Tre note di epigrafia cristiana in Sicilia

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Tre noTe di epigrafia crisTiana in sicilia

giuseppe falzone


Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra Volume realizzato con il contributo dei fondi FFR 2012-13 - Prof. R.M. Carra - Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo

Desidero ringraziare, in primo luogo, la professoressa Rosa Maria Carra. I suoi stimoli, i suggerimenti ed il sostegno hanno costantemente guidato la genesi e lo sviluppo di ciascuno dei contributi presentati in questa sede. Sono grato alla dott.ssa Caterina Greco ed al dott. Giovanni di Stefano alla cui liberalità debbo l’indagine autoptica e lo studio del sigillo relativo al vescovo Felice conservato presso la Soprintendenza BBCCAA di Palermo. Un ringraziamento particolare al prof. Danilo Mazzoleni, mio primo maestro di epigrafia, nei cui confronti nutro sincera stima e gratitudine profonda per l’attenzione con la quale ha riletto queste pagine. Ringrazio, infine, tutti quegli amici, colleghi e professionisti che, a vario titolo ed in maniera silenziosa e discreta, mi hanno accompagnato durante questo lavoro. A Florinda e Giovanni, miei compagni di viaggio nel cammino della vita.

In copertina: Sigillo del vescovo Felice (Palermo. Soprintendenza BBCCAA. Per gentile concessione). In quarta di copertina: Villagrazia di Carini (PA). Catacomba paleocristiana. Galleria VII. Forma f5. Iscrizione alfabetica.

Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it

ISBN 978-88-96926-46-8

Giuseppe Falzone, Tre note di epigrafia cristiana in Sicilia, Antipodes, Palermo 2014.


ABSTRACT KEYWORDS: Epigraphy, Latin Epigraphy, Greek Epigraphy, Early Christian Epigraphy; Sicilian epigraphy; Sphragistics; Ecclesiology; Church's hierarchy; Villagrazia di Carini; Palermo.

Here are three short notes of Sicilian Christian epigraphy. The first gathers some results of my PhD thesis: “L’Ecclesia Dei nella prassi epigrafica della Sicilia tardo antica” (Università degli Studi di Messina, 2012). The uses and meanings of ἐκκλησία are parsed within the archaic and Hellenistic Greek lexicon and in the Old and New Testament, with few significant insights on the results in Patristic literature. Then we passed through all Christian inscriptions in Greek and Latin language pertaining to the Sicilian sample that contained the Greek noun ἐκκλησία or the equivalent Latin ecclesia. The documentation available in the Orbis christianus antiquus was found through help of corpora, journals, monographs, sillogi and modern Epigraphic database available online, such as http: epigraphy.packhum.orginscriptionsmain, for the Greek inscriptions, and http: www.edr-edr.itItalianoindexit.php, http: www.manfredclauss.de. http: www.edb.uniba.it for the Latin inscriptions. This had allowed us to integrate old and new data, to expand the research in order to obtain reliable results as much as possible and to project the eighteen Sicilian samples within the wider Mediterranean area. We surveyed not only inscriptions but also seals that, have contributed significantly to integrate the Episcopal bishops of Catania and Siracusa, ensuring a wider documentary seeking. More than 40% of the inscriptions are in Latin; the chronology is between 4th-5th and 7th century, although it is possible that some are datable up to 8th-9th cent. The second note presents a new Episcopal seal with inscription and Monogram, which was found in Carini (PA). It is an interesting archaeological document to rebuild and integrate a part of Sicilian church history in the difficult transition from Byzantine to Islamic period; it documents the relationship between the neighboring Diocese of Carini and Palermo in the mid-7th century. The third note, finally, gives an account of the results, already presented at the XVI International Congress of Christian Archaeology in Rome 2013, concerning a series of Epigraphic finds from early Christian Catacomb of Villagrazia di Carini (PA), outcome of the excavations of the years 2010-2014. We have recognized and isolated several inscriptions and Christological monograms engraved on fresh smoothing mortar of the tombs. This is a new and unpublished testimony from a context so far apparently aneprigrafe, which contributes significantly to shed light about the possible commissioning and the dynamics of mortuary space use. We found nine burial inscriptions in the Greek language, and a singular sample in Latin (IXf6) that uses the lunar cycle as dating system. The lyrics are interesting for the vocabulary and the use of monograms; the chronology is from late 5th century up the full 7th. The reading and exegesis of epigraphs have also confirmed what is already known about the practice of reusing burial space and allowed to advance hypotheses about a possible Jewish cultural matrices of some buried, like in arcosolium VII22b.



