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Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-96926-22-2
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VIAGGIO DI VASCO NUÑEZ DI BALBOA SCOPRITORE DEL GRANDE OCEANO
Introduzione di Angela Alaimo
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Indice Premessa ...........................................................................................7 Nota dell’editore e “Avvertimento del compilatore” ........................9 “Nuovi” mondi? Alla scoperta del Mare del Sud ..............................11 Panquiaco da notizia della esistenza del Mare del Sud ...................21 Guerre che Vasco Nuñez fece nel golfo di Uraba ............................25 Discoprimento del Mare del Sud o Grande Oceano Pacifico ..........31 Come discopriron le perle nel Golfo di San Michele ......................37 Quello che Balboa fece alla ritornata dal Mare del Sud ..................41 Balboa fatto Adelantado del Mare del Sud .......................................47 La morte di Balboa ...........................................................................51 Bibliografia .........................................................................................57
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Premessa Balboa che guarda il Pacifico, primo europeo a “scoprirlo” da Est, è un altro tassello della speranza di raggiungere le Indie superando l’ostacolo imprevisto che Colombo si era trovato davanti, riapre i giochi che sembravano essersi chiusi con la scoperta delle Americhe. Ma non è solo questo, è un grande fatto simbolico. Le isole ed il mare dietro le isole… il più grande stimolo alla voglia di andare e di scoprire altre terre e di seguito altri mari. L’ampliamento delle conoscenze sulle nuove sterminate potenzialità di navigare per tante altre rotte e lo sviluppo di nuovi grandi interessi economici, che fanno seguito alla scoperta del nuovo mondo e di altri mari al di la di esso, spingeranno l’uomo a costruire navi sempre più grandi e veloci, capaci di navigare anche in condizioni proibitive, con maggiore sicurezza per il carico e gli equipaggi e gli consentirà di orientare la propria prora con precisione, anche a sfavore di vento. Le forme degli scafi e i tagli delle vele si evolveranno più velocemente nei secoli più avanti e consentiranno alle navi di portare le merci, e qualche volta i propri eserciti, verso obiettivi lontani, prima impensabili, e a costruire le basi di una rete commerciale ed economica che porterà alla condivisione di idee e tecnologie, plasmando la base dell’era contemporanea. Carlo Bruno Lega Navale Italiana
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Nota dell’editore e “Avvertimento del compilatore” L’editoria è un settore caratterizzato dalla continua necessità di fare i conti con una accurata programmazione, da un attento calcolo dei costi e dalla ricerca dell’agognato traguardo di condividere con un più ampio pubblico i risultati del proprio lavoro. In questo, con orgogliosa passione, ci piace sentirci molto vicini agli esploratori dei secoli passati che, tra le medesime difficoltà sopra accennate, organizzavano minuziosamente viaggi di esplorazione, in nome delle più svariate ragioni, negli angoli meno conosciuti del globo, con la speranza di tornare per poter raccontarne le avventure. Ricercando questi sapori di scoperta, o riscoperta, si propone la lettura di un breve saggio facente parte di una rara Raccolta di viaggi ottocentesca dedicata ad esploratori più o meno noti. Nell’augurare una buona lettura, riportiamo le parole, o meglio, la “nota del compilatore” che introduceva i racconti nell’opera originale:
“Narrata la scoperta del Nuovo Continente nella Relazione dei Quattro Viaggi del Colombo, ora imprendiamo a descrivere in questo ed in alcuno de' successivi volumi della presente Raccolta, le ardite imprese dei più celebri compagni, allievi e successori dell' Ammiraglio, i quali, animati dal suo zelo ed ammaestrati dal suo esempio, lanciaronsi in varii tempi negli estesi campi dell'avventura, ond'egli avea schiusa la via. Molti di questi arditi avventurieri Iimitaronsi a scorrer le parti della Terra Ferma, che egli avea parzialmente visitato ,insignorirsi delle primizie della pesca delle perle di Paria e di Cubaga, o esplorare la contrada di Veragua ch'egli avea colla Penisola dell' Oro degli antichi (Aurea Chersonesus) scambiata: fra i quali sono da notare i capitani Francesco Hernandez e Giovanni di Grigialva, discopritori ed esploratori della contrada di Yucatan, e precursori del grande Fernando Cortes, maggiore di tutti, e fortunato conquistatore del Messico; ne è da dimenticare Americo Vespucci , fiorentino, perciò che riguarda la esplorazione 9
