Il mondo diviso

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Teresa Regna

Il Mondo diviso


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Copyright Š 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-96926-64-2

Teresa Regna, Il mondo diviso, Antipodes, Palermo 2015


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Prefazione

I

l mondo diviso è il mio primo romanzo ambientato su un pianeta completamente frutto della mia vena creativa. Perfettamente simmetrico, assolutamente speculare negli aspetti morfologici, è popolato da personaggi in cui il lettore può identificarsi. L’unica peculiarità che distingue Kham da un mondo medievale e Mahk da uno simile al nostro è la magia: i maghi sono persone dotate di poteri straordinari, sviluppati per mezzo delle studio e della pratica, pertanto vengono considerati cittadini di grande importanza, da rispettare e ai quali chiedere aiuto nelle avversità. La vicenda si dipana in una serie di avvenimenti che coinvolgono due comunità, una per ciascuna zona; i protagonisti sono impegnati, oltre che nelle faccende della vita quotidiana, nella ricerca di un modo qualsiasi per aggirare, o aprire un varco nella barriera che dà il titolo al romanzo. Anche i personaggi, come i due ‘mondi’, sono speculari: sia a Kham che a Mahk ci sono due maghe e un mago (i più potenti sono Yenis e Welenna), un apprendista (maschio e femmina), due coppie di sposi, un bambino (anche questa volta maschio e femmina - futuri maghi), un cane e un gatto. 3


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Pur condividendo i personaggi gli stessi valori (positivi – non c’è un personaggio cattivo, e chi fa qualcosa di sbagliato, in realtà non ha intenzione di nuocere), i due ‘mondi’ sono contraddistinti da alcune differenze: la forma delle città, i nomi delle strade, la tecnologia, le pietre che i maghi indossano per amplificare il loro potere. I protagonisti non sono ‘tipi’, come spesso accade nel fantasy, ma ‘persone’ con i loro pregi e difetti, capaci sia di gesti generosi che di piccole meschinità, a volte modesti e altre volte vanagloriosi, decisi ad accedere al di là della barriera per curiosità, verifica storica, o semplice desiderio di notorietà. Mi preme sottolineare due caratteristiche positive di Khammahk: non esiste la guerra, e gli animali, con i quali gli uomini hanno scoperto di riuscire a comunicare telepaticamente (come si racconta nell’intermezzo), vengono rispettati e amati. Il finale si sviluppa in due tempi: il primo è scontato, ossia gli sforzi congiunti dei maghi riescono ad avere la meglio sulla barriera, mentre il secondo è a sorpresa. Come mia abitudine, ho strutturato il romanzo in modo che possa interessare anche chi non ama il fantasy classico: i personaggi crescono, in tutti i sensi, si innamorano, hanno dei figli, interagiscono con parenti e vicini (e poi anche con chi si trovava al di là della barriera), insomma le vicende che li riguardano possono essere gradite anche al lettore che non si identifica nei maghi né crede alla magia. Per chi ci crede, invece, non mancano incantesimi maggiori e minori, amuleti di ogni tipo, formule magiche, segreti da serbare o da condividere, lezioni di magia e creature diverse dagli uomini. In conclusione, mi auguro che Il mondo diviso incontri il favore di tutti i tipi di lettore, dal più realista al più fantasioso. L’autrice 4


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Il mondo diviso Prologo

L

a barriera esisteva da tempo immemorabile. Non c’era un singolo abitante di Kham, oppure di Mahk, a cui i genitori avessero raccontato dei nonni dei loro nonni che ricordavano un mondo senza barriera. Soltanto alcuni, stringati racconti mitici rammentavano ai popoli divisi che, in un’epoca remota, c’era stato un mondo unico. Il suo nome era Khammahk. Gli studiosi non riuscivano a risalire, nemmeno approssimativamente, all’epoca esatta in cui la barriera aveva diviso il mondo in due zone distinte e separate. Né, tantomeno, sapevano chi o cosa l’avesse eretta, di quale materiale fosse composta o il motivo per cui Khammahk non esistesse più. La barriera appariva come una cortina translucida che, a guardarla da vicino, si scomponeva in una sorta di nebbia biancastra. La vista, però, era ingannevole: era impenetrabile, sia agli sguardi che ai materiali più resistenti. 5


