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Roberto Castiglione
ADRIANOPOLI
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Copyright © 2017 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN:978-88-99751-25-8 In copertina disegno di Roberta Bellotto “Robyroy” Roberto Castiglione, Adrianopoli, Antipodes, Palermo 2017
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“M’abbandono all’adorabile viaggio: leggere, vivere dove guidano le parole” Paul Valery
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Seleucia Pieria, 7 ottobre 395 dopo Cristo
L
asciate che vi narri le imprese del Tribunus Aulo Persio Severo e dei suoi compagni d’arme. Sono Ammiano Marcellino, umile poeta e storico, e ho conosciuto questi valorosi soldati durante il mio servizio in Oriente. Come protector domesticus dell’imperatore Costanzo ero stato destinato alla guarnigione di Antiochia, mentre la Legio IV Italica aveva i propri castra a Seleucia Pieria, sede della flotta siriaca. Il grande porto distava poche miglia dalla città ove gli imperatori erano soliti soggiornare durante la loro permanenza nelle zone vicine al confine orientale. Le guerre contro la Persia erano a quei tempi continue e le legioni di Roma combattevano feroci battaglie contro i soldati di Shapur, il grande Re dei Re. Ricordo che vidi Aulo per la prima volta proprio ad Antiochia. Allora era soltanto il Primuspilus al seguito del padre, il Tribunus che portava il suo stesso nome. La sua fama era già grande e il suo destino segnato. Ben presto avrebbe sostituito l’anziano genitore al comando della legione e sicuramente non si sarebbe fermato lì. È difficile seguire tutte le avventure vissute da questo soldato e uomo di scienza. Per questo motivo ho deciso di raccontarle separatamente in modo tale da concedere il giusto risalto a ognuna. Aulo me le ha narrate in un rigoroso ordine cronologico, ma io 5
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sono un poeta e un artista della parola e ho deciso d’iniziare dall’ultima. Vi saranno sicuramente altre fauste occasioni per descrivere le gesta compiute dalla Legione Italica in molte parti del mondo conosciuto e persino ignoto. Aulo e i suoi compagni sono giunti fin sulle rive dell’Indo e lo hanno oltrepassato, inoltrandosi senza paura nel grande deserto che delimita lo sconfinato impero del Re dei Re di Persia. Hanno combattuto sulle rive del Reno e nelle tetre foreste della Germania, dove hanno conosciuto streghe bambine e la magia nera. I calzari chiodati dei suoi legionari hanno calpestato la polvere e la sabbia della terra d’Egitto e risalito per centinaia di miglia il corso del Nilo. Questo è soltanto un piccolo assaggio delle imprese compiute in oltre trent’anni di servizio, ma non voglio rivelare nulla di più. Con poche frasi vi ho portato dagli anni travagliati della fine del regno di Costanzo a quelli dell’epoca di Valentiniano. Sono stati quindici anni densi di avvenimenti e battaglie per la Legione IV Italica, ma il tempo nulla ha potuto sulla forte fibra dei nostri protagonisti. Ormai siamo giunti quasi alla nostra storia. Poco prima della morte di Valentiniano Aulo aveva ricevuto l’ordine di spostarsi in Mesopotamia e appena giunto a Rhesena arrivò la notizia della fine improvvisa dell’imperatore. Alcuni Barbari lo avevano fatto infuriare a tal punto che gli era scoppiata una vena nella testa, malgrado i ripetuti avvertimenti fattigli proprio da Aulo durante gli anni. Valente aveva mosso guerra alla Persia che aveva infranto i patti stipulati oltre dieci anni prima, ma il fratello minore era molto diverso dal defunto Valentiniano. La campagna militare era stata inconcludente e condotta stancamente, mentre nubi di tempesta si andavano addensando minacciose sulle rive del Danubio. 6
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Valente aveva condotto con sé l’intero esercito per sconfiggere Shapur il Vecchio sguarnendo in maniera sconsiderata le frontiere settentrionali. Egli riteneva il grande fiume sufficiente a riparare l’Impero dalla marea dei barbari che si agitava nelle sterminate pianure della Scizia. Guidati da Valamir, gli Unni avevano dato inizio all’invasione dell’Europa e avevano già distrutto il regno degli Ostrogoti sulle rive del Ponto Eusino. Per sfuggire allo stesso destino i loro fratelli occidentali si erano messi in movimento verso Sud, verso le sponde del Danubio. Fritigern, l’anziano capo delle orde visigote, aveva pregato l’imperatore di accogliere il suo popolo all’interno dei domini di Roma, chiedendo ospitalità e territori da coltivare. Dopo lunghe riflessioni Valente aveva accettato e con l’esercito schierato sulle frontiere orientali poteva fare soltanto questo. Le scarne guarnigioni romane non potevano certo opporsi alla massa di uomini che proveniva dal Nord. Fritigern si convertì al Cristianesimo per ringraziare Valente del magnanimo gesto, ma i funzionari imperiali si dimostrarono persino più rapaci degli Unni. La scarsità di viveri e la corrotta condotta dei Romani suscitarono la rivolta dei Goti e l’inizio della guerra. Un popolo penetrato in qualità di alleato all’interno del Limes si era tramutato nello spazio di poche settimane in un terribile nemico. Il Comes Thraciae Flavio Lupicino cercò di affrontare i Goti, ma fu battuto a Marcianopoli e le orde di Fritigern si sparsero dal Danubio al Mediterraneo per saccheggiare le ricche province di Valente. L’anno seguente la situazione non migliorò e una seconda grande battaglia fu combattuta vicino alla foce del Danubio. Soltanto la disciplina delle legioni non permise ai Goti di vincere lo scontro. 7