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Usi di EκκλησIα nella prassi epigrafica dei crisTiani di sicilia

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Fig. 1. Sicilia. Localizzazione dei siti interessati da epigrafi che menzionano il sostantivo ἐκκλησία/ecclesia

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Il sostantivo ἐκκλησία1, forma nominale derivata dal verbo καλέω per il tramite del composto ἐκκαλέω e dell’aggettivo ἔκκλητος, è attestato in seno al lessico greco già nel V secolo a.C. quando indicava il bando di chiamata alle armi o l’assemblea plenaria dei cittadini della πόλις aventi capacità giuridica convocata ad intervalli regolari dal re o dal magistrato per mezzo dell’araldo2. Ad Atene l’ἐκκλησία si riuniva circa 30-40 volte l’anno, a meno che non vi fossero circostanze straordinarie. Sua competenza erano le decisioni sulle proposte di modifica delle leggi, sull’elezione dei funzionari e su concordati, alleanze e questioni finanziarie relative tanto alla politica interna quanto a quella estera. In casi straordinari, come ad esempio in caso di alto tradimento, l’ἐκκλησία poteva essere incaricata anche di poteri giudiziari. In seno all’ἐκκλησία ogni cittadino aveva facoltà di prendere parola e presentare mozioni che venivano sottoposte a dibattito solo su deliberazione del consiglio ed acquisivano validità a condizione che ottenessero un certo numero di voti3. Tanto l’autorizzazione a partecipare, quanto il modo di convocazione e di votazione all’ἐκκλησία erano soggetti a precisa regolamentazione4. Il sostantivo ἐκκλησία, dunque, già prima della LXX e degli scritti neotestamentari è connotato da precise caratteristiche atte ad indicare un organo di sovranità popolare radicato nella costituzione democratica in cui sono prese importanti decisioni sia in ambito politico che giuridico. Sembra piuttosto debole, invece, la teoria di quanti credono che già in seno alla grecità profana il termine avesse assunto valenza cultuale5. Ad ogni modo in ἐκκλησία furono compresenti, fin da principio, un significato attivo (la convocazione) ed uno passivo (l’adunanza dei chiamati). Per ciò che concerne l’Antico Testamento nella sua versione greca6, andrà notato che fra i libri del Pentateuco solamente in Deuteronomio ricorre quattro volte l’accezione εἰς ἐκκλησίαν κυρίου7 e tre volte la formula τῇ ἡμέρᾳ τῆς ἐκκλησίας8. Quest’ultima è pronunciata da Mosè per riferirsi al giorno in cui gli era stato ordinato di convocare il popolo in assemblea per la solenne celebrazione dell’alleanza.

Per una rassegna sistematica ed esaustiva circa il valore lessicografico e biblico-teologico di ἐκκλησία: GLNT IV, cc. 1490-1580. 2 Aeschin. 3,124; And. 1,2; Ar. Ach. 169; Ar. Av. 1030; Ar. Eq. 746; Arist. Pol. 1285a11; D.H. 4,20; Hdt. 3,142; Pl. Grg. 456b; Th. 1,139; 1,31; 1,87; 2,22; 2,60; 5,45; 6,8; 8,69; 8,97; X. HG 1,6,8; 2,4,42; Philostr. VS 2.1.11; Plb. 4,34,6. Sul valore del sostantivo nelle fonti storiche: DAGR II, pp. 511-531; Liddel, Scott 19966, p. 435. 3 Arist. Pol. 45. 4 DCBNT, pp. 255-256. 5 GLNT IV, c. 1525, nota 25. 6 Per la Septuaginta si è sempre fatto riferimento all’editio altera di Rahlfs, Hanhart 2006. Sul significato di ἐκκλησία: DCBNT, pp. 255-270; DENT I, cc. 1092-1106; GLNT IV, cc. 1490-1580; Kasper 2012, pp. 151-153; Rusconi 2013, pp. 126-127. 7 Dt 23, 2-9. 8 Dt 4,10; 9,10; 18,16. 1

