K 12

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Swonild Ilenia Genovese

K-12

La memoria del mondo


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Copyright Š 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it

Illustrazioni e foto in copertina di Swonild Ilenia Genovese

ISBN: 978-88-99751-29-6

Swonild Ilenia Genovese, K12-La memoria del mondo, Antipodes, Palermo 2018


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A mio figlio Wyrd

Che il tuo futuro possa essere fantastico


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Ogni riferimento a fatti, persone o luoghi reali è puramente casuale. Nomi, personaggi, posti ed avvenimenti sono il frutto della fantasia dell’autrice ed ogni somiglianza ad eventi, luoghi o persone, vive o morte realmente esistenti è assolutamente casuale.


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Capitolo 1

Q

Anno 2111 Il cambiamento

uella mattina il corriere della KC arrivò presto. La grande scatola in policarbonato non dava adito a fraintendimenti: nell’interno 1 dello stabile dove abitavo qualcuno aveva acquistato l’ultimo modello di K-12, una sofisticata macchina androide capace di emulare in tutto e per tutto un essere umano. Già la vecchia signora Pina dell’interno 4 era stata tempo addietro costretta ad acquistarne uno di ultima generazione, investendo tutti i suoi risparmi, e la maggior parte delle famiglie, compresa la mia, possedeva da tempo anche più di un androide domestico che si occupava delle pulizie e della gestione della casa. I più abbienti avevano persino l’androide cuoco, una sorta di gourmet che preparava loro ogni tipo di manicaretto presente nell’archivio mondiale delle delikatessen. Quello che aveva scelto la sfortunata signora Pina non era stato un costoso androide cuoco, né un modello base ch’ella già posse5


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deva, quanto piuttosto un modello di androide con capacità medico-infermieristiche di alto livello che l’avrebbe aiutata a fronteggiare la grave ed incurabile malattia neuro-degenerativa che l’aveva purtroppo colpita. Così, quando mesi addietro era arrivato il suo pacco dal corriere della KC, nessuno aveva avuto nulla da ridire. Ormai non c’era famiglia che per necessità o per disgrazia non fosse stata costretta nel corso della propria storia all’acquisto di uno di quei fantastici androidi di ultima generazione capaci di portare a termine non solo le mansioni di un medico preparato in ogni campo e di un infermiere altamente qualificato, ma anche il compito più ingrato quando il malato fosse stato ormai terminale. Quel giorno però, dal colore rosso dell’involucro in policarbonato del pacco in consegna, fu chiaro a tutti che chi aveva acquistato quell’androide non l’avesse fatto con l’intento di ottenere un aiuto a causa di una malattia grave né tanto meno l’avesse comprato per avere un nuovo e più efficiente supporto domestico come più spesso avveniva. Chi aveva acquistato quella macchina lo aveva fatto con un intento molto più frivolo, se così si poteva definire. Sulla grande scatola rossa la grande A stampata in nero era un segno inequivocabile: quello era il modello A, e la A stava a dire “amante”. Il K-12A era infatti un modello di androide pensato per soddisfare qualunque desiderio sessuale. Un tempo, un centinaio di anni addietro nella storia dell’uomo, lo si sarebbe potuto definire una bambola gonfiabile interattiva, un giocattolo sessuale insomma, ma oggi, nel 2111 quella definizione era davvero errata e fuori luogo. Un K-12A era tutto meno che un giocattolo. Avevamo raggiunto un grado di tecnologia e di perfezione tale nell’emulare l’essere umano che un qualunque modello di K-12 sarebbe stato indistinguibile da una persona in carne ed ossa. 6


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Queste complicate e spettacolari macchine, oltre ad avere un rivestimento indistinguibile dalla pelle e dalla materia organica di cui erano fatti i nostri corpi, possedevano dei programmi sofisticatissimi che le rendevano impeccabili nella mansione che erano state incaricate di svolgere e si erano dimostrate così efficienti che ormai la maggior parte dei vecchi mestieri del passato come quello del medico, dell’infermiere, del domestico, dell’operaio e via dicendo erano ormai scomparsi da quasi cinquant’anni. Le macchine avevano soppiantato l’uomo in quasi tutte le attività, la fame nel mondo era un ricordo lontano così come la povertà e le guerre tra popoli. Il lavoro come fonte di reddito per la sopravvivenza era un concetto dimenticato da tempo, ed era diventato soltanto la manifestazione dell’ingegno e della creatività umana poiché a tutto il resto pensavano macchine di ogni tipo e di diversa qualifica. Gli esseri umani si erano dedicati alla ricerca scientifica e all’avanzamento tecnologico, alle scienze, alla musica, alle attività sportive, all’ingegno e alla creatività di ogni genere lasciando alle macchine e agli androidi tutte le mansioni oggi considerate di livello più basso ma che un tempo sarebbero state definite lavori rispettabili. In questo, nessuno aveva avuto da ridire. Non esisteva persona che si fosse lamentata di non potere più spurgare pozzi neri, pulire il sedere a un malato, impacchettare caramelle o stendere montagne di abiti. Tutti erano felici e soddisfatti nel potere dedicare la propria esistenza alle loro vere attitudini e inclinazioni, tanto più che questo aveva azzerato le motivazioni per farsi la guerra o per prevaricare il prossimo. Vivevamo in un’era di pace, dove l’uomo sembrava dover soltanto dedicarsi all’intelligenza e all’arte. Gli androidi erano accettati da tutti. Discorso diverso era però per il modello K-12A. Molti lo consideravano soltanto il simbolo delle perversioni sessuali umane, 7