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della parte meridionale del Nuovo Continente. Ma altri di questi arditi venturieri, aspirarono a terminare la grande scoperta dal celebre Ammiraglio meditata negli ultimi anni della sua vita: nel tempo del suo Viaggio lunghesso la costa della Terra Ferma, Cristoforo Colombo ebbe ripetute informazioni intorno alla esistenza di un vasto mare situato inverso il mezzodì; ei lo scambiò coll'Oceano Indiano nel quale sono le Isole degli Aromi Orientali, e credette che comunicasse per uno stretto col mare de'Caribi. Ingannato dalla sua fantasia, egli imprese l'ultimo suo viaggio, il più sventurato di tutti, espressamente per discoprir quello stretto immaginario, e tentar di penetrare in questo Oceano meridionale. Era però destinato che l'illustre navigatore morir dovesse sulla soglia, per così dire, delle sue scoperte; conciossiachè il fato serbava ad uno dei suoi seguaci, a Vasco Nugnez di Balboa, la gloria di vedere primo il tanto desiderato Oceano, e di bagnarsi nelle sue acque alcuni anni dopo che la vita del venerando Ammiraglio era spenta. La scoperta dell'Oceano Pacifico è il fatto più bello e più sorprendente nella storia del Nuovo Mondo; aprì l'adito ad un vastissimo campo di avventure, tra le quali arditissima è la impresa di Francesco Pizarro conquistatore del Perù e de’ suoi famosi compagni, vincitori, esploratori e colonizzatori di Quito, di Popayan e del Chilì.”
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“Nuovi” mondi? Alla scoperta del Mare del Sud Di Angela Alaimo* Nuove geo-grafie Il racconto che state per leggere vi porterà lontano nello spazio e nel tempo. Immergendovi nelle atmosfere cinquecentesche del Darien (il nome dell’epoca che veniva dato alla regione dell’istmo di Panama), seguirete le orme della spedizione di Vasco Núñez de Balboa che lo porteranno alla straordinaria visione del Grande Mare del Sud. Questo viaggio si colorerà delle atmosfere culturali di un mondo in fermento che, sullo slancio suscitato nel 1492 dall’impresa di Cristoforo Colombo, ha segnato i destini dell’umanità. Il mondo in cui viviamo oggi nasce proprio dalla svolta innescata, in quel preciso momento storico, dalle esplorazioni geografiche. Nei modi e nei risultati ritroviamo, in nuce, molte caratteristiche della società occidentale e del suo rapporto con l’altro che caratterizzano ancora oggi il mondo in cui viviamo (Todorov, 1992). Il racconto che leggerete è ambientato negli anni in cui gli storici fanno cominciare l’Età Moderna, epoca in cui il mondo occidentale ed europeo si allarga, spostando il suo baricentro fuori dal bacino del Mediterraneo. Le esplorazioni transoceaniche inaugurano così non solo un nuovo mondo, ma un nuovo modo di pensare il mondo. Alcune importanti innovazioni renderanno questa trasformazione radicale e inesorabile. Secondo il filosofo inglese Francis Bacon ci sono tre invenzioni che hanno definitivamente trasformato la faccia del mondo e le condizioni di vita sulla terra: l’arte della stampa, la polvere da sparo e la bussola (Bacon, aforisma n. 129). Queste invenzioni, giunte in Occidente dalla Cina, in epoche storiche diverse, sono state rifunzionalizzate dal pragmatico uomo occidentale per renderle utili ed efficaci. Tra queste, sicuramente, l’invenzione più importante per gli europei fu la stampa. Essa rendeva per la prima volta il mondo permeabile alla comunicazione, grazie alla facile diffusione delle informazioni che consentiva. Questa straordinaria invenzione, durante le esplorazioni del XVI sec., permetteva di superare le barriere imposte dagli obblighi di segretezza (la “politica del sigillo”)
