak co sobota katechizuje swoich najmłodszych parafian. Zawsze blisko ludzi. Obyś takim pozostał jako biskup pomocniczy w Perugii. Che vorrebbe dire: Ancora oggi Don Marco, ormai da domani Sua Eccellenza vescovo Marco. Il giorno prima della sua ordinazione episcopale, come ogni sabato, fa il catechismo con i suoi più piccoli parrocchiani. Tu non cambierai nemmeno come vescovo ausiliare di Perugia. Nelle foto di don Bartolomeo, don Marco con i ragazzi del catechismo il 30 marzo 2019, il giorno prima della sua ordinazione episcopale, a destra, invece, dopo l’ordinazione, con don Bartolomeo: si intravede anche don Alessandro.
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Una sfida difficile
Non perderò mai l’Amico Marco
on so di preciso chi abbia detto (credo Don Marco) “un prete bravo ne fa un altro”. Se Don Marco è bravo perché “ha fatto” Don Alessandro, mi viene in mente Don Angiolo Chiasserini, mio parroco in Piazza Giotto ad Arezzo, dove ho vissuto dal 1995 al 2007, perché credo potrebbe dire la stessa cosa riferendosi al nostro caro Marco. Pochi lo hanno conosciuto ad Anghiari, se si eccettuano i compagni delle Magistrali di Sansepolcro degli anni '60. Oggi sarebbe certamente fiero e felice di questo suo amico e concittadino, divenuto Vescovo a Perugia. Io con Don Marco ho in comune una cosa (non da poco), il titolo di Architetto, che ti aderisce come un vestito ben fatto; in questo l'ho preceduto, per meriti anagrafici. Don Marco, grazie alla sua formazione culturale e al suo spirito intraprendente, ha accettato come una sfida la difficile eredità lasciata da Don Nilo, un compito per niente facile visto che, per molti Anghiaresi, Don Nilo era il “Proposto” e il “Proposto” era Don Nilo. Con tenacia ha iniziato un lavoro paziente, deciso e convinto, che anno dopo anno ha cominciato a dare frutti sempre più consistenti. Cito solo le chiese riaperte e ristrutturate, il coro parrocchiale, prima disciolto, poi rinato a gruppetti e finalmente riunito e in forte ripresa dopo la morte di Don Vittorio, i fabbricati civili recuperati, la gente che ritorna in chiesa per ascoltare la sua omelia, le persone di cui si è sapientemente circondato per svolgere le tante mansioni di una parrocchia. La sua promozione, più che meritata, è stata definita, dal Vescovo di Arezzo, come un evento “agrodolce” e forse ha perfettamente ragione. Per gli Anghiaresi, infatti, se da una parte rappresenta un grande motivo di orgoglio, dall'altra significa certamente una grande perdita. Per la seconda volta, nella parte di storia che ho vissuto, la Propositura di Anghiari costituisce una pesante eredità. Sono però certo che dove Don Marco andrà, per esercitare il ministero vescovile, saprà rendere la sua opera ancora più preziosa per il bene della Chiesa, e questo è un grande motivo di gioia. Tanti Auguri Eccellenza.
febbraio. Un’allegra cena con gli amici. C’è anche don Marco. Ad un certo punto, come accade spesso, lo prendo in giro sul fatto che lavora poco, e dico testualmente: “a la fine te fan vescovo, così da vecchio te tocca mettete a fa' qualcosa!” Alza gli occhi dal piatto, guarda dritto nei miei e risponde: “Può darsi anche presto”. Non ho avuto il coraggio di replicare... Normalmente quella sarebbe stata una battuta in risposta alla mia, ma quella volta no, c’era poco da scherzare, gli occhi di don Marco non lasciavano trasparire nulla di divertente... Non ho detto niente a nessuno di quello scambio di cui nessuno dei commensali si era accorto, ma ci ho pensato molto. Poi è arrivata l'ufficialità della notizia, e, da buona amica, avrei dovuto gioire per questa lieta novità, e invece no, ho avuto una reazione che forse neanche io avrei saputo prevedere: ho pianto parecchio! Don Marco è stato per me un riferimento spirituale, un amico divertente, un amico profondo. Il prete che, quando gli ho detto che mi sarei sposata (con rito civile), mi ha abbracciata e mi ha espresso tutta la sua gioia per la mia decisione, e la mattina della cerimonia è venuto in Comune per starmi vicino. Mi sono emozionata a tal punto che ho pianto tutto il tempo, tranne un attimo, quando Cristiano Loddi che avrebbe celebrato il rito, l’ha salutato con stupore e lui gli ha detto: “Loddi, scusa l'intrusione, ma so’ venuto a vedere come fate voi della concorrenza perché adesso da noi ce ne vien pochi...” Insomma non so per niente felice che don Marco vada via, le uniche cose che mi consolano sono, come dice lui, che Perugia è a 40' da Anghiari, e che mi ha promesso che se gli faccio un po’ “de schifezze de quele che fan parecchio male” continuerà a venire a cena, e l'ultima cosa è che sono certa che non perderò mai l'Amico Marco!
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l’eredità di don Nilo
Pietro Giabbanelli
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Ilaria
Alcune foto
di Roberto Stowasser
In questa colonna, dall’alto: il momento dell’imposizione delle mani del cardinale Bassetti sul capo dell’eletto; il nuovo Vescovo, deposto il pastorale, riceve dal Cardinale e dagli altri Vescovi il segno della pace. Colonna di destra, dall’alto: il cardinale Bassetti durante l’omelia; prima benedizione dei fedeli del Vescovo Marco accompagnato dall’arcivescovo Riccardo e dal cardinale Francesco Coccopalmerio; il Vescovo Marco con alcuni familiari.
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Il cardinale Bassetti abbraccia il vescovo Marco, dopo l’ordinazione (foto Luigi Leonardi).