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altri ancora ne aborrivano persino la creazione e avrebbero voluto leggi restrittive che ne impedissero persino la costruzione. La verità era che se il mondo da sempre era stato pieno di perbenisti, gli ipocriti in qualunque era sembravano comunque essere in maggioranza. Non si contavano ormai le persone che avevano acquistato uno di quei modelli o che lo avrebbero presto fatto nonostante davanti agli altri si mostrassero inorriditi e contrari. Spesso si sentivano notizie di fabbriche della KC rase al suolo dagli integralisti, coloro i quali avrebbero voluto purgare il mondo dagli androidi e soprattutto dalla minacciosa ombra dei K-12A, ma la realtà era che la diffusione di queste eccezionali macchine, così pure quella del modello incriminato, non poteva essere fermata in alcun modo. La statistica delle vendite parlava chiaro: nel 2110, l’anno che era appena trascorso, il modello più venduto di K-12 dopo quello medico era stato proprio il modello K-12A. Come c’era da aspettarsi, i commenti velenosi sull’acquisto da parte dell’inquilino dell’interno 1 del modello incriminato non tardarono ad arrivare. Sempre più spesso incontravo gruppi di condomini intenti a parlare di ciò che l’impudico inquilino dell’interno 1 aveva acquistato, tanto che ormai era stato ribattezzato l’inquilino perverso, il maniaco dell’interno 1. Nessuno risparmiava di fare la morale o di elargire qualche perla di saggezza ormai dimenticata: «Che schifo, ormai l’uomo sembra avere dimenticato cosa sia la natura! Fare certe cose con una macchina, è disgustoso!» «La morale non esiste più! Vergogna!» «È un vero porco, chi se lo sarebbe mai aspettato da lui! Sembrava un uomo così per bene!» «Alla sua età fare certe cose, e farle con un androide!» Le parole della maggior parte dei miei coinquilini mi scivolavano sopra. Ero certa che tra un paio d’anni se non di mesi in 8


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ognuna di quelle case sarebbe entrato uno di quei modelli, se già non era entrato all’insaputa di mogli perfettine e di finti moralisti. Molti non ne nascondevano neanche l’acquisto e lo giustificavano persino, dicendo di essere stati costretti ad ordinarne uno dalla necessità di calmare i nervi ad un anziano genitore o al figlio adolescente con gli ormoni in subbuglio, quando invece era palesemente per se stessi che lo avevano comprato... Ero sempre stata convinta che nessuno poteva arrogarsi il diritto di giudicare le scelte altrui, soprattutto in un campo così delicato come quello dell’intimità e della sessualità, così quando un giorno l’inquilina dell’interno 3 mi chiese scandalizzata sibilando al mio orecchio: «Lei ha in casa un ragazzo adolescente, non si preoccupa che il suo dirimpettaio abbia uno di quegli osceni cosi?» “Cosi”... la sola parola mi fece ridere. In realtà non poteva importarmi di meno cosa l’inquilino dell’interno 1 facesse con il suo K-12A nel buio della sua camera da letto o dove diavolo gli piacesse divertirsi, così risposi onestamente: «Sinceramente no. Non ci incontriamo mai.» Discorso chiuso. In realtà non era vero che non ci incontravamo mai. I nostri orari di uscita e di rientro a casa sembravano più o meno gli stessi da anni, così ci salutavamo quasi ogni giorno. Lo conoscevo da quando ero ragazzina ed ero andata a vivere in quel condominio con la mia famiglia, ma la coinquilina dell’interno 3, trasferitasi nel nostro stabile da poco, non poteva di certo sospettare che io conoscessi quell’uomo da così tanto tempo, ed io non ero sicuramente il tipo di persona a cui piaceva andare a raccontare agli altri i fatti propri. Non penso lo avrebbe mai saputo. Per una settimana circa dopo l’arrivo del grande pacco in policarbonato rosso continuai a vedere il mio vicino entrare ed uscire 9


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di casa da solo, come faceva da anni, ma ora palesemente imbarazzato nell’incrociarmi. Avevo sempre cercato di mostrarmi amichevole con lui e mi comportavo come avevo sempre fatto perché onestamente non me ne poteva importare di meno della sua vita sessuale, eppure vedevo dal suo sguardo quanto timore avesse che io mi stessi soltanto comportando da ipocrita come la maggior parte delle persone dello stabile. L’inquilino dell’interno 1 non era certo il primo ad avere acquistato quel modello incriminato nel nostro complesso di abitazioni, ma ogni qual volta era stato un ragazzo giovane a farlo la gente si era limitata a dire “follie di gioventù” oppure “giovani senza più morale”, “scapestrati”, “questa gioventù non è più quella di una volta”, quando invece a farlo era stato un uomo che aveva superato la sessantina era subito stato etichettato solamente come “vecchio porcone”. Le donne erano sicuramente le più acide nei loro commenti e le meno inclini ad accettare la presenza dei modelli K-12A nella loro vita. La cosa buffa era che, sebbene i modelli di K-12A venissero prodotti e venduti soprattutto per soddisfare le esigenze di acquirenti di sesso maschile, ancora una volta le statistiche di vendita parlavano chiaro annunciando che anche le richieste tra le donne erano in continua crescita. L’azienda produttrice, la ormai famosa KC, si aspettava che nel giro di un paio d’anni le vendite dei modelli maschili avrebbero equiparato quelle dei modelli femminili. C’era da aspettarselo. Il motivo era più che semplice: ognuno poteva creare e personalizzare l’androide K-12A come meglio voleva, dandogli tutte le caratteristiche desiderate, ed impostando i programmi in fase di produzione basandosi sul proprio profilo personale. Non solo l’androide poteva avere l’aspetto estetico della donna o dell’uomo dei propri sogni, ma era programmato per adat10


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