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Ancora, è possibile riconoscere la forma ἐν τῇ ἐκκλησίᾳ τοῦ λαοῦ τοῦ θεοῦ in Giudici9, oltre ad attestazioni del sostantivo in Re10, Cronache11, Neemia12 - in cui è documentato anche il sintagma ἐκκλησία τοῦ θεοῦ13 - Giuditta14 e nel primo libro dei Maccabei15. Meno presente, invece, nei libri poetici, sapienziali e profetici, dal momento che occorre solamente in Salmi16, Proverbi17, Siracide18, Lamentazioni19 e Gioele20. Nel lessico veterotestamentario ἐκκλησία, che traduce l’ebraico qāhāl e la cui sostanza è resa anche dal correlato kenîštā, ha 100 attestazioni e quattro diverse sfumature di significato: convocazione; presenza di JHWH; proclamazione della parola; segno rituale-sacrificale atto a confermare l’alleanza21. Ciò sembra interessante per la gamma semantica di cui il sostantivo greco sarà carico in contesto neotestamentario. Sebbene ἐκκλησία sia stato adottato esclusivamente per tradurre qāhāl, forse anche per ragioni di assonanza, è stato registrato come questa radice non sia sempre resa con il greco ἐκκλησία22. Ad esempio in Genesi, Esodo, Numeri e Levitico qāhāl è tradotto συναγωγή, mentre altrove si può trovare ὄχλος23 oppure πλῆθος24. Ad ogni modo in tutti i passi della LXX in cui si trova ἐκκλησία per qāhāl si fa sempre riferimento all’assemblea del popolo, all’assemblea giudiziale o all’assemblea cultuale della comunità. In ogni caso si tratta del popolo come gruppo convocato da Dio qualificato dalla risposta all’appello divino ed equivalente a quell’entità storica che fu Israele. Appare non di secondaria importanza evidenziare il fatto che il sostantivo ἐκκλησία in età tardo-ellenistica fosse termine politico assai diffuso ed oramai privo del prevalente significato di assemblea popolare derivante dal periodo aureo della democrazia ateniese. L’assemblea del popolo non aveva più diritto a prendere decisioni, ma solo diritto di acclamazione e funzioni cultuali, sempre pertinenti alla sfera del pubblico e mai del privato25. È proprio per il tramite di questa ridefinizione semantica operata in età ellenistico-romana che il termine venne accolto nel Nuovo Testamento, la cui novità consistette nel concepire l’ἐκκλησία mai come entità politica, ma sempre come esito di una chiamata di tutti i popoli che condividevano l’essere una sola cosa in Gesù Cristo. Nel Nuovo Testamento oltre che attraverso ἐκκλησία i cristiani come gruppo furono designati con nomi generici quali ἀδελφοί e ἀδελφότης26, ἀπόστολοι27, Gdc 20,2. 3 Re 8,14; 8,22; 8,55. 11 1 Cr 13,2; 13,4; 28,2; 28,8; 29,1; 29,10; 29,20; 2 Cr 1,1; 1,5; 7,8. 12 Ne 2,64; 10,1-14; 15,7-13; 17,66; 18,2-17. 13 Ne 23,1. 14 Gdt 6,21; 7,29. 15 1 Mac 2,56; 3,13; 4,59; 5,16; 14,19. 16 Sal 21,23; 21,26; 25,5; 25,12; 34,18; 39,10; 67,27; 88,6; 106,32; 149,1. 17 Pr 5,14. 18 Sir 15,5; 21,17; 23,24; 24,2; 26,5; 31,11; 33,19; 38,33; 39,10; 44,15; 46,7; 50,13-20. 19 Lam 1,10. 20 Gl 2,16. 21 DCBNT, pp. 257-259. 22 GLNT IV, cc. 1563-1564. 23 Ger 31,8; Ez 16,40; 17,7. 24 Es 12,6; 2Cr 31,18. Sull’argomento: GLNT IV, c. 1561. 25 Kasper 2012, p. 151. 26 DENT I, cc. 74-79, in particolare nn. 4 e 6; Rusconi 2013, p. 7. 27 DENT I, cc. 379-388; Rusconi 2013, p. 51. 9

