Carlo Aymonino e le svolte della storia

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CARLO AYMONINO E LE SVOLTE DELLA STORIA

CARLO AYMONINO E LE SVOLTE DELLA STORIA

Epigrafe

Per molti di coloro che hanno vissuto e operato negli anni di cui qui si parla, era diffusa la convinzione di partecipare alla costruzione di una nuova fase storica, a un tempo politica e culturale. Non si rendevano invece conto che stavano partecipando, illuminandone il tramonto, allo svolgersi di un’epoca che stava finendo.

Avvertenza

Sull’opera di Carlo Aymonino, oltre ai suoi stessi scritti, esiste una bibliografia molto estesa e nota.

Il catalogo della bella mostra tenutasi alla Triennale di Milano nell’estate del 2021 è poi un ricchissimo compendio di riflessioni teoriche, apparati descrittivi e documentali. Ciò consente di svolgere in modo molto sintetico la narrazione per punti nodali di un itinerario culturale e politico che ha attraversato l’intero dopoguerra fino ai primi anni Duemila.

Con questo intento vengono richiamate in nota solo essenziali riferimenti bibliografici mentre le poche immagini inserite hanno un essenziale funzione di riscontro mnemonico per chi legge.

INDICE Nota introduttiva Il tempo della “rinascita” La dominante della questione urbana L’arrivo di Carlo Aymonino all’IUAV (1963) Il Gruppo Architettura (1968-74) La città per parti formalmente compiute La questione dei centri storici e il Piano Particolareggiato del Centro Storico di Pesaro (1971-74) La Presidenza (Rettorato) dell’IUAV (1974-79) e l’Assessorato al Centro Storico di Roma (1981-85) Sul finire di un’epoca 9 11 15 23 31 40 47 53 64

Nota introduttiva

Ho avuto il privilegio di una fraterna amicizia con Carlo Aymonino. Molti ingredienti formano e consolidano un’amicizia ma uno che è stato per me anche un insegnamento di vita era la passione e la determinazione con cui Carlo affrontava e aderiva alla realtà, sempre però relativizzandola nell’incontro provvisorio tra il se stesso di quel momento, nell’itinerario accidentato della vita, e le vicende del mondo con le loro continue modificazioni e contraddizioni; un incontro provvisorio che andava costruendo via via la propria identità.

Per fare questo, per essere questo, occorre avere una dote rara: il coraggio, anzi il piacere del cambiamento, con la disponibilità, la generosità, la curiosità di guardare il mondo e la vita con uno sguardo e un pensiero liberi.

L’ho conosciuto nel 1963. Ero allora studente e presiedevo l’Organismo Rappresentativo degli Studenti Architetti dell’IUAV (ORSAV). Un giorno, uscendo da un’assemblea studentesca, venni fermato da un signore, giovane e molto elegante (notai che aveva dei “gemelli” ai polsini della camicia), che mi si presentò e, dandomi del “lei”, mi chiese se fossi interessato a partecipare all’attività del corso di Caratteri distributivi degli edifici che gli era stato appena conferito da Giuseppe Samonà. Ne voleva fare un corso sperimentale di studio e ricerca sulle nuove condizioni operative dell’architettura.

Era quello che per molti versi avveniva nei corsi di Samonà e corrispondeva alle rivendicazioni del movimento studentesco per una didattica che non fosse solo trasmissione di co-

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noscenze consolidate ma affrontasse i temi che emergevano dalle profonde trasformazioni in atto in quegli anni.

Superata la sorpresa e l’emozione per una proposta che mi collocava nella condizione “anfibia” tra studentato e docenza (ironicamente denominata dell’assistente-bambino), dopo non poche riflessioni e consultazioni con amici e colleghi, accettai, partecipando così, per una decina di anni, a un’esperienza per molti versi straordinaria per ampiezza culturale e ricchezza umana.

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Il tempo della “rinascita”

“Il secolo di Einstein e Planck era diventato anche il secolo di Hitler. La Gestapo e il Rinascimento scientifico erano figli della stessa epoca” Vasilij Grossman, Vita e destino

Dopo la Prima guerra mondiale – la prima guerra dominata dalla produzione tecnico-industriale – si era pienamente manifestato l’insanabile conflitto tra la potenza della razionalità scientifica con le sue applicazioni tecniche (produttive-distruttive) e l’impotenza a ordinare con la ragione il caos del mondo.

Di questo conflitto parlava metaforicamente la pittura metafisica mentre le allegorie della melanconia di Sironi1 – i personaggi dotati di capacità immaginative more geometrico come “L’architetto” o “L’ingegnere”–raccontavano la loro impotenza a fronte del disordine del mondo emblematicamente rappresentato dalle nuove periferie urbane.