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Da secoli, o forse da millenni, ossia da quando era ‘comparsa’, nessuno era mai riuscito ad oltrepassarla o ad eluderla. Gli abitanti dei luoghi che si trovavano al confine con essa tentavano con ogni mezzo di farlo, mentre coloro che risiedevano nelle zone più lontane non se ne curavano più di tanto, e continuavano a trascorrere le loro esistenze considerandola un inconveniente di poco conto. Le congetture sulla natura della barriera si sprecavano: si diceva che fosse porosa, sebbene al tatto apparisse quanto mai solida; che un tempo era bollente, e si fosse raffreddata a poco a poco; che si trattasse di una punizione divina del Creatore, dovuta ad un peccato ormai dimenticato o alla propensione alla guerra di due fazioni; che fosse una costruzione eretta dalla misteriosa razza degli Antichi per fronteggiare un pericolo di cui si era persa memoria. Pressoché ciascun abitante di Kham e di Mahk aveva una sua teoria, e la esponeva a chiunque desiderasse ascoltarla. La vaga nozione che oltre la barriera ci fosse l’altra metà del mondo, tuttavia, permaneva nella mente degli abitanti sia di Kham che di Mahk. Nessuno aveva un’idea precisa di come fosse fatta, da quali e quanti abitanti fosse popolata e, anche in questo caso, ciascuno era libero di immaginarla come desiderava: deserta o popolosa, pianeggiante o montuosa, ricca di vegetazione o brulla, simile o differente dall’altra metà. L’unica certezza era che, mentre le generazioni si susseguivano l’una all’altra, la barriera rimaneva lì, impenetrabile e inamovibile, assurda costruzione che pareva fatta di nebbia eppure era solida come una roccia, impermeabile sia alle vicende umane sia allo scorrere del tempo.

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I Festeggiamenti

M

onte pareva una sentinella posta a guardia di Città. La sua cima perennemente innevata si innalzava a picco fin quasi a raggiungere il cielo azzurro pallido solcato da nubi biancastre, che lasciavano dietro di loro una scia lunga e sottile. Lamak sollevò per un attimo lo sguardo verso Monte, che si stagliava alle spalle della capitale, poi affrettò il passo. Probabilmente, sarebbe arrivato in ritardo: l’orologio della Torre segnalava che mancava poco a mezzogiorno. La Piazza di Quartiere era deserta. Non poteva far tardi all’evento dell’anno, si disse, mettendo da parte le fantasticherie per dirigersi verso la periferia. Mentre procedeva a passo di marcia, sollevò le spalle in un gesto che denotava una buona dose di noncuranza: anche se fosse stato l’ultimo ad arrivare, gli altri invitati avrebbero ritenuto che fosse colpa di Welenna, che gli assegnava da svolgere compiti troppo gravosi per la sua età ed esperienza. 7


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Le strade, man mano che avanzava, divenivano sempre più strette e i veicoli meno numerosi. Un autobus procedeva ad andatura sostenuta nella stessa direzione del ragazzo, ma ben presto scomparve alla sua vista, sostituito da una delle rare vetture private appartenenti agli esponenti più agiati di Città. Lamak avrebbe potuto attendere che transitasse un altro autobus e fermarlo con la mano aperta, oppure chiedere un passaggio a una delle tre auto che aveva incrociato sul suo cammino. Le gambe, però, erano il suo mezzo di trasporto preferito: amava passeggiare, e non perdeva mai l’occasione di compiere un lungo tragitto a piedi. Anche quando, come in quel frangente, aveva fretta. Come aveva previsto, quando arrivò, la cerimonia era già iniziata. Nello spiazzo verdeggiante che era stato addobbato per l’occasione c’erano due file di comode sedie, disposte a dieci a dieci, che arrivavano fin quasi alla strada. Tutte le sedie erano occupate tranne una: quella destinata a lui. Incassò la testa nelle spalle, come se desiderasse rendersi invisibile, e percorse l’esterno della fila di destra, accomodandosi il più silenziosamente possibile accanto a Welenna. L’occhiata di rimprovero che la donna gli lanciò lo lasciò del tutto indifferente: era la sua maestra, non certo la sua padrona. Il Primo Cittadino, che fungeva da officiante, cominciò a leggere, con voce roboante e un tantino strascicata, il messaggio che il Governatore dello Stato, che risiedeva a Città2, aveva inviato. «Cari abitanti di Città, è con somma soddisfazione che, pur essendo impossibilitato a partecipare di persona, mi unisco alla vostra gioia per l’evento che viene oggi celebrato.» Il paffuto ufficiale fece una pausa ad effetto, poi riprese: «A voi, cari sposi, auguro di tutto cuore un matrimonio lungo e felice, allietato sia dall’amore che vi unisce in questo giorno di letizia che dall’arrivo dei figli che il vostro cuore desidera. Possa il Creatore donarvi una vita piena e soddisfacente sotto ogni punto 8


