Dove il sole non sorge

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{Romanzo}

SANDRO ORLANDI

DOVE IL SOLE NON SORGE


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Copyright © 2019 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it In copertina: “Tempesta in arrivo” di Maristella Angeli ISBN: 978-88-99751-71-5

Sandro Orlandi, Dove il sole non sorge, Antipodes, Palermo 2019


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A Maristella con amore ‌sempre


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Chiudi gli occhi e‌ guarda! James Joyce


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L

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e nuvole erano talmente basse in cielo da pensare di poterle toccare alzando semplicemente un braccio, la pioggia si era fatta sottile, insistente, e un leggero venticello agitava le cime degli alberi. Il silenzio delle sei di mattina conferiva alla scena qualcosa di magico, di ancestrale. Vincenzo, con una tazza di caffè bollente in mano, osservava tutto questo attraverso i vetri della finestra della cucina di casa sua, ancora imbambolato per essersi appena svegliato. Non si sentiva in forma, un po’ per aver fatto di nuovo dei sogni inquietanti, di cui però dopo puntualmente non ricordava più nulla, un po’ perché da giorni era preda di una emotività negativa, un senso di solitudine mai provato prima che lo destabilizzava profondamente. Stava lì, in piedi davanti alla finestra della cucina, con in mano la tazza fumante, mentre osservava le prime luci del giorno che stava per iniziare, sorseggiando il suo caffè che sembrava sempre troppo amaro per la sensazione di strisciante malinconia che avvertiva dentro di sé. Ecco sì, si sentiva stanco, demotivato, insofferente e, ovviamente, non sopportava più niente e nessuno. Un orso a cui era passata la fame. «Che palle» sussurrò avvilito mentre posava la tazza sul tavolo. Neanche le sue seratine riuscivano più a dargli quel senso di libertà, d’intimità, di appagante soddisfazione che avevano da sempre costituito il miglior momento delle sue giornate, quando staccava tutte le sonerie e campanelli, sedeva in poltrona davanti a una insalatiera o una teglia di pasta rifatta del giorno prima e si godeva un bel film già visto e rivisto. Perfino Laura era lontana, o meglio così la percepiva, anche se magari invece gli telefonava due o tre volte alla settimana, proprio perché lo sentiva tanto distante e taciturno. La sera prima l’aveva sentita. «Che hai?, si può sapere?» 7


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«Niente, che devo avere?» «Sei strano, sembra che non te ne freghi più niente di parlarmi, quando invece solo un mese fa mi mettevi in croce perché secondo te non ti chiamavo abbastanza». «Ma no… » «Eppure m’hai detto che il lavoro procede bene no?» «Come no, va a mille! Sto facendo un sacco di soldi. Certo sono solo indagini matrimoniali, o contenziosi assicurativi, cose così, ma va bene». Evitò di raccontarle dei sogni che faceva. «Ecco vedi? Mi dici che va tutto bene ma con un tono che fa pensare il contrario. Tu non te ne rendi conto ma è così». «Bah… » «E dai Vincenzo, a me puoi dire tutto no?» «Non c’è niente da dire» rispose in tono asciutto e risentito. Ma il silenzio che seguì alla sua affermazione gli fece capire che Laura c’era rimasta male. «No senti, Laura… » «Cosa?» «Abbi pazienza… » «Ah, pensi che non ne abbia abbastanza con te?» «Ma no, no, volevo dire che… è un periodaccio, anche se il lavoro va bene. È che mi sento… » «Ti senti?» «Forse… mi sento solo». Laura sospirò. «Vuoi venire un po’ su da noi?» «No». «Allora dimmi cosa posso fare per aiutarti» Vincenzo cominciò stranamente a innervosirsi. Fece fatica a mantenere il tono della voce calmo. «Senti Laura, non so neanch’io che mi succede, va bene? Probabilmente niente d’importante. Forse è solo una crisi di tristezza, sai quelle cose che capitano di tanto in tanto a tutti». «E ti era mai capitata prima?» 8


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«Beh… no». «Ecco». «Va be’ dai, non ti preoccupare: ti chiamerò io quando starò meglio, ok?» «Ma ci riuscirai?» «Ma sì, che sarà mai?» «Se lo dici tu». In realtà sapeva bene che non sarebbe stato così. Dentro di sé le avrebbe voluto dire ben altro, le avrebbe voluto chiedere di lasciare il marito Michele e scendere lei da Vicenza a Roma per andare a stare un po’ a casa sua, che le avrebbe preparato i suoi manicaretti, che avrebbero fatto gite in barca da qualche parte, che a lei piacevano tanto, che sarebbero andati al cinema, a teatro, e… » «Ci sei ancora?» chiese Laura con tono tra l’abbacchiato e il risentito. «Sì, sono qui». «Ok, allora fatti vivo tu quando… quando vuoi. Io sono qui se ti va. Cerca di stare bene. Ciao». E attaccò senza aspettare, cosa che non aveva mai fatto. Vincenzo a quel punto si sentì peggio di prima e le lacrime gli riempirono gli occhi. Risoluto si alzò, s’infilò la solita felpaccia, vecchia come lui, e uscì, malgrado fosse sera tardi e non facesse proprio caldo. Non gli andava neanche di camminare ma lo fece. Doveva in qualche modo punirsi per aver trattato in quel modo l’unica persona che veramente teneva a lui.

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A

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prì la porta dello studio e vide la Luigina che stava uscendo da quella del bagno.

«Oh zio!» disse sorpresa «sei arrivato prima!» «Cioè?» «Voglio dire prima del solito». Vincenzo guardò l’orologio appeso al muro. «Solo dieci minuti forse, perché?, fa differenza?» «Ma no, no… però forse è meglio, perché… ». E come al solito lasciò in sospeso il periodo come faceva sempre e come sempre a lui dette fastidio, a dir poco. Con un atteggiamento strano la nipote lo guardò per un momento, pensando a chissà che, poi si voltò e rientrò in bagno. «Mah… » sospirò lui entrando nella sua stanza. Sedette alla scrivania con l’intenzione di rimettere ordine tra le varie scartoffie ammucchiate sulla destra, quando la Luigina bussò alla porta. «Zio, posso entrare?» Dopo un attimo di esitazione rispose con un «sì» dubbioso. E l’incertezza divenne curiosità nel vederla entrare con in mano un piccolo vassoio con sopra una tazzina di caffè appena fatto e accanto la zuccheriera. Depose tutto davanti a lui e sorrise compiaciuta. «Oh, m’hai portato il caffè?» più che soddisfatto era perplesso: non l’aveva mai fatto in tanti anni. Come mai adesso? Ma la sorpresa mutò in inquietudine quando la Luigina gli disse: «Vuoi dei biscotti zio? Ne ho un po’ con me, sono molto buoni». Vincenzo la guardò. Lei sorrise di nuovo e in quel sorriso c’era chiaramente qualcosa d’inconsueto. «Che c’è Luigina?» 10


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