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λαός28, μάρτυρες29. Sostantivi più specifici furono ἅγιοι30, αἵρεσις31, Γαλιλαῖοι32, δούλοι τοῦ Θεοῦ33, μαθηταί34, Ναζωραίοι35, φίλοι36, Xριστιανοί37. Fra tutti emerge in misura preponderante ἐκκλησία con le sue 114 attestazioni38. Tale sostantivo ricorre soltanto in 3 occasioni nel Vangelo di Matteo39, mentre fu adoperato più frequentemente in san Paolo40, negli Atti41, nell’Apocalisse42 e nel resto degli scritti neotestamentari43. Meraviglia non poco la sua assenza in Marco, Luca, Giovanni, 2 Timoteo, Tito, 1-2 Pietro44, 1-2 Giovanni, Giuda45. Ciò ha consentito alla ricerca filologica di sostenere che il lemma non venne mai impiegato per il tempo del Gesù storico e per indicare il gruppo di discepoli che lo seguivano, piuttosto con riferimento alle comunità ed ai gruppi sorti dopo la sua morte e risurrezione46. In seno alla comunità israelita, infatti, la predicazione del regno di Dio determinò quello che è stato definito un “movimento intragiudaico di rinnovamento” che, dopo la morte del Maestro e la dispersione dei seguaci, si ricreò attorno ai dodici ricostituendosi ed espandendosi fortemente a partire dall’annuncio della risurrezione47. Sembra proprio che attorno al 51 d.C. ed in seno all’epistolario paolino vada posto il primo utilizzo consapevole di quel sostantivo che, come nome specifico, verrà adoperato da Luca negli Atti per indicare la coscienza dei primi cristiani ad individuare se stessi come ἐκκλησία ed eredi di quell’assemblea del deserto con la quale si era soliti richiamare alla memoria il momento fondazionale del popolo di Dio sul Sinai48. Il dato che emerge nel Nuovo Testamento è il fatto che il so-

DENT II, cc. 157-168; Rusconi 2013, p. 237. DENT II, cc. 297-301; Rusconi 2013, p. 249. 30 DENT I, cc. 41-53; Rusconi 2013, p. 4. 31 DENT I, cc. 105-107; Rusconi 2013, p. 10. 32 DENT I, cc. 615-617; Rusconi 2013, p. 79. 33 DENT I, cc. 927-936; Rusconi 2013, p. 109. 34 DENT II, cc. 240-246; Rusconi 2013, p. 245. 35 DENT II, cc. 454-458; Rusconi 2013, p. 266. 36 DENT II, cc. 1802-1803; Rusconi 2013, p. 412. 37 DENT II, cc. 1932-1933; Rusconi 2013, p. 424. 38 DENT I, cc. 1092-1106. 39 Mt 16,18; 18,17. Sull’esegesi e sulla dibattuta critica testuale pertinente ai versetti in questione: GLNT IV, cc. 1537-1558. 40 1 Cor 1,2; 4,17; 6,4; 7,17; 10,32; 11,16; 11,18; 11,22; 12,28; 14,4; 14,5; 14,12; 14,19; 14,23; 14,28; 14,33; 14,35; 15,9; 16,1; 16,19; 2 Cor 1,1; 8,1; 8,18; 8,19; 8,23; 8,24; 11,8; 11,28; 12,13; Gal 1,2; 1,13; 1,22; Fil 3,6; 4,15; 1 Ts 1,1; 2,14; 2 Tes 1,1; 1,4; 1 Tm 3,5; 3,15; 5,16; Rom 16,1; 16,4; 16,5; 16,16; 16,23; Ef 1,22; 3,10; 3,21; 5,23-25; 5,27; 5,29; 5,32; Col 1,18; 1,24; 4,15; 4,16; 1 Ts 1,1; 2 Ts 1,1; Fm 1,2. In seno all’epistolario paolino con ἐκκλησία si fa riferimento tanto ai convertiti dal giudaismo, quanto ai convertiti dal paganesimo. 41 At 2, 47, 5,11; 7,38; 8,1; 8,3; 9,31; 11,22; 11,26; 12,1; 12,5; 13,1; 14,23; 14,27; 15,3; 15,4; 15,22; 15,41; 16,5; 18,22; 19,32; 19,39; 19,40; 20,17; 20,28. 42 Ap 1,4; 1,11; 1,20; 2,1; 2,7; 2,8; 2,11; 2,12; 2,17; 2,18; 2,23; 2,29; 3,1; 3,6; 3,7; 3,13; 3,14; 3,22; 22,16. 43 Eb 2,12; 12,23; Gc 5,14; 3 Gv 1,5; 1,9-10. 44 Sebbene mai presente negli scritti di Pietro è stato registrato come in 1Pt ricorrono molteplici citazioni veterotestamentarie che sostituiscono il termine giudeo-cristiano ἐκκλησία: GLNT IV, cc. 1534-1535. 45 GLNT IV, cc. 1497-1498. 46 DCBNT, p. 261. 47 At 2, 1-47. 48 Pié-Ninot 2008, pp. 143-144; Pié-Ninot 2009, p. 16. 28 29