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richiesti dalle monarchie tra loro rivali che guidarono la scoperta di nuovi mondi. La stampa rendeva, infatti, più agevole la circolazione delle informazioni che prendevano forma nei diari di bordo dei navigatori e nelle carte nautiche, redatte ed aggiornate ad ogni nuova scoperta. Essa diventava così un formidabile strumento di diffusione, capace di facilitare e accelerare la circolazione di informazioni sulle nuove scoperte, amplificandone il significato e consentendo un ampio dibattito scientifico. Sicuramente la scelta del cartografo tedesco Martin Waldseemüller di proporre il nome di Vespucci per il Nuovo Continente, invece di quello di Colombo, è legata alla grande diffusione che le osservazioni di Vespucci, contenute nel libello Mundus Novus stampato a Firenze nel 1503, ebbero all’epoca, proprio grazie alla carta stampata. Immaginiamo, allora, all’epoca di queste spedizioni, il valore di leggere il diario di bordo di altri esploratori e di conoscere le nuove osservazioni fatte sul campo: queste preziose informazioni incrementavano la conoscenza e spingevano ad un’evoluzione non solo delle conoscenze geografiche e della rappresentazione del mondo, ma anche della loro concezione. I diari di bordo costituivano delle vere e proprie guide per muoversi nel buio di universi inesplorati. Non stupisce allora che molti esploratori fossero anche traduttori delle loro stesse opere in lingue diverse. Sicuramente, anche la maggiore circolazione delle carte, consentita dalla stampa, influì notevolmente sul processo di crescita conoscitiva dell’Età Moderna. Le carte stampate, di minore qualità e bellezza rispetto alle precedenti, consentivano una maggior diffusione delle informazioni geografiche e una riproducibilità fedele dell’originale. La stampa, realizzata attraverso l’incisione su matrici in legno o in rame, aumentava però notevolmente i costi di produzione. Per questa ragione, l’aggiornamento delle carte non poteva seguire il ritmo evolutivo delle scoperte, proprio a causa dell’ingente investimento che richiedeva stamparne di nuove. Così veniva reiterata per anni una stessa rappresentazione del mondo (che a volte conteneva gravi inesattezze), anche se le nuove scoperte avevano portato ad avanzamenti nella conoscenza geografica del mondo (Castelnovi, 2008). Nonostante queste considerazioni, rimane indubbio il valore dei portolani e l’uso che proprio 12
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COME DISCOPRIRON LE PERLE NEL GOLFO DI SAN MICHELE
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allegrarono li nostri Spagnuoli la festa di San Michele e l'atto della possessione, come meglio poterono. Balboa lasciò lì alcuni Spagnuoli per assicurare in qualunque caso la ritirata alla sua spedizione, ed entrò con nove barche, che gli cercò Ciape, in un grandissimo fiume. Andò con ottanta Spagnuoli, e con il medesimo Ciape per guida, ad una terra, il signore della quale si diceva Coquera, il quale si messe in arme e difesa, combattè e fuggì; ma venne ad essere amico delli Spagnuoli per consiglio e preghiera delli Ciapesi, che andarono a richiederlo di pace: dette a Balboa seicento cinquanta castellanos d'oro lavorato. Con queste due vittorie fecersi molto gran fama per tutta quella costa gli Spagnuoli; ed avendo per amici Ciape e Coquera, credevano spianare e portare alla loro devozione tutti li vicini di que' paesi. Di modo che armò Balboa le medesime nove barche, le empì di vettovaglie, e andò con ottanta Spagnuoli a costeggiare quel golfo, per vedere che cosa era la terra le isole i sassi che aveva. Ciape lo pregò di non entrare dentro al golfo, perché quella luna, e le due seguenti, solevano correre grandissime fortune, impetuosissimi venti di traversia, che affogavano tutte le barche: ma il Balboa rispose, che non temeva le tempeste di quel golfo, perché più grandi mari aveva navigato; e che d'altronde sperava in Dio, la fede del quale si aveva da predicare pur lì, e credea lo ajuterebbe; così s'imbarcò. Ciape andò con lui, perche non lo tenesse per codardo e male amico. Ma appena si disviarono di terra ritrovaronsi dentro di tante e così terribili onde, che non potevan più regger le barche, nè ritornare indietro, ne andare avanti; sìcchè credettero d'affogarsi: ma volle Iddio che arrivassero in un'isola, dove passarono quella notte non senza grande paura; perchè tanto crebbe la marea o flusso, che tutta quasi la coperse: li nostri si maravigliarono molto di questo, perché nell'altro golfo di Uraba, sulla costa settentrionale non cresce niente, e se cresce, è poco. La seguente mattina se ne vollero andare colla marea bassa o reflusso, ma non poterono, perchè trovaron le barche piene di rena e quasi sfasciate; 38
