Catacomba di Villagrazia di Carini. Il cubicolo X15. Un esempio si spazio sepolcrale privato.

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La Catacomba di Villagrazia di Carini. Il cubicolo X15. Un esempio di spazio sepolcrale privato. Lo scavo, la struttura, il dato epigrafico, i materiali

Giuseppina Cipriano


Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra Volume realizzato con il contributo FFR 2012/13 - Prof. R.M. Carra - Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Gli apparati iconografici - ove non diversamente specificato - sono dell’Archivio della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra Si ringrazia per il sostegno alla ricerca la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra nelle persone del Presidente, S. E. il Cardinale Gianfranco Ravasi, del Segreterio, S. E. Mons. Giovanni Carrù, e del Sovrintendente archeologico alle Catacombe, Prof. Fabrizio Bisconti. Si ringrazia per la disponibilità la Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo, nelle persone della Dott. ssa Maria Elena Volpes e del Dott. Stefano Vassallo. Desidero ringraziare in primis la Professoressa Rosa Maria Carra per la fiducia che mi ha accordato nell’affidarmi lo scavo e lo studio del cubicolo X15 e per avere discusso con me, con generosa disponibilità ed inesauribile entusiasmo, tanti importanti aspetti della ricerca; la Casa Editrice Antipodes che, con pazienza e professionalità, ha saputo risolvere piccoli e grandi “imprevisti” in fase di revisione delle bozze; e Daniele, a cui voglio dedicare questo lavoro.

In copertina: Ipotesi di restituzione del cubicolo X15 nella fase IV.a (restituzione arch. F. Scirè 2013 su disegno di G. Cipriano) In quarta di copertina: Dettaglio del monogramma cristologico sulla forma f2

Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it

ISBN 978-88-96926-49-9

Giuseppina Cipriano, La Catacomba di Villagrazia di Carini. Il cubicolo X15. Un esempio di spazio sepolcrale privato. Lo scavo, la struttura, il dato epigrafico, i materiali, Antipodes, Palermo 2014.


ABSTRACT KEYWORDS: Villagrazia di Carini, Christian catacombs, structures analysis, Christ’s monogram, late antique pottery . The X15 is the smallest of the cubicles in the gallery GX. It consists, in fact, of a simple rectangular chamber, with tombs along the three sides, derived by an earlier arcosolium with two graves. Unlike the other sepulchral chambers, the X15 wasn’t reused after its abandonment and so it gave us back an untouched stratigraphical deposit. The archaeological data completed with the results of the structural analysis made it possible to recompose the different phases of the chamber’s development. Since its floor was not entirely occupied by formae, it has moreover allowed to observe, for the first time, the way of the progressive creation of these graves and the orderly exploitation of the sepulchral space. It’s clear this burial chamber was used by a little family group and for a relatively brief time, may be in the last phases of the catacomb’s life; it seems also suggested by the latest objects found during ist excavation and by the composite Christ's monogram inscribed on the plastered forma f2 and dating at least to the advanced VII century.

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Fig. 1. Villagrazia di Carini. Planimetria generale della catacomba (rilievo strumentale e restituzione grafica arch. F. Scirè 2013)

Giuseppina Cipriano

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Catacomba di Villagrazia di Carini. Il cubicolo X15

Introduzione

Le indagini archeologiche nella catacomba di Villagrazia di Carini, promosse dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra in collaborazione con l’Ispettorato della stessa catacomba e con la cattedra di Archeologia Cristiana dell’Università di Palermo, hanno consentito di accrescere considerevolmente, nell’arco di poco più di un decennio, la conoscenza di questo vasto cimitero ipogeo attraverso il recupero e l’esplorazione di interi settori finora del tutto sconosciuti1 (Fig. 1). In proposito è molto eloquente il raffronto tra la planimetria generale, seppur schematica, redatta da A. Salinas alla fine dell’Ottocento (Fig. 2), nel contesto della sua pionieristica esplorazione del monumento2, e l’attuale rilievo che i recenti scavi hanno progressivamente arricchito e reso più articolato. Tra le nuove acquisizioni rientra anche il cubicolo X153 che, introdotto da un breve dromos, si apre nella parete ovest del lungo asse N-S noto come GX e già identificato quale arteria matrice del sistema di gallerie in cui si articola il settore meridionale della catacomba4(Fig. 1). A completamento definitivo dell’esplorazione stratigrafica (Fig. 3) nel corso dell’ultima campagna5, questo contributo Fig. 2. Planimetria della catacomba di Villagrazia di Carini all’epoca dello scavo Salinas (da Salinas 1899)

