Cervelli nelle scarpe

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Gianmarco Dosselli

Cervelli nelle scarpe


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Le persone pi첫 insopportabili sono gli uomini che si credono geniali e le donne che si credono irresistibili. (H. Asselin)


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Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it L’immagine della copertina è stata ideata e realizzata da Cristian Martina. ISBN: 978-88-96926-75-8

Gianmarco Dosselli, Cervelli nelle scarpe, Antipodes, Palermo 2015


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Prologo

A

ncora oggi siamo soliti ad asserire: “Per la sua goffaggine è lo zimbello di tutti”, oppure “Per la sua irrazionalità è lo zimbello del paese”. Attenzione…un cacciatore protesta: “Ma che zimbello e zimbello! Non è un essere umano, bensì un uccello vivo legato a una cordicella, che si fa svolazzare per attirare altri volatili nella rete.” Ben detto, caro cacciatore! Infatti, ha poco senso proclamare “zimbello” uno sfaccendato che sforna discorsi dilavati o che gli manchi una maglia, ossia…il non ragionar troppo bene! Dunque, perché non affermare: “Per la sua irrazionalità, ha il cervello in vacanza” (ossia, non pensare le proprie facoltà intellettive), o magari, il classico e supremo: “Quel tipo ha il cervello nelle scarpe” (ossia, avere poco giudizio o niente del tutto). Mai dire l’umiliante e deplorevole: “Quel tipo è un ignorante. Ha il fallo in testa!” Sì, “Cervelli nelle scarpe”! Ve li presento. Tra i tanti smidollati moralisti o squinternati, anche i tre fratelli Novelli, un trio di idee e di progetti diversi, ad esclusione di quella politica: tutti esponenti dell’estrema destra. Un trio dello stesso paese nel Cremonese: Casalbuttano Ed Uniti, paese che nemmeno copre i cinquemila abitanti. Un trio dai differenti mestieri: un geometra e consulente 5


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edilizio comunale con passione dello scrivere racconti briosi, un fattore, uno stagionale nel settore turistico-alberghiero bresciano nella Valle Camonica. In paese, tutti sanno che i Novelli formano la unica famiglia di stampo fascista, ma questo non consente che gli abitanti debbano schivarla per antipatia o altra ragione morale. Unico neo: il terzogenito ha un vistoso tatuaggio sulla spalla sinistra che rappresenta l’emblema fascista: il fascio littorio! Non solo! Indossa spesso varie canottiere di cotone con le scritte come: “Nel Dubbio… Mena”, “Sempre più duri…e sempre più incazzati”, “Vincere e vinceremo”, “Molti nemici, molto onore”, “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”, “Boia, chi molla” e tante altre t shirt. Carlo Novelli, il primo dei tre maschi, è felicemente sposato; buon marito per la sua Eleonora e padre “discreto” di un bricconcello, Mattia, che frequenta la seconda elementare. La sua casa, sita in piazza del paese, sarà presto disabitata per stabilirvisi in zona ancora da scegliere. All’attuale piano superiore dell’edificio storico, un rifugio che lui chiama “la mia fortezza”; ma dietro la porta corazzata e insonorizzata c’è lo studio per creare una ditta di umorismo che, forse, può dirsi la più ambiziosa della Lombardia. Scrive libri satirici e barzellette da diffondere su riviste non popolari e non quelle a scopo di lucro. Dalla sua penna riesce a far ridere lettori di gusti e cultura diversi, nel segno di una comicità universale. A prima vista, la “fortezza” è un’impressionante collezione di apparecchi degna del più sofisticato agente segreto, stile James Bond: un registratore, un proiettore cinematografico e una fotocopiatrice, un videoregistratore, un lettore DVD, due cellulari, un telefono anni Settanta e un centralino telefonico automatico con sessanta pulsanti per comporre i numeri. Un altro segno è una comune matita: il mezzo per scrivere che preferisce. 6


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La scelta del lapis non è casuale; l’umorista usa sempre la 3-B e, una volta, ne ha acquistate addirittura cinquecento in una cartoleria di Cuneo. La preferenza per le matite risale alle sue ardue esperienze nella naia. Come scrittore autodidatta ha contribuito con sette libri a una giovane Casa Editrice piemontese. Alla pari delle sue fantasie composte a matita, i suoi sette capolavori letterari sono ampliamenti un po’ pazzi delle assurdità quotidiane. L’opera “La buca in strada”, per esempio, parla di un innocuo pazzoide che s’innamora di un escavatore. Con il mezzo pesante scava la periferia di una città, strada dopo strada, sempre sotto la protezione dei vigili locali e dei burocrati del municipio nessuno dei quali osa ammettere di non sapere chi abbia inviato quel pazzo. Nello studio tiene in mostra una fotografia di Hitler con una riproduzione del “Mein Kampf” (“La mia battaglia”). Accanto la foto del dittatore tedesco, c’è la sua immagine: un Carlo sorridente all’obiettivo del fotografo; ha “incastrato” tra le sue mani una copia de “Mein Kamm” (“Il mio pettine”): una posizione opposta a quella hitleriana; una parodia comica delle leggi di Norimberga della Germania nazista. Più a lato, una cornice con l’effige di Mussolini. Renato Novelli, il secondo, scapolo; fattore a casa sua. Lavoratore instancabile, comincia il mattino presto e va avanti fino a tarda sera, totalmente assorto in ciò che fa, al punto che a volte sua madre lo chiama “il vicino della stalla accanto”. Troppo sudore per la cura di sette capre, sei vacche, otto galline, sei anatre e un cigno. Ha un giovane dipendente part time, Elio, ragazzo del posto, comunista dichiarato, padre di Pierpaolo, coetaneo e compagno di scuola di Mattia. La vera passione di Renato è quella di preparare forme di formaggi e stracchino, burro compreso, per il suo spaccio con vendita di produzione propria. 7