Lo stesso afflato totalitaristico che si era diffuso in Europa tra le due guerre – con le sue punte estreme nel

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1 Jean Clair, Nato sotto Sturno, in Sironi 1885-1961, catalogo della mostra. Mazzotta, Milano, 1985.

fascismo e nel nazismo – aveva anche rappresentato il tentativo di dare forma, dopo la catastrofe bellica, a un nuovo ordine politico e sociale, a libertà e creatività controllate, in grado a un tempo di accelerare lo sviluppo competitivo dei singoli Stati mediante la scienza e la tecnica e di contenere o reprimere i conflitti sociali. Nell’ambito dell’architettura questo tentativo di nuovo ordine aveva avuto la sua rappresentazione più compiuta, dall’URSS alla Germania nazista, dai Paesi europei democratici fino all’altra sponda dell’oceano, nel monumentalismo – l’unificante mascheratura ideologica della storia a occultare le laceranti trasformazioni tecniche e sociali – che, nell’Italia fascista, avrebbe avuto la sua spettacolare rappresentazione nel quartiere EUR 42 a Roma.

La tragica esperienza della Seconda guerra mondiale aveva segnato nell’Europa occidentale la fine di quei tentativi ordinatori. La condizione politica democratica – la costruzione di un ordine che ha le sue radici nell’accettazione della parzialità e del conflitto – si accompagnava a un’ansia di nuova interpretazione del mondo e di un cambiamento culturale che ne rappresentasse i caratteri. Non più dunque lo sviluppo “continuista” di una condizione prebellica ma un riposizionamento d’insieme dei modi di intendere la realtà e di operare su di essa. Il Neorealismo ne era stata la prima espressione compiuta con la rappresentazione essenzialmente “anti-melanconica” di un mondo guardato e accettato nella sua esistenza miserabile e conflittuale.

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Fig. 1 – Mario Sironi “L’architetto” (1922) e “Paesaggio urbano” (1922 c.).

Nell’ambito dell’architettura, questo sentire aveva inizialmente prodotto un ripiegamento catartico anti-monumentalista su modi spaziali e stilemi “paesani” presto sottoposti a una critica e autocritica feroci (Ludovico Quaroni e Giuseppe Samonà in primis)2 che lasciavano campo aperto a nuovi approcci, a nuove sperimentazioni difficilmente riconducibili a movimenti unitari.

A Roma, Carlo Aymonino aveva vissuto il “rinascimento culturale romano” del dopoguerra, dapprima sul versante delle arti figurative, seguendo l’attività dei giovani pittori della “scuola romana” sotto l’influenza carismatica di Renato Guttuso (con forti connotazioni politiche di sinistra); poi, subito dopo la laurea in architettura, partecipando ai dibattiti e alle occasioni progettuali che vedevano l’affermarsi di una pluralità di gruppi e studi professionali di giovani architetti sotto la guida autorevole di Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi.

In questo contesto, già nel 1950, significativamente nel giorno della sua laurea, Carlo Aymonino si iscriveva al Partito Comunista, iniziando da allora un’intensa attività politica e di relazioni personali con i dirigenti di quel partito. In questo variegato, multiforme impegno – tra arti visive, architettura e politica – vi era l’accettazione piena e realistica della parzialità e del conflitto come condizioni dell’operare e del vivere.

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2 Giuseppe Samonà, Problemi urbanistici sul quartiere di San Giuliano, in Casabella / Continuità, n. 218, 1958.

Gianni Fabbri è stato Professore Ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana presso l’Università Iuav di Venezia. Ha fatto parte del Gruppo Architettura, è stato Pro-Rettore, Presidente del Corso di Laurea in Architettura e componente del Collegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in Composizione Architettonica. Tra le sue pubblicazioni: Vienna, città capitale del XIX secolo, Officina Edizioni, Roma, 1986; Il luogo del progetto”, Edizioni CLUVA, Venezia, 1989; Architettura in luoghi limite, UTET, Milano, 1996; La Scuola Grande della Misericordia - Storia e progetto”, Skira, Milano, 2002; Architettura e restauro, Il Prato, Padova, 2003; Venezia: quale modernità. Idee per una città capitale, Franco Angeli, Milano, 2005; Testimonianze sull’architettura, Il Poligrafo, Padova, 2014; A proposito di Castiglia, Jihad e Guerra Santa, città e architetture nel conflitto tra mondo musulmano e mondo cristiano, LetteraVentidue, Siracusa, 2021.

Per l’Università Iuav di Venezia (Archivio Progetti) il video Carlo Aymonino e il Gruppo Architettura, 2021.

Carlo Aymonino e le svolte della storia

Gianni Fabbri

ISBN 979-12-5953-036-3

Progetto grafico Margherita Ferrari

Editore

Anteferma Edizioni Srl via Asolo 12, Conegliano, TV edizioni@anteferma.it prima edizione 2023

marzo 2023

stampato da PressUP, Viterbo

Dagli anni Cinquanta, in un contesto culturale largamente dominato dalle appartenenze “di sinistra”, cultura e politica erano profondamente intrecciate nel tentativo di rifondare il mondo dopo la catastrofe bellica. La questione urbana assumeva allora un ruolo centrale con la nascita delle periferie, la questione abitativa, la speculazione edilizia e la crisi dei centri storici. Si ragionava su quale fosse l’idea di città di cui il progetto di architettura doveva farsi interprete.

10,00 € 9 791259 530363

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