Per cui: Carra 2003; Carra 2006; Carra et alii 2007; Carra 2009; Carra et alii 2009; Carra et alii 2012; Carra c.s. 2 Salinas 1899, p. 363. 3 Sebbene l’ingresso fosse stato intercettato già nella campagna del 2000-01, durante lo scavo della galleria X (Vitale 2007, p. 1859), indagini sistematiche all’interno della camera sono state intraprese solo a partire dal luglio 2009 e proseguite con regolarità negli anni successivi. 4 Cfr. Carra et alii 2007. 5 Con l’indagine dell’arcosolio X15.A5 e della tomba a cassa X15.c4. 1

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fa seguito alla nota preliminare già licenziata per la Rivista di Archeologia Cristiana6, i cui dati vengono riproposti in questa sede ma opportunamente ampliati e puntualizzati alla luce della loro revisione complessiva, del raffronto con le nuove risultanze e, soprattutto, dello studio dei reperti restituiti dallo scavo7. La definizione dell’indagine archeologica ha rappresentato, infatti, l’occasione per approfondire l’analisi delle consistenze strutturali e pervenire ad una più puntuale ipotesi di restituzione dell'originario assetto plano-volumetrico del cubicolo, prima cioè che venisse posto in comunicazione con l’adiacente X13. Distante circa m 5,50 dal lucernario P8, che marca la confluenza delle GXI e GXII con la GX, ricade nel tratto finale di quest’ultima galleria il cui tracciato – al momento, caso eccezionale nella catacomba – è scandito dalla presenza di altri tre cubicoli, tutti caratterizzati da peculiari soluzioni architettoniche, planimetriche e iconografiche: il X108, l’unico ubicato nella parete est dell’ambulacro e proprio dirimpetto a X15; il X139 e il X2010 (Fig. 1). Questo dato – come si dirà meglio in seguito – sebbene debba valutarsi in un’ottica ancora parziale, sembra indiziare il carattere in un certo senso più ricercato della GX, dal momento che in essa i cubicoli si aprono con una certa regolarità e non costituiscono soluzioni eccezionali come invece riscontrato in altre parti dell’ipogeo11. Il cubicolo X15 è, però, il più modesto fra quelli intercettati nella GX, tanto nelle dimensioni quanto nell'esito monumentale. Nondimeno, in ragione di alcune specifiche peculiarità e del fatto di non essere stato interessato da riusi invasivi, ha offerto apporti molto utili alla comprensione delle modalità di sfruttamento dello spazio funerario, consentendo di mettere meglio a fuoco alcune strategie di intervento che, più in generale, hanno guidato lo sviluppo della catacomba. Fig. 3. Villagrazia di Carini. Veduta generale del cubicolo X15 (da Est)

Cipriano 2013. Cipriano, infra. 8 Per cui, Vitale 2009. 9 Ancora in corso di scavo e, a tutt’oggi, inedito. 10 Vitale 2014. 11 Ad esempio nella GVIII con il cubicolo VIII19: cfr. Cipriano 2009. 6 7

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Catacomba di Villagrazia di Carini. Il cubicolo X15