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I Romani indietreggiarono e si trincerarono sulle catene montuose dell’Haemus, sperando che il rigido inverno facesse quello che essi non erano stati capaci. Fritigern arruolò piccole bande di Unni e Alani e obbligò le scarse truppe di Valente a ritirarsi. La via di Costantinopoli era ormai aperta: i saccheggi e le devastazioni non conoscevano fine. L’imperatore si vide costretto a rientrare da Antiochia e prendere in mano la situazione. Il 30 maggio del suo quattordicesimo anno di regno entrò nella capitale, ma ne uscì in gran fretta l’undici giugno, spinto dal malcontento popolare. La guerra gotica infuriava da ben due anni nelle province più ricche della Pars Orientalis e l’imperatore non si era ancora degnato di scendere in campo per arrestare la rabbia dei Barbari. Passarono due mesi, sprecati nell’attesa dell’arrivo dell’esercito occidentale al comando dell’Augustus Iunior Graziano, il giovanissimo figlio di Valentiniano. Le pianure davanti alla fortezza di Hadrianopolis erano continuamente insanguinate dalle scorrerie dei Goti e dagli scontri con le truppe romane, ma la battaglia decisiva doveva essere ancora combattuta. Stanco di attendere il nipote, Valente decise di porre fine alla guerra affrontando il nemico che si era radunato davanti alle fortificazioni di Hadrianopolis e raggiunse la città l’otto di Agosto. La sua intenzione era di aspettare almeno cinque giorni, fino alle Idi del mese, per far affluire altri rinforzi da ogni parte dell’Impero. Nella fortezza legionaria di Rhesena l’ordine di raggiungere l’esercito giunse alla fine di giugno. La IV Italica si preparò immediatamente alla partenza, pronta ad affrontare il nemico. L’appuntamento era fissato per il 10 di agosto sotto le mura di Hadrianopolis, ma Aulo decise che sarebbe giunto almeno una settimana prima per rendersi conto della situazione. 8
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Al comandante della Legione piaceva giungere sul campo di battaglia con molto anticipo per studiare il terreno e prendere le opportune decisioni strategiche. Aveva le carte disegnate dal fratello, ma preferiva essere sul luogo di persona. Non c’era tempo da perdere poiché la vittoria avrebbe potuto ancora essere dalla parte di Roma. Tralascerò, pertanto, i mezzi poco legali con i quali un ufficiale di Aulo riuscì a procurarsi le decine di navi onerarie per il trasporto. Il Praefectus della Classis Syriaca non intendeva assolutamente privarsi nemmeno di una scialuppa di salvataggio. Fu necessaria tutta la raffinata diplomazia del centurione in questione per vincere l’assurda resistenza del comandante della flotta ancorata a Seleucia Pieria. Andarono tuttavia persi alcuni preziosi giorni. Oltre a questi problemi vi posso dire che tutti i mariti e anche molti padri dalla Siria fino ad Alessandria tirarono un sospiro di sollievo, quando seppero che la Legio IV Italica era nuovamente partita. Il temuto Settimio Caecina Albino era salpato verso le coste dell’Ellesponto e forse non avrebbe più fatto ritorno sulle rive dell’Eufrate. Persino Shapur il Vecchio ringraziò il suo Dio per questo, ricordando le reiterate imprese del centurione nel suo serraglio. Questa, però, è un’altra storia che non mancherò di raccontare. Vi parlerò, dunque, di Aulo Persio Severo, l’invincibile comandante della Legio IV Italica, di suo fratello Caelio, l’inventore di letali macchine da guerra e del loro amico d’infanzia, Settimio, il più assiduo frequentatore di letti altrui dell’Impero Romano. Non voglio certo dimenticare il Primuspilus Quinto Furio Camillo, famoso per la ferocia sui campi di battaglia e nei banchetti e il Centurio Prior Sesto Tullio Lusitano, il capitano della cavalleria della legione. 9
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Per ultima ricorderò la bella Clelia, che attende il ritorno del suo Aulo celata agli occhi del mondo nella foresta vicino alla loro città natale, Volaterrae in Etruria. Non vi voglio svelare nulla di più su loro due per il momento. Sono certo che Aulo non se la prenderà troppo se inizio a stendere le sue avventure dall’ultima che ha raccontato a me vecchio e stanco scrittore poche settimane orsono al suo ritorno dall’Italia. Al contrario, per i cinque legionari il tempo sembra essersi fermato al tempo del nostro primo incontro, avvenuto trentacinque anni fa, mentre l’intero Oriente è stato rapito e soggiogato dalla bellezza inumana di Clelia, simile a una Dea dei tempi antichi. Aulo mi ha confidato la volontà di congedarsi dall’esercito e ritirarsi in un luogo che hanno visitato al tempo dell’imperatore Giuliano. Mi ha detto anche che ogni tanto faranno ritorno all’interno dei confini dell’Impero per dirimere alcune questioni lasciate in sospeso. Non mi ha rivelato di quali si trattasse, ma si è lasciato sfuggire un paio di piccoli particolari che mi hanno fatto capire dove fossero diretti. Ha detto che era atteso da gran tempo ad Aila, il porto situato nel golfo più orientale del Sinai. Laggiù attraccano le navi provenienti dall’impero indiano dei Gupta. Prima di giungere ad Aila avrebbero, però, fatto tappa ad Alessandria per udire non visti almeno una lezione della più grande studiosa del nostro sfortunato tempo. Si è raccomandato per l’ennesima volta di raccontare le sue avventure con ordine e metodo. Io sono un artista e la cronologia o la razionalità non mi interessano più di tanto, mentre il condottiero della IV Italica ne ha fatto il fondamento della sua vita, come avrete modo di verificare in queste umili pagine. Ammiano Marcellino
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