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Francesco Pilieci
I misteri delle tre dame (Miracoli, sortilegi, visioni e magie)
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Copyright Š 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it
ISBN: 978-88-96926-91-8
Francesco Pilieci, I misteri dele tre dame, Antipodes, Palermo 2015
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…Per nome Armida chiamerai sovente ne gli ultimi singulti: udir ciò spero…
Torquato Tasso Gerusalemme liberata - XVI canto
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«Amore mio dolcissimo, ti chiedo umilmente scusa e m’inginocchio querula innanzi al tuo immane dolore. Potrai mai perdonarmi? Vorrei trovare le frasi giuste per spiegarti le motivazioni del mio comportamento, ma non ho il tempo per scriverti quanto mi si affolla alla mente. Ahimè, fra pochi minuti sarò giustiziata! So bene come ti sentirai e ti assicuro che anch’io mi sentirei esattamente allo stesso modo, a parti invertite. E sono certa che pure tu, se fossi stato al mio posto, ti saresti comportato allo stesso modo. Amore mio, luce dei miei occhi, noi non siamo eroi e io ho tanta paura, di perdere te soprattutto. Ma questo, purtroppo, è il mio destino e si deve inesorabilmente compiere! Che cosa avresti pensato di me se mi avessi vista in TV costretta a leggere un’imbarazzante e denigratoria implorazione affinché mi salvassero la vita, barattandola con la liberazione di loro pericolosi commilitoni? Sapessi quante pressioni psicologiche e umiliazioni fisiche mi hanno imposto per farmi cedere. Ma io sono stata irremovibile e non ho mollato, pur soffrendo tantissimo. Non potevo, non dovevo. Ho saputo che neppure tu hai voluto fare inutili appelli 5
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ai miei rapitori che, come è ovvio, giammai si sarebbero impietositi. Ti sono grata per non avere dato soddisfazione agli aguzzini, implorando la mia liberazione. Dio mio quanto ti amo, vita della mia vita! E nostro figlio come la prenderà? Temo per quanto ne potrà soffrire. E’ inutile chiederti di stargli vicino, non è vero? Sono sicura, conoscendoti, che gli farai anche da madre. Dagli un bacio e un abbraccio da parte mia. Ora devo accomiatarmi! Sento i passi del boia. Guarderai il video della mia barbara esecuzione? Spero di no. Addio, amore mio, perdonami se puoi». Nonostante fossero passati tanti anni dalla tragica fine della moglie, Giulio continuava a leggere quella lettera più volte al giorno e, immancabilmente, ogni sera prima di andare a letto. La carta, anche perché di pessima qualità, si era sdrucita in diversi punti, premurosamente ricomposti con del nastro adesivo. Pure l’inchiostro si stava sbiadendo, ma non importava, considerando che Giulio oramai conosceva il testo a memoria. Naturalmente l’aveva scansionato e ne conservava una copia sul computer e un’altra sul telefonino. Apriva spesso anche questi file, ma non era la stessa cosa. Prediligeva quel foglio che accarezzava ripetutamente durante la lettura, specialmente nelle parti macchiate dalle lacrime di Laura. Così facendo, gli sembrava di avvertirne la sua presenza, immaginandola seduta sulle ginocchia intenta a riempirlo di baci e moine. Per la verità, la prima volta che l’aveva letta, l’aveva accartocciata nel pugno e, sollevato il braccio di scatto, gettata violentemente nel caminetto, esclamando: «Non ti perdonerò mai!» 6
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Fortunatamente la lettera non era caduta in mezzo alle fiamme e Giulio aveva avuto il tempo di recuperarla e anche di pentirsi del gesto istintivo. Era quello l’ultimo dei tre giorni della merla. Tutta la Regione si trovava stretta sotto la morsa di una perturbazione, proveniente dalla Siberia, che aveva portato neve abbondante anche a quote basse. Giulio quel giorno aveva deciso di rimanere a casa, e non soltanto per ottemperare all’ordinanza sindacale, che aveva disposto la chiusura di scuole e uffici pubblici, invitando i cittadini a non uscire se non per necessità impellenti. Aveva lasciato alla Farnesina il numero di telefono di casa e attendeva ad horas notizie sulla liberazione di Giulia. La notte precedente non era riuscito a chiudere occhio, agitandosi nel letto smaniosamente. Con il cuore costantemente in gola, si era alzato ripetutamente per orinare. A un certo punto, accaldato, ansimante e con la testa che gli scoppiava, sospettando di avere la pressione alta (tachicardia, sudorazione, minzione frequente e cefalea potevano esserne probabili sintomi), aveva preso lo sfigmomanometro elettronico e se l’era misurata. Era però nella norma. Aveva ingoiato allora trenta gocce del solito ansiolitico con la consapevolezza che l’indomani sarebbe successo qualcosa di brutto. Era lo stesso identico malore, infatti, che aveva provato la notte prima della morte del padre. L’indomani si era alzato di buon ora, aveva fatto colazione e si era messo subito a guardare dalla finestra. I tetti erano completamente imbiancati e dalle tegole fuoriuscivano grosse stalattiti, geometricamente allineate, che davano l’impressione di soldati perfettamente schierati in parata. Gli operai comunali erano intenti a liberare i marciapiedi dalla neve. Sulle strade vi stavano provvedendo i mezzi spazzaneve. 7