Lo scavo

La sequenza stratigrafica indagata all’interno della camera è risultata simile a quella riconosciuta nel resto della GX e nell’antistante cubicolo X1012, soprattutto per quanto riguarda i periodi più recenti (I e II). In relazione ai più antichi, invece, lo scavo di X15, pur confermando la validità generale della seriazione diacronica precedentemente elaborata per il contesto13, ha permesso l’acquisizione di nuovi dati che ne hanno reso ben più articolata la scansione interna, consentendo di affinare la lettura delle diverse fasi di vita dell'ambiente come illustra la tabella riassuntiva alla Fig. 4. Tutte le Unità Stratigrafiche sono state convenzionalmente attribuite a quattro diversi periodi – ognuno dei quali, a sua volta, suddiviso in più fasi – i quali identificano, secondo la successione dello scavo, gli eventi che hanno interessato il cubicolo a partire dall'età moderna e, a ritroso, fino all’uso sepolcrale tardoantico. Quanto alla cronologia assoluta da noi indicata, per ciò che riguarda i periodi I e II è opportuno puntualizzare che si tratta di ipotesi preliminari suscettibili di modifiche e di ulteriori perfezionamenti con la prosecuzione delle ricerche. Siamo, infatti, consapevoli che essi si riferiscono ad un arco temporale molto lungo e non ancora sufficientemente articolato al suo interno, e questo anche in ragione della assoluta povertà di reperti datanti riscontrata in relazione alle stratigrafie più recenti che ne ha consentito solo una generica contestualizzazione - anche sulla base del confronto con il cubicolo X20 - ma non un più definito inquadramento cronologico. La situazione stratigrafica riconosciuta all’interno della camera è risultata molto semplice nel suo complesso, in quanto costituita da depositi orizzontali (Fig. 5) che, non essendo stati alterati da azioni di disturbo, ci hanno consentito di recuperare un contesto archeologico ancora intatto e affidabile: come infatti si è anticipato, il X15 non venne interessato dai fenomeni di riuso secondario, a volte piuttosto invasivi, riscontrati, ad esempio, nei vicini X10 e X20 dove spesso hanno comportato la distruzione delle strutture sepolcrali14. Dal punto di vista metodologico è bene precisare che, per esigenze pratiche connesse all’estensione, al volume e alla consistenza degli interri che hanno ostruito la camera sin quasi alla volta e a causa di importanti cedimenti strutturali, non è stato possibile condurre lo scavo per piani orizzontali, ma si è reso necessario procedere in verticale15, arretrando progressivamente l’intera sezione stratigrafica, almeno sino a guadagnare una quota che consentisse di intervenire normalmente. La presenza di imponenti strati di crollo e il frazionamento dello scavo nel corso di più campagne hanno imposto, inoltre, di indagare separatamente le stratigrafie della metà nord della camera e quelle della metà sud, il che giustifica l’identificazione di uno stesso strato con diversi numeri di US, secondo le uguaglianze di volta in volta esplicitate nel testo e nel matrix (Fig. 6).

Vitale 2007, pp. 1859-1860; Vitale 2009, p. 106. Rispetto alle stratigrafie del X10, possiamo indicare le seguenti uguaglianze: US 1028 = US 1124, US 1029 = US 1125, US 1030 = US 1126, US 1118 = US 1566. 13 Carra et alii 2009, p. 122, tabelle 1 e 2. 14 Cfr. Vitale 2009, pp. 108-109; Vitale 2014. 15 Cfr. Carandini 1996, pp. 109-110. 12

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US

Fig. 4. Tabella sinottica con la periodizzazione delle stratigrafie del cubicolo X15

1124 1523 1514 1125 1524 1503 1126 1525 1557 1558 1504 1520 1537 1566 1510 1530 1555 1127 1521 1539 1542 1128 1508

1509

1534 1560 1561 1568 1569 1556 1570 1500 1501 1502 1505 1506 1507 1512 1522 1536 1538 1546 1563 1564 1567 1562 1571 1565 1572 1573

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DESCRIZIONE

PERIODO

ATTIVITA'

INQUADRAMENTO CRONOLOGICO

Deposito alluvionale I.2 Cedimento strutturale recente Deposito alluvionale

I.1

Alluvioni e/o riuso dell'ipogeo

EtĂ moderna (fine XIV-XX secolo?)