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stantivo συναγωγή, sebbene il più ovvio da un punto di vista formale, essendo i primi seguaci di Cristo un gruppo che aveva le sue radici nel giudaismo, non compare mai con riferimento alla comunità dei convocati, ma designa l’edificio in cui la comunità giudaica si riunisce o l’assemblea rappresentativa dell’insieme dei giudei. Questo quanto emerge dalla letteratura scritturistica. La letteratura protocristiana, con esclusione del Pastore di Erma in cui il sostantivo ricorre con una certa frequenza nelle immagini della creatura, della donna e dell’edificio-torre49, non presenta significative occorrenze. Si menziona l’ἐκκλησία solamente tre volte nella prima lettera di Clemente ai Corinti50 ed una nella seconda51. Il termine è altresì documentato nell’epistolario di Ignazio di Antiochia52, che è solito utilizzare appellativi onorifici riferiti alla chiesa, nell’epistola di Policarpo ai Filippesi53 e nella Didachè laddove ἐκκλησία compare quattro volte54. All’interno della medesima letteratura patristica, ma non prima degli inizi del III secolo, avverrà quell’ampliamento della gamma semantica del sostantivo a motivo del quale sarà adoperato con riferimento all’edificio di culto cristiano. Clemente Alessandrino negli Stromata sente l’esigenza di specificare che quando parla di ἐκκλησία si riferisce all’assemblea dei fedeli più che al luogo materiale in cui questa si riuniva55. Origene utilizza il termine nell’accezione generale di assemblea dei fedeli, con riferimento ad una precisa comunità ma anche col valore di luogo di culto56. Eusebio di Cesarea racconta che l’imperatore Filippo l’Arabo [224-249] avrebbe voluto prendere parte con la folla alle preghiere dette in chiesa in occasione della vigilia pasquale57. Le testimonianze patristiche continuano per tutta la seconda metà del III secolo e divengono sempre più frequenti nel corso del IV secolo quando progressivamente il significato di luogo di culto si affianca ed in parte sostituisce il primo58. In ambito epigrafico, come anche nelle fonti storiche, furono diversi i sostantivi greci e latini con cui si fece riferimento, tanto nelle iscrizioni in prosa quanto nei testi poetici, all’edificio di culto: ἐκκλησία, οἴκος, ναός, κυριακός, συναγωγή, edes, arx, basilica, culmen, dominicum, domus Dei et Christi, domus orationis, domus o sedes fidei, fabrica, fastigium, ecclesia, machina, memoria, moenium, munus, opus Christi, oratorium, sacrarium, tectum, templum, titulus59. Ciascun termine venne adoperato, di volta in volta, per le sfumature di significato di cui era già carico in seno al lessico d’origine e adattato alle esigenze proprie della nuova committenza. GLNT IV, c. 1572; Lombino 2013, pp. 30-49. 1 Clem. 1,1; 44,3; 47,6. 51 2 Clem.14,1. 52 Ign. Eph. 1,1; 5,1; Magn. 1,1; Philad. 1,1; Rom. 1,1; Sm. 1,1; 8,2; Trall. 1,1. 53 Polyc. ep. 1. 54 Did. 4,14; 9,4; 10,5; 11,11. 55 Clem., strom. 7,5. 56 Il sostantivo ricorre con grande frequenza nell’opera di Origene, dove di riscontra per ben 389 volte. Sul suo utilizzo nelle fonti patristiche: Lampe 1961, pp. 429-432. Per una rassegna ragionata delle fonti relative ai luoghi di culto cristiano: DACL IV,2, cc. 2220-2238; Laurin 1954. 57 Eus., Hist. Eccl., 7,13. 58 Epiph., haer. 30,18,2; Porph., fragm. 76; Vopisc., Aurel. 20,5; Amm., 21,21; Paul. Nol., carm. 21,572. Per una sintesi sull’ecclesiologia nel Padri della Chiesa: Patrologia I, pp. 39 (Didachè), 267-269 (Ireneo), 303-306 (Clemente Alessandrino), 352-353 (Origene ), 394 (Metodio), 455456 (Ippolito di Roma), 566-567 (Tertulliano), 603-604 (Cipriano); Patrologia II, pp. 99 (Didimo il Cieco), 142 (Cirillo di Alessandria), 238 (Basilio il Grande), 344 (Eusebio di Cesarea); Patrologia III, pp. 232 (Girolamo), 419 (Agostino). Buona sintesi, infine, in Viciano 2007. 59 Sulla denominazione epigrafica dei luoghi di culto e delle aree sacre: Grossi Gondi 19682, pp. 120-128; Testini 19802, pp. 468-471, 547, 561-562; De Santis 2010; De Santis 2013. 49 50