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Un commerciante, mentre aiutava a pulire l’uscio del suo negozio, era caduto goffamente tra l’ilarità generale. Due vigili del fuoco stavano salvando un gattino che si era arrampicato sul cornicione, rimanendo intrappolato. Il figlio del fruttivendolo metteva sciarpa e cappello al pupazzo di neve fatto il giorno precedente assieme al padre. Era suonato il campanello. «Strano, chi può essere a quest'ora e con questo tempo?», si era domandato Giulio. Aperta la porta, era rimasto pietrificato, trovandosi di fronte il Ministro degli esteri in persona che, abbracciandolo, gli aveva detto: «Che disgrazia, l’abbiamo persa! Partecipo al suo dolore con il cuore piangente e le faccio le più sentite condoglianze anche a nome del Presidente del Consiglio e di tutto il Governo. Non è stata colpa nostra. La trattativa, come sa, stava procedendo bene e i jihadisti avevano rinunciato allo scambio, accontentandosi del pagamento di un riscatto. Pretendevano, però, che Laura leggesse il solito farneticante proclama e disconoscesse la nostra politica estera per quelle regioni. Se non li avesse contrariati…Già mal sopportavano che una donna occidentale, tra l’altro di religione ebraica e con una perfetta padronanza della lingua araba, potesse citare disinvoltamente interi passi del Corano a confutazione delle loro deliranti tesi. Quando la nostra intelligence ha preso atto che la situazione stava precipitando, abbiamo fatto un blitz, ma siamo arrivati in ritardo. Laura era già stata decapitata da qualche ora. Siamo riusciti a recuperare il corpo e le abbiamo trovato, ancora stretta nella mano, questa lettera indirizzata a lei. Abbiamo recuperato pure il macabro video dell’esecuzione che per fortuna non è finito sul web. 8
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Su coraggio, sia forte, Laura è stata una vera eroina!» Espletate con garbo le formali cortesie richieste dall’eccezionalità del fatto, la delegazione governativa se n’era andata, lasciando Giulio in compagnia di due psicologi per il sostegno di rito. Dopo la lettura e il salvataggio della lettera dalle fiamme, mentre stava parlando con gli psicologi, Giulio aveva avuto un improvviso sbandamento accompagnato da tremori, pesantezza agli occhi, mal di testa, palpitazioni, dolori addominali e secchezza delle fauci. Balbettando aveva chiamato al telefono il medico che, intervenuto tempestivamente poiché l’ambulatorio si trovava nello stesso condominio, constatando che aveva la pressione a 190 e la frequenza a 130, gli aveva iniettato subito in vena alcuni farmaci. I tranquillanti avevano fatto immediatamente effetto, Giulio era entrato in uno stato di dormiveglia e in quella sensazione di torpore aveva visto Laura al suo capezzale. Aveva una lunga veste bianca e intorno al collo, ancora sanguinante, una collana di margherite. Laura si era chinata, gli aveva dato un bacio, accarezzandolo e sussurrandogli: «Amore mio, ma che mi combini? Devi mantenerti calmo, essere forte e non abbatterti. Che ne sarebbe di nostro figlio se perdesse pure te? Mi raccomando, posso contarci, non è vero? Ciao, amore mio, aurevoir. “Ecrasez l’infâme”»1. Di nuovo la citazione di Voltaire, lo stesso identico saluto che Laura gli aveva fatto la prima volta che si erano incontrati. Era stato in occasione di un convegno organizzato
“ Schiacciate l’infame”. Formula con cui Voltaire chiudeva le lettere agli amici. L’infame, fonte di superstizione e pregiudizi, per Laura non era la Chiesa cattolica ma l’integralismo religioso in genere. 1
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dall’Università nella quale Giulio aveva l’incarico di assistente presso la cattedra di Storia delle dottrine politiche. Il tema del convegno era: «Israeliani e Palestinesi, uno o due Stati?» Poco prima dell’inizio, Giulio aveva ricevuto un SMS dal professore ordinario della cattedra che gli comunicava di avere avuto un incidente automobilistico e di non poter prendere parte al dibattito, pregandolo di sostituirlo. Giulio, parlatore valente e ottimo oratore, aveva fatto per forza di cose l’intervento a braccio tra lo stupore generale. Aveva iniziato con un puntuale e articolato excursus storico – politico, dando l’impressione di un intervento tipicamente accademico, noioso e dotto, ma poi le considerazioni erano divenute originali, fuori dagli schemi classici e dai luoghi comuni. E nella coda ci aveva messo il veleno, o meglio il buon senso. Dopo l’enfasi introduttiva, man mano che si avvicinava alla conclusione, la terminologia era diventata meno aulica e i concetti più stringenti. E così aveva terminato il discorso: «È ovvio che ci devono essere due Stati, possibilmente con Gerusalemme capitale condivisa, perché due sono i popoli, ma è altrettanto ovvio che non ci deve essere violenza di nessun genere, rappresaglie incluse. E la religione deve finire una volta per tutte di essere un anacronistico instrumentum regni che droga le menti di tantissimi giovani, anche occidentali, costringendoli a sgozzare, farsi esplodere, spargere sangue innocente, bruciare chiese e biblioteche, distruggere musei e siti archeologici, che sono simboli e segni della storia e del tempo, della civilizzazione a fatica costruita. Ciò potrà mai verificarsi? Non lo so… Forse no… Spero di si. Fin quando ci sarà violenza, ahimè, le conferenze, i convegni e le mediazioni diplomatiche potranno fare poco o niente». 10