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Sandro orlandi
il volo del cigno
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Copyright © 2016 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it In copertina: “Il volo del cigno” di Maristella Angeli ISBN:978-88-99751-11-1
Sandro Orlandi, Il volo del cigno, Antipodes, Palermo 2016
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A tutti gli adulti che non sono riusciti ad essere bambini... non abbastanza almeno.
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“Non siete riusciti a fermare il vento gli avete fatto solo perdere tempo” Fabrizio De Andre’
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Recensione “Il volo del cigno”
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ubito dopo aver terminato di leggere questo splendido romanzo, mi è tornata in mente l’antica tradizione medioevale,che sosteneva con convinzione che l'anima viaggiasse attraverso il cielo sotto forma di cigno. Nella narrazione infatti due ragazzi, due anime pure che vivono volontariamente fuori dalle comuni convenzioni, lontane dai luoghi comuni e alla ricerca di amore e comprensione, proprio perché sono così diversi s’innamorano profondamente, tanto da mantenere vivo in loro il sentimento che li unisce a dispetto della vita che tenterà di dividerli. L’ambientazione del romanzo spazia dall’Italia all’Olanda, all’Irlanda, in tempi in cui gli ideali per alcuni erano tutto e si lottava con determinazione per raggiungerli, condivisi o meno che fossero. Utopie? Forse, o forse no, dal momento che al giorno d’oggi se ne sente molto la mancanza. Quello che mi preme evidenziare però, è la maestria di uno scrittore che sa delineare perfettamente i personaggi, descrivere i luoghi ed i tempi storici in cui si svolgono le vicissitudini dei protagonisti, contrapponendo scene di vita reale e fedeli alle documentazioni dell’epoca, con altre immaginarie, ma in cui l’anima dei protagonisti risplende e conquista chi legge. 7
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Un romanzo di forte impatto emotivo, che coinvolge ogni lettore, anche quello ormai abituato allo stile e al talento di questo autore. Maristella Angeli
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«Sono un amante fanatico della libertà, la considero l’unica condizione in cui l’intelligenza, la dignità e la felicità umana possono svilupparsi e crescere. Non la libertà concepita in modo puramente formale, limitata e regolata dallo Stato, un eterno inganno che in realtà non rappresenta altro che il privilegio di alcuni fondato sulla schiavitù di altri. No, io mi riferisco all’unico tipo di libertà che merita questo nome, la libertà che non conosce restrizioni se non quelle che vengono determinate da leggi della nostra personale natura, che non possono essere considerate vere restrizioni, perché non sono leggi imposte da un legislatore esterno, pari o superiore a noi, ma leggi immanenti ed inerenti a noi stessi, la base del nostro essere materiale, intellettuale e morale: esse non ci possono limitare, sono le condizioni reali e naturali della nostra libertà.» La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà! M. Bakunin
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I
l temporale aveva imperversato per tutta la notte. Già dalla sera prima infatti l’aria si era caricata sempre di più, diventando elettrica, e si percepivano scariche invisibili. Fulmini apocalittici avevano sfrigolato in continuazione, incendiando il cielo di Roma, e tuoni squassanti avevano tenuto svegli cani, gatti e romani. Un forte scirocco aveva strapazzato gli alti fragili pini della capitale, abbattendone parecchi come tanti birilli, contribuendo ad alimentare un’atmosfera da tempesta biblica. Ma adesso, alle sei e un quarto del mattino, era tutto finito. Matteo, dalla terrazza del Pincio, contemplava gli ultimi fulmini, silenziosi e lontani, che per uno strano effetto visivo sembravano scaricarsi sul cupolone, come se Dio ce l’avesse proprio con la chiesa, il Vaticano e i suoi abitanti; soprattutto con quello più importante, gli venne da pensare. L’ampio slargo di Piazza del Popolo si andava animando, mentre la luce dell’alba conferiva qualcosa di magico ad un panorama visto e rivisto centinaia di volte. Qualche macchina lenta risaliva in direzione di via Ferdinando di Savoia, insonnolita quanto il suo conducente, e qualche passante frettoloso sembrava rincorrere la giornata del 4 marzo appena iniziata. Dall’alto della balaustra della terrazza panoramica, Matteo 11
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scorse una persona ferma proprio sotto alla targa commemorativa dei due famosi carbonari Targhini e Montanari. Era lui: Tiziano. In attesa, immobile, a Matteo tornò in mente di quando da bambini giocavano a nascondino. Non lo chiamavano in quel modo e non chiedevano mai di giocare, semplicemente uno dei due, in un momento in cui non erano vicini, si allontanava in silenzio nascondendosi all’altro. Non c’era la conta, né la tana da fare, solo la ricerca silenziosa dell’altro. Matteo ricordò quanto fosse più bravo Tiziano, che spesso infatti vinceva, perché amava rimanere immobile come una lucertola una volta che si era nascosto. Magari solo dietro ad un cespuglio o, se era vestito di scuro, nell’ombra di una porta socchiusa. Era la sua immobilità che lo rendeva invisibile e la sua mimetizzazione. Lo vide lì fermo all’angolo della via, immobile appunto, anche se non c’era nient’altro e nessun altro vicino o davanti a lui. Ma Matteo si chiese istintivamente se volesse essere visto o no. Cominciò a scendere verso la piazza, riproponendosi di non parlargli ancora di ciò che da tempo gli frullava in testa.
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