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epigrafi grecHe e laTine dalla caTacoMBa di VillagraZia di carini (pa) *

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Fig. 1. Villagrazia di Carini (Pa). Catacomba paleocristiana. Planimetria generale con localizzazione delle epigrafi (archivio PCAS 2013, rielaborata dall’autore)

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La catacomba di Villagrazia di Carini (Fig. 1), monumento paleocristiano fra i più rappresentativi della Sicilia nord-occidentale, fu scoperta, limitatamente al suo settore settentrionale oggi non più accessibile, nel 1899 dal Salinas1. L’intero lembo meridionale, già allora in minima parte intercettato (Fig. 2), oggetto dal 2000 al 2014 di regolari indagini archeologico-stratigrafiche coordinate da R. M. Carra e condotte sul campo da un’èquipe di ricercatori, studiosi, specializzandi e tirocinanti, si è fin dall’inizio configurato come un contesto particolarmente interessante per ricerche topografiche2 iconografiche3 e di cultura materiale4, oltre che per una coerente didattica della metodologia di scavo in ambiente ipogeo. Le ricerche degli anni 2010-2014 hanno consentito di riconoscere ed isolare, fra l’altro, diverse iscrizioni estemporanee sempre incise sulla malta fresca di lisciatura tombale oltre ad alcuni monogrammi cristologici5. Si tratta di testimonianze nuove ed inedite, provenienti da un contesto finora apparentemente aneprigrafe, che contribuiscono in maniera significativa a far luce circa la possibile committenza, la matrice culturale e le dinamiche di fruizione dello spazio funerario in esame. Tutti

Tutti i rilievi e le restituzioni grafiche sono stati eseguiti dall’arch. F. Scirè per la PCAS. Le fotografie, ove non diversamente indicato, sono tratte dall’archivio PCAS. Tutti gli apografi sono dell’autore. 1 Salinas 1899. 2 Carra 2003 a; Carra 2003 b; Carra 2007; Carra et alii 2007; Carra 2009; Carra et alii 2009; Vitale 2011; Carra et alii 2012; Cipriano 2014. 3 Carra 2006; Carra et alii 2007, pp. 1842-1843; Carra et alii 2009, pp. 136-149; Cipriano 2010; Carra 2012. 4 Carra et alii 2007, pp. 1877-1886; Carra et alii 2009, pp. 123-135; Vitale 2012. 5 Per una prima sintesi sull’argomento: Cipriano, Falzone c.s.