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La fattoria “Novelli & C.” si trova nel fazzoletto di terra di San Vito, territorio un po’ isolato del paese. È un’area di case coloniche e stalle, e composta di famiglie mezzadrili e che il più di queste sono estese o multiple. L’abitazione di Renato è, se dir tanto, una abitazione coerente, vivibile, abbastanza decorosa, ma…lì dentro, le liti fanno parte dell’ordine del giorno: la madre (Giuseppina) è isterica quando vuole lei (o quando il marito la chiama col vezzeggiativo “pollastrella”); il vecchio padre assai obeso ma sessualmente attivo e focoso senza l’uso del Viagra (Remigio), figlio dell’ex sergente del Btg. Arditi Sagittario della Xª MAS 19431945, è malaticcio (due mesi fa è riuscito a scampare un grave pericolo di vita a causa di appendicite acuta, cancrenosa e peritonite), ed è un essere sproloquiato di natura con mania di discutere di politica punzecchiando “amorevolmente” il suo dipendente, che preferisce subire disaccordi e contrasti ideologici piuttosto che trovarsi disoccupato, e non solo: il dipendente capisce meglio perché gli danno venti euro l’ora. Mamma e papà non sono assai felici che il figliolo più prediletto ancora non ha voglia di maritarsi anche se questi, da poco, s’intende con una ragazza incontrata presso gli impianti sportivi comunali (piscine e tennis) di Cremona. Il terzo dei fratelli, Alfredo. Il suo amore è l’arte culinaria. Da cinque anni la sua vita lavorativa la divide con il periodo stagionale e la vendita occasionale di formaggi e di latticini nei mercati limitrofi. Ancora poco per il ritorno a casa dopo cinque mesi e mezzo di lavoro stagionale, un ritorno tra i genitori e il fratello spesso poco comprensivo; anche un ritorno per rivedere la sua “morosa” Anna, tre anni più vecchia di lui. Da qui, iniziano le loro peripezie, a volte assurde, a volte banali, a volte ipocrite...

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Capitolo

I

Sapore di conquista

R

enato si recò al circolo sportivo cittadino per il torneo diurno maschile di tennis. L’Assessore comunale allo Sport aveva organizzato una gara, costringendo chiunque gli capitasse a tiro a prendervi parte. Egli si conquistò gli ottavi per la sfida della successiva settimana. Al pomeriggio era di turno le eliminatorie femminili. Renato ammirò la fisionomia di una fanciulla di carattere che lo colpiva. Lei, girandosi di scatto per raccogliere la palla, con la gonna corta, bianca, che le batteva sulle gambe nude, aveva intuito che quel ragazzo la osservava ammirato, sulla soglia del campo: aveva provato un tuffo al cuore, come se fosse salita sull’otto volante. Rilanciando la palla, si era chiesta che cosa lo avesse spinto lì e perché l’avesse osservata in quel modo strano, ma gradito. Lei aveva giocato bene e perso; era esclusa dal torneo. Renato, allora, le rivolse un sorriso d’incoraggiamento e parole di conforto. «Ci ha provato! In compenso ammiravo la sua delineata bravura.» Dopo la rapida doccia si era rivestita; mentre usciva dalla Polisportiva comunale, una macchina era sbucata dal parcheggio e si era affiancata. 9


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«Un passaggio?» chiese Renato, lanciandole l’ennesimo sorriso. Lei si era guardata intorno, confusa, stentando a credere che si fosse rivolto a lei, e aveva captato qualche occhiata curiosa dei passanti. Lo aveva guardato, esitante. Che cosa voleva da lei? Non l’era nemmeno passato per la mente che fosse una cosa personale. Senza esitare, era salita, sicura del gesto. La macchina ripartì con tre o quattro sbalzi. L’uomo si scusò per colpa dell’emozione mista a sorpresa. Chiese il suo nome. Lei era la splendida Tiziana. «Tra piscina e tennis lei mi si è sempre stato appiccicato alla sottana, senza mai dire una sola parola né saluto. Da dove deriva questo suo strano comportamento?» «Non saprei! Tutti gli uomini iniziano essere degli stentati al primo incontro, poi hanno adito a un contatto sprovveduto e, alfine, entrano difilatamente nella strada del fidanzamento.» «Belle parole! Pare un discorso di Sigmund Freud.» sentenziò lei, a voce bassissima. Poi, il silenzio si era fatto padrone fino la fine del breve tragitto. «Sono giunta a casa. Può accostare?» «Bella la sua casa!» accennò lui. «Veramente…quello è il settore nord del canile municipale. La mia casa è quella che sta di fronte.» «Oh, perbacco! Scusate la mia imbranata interpretazione!» balbettò. Ripresosi dalla gaffe creata continuò: «Non parlo molto. Sono timidoccio!» «Lo sa, me ne sono resa conto!» «I suoi occhi sono eloquenti; mai visti questi occhi così belli e naturali!» «Veramente, sono lenti a contatto.» «Oh, Cristo! Non azzecco nessuna precisione. È fidanzata ad alcuno?» 10


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