Abd-ur-Razzaq. Cronaca della missione in India

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Abdur Razzaq Cronaca della missione in India

Introduzione di Marcella Croce


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Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-96926-59-8 Citazione del volume: Abdur Razzaq. Cronaca della missione in India. Casa Editrice Antipodes, Palermo (2014), 53 pp.


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Indice

Introduzione ..................................................................................5 Note all’edizione ed alla traduzione ...............................................9 Prologo ......................................................................................11 Punto di vista .................................................................................13 Cronaca della missione in India.................................................23 Note .............................................................................................52 Ringraziamenti ........................................................................53


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Punto di vista Il viaggio di Abdur Razzaq (nato il 1413 e morto il 1482), originario di Herāt (Afganistan), costituisce inaspettatamente il terzo volume della collana dedicata ai viaggi ed alle esplorazioni, proposta dalla Casa Editrice Antipodes. Alla base di questo progetto c’è la curiosità ma anche l’ambizione di dare spazio “all’altro”, più che la volontà di illustrare con logica scientifica la storia delle esplorazioni geografiche. Infatti, le prime due pubblicazioni, dedicate alle imprese di Lapérouse e di Vasco Nuñez di Balboa, narrano di due viaggiatori Europei che, in periodi storici differenti, sono salpati da Francia e Spagna, per compiere navigazioni transoceaniche. In particolare, Lapérouse ha navigato attraverso il Pacifico alla scoperta di paesi esotici (così intesi dagli Europei), Balboa fu il primo occidentale che vide il Mare del Sud, che poi avrebbe preso il nome di Oceano Pacifico, nelle cui acque molti navigatori persero la vita nel tentativo di ampliare le conoscenze geografiche del tempo. Al contrario, la scelta di raccontare l’impresa di Abdur Razzaq rappresenta un mutamento del “punto di vista”. Ovvero, si vuole riportare la testimonianza di chi ha vissuto (più che visitato), nel XV secolo e precisamente dal 1442 al 1445, in un vivacissimo territorio dell’India meridionale, fulcro del commercio e approdo frequentatissimo, poco prima che i Portoghesi conquistassero l’egemonia dell’Oceano Indiano e prima che, nel 1565, l’esercito Moghul conquistasse l’Impero di Vijayanagar. L’autore, avendo potuto effettuare osservazioni attente e prolungate, fornisce dettagliate informazioni su usi e costumi di un popolo che egli stesso definisce “un genere di individui tali che niente di simile mi era mai apparso nemmeno in sogno” e riesce a far rivivere al lettore, nella descrizione di ogni argomento trattato, 13


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le stranezze e gli avvenimenti a cui aveva la fortuna di assistere. Da subito la cronaca del viaggio di Razzaq dovette incuriosire i lettori del tempo. I luoghi narrati, noti anche attraverso altri racconti di viaggiatori, fomentavano la curiosità verso il mondo orientale animandolo di regni, popoli ed animali fantastici. Chi osava di più vedeva nelle cronache anche documenti contenenti importanti informazioni per l’organizzazione di nuovi viaggi. In effetti, i nomi dei porti e delle città erano spesso associati alla tipologia di beni e ricchezze che vi si potevano trovare ed i porti dell’India erano utilizzati già da secoli per il commercio e lo smistamento delle mercanzie. Al di la delle notizie provenienti da un passato che sfumava fino a tempi molto lontani, erano ancora recenti e vivide le opere di Marco Polo, Il Milione, e di Ibn Baṭṭuṭa, la sua rilḥa, ovvero la “cronaca di viaggio”, dove entrambi annotavano e descrivevano, con più di un secolo di anticipo rispetto a Razzaq, la vitalità degli empori e dei porti indiani. Dunque, il commercio veniva svolto intensamente nei porti dell’India, delle coste d’Africa e dell’Estremo Oriente a prescindere da chi ne esercitasse l’egemonia. Questi riguardava, oltre a metalli e pietre preziose, le spezie, tra le quali la cannella del Ceylon, considerata la più eccellente ed il pepe, prezioso per la conservazione delle carni e che a Calicut si raccoglieva tra ottobre e novembre. Le perle, tra le più belle in commercio, venivano raccolte grazie agli “incantesimi” dei Bramani che tenevano lontani gli squali mentre i pescatori si immergevano per raccoglierle (M. Polo, Il Milione). A questo proposito, Filippo Sassetti, colto mercante fiorentino che tra il 1583 ed il 1588 inviò in patria lettere dall’India, scriveva nella missiva del 22 genaio 1586 che “Il fondo è di molte braccia e i pescatori sono molti e ogni anno ne restono in preda ai pesci sei o otto, che non possono difendersi da loro”. I manufatti 14


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Cronaca della missione in India

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Veduta di Ormus.

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Ambasciata in Hindustan Durante il corso dell’anno 845 H1 (21 maggio 1441), l’autore di questo resoconto, ‘Abdu-r Razzák, il figlio di Is’hák, agli ordini del sovrano del mondo, si preparò a partire per la Provincia di Hormúz2 e le rive dell’oceano. Il giorno 5 di Shawwál3, partì da Kirmán4, lungo la strada ebbi un colloquio con Amír Hájí Muhammad, che era di ritorno dal saccheggiare la provincia di Banpúr5 e a metà del mese giunsi sulle rive del mare di Umán al porto di Hormúz, il cui governatore, Malik Fakhru-d-dín Túrán Sháh, mi inviò un’imbarcazione con la quale arrivai alla città di Hormúz. Mi assegnò un alloggio con tutte le pertinenze, e mi fu concessa un udienza con il re. Questa Hormúz, che è anche chiamata Jerún, è un porto sul mare che non ha eguali sulla faccia della terra. I mercanti dei sette climi sostano qui, quelli d’Egitto, Siria, Rúm, Azerbaijan, i due Iráks Fárs, Khúrásán6, Máwaráu-nnahr,Turkistán, Dasht-iKipchák, il paese di Kalmak7, e tutti i regni dell’Est, Cina, Máchin, e Khánbálik8. Qua, inoltre, quelli che abitano sulle rive del mare portano beni provenienti dalla Cina, da Giava, dal Bengala, dal Ceylon, dalle città di Zírbád, Taná, Socotra, e dalle novanta città delle isole di Díwah-Mahall, dai paesi del Malábár, dall’Abissinia, da Zanzibar, dai porti di Bíjánagar, Kulbarga, Gujarát, Kanbá9, dalle coste d’Arabia, da Aden, Jiddah e Jambó. Tutti portano merci, preziose e rare, come il sole e la luna e la pioggia contribuisce ad abbellirle. Qua vengono viaggiatori da ogni parte del mondo e senza difficoltà scambiano ciò che portano con articoli che reputano di pari valore; portano avanti i loro affari tramite le valute o tramite il baratto. Essi pagano su ogni articolo un dazio doganale di un decimo, con eccezione per l’oro e l’argento. In questa città abbondano praticanti di varie religioni, ed anche infedeli e non è permesso che si commetta alcuna ingiustizia nei 25


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