Fig. 2. Villagrazia di Carini (Pa). Catacomba paleocristiana. Planimetria dello scavo Salinas (da Salinas 1899)

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Giuseppe Falzone

i rinvenimenti epigrafici sono stati possibili solo dopo che le indagini archeologiche hanno consentito di rimuovere per intero gli ingombri alluvionali di alcuni settori del cimitero ipogeo, in particolare dalle gallerie VII e IX, oltre che dai cubicoli X13, X15 e X20 attestati lungo la parete occidentale della galleria X, fino a recuperare i livelli d’uso tardo antichi ed i piani di calpestio occupati, quasi sempre, da tappeti di sepolture integre. Sono state censite, ad oggi, 17 epigrafi: 9 iscrizioni alfabetiche, 6 monogrammi e 2 gruppi di segni paralfabetici. In questa sede verranno considerate solamente le prime e si farà cenno, ove necessario, ai monogrammi ed ai testi paralfabetici rimandandone l’analisi di dettaglio ai contributi di G. Cipriano6. Con riferimento alla localizzazione topografica (Fig. 1) i testi considerati, tutti in situ, interessano i settori pertinenti alle gallerie VII, IX e X e si trovano sull’intonaco di chiusura di formae per adulto in galleria7, in due esempi di formae per infante, una entro cubicolo8 ed una seconda, sormontata da nicchia, in galleria9, oppure entro arcosoli polisomi per adulto10. Quanto alla tecnica di scrittura sono sempre state riconosciute iscrizioni estemporanee stilo exaratae sull’intonaco bianco di lisciatura tombale ancora fresco, secondo una prassi che può essere certo considerata più economica, rapida e facile rispetto all’esecuzione lapidaria. Ciò è stato messo in relazione, già nel caso dei cimiteri paleocristiani del Lazio, “da una parte, con la scarsa reperibilità del marmo in queste aree periferiche e rurali, dall’altra con la mancanza in tali centri di una équipe di artefici specializzati, come quella che lavorava nelle botteghe lapidarie romane”11. Tale tecnica comportava la preliminare copertura integrale, con malta ed intonaco, delle lastre di chiusura tombale di formae o loculi parietali e fu adoperata, fra l’altro, per l’impressione dei sigilli sulla calce fresca dei loculi12 oltre che per tracciare iscrizioni sui “nastri” di malta che sigillavano, lungo il perimetro e negli interstizi, le lastre di chiusura dei loculi alle pareti tufacee delle gallerie ipogee13. Sebbene siano stati rintracciati pochi confronti coi cimiteri del suburbio romano14, soprattutto se si tiene conto del totale della documentazione epigrafica, questa modalità di scrittura esposta è piuttosto frequente nelle catacombe ebraiche di Roma e Venosa15, nei cimiteri paleocristiani della Sicilia centro-orientale16, oltre che in quelli laziali di Vulci, Santa Cristina di Bolsena, S. Cipriano 2014, pp. 50-55; Cipriano, Falzone c.s. Galleria VII: forma VIIf5. Galleria IX: forma IXf6. 8 Galleria X: cubicolo X13. 9 Galleria IX: forma IXf9. 10 Galleria VII: arcosolio bisomo VII22; arcosolio trisomo VII23. 11 Fiocchi Nicolai 1988, p. 377. 12 Ferrua 1986. 13 Questa tecnica è particolarmente diffusa, oltre che nelle catacombe romane per cui si veda Rocco 2005, anche nei cimiteri paleocristiani della Sabina, in particolar modo nel contesto ipogeo di S. Alessandro al VII miglio della Nomentana: Fiocchi Nicolai 2009, pp. 269, 395, 470. 14 Epigrafi stilo exaratae prevalentemente “a nastro” sono documentate in tutti i volumi delle ICVR, soprattutto per quei contesti che hanno conservato un buon numero di epigrafi in situ, fra cui la catacomba di Panfilo per la quale si rimanda a ICVR X, 26331, 26339, 26348, 26353, 26355, 26358, 26363, 26376, 26384, 26391, 26405, 26406, 26410, 26425, 26427, 26433, 26454, 26458, 26475, 26487, 26488b, 26489b, 26491, 26510, 26528, 26529, 26549, 26550, 26557, 26570, 26586, 26591, 26602, 26603, 26605, 26608, 26622, oltre che a Mazzoleni 2002, pp. 8795, 97-106. 15 Frey 1936. 16 Orsi 1893, 2, 23, 49, 89, 90, 93-95, 97-99, 106, 107, 150; Orsi 1895, 186, 194, 209, 246; Orsi 1923, pp. 115-119; Agnello 1954, pp. 22-23; Agnello 1956 b, pp. 19-22; Ferrua 1989, 215. 6 7

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