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di vista. Vi assicuro che lo Stato tutto gioisce con voi e con i vostri invitati, e che ciascun abitante del nostro mondo vi fa pervenire il suo augurio più sincero. Saremo per sempre grati a Dagh per aver reso Mahk un mondo migliore, e a Khori per aver deciso di dividere la sua vita con un grande uomo che è anche un impareggiabile inventore. Brindo idealmente con tutti voi e assicuro agli sposi che il mio spirito è insieme a loro e la mia mente esulta al pensiero della loro felicità.» Il Primo Cittadino, dopo aver recitato la lunga tiritera senza commettere nemmeno un errore, emise un sospiro di soddisfazione quando gli sposi e gli invitati si produssero in un applauso prolungato. Invitò con la mano aperta Dagh e Khori ad alzarsi in piedi, e diede l’avvio al momento topico del matrimonio. «Unite i palmi delle mani!» ordinò. Si rese conto di aver parlato in modo un po’ troppo autoritario, pertanto moderò il tono. «Ripetete dopo di me. Nessun ostacolo si frappone tra noi e il nostro amore. Desideriamo essere uniti per la vita, abitare insieme come amici e amanti e, se il Creatore vorrà, come genitori. Ci prenderemo cura l’uno dell’altra, gioiremo e soffriremo insieme, affronteremo insieme i giorni che verranno e le circostanze, liete o tristi, che la vita ci offrirà. Saremo marito e moglie, da ora e per sempre, in nome dell’amore.» Gli sposi ripeterono ogni frase, lentamente e con enfasi, mentre le loro mani si toccavano, guardandosi negli occhi. Quando il Primo Cittadino pronunciò la formula finale. «Nessuno ha il potere di sciogliere le catene dell’amore che vi hanno avvinto». Dagh fece passare la collana d’oro sulla testa di Khori, poi porse il polso affinché la sposa potesse agganciare con facilità il bracciale che costituiva il dono che gli offriva insieme alla sua promessa. Ujek diede di gomito alla moglie, sussurrando: 9


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«Beato lui: è tanto ricco da non aver dovuto agganciare una collana troppo corta per essere infilata.» Besika ridacchiò. «Ha evitato di fare una figuraccia come la tua. Impiegasti tanto di quel tempo che gli invitati si spazientirono.» «Già,» convenne l’uomo «ero così nervoso che stavo per effettuare un incantesimo minore.» «E contravvenire alle leggi di Città,» gli fece eco la moglie, «sai bene che è proibito utilizzare la magia durante i festeggiamenti.» La cerimonia solenne del matrimonio si era ormai conclusa. Gli invitati, a gruppi o a coppie, cominciarono ad alzarsi, per poi avviarsi all’interno del palazzo a cinque piani in cui gli sposi avrebbero abitato a gustare il pranzo di nozze. Khori, inguainata in un abito tradizionale del medesimo colore del cielo, sollevò una mano a catturare l’attenzione degli astanti. «Amici!» esordì, mentre il sorriso si dipingeva sul volto dai lineamenti cesellati. «Non conosco tutti i vostri nomi, ma vi chiamo amici perché lo siete per mio marito. Io e Dagh siamo una famiglia, ormai. E non avete idea di quanto ciò sia importante per me, che non ho più nessun parente prossimo. Prima di raggiungere la sala grande, permettetemi di ringraziarvi per essere intervenuti alla cerimonia nuziale. La vostra presenza mi onora ed inorgoglisce, poiché sono stata scelta come compagna di vita da un uomo tanto celebre quanto amato dai suoi concittadini.» Tacque per qualche istante, assestando sui capelli neri il fiore di pizzo che rischiava di precipitare a terra, e concluse: «Non c’è regalo più grande dell’amicizia, e io la offro a tutti voi!» Si voltò verso il marito, che la osservava con palese ammirazione, invitandolo a parlare con un cenno. 10


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