Breccia Strato nero organico (origine alluvionale) Foro esito di degrado Deposito alluvionale antico

II.2

II.1

Abbandono e/o riuso Medioevo dell'ipogeo (fine IX/inizi X-XI II secolo?)

Violazione antropica delle sepolture Cedimento strutturale per cause naturali

III.4

Degrado naturale delle strutture sepolcrali Degrado della malta e dell'intonaco superficiale delle formae Accumulo sterile esito di abbandono

III.3

Distruzione, degrado e abbandono del cimitero

Alto Medioevo (IX secolo)

Frequentazione sepolcrale del cimitero tardoantico

EtĂ tardoantica e altomedievale (IV-fine VIII/inizi IX secolo)

III.2

III.1

Strato di deposizione all'interno delle tombe

IV Sepolture tardoantiche

Risparmio di roccia Lucernario P15 Piano pavimentale Sfondamento arcosolio bisomo Arcosolio bisomo


Catacomba di Villagrazia di Carini. Il cubicolo X15

Fig. 55. La lucerna africana V.12.1127.5 (disegno Dott. M.A. Parlapiano)

a

b

Forma Atlante VIII 1) Inv. V.12.1127.5. Lucerna in sigillata africana, forma Atlante VIIIA1c (Fig. 55a-b). Diciotto frammenti, quattro dei quali a due a due ricomponibili, pertinenti all’ansa, alla spalla con attacco del disco e dell’infundibulum, a una parte della vasca e al becco. h max 2,3240; spessore parete 0,5. Argilla arancio rosato (5YR7/8) L2; vernice dello stesso colore, quasi del tutto evanida. Tracce di combustione sul becco. Diffuse incrostazioni calcaree sulle superfici e in frattura. Spalla convessa con ramo di palma; disco leggermente ribassato con labili tracce della decorazione attorno al foro di alimentazione centrale (conchiglia? rosone? raggi?). Dall’ansa solcata, tre linee incise si dipartono verso il fondo. Matrice logora. Tunisia settentrionale, fine del IV-prima metà del V secolo. Inedita. Per il tipo: Bonifay 2004, lampe type 44, variante A, p. 362, fig. 203. 2) Inv. V.12.1127.6. Lucerna in sigillata africana, forma Atlante VIIIA1c. Un frammento della spalla pertinente all’esemplare V.12.1127.5, non contiguo nè solidale con gli altri. h max 1; spessore parete 0,5. Forma Atlante X 3) Inv. V.09.1125.2. Lucerna in sigillata africana, forma Atlante XA1a (Fig. 56). Frammento comprensivo della spalla con attacco della vasca, e di una porzione del disco con infundibulum e spicco del canale. Lungh. max 6,9; largh. max 3,4; h max 1,6; spessore disco 0,4, spessore vasca 0,5. Argilla rosso arancio (2.5YR6/8) L3; priva di vernice. Tenui tracce di combustione sul canale. Sulla spalla almeno sette cerchielli concentrici con globetto centrale a rilievo (Atlante I, tav.

Tutte le misure sono indicate in centimetri. Per la descrizione macroscopica degli impasti, si veda la tabella di sintesi alla Fig. 85 da integrare con la seguente legenda: CC = ceramica comune, CCu = ceramica da fuoco, FC = forme chiuse; L = lucerne, C = vasi per il cannamele. 240

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LVI, 17, stampo n. 10); altri due dello stesso tipo si trovano sul disco insieme ad un motivo curvilineo gemmato non meglio identificabile (sinusoide? ferro di cavallo?). Matrice fresca. Tunisia centrale, secondo quarto/metà del V secolo. Inedita. Per il tipo: Bonifay 2004, lampe type 54, Atlante X, groupe C2, pp. 373-382.