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sicchè se aveano avuto paura di morir nell'acqua il primo dì, ebbero maggior paura allora di morire in terra, perché non restò loro da mangiare: stimolati quindi da quella medesima paura, nettarono le barche, acconciaron quelle che eran rotte con le scorze di arbori, calafatarono le fessure con erbe, e postisi arditamente in mare giunsero infine a pigliar terra ad un porticciuolo. Venne subito lì Tumaco, signore di quella banda, con molta gente armata, per sapere che uomini erano e che volevano: Balboa gli mandò a dire per certi servitori di Ciape, come erano Spagnuoli che cercavano del pane per mangiare, e oro per comprarlo con oggetti di altrettanta valuta che portavano; ma vedendo il selvaggio come i forestieri erano pochi replicò con ferocia, e credendosi di tenerli già presi, loro intimò la battaglia; e Balboa glie la dette e vinse. Fuggì Tumaco tanto bravamente come parlò; ma andarono alcuni Spagnuoli e Ciapesi a pregarlo che venisse alle barche, ed essere amico del Capitano, dando lui la fede, e per sicurtà ostaggi: ma il selvaggio non volle venire; sibbene mandò un suo figliuolo, che Balboa fece vestire, e gli dette molte coserelle come corone, forbice, sonagli, specchi, e gli fece molta cortesia: lo pregò che chiamasse suo padre; e il giovane andò molto allegro e galante, e lo meno al terzo dì. Fu Tumaco benissimo ricevuto; e interrogato dell' oro e delle perle, che portavano in dosso alcuni de' suoi, allora egli mandò per tanto oro che pesò seicento quattordici pesos, e fece portare dugento quaranta perle grosse, e grandissima somma di minute; cosa ricchissima! La qual mostra fece saltare di piacere molti Spagnuoli. Tumaco vedendo che le lodavano tanto, e che stavano tanto allegri con esse: comandò a certi servitori suoi di andare a pescarIe; ed essi andarono, e pescarono dodici libbre di perle in pochi dì, e ancora queste le dettero agli ospiti loro. Gli Spagnuoli meravigliaronsi di tante perle, e come non le stimassero li padroni; perchè non solamente le davano quasi per nulla, ma ancora ne adornavano li remi delle loro canoe: benché credo che ce le dovevano mettere per gentilezza, e per grandezza, come di poi si seppe. Infatti, la principale ricchezza di quelli signori è la pesca delle perle. 39
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Balboa disse a Tumaco, che egli aveva un ricchissimo paese, se lo sapesse industriare, e che gli direbbe grandissimi segreti d'industria, quando ritornasse per lì: ma allora Tumaco, e ancora Ciape, gli dissero, che quella ricchezza era niente in comparazione di quella del re di Terarequi, isola abbondantissima di perle, che stava appresso; il quale aveva perle più grosse di un occhio di uomo, cavate da ostriconi ovvero madreperle, tanto grosse come cappelli ! Li Spagnuoli averiano voluto subito passar là; ma avendo paura di un'altra fortuna di mare come la passata, lasciarono l'impresa fino alla ritornata. Così si dispartirono da Tumaco, e riposarono nel paese di Ciape; il quale, a preghiera di Balboa, fece che andassero trenta vassalli delli suoi a pescare, in presenza di sette Spagnuoli che andarono a mirare come le pescavano, pigliarono solamente sei libbre di perle piccole, perchè non era il tempo di quella pescagione, nè entrarono molto dentro nel mare nè molto in fondo dove stanno le grosse: non solo non si pescano le perle nel mese di settembre e nelli tre seguenti, ma ancora non si navigano quei mari dagl'Indiani, perché sono tempestosi a cagione delli venti che allora regnano; e gli Spagnuoli stéssi guardano di navigare per lì in quel tempo, ancora che usino maggiori navili. Fra le perle che cavarono da quelle ostriche ve n'erano alcune grosse come ceci; tutte però molto fini e bianche; al contrario, qualcuna di quelle di Tumaco erano nere, altre verdi, altre celestri, altre gialle; ma queste credo doveano esser così per arte.
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