Fig. 56. La lucerna africana V.09.1125.2

4) Inv. V.09.1125.1. Lucerna in sigillata africana, forma Atlante XA1a (Fig. 57a-b). Integra, tranne una piccola sbeccatura all’ansa. Lungh. 10,5; largh. 6,2; h 3; diametro fondo 3,4; spessore parete 0,6. Argilla marrone rossiccio (10R6/8) L12; vernice semibrillante marrone rosato (10R5/8) per lo più scrostata o evanida. Tracce di uso sul becco e sul canale. Superfici consunte e con diffuse incrostazioni; residui di malta sul fondo e sulla vasca. Sulla spalla cinque motivi a rilievo per lato, poco leggibili: quattro quadrifogli e un elemento cuoriforme (?); sul disco, depresso e concavo ma ben rilevato, croce latina con i bracci orizzontali al di sopra dei due fori di alimentazione. Matrice logora. Ansa collegata al basso piede ad anello da una pronunciata nervatura a rilievo. Tunisia settentrionale, fine VI-VII secolo. Inedita. Per il tipo: Bonifay 2004, lampe type 69, p. 412, fig. 230; per la decorazione: Schirò 2009, p. 130, cat. 5 e fig. 21, a.

Fig. 57. La lucerna africana V.09.1125.1

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b

5) Inv. V.09.1127.2. Lucerna in sigillata africana, forma Atlante XA1a (Fig. 58ab). Integra, eccetto una piccola lacuna nel lato sinistro del becco. Lungh. 10,5; largh. 6,5; h 4; diametro fondo 3,1; spessore parete 0,5. Argilla marrone rossiccio (2.5YR6/6) L12; vernice semibrillante dello stesso colore conservata in maniera discontinua su ansa, vasca e fondo. Estese tracce di uso sul becco canale e sulla spalla che conserva tracce illeggibili della decorazione a matrice. Sul disco, depresso e leggermente concavo, un albero stilizzato (conifera? palma?) reso con 62


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globetti a rilievo e compreso tra i due infundibula; alla base del tronco tracce di un ulteriore elemento ormai illeggibile. Ansa collegata mediante una nervatura al basso piede ad anello. Matrice molto consunta. Tunisia settentrionale, fine VI-VII secolo. Inedita. Per il tipo: Bonifay 2004, lampe type 69, p. 412, fig. 230. Per il motivo sul disco, si vedano tre esemplari da Cartagine (Ennabli 1976, pl. XLIII, n. 792; Bonifay 2004, lampe type 65, p. 399, fig. 223, n. 44; Fulford, Peacock 1984, pl. 2, nn. 4 e 5), uno del Museo di Sabratha (Joly 1974, tav. XLVIII, n. 1160) e uno del Museo Biscari di Catania (Libertini 1930, tav. CXXVIII, n. 1413). Fig. 58. La lucerna africana V.09.1127.2

a

b

6) Inv. V.09.1127.1. Lucerna in sigillata africana, forma Atlante XB1a (Fig. 59a-b). Integra. Lungh. 13,5; largh. 8,5; h 3,8; spessore parete 0,45; diametro fondo 4,6. Vernice semibrillante arancio rosato (2.5YR6/8) conservata su becco, ansa e vasca. Priva di tracce d’uso. Spalla piana con ramo di palma stilizzato inciso; sul disco circolare, depresso e ben rilevato, tra i due infundibula due semicerchi contrapposti e speculari includono ciascuno un leone gradiente di profilo con coda sollevata e fauci spalancate. Ansa collegata mediante una nervatura al fondo ad anello dove è presente un cerchiello impresso. Tunisia settentrionale, seconda metĂ del V-inizi del VI secolo. Inedita. Per il tipo: Atlante I, pp. 199200, tav. C, 5; Bonifay 2004, lampe type 58, pp. 389-390, fig. 217. Fig. 59. La lucerna africana V.09.1127.1

a

b

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